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OTTAVA SERIE

AVVERTENZA

Una p'iccola parte dell'Archivio di Gabinetto venne trasferita presso la Legazione d'Italia a Lisbona alla vigilia della conclusione dell'armistizio. Essa comprendeva :

a) due grosse cartelle di documenti originali contenenti l'una la corrispondenza personale Hitler-Mussolini e Percy Lora'ine-Ciano durante la crisi del luglio-agosto 1939 e, l'altra, i dispacci relativi ai rapporti con la Germania dal convegno di Salisburgo allo scoppio del conflitto anglo-franco-polacco-tedesco;

b) una serie di volumi rilegat'i concernenti vari argomenti (corrispondenza

Hitler-Mussolini, colloqui del conte Ciano, Albania, Monaco, Arbitrati di Vienna,

Alto Adige, Dimissioni di Eden) costituiti da copie dattiloscritte degli originali.

Tutto il materiale di Lisbona, dopo essere stato richiesto, in virtù delle

clausole armistiziali, in consegna dagli anglo-americani (i quali hanno proceduto

alla sua riproduzione fotografica) è stato restituito all'Archivio Storico del Mini

stero degli Esteri.

Data l'importanza dell'Archivio d'i Gabinetto l'inserzione delle parti concer

nenti il periodo abbracciato dal presente volume è stata fatta in forma pressoché

totale anche quando ciò implicava ripetizioni (ad es. la pubblicazione dei tele

grammi e dei rapport'i relativi allo stesso colloquio). I pochissimi documenti

omessi non hanno interesse storico e si riferiscono ad es. a fogli di trasmissione,

copie o traduzioni in più lingue di dispacc'i originali, ecc.

b) Archivio della Cifra. Concerne le collezioni dei telegrammi, ordinari e segreti non diramati, per filo o per corr'iere in partenza ed arrivo. Anche questo materiale fu occultato durante il periodo armistiziale e venne in seguito ricuperato. Mentre -contrariamente a quanto si sarebbe potuto supporre -l'umidità non ha soverchiamente danneggiate le veline, è diffic'ile -in assenza di un registro di controllo esistente invece per l'Archivio di Gabinetto -precisare l'entità delle lacune, che sembra tuttavia dovere essere minima. Qui la selezione ha dovuto essere più r'igorosa, sia perché non tutte le comunicazioni erano di uguale interesse storico, sia per non superare un limite ragionevole di spazio. I criteri adottati, come del resto il lettore potrà rendersi conto, sono stati comunque di estrema larghezza.

c) Archivio Generale. È quello delle varie Direzioni Generali cui faceva capo la documentazione originale meno segreta relativa alle pratiche trattate dagli Uffici non appartenent'i al Gabinetto. È qui che le lacune appaiono maggiori, le distruzioni ed i prelievi effettuati all'indomani dell'8 settembre 1943 avendo avuto per oggetto specialmente l'Archivio Generale. Dette lacune, pur non essendo trascurabili, non sembrano tuttavia essere state veramente rilevanti per la compilaz'ione del presente volume. Esse saranno certamente risentite dai futuri ricercatori d'archivio od al momento della redazione dei volumi concernenti altri periodi durante i quali la trattazione degli affari era più decentrata, ma fortunatamente si portano su di un materiale non essenziale allo studio delle origini immediate della seconda Guerra mondiale dato che, se mancano rapporti e appunti, la collezione dei telegrammi, come abbiamo già detto, ci è giunta quasi completa.

d) Archivio dell'Ambasciata d'Italia a Londra. Al momento dell'intervento italiano tutto l'Archivio dell'Ambasciata a Londra venne trasferito a Roma ove si trova intatto. La consultazione di questo fondo ha consentito di colmare le lacune degli altri Archivi relativi alle att'ività delle nostre rappresentanze diplomatiche e consolari nell'Impero britannico e di accertare la scarsa entità di quelle concernenti proprio la corrispondenza di Palazzo Chigi con l'Ambasciata d'i

Londra che la modesta mole del carteggio al momento della crisi di Danzica avrebbe potuto lasciare supporre.

e) Archivi non appartenenti al Ministero degli Esteri. Le ricerche effettuate al di fuori di Palazzo Chigi non sono state, relativamente al periodo coperto dal presente volume, molto proficue. Mentre la quasi totalità dei rapporti degli Addetti mifitari, navali ed aeronautici conservati presso i Ministeri della Guerra, della Marina e dell'Aeronautica è stata distrutta al momento dell'armistizio, inferiore all'attesa è stato il materiale dell'Archivio di Palazzo Venezia relativo all'azione diplomatica d'i Mussolini, materiale ricuperato dopo il 25 aprile 1945. Le lacune, soprattutto 'nel carteggio con il capo dello Stato, appaiono gravi e difficilmente valutabili anche perché le ricerche effettuate a Cascais non hanno sortito, per il periodo relativo alla crisi tedesco-polacca, esito positivo. Nè le indagini compiute presso altri Archivi privati sono state molto più fortunate. Comunque, anche in questo campo, si è cercato di procedere con la massima cura e qualche risultato apprezzabile è stato raggiunto. Non è tuttavia esclusa la possibilità di ulteriori progressi futuri dei quali si darà immediatamente conto nelle Appendici dei successivi volumi.

3. I criteri adottati nella collocazione e nella presentazione dei singoli documenti sono quelli generali, già esposti nella Prefazione. A proposito di essi va tuttavia rilevato:

a) In qualche caso manca la numerazione dei dispacci in arrivo. Ciò dipende dal fatto che la copia fatta a suo tempo dall'Ufficio Cifra non conteneva tale indicazione, che, nell'assenza dell'originale, non ha potuto essere rintracciata. Talvolta si tratta di documenti fuori collezione. In altri casi invece l'assenza della numeraz'ione è dovuta alla circostanza che si tratta di un documento ritrasmesso dal Ministero ad una delle Rappresentanze all'Estero e copia del quale è rimasta al Ministero nel fascicolo riguardante quella Rappresentanza. Le ritrasmissioni di solito non contengono il numero originale dei telegrammi o dei rapport'i provenienti dalle varie Rappresentanze all'Estero e spesso anche le indicazioni relative alle date di partenza e di arrivo sono assai generiche (ad es. « l'ambasciata a Tokio ha testè telegrafato... »). Nei pochi casi in cui non è stato possibile rintracciare altre copie dello stesso documento si è preferito utilizzare quella r'itrasmessa.

b) Quando non vi è l'indicazione dell'ora di arrivo dei telegrammi o del giorno in cui i telespressi sono pervenuti al Ministero ciò dipende anche qui dal fatto che, nell'assenza dell'originale, le copie della cifra o quelle ritrasmesse alle Rappresentanze all'Estero non contengono alcun elemento al riguardo. In questi casi si è tenuto come base il giorno di partenza e detti documenti sono stati collocati in coda a quelli in arrivo. D'altra parte si è proceduto a segnalare in nota, di volta in volta, quei casi in cui le indicazioni della Cifra appaiono errate od in contraddizione con quelle contenute nella cronologia compilata dal Gabinetto del Ministro e riprodotta in Appendice I del vol. XIII.

c) Nella trascrizione dei nomi di persone e di località, pur cercando di attenersi il più strettamente possibile ai criteri generali esposti nella Prefazione, è risultata maggiore che in altr'i volumi delle Serie precedenti l'opportunità, del resto prevista nella stessa Prefazione, di uniformare la grafia.

d) Le abbreviazioni, come già indicato nella Prefazione, sono le seguenti:

A. I. = ad interim; FoN.= fonogramma;

F. F. =facente funzione;

C. M.= corrente mese;

D. = documento;

L. = lettera;

S. N.= senza numero;

T. =' telegramma; TELESPR. = telespresso;

R. =rapporto; PER. = pervenuto;

P. R. = personale riservato;

S. E. = Sua Eccellenza;

V. E. = Vostra Eccellenza;

U. S. = ultimo scorso;

T. P. C. =telegramma per corriere.

4. -I telegrammi in partenza di contenuto politico sono molto pochi. Ciò, in linea di massima, non dipende né da lacune negli Archivi né da una selezione volontaria, ma corrisponde ad una situazione effett'iva verificatasi durante il periodo coperto dal presente volume e sulle cui cause gli storici futuri avranno ampia materia di indagine. Per contro, lo squilibrio esistente nel volume della attività delle varie rappresentanze diplomatiche discende da molteplici circostanze (assenza del capomissione [Londra], temperamento dell'ambasciatore, situazioni politiche obiettive, ecc.) che si è cercato di riprodurr·e il più fedelmente possibile. 5. -Nella preparazione del presente volume sono stato aiutato spec'ialmente dalla prof. Fausta Santamaria Mezzetti e nella revisione dal prof. Giacomo Perticone. Inoltre hanno collaborato alla ricostruzione dei testi danneggiati dalla umidità, alla correzione delle bozze ed alla compilazione degli 'indici i dottori Angelo Tamborra, Mario Pastore, Ernesto Rech, Renato Piccinini, Tullio Marullo e Giuseppe D'Alessandro. Ad essi il più vivo ringraziamento.

MARIO ToscANO


DOCUMENTI
1
1

IL MINISTRO AD OSLO, LODI FÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 24. Oslo, 23 maggio 1939, ore 20,10 (per. ore 21,45).

Per commenti patto italo-tedesco Arbeiderbladet fa una somma di insinuazioni che partono dall'idea che esso sia stato voluto dalla diffidenza germanica verso l'Italia allo scopo di legare questa al suo carro.

Aftonbladet invece riconosce che alleanza è di una rara fermezza e vastità e crede nella assoluta solidarietà politica e militare espressa dal Ministro Ciano.

2

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 218. Londra, 23 maggio 1939, ore 20,47, (per. giorno 24, ore 1,35).

Dopo parecchie settimane di laboriose trattative e tergiversazioni, è stata convocata per domani speciale riunione del Gabinetto per prendere decisioni, sembra definitive, su progettato accordo anglo-russo.

Da elementi in mio possesso risulta che maggioranza Gabinetto britannico è ormai orientata nel senso di accettare condizioni poste da Mosca e da Parigi.

Questa decisione era stata il risultato di lunghe esitazioni e contrasti in seno allo stesso Governo. Personale ripugnanza di Chamberlain di aderire ad ac,cordo nei termini voluti dalla Russia sovietica ha dovuto cedere di fronte correnti parlamentari capeggiate oltre che da opposizioni anche da larga frazione partito conservatore la quale nella seduta alla Camera dei Comuni di venerdì scorso (mio telegramma n. 215) ha apertamente appoggiato Eden e Churchill, fautori dell'alleanza con la Russia.

È sintomatico a questo riguardo che importante passaggio dichiarazioni con le quali Primo Ministro ha in quella occasione accennato alla possibilità di «discutere qualsiasi metodo che possa soddisfare eque aspirazioni da parte di altre Nazioni, anche ove ciò implicasse alcuni mutamenti all'attuale stato di cose >, è stato, salvo che dal Times, soppresso completamente nei resoconti della seduta dati sabato mattina dai giornali inglesi. Mi risulta a questo riguardo che tale atteggiamento della stampa, la quale ha contemporaneamente dato massimo rilievo dichiarazioni vari oratori a favore acceleramento trattative con Russia, è stato ispirato da alcuni membri clel Gabinetto stesso che hanno

} . Documenti diplomatici· Serie VIII· Vol. XII

disapprovato dichiarazioni Chamberlain, considerando « pericoloso :. parlare nuovamente di politica di « pacificazione » prima che vengano consolidati tutti gli aspetti del cosiddetto nuovo «fronte comune per la pace».

Prova dei contrasti e delle crescenti opposizioni dei conservatori a quella che viene denunziata come tattica temporeggiatrice nei riguardi della Russia è data dal clamoroso incidente provocato ieri da Lord Stonehaven, ex Presidente organizzazione del partito conservatore ed in passato uno dei più ferventi fautori di un accordo anglo-tedesco, il quale, riferendosi predetta dichiarazione, ha inviato alla sua locale Associazione un telegramma aperta protesta contro quello che egli considera l'esplicito proposito di considerare eventuale restituzione colonie alla Germania.

3

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 139. Budapest, 23 maggio 1939, (per. giorno 25).

Mi riferisco al telegramma per corriere 8698 P.R.A. del 13 maggio u. s.

Anche le mie informazioni ed impressioni concordano in massima con quanto riferisce il R. Console a Bratislava circa la funzione della Slovacchia negli attuali rapporti fra Germania, Polonia e Ungheria, come ho già avuto occasione di segnalare. Mentre lo stesso Conte Csaky mi ha più volte detto che la Germania si interessa della Slovacchia in funzione della Polonia, tutto l'atteggiamento tedesco mostra effettivamente che la Germania -salvo vedere poi che cosa vorrà effettivamente fare dopo una soluzione del problema tedescopolacco, comunque possa avvenire -vuoi servirsi intanto della Slovacchia come di un vero e proprio mezzo di ricatto in relazione all'atteggiamento dell'Ungheria nei riguardi della controversia tedesco-polacca; evitando di deludere gli ungheresi nelle loro future speranze ed aspirazioni, ma continuando a mio parere ad avere lo stesso ambiguo atteggiamento segnalato al riguardo.

Così, oggi il Conte Csaky, a cui avevo l'occasione di domandarne, mi diceva come già Orlowski (mio rapporto n. 2630/85 in data del 16 maggio u. s.) che la Germania non aveva mai proposto all'Ungheria una garanzia ed ha aggiunto che ciò del resto contraddiceva a quanto invece il Governo tedesco gli aveva in altre occasioni detto al riguardo.

Il Ministro di Germania si è d'altra parte espresso con me nel senso che è desiderio del suo Governo che si stabiliscano buone relazioni fra Ungheria e Slovacchia. A proposito della voce corsa, e smentita recisamente dal Governo ungherese, di intenzioni aggressive dell'Ungheria verso la Slovacchia, Erdmansdorff, che è stato giorni fa in gita in Rutenia, pur ritenendo la voce infondata, ha voluto però dirmi di aver notato parecchie truppe ungheresi nella regione, mentre gli Slovacchi non hanno nessuna truppa alla frontiera.

Intanto il Governo tedesco intende riorganizzare l'esercito slovacco per mezzo di una missione militare sul tipo di quella che la Francia a suo tempo aveva inviato a Praga.

Sono inoltre significativi i contatti fra questa Legazione di Germania e il Ministro di Slovacchia or ora giunto qui e su cui riferisco col mio rapporto n.... (1).

4

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 140. Budapest, 23 maggio 1939 (per. giorno 25).

Il Ministro degli Affari Esteri, nel corso di una conversazione avuta con lui stamane, mi ha detto che nulla di nuovo poteva dirmi circa i rapporti con la Jugoslavia e la Romania.

Quanto alla Romania, nessun seguito era stato dato da parte romena alle sue note dichiarazioni contenute nel discorso alla Commissione Parlamentare degli Affari Esteri (mio telegramma n. 2429/764 del 6 corr.).

Gafencu aveva dichiarato al Ministro d'Ungheria a Bucarest che non riteneva dovesse far nulla circa le minoranze, dato che la legge emanata al riguardo dal suo Governo era sufficiente: avrebbe pure aggiunto che mentre a Roma gli era stato parlato delle minoranze ungheresi, nessun accenno glie ne era stato fatto invece a Berlino.

Quanto alla Jugoslavia, Cincar Markovié aveva detto al Ministro d' Ungheria a Belgrado che occorreva trovare il modo di fare qualche cosa anche con la Romania: ma senza suggerire quale sarebbe stato il mezzo per arrivare allo scopo.

Quindi anche da questa parte le cose sembravano per ora ferme.

È venuto poi a vedermi il Ministro di Jugoslavia che pure si è espresso, sempre in termini generici, nello stesso senso; dolendosi che gli ungheresi non volessero far nulla verso la Romania.

Nel corso della conversazione, come già altre volte, il Ministro di Jugoslavia ha colto l'occasione di ripetermi che egli mantiene i più continui contatti con i suoi colleghi del patto balcanico aggiungendo che tali contatti sono intensificati negli ultimi tempi.

5

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 69. Sofia, 23 maggio 1939 (per. giorno 26).

Mio rapporto del 22 u. s. n. 2390/1031. Notizia firma alleanza politica e militare italo-germanica è stata accolta in questi ambienti politici e giornalistici, i quali, come ho riferito nel mio

(l) Manca il numero del rapporto.

7

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 2752/917. Budapest, 23 maggio 1939.

Ho l'onore di trasmettere qui unito una copia all'Eccellenza Vostra di un rapporto che il R. Addetto Militare ha inviato in data odierna al Comando del Corpo di Stato Maggiore sulla situazione generale politico militare.

Il Regio Addetto Militare che mi ha messo al corrente dei lavori della Commissione di collaborazione italo-ungherese e ai quali ha partecipato il generale Pinna Caboni con altri due ufficiali, mi ha aggiunto ritenere che la richiesta del Capo di Stato Maggiore Generale Werth di recarsi in Italia sia anche in relazione con la questione degli approvvigionamenti di armi, materie prime e varie in caso di guerra.

ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE A BUDAPEST, GARIGIOLI, AL COMANDO CORPO STATO MAGGIORE (S.l.M.)

RAPPORTO SEGRETO 573. Budapest, 23 maggio 1930.

Il col. Ujszaszy mi ha stamane comunicato le ultime notizie a lui pervenute sulla situazione generale, che qui di seguito riferisco.

Polonia

La situazione è sempre molto tesa, soprattutto a causa della estrema eccitazione antitedesca dell'opinione pubblica, che provoca i continui incidenti che si verificano in varie città polacche od è da essi provocata.

Secondo dichiarazioni dell'addetto militare polacco a Budapest, che in questi giorni era stato chiamato a Varsavia, quel governo sarebbe animato da serie intenzioni di entrare in trattative con la Germania, ma la situazione interna è tale da rendere quasi impossibile qualsiasi iniziativa del genere. A Varsavia, perciò, non si vedrebbe altra via d'uscita che nell'intervento di una Potenza mediatrice, che in particolar modo potrebbe essere l'Italia, poichè nessuno meglio del Duce potrebbe svolgere un'azione veramente efficace e feconda.

Occorrerebbe, perciò, che Varsavia si facesse parte diligente e almeno chiedesse a Roma se è disposta ad interporre i suoi buoni uffici, il che qui non risulta sia stato ancora fatto.

L'impotenza del governo polacco a dominare la stampa ed a calmare l'opinione pubblica è, comunque, una prova della forza rappresentata in quello Stato dall'elemento ebraico, e forse anche dei vincoli coi quali il governo stesso si è legato nello stringere i recenti accordi con l'Inghilterra.

Naturalmente l'odierna situazione ha raffreddato alquanto la calorosa amicizia polacco-magiara, poichè l'Ungheria è più che mai legata, per ragioni di vita, alle Potenze dell'Asse, e gli avvenimenti futuri potrebbero porre i due Paesi in campi nettamente opposti.

Per contro si vanno sempre più stringendo i rapporti della Polonia con la Romania, ed è pure accertata una loro più intensa collaborazione nel campo informativo militare, anche ai danni dell'Ungheria.

Turchia

È stata segnalata una modificazione nella circoscrizione territoriale di pace, secondo la quale in Tracia sarebbero ora dislocate 8 divisioni invece di 6.

Tale aumento di forze turche alla frontiera bulgara consentirebbe alla Romania di ridurre da 4 a 2 le sue divisioni in Dobrugia e di aggiungere 2 divisioni alla massa delle forze da impiegare contro l'Ungheria.

Romania

Si ha notizia di una più intensa attività nei lavori di fortificazione e di miglioramento stradale e ferroviario lungo tutta la frontiera ungherese. Altri lavori fortificatori sarebbero stati iniziati in Dobrugia.

Nessuna notizia importante negli altri settori.

Ho chiesto al col. Ujszaszy se, nell'attuale situazione così grave da poter provocare un conflitto da un momento all'altro, l'Ungheria ha stabilito contatti e intese, sia pure di massima, per una azione comune con la Bulgaria e con la Germania contro la Romania. Egli mi ha risposto che nulla ancora è stato fatto.

Con la Bulgaria esiste già una certa collaborazione informativa, ma sull'atteggiamento di essa in caso di guerra qui si nutrono ancora seri dubbi, perchè basterebbe che la Romania-sia pure alla disperata -facesse concessioni in Dobrugia, per neutralizzare ogni intendimento bellicoso dei bulgari.

Neppure con la Germania sono stati presi accordi militari, nonostante si preveda che i due Paesi saranno in guerra certamente alleati.

Infine, il Capo del S.l.M. mi ha accennato, per ora solo in via confidenziale, che S. E. il Generale Werth, Capo di S. M., avrebbe in animo di venire prossimamente in Italia, per incontrarsi con i nostri Capi. Come epoca mi ha accennato al mese di giugno, se gli avvenimenti lo permetteranno. Nessuna decisione è ancora stata presa, ma se ne parlerà in questi giorni e ne sarò informato.

8

IL CONSOLE GENERALE A GINEVRA, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T, PER CORRIERE 77. Ginevra, 24 maggio 1939 (per. giorno 25).

Dalle dichiarazioni fatte ieri da Halifax e Bonnet davanti al Consiglio della Società delle Nazioni si può dedurre che tanto Francia che Inghilterra non hanno affatto rinunciato a servirsi dell'istituzione ginevrina per la realizzazione dei loro fini politici. nè hanno rinunziato a rimettere in movimento, se l'occasione si presentasse, il pesante meccanismo dell'art. 16.

Siccome, peraltro, un tentativo di questo genere non mancherebbe di provocare reazioni vivacissime da parte di alcuni Stati neutri che hanno già preso netta posizione in materia dell'art. 16, si comprende come i delegati francese e inglese abbiano preso cura di evitare ogni allusione decisa alla possibilità di stabilire un legame stretto tra la Società e il progetto di fronte democratico della pace.

È tuttavia interessante 'il fatto che entrambi i due Ministri degli Esteri

abbiano dichiarato espressamente che, a loro avviso, gli accordi da concludere o già conclusi si armonizzino perfettamente collo spirito del Patto; il che lascia, in fin dei conti, intendere che tanto Francia che Inghilterra vorrebbero riservarsi la possibilità di inserire la loro azione politica, al momento opportuno, nel quadro stesso del Covenant.

È stato molto notato in questo ambiente il fatto che il delegato sovietico si sia astenuto dal fare anch'egli una dichiarazione, che avrebbe potuto essere fatta da lui in qualità di Presidente del Consiglio. Non è chiaro se il silenzio del delegato sovietico debba considerarsi come una forma espressa di malcontento per il fatto che il suo Governo considera insufficiente questa ripresa del sistema collettivo sotto gli auspici della Società delle Nazioni; oppure se il suo silenzio non sia una forma di tattica prudente e concertata con i delegati di Francia e d'Inghilterra per evitare ai Paesi neutri ogni forma di inquietudine.

Delle due dichiarazioni britannica e francese, quella che ha suscitato maggiore interesse è senza dubbio quella di Halifax, sia in vista dell'alternativa alla quale egli ha fatto allusione -ripresa di una politica di vasta cooperazione oppure fronte comune di resistenza -sia in vista delle sollecitazioni che egli ha rivolto agli Stati non membri.

Alcuni qui hanno voluto vedere nell'ultima allusione di Halifax un tentativo discreto di sottolineare fin d'ora la possibilità di vedere gli Stati Uniti associarsi all'azione che potrebbe essere svolta ulteriormente davanti alla Società delle N azioni.

Molta impressione ha prodotto fra i delegati oggi l'articolo della Berliner Borsen Zeitung, in cui è detto che il tentativo di legalizzare la politica di accerchiamento e la creazione di una alleanza anti-tedesca sotto il coperchio di Ginevra, tentativo che forzerebbe gli Stati neutri a tollerare un uso abusivo della Società delle Nazioni, potrebbe condurre la Germania a riconsiderare le sue relazioni con i detti Paesi alla luce dei pericoli ai quali potrebbe esporli il loro attaccamento alla Lega.

9

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 70. Sofia, 24 maggio 1939 (per. giorno 26).

Presidente del Consiglio mi ha espresso sua convinzione che accordo angloturco ha definitivamente compromesso esistenza Intesa Balcanica. Nello stesso senso si era espresso con questo Ministro di Jugoslavia. Riprendendo argomenti di cui a mio telegramma n. 95 mi ha soggiunto che sviluppi situazione balcanica potevano pertanto facilitare atteggiamento Bulgaria e tornava accennarmi tesi un tempo prospettatami, come mio telegramma per corriere n. 0103 del 12 dicembre ultimo, di un nuovo sistema balcanico che mediante soluzione dobrugiana unisse Bulgaria alla Romania e Jugoslavia. Tale sistema sarebbe necessariamente destinato appoggiarsi Asse, cui predominio sudoriente europeo consolidato da Patto di Milano, e opporsi intesa turco-greca sostenuta da Inghilterra, permettendo sperare ulteriormente anche soluzione problema tracico.

D'altra parte sulla consistenza stessa intesa turco-greca Presidente del Consiglio sembrava nutrire dubbi, sia perchè Grecia sarebbe a suo avviso preoccupata conseguenze che potrebbero derivarle da nuovi impegni assunti dalla Turchia verso Inghilterra, sia perchè Turchia lascerebbe ora intravedere qualche mira verso Tracia greca ai cui confini sua posizione militare, come è noto recentemente rafforzata, è predominante. Kiosseivanov sembrava pertanto credere che rafforzamenti questi ultimi tempi forze elleniche Tracia greca, oltre che in considerazione Bulgaria, fossero specialmente in conseguenza tale preoccupazione.

10

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 71. Sofia, 24 maggio 1939 (per. giorno 26).

Mio telegramma 46 del 4 aprile scorso.

Presidente del Consiglio mi ha nuovamente parlato eventualità suo viaggio Berlino. Mi ha detto nessuna data sarebbe ancora stata fissata, ma egli sarebbe disposto a qualunque momento durante vacanze parlamentari in corso, !asciandomi peraltro intendere attendere al riguardo determinazioni di Berlino. Egli non crede Germania, che finora aveva mostrato desiderare tale visita rimanesse isolata da altre, vedrebbe difficoltà, specie dopo più stretti vincoli con Italia determinati da Patto di Milano, che essa venga eventualmente riunita a quella che avrebbe sempre in animo compiere Roma. Le due visite rimarrebbero comunque indipendenti da quelle eventuali che potesse successivamente compiere altre capitali.

Dello stesso argomento mi ha parlato Ministro germanico Richthofen, dimostrandomi però alquanta freddezza per visita stessa. Era anche dubbioso circa permanenza Kiosseivanov al potere, stando alle voci corse e da me riferite a V. E., e si domanda se viaggio a Berlino non fosse soprattutto destinato consolidare credito Presidente del Consiglio. Mi ha detto che della cosa avevagli parlato anche Re Boris, che presumibilmente, a giorno scarso ~!!.tusiasmo tedesco per detto viaggio, aveva mostrato rendersi conto vari impegni già in programma che ostacolerebbero ricevimento Kiosseivanov a Berlino.

11

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 17. Londra, 24 maggio 1939 (per. giorno 26).

Mentre il Governo britannico, cedendo alla pressione delle correnti parlamentari e della stampa, e compromesso dalla concatenazione logica degli sviluppi della sua recente politica estera, si va ormai orientando ad accettare le condizioni poste da Mosca per il progettato accordo anglo-sovietico, merita esser segnalata la unita lettera aperta diretta al Times dal deputato conservatore Page Croft, autorevole esponente del settore parlamentare notoriamente più vicino al Primo Ministro.

«È una cosa -scrive Page Croft -il parlare di un patto di mutua assistenza per affrontare uno speciale e immediato pericolo e, come noi speriamo si tratti, una fase passeggera di instabilità internazionale. Ma una alleanza militare permanente non solo impegna noi oggi ma obbliga anche i nostri figli ad andare in aiuto di un alleato per qualche nuova disputa che potrà verificarsi tra 10, 20 o addirittura tra 30 anni.

«Un'alleanza del genere, inoltre, sembra diretta proprio a quella forma di politica estera che l'Inghilterra ha criticato nel passato -e cioè di associarsi con un determinato blocco ideologico e di dividere il mondo in due campi organizzati :1>.

È facile leggere, tra le righe della lettera di Page Croft, la intima titubanza e preoccupazione con la quale, nonostante l'apparente unanimità di consensi, vengono negli ambienti più responsabili seguiti gli sviluppi della situazione che sta fatalmente conducendo la Gran Bretagna lungo nuove e pericolose strade cosi profondamente aliene dall'istinto e dalle tradizioni politiche inglesi. Non meno interessante è il rilevare che la lettera di Page Croft, scritta il 20 maggio, è stata pubblicata dal Times solamente stamane, a quattro giorni di distanza e dopo che era ormai nota la decisione di massima raggiunta dal Governo di non opporre ulteriori resistenze o categoriche riserve alla conclusione degli accordi con Mosca.

12

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. AD ANKARA, BERIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 72. Ankara, 24 maggio 1939 (per. giorno 30).

Mio telespresso n. 901/484 del 16 corrente.

Attività diplomatica in quest'ultima settimana è stata caratterizzata da continuazione conversazioni anglo-turche e franco-turche. Questione Hatay è entrata nella fase finale e stampa turca parla ormai apertamente di raggiunto accordo e di annessione imminente. Commissione delimitazione nuove frontiere ha terminato suoi lavori e delegazione turca è rientrata ieri Ankara dopo aver paràfato protocolli che comportano, pare, qualche modificazione attuale tracciato. Da più parti mi è stato segnalato inizio conversazioni Stati Maggiori inglese francese turco per definire eventuale cooperazione prevista nei nuovi accordi i quali -qui si dice da parte rumena --possono fin d'ora considerarsi come estesi alle frontiere balcaniche anche in relazione al gioco dei contrapposti accordi italo-germanici. Non è qui confermata la notizia pubblicata dalla stampa tedesca e inglese di passi jugoslavi presso il Governo di Ankara per la mancata consultazione dei membri dell'Intesa balcanica prima della conclusione degli accord'i anglo-turchi. Questo incaricato d'affari jugoslavo dichiara non aver avuto alcuna istruzione in tal senso dal suo Governo. Non esclude peraltro che qualche amichevole rappresentazione e richiesta di chiarimenti sia stata fatta attraverso il ministro turco a Belgrado.

13

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. URGENTE RISERVATISSIMO 1964/833. Mosca, 24 maggio 1939.

Rif. mio telegramma n. 60 del 23 corrente (1).

Col mio telegramma di ieri ho sommariamente riferito a V. E. le informazioni fornitemi da questo Ambasciatore di Germania circa il di lui colloquio col Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo e nuovo Commissario per gli Affari Esteri, Molotov. Confermo e completo ora la mia comunicazione telegrafica.

Pel tramite della sua Ambasciata, von Schulenburg aveva chiesto un appuntamento con Molotov quando si trovava ancora a Berlino, alla vigilia del suo ritorno a Mosca dopo la missione compiuta a Teheran in occasione del matrimonio del Principe Ereditario dell'Iran.

Il mio collega mi ha detto che dalla Persia egli si proponeva di venire a Mosca direttamente per la via di Baku, ma che all'ultimo momento era stato invece chiamato d'urgenza a Berlino per ricevere istruzioni.

Alla Wilhelmstrasse von Ribbentrop gli aveva ordinato di ripartire al più presto per Mosca, di prendere subito contatto con Molotov e di proporgli la ripresa dei negoziati per la conclusione di un accordo commerciale.

Il giorno dopo il suo arrivo a Mosca von Schulenburg è andato a vedere il Commissario per gli Affari Esteri e gli ha comunicato la proposta del Governo di Berlino.

Il mio collega tedesco mi ha messo al corrente in modo particolareggiato -e naturalmente in via confidenzialissima -del suo colloquio, che si è svolto come segue:

Von Schulenburg ha incominciato col ricordare a Molotov le trattative, prima ufficiose e poi ufficiali, di alcuni mesi fa, ed ha fatto notare che nelle ultime conversazioni avute col Commissario per il Commercio Estero, Mikoian, era stato raggiunto un accordo di massima, nel senso che entrambi i Governi erano favorevoli alla conclusione di un accordo commerciale su larghe basi, in modo da aumentare considerevolmente il volume globale degli scambi fra i due Paesi. Erano poi sorte delle difficoltà circa il modo come la Germania avrebbe potuto pagare i suoi acquisti di materie prime nell'U.R.S.S., perchè in quel momento i produttori tedeschi non erano in grado di garantire la consegna nei termini desiderati dei prodotti richiesti in cambio dal Governo sovietico

(Schulenburg mi ha parlato di macchinario, ma debbo ritenere si sia trattato anche di materiale da guerra). Oggi però il Governo tedesco riteneva che tali difficoltà potevano venir superate e proponeva quindi la ripresa delle trattative.

A ciò Molotov ha risposto dichiarando che il Governo sovietico non si rifiutava -beninteso -di discutere la questione commerciale, ma che in questo momento esso vedeva un interesse nell'accordo commerciale soltanto se questo avesse potuto fondarsi su basi politiche.

Von Schulenburg, apprezzando naturalmente l'importanza di simile dichiarazione, si affrettò a chiedere quali fossero, nel pensiero del suo interlocutore, le « basi politiche » cui aveva alluso. Molotov non volle però essere più esplicito e si limitò a ripetere letteralmente la frase già detta.

Il mio collega ha insistito perchè il Commissario precisasse meglio il desiderio e le intenzioni del Governo sovietico. A tal fine gli" ha fatto notare che mentre egli (Schulenburg), come Ambasciatore e quindi come esecutore di ordini, non era in grado di avanzare di propria iniziativa proposte o suggerimenti non ancora vagliati dal suo Governo, Molotov poteva invece, nella sua doppia qualità di Commissario per gli Esteri e di Presidente del Consiglio (e quindi di Capo del Governo), esprimere direttamente il pensiero del Governo dell'U.R.S.S. Poteva comunque, sia pure a titolo personale, fornirgli qualche elemento per interpretare correttamente il desiderio sovietico. Queste insistenze non valsero però a scuotere la riserva di Molotov, il quale concluse la conversazione suggerendo semplicemente l'opportunità che «entrambi i Governi meditassero attentamente la questione:).

Il mio collega germanico ha tratto dal colloquio l'impressione molto netta che Molotov avesse ricevuto dall'alto l'istruzione di prospettare l'idea delle « basi politiche » come condizione preliminare alla conclusione dell'accordo commerciale, ma di non commentarla nè di precisarla, e ciò con lo scopo evidente di spingere il Governo tedesco a fare esso stesso delle proposte concrete.

Esaminando con Schulenburg il significato e la portata della dichiarazione del Commissario, ho avanzato l'ipotesi che il Governo sovietico si proponga come obiettivo immediato quello di « manovrare » per conoscere quali garanzie politiche potrebbe eventualmente ottenere dalla Germania, al tempo stesso in cui esso cerca di rendersi conto fino a che punto l'Inghilterra è disposta ad andare per ottenere la solidarietà militare dell'U.R.S.S.

Il mio collega ha convenuto che tale ipotesi può essere fondata. Egli si chiede però che cosa Berlino potrebbe offrire a Mosca nel campo politico, proprio quando -secondo quel che gli risulta -sono in corso delle conversazioni fra l'alleanza Roma-Berlino da una parte e Tokio dall'altra per intensificare la solidarietà politico-militare delle tre Potenze amiche.

Condivido io pure questi dubbi, perchè ritengo che il minimo che potrà venir richiesto dall'U.R.S.S sarà un patto formale di non aggressione, e non vedo come esso potrebbe conciliarsi con una politica di più stretta collaborazione col Giappone. Ciò, beninteso, indipendentemente da altre considerazioni che potrebbero in questo momento ostacolare, sia da parte italo-tedesca, sia da parte sovietica, un mutamento piuttosto radicale ed improvviso delle direttive di politica estera dei tre Paesi.

L'Ambasciatore von Schulenburg ha naturalmente riferito a Berlino in modo particolareggiato circa il suo colloquio con Molotov ed attende istruzioni.

Per darmi il modo di seguire da vicino l'ulteriore svolgimento di questa interessante fase di attività diplomatica, sarò grato a V. E. se vorrà, nei limiti del possibile, comunicarmi telegraficamente ogni notizia utile, e specialmente le informazioni che il Regio Ambasciatore a Berlino potrà fornire sull'atteggiamento e le decisioni del Governo tedesco.

Non ho bisogno di dire che mantengo stretti contatti con questo Ambasciatore di Germania col quale ho sempre intrattenuto relazioni cordialissime. Ciò non di meno il mio compito di informatore potrà essere facilitato se il mio collega tedesco avrà la sensazione che anche V. E. mi tiene al corrente dei problemi che interessano la politica italo-tedesca.

(l) Non pubblicato.

14

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PERSONALE RISERVATISSIMO 344. Tokio, 25 maggio 1939, ore 8,30, (per. ore 16,15).

Mi si confida da due punti diversi che questo Governo aveva già inviato ai suoi Ambasciatori Roma e Berlino testo risposta. Ambasciatore del Giappone Berlino ha però qui telegrafato facendo notare impossibilità presentare quel Governo nuova formula che era sostanzialmente identica alla precedente. Tale telegramma ha provocato molta impressione. Vi sono state e continuano ad esservi numerosissime riunioni. Ministro della Guerra ha inutilmente tentato nuove pressioni. Situazione interna derivante è delicata e non si esclude abbia a prodursi crisi di Gabinetto. Questa però secondo uno degli informatori potrebbe avere per effetto posizione rafforzamento dell'influenza dei militari e nazionalisti nel Governo, e sarebbe probabilmente affrettata se Regio Governo e Governo tedesco rimanessero fermi nel non dichiararsi soddisfatti di nuove formule del genere di quella già proposta.

15

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

FoN. 220. Londra, 25 maggio 1939, ore 11,30, (per. alla stessa ora).

Durante la seduta di ieri ai Comuni, il laburista Henderson ha chiesto al Primo Ministro se, in relazione all'accordo anglo-italiano che prevede il mantenimento dello statu quo nel Mediterraneo, egli aveva qualche dichiarazione da fare in merito all'alleanza militare italo-tedesca firmata a Berlino; e se risultava che il Governo italiano avesse recentemente avanzato delle proposte di negoziato circa le sue divergenze con la Francia.

Il Primo Ministro ha risposto: « Dal testo, quale è stato pubblicato, dell'accordo firmato il 22 maggio dai Ministri degli Esteri d'Italia e di Germania non sembra sussistere nulla che sia incompatibile con gli obblighi assunti dall'Italia nella dichiarazione del 2 gennaio 1937 riconfermata nell'accordo anglo-italiano del 16 aprile 1938 ».

Rispondendo alla seconda parte dell'interrogazione Chamberlain ha aggiunto: «Non sono in grado di fare alcuna dichiarazione su ciò che poteva o meno esservi stato fra il Governo italiano e quello francese in merito a quanto indicato dall'interpellante ».

16

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

FoN. 221. Londra, 25 maggio 1939, ore 11,30, (per. aZZa stessa ora)

Nel corso della seduta di ieri ai Comuni il laburista Strauss ha chiesto se il Primo Ministro riteneva che «gli armamenti italiani sarebbero ora ritirati dalla Spagna». Chamberlain ha risposto affermativamente.

Strauss ha quindi chiesto: «È a conoscenza il Primo Ministro del fatto che il Popolo d'Italia ha affermato recentemente che il Governo Italiano non ha intenzione di ritirare il proprio materiale bellico dalla Spagna? Poichè questa sarebbe una violazione dell'accordo anglo-italiano, il Primo Ministro si propone di accertare se ciò sia esatto? ».

Chamberlain si è limitato a rispondere di non aver visto l'articolo in questione.

17

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 327. Berlino, 25 maggio 1939, ore 14,01 (per. ore 15).

Ministro Jugoslavia a Berlino mi informa che nel recente incontro GafencuMarkovié (avvenuto ad iniziativa di quest'ultimo) Markovié ha fatto parte a Gafencu delle sue preoccupazioni circa recenti atteggiamenti Turchia e sue ripercussioni sopra Intesa Balcanica. Naturalmente, ciascuno dei membri dell'Intesa Balcanica può contrarre amicizie ed obbligazioni proprie, ma bisogna, secondo Ministro Jugoslavia, che esse siano tali da armonizzarsi con politica generale dell'Intesa. Una chiarificazione è quindi necessaria ed a questo fine Gafencu -che sembra anche egli animato dagli stessi sentimenti -si incontrerà settimana prossima con il collega turco.

Dalla stessa fonte mi viene segnalato anche una interessata reazione da parte Grecia che -data la sua alleanza con la Turchia e nonostante primo uffic'iale senso di compiacimento -temerebbe ora che nuovi atteggiamenti turchi possano eventualmente comprometterla nei riguardi dell'Italia.

18

IL MINISTRO A BUCAREST, GRIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 177. Bucarest, 25 maggio 1939, ore 21,30 (per. ore 3).

Avendo avuto stamane occasione recarmi da Gafencu, ho preso occasione da corrispondenza Reuter odierna, secondo la quale conversazioni anglo-russe sarebbero prossime a conclusione, per domandargli suo parere in proposito e per conoscere suo avviso circa situazione in cui verrebbe a trovarsi Romania per effetto di un accordo, in base al quale Sovieti garantissero a loro volta garanzia franco-inglese Romania, ciò che sembra difficilmente attuabile senza acquiescenza stessa Romania.

Gafencu mi ha detto che, durante suo recente soggiorno Londra, egli aveva chiaramente espresso a Chamberlain suo punto di vista contrario ogni intesa con Sovieti; che egli aveva riportato allora impressione che Chamberlain comprendesse e condividesse tale punto di vista: che Governo inglese aveva, evidentemente in seguito, modificato suo atteggiamento per effetto pressioni estere e interne: che di recente questo Ministro d'Inghilterra lo ha informato trattative in corso Londra-Mosca, invitandolo far conoscere opinione Governo romeno; che egli ha risposto ricordando quanto già detto a Londra e riconfermando che Governo romeno è stato bensì grato per assicurazione unilaterale e non sollecitata dai Governi inglese e francese, ma rimane contrario ogni legame con Mosca, e, intendendo restare estraneo a conversazioni in corso con Russia e ad accordi che ne risulteranno, non è in grado formulare suggerimenti al riguardo.

Egli, che si mostrava contrario annunzio imminente accordo anglo-russo, non ha infine negato che situazione di questo Paese, in mezzo sistemi accordi e garanzie dirette accerchiamento più o meno difensivo Potenze Asse, diverrà ancora più difficile se non paradossale, ma ha ribadito nota tesi neutralità Romania che, non essendo legata ad alcuna obbligazione verso Francia e Inghilterra, conserverebbe libertà azione e intenderebbe non allontanarsi linea di condotta equidistante. In particolare Gafencu ha escluso collaborazione RomaniaRussia, esprimendo sua convinzione malafede Governo russo che avrebbe negoziato accordi in questione solo scopo aumentare motivo torbidi e confusione internazionale.

19

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA

T. 362/203 R. Roma, 25 maggio 1939, ore 21,50.

Vostro 109.

Visita Serrano Sufier sarà graditissima. Ho già fatto sapere al Generale Gambara che provveda ad invitare i quattro Generali che dovrebbero accompagnare il Serrano Sufier. Vogliate prendere accordi con Gambara al riguardo assicurando circa venuta del Serrano Sufier ed inviando ogni utile precisazione.

20

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 107. Belgrado, 25 maggio 1939, ore 22, (per. ore 23,30).

Cincar Markovié mi ha detto che nel corso dell'esame fatto con Gafencu della situazione creata dai negoziati in corso per il patto anglo-turco è stato di pieno accordo convenuto :

l) che le nuove direttive politiche della Turchia non coincidono con i principi di indipendenza e di neutralità che costituiscono la base dell'Intesa Balcanica;

2) che tanto a Belgrado che a Bucarest si riterrebbe inammissibile che la Turchia potesse assumere impegni del genere di quelli annunziati nei riguardi del settore balcanico nei riguardi dell'Inghilterra. Gafencu nella sua qualità di Presidente del Consiglio dell'Intesa Balcanica ha assunto l'incarico di far conoscere questo comune punto di vista jugoslavo-romeno ad Ankara.

21

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 108. Belgrado, 25 maggio 1939, ore 22 (per. ore 22,30).

Markovi·é mi dice di aver cercato in ogni modo di indurre Gafencu a consentire a che i rapporti ungaro-jugoslavi possano avere, subito, una consacrazione formale.

Ha trovato peraltro una decisa resistenza nel suo interlocutore, che evidentemente teme anche l'apparenza dell'isolamento. Gafencu avrebbe mostrato peraltro il più vivo desiderio ed interesse di orientare più decisamente la politica di Bucarest verso Roma.

In tale ordine di idee ha dichiarato che si prepara a fare ogni concessione possibile per giungere ad un chiarimento utile e sollecito della situazione con l'Ungheria. Nelle circostanze presenti Markovié non appare in condizioni di poter forzare la mano a Bucarest.

22

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. p. c. 77. Berlino, 25 maggio 1939 (per. giorno 26).

La notizia di cui al telecorriere del R. Consolato a Vienna n. 07 circa una possibile estensione della occupazione tedesca in Slovacchia mi viene qui ufficialmente smentita.

23

APPUNTO PER IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, DEL SOTTOSEGRETARIO PER GLI AFFARI ALBANESI, BENINI

App. 215648. Roma, 25 maggio 1939.

Si ha l'onore di trasmettere qui unita copia di una lettera rimessa personalmente a questo Sottosegretariato dal Signor Assuaf Libohova, già Incaricato d'Affari a. i. di Albat.la, con la quale la ex Legazione di Albania a Roma comunica di aver posto fine, per ordine del proprio Governo, ad ogni sua attività, a partire dal 20 maggio corrente.

ALLEGATO

COMUNICAZIONE DELL'INCARICATO D'AFFARI A. I. D'ALBANIA, ASSUAF LIBOHOVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Roma, 20 maggio 1939.

Avendo oggi ricevuto una comunicazione, da parte del ministro degli Affari Esteri d'Albania secondo la quale il Governo Albanese ha deciso di mettere fine alla missione di questa Legazione, ho l'onore di comunicare a V. E. che a cominciare dalla data odierna questa rappresentanza ha cessato ogni attività.

24

L'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 3016/777. S. Sebastiano, 25 maggio 1939.

Onoromi trasmettere, qui accluso, il testo del discorso pronunciato dal Generalissimo Franco a Le6n il giorno 22 corr. in occasione della partenza della Legione Condor (1).

Non è privo di interesse riaccostare il testo del discorso in questione a quello dell'altro discorso pronunciato dal Ministro Serrano Sufier a Logrofio il giorno 11 u. s., per la partenza dei Legionari italiani (di cui al mio rapporto n. 2753/712 del 12 corrente).

Se la diversità di stile dei due discorsi può essere naturalmente imputata alla diversità di temperamento e di posizione politica dei due oratori, pure sembra doversi riconoscere che, mentre l'allocuzione pronunciata dal Generalissimo Franco è tutta condotta secondo le linee formali proprie degli indirizzi di carattere ufficiale per loro natura alquanto impersonali, il discorso del Ministro Serrano Sufier porta chiara in sè l'impronta personale del suo autore e contiene accenni che appaiono spontanei. Sembra possa inoltre rilevarsi che, mentre nel suo discorso il Ministro Serrano Sufier, quasi obbedendo ad una sua direttiva prestabilita, ha voluto riaccostare l'Italia e la Spagna, evitando ogni richiamo esplicito ad altri popoli, attraverso la utilizazione di una formula di carattere generale (c: los espafioles, los italianos, los hombres de conciencia honrada del

~ ·Documenti diplomatici-Serie VIII -Vol. XII

mundo entero»), il Generalissimo, nella sua allocuzione di Le6n -che doveva costituire una manifestazione simmetrica col discorso di Serrano Sufier di Logrofio -ha teputo, sia nei suoi richiami di carattere storico, che nel suo riferimento specifico ai recenti avvenimenti spagnoli, a fare espressa menzione, accanto alle forze tedesche e spagnuole, al contributo dato dai soldati italiani.

Se anche il richiamo ai soldati italiani nel discorso del Generalissimo Franco può essere stato dettato da un senso di omaggio generico, il discorso del Ministro Serrano Sufier, nei suoi rich'iami espliciti, non meno che nelle sue omissioni altrettanto esplicite, pare possa essere fondatamente considerato come indice delle simpatie politiche e, quindi, dell'orientamento della futura attività politica del Ministro Sufier stesso.

(l) Non pubblicato.

25

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 03830/1176. Berlino, 25 maggio 1939.

In una colazione che ha avuto luogo ieri all'ambasciata, von Papen si è intrattenuto piuttosto a lungo sulla situazione turca con Magistrati, che ho pregato di redigere in proposito l'accluso appunto.

In sostanza, qui non si è ancora perduta ogni speranza in una possibile modificazione dell'atteggiamento turco. Lo stesso accordo con l'Inghilterra -si osserva -non è definitivo e, nelle more del suo perfezionamento, qualche cosa può essere ancora tentata per salvare la situazione. Così, mentre da una parte non sono state sospese -tranne per certe artiglierie di grosso calibro -le consegne di forniture già concordate, dall'altra -almeno fino a qualche giorno fa -c'era chi riteneva persino possibile di arrivare all'offerta di un patto di non aggressione (allo stesso Ribbentrop, che me ne parlava, io mandai copia del nostro Patto del 1928).

Nessuno più di me è convinto che tutto questo sia del tempo perso, ma tuttavia mi sembra che, da parte nostra, non convenga dare l'impressione di porre dei veti e ciò anche per non creare nella Germania la sensazione di forzate rinuncie di cui essa possa eventualmente pretendere di essere a suo tempo ripagata.

Che la Germania -se vuole -faccia pure. Ma essa sa già, dalla bocca dell'E. V., che per quanto la riguarda, l'Italia non intende rinunciare a nessuna delle ipoteche già costituitesi.

Del resto von Papen ha incominciato con l'andare in vacanze. Ritornerà a vedermi prima di rientrare in sede. Molte delle sue idee si chiariranno da sè.

ALLEGATO APPUNTO DEL MINISTRO CONSIGLIERE MAGISTRATI PER L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

Berlino, 25 maggio 1939.

L'Ambasciatore von Papen è ritornato ieri sull'argomento, già da lui accennato a S. E. il Ministro nella conversazione avuta nel Palazzo della Cancelleria la sera del 21 u. s., degli attuali rapporti tra la Turchia e le due Potenze dell'Asse.

Egli mi ha così ripetuto di essere giunto ad Ankara troppo tardi per svolgere una qualsiasi azione atta ad impedire la c dichiarazione • anglo-turca. Ma ha al tempo stesso affermato la necessità che la questione non sia considerata assolutamente chiusa. Egli quindi al suo ritorno ad Ankara, che avrà luogo nella settimana prossima, si propone di riprendere la sua azione per presentare nuovi argomenti ai Turchi durante il periodo che deve intercorrere tra quella c dichiarazione • e la stipulazione vera e propria di un patto. Un atteggiamento passivo e di isolamento non porterebbe, infatti, con i Turchi ad alcun vantaggio e lascerebbe sempre più libero il campo alle iniziative britanniche.

Venendo a parlare dell'attuale situazione turca l'Ambasciatore ha confermato come la situazione di Ismet, che egli conosce fin dai tempi della guerra europea, sia indubbiamente forte data l'impostazione dell'amministrazione turca, che risente ancora dell'impronta dittatoriale datale da Atatiirk. Nei confronti della Turchia del Califfato, da von Papen molto bene conosciuta per la sua lunga permanenza fra le truppe turche durante la grande guerra, la Turchia attuale appare aver fatto progressi nel campo della serietà ed onestà dei funzionari amministrativi i quali appaiono avere perduto, almeno in gran parte, le tradizionali attitudini basate sul

• bakschich • e cose simili.

L'accordo anglo-turco non è popolare in tutti gli ambienti. Molti elementi militari, ad esempio, sono ad esso contrari e lo manifestano apertamente. Ciò non vuoi dire che l'accordo non possa avere pratica applicazione perchè nelle sfere politiche dirigenti turche è forte la corrente di coloro che stimano necessario per la Turchia un periodo di assestamento interno senza complicazioni esteriori. Presso questa corrente ha quindi facile presa la propaganda britannica che fa apparire le Potenze dell'Asse come disturbatrici della pace europea e animate da ambizioni imperialistiche anche nei confronti del Mediterraneo orientale.

A questo punto von Papen ha anche accennato alle ripercussioni dell'azione balcanica dell'Asse, con riferimento ai recenti avvenimenti albanesi e ha insistito nel far presente come tutte le voci di nuove imprese italo-tedesche nella Penisola balcanica innervosiscano i Turchi. (Qui mi sono permesso dire al mio interlocutore che, tra le ragioni dell'attuale stato d'animo turco doveva essere compresa, forse più che la diffidenza per la cosiddetta attuale azione imperialistica italo-tedesca nella Penisola balcanica, il ricordo della sconfitta subìta dalla Turchia nella Grande Guerra allorchè ebbe a combattere a fianco della Germania).

Altra caratteristica dell'attuale mentalità dei Turchi, è poi quella di volersi mostrare completamente disinteressati del mondo arabo e quindi di qualsiasi espansione nei Paesi già altra volta dominati da Costantinopoli e al tempo stesso di mostrare di non comprendere affatto la grande importanza strategica e politica che il loro Paese avrebbe se si avvicinasse alle due Potenze dell'Asse.

In conclusione il signor von Papen tiene a dare l'impressione che egli intende svolgere ad Ankara nei prossimi mesi opera attiva, sfruttando soprattutto le conoscenze personali che egli ha negli ambienti militari turchi, i cui principali esponenti erano, nel 1916-18, ufficiali alle dipendenze del Comando misto turco-tedesco del quale egli faceva parte.

26

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO S. n. (l) Sofia, 25 maggio 1939.

Relativamente agli asseriti sondaggi britannici al fine, secondo la Reuter, di conoscere l'atteggiamento degli Stati del Sud-Oriente europeo verso un even

tuale accordo anglo-franco-sovietico, questo Presidente del Consiglio mi ha detto che nessun passo è stato fatto dal Ministro d'Inghilterra. Atteggtamento piuttosto riservato manterrebbe questo verso Governo bulgaro.

(l) Questo documento, probabilmente un telespresso, proviene dall'Archivio dell'Ufficio 2• della Direzione Generale Affari Europa Mediterraneo, da cui venne ritrasmesso alle Ambasciate a Berlino, Parigi, Londra, Varsavia, Mosca ed Ankara e alle Legazioni a Budapest, Belgrado, Bucarest ed Atene con T. per corriere n. 9944 P. R./C. del 27 maggio 1939.

27

IL PRIMO MINISTRO GIAPPONESE, HIRANUMA, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

T. s. n. Tokio, 26 maggio 1939, ore 14.

Persuaso che il solido Trattato di Alleanza concluso oggi fra la Germania e l'Italia, di fronte a chi disturba la confusa situazione politica, sia un potente contributo al mantenimento della pace nel mondo, esprimo qui le mie cordiali congratulazioni e auguri.

28

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 338. Berlino, 26 maggio 1939, ore 14,41, (per. ore 15,30).

A comunicazione telefonica odierna di S. E. il Ministro. l) Giannini, che ho informato determinazione V. E. per quanto riguarda artiglieria anti-aerea, assicura che la cosa sta bene e può ritenersi conclusa. 2) Ribbentrop è d'accordo affrettare più possibile i tempi per quanto riguarda Giappone e riservasi conferire in questo senso oggi stesso con Oshima.

29

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI COMMERCIALI, GIANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 336. Berlino, 26 maggio 1939, ore 14,48 (per. ore 16,20).

Ribbentrop mi parlò revisione piano collaborazione economica e mi ha fatto raccomandare immediato inizio studi per prossima seduta autunno commissione.

Piani economia guerra sono stati affidati Sarnow già presidente Comitato misto.

Ribbentrop mi ha accennato che sua idea sarebbe accentuare complementarietà economia fra i due Paesi e stabilire fabbisogno contando su predominio Balcani.

Salvo ordini contrari V. E. che pregherei telegrafarmi d'urgenza dovendo avere conversazione preliminare domani, mi limiterei raccogliere idee generali Governo germanico per avviare studi.

30

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL PRIMO MINISTRO GIAPPONESE, HIRANUMA

T. 363 R. Roma, 26 maggio 1939, ore 14,50.

Ho particolarmente apprezzato cordiali espressioni che avete voluto rivolgermi in occasione firma Trattato concluso fra Italia e Germania e vivamente Vi ringrazio delle amichevoli parole.

31

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI COMMERCIALI, GIANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 339. Berlino, 26 maggio 1939, ore 18,40 (per. ore 19,45).

Generale Milch che è a Roma è stato incaricato mettersi in contatto per note forniture con Generale Pariani che ho preavvertito telefonicamente.

32

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PERSONALE RISERVATISSIMO 350. Tokio, 26 maggio 1939, ore 19,50, (per. ore 13,45).

Discussioni continuano e contrasti non composti. Sembra che testo istruzioni già inviato dal Ministro degli Affari Esteri e che Ambasciatore del Giappone Berlino (come anche quello a Roma) ha fatto presente non potere eseguire... differissero (l) a insaputa dello stesso Presidente del Consiglio da quelle decise in precedenza dal ristretto Consiglio dei Ministri.

Si dice Ministro della Guerra si sia assicurato appoggio dei vecchi Generali del Consiglio di Guerra e che Capo dello Stato Maggiore Principe Kanin, zio Imperatore, sia andato dal Sovrano a sostenere tesi dei militari. Sua Maestà gli avrebbe risposto dover attendere che Esercito e Marina si mettano d'accordo.

Pare militari vorrebbero Giappone si impegnasse entrare in guerra contemporaneamente con Asse mentre Marina vorrebbe serbarsi libertà decisione pur dicendosi disposta a consentire nel principio di unirsi a noi.

Questa mancanza di unione fra membri del Gabinetto e di loro disciplina verso il Primo Ministro spiega anche la mancanza di disciplina degli Ambasciatori di fronte loro Ministro. E potrebbe anche spiegare un giorno qualche nuovo eccidio [mio telegramma n. 349 (2)].

(l) -Periodo pervenuto con molti gruppi errati anche nella ripetizione (subito chiesta e giunta con telegramma n. 351 in data 27 maggio). (2) -Non pubblicato.
33

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 340. Berlino, 26 maggio 1939, m·e 21,10 (per. ore 23).

Ribbentrop -che già dal 23 corrente si è ritirato nella sua campagna di Sonnenburg-ha ieri incaricato il Segretario di Stato Weizsacker di elaborargli un piano di lavoro per la messa in azione del trattato di alleanza italo-tedesca, soprattutto per quanto riguarda le note commissioni.

Weizsacker preparerà al più presto in proposito delle proposte da sottoporre al proprio Ministro e di cui naturalmente mi sarà data subito notizia.

34

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 15958/284 P. R. Roma, 26 maggio 1939, ore 24.

Questa Legazione greca ha interessato questo Ministero per sollecitare ammissione Grecia Commissione Europea Danubio. Gradirò conoscere pensiero codesto Governo in proposito.

35

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO AD ATENE, GRAZZI

T. 365 R/85. Roma, 26 maggio 1939. ore 24.

Vostro rapporto n. 501 del 12 maggio circa Trattato di amicizia italo-greco. Il Trattato non può essere rinnovato per evidenti ragioni. Se interpellato, potrete farle conoscere costi. Aggiungo per Vostra norma che non prenderemo iniziative per concluderne un altro. Ove iniziativa dovesse essere presa dal Governo greco, riferite.

36

IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 13. Berna, 26 maggio 1939 (per. giorno 29).

Il Ministro Kocher ha atteso il ritorno di Motta per intrattenersi con lui conforme all'ordine avuto, di cui ho riferito col telegramma su citato (1). L'On.

Motta ha sostenuto che l'aver accettato la garanzia anglo-francese senza reagire non costituiva una lesione della neutralità e ha assicurato con vivissima insistenza il Ministro Kocher che il Governo federale non mancherà in nessun modo ai suoi doveri di neutrale. Il Ministro ha dal canto suo insistito nella tesi del suo Governo e mi ha detto che Motta era molto impressionato di vedere il suo paese accusato di avere mancato nel campo della neutralità. Alla ripetuta domanda del Ministro Kocher Motta ha detto che vedrà se potrà dire qualche cosa nel discorso che terrà sabato a Zurigo: ha però aggiunto che deve presentare la cosa al Consiglio federale e che, dato lo stato dell'opinione pubblica, difficilmente gli sarà concesso di far dichiarazioni che possano suonare sgradevoli alla Francia. Ha detto altresi che una sua eventuale azione è resa molto problematica dal fatto che si è tenuto nascosto che la Svizzera era stata avvertita da Bonnet della garanzia che si preparava, e anzi si è lasciato credere al paese e all'estero che la Francia e l'Inghilterra avessero agito di loro iniziativa senza dir nulla a Berna. Sicchè, per l'opinione pubblica, la Svizzera non sa nulla ufficialmente e conosce la garanzia soltanto dai giornali. È un altro tipico episodio della ipocrisia della democrazia.

(l) Manca il numero.

37

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRES. 2209/526. Varsavia, 26 maggio 1939.

Gli incidenti polacco-danzichesi verificatesi in questi giorni e che sono tuttora aperti traggono origine dai seguenti fattori:

Nella notte dal 20 al 21 corrente a Kalthof, piccola località nel territorio danzichese situata al confine con la Prussia orientale, un folto gruppo di dimostranti (alcuni dei quali, secondo la versione polacca, erano armati e c indossavano delle uniformi di polizia ») si è diretto contro la casa abitata dagli ispettori doganali polacchi, minacciando di invaderla e di aggredire le persone che vi erano dentro. Di fronte all'atteggiamento minaccioso dei manifestanti, che i pochi agenti di polizia presenti non riuscivano a dominare, gli ispettori doganali polacchi furono costretti a lasciare la casa dove avevano altresi il loro ufficio ed a riparare in territorio polacco. Appena essi furono usciti la folla invase !"immobile, compiendo atti vandalici.

Subito avvertito dell'accaduto il Commissario Generale Polacco a Danzica, decideva di inviare sul posto il Commissario aggiunto, signor Perkowski, per rendersi conto dei fatti avvenuti. Il signor Perkowski, accompagnato da due suoi collaboratori, si recava immediatamente a Kalthof con la propria automobile, guidata da un autista polacco. Fu allora che si produsse un secondo incidente ben più grave, perché in esso rimase vittima il danzichese Max Griibner, membro della sezione d'assalto nazional-socialista. Il fatto si è svolto in circostanze che sono rimaste finora tutt'altro che chiare, poichè su questo punto la versione data dal Governo Polacco e quella fornita dalle Autorità danzichesi divergono profondamente. La versione polacca sorvolando sui particolari dell'episodio che è costato la vita al Griibner, afferma che «un'aggressione fu compiuta contro l'automobile nella quale era il Vice Commissario Generale signor Perkowski che si recava a Kalthof » e che «durante tale aggressione furono scambiati dei colpi d'arma da fuoco, causando la morte di uno degli assalitori».

Questa affermazione è contenuta nella nota di protesta rimessa dal Commissario polacco -signor Chodacki -al Senato di Danzica il 21 corrente, subito dopo l'incidente di Kalthof.

Secondo la versione invece data dalle Autorità danzichesi al D.N.B., il Griibner che era stato tutta la giornata assente da Kalthof, trattenendosi invece nella vicina città di Marienburg (Prussia orientale), faceva ritorno verso mezzanotte con un taxi che, giunto alla frontiera danzichese, nei pressi di Kalthof, incrociò un'automobile polacca (che sarebbe stata poi identificata con la vettura del Vice Commissario Perkowski) la quale teneva accesi i fari abbaglianti. Il taxi fu costretto a fermarsi ed il Griibner ne sarebbe disceso per accertarsi dell'identità dell'automobilista che commetteva tale infrazione al regolamento stradale. In questo momento partirono dall'automobile polacca due colpi d'arma da fuoco che abbatterono il Griibner.

Mentre le circostanze nelle quali avvenne la morte del Griibner sono molto controverse, non sembra invece che possa essere messo in dubbio che il conducente dell'automobile del Commissario aggiunto polacco, che aveva tirato i colpi, abbandonò la vettura dirigendosi alla vicina stazione ferroviaria, dove si sarebbe messo in salvo prendendo posto su una locomotiva (come è noto le ferrovie nel territorio danzichese appartengono all'Amministrazione polacca) che l'avrebbe ricondotto in territorio polacco.

L'aggressione da parte di agitatori danzichesi alla sede degli ispettori doganali polacchi veniva immediatamente considerata a Varsavia come un tentativo organizzato contro il libero esercizio dei diritti della Polonia al controllo delle dogane del territorio di Danzica che si trova, come è noto, in unione doganale con la Repubblica polacca.

Pertanto fin dal giorno successivo ai fatti di Kalthof il Commissario Polacco a Danzica rimetteva al Presidente del Senato della Città Libera una nota di protesta molto energica con la quale formulava in termini categorici le seguenti dichiarazioni:

l) Il Governo Polacco non ammetterà che per via di fatti compiuti siano menomati i diritti polacchi nel campo doganale; 2) Il Governo Polacco esige un'inchiesta contro i colpevoli e la comunicazione dei risultati di tale inchiesta; 3) Il Governo Polacco esige un'indennità per i danni prodotti nei locali occupati dagli ispettori doganali polacchi a Kalthof;

4) In vista delle aggressioni sempre più frequenti contro la popolazione e i funzionari polacchi della Città Libera, il Governo polacco si vede nella necessità di esigere una dichiararazione chiara e categorica la quale precisi quali garanzie il Senato della Città Libera può dare al Governo polacco per assicurare l'ordine e la sicurezza della popolazione e dei funzionari polacchi nel territorio di Danzica.

Intanto, prima ancora di dare una risposta formale alla nota polacca, il Senato di Danzica dava assicurazioni che sarebbe stata garantita l'incolumità

degli ispettori doganali polacchi a Kalthof. Essi infatti rientravano il 23 corrente

al loro posto e riprendevano le loro funzioni. L'incidente pareva così avviato

a una soluzione soddisfacente per entrambi le Parti [mio telegramma n. 134

del 23 stesso (l)].

Il Dobry Wieczor di quello stesso giorno pubblicava infatti la seguente

nota ufficiosa dal titolo «Tranquillamente ma energicamente » :

«L'atteggiamento della Polonia di fronte agli incidenti provocatori di Danzica ha avuto la piena adesione dell'opinione pubblica mondiale e non ha mancato di produrre impressione nella stessa Città Libera. Coloro che hanno provocato l'incidente hanno avuto paura delle conseguenze comprendendo che la Polonia non avrebbe permesso la menomazione dei suoi interessi. Gli ispettori polacchi a Kalthof hanno ripreso le loro funzioni e il Senato di Danzica ha garantito loro l'incolumità. Cosicchè i diritti della Polonia, e fra questi i suoi privilegi doganali, non sono stati violati. L'incidente ha carattere locale. Esso ha contribuito a far luce sui metodi provocatori in uso a Danzica e ha permesso all'opinione pubblica mondiale di capire di cosa si tratta».

Alla nota di protesta sopracitata il Governo Polacco faceva seguito con una seconda nota diretta al Senato di Danzica, con la quale intendeva precisare alcuni punti relativi all'aggressione alla sede degli ispettori doganali di Kalthof. La nota ripeteva inoltre l'affermazione secondo la quale risultava in modo irrefutabile che la folla dei manifestanti era guidata da persone appartenenti alle formazioni nazional-socialiste, di cui esse vestivano l'uniforme.

Da parte sua il Senato di Danzica ha rimesso al Governo polacco due note, ad una delle quali è annesso un rapporto sui risultati dell'inchiesta fatta dalle Autorità di Polizia sugli incidenti di Kalthof. Con dette note il Senato di Danzica respinge categoricamente di prendere in considerazione la versione data da parte polacca e le conclusioni che da essa si è voluto trarre.

La replica danzichese contiene anzi la formale richiesta, secondo la quale dovranno essere richiamati il Commissario aggiunto Perkowski e gli altri due Funzionari polacchi che con lui si recarono a Kalthof sul luogo dell'incidente e con i quali le Autorità danzichesi non potrebbero continuare a collaborare: «queste tre persone -afferma la nota del Senato di Danzica -che godono delle prerogative speciali derivanti dalle loro funzioni diplomatiche, si sono recate la sera di domenica a Kalthof armate di pistole militari. Esse hanno lasciato alloro autista una di queste armi e si sono così rese complici dell'assas-sinio del danzichese Grii.bner. Il loro dovere sarebbe stato, dopo il delitto, di fare arrestare i colpevoli. Invece esse non solo si sono allontanate, ma hanno permesso all'uccisore di porsi in salvo mettendo a sua disposizione una locomotiva che loro hanno fatto venire a Dirschau e grazie alla quale il colpevole ha potuto raggiungere il territorio polacco».

È da prevedere che questo scambio di note in tono più o meno risentito darà luogo ad ulteriori passi del genere senza però che la divergenza odierna si acuisca in modo tale da rendere impossibile un compromesso.

Evidentemente il ritorno a Danzica dell'Alto Commissario della S. d. N. non mancherà di esercitare influenza favorevole per la soluzione dell'incidente. Oggi intanto qui si annunzia una prossima visita a Varsavia del signor Burckhardt, senza peraltro che se ne precisi la data. A questo Ministero degli Affari Esteri al quale è stata richiesta notizia al riguardo, è stato risposto che tale data non era stata ancora fissata.

(l) Non pubblicato.

38

IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2484/845. Berna, 26 maggio 1939.

Vengo a sapere in via confidenziale che, mentre si attendeva il discorso di Hitler, questo Ministro degli Stati Uniti d'America, Harrison, ha chiesto al Governo federale di prendere posizione di fronte all'appello di Roosevelt, in quanto manifestazione a favore della pace. Il Governo federale ha rifiutato qualunque affermazione richiamandosi ai doveri della sua neutralità.

39

IL MINISTRO AD OSLO, LODI FÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 25. Oslo, 27 maggio 1939, ore 12,15 (per. ore 15,15).

Rapporto 5 corrente n. 145.

Riferisco preoccupazione Parlamento per appartenenza Norvegia Società delle Nazioni qualora intendasi che articolo 16 abbia da funzionare automaticamente. Infatti questo Governo ha già notificato suo tempo che vuole aver libertà

piena di interpretare quell'articolo.

Ma oggi nel rapido svolgere avvenimenti dinanzi antipatica minaccia di un accordo anglo-russo che funzionando nel quadro di Ginevra rinnoverebbe obbligo membri nonostante denunzia per altro unilaterale, appartenenza questo paese alla Lega sembra non poter ormai più conciliarsi con suo principio neutralità e autorevole Aften posten si dichiara senz'altro per uscita. Anche Nationen giorni addietro si era espresso nello stesso senso mentre laburista Arbeiderbladet ha cessato di perorare come faceva fino ad ora accordo inglese con Russia. Senonchè sia Norvegia dentro oppure fuori della Lega sua neutralità viene gravemente minacciata da sviluppo che accordo temesi potrebbe prendere nella sua attuazione e quindi paese è molto contrario.

40

IL CONSOLE A KATOWICE, BUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 19. Katowice, 27 maggio 1939, ore 15,35 (per. ore 16,45).

È a mia personale conoscenza «Germania ripreso lavori fortificazioni frontiera polacca ».

41

IL MINISTRO A TALLINN, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 27. TaHinn, 27 maggio 1939, ore 18,17 (per. ore 20).

Ministro Affari Esteri è partito per Riga per consultarsi con suo collega Lettonia prima d~lla firma del patto di non aggressione con la Germania che si ritiene avrà luogo Berlino settimana ventura.

Patto 'impone: l) -obbligo di non (dico non) ricorrere guerra per la soluzione eventuali controversie; 2) -obbligo di non (dico non) prestare aiuto di sorta a Stato che trovasi in guerra con una delle due Parti contraenti.

Seguono disposizioni concernenti ratifiche, rinnovazioni patto, ecc. Articoli addizionali fanno salvi gli obblighi derivanti ad Estonia e Lettonia da trattato di alleanza esistente fra i due Paesi e riconoscono loro diritti come Stati neutri continuare scambi commerciali anche con Stato in guerra con l'altra Parte contraente purchè non eccedano volume importanza tempo di pace.

Il presente telegramma continua col numero di protocollo successivo (1).

42

IL MINISTRO A TALLINN, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 28. Tallinn, 27 maggio 1939, ore 18,19 (per. ore 20,35).

Il presente telegramma fa seguito a quello avente numero di protocollo

precedente (2).

Estonia e Lettonia avevano preso iniziativa ottenere dal Governo germanico

dichiarazione unilaterale dimostrante intenzioni pacifiche Germania nei loro

riguardi allo scopo di provare al Governo dell'U.R.S.S. che la loro indipendenza

non (dico non) è minacciata. Patto bilaterale sembra tuttavia rispondere tale

scopo ma è stato necessario chiarire e fissare con articoli addizionali la portata

obblighi derivanti due Stati Baltici. Di fronte eventualità garanzia anglo-franco

russa Estonia e Lettonia, non (dico non) invitate ad esprimere loro opinione,

assumono seguente atteggiamento: garanzia non (dico non) potrà attuarsi se

effettivamente non (dico non) si verificherà aggressione da parte di terzo stato

e non (dico non) soltanto in previsione di essa.

In caso contrario Stato garante assumerebbe figura Stato aggressore.

Anche in ipotesi aggressione intervento Stati garanti non (dico non) dovrà

prodursi automaticamente ma a richiesta di Stato aggredito.

In sostanza Estonia e Lettonia desiderano evitare ad ogni costo passaggio

esercito sovietico attraverso loro territorii.

(l) -Vedi D. 42. (2) -Vedi D. 41.
43

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

'l'. 137. Varsavia, 27 maggio 1939, ore 22,20 (per. giorno 28, ore 1,30).

A questo Ministero Affari Esteri si assicura che la Polonia non intende partecipare eventuale accordo politico-militare anglo-franco-sovietico nè concludere per parte sua nuovi accordi politici bilaterali con Mosca. Tale posizione polacca è evidentemente dovuta sia al persistente desiderio di non chiudere definitivamente la porta ad eventuali possibilità di una distensione dei rapporti con Berlino, sia alla naturale avversione della Polonia, anche per considerazioni di prestigio, al beneficio della garanzia russa, che per ovvie ragioni Varsavia non si sente di contraccambiare. D'altra parte queste sfere politico-militari pongono sempre in dubbio reale efficienza di un apporto positivo dell'esercito russo in azione offensiva oltre frontiera russa. Per contro, la necessità per la Polonia di assicurarsi le spalle in deprecata ipotesi di un conflitto armato con la Germania e il ricordo sempre vivo della « Politica di Rapallo » fanno sì che oggi Governo polacco non sollevi più obiezioni al Patto in discussione fra la Russia e le Potenze occidentali.

Da parte sua Varsavia si limita, almeno per ora, a dare il carattere di cordialità ai suoi rapporti con l'U.R.S.S.

44

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 142. Budapest, 27 maggio 1939 (per. giorno 29).

Il R. Addetto Militare mi riferisce aver avuto stamane una conversazione col Capo del Servizio Informazioni ungherese che lo avrebbe informato che secondo notizie di varia fonte, gli risultava essere in corso un ammassamento di truppe tedesche nella Slovacchia nord-occidentale, e specialmente nella valle del Vag, che probabilmente rientra nel quadro di più vasti preparativi militari germanici contro la Polonia.

Secondo il col. Ujszaszy, il Governo di Varsavia non riuscirebbe a dominare l'opinione pubblica nè ad attenuare l'atmosfera, molto eccitata: la situazione quindi secondo lui presenterebbe qualche pericolo di complicazioni per il ripetersi d'incidenti fra polacchi e tedeschi a Danzica e altrove. Egli riterrebbe tuttavia che, non essendo ancora la Germania pronta ad una azione decisiva, nulla di grave debba verificarsi almeno per qualche settimana.

Il R. Addetto Militare mi ha pure riferito essere segnalato l'espatrio dalla Moravia e Boemia, via Polonia, di molti ufficiali dell'ex esercito ceco, diretti in Francia e Romania, ove si andrebbero costituendo legioni di volontari cecoslovacchi, organizzate rispettivamente dal generale francese Gouyoux e dal colonnello ceco Pika.

Mi risulta a questo proposito che fra questi ex ufficiali cechi si trovi anche l'ex addetto militare cecoslovacco a Budapest, che parti da qui direttamente per la Francia.

45

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 145. Budapest, 27 maggio 1939 (per. giorno 29).

Mio telegramma per corriere 0140 del 23 maggio (1).

In una lunga conversazione di ordine generale, questo Direttore Generale degli Affari Politici si esprimeva stamane circa i rapporti con la Romania, nel senso che la situazione permane invariata nè vi sono sintomi che possa progredire e migliorare. La garanzia inglese avrebbe ora indubbiamente incoraggiato la Romania ad una maggiore intransigenza, come del resto si nota anche dall'atteggiamento della stampa (cosi il commento dell'Universul, ad uno dei recenti discorsi elettorali del Conte Csaky, di cui al telespresso n. 215559/C di codesto

R. Ministero del 24 maggio).

Anche la ultima legge elettorale romena sarebbe stata, secondo Ghyczy, congegnata in modo da ridurre al minimo possibile la rappresentanza minoritaria magiara. Il Presidente del Consiglio romeno avrebbe per altro assicurato, seppure molto vagamente, il Ministro d'Ungheria a Bucarest che «un certo numero» di ungheresi sarebbe eletto. Il che, al dire del Direttore Generale degli Affari Politici, non potrà però soddisfare gli ungheresi nè dal punto di vista del numero, né da quello del principio e della qualità, avendo inoltre il carattere di una grazia e non del riconoscimento di un diritto.

46

IL CONSOLE GENERALE A TUNISI, SILIMBANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE AEREO 108. Tunisi, 27 maggio 19.39.

Con il telespresso n. 15975/4207 del 23 corrente (2) ho segnalato l'editoriale de L'Union in risposta al voto emesso dalla Commissione parlamentare francese delle Colonie sulla situazione degli Italiani in Tunisia. L'iniziativa si è dimostrata molto opportuna poichè la questione ha avuto larga diffusione su tutta la stampa tunisina e specie i giornali di sinistra non hanno mancato di speculare, ai fini della loro propaganda ostile all'Italia, sulla pretesa esistenza di una « importante frazione » della collettività italiana disposta a rinunziare ai suoi diritti e privilegi.

Nel pomeriggio di oggi ho ritenuto utile promuovere-alla Casa d'Italiauna riunione di tutti i dirigenti le Istituzioni ed Associazioni italiane di Tunisi i quali hanno espresso con il seguente ordine del giorno la loro indignazione per

il voto con cui la predetta Commissione ha suggerito al Governo francese l'abolizione delle Convenzioni del '96: c: Gli Italiani della Tunisia, rappresentati dai Dirigenti di tutte le loro Istituzioni ed Associazioni;

venuti a conoscenza del voto inconsulto con cui la Commissione parlamentare francese per l'Algeria, le Colonie e i Paesi di Protettorato suggerisce al suo Governo di far « tabula rasa » dei patti e degli usi che sanciscono i millenari, imprescrittibili, essenziali diritti degli Italiani in Tunisia con l'instaurare un ventilato regime di diritto « comune »;

considerato che tale voto, fondamentalmente ingiusto, implicherebbe, col decorso del tempo, la perdita della cittadinanza italiana, che costituisce il loro più sacro patrimonio spirituale, al quale non intendono rinunziare, come non intendono rinunziare a nessuno dei diritti derivanti dai Trattati, dalle Capitolazioni e dagli usi acquisiti attraverso il travaglio dei secoli;

considerata inoltre la profonda iniquità di un siffatto trattamento nei riguardi della più antica e più numerosa collettività europea in Tunisia che al Paese ha dato altissimo contributo di lavoro di civilità mercè le sue eccezionali doti di attività, di iniziativa, di disciplina, di ordine, di costante esemplare ossequio alle leggi ed alle Autorità locali;

riaffermano solennemente i voti reiteratamente espressi circa la intangibilità di tali loro diritti;

elevano una ferma protesta contro il voto della Commissione parlamentare francese, emesso senza una adeguata conoscenza della grave questione che si intende con sì grande facilità risolvere, voto al cui contenuto non riconoscono alcuna base giuridica;

proclamano la loro indissolubile compattezza cementata dalla fede incrollabile nella Patria Fascista che oggi come ieri come sempre sono pronti a servire fino all'estremo sacrificio;

respingono sdegnosamente l'assurda e ridicola affermazione che una « importante frazione » della Collettività italiana in Tunisia sia disposta a rinunziare a questi sacrosanti diritti, poichè la fede e le aspirazioni degli italiani in Tunisia non potranno mai confondersi coi vergognosi vaneggiamenti di uno sparuto gruppo di faziosi e di venduti che la Patria tradiscono quotidianamente e che dovrebbero perciò suscitare il disprezzo di tutti gli onesti, a qualunque nazione appartengano;

confidiamo pienamente nell'opera del Governo fascista perchè, col venire risolta una situazione giuridica di precarietà e una condizione di fatto in antitesi con i Trattati, venga loro resa intera e definitiva giustizia in un auspicato stato di cose più efficacemente tutelato da patti, che consenta la libera esplicazione delle energie della Collettività in armonia con le altre unità etniche viventi nel Protettorato;

riaffermano la loro assoluta e fervida devozione alla Maestà di Vittorio

Emanuele III, Re d'Italia e d'Albania, Imperatore d'Etiopia, e al Duce Fondatore

dell'Impero, che guida infallibilmente l'Italia verso le sue altissime mete;

pregano il signor Console Generale d'Italia perchè voglia rendersi inter

prete di tali proteste, di tali voti e di tali sentimenti presso S. E. il Ministro

degli Affari Esteri».

(l) -Vedi D. 4. (2) -Non pubblicato.
47

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATISSIMO 03907/1202. Berlino, 27 maggio 1939.

Mio telegramma n. 340 (1).

Riassumo qui appresso le prime idee espressemi ieri sera da Weizsacker in merito alla organizzazione per la messa in azione del Patto di alleanza italatedesco, specie nella parte che riguarda le commissioni.

l) Commissione militare. -È da presumere che ciascuna arma svolga i propri contatti con quella corrispondente dell'altro Paese nel modo che meglio crede. Si sono già avuti contatti fra Pariani e Keitel prima, Pariani e Brau· chitsch dopo; ce ne sono in questo momento fra Milch e Valle; ce ne saranno fra breve in una città dell'Alta Italia fra le due Marine. Questi contatti continueranno ad effettuarsi secondo i sistemi già esistenti ed è soltanto da attendersi che essi si intensifichino e si sviluppino dando così luogo ad incontri ed intese fra specialisti di ogni genere.

Quello che è necessario di creare ex novo è quindi una «Commissione di coordinamento» dell'attività delle singole armi. Questa, in fondo, è la Commissione prevista dal Patto e che avrà -per quanto riguarda la Germania -H proprio elemento coordinatore in Keitel il quale, mentre non ha, rispetto a Brauchitsch, Goring e Raeder, alcuna funzione direttiva, ha però funzioni di colLegamento e di coordinazione.

Questa Commissione di coordinamento, in cui sarebbero portate le questioni generali e quelle richiedenti una decisione di Governo, potrà riunirsi alternativamente in Italia e in Germania. L'idea di una residenza alternativa di sei mesi in ciascun paese, non sembra raccomandabile.

Starà al Ministro degli Esteri del paese in cui la Commissione si riunisce di decidere se egli voglia o meno presiedere le sedute. Specie da principio, e comunque in casi importanti, è bene che lo faccia. Altrimenti, egli, anzichè farsi sostituire nella presidenza (cosa che per un corpo di militari di alto rango non andrebbe) da altro funzionario civile dell'Auswartiges Amt, designerebbe un suo rappresentante, probabilmente Weizsacker, per assistere alle discussioni.

Per di più, tutto questo lavoro sarebbe seguìto, sempre e in tutti i suoi dettagli, da uno speciale funzionario dell'Auswartiges Amt che ha il grado di Consigliere e agisce già ora come ufficiale di collegamento con l'Esercito.

S'intende che l'altro Ministro degli Esteri -quello del paese in cui non si tiene la riunione -avrebbe diritto di farsi rappresentare sia da un membro della propria Ambasciata -magari lo stesso Ambasciatore -sia, in aggiunta, dal proprio « ufficiale di collegamento » come sopra indicato.

Incidentalmente, mi è stato domandato per notizia se da noi il generale Pariani abbia delle funzioni di collegamento simili a quelle di Keitel qui, oppure rappresenti il Brauchitsch italiano. Mi sono riservato di rispondere.

2) Commissione economica. -La Commissione per l'economia di guerra prevista dal Patto ha, secondo Weizsacker, un carattere diverso da quella militare. Mentre questa fa dei progetti e prende delle intese per il solo caso di guerra, la Commissione economica deve invece indirizzare ai fini della guerra la stessa economia di pace. Essa ha quindi un compito assai più attuale che non l'altra e in essa il Ministro degli Esteri deve, non solo potex: presiedere quando vuole, ma anche eventualmente farsi sostituire nella presidenza effettiva. La cosa dal punto di vista tedesco ha dei precedenti nel fatto che da tempo immemorabile l' Auswiirtiges Amt si è fatto riconoscere da tutte le altre Amministra· zioni il diritto di comando in tutte le trattative commerciali. L'Auswartiges Amt ha allo scopo una sua fortissima ed ampia attrezzatura, e dispone di uomini competentissimi come Ritter, Wiehl, Clodius ed altri specialisti per i diversi settori dell'economia europea e mondiale corrispondenti a quello che è Clodius per l'Italia.

È qui che, forse, il Ministro degli Esteri tedesco potrà -quando non presieda egli stesso -farsi rappresentare da Ritter in qualità di Vice Presidente.

Tanto per la sede delle riunioni, come per il diritto di rappresentanza del Ministro degli Esteri assente (del paese cioè in cui non si tiene la riunione) varrebbero regole corrispondenti a quelle indicate per la Commissione militare.

Molto probabilmente, la nuova Commissione per l'economia di guerra assorbirebbe il noto «Comitato A » delle attuali delegazioni commerciali dei due Paesi.

3) Addetto speciale per la controp1·opaganda. -Ciascuno di questi Addetti speciali dovrebbe poter aver libero accesso a tutto il materiale informativo (telegrammi stampa) del paese presso cui è accreditato.

Egli dovrebbe studiare ogni mattina questo materiale e, d'accordo col Ministro del Paese presso cui è accreditato o col suo rappresentante, sceverare le notizie meritevoli di essere eventualmente controbattute e suggerirne i mezzi. Questo esame dovrebbe essere già compiuto alle 11 a.m., mettiamo, di ogni giorno. A quell'ora, i due Addetti delle due Capitali si comunicherebbero reciprocamente i risultati del proprio esame, e subordinatamente al consenso dei propri Ministri, agirebbero di conseguenza.

In caso di bisogno, i contatti di codesti Addetti speciali potrebbero aver luogo anche due volte al giorno.

Quelle sopra espresse sono, per ora, solo idee personali di Weizsacker. Appena siano concretate e approvate da Ribbentrop, ne informerò immediatamente l'E. V.

Intanto, sarò grato se, a suo tempo, mi si vorranno comunicare le linee di quella che sarà per essere la organizzazione nostra.

(l) Vedi D. 33.

48

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATO 03908/1203. Berlino, 27 maggio 1939.

Ribbentrop mi ha ieri -da Sonnenburg -chiamato ripetutamente al telefono per informarmi di una conversazione che stava conducendo con Oshima su quanto appresso.

Ribbentrop era preoccupato del progresso delle trattative per un &ccordo anglo-franco-russo e riteneva opportuno di non assistere a braccia conserte al lavorio dei nemici dell'Asse, bensì di opporre azione ad azione, pressione a pressione. Perchè -argomentava von Ribbentrop -la Russia sovietica presta benevolo orecchio alla Inghilterra ed alla Francia? Perchè ha paura della Germania e del Giappone. Se così è, basterebbe far sapere alla Russia che essa 1!-on ha ragione di aver paura nè dell'una nè delL'altro, che essa si guarderebbe dall'impegnarsi con Inghilterra e Francia.

Sarebbe pertanto necessario -continuava Ribbentrop -agire subito a Mosca così da parte tedesca, come da parte giapponese. Una assicurazione soltanto tedesca non sarebbe certamente bastata. Occorreva, assolutamente e forse principalmente, una assicurazione giapponese. Donde la conversazione con Oshima, e, sfruttando anche la risposta più o meno enigmatica data da Molotov a Schulenburg -la richiesta ch'egli telegrafasse a Tokio in questo senso.

Oshima ha chiaramente risposto a Ribbentrop che egli non poteva seguirlo e ciò per due ragioni : l) che il Kremlino era diffidentissimo e che ogni avance da parte nostra avrebbe in questo momento prodotto un effetto opposto a quello pensato;

2) che, in ogni modo, proposte di questo genere avrebbero a Tokio fatto perdere all'Asse ogni simpatia anche da parte dell'elemento militare, pertanto allontanando per sempre ogni possibilità di patto a tre.

Ribbentrop mi comunicava tutto questo non in quanto Ambasciatore (che anzi desiderava espressamente che io non ne riferissi alla E. V., ragione per la quale ho preferito non telegrafare), ma in quanto esperto di cose russe, e domandava in proposito il mio pensiero.

Sotto tutte le riserve di rito -e ricordando le direttive di massima già espresse in propqsito dalla E. V. -io non esitai a dire che mi schieravo dalla parte di Oshima, ritenendo che nella situazione attuale delle cose -anche prescindendo da ogni considerazione di politica interna -ogni avance, spinta, da parte nostra avrebbe servito al Kremlino a vendere più cara la propria merce così a Londra come a Parigi. Che invece -avevo ricevuto pochi momenti prima la comunicazione telefonica della E. V. -mi sembrava venuto il momento per noi di «stringere » col Giappone, facendo capire a Tokio che, se mai avesse voluto addivenire ad una qualunque intesa con l'Asse, doveva farlo ora e non dopo.

Ribbentrop mi rispose che:

a) per la prima questione -approcci alla Russia -egli era incline, salvo

a ripensarci, a non insistere per ora;

b) per la seconda, che ne avrebbe trattato con Oshima subito.

Questo una prima volta. Richiamato al telefono una seconda volta, Ribben

trop mi metteva al corrente del retroscena dell'ultima fase delle trattative col

Giappone. Secondo Oshima, lo stesso Ministro degli Esteri giapponese e quello

della Marina avevano finito col cedere e votare sì. Ma, appena uscito dal Consiglio,

Arita era stato circuito dai «vecchioni » e, spalleggiato da costoro, si era brava

mente rimangiato la parola data. Ciò aveva fatto inviperire i militari giapponesi,

che ora sarebbero decisi più che mai a far piazza pulita di tutti gli ostacoli.

Ribbentrop aggiungeva di aver fornito ad Oshima degli elementi -raccolti

3 . Docttmenti diplomatici · Serie VIII · Vol. XII

attraverso i propri agenti -sulla poca correttezza della condotta politica degli avversari nipponici dell'Asse, elementi che egli riteneva sufficienti a rafforzare la posizione dei militari, aiutandoli nel loro tentativo di defenestrare gli avversari. Mi promise quindi ulteriori notizie per oggi che però, sino al momento di chiudere la presente, non ho ricevuto.

49

L'ADDETTO NAVALE A TOKIO, GIORGIS, AL MINISTRO DELLA MARINA, MUSSOLINI

RAPPORTO SEGRETO 019/s (g. I/I) Tokio, 27 maggio 1939.

Premessa

Nei paesi democratici il giuoco delle forze politiche si svolge, attraverso i partiti, il parlamento, la stampa, in modo manifesto, cosa che rende possibile, per quanto difficile, fare previsioni e trarre conclusioni. Nei paesi totalitari, la linea politica, sia interna che estera, viene chiaramente e spesso nettamente indicata dal Capo. Ma in Giappone le cose si svolgono in modo tale da rendere qualsiasi previsione ed induzione quanto mai ardua. Il Giappone ha solo apparentemente un regime parlamentare. Questo popolo ha saltato a piè pari tutto il processo storico del nostro Rinascimento e quello conseguente alla Rivoluzione Francese, arrivando direttamente dal medioevo all'attuale sua Costituzione. Degli ordinamenti liberali e democratici ha adottato la forma, non la sostanza. I partiti politici sono praticamente inoperanti o per lo meno fanno sentire la loro influenza in modo diretto, in Parlamento, ma indirettamente attraverso i loro uomini che fanno parte del Governo.

Quando qualche decisione importante urge, è il Presidente del Consiglio ed i principali Ministri (Guerra, Marina, Esteri, Finanze) che si riuniscono, discutono e decidono senza dir niente a nessuno. Ma questi Capi non sono affatto liberi nelle loro decisioni. Pur non dovendo temere crisi od ostruzionismi parlamentari essi debbono tener conto di altre forze che agiscono nell'ombra. Sono associazioni, alle volte potentissime, a carattere occulto, nelle cui file militano anche ufficiali delle forze armate; sono gli esponenti della finanza (in Giappone più di un quarto di tutto il capitale investito è nelle mani di una sola dozzina di persone); sono gli ambienti della Corte Imperiale; sono infine personalità che hanno acquistato un ascendente che arriva fino ad assumere la fisonomia di una specie di fanatismo (per esempio il famoso Mitsuro Toyama).

La massa anonima, il popolo, è tenuto in disparte. La polizia è incaricata di inquadrarlo, sorvegliarlo, correggerlo ed anche condurlo.

Così stando le cose, il leggere la stampa, il moltiplicare i contatti, non dànno mai la certezza di aver capito ciò che bolle in pentola. Si ottiene al massimo la conoscenza dell'idea di una persona, ammesso che sia stata così franca di esprimerla, di un gruppo tutto al più, ma riesce impossibile prevedere quale influenza quella idea possa avere nel tutto. Tanto più che tale influenza non è affatto proporzionale al numero ed alla importanza delle persone, ma spesso

alle rivoltelle ed all'audacia di chi sa usarle. La storia, anche recentissima, del

Giappone, è disseminata di omicidi politici.

Al vertice di questo sistema politico, supremo moderatore, Capo altissimo,

che per rispetto non viene neppure menzionato, potenza che solo indirettamente,

ma in modo sempre decisivo, manifesta la sua volontà, sta l'Imperatore.

Ma vi sono forze storiche incoercibili, che al disopra della volontà dei gruppi e degli uomini per quanto prominenti essi siano, spingono i popoli verso il loro destino. Il Giappone è oggi giunto decisamente ad una svolta della sua storia: quali sono le forze che lo sospingono e verso dove?

La costituzione det nuovo ordine in Estremo Oriente.

È questo l'obiettivo ufficialmente sancito dall'attuale guerra. Non passa giorno, non esce giornale, non viene pronunciato discorso, che non ripeta quel categorico obiettivo. Ma in cosa consista questo nuovo ordine nessuno lo sa. Inutilmente lo hanno chiesto al governo giapponese anche gli ambasciatori di Inghilterra, d'America. Il sistema raffiora: il nuovo ordine sarà quello che le varie correnti politiche interne, manifeste ed occulte, vorranno istaurare; ma il governo stesso, oggi, non può definirlo. Oltre tutto sarebbe un'imprudenza. Il nuovo ordine sarà anche quello che «si potrà» instaurare. Il manifestare un programma e poi dover ripiegare su posizioni inferiori sarebbe una perdita di prestigio che il popolo giapponese non sopporterebbe.

Per gli ambienti dell'Esercito il nuovo ordine vuoi dire soprattutto l'occupazione militare della Cina (come già è stato fatto per il Manciukuò), una enorme testa di ponte sul continente sulla quale organizzare una forza armata di entità mai prima sognata, una base di partenza di potenzialità infinita che darebbe partita vinta per qualsiasi ulteriore azione contro la Russia, a Nord, contro l'Indocina ed anche le Indie a Sud e Sud Ovest.

Per gli ambienti della Marina, il nuovo ordine vuoi dire la possibilità, una volta decisamente allontanata qualsiasi minaccia alle spalle, sul continente, e col fianco guardato da una serie di punti d'appoggio sulla costa cinese, di poter indirizzare l'ulteriore espansione nipponica verso il Sud sui campi petroliferi delle Indie Olandesi, sulle Filippine, sulla Malesia.

Per gli ambienti industriali e capitalistici, il nuovo ordine vuol dire invece le materie prime (cinesi) a disposizione, la mano d'opera (cinese) a prezzo ancor più basso di quella giapponese, un mercato di consumo (400 milioni di cinesi) con potenzialità di assorbimento illimitato. Lauti profitti quindi e non più paure di crisi.

Per il prqlifico popolo giapponese che si sente troppo stretto nell'esiguo territorio nazionale, che si vede sbarrata la strada dai divieti di emigrazione che gli impediscono di trasmigrare nelle terre vicine, che realizza la difficoltà di procurarsi i mezzi di sussistenza con l'esportazione contro la quale si drizzano implacabili le barriere doganali delle plutocrazie concorrenti e detentrici delle materie prime, il nuovo ordine vuoi dire «spazio per vivere».

Imperialismo, avidità capitalistica, necessità di vita, sono le etichette che, a seconda della tendenza più o meno antinipponica di chi parla vengono date al «Nuovo ordine in E. O.»: nulla quindi di realmente «nuovo».

Ma questo giudizio non è sereno. A guardare nel profondo, pur senza negare la realtà di queste forze e di queste tendenze, si vede che qualche cosa di nuovo realmente esiste. Il popolo giapponese ha, anch'esso, e forse in misura più sviluppata di qualche razza bianca (anglo-sassoni ed americani), una spiritualità da soddisfare. Ha adottato l'attrezzatura industriale e materialistica occidentale per necessità di vita e per competere con i «bianchi», ha adottato gli ordinamenti politici liberali perchè non ha saputo inventare nulla di meglio, ma non ha assimilato nè l'uno nè l'altro. Il suo spirito non è sufficientemente invidualista nè materialista per sentirsi appagato da una guerra che abbia come obiettivo solo una conquista che metta ciascuno in condizione di vivere meglio. St> non nella massa, dominata qui come ovunque dai bisogni e dagli istinti per così dire primordiali, certo nella borghesia, nelle università, in larghi strati delle forze armate, in una parola nella così detta « intelligentia », è radicata, e non frutto di ipocrisia, la convinzione che il Giappone abbia un'alta missione da compiere in E. O. -La solita designazione divina (l'Imperatore è figlio del Cielo) è anch'essa chiamata in causa.

Il blocco cooperativo Estremo Orientale

Il più ottuso dei giapponesi sa che la conquista pura e semplice della Cina è un assurdo: il boccone sarebbe troppo grosso per poter essere digerito dal Giappone. Nè si può parlare di colonizzazione di un popolo cinese che ha dato al Giappone stesso la sua scrittura, la sua arte, perfino la sua religione, e che ha una civiltà millenaria che si è dimostrata tetragona ad ogni tentata invasione.

Il problema, dice l'« intelligentia », deve essere necessariamente impostato diversamente: occorre intendersi colla Cina, lasciare ad essa il suo carattere, la sua civiltà, la sua lingua, occorre rispettarne l'integrità territoriale, e, fino che è possibile, la sua fisonomia di stato libero e sovrano. Occorre però dare ad essa ciò che ad essa manca e cioè quel tanto di ordine interno e di stabilità sociale, senza le quali è 'impossibile creare una organizzazione statale, per procedere quindi alla creazione di scambi economici, culturali, tecnici che facciano del Giappone e della Cina due Paesi complementari. Nè più nè meno come si sta facendo col Manciukuò, che entrerebbe anch'esso nel blocco. Materie prime cinesi e mancesi, industria e spirito organizzativo giapponesi, cementato in un tutto. Sorge così l'idea del «Blocco cooperativo Estremo Orientale», grandioso esperimento di connivenza internazionale sotto la fraterna guida del fratello maggiore (naturalmente il Giappone). Non conquista di stile inglese, non colonizzazione solo possibile verso razze inferiori, non sfruttamento plutocratico delle misere masse cinesi, ma una connivenza libera ed ordinata! sotto la guida di uno. Una specie di corporativismo internazionale. Questo è il nuovo verbo che dall'oriente illuminerà il mondo: Ex oriente lux. -Così parla «l'intelligentia » giapponese.

Il programma è realmente grandioso non solo per l'enormità delle masse umane che coinvolge (più di mezzo miliardo di uomini), ma anche per la profondità dei problemi che solleva. In questa possibilità di reciproca comprensione del popolo giapponese con quello cinese risiede in realtà la riuscita o meno dell'esperimento.

Fino a quale punto questo programma ideale sia l'intima molla che realmente muove il Giappone, è impossibile dirlo. Forse tutto ciò non è altro che la solita bandiera ideale che copre quella massa di appetiti molto meno ideali ai quali ho precedentemente accennato: solo l'avvenire potrà dimostrare con i fatti la buona fede o meno delle parole.

Chang Kai Shek

Per cominciare, il Giappone ripete ai quattro venti che egli combatte non i cinesi, ma Chang Kai Shek e cioè il governo che non vuol saperne di intendersi con lui, che respinge la mano « fraternamente » tesa dal popolo giapponese a quello cinese. Mentre, per« necessità militare», stermina in Cina le truppe cinesi (i prigionieri sono sempre pochissimi) e bombarda città dell'interno, mietendo migliaia di vittime, per far sentire nelle sfere del governo nemico la sua potenza e la sua decisione, proibisce in Giappone di pubblicare o di dire alcun che di offensivo per il popolo cinese e per il suo onore militare, e lascia vivere in perfetta tranquillità e libertà i numerosi cinesi (27.000) residenti in Giappone. La nuova bandiera cinese, insieme a quella del Manciukuò, sventola in Giappone a fianco di quella del Sol Levante in ogni patriottica manifestazione.

Ma Chang Kai Shek non abbocca all'amo. Il suo sogno di una Cina libera, indipendente, unitaria, sogno battuto in breccia da una esperienza ormai secolare di lotte intestine che trovano la loro ragion d'essere nella mancanza di un sufficiente civismo nello spirito cinese, aveva di fronte a sè due avversari tendenti entrambi ad accaparrarsi la Cina: Russia e Giappone. Le avanguardie russe sotto forma di armate comuniste cinesi, e quelle nipponiche premevano ormai da vicino. Chang Kai Shek si è rivolto prima contro i comunisti, ma, fatto da essi prigioniero, ha cambiato repentinamente rotta: si è unito ad essi, e l'urto coi giapponesi è diventato allora inevitabile.

Ha Chang Kai Shek in animo, se riuscirà a battere i Giapponesi, di liberarsi dell'influenza russa rivolgendosi ancora contro le armate rosse cinesi che operano adesso alle sue dipendenze? È impossibile dirlo. Certo è che ora i suoi legami con i rossi (seguendo la stessa rotta di Negrin) diventano ogni giorno più stretti.

n nemico n. l -La Russia

Se il nemico dichiarato è per il Giappone il governo di Chang Kai Shek, il nemico n. l, quello col quale non potranno mai esserci nè tregue nè compromessi è per esso la Russia. Gli stati totalitari europei ricacciano verso Est il bolscevismo dichiarandolo utopia asiatica. In modo identico in Asia Orientale il bolscevismo viene respinto dal Giappone con pari accanimento. Il Giappone sa che dietro Chang Kai Shek c'è la lunga mano rossa. Vincere Chang Kai Shek sarebbe meno che niente se non si fosse in condizioni di sbarrare il passo alla Russia, di ricacciare indietro, di sbarazzare una volta per sempre l'Estremo Oriente dall'influenza bolscevica.

Le ideologie comuniste sono state naturalmente dichiarate fuori legge in Giappone, sul continente la migliore armata giapponese, quella del Kwantung, fa la guardia verso la provincia marittima. Il Manciukuò è stato organizzato

come base di partenza dell'attacco contro la Russia. Il grandioso programma di ampliamento degli armamenti recentemente votato ha lo scopo dichiarato, per ciò che riguarda l'Esercito, di metterlo in condizioni di sostenere una guerra su due fronti, e cioè in Cina e contro la Russia.

Ciò non toglie che questa doppia guerra è ben !ungi dal piano militare nipponico. È meglio combattere due nemici uno alla volta che contemporaneamente, tanto più quando quello col quale si è già impegnati offre una resistenza, sia pure passiva, tale da assorbire una massa di energie cospicue e desta non poche preoccupazioni.

Da parte sua la Russia, forse per ragioni interne, come già fece in occasione della guerra spagnola, dimostra chiaramente di non voler prendere l'iniziativa di una guerra. Diversioni, incidenti di frontiera, aiuti indiretti, si, ma la guerra ampia e dichiarata no. Forse teme, e non a torto, di poter essere battuta: le condizioni strategiche rispetto al 1904 sono cambiate sì, ma a sfavore dei russi (Manciukuò e Manciuria esterna in mano ai giapponesi).

America ed Inghilterra

Più subdoli, prudenti e temibili appaiono al Giappone gli avversari anglosassoni (con i loro satelliti francesi, olandesi, ecc.). L'economia giapponese poggia in massima parte sugli scambi con i paesi orientali posti sotto la dominazione inglese (India, ecc.) e con gli Stati Uniti. Inghilterra ed America impegnati, direttamente o indirettamente in Europa, non sono oggi in rondizioni di far sentire militarmente il loro peso in Estremo Oriente. La Marina giapponese è ancor oggi superiore a quell'aliquota di forze navali anglo-sassoni che potrebbero essere inviate in questo scacchiere. La posizione strategica favorevole migliora questa supremazia. II nuovo programma d'espansione degli armamenti navali mira a mantenere questa supremazia relativa anche per i prossimi anni.

Ma l'America e l'Inghilterra, aiutando Chang Kai Shek, e, peggio ancora, soffocando economicamente il Giappone, possono avere un peso decisivo nel conflitto. « Occorre evitare di arrivare con essi ai ferri corti ». « Occorre anche fare il possibile perchè non costituiscano un fronte unico antinipponico » pensano i giapponesi.

«L'America, dopo tutto, ha in E. O. solo degli interessi economici... ed

ideologici. Le sue correnti di traffico col Giappone sono molto maggiori di quelle

con la Cina. Anch'essa quindi, per non rovinare i suoi affari, ha interesse a

non tagliare i ponti col Giappone. II Trattato delle Nove Potenze assicura ai

firmatari, e quindi agli S.U.A., la «porta aperta» in Cina, ma il Manciukuò è

una dimostrazione vivente che il Giappone non vuoi chiudere la porta agli

americani: gli scambi tra S.U.A. e Manciukuò sono fortemente aumentati dopo

l'occupazione giapponese. Lo stesso avverrà per la Cina, si tratterrà solo di

dare alla Cina, Paese indipendente, la libertà di adeguare questi scamb'i alle

sue reali necessità ed ai suoi interessi (ed a quelli giapponesi!) anzichè ostinarsi

a farle economicamente violenza. La possibilità di comprensione esiste». E per

non perderla, il Giappone si prodiga in gentilezze verso gli americani. Sul gesto

di Roosevelt di rinviare in Giappone con un incrociatore le ceneri dell'Amba

sciatore Saito morto a Washington, si è tentato di costruire un edificio di alnichevoli sentimenti. L'esposizione di New York è sfruttata come uno strumento di propaganda. Anche graziose fanciulle in kimono vengono chiamate a contribuzione per portare attraverso il Pacifico fino a New York il fuoco sacro della amicizia acceso in Giappone. Numeri speciali di giornali inneggiano all'amicizia nippo-americana « di questi due popoli fatti apposta per intendersi, entrambi amauti della libertà e dello... sport».

Anche nel campo dottrinario nulla divide America da Giappone. « Il Giappone » dichiara Hiranuma, il Presidente del Consiglio giapponese che era conosciuto prima di assurgere all'alta carica come il « fascista » giapponese, « non fa parte nè del blocco totalitario, nè di quello delle democrazie».

Così parlano i giapponesi, ma l'America non si fida. Non sa cosa potrebbe riserbargli l'avvenire, non si dècide a sgombrare dall'Estremo Oriente, pensa alle Filipp.ine. Pur non avendo intenzione repressive (la rinuncia alla proposta fortificazione di Guam lo dimostra), non demorde dal suo atteggiamento di non voler cedere alcun dei suoi diritti acquisiti in E. 0., difende, se non direttamente col peso delle armi, almeno politicamente nel campo diplomatico, affiancando in questo l'Inghilterra, lo « statu quo » in E. O.

Non mancano naturalmente in Giappone le correnti che, valutando al giusto valore questa volontà americana a difesa dello « statu quo », considerano l'America schierata nel campo degli avversari. Nelle forze armate, e specialmente nella Marina, queste correnti sono prevalenti. Ma tutti capiscono la necessità di celare fin che è possibile questa ostilità latente. Solo se una guerra mondiale dovesse esplodere il giuoco a carte scoperte, la lotta cioè tra le nazioni che « non hanno » e quelle « che hanno » spingerebbe America e Giappone uno contro l'altro. E per questa evenienza il Giappone non perde di vista nè i suoi programmi navali, gli armamenti nord-americani e la loro possibilità di interferenza in E. O.

Più acuto è il contrasto cou l'Inghilterra, dato che gli interessi inglesi in

E. O. sono di natura e di importanza ben superiori a quelli nord-americani. L'Inghilterra, oltre ad un fiorente commercio con i mercati cinesi, ha investito in Cina capitali per un ammontare di 250 milioni di lire sterline. Non solo, ma una Cina libera da influenze straniere rappresenta una copertura per l'India e per Singapore, cioè per la porta che dal Pacifico immette nel lago inglese: l'Oceano Indiano. In Cina infine è la sentinella estremo-orientale dell'Impero Britannico: Hongkong. L'urto del Giappone con l'Inghilterra quindi non è solo nel campo economico, ma squisitamente politico e territoriale. Se il Giappone insiste in una soluzione totalitaria non c'è possibilità di intesa. L'Inghilterra cederà solo di fronte al fatto compiuto.

Il Giappone di conseguenza cerca di mascherare la soluzione totalitaria che è nei suoi piani e subisce l'aperto favoreggiamento che l'Inghilterra, con rifornimento attraverso le Indie, e con prestiti in denaro, dà a Chang Kai Shek stringendo la mano, qui come in Spagna, ·al bolscevismo.

Potrebbe il Giappone adottare rappresaglie contro questo atteggiamento

inglese?

Militarmente parlando si, dato che l'Inghilterra è ancor oggi troppo debole in E. O. per affrontare il rischio di una guerra, ma, per quanto il Giappone si sforzi a differenziare America da Inghilterra, è certo che attualmente una più energica attitudine giapponC'se contro i cosiddetti diritti dei neutri, contro le concessioni, contro la «porta aperta», creerebbe automaticamente il fronte unico anglo-americano, per non parlare della Francia e dell'Olanda completamente asservite, nella politica E. 0., all'Inghilterra.

Anche nei riguardi dell'Inghilterra, quindi, il Giappone dimostra con i fatti di voler avere pazienza. Verrà forse un giorno in cui i conti potranno essere saldati.

Italia e Germania

Per il Giappone la possibilità di continuare indisturbato la sua guerra in Cina poggia sull'esistenza del contrasto occidentale tra stati totalitari e grandi democrazie. Questo elemento basilare è pienamente riconosciuto in Giappone. (Non è però il caso di parlare di riconoscenza perchè il Giappone sa che le razze bianche leticano tra di loro... non per fare un piacere a lui!). Il patto « anticomintern » nettamente rivolto contro la Russia ha stretto ancor più i legami.

Per l'Italia, nel campo sentimentale, c'è una speciale affezione dovuta alla sua rettilinea politica che ha praticamente troncato qualsiasi rapporto con la Cina di Chang Kai Shek. La Germania, che ha fornito e forse ancora fornisce, per scopi commerciali, armi ai cinesi, è forse meno sentimentalmente amata, ma trova il suo compenso nel prestigio militare che questa Nazione ha conquistato in E. O. durante la grande guerra. (I giapponesi hanno « assaggiato » la forza teutonica nella resistenza a loro opposta da Tsingtao) e colla vittoriosa rinascita del Reich nazista.

Nel campo dottrinario, il Giappone sente ammirazione e simpatia per il movimento fascista e nazista, ma a lui sfugge l'essenza intima di tali movimenti, troppo distanti da lui non solo nello spazio, ma anche per le differenti condizioni sociali e d'ambiente che ad essi hanno dato origine. Il Giappone diventerà un giorno totalitario, ma vi giungerà per tutte diverse vie. Il suo orgoglio poi non ammetterà mai di prendere a modello ciò che gli altri hanno fatto. Occorrerà almeno che, cambiandogli etichetta, possa dire di averlo inventato lui.

Comunque il Giappone sta gratuitamente ricevendo da Italia e Germania, per il contrappeso europeo che essi rappresentano nei riguardi delle grandi democrazie, quanto può desiderare. Il Giappone sa che Inghilterra, Francia ed America potrebbero attaccarlo solo quando l'Europa fosse pacificata. Ma questa ipotesi è assurda: troppo profondo è il contrasto tra le nazioni occidentali. Non occorre quindi nessuna assicurazione europea, almeno fino a quando la tensione nell'Europa stessa non diminuisca d'intensità. Non occorre quindi chiedere a Italia e Germania più di quanto esse naturalmente dànno, tanto più che per chiedere occorrerebbe anche dare. Non solo, ma stringere apertamente i legami con Italia e Germania vorrebbe dire tirarsi automaticamente addosso la rappresaglia « democratica » di Roosevelt, proprio quella che più si teme. Anche qui ci vuole prudenza.

L'ipotesi di una guerra mondiale

Se la guerra mondiale scoppiasse, è da prevedersi che tutto questo giuoco nipponico di equilibrio politico sarebbe di un colpo spazzato via. La vittoria delle plutocrazie vorrebbe dire un colpo di arresto a tutti i «nuovi ordini » sia occidentali che orientali. Lo statu quo verrebbe duramente ribadito. Peggio ancora se la guerra portasse al dissanguamento ed al caos dei popoli: il comunismo avrebbe partita vinta. Solo la vittoria degli Stati totalitari, i cui interessi in E. O. sono minimi, rappresenterebbe per il Giappone la possibilità di portare a compimento il suo programma. Il Giappone non potrebbe fare a meno di schierarsi a fianco degli Stati totalitari.

Ma anche questo, prevedibile, avverrebbe con prudenza e ponderatezza. Il Giappone probabilmente in un primo tempo starebbe a vedere: neutralità benevola. Le sue forze armate, il suo potenziale bellico è già fortemente impegnato in Cina. Inutile aumentare le difficoltà tanto più se gli Stati totalitari dimostrassero di saper vincere da soli. Basterà aiutarli a vincere e solo se la partita si dimostrasse incerta entrare risolutamente in campo. Intanto, aspettando, approfittare senza ritegni della mano libera che Inghilterra e America lascerebbero inevitabilmente al Giappone in E. O.

Conclusione

Intanto la guerra europea, sempre all'orizzonte, non arriva mai e la guerra in Cina non accenna a finire. I giapponesi sono militarmente vittoriosi su tutta la linea ma Chang Kai Shek, trincerato nello spazio e sorretto da inglesi, russi ed americani, non dà ancora segni di voler cedere. La dote dei giapponesi è la tenacia e la pazienza. Essi non si scoraggiano ed in modo ammirevole si preparano a fronteggiare i sacrifici che certo deriveranno dal prolungarsi delle ostilità. Son sicuri della vittoria. Ciò non toglie che qua e là si levi qualche voce di impazienza. La situazione tende a cristallizzarsi, la politica fin qui seguita di voler rimanere trincerati in E. 0., chiusi in una botte di ferro, cercando di essere amici con tutti e di blandire perfino gli aperti avversari quali sono gli anglo-sassoni, comincia a non soddisfare più la totalità. Si comincia ad avere la senzazione che sia necessario usare una politica più forte contro gli avversari, più intima di conseguenza con gli amici.

In questi ultimi giorni i cinque principali Ministri (Presidente del Consiglio, Guerra, Marina, Esteri, Finanze) hanno avuto una lunga serie di riunioni durante le quali sono state discusse tutte le questioni inerenti la politica internazionale e la situazione europea. Attraverso laboriosissime discussioni e contrasti, essi sarebbero giunti, secondo un comunicato ufficioso, ad una conclusione che sarebbe stata sottoposta all'Imperatore.

Ma le riunioni e le discussioni continuano, segno evidente che le opinioni contrastanti non hanno ancora trovato il loro equilibrio. Quale potrà essere questa nuova linea di politica ·internazionale, nessuno per ora lo sa: è probabile tuttavia che sia meno prudente e circospetta di quella seguita fin ora e che ho cercato di tratteggiare col presente rapporto.

50

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. AD ANKARA, BERlO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 75. Ankara, 28 maggio 1939 (per. 6 giugno). Mio telegramma per corriere n. 072 del 24 maggio (1).

Il corso delle trattative per la definizione dell'accordo anglo-turco e l'eventuale estensione ai Balcani dell'accordo di sicurezza (punto 6 della dichiarazione comune turco-britannica) rimane avvolto in una atmosfera di grande riserbo che -secondo l'impressione di questi circoli diplomatici -nasconde probabilmente una certa perplessità e incertezza da parte degli stessi interessati.

Sembra infatti che le potenze balcaniche dimostrino scarso entusiasmo a compromettersi sempre di più verso gli Stati totalitari con ulteriori impegni nel senso desiderato dalla Francia e dall'Inghilterra. Anche da parte romena -mi ha detto questo Ambasciatore di Romania -si fa valere che il gioco degli accordi preesistenti è tale da rendere superflua la conclusione di nuovi accordi di sicurezza. c Era inutile, egli ha aggiunto, che si parlasse dei Balcani nella dichiarazione comune ~.

Quanto alla Turchia, Saracoglu avrebbe lasciato intendere a questo Ministro di Ungheria che, pur continuando a declinare l'assunzione di maggiori impegni per le frontiere extrabalcaniche, la Turchia si sarebbe però dichiarata sempre disposta a ritenere estesi, nei suoi riguardi, gli impegni del Patto Balcanico al caso di un attacco alle frontiere della Grecia e della Jugoslavia effettuato da una potenza extrabalcanica attraverso l'Albania. Come si ricorderà, questa eventualità prevista dal Patto Balcanico nella sua prima interpretazione del 1934, era stata scartata successivamente, su richiesta della Grecia, nel 1936.

Frattanto, l'attenzione di questi ambienti diplomatici è rivolta con particolare interesse alla Bulgaria; alcuni indizi farebbero ritenere che sia in atto da parte britannica un tentativo per cercare di attirare quel paese verso i paesi democratici. Un giornale turco mette in rilievo che la Bulgaria vorrebbe concludere un prestito di 5 milioni di sterline a Londra. D'altra parte, si conferma che la Romania non intenderebbe cedere nessuna parte del suo territorio mentre si dice che la Grecia sarebbe invece disposta ad offrire alla Bulgaria un punto franco sull'Egeo. Questo Ministro di Bulgaria è partito per Sofia, e, per quanto a questa Legazione di Bulgaria si affermi che il viaggio è motivato solamente da ragioni di salute, è tuttavia probabile che il signor Christov sia stato chiamato

o abbia voluto abboccarsi con il suo Governo anche in vista della prossima visita di Gafencu ad Ankara.

(l) Vedi D. 12.

51

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATO 62. Mosca, 29 maggio 1939, ore 16,25 (per. ore 16,45).

Finora assolutamente nulla è trapelato circa accoglienza fatta al progetto di accordo che l'Ambasciatore di Inghilterra e l'Incaricato d'Affari di Francia hanno presentato congiuntamente a Molotov nel pomeriggio del 27 corr.

Documento forma oggetto di un attento esame da parte del Governo sovietico e non sembra escluso che per taluni punti siano necessarie ulteriori discussioni. Opinione in questi circoli diplomatici è che sostanziale accettazione britannica della tesi sovietica renda ormai impossibile a Mosca di sottrarsi a quegli impegni che avrebbe forse preferito di non assumere. Non manca però chi esprime ancora qualche riserva in proposito.

Mio collega polacco ad esempio mi ha manifestato suo pensiero con la seguente frase abbastanza significativa: « Con il Governo sovietico non si può mai essere sicuri di nulla in nessun momento ».

52

IL CONSOLE A BRATISLAVA, LO FARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATO PER CORRIERE 13. Bratislava, 29 maggio 1939 (per. 1° giugno).

Telegramma per corriere di V. E. n. 9615 del 24 c. m. (1).

Devo ritenere che anche la segnalazione del R. Console Generale in Vienna, come già quelle del R. Ministro in Budapest, sia in relazione con gli incidenti e contrasti fra tedeschi e slovacchi, di cui al mio telespresso n. 177 del 6 corr. e col « caso Sidor » di cui al mio telespresso n. 194 del 9 corrente.

Parmi interessante che gli ambienti ufficiali di Vienna -a differenza, si noti, di quelli germanici di Bratislava -mostrino di dare tanto peso all'ostilità antitedesca in Slovacchia, e non meno interessante che essa venga fatta risalire in primo luogo agli « intrighi polacchi », i quali non sono certo attivi quanto quelli ungheresi, su cui in ogni caso si innestano ed appoggiano.

Quanto ad un allargamento dell'occupazione militare tedesca in Slovacchia, esso -come segnalai con telegramma n. 22 del 17 corr. -in parte è in atto ed in parte sarebbe in preparazione. È appena il caso di aggiungere che i veri motivi di tale occupazione vanno ricercati, meglio che nella situazione interna slovacca, nell'evidente interesse della Germania di rafforzare le sue posizioni strategiche contro la Polonia in un settore che -se è vero che gli Ucraini non attendono che una spinta da di fuori per sollevarsi -potrebbe essere rapidamente redditizio.

Circa lo stato dell'opinione pubblica slovacca, con telegramma per corriere

n. 010 del 7 u. s. ho già riferito che il «ruolo antipolacco » a Bratislava è stato accettato con rassegnata contrarietà -non tanto per i vincoli di razza, lingua e cultura che legano slovacchi e polacchi -quanto e soprattutto perchè tutti qui avvertono che, al momento dell'azione, la Slovacchia dovrà rinunziare anche alle parvenze di Stato indipendente per funzionare da base di operazioni germaniche, salvo poi a servire come strumento di ricatto od oggetto di compenso in relazione con l'atteggiamento dell'Ungheria durante la crisi tedesco-polacca.

(l) Non pubblicato.

53

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. SEGRETO 03933/1204. Berlino, 29 maggio 1939.

Come scrissi all'E. V. con mio rapporto 27 maggio (1), mi sembrava che Ribbentrop avesse, almeno per il momento, rinunziato ad insistere ulteriormente sull'opportunità di approcci diretti alla Russia. Nel riferire questo, io avevo peraltro aggiunto la frase -quanto mai opportuna dato l'uomo -che egli era venuto a questa conclusione «salvo a ripensarci ».

Evidentemente Ribbentrop ci ha ripensato, e questa mattina mi ha di nuovo intrattenuto lungamente per telefono sulla questione. Egli pensava che, se un intervento diretto era impossibile sia da parte giapponese che da parte tedesca, invece poteva forse essere possibile un « intervento indiretto :. attraverso l'Italia.

In altri termini egli avrebbe per esempio desiderato che il nostro Ambasciatore a Mosca fosse eventualmente autorizzato dall'E. V. a recarsi da Potemkine e, prendendo magari occasione da una richiesta generica di informazioni sull'andamento delle trattative con l'Inghilterra, lasciasse cadere qualche parola per far capire essere un peccato che la Russia si stringesse definitivamente all'Inghilterm. proprio nel momento in cui vi erano dei segni non dubbi di una naturale evoluzione della situazione a Berlino.

Dopodichè Ribbentrop ha insistito perchè io mi recassi in campagna da lui a discutere ulteriormente della cosa di persona e senza che ne riferissi a Roma.

Sono andato a Sonnenburg e, dopo aver lasciato a Ribbentrop l'opportunità di espormi ancora una volta il suo punto di vista, gli ho detto che, prima di esprimere, anche solamente a titolo personale, una opinione, avevo bisogno di sapere in maniera non equivoca quale fosse il senso della risposta data da Molotov al Conte Schulenburg in merito alla proposta tedesca di riprendere le trattative economico-commerciali.

Ribbentrop, presenti Weizsacker e Gaus, che pure erano sopraggiunti, mi ha risposto che, dopo avere attentamente esaminato il rapporto fatto da Schulenburg sull'intervista con Molotov, tutti erano venuti alla conclusione che l'attitudine di Molotov nella materia era stata abbastanza sibillina. In fondo se Molotov voleva allacciare delle conversazioni, avrebbe facilmente potuto intanto accettare la proposta di ripresa delle trattative commerciali. Invece, egli non ha voluto farlo, trincerandosi dietro l'obiezione che mancavano per questa ripresa <le necessarie premesse politiche ». A stringenti domande da parte di Schulenburg perchè precisasse il senso di questa frase, Molotov si sarebbe recisamente ricusato di rispondere.

Io ho osservato che la risposta di Molotov poteva indubbiamente pre8tarsi a una doppia interpretazione: essa poteva cioè, costituire un modo qualunque per rigettare senz'altro la proposta della ripresa delle trattative commerciali,

come d'altra parte poteva anche costituire un invito alla Germania ad avanzare delle proposte di indole politica.

Io non avevo naturalmente elementi sufficienti per poter dare alla risposta Molotov l'una intepretazione anzichè l'altra. Era Ribbentrop che doveva dirmi se ne avesse e se quindi potesse o no vedere nella risposta stessa un'avance.

Ribbentrop e Weizsacker avendomi, ad una voce, risposto assolutamente di no, io mi sono permesso allora di osservare che non vedevo come un qualunque tentativo da parte tedesca, diretto od indiretto, ma necessariamente timido date le circostanze, avrebbe potuto, nel breve giro di giorni che ancora sembra separarci dalla conclusione del trattato anglo-sovietico, portare ad alcun pratico risultato. Si tratta -ho detto -di una situazione che, per rispetto a noi stessi, non può anche nel migliore dei casi essere cambiata se non lentamente, comunque, fino ad un certo punto.

Tanto Ribbentrop che Weizsacker hanno senz'altro ammesso che il mio punto di vista era giusto. È stato quindi deciso soltanto che Weizsacker abbia domani una conversazione con l'Incaricato d'Affari sovietico a Berlino, il quale, giorni fa, aveva chiesto all'Auswartiges Amt di venire ad un accomodamento amichevole delle relazioni commerciali fra i due Paesi per quanto riguarda il Protettorato di Boemia e Moravia in cui sembra che i Russi abbiano dei forti interessi da tutelare. Rispondendo all'Incaricato d'Affari, Weizsacker dichiarerà che per parte della Germania non vi sarebbe nessuna difficoltà a considerare un accomodamento amichevole della questione, ma che non si capisce come questo possa quadrare col pratico rifiuto opposto da Molotov alla ripresa delle negoziazioni commerciali generali fra i due Paesi. E poiché sembra che lo stesso Incaricato d'Affari sovietico abbia, in altre occasioni, parlato pe1·sino della possibilità di una relativa c norma!izzazione » delle relazioni politiche fm i due Paesi, W eizsiicker ne prenderà argomento per ripetere che da parte tedesca non c'è -specialmente àopo l'andata via di Litvinov -nessuna insormontabile pregiudiziale contraria, ma che, prima di decidersi, la Germania ha bisogno di sapere quali siano le effettive intenzioni della Russia. Queste le istruzioni di Ribbentrop a Weizsacker. Egli ha quindi deciso di attendere i risultati di questa conversazione e le reazioni che essa avrà al Kremlino.

Ribbentrop mi ha però raccomandato di considerare tutta questa nostra conversazione come avente un carattere puramente personale e mi ha pregato di non informarne ancora l'E. V., dato che egli stesso non ha nè chiarito bene le sue idee in proposito, nè sottoposto la questione al Fiihrer. (Mi ha anzi fatto espressamente capire che ogni allusione telefonica alla questione lo metterebbe in serio imbarazzo). Se e quando egli si convincesse, dopo ulteriore riflessione e alla stregua degli avvenimenti, che effettivamente una qualunque azione del nostro Ambasciatore a Mosca nel senso sopraindicato potesse essere utile, egli ne farebbe opportuna richiesta all'E. V. Non crede, però, che questo possa essere il caso per ora.

Trovandomi con Ribbentrop ne ho profittato per domandare cosa gli avesse detto l'altro giorno Oshima circa le possibilità attuali del patto triangolare.

Ribbentrop mi ha risposto di aver nuovamente e a lungo discusso della cosa con il Generale, il quale l'ha messo minutamente al corrente della situazione, dimostrandogli come effettivamente tanto lui che i militari stessero facendo «il possibile e l'impossibile , per concludere presto e bene. Tutto sembrava già favorevolmente deciso, quando il Comitato nipponico dei 5 Ministri si è nuovamente diviso sopra una questione di importanza capitale e cioè quella dell'automatismo della eventuale entrata in guerra del Giappone a fianco degli alleati, Arita e il Ministro della Marina essendosi dichiarati contro di esso, gli altri invece a favore.

Sulla questione è ormai aperta una vera e propria crisi, e si parla di dimissioni sia del Ministro degli Esteri sia dell'intero Gabinetto. Quanto a S. M. l'Imperatore, egli avrebbe per parte sua dichiarato di non avere nulla contro l'alleanza, ma di volere che su di essa si formasse il consenso così del Ministro della Guerra come di quello della Marina. Nelle more della crisi, il Ministro della Guerra ha fatto sapere ad Oshima esser preferibile ch'egli non insista più con i suoi telegrammi; lasci fare a lui, i militari avendo ormai preso definitivamente in mano la questione.

In questa situazione, Ribbentrop -il quale ha piena fiducia così in Oshima come nei militari di Tokio -ritiene sia meglio non premere ulteriormente e permettere che le cose si maturino un po' da sé.

Penso anch'io che, nelle circostanze, nulla di diverso vi sia da fare.

(l) Vedi D. 48.

54

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATO 2005/847. Mosca, 29 maggio 1939.

Rifer. mio rapporto n. 1964/833 del 24 corrente (1). I giornali odierni hanno pubblicato un comunicato ufficiale del Commissariato del Popolo per il Commercio Estero, del seguente tenore:

«Nel giornale inglese Reynolds News è apparsa la notizia che la scorsa settimana avrebbe visitato Mosca una delegazione commerciale tedesca la quale sarebbe stata costretta a tornare in Germania perchè il Governo sovietico avrebbe respinto le sue proposte relative agli scambi fra U.R.S.S. e Germania. Tale notizia non corrisponde alla realtà, in quanto nessuna delegazione commerciale tedesca è arrivata a Mosca».

Sembrava strano che il Commissariato si sia preoccupato di smentire la voce isolata di un giornale britannico concernente un fatto (la pretesa venuta a Mosca di una delegazione commerciale) che tutti sanno non essersi verificato. Viene quindi naturale di chiedersi se con tale smentita Mosca non abbia per avventura mirato a provocare delle indagini giornalistiche attraverso le quali potrebbe venir messa in circolazione la notizia del passo recentemente fatto da questo Ambasciatore di Germania.

Non mi risulta che finora siano pervenute a questo mio collega tedesco delle istruzioni in merito alla dichiarazione fattagli dal Signor Molotov circa le «basi politiche» di un eventuale accordo commerciale.

(l) Vedi D. 13.

55

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. AD ANKARA, BERlO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 971/523. Ankara, 29 maggio 1939.

Mio telespresso n. 901/484 del 16 maggio.

A complemento del mio telespresso surriferito, nel quale ho accennato alle varie questioni sollevate dall'accordo turco-britannico per il Mediterraneo, mi permetto segnalare le eventuali ripercussioni di detto accordo nei confronti del Trattato di neutralità, di conciliazione e di regolamento giudiziario firmato a Roma tra Italia e Turchia il 30 maggio 1928 e prorogato, con scambio di note del 31 maggio 1934, fino al 29 aprile 1942.

L'articolo l del Trattato dice:

«Les Hautes Parties contractantes s'engagent à n'entrer dans aucune entente d'ordre politique ou économique et dans aucune combinaison dirigées contre l'une d'Elles "·

L'articolo 2 del Trattato dice:

« Si l'une des Hautes Parties contractantes, malgré son attitude pacifique, est attaquée par une ou plusieurs autres Puissances, l'autre Partie observera la neutralité pendant toute la durée du conflit "·

Per poter dare un parere, dal punto di vista strettamente giuridico, circa la compatibilità di queste disposizioni con i nuovi impegni assunti dalla Turchia, occorrerà attendere che Turchia e Gran Bretagna abbiano fissato in un documento scritto e preciso la natura di detti impegni. Comunque, nonostante le reiterate affermazioni di questi organi ufficiali che l'accordo anglo-turco non è diretto contro nessuno, sembra potersi fin d'ora sostenere che, per lo meno nello spirito, la nuova politica adottata dalla Turchia appare in contradizione con l'art. l del Trattato italo-turco che impone alla Turchia stessa di non entrare in nessuna intesa di ordine politico od economico o in nessuna combinazione diretta contro l'Italia.

Quanto all'art. 2 del Trattato, vi è da domandarsi se i nuovi impegni con l'Inghilterra permetterebbero alla Turchia di rimanere effettivamente neutrale verso l'Italia -come le sarebbe imposto dall'art. 2 medesimo -nell'ipotesi in cui l'Inghilterra attaccasse l'Italia.

Dal punto di vista formale, è da osservare che il trattato è valido fino al 29 aprile 1942 e che può essere denunciato sei mesi prima della sua espirazione, cioè a fine 1941. Ma è ovvio che una nostra eventuale denuncia potrebbe essere giustificata in qualsiasi momento ove si dimostrasse che la Turchia ha violato gli impegni assunti con il Trattato stesso.

La questione concernente la convenienza politica da parte nostra di denunciare o meno il Trattato con la Turchia non può evidentemente essere considerata e risolta se non dall'Alto apprezzamento di V. E. Mi permetto solamente di prospettare la questione, nei suoi vari aspetti, a titolo di documentazione e per un eventuale esame approfondito da parte degli organi giuridici competenti di codesto R. Ministero.

56

L'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO RISERVATO 3085/796. San Sebastiano, 29 maggio 1939.

Nel corso di uno degli ultimi colloqui da me avuti col Generalissimo, la conversazione è caduta sulle relazioni economiche fra i due Paesi. A questo proposito Franco si è doluto che, nel passato, la peculiarità delle produzioni dei due Paesi non abbia potuto dar luogo ad una complementarità, ma abbia invece provocato sempre una reciproca concorrenza. Egli mi ha inoltre segnalato la convenienza di costituire, come pel mercurio, dei cartelli per altre produzioni similari, agrumi, ecc.

Questa spontanea dichiarazione del Generalissimo fa ritenere che l'argomento stesso sia stato con lui discusso da elementi tecnici, in Consiglio dei Mini!'tri. o in altra sede.

57

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO PER S. E. IL MINISTRO 355. Tokio, 30 maggio 1939, ore 7,55 (per. ore 14,45).

Stato Maggiore Esercito confermando notizie mio telegramma n. 350 {l) dice starsi adoperando conciliare sue idee con quelle della Marina e si dichiara convinto potervi riuscire un poco alla volta fondandosi principalmente concorso ufficiali più giovani.

Dal canto suo Ministro della Marina assicura essere altrettanto fermo quanto quello della Guerra nella tendenza anti-russa ma anche anti-inglese del patto e addossa a partigianeria alcuni vecchi dei circoli di Corte illusione potersi intendere con Inghilterra. Esso pertanto si conferma disposto e pronto tener fede impegni del messaggio Hiranuma, ma non crede potersi vincolare di più per il momento affine di non aggravare finchè possibile presenti contrasti con America e Inghilterra.

Ambasciata del Giappone Roma sarebbe andata troppo oltre e Germania da parte sua spingerebbe eccessivamente.

58

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 136. Shanghai, 30 maggio 1939, ore 10 (per. ore 21,25).

Mio telegramma N. 124. Questo Incaricato d'Affari giapponese è venuto esprimermi sentiti ringraziamenti del suo Governo per mia segnalazione circa desiderio fatto esprimere

da Wang-Chin-Wei. Mi ha poi informato che il centro ove dovrà essere stabilito un Quartiere Generale per l'azione politica di Wang-Chin-Wei era ancora oggetto di esame.

(l) Vedi D. 32.

59

IL CAPO DEL GOVERNO ITALIANO, MUSSOLINI, AL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER

(MEMORIALE PORTATO AL FUEHRER DAL GEN. CAVALLERO) (1).

(Pubbl. ToscANO, Le origini del Patto d'Acciaio, pp. 186-188, Firenze, 1948;

The Trial of the Major War Criminals before the Military Tribunal, D. 2818 PS, pp. 156-159, XXXI, Nuremberg, 1948).

Roma, 30 maggio 1939.

Ora che l'Alleanza fra Italia e Germania è fissata e troverà, in ogni momento, secondo la lettera e lo spirito del Trattato, la sua piena applicazione, ritengo opportuno esporre quanto io penso sulla situazione attuale e sui suoi probabili sviluppi futuri.

l. -La guerra fra le nazioni plutocratiche e quindi egoisticamente conservatrici e le nazioni popolose e povere è inevitabile. Data questa premessa, bisogna prepararsi.

2. -Colle posizioni strategiche conquistate in Boemia e Albania, le Potenze dell'Asse hanno in mano un elemento fondamentale di successo.

3.-Ho spiegato in una Memoria a von Ribbentrop, all'epoca del Convegno di Milano, i motivi per cui l'Italia ha bisogno di un periodo di preparazione che può andare a tutto il 1942. Essi sono:

«Le due Potenze europee dell'Asse hanno bisogno di un periodo di pace di durata non inferiore ai tre anni. È solo dal 1943 in poi che uno sforzo bellico può avere le più grandi prospettive di vittoria. Un periodo di pace è necessario all'Italia per le seguenti ragioni:

a) per sistemare militarmente la Libia, l'Albania e pacificare l'Etiopia, dalla quale deve uscire un'armata di mezzo milione di uomini; b) per ultimare la costruzione e il rifacimento delle 6 navi di linea attualmente in corso; c) per il rinnovamento di tutte le nostre artiglierie di medio e grosso calibro; d) per spingere innanzi la realizzazione dei piani autarchici che devono rendere vano ogni tentativo di blocco da parte delle democrazie possidenti; e) per realizzare l'Esposizione del 1942, la quale oltre a documentare il primo ventennio del Regime può fornirci riserve di valute; f) per effettuare il rimpatrio degli Italiani dalla Francia, problema di natura militare e morale molto serio; g) per ultimare il già iniziato trasferimento di molte industrie di guerra dalla valle del Po nell'Italia meridionale;

4 -Documenti diplomatici -Serie VIII -Vol. XII

h) per approfondire sempre più i rapporti non solo fra i Governi dell'Asse ma fra i popoli, al che gioverebbe indubbiamente una distensione dei rapporti fra Chiesa e Nazismo, distensione che è molto desiderata dal Vaticano.

Per tutte queste ragioni l'Italia Fascista non desidera di anticipare una guerra di carattere europeo, pur convinta che essa sia inevitabile. Si può anche pensare che fra tre anni il Giappone abbia condotto a termine la sua guerra in Cina».

È prevedibile che il Triangolo Londra-Parigi-Mosca cercherà -in tempo di pace -di danneggiare in tutti i modi le Potenze dell'Asse, specie dal punto di vista economico e morale. Sul terreno economico si risponderà sviluppando sino all'estremo i piani autarchici e sul terreno morale contrattaccando su tutti i campi.

4. -Oltre all'azione di sabotaggio materiale vero e proprio -attentati, ecc. -ogni sforzo dovrà essere intrapreso per incrinare l'unità interna dei nemici col favorire i movimenti anti-semiti, coll'aiutare i movimenti pacifisti (caso Paul Faure in Francia), col patrocinare le autonomie regionali (Alsazia, Bretagna, Corsica, Irlanda), coll'accelerare la decomposizione dei costumi, coll'eccitare alla rivolta le popolazioni coloniali.

L'ingresso della Russia bolscevica nell'Occidente -condotta per mano da Londra -è un elemento indubbiamente favorevole allo sviluppo di questi piani.

5. -Dal punto di vista strategico le nazioni ad occidente possono considerarsi « murate » cioè praticamente inattaccabili per forze di terra. Si può quindi prevedere una difensiva reciproca sul Reno e sulle Alpi e in Libia. Viceversa le forze metropolitane e coloniali in Etiopia possono iniziare operazioni offensive contro le colonie francesi e britanniche confinanti.

Ad occidente la guerra assumerebbe quindi un carattere predominante aereomarittimo. Colla conquista dell'Albania, il problema navale italiano è notevolmente alleggerito. L'Adriatico è un mare interno che può ess·ere ermeticamente chiuso.

6. --Solo verso Oriente e sud-est la guerra può assumere un carattere dinamico. Polonia ed altri Stati garantiti dovranno fare assegnamento su se stessi e potranno essere paralizzati prima che giunga un concreto aiuto, anche dalla confinante Russia. 7. --La guerra che le grandi democrazie preparano è una guerra di usura. Bisogna quindi partire dall'ipotesi più dura, che è la possibile al cento per cento. L'Asse non riceverà più nulla dal resto del mondo. Questa ipotesi sarebbe grave, ma le posizioni strategiche conquistate dall'Asse riducono di molto la' gravità e il pericolo di una guerra di usura. A tale scopo sin dalle prime ore della guerra, bisogna impadronirsi di tutto il bacino danubiano e balcanico. Non contentarsi di dichiarazioni di neutralità, ma occupare i territori e sfruttarli ai fini dei rifornimenti bellici alimentari e industriali. Con questa operazione che dovrebbe essere fulminea e condotta con decisione estrema non solo si metterebbero fuori combattimento i «garantiti», cioè Grecia, Romania e Turchia, ma si avrebbero le spalle sicure. In questo gioco noi possiamo contare su due pedine favorevoli : l'Ungheria e la Bulgaria. 8. --L'Italia può mobilitare proporzionalmente un numero maggiore di uomini che la Germania. A una abbondanza di uomini corrisponde una modestia

di mezzi. L'Italia -nel piano bellico -darà quindi più uomini che mezzi: la Germania più mezzi che uomini.

Desidero sapere se le considerazioni suesposte incontrano l'approvazione del Fiihrer. Nel qual caso bisogna che su tali direttive si preparino i piani degli Stati Maggiori.

(l) Il documento è conosciuto con il nome di c Memoriale Cavallero •·

60

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A SOFIA, TALAMO

(Pubbl.-in CIANO, L'Europa verso la catastrofe, pp. 434-35, Milano, 1948).

T. 368 R/80. Roma, 30 maggio 1939, ore 15,45.

Ho ricevuto questo Ministro di Bulgaria che desiderava informazioni circa gli sviluppi della situazione internazionale. Il nostro colloquio si è particolarmente svolto sulla posizione che la Bulgaria dovrà assumere in relazione allo schieramento di potenze che sta sempre più nettamente determinandosi. Ho detto al Ministro di Bulgaria che la situazione geopolitica del suo Paese non lascia dubbi sulla necessità per i bulgari di prendere netta posizione a fianco dell'Asse. Egli che in massima mostrava di condividere il nostro punto di vista, ha fatto presente che la Bulgaria non è ancora completamente pronta per quanto concerne la preparazione militare. Gli ho detto che tanto la Germania quanto l'Italia sono disposte a facilitare la preparazione militare della Bulgaria attraverso forniture di armi, ma ciò potrà aver luogo soltanto quando Sofia abbia nettamente definito la sua posizione internazionale. Ho aggiunto che d'altra parte, dato che ormai l'Italia ha assunto nei Balcani un ruolo di primaria importanza anche sotto l'aspetto militare e strategico, converrà al Governo bulgaro di stringere i suoi legami con noi per poter fin d'ora studiare la preparazione da farsi in caso di complicazioni belliche.

Tanto comunico a V. E. per opportuna conoscenza. Voi potrete continuare a parlare in tal senso con codesti circoli responsabili facendo presente che: l) la Bulgaria non deve per nessuna ragione entrare in alcuna combinazione balcanica che rappresenterebbe per lei l'accerchiamento giuridico; 2) che deve decidersi a marciare nettamente con le Potenze dell'Asse che potranno assicurarle quelle rivendicazioni cui essa aspira, nello stesso modo che le Potenze dell'Asse le hanno assicurate all'amica Ungheria.

61

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 146. Budapest, 30 maggio 1939 (per. 1 giugno).

Mio telegramma per corriere n. 0145 del 27 maggio (1). Anche da una mia conversazione col Ministro di Romania, ho avuto la netta impressione di una maggiore intransigenza e fermezza del Governo romeno al

momento attuale. Trattando vari argomenti, contrariamente a quanto era solito fare in passato, egli si è espresso con sicurezza e quasi con spavalderia; a proposito dei rapporti ungaro-romeni, mentre di solito egli insisteva sempre sulla buona volontà e sforzi del suo Governo per raggiungere un accordo mostrando comunque di desiderarlo vivamente, oggi mi diceva anzi che il Governo romeno non comprendeva come mai il Ministro degli Affari Esteri ungherese avesse parlato di «amicizia» con gli jugoslavi e di «comprensione» coi romeni, aggiungendo che Csaky non aveva fatto nessuna proposta circa un accordo sulle minoranze, come egli aveva dichiarato alla Commissione degli Affari Esteri del Parlamento ungherese. Nè Bardossy aveva fatto poi alcun passo, nè egli era stato intrattenuto da Csaky. Del resto se la questione minoritaria fosse così impostata pubblicamente, il Governo romeno in caso non avrebbe potuto che rispondere trattarsi di una questione interna e non di una questione internazionale. D'altra parte era escluso che la Romania potesse considerare la possibilità d'entrare in discussione circa un'eventuale proposta di regolare bilateralmente la situazione delle minoranze rispettive, se l'Ungheria non avesse fatto altrettanto con i tedeschi, gli jugoslavi e i russi (per le minoranze ucraine della Rutenia).

Alla prossima occasione avrebbe ripetuto a Csaky che la Romania ben volentieri invece sarebbe pronta a pubblicare e confermare gli accordi di Bled (circa il pensiero ungherese a tale proposito ho riferito all'E. V. segnatamente col mio telegramma p. corriere n. 085 del 4 aprile). Quanto alle minoranze, la Romania, se mai, sarebbe anche pronta a dare loro un nuovo statuto, ma non dissimile a quello che gli jugoslavi avevano concesso per le minoranze ungheresi; in tal caso, secondo Bossy, però si sarebbe arrivati in Romania a uno statuto meno liberale. Non si poteva poi ammettere una discriminazione, come gli ungheresi mostravano di voler fare.

A questo proposito ha voluto dirmi non solo che il regime minoritario jugoslavo era molto più severo, ma anche che gli ungheresi forse ignoravano o fingevano di ignora,re, che nelle riunioni del Consiglio della Piccola Intesa Stojadinovié, secondo lui, era stato a suo tempo il più intransigente nei riguardi dell'Ungheria.

Comunque, quanto alla questione minoritaria, senza bisogno di ricorrere ad un accordo, il Governo romeno era pronto a venir incontro agli ungheresi; egli infatti aveva spesso domandato a Csaky quali fossero le sue richieste di dettaglio, che poi il Governo romeno aveva sempre cercato di soddisfare; avrebbe reiterato ancora questa domanda.

Mi ha detto quindi che gli stessi ungheresi di Transilvania non desideravano le inframmettenze del Governo di Budapest, sempre pronto ad appoggiare i grandi proprietari della nobiltà, ciò che adirava tutti gli altri; mi ha inoltre citato una lunga serie di facilitazioni che sarebbero state concesse ultimamente alle minoranze ungheresi fra cui la possibilità di avere una larga rappresentanza nel partito e nel Parlamento. (Ho già riferito all'E. V. come ciò sia giudicato dal Governo ungherese).

Quanto alla politica generale mi ha detto che Romania non doveva temere nulla da nessuno: nessuna potenza minacciava la Romania: quindi erano assurde

tutte le voci corse circa la possibilità di cessioni territoriali, ad esempio alla Bulgaria.

Se era vero che la Bulgaria si rifiutava di entrare nell'Intesa Balcanica se non a patto di avere la Dobrugia meridionale, egli poteva dirmi che allora prevedeva che la Bulgaria non sarebbe mai entrata nella Intesa Balcanica, perchè mai la Romania avrebbe fatto concessioni territoriali; le concessioni territoriali si possono imporre ad un pae~e soltanto in seguito ad una sconfitta e cedendo alla forza delle armi, o, solo in rari casi, come compenso a una potenza amica per l'appoggio avuto in una guerra vittoriosa; mai in nessun altro caso; inoltre l'esempio della Cecoslovacchia era recente. Quanto agli incidenti bulgaro-romeni, mi ha detto che si era trattato di comitagi entrati in territorio romeno; essi erano stati tutti uccisi come sarebbero stati quelli che eventualmente ritentassero l'impresa.

Quanto alla Russia, tanto la Romania quanto la Polonia, che evidentemente se ne preoccupavano, avevano fatto sapere all'Inghilterra che sarebbero rimaste del tutto estranee a qualsiasi accordo che le potenze occidentali avessero fatto con il Governo di Mosca; egli pensava d'altra parte che le intese con i Soviet dovessero riguardare solo l'eventualità di una guerra, senza aver nessun contenuto se la guerra non si verificasse, escludendo quindi patti di consultazione

o altro, in tempo di pace.

Bossy, che era stato a Venezia ad incontrare Gafencu dopo il suo viaggio a Roma, mi ha detto poi che questi era rimasto molto soddisfatto dei colloqui avuti a Roma, dove ci si renderebbe perfettamente conto della particolare situazione romena, la Romania come tutti gli Stati balcanici dovendo rimanere estranea alle contese fra Grandi Potenze; Gafencu era stato poi particolarmente lieto delle cordiali e sontuose accoglienze ricevute.

Confermo in linea generale l'impressione di una maggiore e più decisa intransigenza romena, che per quanto riguarda più particolarmente i rapporti con l'Ungheria, dovrebbe trarre la sua origine oltre che dagli sviluppi della situazione internazionale nei riguardi della Romania, anche da una màggiore fiducia circa l'eventuale atteggiamento jugoslavo nei riguardi di un accordo con l'Ungheria.

(l) Vedi D. 45.

62

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 147. Budapest, 30 maggio 1939 (pe1·. I giugno).

Questo Direttore Generale degli Affari Politici nel corso di una conversazione ha avuto occasione di accennare al recente incontro avvenuto a Turnu Severin tra Markovié e Gafencu. Pur avendo premesso di non avere notizie precise egli ha fatto comprendere essere sua impressione che, sebbene anche problemi di carattere generale saranno stati naturalmente trattati durante tali colloqui, essi siano stati dedicati principalmente alla situazione balcanica. Al processo di trasformazione iniziatosi da tempo col tramonto della preminenza del sistema creato dalla Francia e dall'Inghilterra sono ora sorte nei Balcani nuove situazioni acutizzate dai più recenti ed importanti avvenimenti militari e politici; situazioni che hanno avuto riflesso nella già non solida compagine dell'Intesa Balcanica.

Sarebbe infatti, a dire di Ghyczy, l'atteggiamento assunto dal Governo di Ankara con la stipulazione dell'accordo anglo-turco, che avrebbe costituito il principale argomento di conversazione non sembrando tale atto consono agli impegni da esso assunti e recentemente confermati come membro dell'Intesa Balcanica. Su tale punto Gafencu sarebbe stato incaricato da Markovié di intrattenere il Governo turco allo scopo di avere non solo spiegazioni, ma soprattutto tranquillizzazioni. Egli si sarebbe incaricato di assolvere tale compito durante la sua prossima visita ad Ankara.

Anche il Ministro di Romania mi ha confermato che nell'incontro si era principalmente parlato del trattato anglo-turco, e a proposito di esso mi ha esposto lo specioso argomento che l'accordo riguardava il Mediterraneo e non poteva quindi incidere nei rapporti fra i paesi balcanici, così come gli accordi che la Romania aveva con la Polonia e quelli che la Jugoslavia aveva con l'Italia.

A tale proposito attiro l'attenzione dell'E. V. su un articolo del Pester Lloyd del 27 corrente che polemizzando con il giornale Romania, che pretende di trovare un'analogia tra l'atteggiamento del Governo turco e quello del Governo jugoslavo, osserva che mentre la Jugoslavia ha concluso coi suoi vicini trattati che hanno stabilito relazioni amichevoli, con l'effetto di tener lontane dai Balcani complicazioni belliche, la Turchia.invece, in seguito all'accordo con l'Inghilterra, provoca la conseguenza di coinvolgere direttamente i Balcani nei conflitti armati.

63

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3561/1548. Parigi, 30 maggio 1939.

Telespresso di V. E. n. 215475 del 23 maggio 1939 (1).

Con riferimento al telespresso sopra citato ed a conferma di quanto ho già segnalato a varie riprese e, per ultimo, col telespresso n. 3301/1423 del 22 corrente, informo che la campagna per il boicottaggio delle merci italiane, tedesche e giapponesi continua e si accentua in Francia.

Tale campagna, oltre che dalla situazione internazionale, è favorita dalle opinioni socialistoidi della grande massa del popolo francese, dalla forte influenza ebrea in tutti i settori economici e finanziari di questo paese, dall'attività antinazionale dei fuorusciti tedeschi e italiani. È noto che questi ultimi, dopo un lungo periodo di inazione, stanno profittando delle circostanze per mettere la loro opera antinazionale al servizio degli interessi francesi.

È ovvio rilevare che questa offensiva economica francese contro i paesi totalitari non ha esclusivo carattere locale, ma si inserisce nella lotta più vasta, ingaggiata sul terreno economico, contro i paesi dell'Asse e contro il Giappone, dai centri ebraici e antifascisti di Londra e New York. Basta ricordare, in proposito, che molti giornali francesi, nell'invocare il boicottaggio contro i paesi suddetti, hanno dato grande rilievo a quanto era già stato fatto in tal senso, contro la Germania, dagli Stati Uniti. L'occasione appare, senza dubbio, propizia agli ambienti suddetti per eliminare progressivamente dai mercati mondiali concorrenti temibili.

Per quanto concerne la Francia e come ho già segnalato, già da qualche mese i grandi magazzini si rifiutano di acquistare merci italiane e tedesche. Nostri rappresentanti e viaggiatori, che da anni erano in ottimi rapporti con dette Case, non possono oramai ottenere neanche modeste ordinazioni. Il caso del sig. Charles Dreyfus, amministratore delegato delle Galeries Lafayette e dei Magazzini « Uniprix » va, pertanto, generalizzato. Occorre aggiungere, però, che l'ostilità verso i prodotti italiani e tedeschi non è limitata agli ambienti commerciali ebrei; in quelli nazionalisti essa si manifesta, talora, con maggiore energia, mentre, per ragioni diverse, ma con identici risultati, il boicottaggio è completato dalle ditte filosocialiste e dai consumatori che rappresentano tutte e tre le tendenze. La campagna generica per l'~cquisto del prodotto nazionale (« achetez français! ») stimola, infine, i neutri e gli indecisi.

Da quanto precede può concludersi che l'azione combinata di separati settori antitaliani ed antifascisti rende quasi inutile, almeno per il momento, un boicottaggio sistematico, diretto o ispirato dal Governo.

Può ritenersi, comunque, che le importazioni italiane in Francia, già ridotte ad un livello minimo per ragioni d'ordine economico e finanzario, possano ormai considerarsi stabilizzate ad alcuni prodotti tipici -la cui origine non è tuttavia visibile -i quali seguiteranno a trovare acquirenti fin quando potranno lottare con i prodotti della concorrenza.

Per non rompere questi ultimi contatti col mercato francese, sarebbe pertanto opportuno che i nostri prezzi venissero ancora ridotti, in modo diretto o indiretto.

(l) Non pubblicato.

64

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO PER S. E. IL MINISTRO 357. Tokio, 31 maggio 1939, ore 7,30, (per. ore 13,25).

Vice Ministro Guerra ha confermato ad Ambasciatore di Germania, che lo sollecitava perchè Tokio facesse qualche comunicazione a Berlino, quanto ho ieri riferito nella prima parte mio telegramma n. 355 (1). Lo ha pregato pazientare ancora. A richiesta dell'Ambasciatore gli ha detto che ogni diretto o

indiretto tentativo di questi per accelerare tempi e influire sulla decisione sarebbe inutile e potrebbe forse essere dannoso. Mio collega ha avuto impressione buona della conversazione. Interlocutore gli è apparso volenteroso e sincero. Addetto Navale crede poter dedurre da una sua conversazione di stamane con un Ufficiale del Gabinetto che si spera in quel Ministero di poter comporre contrasto fra Guerra e Marina fra una quindicina di giorni.

(l) Vedi D. 57.

65

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 190. Roma, 31 maggio 1939, ore 17.

Giungerà domani costà S. E. Conte Senatore Ugo Cavallero, Generale di Corpo d'Armata, cui è stata demandata la direzione, in qualità di Vice Presidente, delle Commissioni militare et economica previste dal Patto di Alleanza.

S. E. Cavallero è latore di un 'importante documento confidenziale redatto dal Duce (l) e che il Duce desidera sia portato a conoscenza del Fiihrer. Egli profitterà inoltre del suo soggiorno costà per prendere contatti con le personalità tedesche cui vengono affidati compiti corrispondenti ai suoi. Ho scritto a Ribbentrop perchè agevoli tali contatti e prego Voi di voler dare a S. E. Cavallero le indicazioni e gli appoggi che riterrete opportuni.

66

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BERNA, TAMARO

T. 10485/56 P. R. Roma, 31 maggio 1939, ore 24.

Vostro telespresso 840 (2).

Approvo Vostra comunicazione Motta. Sarebbe tuttavia molto desiderabile che provvedimento divieto introduzione Cronaca Prealpina fosse revocato al più presto.

Svolgete opportuna azione in tal senso e riferite.

Direzione giornale sulla base documentazione qui presentata, e di cui codesta Legazione dovrebbe essere pure al corrente, sostiene che Cronaca Prealpina da vari mesi a questa parte non ha tenuto atteggiamento irredentista, ma ha invece svolta pole~ica a carattere locale contro giornali di sinistra ticinesi, ribattendone accuse e falsità.

Prolungarsi divieto introduzione Cronaca Prealpina non sarebbe certo giustificato. Sollecita revoca appare invece più che conveniente anche per non

inasprire maggiormente rapporti stampa tra i due paesi. Stampa svizzera e stampa ticinese nei nostri riguardi sono al di sotto di ogni apprezzamento e non giova mettersi sulla via delle rappresaglie.

(l) -Vedi D. 59. (2) -Non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 79. Berlino, 31 maggio 1939 (per. 1 giugno). Ho visto von Papen che parte per Ankara domattina. Egli ha ricevuto istruzioni: a) di cercare di impedire che i legami della Turchia con l'Inghilterra divengano comunque assoluti ed automatici, ogni discrezione eventualmente lasciata alla Tùrchia circa la sua entrata in guerra potendo a suo tempo essere sfruttata dall'Asse a favore proprio. Sopratutto, von Papen dovrebbe cercare di impedire che la Turchia assuma impegni di collaborazione bellica per fatti ed azioni non espressamente contro di essa; b) a von Papen è stata lasciata anche facoltà di servirsi come arma di persuasione del prestito dei 150 milioni di marchi. Questo può considerarsi in

massima come sospeso, ma von Papen potrà in proposito, ispirandosi agli stessi sistemi cari alla Turchia, traccheggiare e mercanteggiare.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 80. Berlino, 31 maggio 1939 (per. l giugno).

Ho domandato quale fosse il « programma politico » della visita a Berlino del Reggente Paolo. Mi è stato risposto che da parte tedesca si insisterà: l) sopra la neutralità jugoslava in caso di guerra contro l'Asse, con impegno a larghe forniture di materie prime; 2) sopra un ulteriore allargamento delle relazioni economiche dei due Paesi in tempo di pace. Naturalmente, non si mancherà di raccomandare nuovamente l'adesione della Jugoslavia all'Anticomintern, ma senza nessuna speranza di riuscirvi.

69

IL MINISTRO A BUCAREST, GRIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 54. Bucarest, 31 maggio 1939 (per. l giugno).

Da fonte attendibile e solitamente bene informata mi viene assicurato che il Vice Commissario del Popolo Potemkin, durante il lungo colloquio da lui avuto, in occasione del suo recente passaggio per Bucarest, con questo Ministro degli Affari Esteri, avrebbe insistito perchè la Romania si inducesse a qualche cessione territoriale a favore della Bulgaria allo scopo di indurre quest'ultima ad entrare nel fronte antitotalitario. Gafencu avrebbe opposto un netto rifiuto.

Di tale circostanza non mi ha peraltro fatto parola questo Ministro Affari Esteri, il quale, a proposito del suo incontro con Potemkine, si è limitato a dirmi di aver svolto al Vice Commissario sovietico la seguente tesi:

« La Romania intende resistere con le armi ad ogni aggressione, da qualunque parte venga, ma, salvo tale ipotesi, intende conservarsi neutrale ed in buoni rapporti con tutti i paesi. Essa non aderirà quindi ad accordi che comportino impegni contrastanti con tale linea di condotta.

«D'altro canto neanche l'U.R.S.S. ha interesse ad un accordo di mutua assistenza con la Romania che porterebbe automaticamente le sue frontiere ai Carpazi, mentre una Romania libera da impegni ma decisa a difendersi contro ogni aggressione, costituisce per la Russia stessa un elemento di sicurezza».

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IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 149. Budapest, 31 maggio 1939 (per. 5 gingno).

Mio telespresso n. 2627/849 del 16 maggio.

È venuto stamane a vedermi il Ministro di Slovacchia dottor Spiriak il quale, fra l'altro, mi ha detto di essere stato ricevuto dal Conte Csaky che gli aveva dichiarato come al momento dello smembramento della Cecoslovacchia, il Governo ungherese era rimasto deluso che la Slovacchia non avesse chiesto di ritornare in un modo o in un altro nel seno dell'Ungheria: il dott. Spiriak mi osservava che certo i discorsi recenti di Teleki e Csaky erano pieni di promesse e di belle parole, ma gli ungheresi avevano mostrato anche ora che i loro metodi sono sempre quelli di un tempo e non hanno mutato.

Era stato affermato che i tedeschi si erano opposti ad una unione, sotto una forma qualsiasi, della Slovacchia all'Ungheria; ma questa era anche la volontà del popolo slovacco; non era quindi tanto la Germania che lo desiderava, quanto la Slovacchia stessa che non voleva tornare a far comunque parte dell'Ungheria. Era esatto quindi dire che l'interesse tedesco coincideva con quello slovacco; perchè gli slovacchi ricordano il duro regime ungherese verso le altre nazionalità e sanno per esperienza quanto sia acuto ed opprimente il nazionalismo sp,into dei magiari.

Mi ha detto che, se l'opinione pubblica slovacca era in questo unanimamente contraria agli ungheresi, il suo compito era tuttavia quello di smussare gli angoli e di evitare comunque incidenti; che a tale proposito era d'accordo col conte Csaky che occorreva, per un certo tempo, per calmare gli animi, che i due Stati mostrassero quasi di ignorarsi a vicenda e che si addivenisse presto alla definizione dettagliata delle frontiere.

(Ciò mi è stato confermato anche da questo Vice-Ministro degli Affari Esteri, che ha aggiunto tuttavia che la frontiera era già in principio delimitata e non occorreva ora che la materiale fissazione di essa sul terreno, operazione quindi di ordine amministrativo).

Il dottor Spiriak mi ha parlato della soddisfacente situazione dell'amministrazione e dell'esercito che aveva mantenuto il suo armamento e che d'altra parte disponeva anche di alcuni importanti stabilimenti delle fabbriche Skoda. Mi ha parlato del corretto e scrupoloso atteggiamento delle truppe tedesche nella parte di territorio da esse occupato. Mi ha detto che in principio effettivamente nessuno capiva quale era la loro funzione, a cominciare dai militari tedeschi stessi; d'altra parte era difficile definire quello che Hitler aveva chiamato Schiitz, figura comunque nuova nel diritto internazionale.

Mi ha poi aggiunto che egli stava cercando per suo conto una sede per la Legazione dato che non aveva creduto di poter alloggiare alla antica Legazione di Cecoslovacchia (mio telespresso n. 2745/911 in data del 13 maggio).

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, VON RIBBENTROP

L. 4013. Roma, 31 maggio 1939.

Vi porterà la presente lettera S. E. il Conte U go Cavallero, Generale di Corpo d'Armata, Senatore del Regno, già Sottosegretario di Stato alla Guerra e fino a poche settimane or sono Comandante Superiore delle Forze Armate dell'Africa Orientale Italiana. A S. E. Cavallero è stata demandata in qualità di Vice Presidente, la direzione delle Commissioni militare ed economica che vengono costituite in conformità delle stipulazioni del Patto di Amicizia e Alleanza.

Nel presentarlo a Voi, Vi prego di voler cortesemente mettere S. E. Cavallero in contatto con le personalità germaniche cui vengono affidate le funzioni corrispondenti e di volergli dare quelle indicazioni e quei dati che vi sembreranno opportuni per un efficace orientamento del suo lavoro.

Al Generale Cavallero ho affidato un documento confidenziale (l) redatto dal Duce, che ha particolare importanza ai fini dello sviluppo della collaborazione militare ed economica fra i nostri due Paesi. Il Duce desidera che tale documento venga consegnato al FUhrer ed io vi prego di voler cortesemente provvedere affinchè esso pervenga al suo Alto destinatario.

Vi sono grato, caro Ribbentrop, per l'accoglienza che vorrete riservare a

S. E. Ugo Cavallero e colgo l'occasione per inviarvi i miei cordiali saluti, insieme alla rinnovata espressione della mia amicizia.

(l) Vedi D. 59.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 3992/1224. Berlino, 31 maggio 1939.

Weizsacker mi ha informato oggi che lo schema da lui preparato per l'organizzazione delle Commissioni secondo le idee già da me riferite nella mia comunicazione del 27 corrente n. 03907/1202 (l) era stato in massima approvato dal Ministro von Ribbentrop, il quale, peraltro, ne aveva rinforzato tutti gli elementi atti:

l) ad aumentare l'importanza delle Commissioni stesse; 2) ad assicurarne la diretta, e direi quasi la assoluta dipendenza dal Ministero degli Affari Esteri.

Per cui, mentre da una parte, per esempio, Ribbentrop desidererebbe che a tutte le riunioni delle Commissioni assistesse --in persona -l'Ambasciatore del paese non sede della riunione, dall'altra egli vorrebbe che la Presidenza delle Commissioni stesse fosse tenuta sempre dal Ministro degli Esteri o in caso di impossibilità (nel caso della Germania) dal Segretario di Stato barone Weizsacker per quanto riguarda la Commissione militare e dall'Ambasciatore Ritter per quanto riguarda la Commissione economica.

Ogni ulteriore elaborazione, tuttavia, dello schema è stata sospesa in seguito all'annuncio da me dato della nomina del Generale Cavallero a rappresentante dell'Italia per le Commissioni in parola e all'avviso ulteriormente attraverso Mackensen, che il Cavallero verrà quanto prima a Berlino per esporre in merito all'organizzazione delle Commissioni stesse le idee personali del Duce.

73

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATO 2033/859. Mosca, 31 maggio 1939.

Rifer. mio rapporto n. 2005/847 del 29 corrente (2) e mio telegramma odierno n. 64 (3).

Ieri questo Ambasciatore di Germania mi aveva informato di aver ricevuto istruzioni di lasciar cadere, pel momento, la discussione sulle «basi politiche » alle quali il signor Molotov aveva alluso, quando aveva fatto una condizione· per la ·ripresa delle trattative commerciali.

Il signor von Ribbentrop, secondo quanto mi disse von Schulenburg, era. giunto a tale decisione negativa in seguito a consultazioni da lui avute con

S. E. Attolico e coll'Ambasciatore del Giappone a Berlino.

(ll Vedi D. 47.

(3l Il telegramma, non pubblicato, è però in data l giugno.

Il mio collega tedesco considerava tale decisione come saggia ed opportuna, perchè non vedeva quale risultato utile avrebbero potuto avere nel momento attuale degli approcci per un riavvicinamentf\ politico con l'U.R.S.S. Gli sembrava ad ogni modo che occorresse attendere l'annunciato discorso di Molotov, dal quale si sarebbe potuto forse conoscere a che punto fossero giunti i negoziati anglo-franco-sovietici.

Questo pomeriggio, prima del discorso di Molotov, von Schulenburg mi informò che aveva ricevuto una seconda comunicazione da Berlino contenente nuove istruzioni.

Von Ribbentrop lo informava anzitutto di un colloquio da lui avuto con l'Incaricato d'Affari sovietico a Berlino (l) al quale aveva espresso, in forma generica, il desiderio del Governo tedesco di « normalizzare » i suoi rapporti con quello dell'U.R.S.S. Gli dava poi istruzioni di far prendere contatti fra questo suo Addetto Commerciale ed il Commissario del Popolo per il Commercio Estero, allo scopo di giungere di fatto ad una ripresa ilei negoziati commerciali.

Nel mettermi al corrente di quanto precede von Schulenburg mi ha espresso i suoi dubbi sulla riuscita di questo tentativo, perchè egli prevede che la pregiudiziale delle «basi politiche» verrà posta dal signor Mikoian all'Addetto Commerciale allo stesso modo come Molotov l'aveva già posta all'Ambasciatore. Avrebbe dato corso ad ogni modo alle istruzioni di Berlino e me ne avrebbe fatto conoscere a suo tempo il risultato.

Io ritengo che, dopo il discorso di Molotov -il quale ha lasciato chiaramente intendere che i negoziati politici con l'Inghilterra e Francia sono ancora lontani da una conclusione -la situazione si presenta oggi sotto aspetti meno sfavorevoli e che pertanto una presa di contatto dell'Ambasciata tedesca col Commissariato del Commercio Estero può forse riuscire di una certa utilità, se non altro per chiarire meglio le reali intenzioni del Governo sovietico.

(2) Vedi D. 54.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 3984/1221. Berlino, 31 maggio 1939.

Telegramma per corriere V. E. n. 10292 P.R./C del 30 maggio (2). Ho domandato all'Auswartiges Amt cosa si sapesse di preciso circa un possibile viaggio del Presidente del Consiglio bulgaro a Berlino. Mi è stato risposto che di questo viaggio si parla da molto tempo, ma che Ribbentrop avrebbe l'intenzione di farne rinviare l'esecuzione all'autunno.

Poichè vedo dal telegramma in riferimento che il viaggio di Kiosseivanov a Berlino viene messo in relazione ad un viaggio più o meno parallelo a Roma, gradirei a mia volta conoscere se e quando un viaggio in Italia sia effettivamente contemplato.

(l) -Correggi: il colloquio ha avuto luogo tra Weizsiicker e Astakhov e non tra von Ribbentrop e Astakhov (cfr. D. 107 e Nazi-Soviet Retations, 1939-1941, Documents from the Archives oj the German Foreign Office, pp. 12-15, Department of State, Washington, 1948). (2) -Non rintracciato.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 03994/1226. . Berlino, 31 maggio 1939.

È stato oggi firmato il patto di non aggressione fra la Germania e la Danimarca.

Contrariamente ad ogni aspettativa, invece, non si è ancora arrivati ad una conclusione per quanto riguarda i trattati con l'Estonia e la Lettonia. Le difficoltà starebbero in questo: che quei due Paesi hanno voluto subordinare i loro impegni di neutralità verso la Germania agli impegni stabiliti per essi dal patto di alleanza che li lega. In altri termini, essi pretendevano che la Germania riconoscesse che, se essa si fosse resa attaccante dell'uno o dell'altro dei due Paesi, gli impegni di non aggressione e di neutralità assunti nei riguardi suoi non avrebbero tenuto. •

L'Auswartiges Amt ha esitato ad accettare questa condizione, non perchè non fosse logica, ma perchè implicava apertamente la possibilità di una violazione degli impegni assunti dalla Germania o nei riguardi dell'uno o nei riguardi dell'altro contraente. Una formula adatta per coprire il caso è stata tuttavia trovata; senonchè, all'ultimo momento, l'Estonia ha accampato un'ulteriore pretesa, quella di riservare a se stessa il diritto di giudicare se il trattato con la Germania rimanesse o no in vigore nel caso che la Lettonia si sottraesse agli impegni assunti colla Germania per fatto proprio.

Tutto ciò porta infinite complicaZioni di redazione, che ancora non sono superate, ma si spera comunque lo siano fra non molto.

76

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA

T. 10793/216 P. R. Roma, l giugno 1939, ore 0,40.

Vorrete confermare a codesto Ministero Esteri mia accettazione invito recarmi in !spagna.

Vorrete altresì comunicare Serrano Suiier, a conferma di quanto da me scrittogli, mia accettazione programma di massima da lui inviatomi con lettera personale.

77

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 63. Mosca, 1° giugno 1939, ore 1,46 (per. ore 9,15).

Ho assistito seduta del Consiglio Supremo davanti al quale Molotov ha parlato stasera sulla politica estera sovietica. Riassumo parte essenziale discorso secondo quanto ho potuto comprendere attraverso traduzione approssimativa mio collaboratore.

Premesse solite dichiarazioni circa politica sovietica pacifica e cronistoria avvenimenti internazionali dopo Monaco, Molotov ha parlato dei negoziati in corso con l'Inghilterra e la Francia, ripetendo tesi sovietica qual'è esposta nell'editoriale dell'Isvestia dell' 11 corrente (mio telespresso n. 777). Come condizione indispensabile per accordo Molotov ha enunciato seguenti 4 punti:

1o Finalità e concezione difensive del patto (in contrasto con alleanza italo-tedesca che ha qualificato di aggressione);

2o Assoluta reciprocità impegni;

3o Estensione garanzia ai Paesi Baltici;

4o Precisazione della natura ed entità concorso militare che all'occorrenza verrebbe dato all'U.R.S.S. Ha aggiunto che in questi ultimi giorni Francia e Inghilterra avevano presentato nuove proposte le quali costituiscono « notevole progresso » in quanto accettano principio completa reciprocità, ma che Inghilterra non si è ancora decisa a garantire anche i Paesi Baltici. In sostanza questa parte del discorso non ha detto nulla di nuovo ed è stato interessante soltanto per constatazione negativa che i negoziati non sono finora arrivati ad una conclusione.

Subito dopo Molotov ha dichiarato che negoziati anglo-franco-russi non escludono mantenimento relazioni normali della Russia con Germania e Italia. Ha citato trattative commerciali con Germania che sono state interrotte c ma che possono essere riprese». Ha egualmente menzionato accordo commerciale già concluso con l'Italia.

Parlando delle isole Aland ha ripetuto argomenti fino ad ora svolti dal delegato russo a Ginevra. Ha dichiarato che recente viaggio Potemkin ha rivestito notevole importanza.

Ultima parte, dedicata relazioni con il Giappone, è stata pronunciata con un tono più vibrato producendo impressione che in questo momento U.R.S.S. si preoccupa specialmente dell'Oriente. Molotov ha dichiarato fra l'altro che Soviet sono decisi difendere frontiera Mongolia come se fossero proprie frontiere.

In complesso discorso calmo che sembra voler lasciare tutte le porte aperte.

Mi riservo fare ulteriori commenti quando avrò testo discorso.

78

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 112. Sofia, lo giugno 1939, ore 2 (per. ore 3,30).

Mi riferisco al telegramma di V. E. n. 80 (1). A colazione stamane dal Presidente del Consiglio ho avuto occasione parlargli nel senso del telegramma suddetto.

Presidente del Consiglio mi ha detto rendersi conto perfettamente che posizione Bulgaria deve venire definita, giacchè di fronte iniziativa politica inglese nei Balcani, attitudine passivamente neutrale non sarebbe ulteriormente pensabile. Mi ha soggiunto intratterrebbe in proposito Re Boris.

Ha insistito tuttavia col dire che per quanto posizione geo-politica Jugoslavia non dovrebbe lasciare dubbi circa attitudine finale di essa, pure per Bulgaria è necessario· maggior sicurezza al riguardo. Altrettanto necessario per impostare attitudine Bulgaria è conoscere posizione Romania.

Mi ha detto riservarsi tornare a parlarmi in merito. Ho avuto impressione non avesse ancora conoscenza della comunicazione codesto Ministro Bulgaria.

(l) Vedi D. 60.

79

IL MINISTRO AL CAIRO, MAZZOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 72. Il Cairo, 1° giugno 1939, ore 19,25 (per. ore 19,45).

Secondo informazioni buona fonte viaggio Ankara di questo Ministro degli Affari Esteri di cui al mio telegramma Stefani Speciale odierno non avrebbe soltanto carattere cortesia col quale è stato annunciato ma andrebbe posto in relazione al recente accordo anglo-turco ed avrebbe come scopo una presa di contatto o per la conclusione di un analogo trattato o per un esame dei problemi interessanti i due paesi e limitatamente trattato Londra-Ankara.

Segue rapporto.

80

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 65. Mosca, 1o giugno 1939, ore 23 (per. 2 giugno 1939, ore 6).

Attenta lettura discorso di Molotov conferma impressione di marcata freddezza nei riguardi Inghilterra e Francia rilevando persistente sospettosità sovietica verso quei Governi.

Sintomatico il fatto che parlando dei negoziati in corso Molotov ha ripetuto note frasi di Stalin circa necessità per l'U.R.S.S. di non lasciarsi trascinare in conflitti da manovre altrui.

Intero discorso è dominato dal concetto della «difesa del territorio sovietico~. Invio traduzione letterale con il corriere in partenza stasera.

81

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 81. Berlino, lo giugno 1939 (per. stesso giorno).

Ho richiamato attenzione Auswartiges Amt sopra informazione giunta al

R. Governo relativa fornitura 500 motori tedeschi di aviazione da 1100 cavalli

alla Francia contro fosfati dalla Tunisia aggiungendo ad ogni buon fine che una simile transazione, offerta all'Italia, era stata da questa declinata. Il Barone Weizsacker ha escluso che la notizia potesse essere esatta. Ha tuttavia promesso, ad ogni buon fine, di assicurarsene.

82

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 83. Berlino, 1° giugno 1939 (per. giorno 3).

È venuto a vedermi Burckhardt, Alto Commissario della S. d. N. a Danzica, che aveva conferito questa mane con Ribbentrop.

Egli mi ha detto di aver trovato il Ministro tedesco più calmo che nelle occasioni precedenti. Ne ha approfittato per insistere sulla necessità di esercitare un'azione moderatrice sul focoso Gauleiter di Danzica, signor Forster.

Richiesto della mia opinione sulla situazione e sulle possibilità di un'intesa fra le due parti, ho risposto che per ora non v'era nulla da fare all'infuori di vegliare a che, da una parte e dall'altra, non nascessero sgradevoli incidenti.

In questo, ho detto, egli stesso Burckhardt poteva aiutare molto.

Burckhardt mi ha fatto ottima impressione.

Mi ha dichiarato di volersi tenere a contatto con me tutte le volte che passerà per Berlino.

83

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 150. Budapest, 1° giugno 1939 (per. giorno 5).

Mio rapporto n. 2679/877 in data del 19 maggio s. Questo Ministro di Bulgaria mi ha parlato ieri sera delle manifestazioni sempre più importanti che erano avvenute recentemente a Sofia per la Dobrugia.

Anch'egli mi ha detto che la Romania era diventata cltremodo tracotante dopo la garanzia offertale dall'Inghilterra; garanzia che è valsa solo ad acuire le questioni E! ad impedire un accordo con la Bulgaria e le concessioni a cui la Romania sembrava essere già disposta; si sa d'altra parte che cosa potranno valere, per recenti esperienze, le promesse dell'Inghilterra qualora il momento dovesse giungere.

Come già altra volta, mi ha detto che due divisioni turche erano concentrate alla frontiera bulgara, ciò che produceva viva emozione a Sofia. Nel corso della conversazione mi ha dichiarato che non vi era nulla di concreto con gli ungheresi, coi quali si stava definendo per ora l'accordo culturale, su cui ho ampiamente riferito.

.> -Dowmenti dip!om,;tici . Serie VIII · Vol. XII

84

IL MINISTRO AD HELSINKI, KOCH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 9. Helsinki, 1° giugno 1939 (per. giomo 7).

Atteggiamento assunto nel recente Consiglio della S. d. N. da Delegato sovietico circa isole Aland ha impressionato queste sfere dirigenti che vi scorgono malafede del Governo di Mosca che dopo aver taciuto malgrado fosse stato tenuto costantemente al corrente soprattutto da Governo svedese del progetto di riarmo ha cercato di sabotarlo all'ultimo momento mantenendo aperta la questione nell'intento di cercare garanzie e compensi. Non sono state al riguardo dimenticate pretese russe circa isole Golfo di Finlandia (mio telegramma del 29 marzo 1939

n. 18) e si teme che esse tornino sul tappeto.

Questo Ministro degli Affari Esteri mi ha dichiarato essere rimasto tuttavia soddisfatto della decisione adottata a Ginevra non ritenendo votazione necessaria, dolente che a causa della insistenza della Svezia e in particolar modo del delegato signor Uuden sia stata sollecitata approvazione della S.d.N. Egli è preoccupato per ripercussione che tale questione ha in Svezia dove correnti di opposizione ad accordo con Finlandia circa isole stanno creando seri imbarazzi a quel Governo.

Qualche giornale insinua qui che Sandler vorrebbe prenderne motivo per rivedere tutta la questione nell'intento di tornare allo statu quo ante, ma questo Ministro degli Affari Esteri si dichiara sicuro che suo collega svedese saprà sostenere progetto alla Camera e farlo accettare.

Alle richieste che Mosca ha qui rivolto per chiarimenti su riarmo isole questo Governo ha risposto con un rifiuto, ma è da prevedersi che soprattutto per desiderio di Stoccolma siano iniziate conversazioni per persuadere U.R.S.S. che neutralità del Baltico viene maggiormente garantita da riarmo isole.

Questo Governo procede intanto ad applicare accordo concluso con Svezia facendo votare dalla Dieta crediti e opportune misure legislative.

85

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 2048/864. Mosca, 1° giugno 1939.

Secondo informazioni fornitemi da questa Ambasciata del Giappone, il 19 maggio u. s. il signor Molotov aveva fatto delle rimostranze all'Ambasciatore Togo per alcuni incidenti di frontiera verificatesi ai confini della Mongolia Esterna con il Manciukuò (regione ad ovest di Hailar).

II mio collega giapponese aveva allora respinto le rimostranze del Com

missario obiettando che i fatti esposti avevano carattere e portata locale e riguar

davano esclusivamente le autorità mancesi e quelle mongole, in quanto gli inci

denti si erano verificati in seguito all'incursione di truppe della Repubblica

Popolare Mongola in territorio mancese.

Sempre secondo quest'Ambasciata del Giappone, il 28 maggio u. s. le truppe mongole hanno nuovamente attraversato la frontiera con l'appoggio di ben 100 apparecchi sovietici che hanno volato su territorio mancese. La reazione mancese, controaerea e aerea, sarebbe stata molto energica ed avrebbe portato in successivi combattimenti all'abbattimento di 59 apparecchi. Un pilota sovietico sarebbe stato fatto prigioniero dai mancesi.

Da parte nipponica le notizie di questo grave incidente non sono state rese pubbliche, sia per facilitare il regolamento dell'incidente, sia per sottolineare il suo carattere locale. Anche la stampa sovietica si è finora astenuta dal far cenno. Nel discorso pronunciato iersera al Consiglio Supremo dell'U.R.S.S. Molotov vi ha però fatto chiare allusioni, con parole di tono molto vivace. Molotov ha dichiarato tra l'altro che «sarebbe ora che venisse capito che il goyerno sovietico non ammette provocazioni di reparti nippo-mancesi alle sue frontiere e ciò deve essere ricordato ora anche per i confini della Repubblica Popolare Mongola ». Dopo di che ha aggiunto: «Debbo avvertire che, in conformità al trattato di mutua assistenza, noi difenderemo i confini della Mongolia con altrettanta fermezza che la nostra propria frontiera. Le accuse di aggressione che il Giappone solleva contro il g'overno mongolo sono ridicole ed assurde. La pazienza ha un limite. Sarebbe quindi meglio che cessassero a tempo le ripetute violazioni provocatorie dei confini sovietici e mongoli da parte delle truppe nippo-mancesi. A questo riguardo abbiamo messo in guardia anche l'Ambasciatore del Giappone a Mosca».

Queste dichiarazioni, fatte in tono energico, hanno rivelato la gravità dell'incidente e l'importanza che il Governo sovietico attribuisce alla sicurezza di quella repubblica vassalla che è la Mongolia Esterna.

86

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2053/867. Mosca, 1° giugno 1939.

Coi telegrammi nn. 63 (l) e 65 (2) ho comunicato a V. E. le mie prime impressioni sul discorso pronunciato ieri sera dal Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo e Commissario per gli Affari Esteri, Molotov, davanti alla sessione plenaria del Consiglio Supremo dell'U.R.S.S. Ne invio ora la traduzione integrale e letterale (3).

Il lungo discorso, che è stato pronunciato con tono freddo e pacato, si differenzia da quelli che usava pronunciare Litvinov per un maggior senso della misura e per l'assenza quasi totale di violenza polemica.

La parte introduttiva presenta la situazione internazionale secondo il quadro che usa dipingere la stampa sovietica: da una parte i paesi aggressivi che non

fanno mistero delle loro intenzioni; dall'altra le grandi potenze democratiche occidentali che fingono di non vedere la realtà, perchè ancora imbevute di spirito monachese. L'U.R.S.S. si tiene fuori dai due campi perchè, mentre non ha alcuna simpatia per gli aggressori, non è neppure persuasa della reale volontà delle potenze democratiche di opporsi all'aggressione.

Molotov osserva poi che i fatti sopravvenuti dopo Monaco hanno mostrato chiaramente il fallimento della politica di non intervento e di conciliazione. Constata che nei paesi non aggressivi d'Europa si sono delineati recentemente dei movimenti in favore della resistenza all'aggressione, ma aggiunge:

« Quanto seri siano questi movimenti resta da vedere. Pel momento non si può ancora dire che tali paesi abbiano un reale desiderio di rinunciare alla politica di non intervento... Potrebbe anche darsi che la tendenza di questi paesi a prevenire l'aggressione soltanto in alcuni settori abbia per effetto di lasciar libera l'aggressione in alt1·i settori... Noi dobbiamo quindi essere vigilanti. Noi dobbiamo tener in mente il consiglio di Stalin: Essere prudenti e non permettere ai provocatori della guerra, abituati a far tirare le castagne dal fuoco per mano altrui, di coinvolgere il nostro paese in conflitti... ».

Passando ai negoziati con Inghilterra e Francia, Molotov osserva che le conversazioni, iniziate alla metà d'aprile, non sono ancora giunte ad una conclusione e ciò non per colpa dell'U.R.S.S.

Per creare un fronte veramente efficace contro l'aggressione -continua Molotov -sono indispensabili le seguenti condizioni: l) Conclusione fra Inghilterra, Francia ed U.R.S.S. di un effettivo patto di mutua assistenza avente un carattere esclusivamente difensivo.

2) Garanzia dell'Inghilterra, della Francia, e dell'U.R.S.S. a tutti i paesi

dell'Europa centrale ed orientale, non escludendo nessuno dei paesi europei

confinanti con l'U.R.S.S.

3) Conclusione fra Inghilterra, Francia ed U.R.S.S. di un accordo concreto

concernente la natura e l'entità dell'aiuto immediato ed effettivo che i tre paesi

dovranno prestarsi vicendevolmente e che dovranno prestare agl'i altri garantiti.

Qui Molotov afferma che queste condizioni l'U.R.S.S. non intende imporle

a nessuno, ma che rimangono per essa la premessa sine qua non del suo concorso.

Molotov prosegue osservando che Francia ed Inghilterra non si sono mostrate

favorevoli a tutte queste condizioni, avendole finora accettate soltanto parzial

mente e con riserve. Ed aggiunge:

«Negli ultimi giorni ci sono state presentate nuove proposte anglo-francesi. Con esse si accetta, per il caso di un attacco diretto degli aggressori, il principio della mutua assistenza sulla base della reciprocità. Questo è certamente un progresso, ma anche questo progresso è stato accompagnato da riserve... Nessun progresso è stato fatto invece nella questione delle garanzie ai Paesi dell'Europa Centrale ed Occidentale, per le quali non si è voluto ammettere il principio della reciprocità. Le proposte prevedono infatti l'aiuto dell'U.R.S.S. ai cinque paesi ai quali Inghilterra e Francia hanno già promesso la propria garanzia, -ma non dicono nulla a proposito del loro aiuto ai tre paesi che si trovano al confine nord-occidentale dell'U.R.S.S. e che possono non essere in grad;o di difendere la propria neutralità in caso di attacco da parte degli aggressori».

Dopo di che Molotov dichiara nettamente:

«L Unione Sovietica non può assumere impegni verso i cinque Paesi garantiti da Francia ed Inghilterra senza aver essa stessa ricevuto delle garanzie per i tre Paesi situati al suo confine nord-occidentale».

Terminata così l'esposizione dello stato odierno delle trattative con Londra e Parigi, l\Iolotov passa a parlare degli altri Paesi.

Egli dichiara anzitutto che « conducendo trattative con Inghilterra e Francia, l'U.R.S.S. non crede affatto necessario di rinunziare a relazioni d'affari con Germania erl Italia».

Ricorda poi i tentativi già fatti per giungere ad un accordo commerciale con la Germania affermando che « a giudicare da certi indizi non sembra esclusQ che le trattative possano essere riprese ».

Menziona l'accordo commerciale con l'Italia qualificandolo « vantaggioso per ambedue le parti».

Parlando della Polonia, Molotov constata « un certo miglioramento genenle » delle relazioni politiche ma mette in rilievo specialmente l'incremento degli scambi commerciali.

Poche parole per «l'amica Turchia» con la quale le relazioni dell'U.R.S.S. «si sviluppano normalmente». Aggiunge che il recente viaggio di Potemkin ad Ankara «ha avuto una grande importanza positiva».

Molotov si dilunga poi sulla questione delle isole Aland ripetendo le argomentazioni già esposte dal delegato sovietico a Ginevra e mettendo in luce il fatto che l'opposizione sovietica al progetto di riarmo è dovuta a preoccupazioni per la difesa del territorio dell'U.R.S.S.

L'ultima parte del discorso è dedicata al Giappone. È stata questa la parte di tono più vivace e più polemico, e che è l'unica che abbia provocato applausi.

Interessante la dichiarazione che «l'U.R.S.S. difenderà il confine della Repubblica Popolare Mongola con la stessa risolutezza con la quale difenderebbe i propri confini» e quella dove Molotov afferma che l'U.R.S.S. continuerà ad appoggiare la Cina.

Molotov conclude il discorso affermando la forza dell'U.R.S.S., e la importanza che essa rappresenta come fattore di pace.

(l) -Vedi D. 77. (2) -Vedi D. 80. (3) -Non pubblicata.
87

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 35~. Tokio, 2 giugno 1939, ore 3,45 (per. ore 11,15).

Stampa giapponese considera il discorso Molotov come scacco Inghilterra. Alcuni giornali vi vedono anche tentativo separazione Asse dal Giappone.

88

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA DE PEPPO, AL MINISTRO AL CAIRO, MAZZOLINI

T. PER CORRIERE 376 R. Roma, 2 giugno 1939, ore 8.

Giornali del Cairo pubblicano che continuano a circolare voci secondo le quali il Patto anglo-turco che si sta attualmente negoziando implicherebbe, in caso di guerra, una partecipazione militare dei Turchi alla difesa del Canale di Suez e delle frontiere dell'Egitto.

Mi sarà gradito ricevere ogni possibile informazione al riguardo.

89

IL MINISTRO A STOCCOLMA, SORAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 15. Stoccolma, 2 giugno 1939, ore 20,05 (per. ore 22,35).

Impressione inaspettato atteggiamento negativo russo a Ginevra su progetto isole Aland si è accresciuta per discorso Molotov e sue puntate dirette contro Svezia. Questo Governo turbatissimo ha inviato istruzioni Legazione di Svezia Mosca intavolare subito conversazioni d'accordo con Legazione di Finlandia per chiarire dove mira Russia e cercare persuaderla rinunziare opposizione. Progetto di legge per esecuzione accordi con Finlandia relativo Aland sarà intanto ritirato dal Ministro dell'Interno dal Parlamento che chiuderà a giorni sessioni. Appena concluse conversazioni con Russia, Parlamento sarà poi convocato sessione straordinaria. Nessuno sa prevedere risultati conversazioni che si ritiene potranno durare a lungo perchè forse Russia tergiverserà fino a definizione suoi rapporti con Francia e Inghilterra. Nel caso che decisione non sia soddisfacente ma Russia rimanga isolata nell'opposizione, questo Governo pare si orienti verso decisione procedere ugualmente a realizzare accordo con la Finlandia per difesa Aland contando su appoggio grande maggioranza Parlamento ed opinione.

Opinione pubblica sorpresa e disorientata non ha ancora reagito in modo definibile. Per ora si manifesta soltanto irritazione di certi circoli contro politica estera del Governo che sollevando questione riarmo Aland ha condotto paese in questa delicata situazione. Essi non esitano manifestare opinione che data contrarietà di una grande Potenza interessata progetto difesa Aland debba essere abbandonato.

90

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BRUSSELLE, LOJACONO E Al MINISTRI ALL'AJA, DIANA, A OSLO, LODI Ff!:, A STOCCOLMA, SORAGNA, A COPENAGHEN, SAPUPPO, A KAUNAS, DI GIURA, A RIGA, ROGERI, A TALLINN, CICCONARDI E A HELSINKI, KOCH

T. 386 R/C. Roma, 2 giugno 1939, ore 22,20.

Per opportuna documentazione e controllo prego riassumere con rapporto posizione codesto Paese di fronte Potenze Asse e Potenze democratiche per quanto riguarda patti non aggressione e garanzia.

91

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 94. Roma, 2 giugno 1939.

Riservato. Azione Cattolica.

Il Cardinale Se~etario di Stato mi ha intrattenuto stamane sull'Azione Cattolica. Egli mi ha detto che sono sempre più numerose le lagnanze che i Vescovi €levano contro Segretari Federali molti dei quali ostacolerebbero in tutti i modi qualsiasi attività degli organizzati cattolici.

In questo momento sono specialmente presi di mira i cinematografi. Alcuni Gerarchi esigono di scegliere essi stessi i films religiosi che possono essere dati. Il Cardinale Maglione mi ha dichiarato che questo stato di cose preoccupa il Santo Padre.

Ciononostante, la Santa Sede non intende, almeno per il momento, sollevare una ftiscussione sulla questione. La riforma dell'A. C. Italiana, iniziata con la nomina della Commissione Cardinalizia, sarà portata a compimento.

Se però la situazione dovesse aggravarsi la Santa Sede si troverebbe costretta a segnalare, nelle dovute forme, gli inconvenienti riscontrati.

92

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

'f. PER CORRIERE 18. Varsa·via, 2 giugno 1939, ore 21 (per. giorno 5, ore 12).

Mio telegramma n. 137 del 27 maggio u. s. (1).

La relazione di politica estera fatta da Molotov al Consiglio Supremo dell'U.R.S.S. ha indubbiamente disorientato i circoli politici polacchi mentre ha destato complesse reazioni in questa opinione pubblica.

(l} Vedi D. 43.

A Varsavia, infatti, si era già inclini a scontare come prossima, se non imminente, la conclusione dell'accordo politico-militare anglo-franco-sovietico. E se qui si nutriva, da un canto, una certa apprensione per la possibilità che detto accordo avesse per conseguenza a Londra ed a Parigi una diminuzione del peso specifico polacco e pertanto una eventuale sottovalutazione degli interessi politici di Varsavia; dall'altro canto però si era soddisfatti che ne venisse impedito ogni riavvicinamento russo-tedesco: la Polonia così, senza per parte sua dover deflettere, almeno pel momento, dalla sua nota posizione di principio contraria a «garanzie» moscovite tanto. «unilaterali» quanto «reciproche», contava sempre di guadagnare dal patto in gestazione la sicurezza del suo confine orientale nella temuta e deprecata ipotesi di un conflitto armato colla Germania.

Le dichiarazioni fatte ieri l'altro da Molotov riportano ora nuovamente tutta la questione in alto mare. Il Presidente del Consiglio dei Commissari ha poi lasciato volutamente nel vago le reali esigenze poste dall'U.R.S.S. per eventualmente impegnarsi con le due potenze «democratiche». Desidera Mosca soltanto che l'Inghilterra e la Francia garantiscano «unilateralmente» i vicini europei dell'U.R.S.S. (Paesi Baltici, Finlandia, ecc.) -ed in fondo a Varsavia si sarebbe piuttosto favorevoli, per ovvie ragioni, alle concessioni di garanzie· del genere -oppure invece il Kremlino ha inteso porre nuovamente in tal modo la questione di una effettiva contropartita anglo-francese pel caso di un conflitto russo-giapponese in Estremo Oriente (eventuale aggressione nipponica alla Mongolia esterna ecc.)?

Altro motivo di perplessità è poi qui dato dalla esigenza russa di un « intervento automatico» delle future eventuali alleate in caso di aggressione, e ciòanche, sembra, nell'ipotesi che, ove si trattasse di Stati Baltici, l'aggredito « non facesse in tempo » a chiedere soccorso (si ricordano a tale proposito in questi circoli politici le recenti note inviate da Litvinov a Riga ed a Tallinn): divergenza quindi fondamentale col noto punto di vista sostenuto al riguardo dall'Inghilterra (« previe consultazioni conformemente al patto della S.d.N. » ed, in ogni caso, resistenza opposta dallo Stato « aggredito »).

La parte infine delle dichiarazioni di Molotov che è riuscita qui più ostica. è stata quella concernente i rapporti economici dell'U.R.S.S. colla Germania e la conseguente ripresa dei negoziati commerciali. Ne sono stati infatti riacutizzati i timori polacchi di possibili riavvicinamenti russo-tedeschi e di riaffioramenti della « politica di Rapallo »; timori che hanno ed avranno sempre notevole peso sulla politica di Varsavia nei confronti dell'U.R.S.S.

Si prende atto però dell'accenno fatto da Molotov al miglioramento dei rapporti russo-polacchi e si rileva in proposito che proprio oggi il nuovo Ambasciatore dell'U.R.S.S. ha presentato le credenziali al Presidente della Repubblica, normalizzando così la situazione di questa rappresentanza diplomatica. sovietica, rimasta da circa un anno senza titolare.

* "' "'

Nell'attuale fase di disorientamento ed in attesa anche che Londra e Parigt decidano sul seguito da dare alle esigenze sovietiche, questi ambienti gover-nativi si limitano ad osservare che l'atteggiamento di Varsavia, nei riguardi delle trattative fra Londra, Parigi e Mosca rimane immutato, in quanto la Polonia ha regolato già separatamente i suoi rapporti sia con l'Inghilterra che con la Francia ed i Sovieti (con questi ultimi il patto di non aggressione, concluso già vari anni or sono e solamente riconfermato nello scorso novembre, rimane la base della politica polacca). Si ribadisce poi che la Polonia non ha, per parte sua, riserve da avanzare nei confronti delle anzidette trattative in quanto esse non coinvolgono interessi polacchi.

I circoli nazionalisti (opposizione), -i quali, come è noto, sono tradizionalmente antitedeschi ed, in politica estera, non ostili alla Russia -non celano la propria perplessità ed inquietudine. Pur ammettendo la possibilità che l'atteggiamento del Kremlino miri soprattutto a premere su Londra per obbligarla ad impegnarsi più strettamente con l'U.R.S.S., si accenna anche all'ipotesi che Mosca conduca « un gioco diplomatico su larga scala, in cui i fini non sono ancora chiari » (ossia, secondo i casi, tali fini potrebbero anche essere una politica di neutralità o addirittura non escludere la normalizzazione dei rapporti russo-tedeschi).

Gli stessi ambienti nazionalisti, che in massima desideravano vivamente la conclusione dell'accordo anglo-franco-sovietico, cercano di persuadersi che una ripresa di una collaborazione tra la Russia ed il Reich sia impossibile, non solo per motivi ideologici, ma anche perchè il Kremlino sarebbe consapevole che il « Drang nach Osten » germanico sarebbe diretto non solo contro la Polonia ma soprattutto contro le ricchezze naturali russe: sicchè, in caso di conflitto europeo, l'U.R.S.S. avrebbe un naturale interesse alla sconfitta della Germania.

I socialisti polacchi non èelano neanche essi il proprio disappunto ed in realtà non sanno che pensare del discorso di Molotov.

Infine buona parte dell'opinione pubblica teme che il Kremlino più che

altro continui a difendere gli interessi della Comintern; ossia che desideri in

fondo rimanere estraneo ad una guerra tra gli Stati europei per poi coglierne

i possibili «frutti bolscevichi».

93

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 156. Budapest, 2 giugno 1939 (pe1". giorno 12).

Mio telegramma per corriere n. 0140 del 23 maggio e mio telegramma

n. 0146 del 30 maggio (1).

Appare sempre più, da varie conversazioni avute sia presso questo Ministero degli Affari Esteri, sia con questo Ministro di Jugoslavia, che seppure le relazioni ungaro-jugoslave continuano ad essere improntate alla maggiore cordialità, non è da constatare finora ne~sun progresso circa una forma con

(l) Vedi DJ?. 4 e 61.

73

creta da dare ad esse e ciò per l'opinione del Governo jugoslavo di non far

nulla con l'Ungheria che non sia analogamente fatto fra Ungheria e Romania,

ciò a cui il Governo ungherese non è, come è noto, disposto.

Questo mi è stato confermato da questo Vice Ministro degli Affari Esteri.

Il Governo jugoslavo porta infatti sempre innanzi come condizione un

completo parallelismo con la Romania: mi diceva il Ministro di Ungheria a

Belgrado, qui in congedo, che anche nell'ultimo incontro del Principe Paolo a

Berlino, sembrava che la Jugoslavia avesse confermato la sua intenzione di

mantenere una neutralità benevola verso l'Asse; anzi sarebbe intenzione della

Jugoslavia attraverso l'accordo con l'Ungheria giungere ad una specie di lega

dei neutri ma comprendendovi anche la Romania, ma, come noto, l'Ungheria

non sarà mai disposta a concedere alla Romania quello che concederebbe alla

Jugoslavia, data la situazione delle minoranze transilvane [vedi mio telegramma

n. 0145 del 27 maggio (1)]. Bessenysi d'altra parte mi ha confidato che Cincar Markovié aveva voluto dirgli di aver trovato a Roma molta comprensione per ì rapporti jugoslavo-romeni.

Quanto all'Albania l'opinione pubblica jugoslava aveva appreso la notizia con un certo malumore, mentre Stojadinovié criticando il Governo attuale gli avrebbe detto che la Jugoslavia avrebbe dovuto chiedere dei compensi territoriali e precisamente Scutari e il Monte Tarabose.

Circa i risultati del viaggio del Principe Paolo a Berlino, si ha solo qui notizia che il Governo jugoslavo avrebbe mostrato di non voler aderire al patto anticomintern.

94

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

APPUNTO (2). Roma, 2 giugno 1939.

l. -Nell'aprile 1938, Motta informava il R. Ministro a Berna che la Svizzera avrebbe chiesto alla S. d. N. di prendere atto di una decisione della Confederazione per il suo ritorno alla neutralità integrale e perpetua.

In risposta ad analoga richiesta, il R. Ministro a Berna veniva incaricato di comunicare a Motta che il Governo italiano non avrebbe avuto difficoltà a confermare le intenzioni ripetutamente da noi espresse di rispettare pienamente tale neutralità integrale e perpetua. Fu escluso che una dichiarazione del genere potesse tuttavia contenere accenni alla S. d. N. e alla compatibilità della neutralità svizzera con il Patto.

Il Governo italiano prendeva contemporaneamente contatto con il Governo tedesco affinchè la dichiarazione richiesta dalla Svizzera fosse fatta nello stesso tempo e nei medesimi termini dall'Italia e dal Reich.

La deliberazione di Ginevra è del 30 aprile. Il 21 giugno, veniva inviata al Ministro di Svizzera a Roma una nota, con la quale:

l) si accusava ricevuta della comunicazione riguardante la decisione svizzera di non partecipare in alcun modo all'applicazione delle disposizioni del Patto della S. d. N. relative alle sanzioni, e l'accoglimento di tale decisione cta parte del Consiglio ginevrino;

2) si prendeva nota con soddisfazione che la Svizzera si era liberata da impegni che apparivano suscettibili di compromettere la sua neutralità;

3) si dichiarava che il Governo italiano era convinto che l'incondizionato mantenimento della neutralità integrale e perpetua della Svizzera costituiva un importante fattore di pace in Europa;

4) si assicurava il Governo svizzer10 che poteva essere certo che alla volontà svizzera nei riguardi della sua neutralità avrebbe corrisposto in ogni tempo uguale volontà da parte del Governo italiano di rispettare tale neutralità;

5) si faceva richiamo in proposito alle ripetute dichiarazioni con le quali il Governo italiano aveva già espresso la sua posizione nella maniera più chiara e categorica.

Lo stesso giorno 21 giugno il Governo del Reich dirigera al Minist:vo svizzero a Berlino una nota analoga. Le due note venivano pubblicate il 24 giugno successivo.

2. -In un colloquio fra il R. Ministro a Berna e l'On. Motta (primi di aprile di quest'anno), quest'ultimo rifer'iva che Bonnet, prima di partire per Londra, aveva fatto chiamare il Ministro di Svizzera a Parigi, Stucki, e gli aveva fatto comunicare che se la Svizzera fosse attaccata, la Francia e l'Inghilterra l'avrebbero sostenuta con tutte le loro forze. Stucki, sempre secondo l'On. Motta, aveva ringraziato, aggiungendo che tale promessa di aiuto non era stata chiesta dalla Svizzera e che questa l'avrebbe considerata come res inter alios acta.

Il Ministro Tamaro aveva fatto osservare, al riguardo, all'On. Motta, che

la Svizzera, avvertita in tempo, avrebbe potuto intervenire a Londra per impe

dire la dichiarazione anglio-francese e che la risposta dello Stucki costituiva

comunque una accettazione della promessa ricevuta: egli avrebbe dovuto dichia

rare, se avesse voluto restare nelle linee rigorose della neutralità, che la Svizzera

non aveva bisogno di quella promessa perchè nessuno la minacciava e tutti

rispettano la sua neturalità; avrebbe dovuto anche rilevare che non era confa

cente alla stessa neutralità l'essere garantita e protetta da un solo gruppo di

Potenze. Non intervenendo, la Svizzera aveva pertanto accettato questa unila

terale garanzia.

A queste osservazioni di Tamaro, Motta opponeva che « non sempre chi

tace acconsente», e riaffermava vivamente la volontà del Governo elvetico

di restare neutrale.

3. -Il 18 aprile, pochi giorni dopo l'invio del noto messaggio di Roosevelt al Duce e al Fuhrer, il R. Ministro a Berna informava che il Ministro del Reich a Berna aveva ricevuto l'incarico di chiedere al Consiglio Federale:

l) se in qualche modo esso avesse sollecitato l'inclusione della Svizzera fra gli Stati elencati nel Messaggio di Roosevelt; 2) se la Svizzera si sentiva minacciata dal Reich.

Alla prima domanda il Consiglio Federale aveva risposto negativamente, r;chiamandosi alla sua neutralità; alla seconda aveva dato risposta evasiva affermando che « in ragione della situazione internazionale regna in Svizzera molta inquietudine».

Queste risposte non furono giudicate soddisfacenti.

Il 20 maggio successivo il R. Ministro a Berna segnalava che quel Ministro del Reich, in seguito a nuove istruzioni del suo Governo, si apprestava a intrattenere il Governo Federale circa le garanzie offerte alla Svizzera dalla Gran Bretagna e dalla Francia e circa la risposta ambigua data alla Germania nei riguardi della pretesa minaccia tedesca. In particolare, il rappresentante del Rcich aveva l'incarico di far presente che la Germania riteneva che la Svizzera, non rifiutando l'offertale garanzia, aveva mancato ai doveri della sua neutralità; P che il Governo tedesco lasciava a quello svizzero di trovare il modo di respingere o svalutare quella garanzia e di ripristinare lo stato di perfetta neutralità. Inoltre, il rappresentante tedesco doveva domandare spiegazioni sulle ragioni per le quali la Svizzera aveva rifiutato una risposta chiara e leale alla domanda che le era stata rivolta per sapere «se si sentisse minacciata».

Sulla questione, il R. Ambasciatore a Berlino ha fornito in data 25 maggio le seguenti indicazioni:

Il passo segnalato dal Ministro Tamaro ha avuto origine dalle asserite stipulazioni franco-'inglesi intese a considerare come casus foederis la violazione della neutralità elvetica, pro tanto garantendo la Svizzera. Sembra che la cosa abbia formato oggetto di conversazione fra Bonnet e il Ministro elvetico a Parigi, il quale ne avrebbe preso atto con soddisfazione. Prendendo occasione da ciò, la Germania si sarebbe rivolta per spiegazioni a Berna, richiamandosi nello stesso tempo alle esitazioni del Governo svizzero a proposito della questione della «minaccia»·

Nessuna risposta al passo tedesco risulta che sia stata data finora dalla Svizzera.

(l) -Vedi D. 45. (2) -Questo appunto, intitolato c Neutralità svizzera (garanzia anglo-francese) •, è stato redatto dall'Ufficio l• della Direzione Generale Affari Europa Mediterraneo.
95

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRES. 2262/556. Varsavia, 2 giugno 1939.

Rapporto di quest'Ambasciata del 26 maggio u. s. n. 2209/526 (1).

Nell'ultima parte del rapporto sopracitato rilevavo che era da aspettarsi che lo scambio di note diplomatiche in tono più o meno risentito avvenuto tra il Governo Polacco e il Senato di Danzica a seguito degli incidenti di Kalthof del 20 e 21 maggio u. s. , avrebbe dato luogo ad ulteriori passi del genere. Infatti alla nota con la quale il Senato di Danzica esigeva (a replica della protesta e delle richieste di riparazione avanzate da Varsavia) il richiamo del Vice Commissario polacco e di alcuni funzionari del Commissariato per il

(ll Vedi D. 37.

fatto che essi si erano recati armati sul luogo dell'incidente ed avevano poi favorito la fuga in territorio polacco del loro autista, colpevole di avere sparato i colpi che uccisero il danzichese Griibner, il Governo polacco ha testé risposto con un netto rifiuto.

La nota polacca rimessa dal Commissario Generale Chodacki al Senato della Città Libera riafferma:

l) la piena responsabilità delle Autorità danzichesi per gli incidenti verificatisi a Kalthof, derivante dal fatto che esse, nonostante le richieste polacche reiterate in altre occasioni, non avevano preso alcuna misura per porre fine all'azione provocatrice di noti agitatori e per garantire l'incolumità dei funzionari polacchi sul territorio di Danzica;

2) il Governo polacco non riconosce fondate le accuse mosse da parte danzichese ai funzionari del Commissariato polacco, per il fatto che essi portavano delle armi nel recarsi a Kalthof il giorno dell'incidente: tale misura precauzionale essendo giustificata dal contegno minaccioso dei dimostranti e dal rifiuto del Senato di Danzica di cooperare con i funzionari polacchi nell'inchiesta che essi vollero fare personalmente;

3) spetta soltanto al Governo polacco di giudicare dell'opportunità di revocare alcuni dei suoi funzionari: « qualunque esigenza altrui a tale riguardo non potrebbe essere tollerata».

La nota polacca peraltro non esclude la possibilità di un compromesso; essa infatti conclude col dichiarare che se il Senato di Danzica desidera realmente liquidare gli incidenti, il Commissario Generale di Polonia è pronto a discutere con esso circa le misure, che permettano di calmare l'eccitazione degli animi ed assicurino ai funzionari polacchi l'esercizio delle loro funzioni in condizioni normali.

96

IL CONSOLE GENERALE A SHANGHAI, NEYRONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 1121/149. Shanghai, 2 giugno 1939.

l) Come era facilmente prevedibile [mio telespresso n. 858/112 del 6 maggio c. a.] le conversazioni avvenute il 7 e 8 maggio c. a. fra il mio Collega giapponese Signor Miura e questi Consoli Generali d'Inghilterra e d'America, intese ad ottenere la loro adesione « di massima » ad iniziare discussioni circa un progetto giapponese di riforme nello Statuto del Settlement Internazionale ai Shanghai (Land Regulations), non dettero alcun risultato positivo. Per i miei due Colleghi inglese ed americano fu facilissimo gioco quello di rispondere al Miura che occorreva aspettare la decisione dei propri Governi (i quali erano stati interessati, sulla stessa questione, dal Governo giapponese per il tramite dei rispettivi Ambasciatori a Tokio), e che comunque una simile discussione pareva prematura, ecc. È noto che i due Governi inglese ed americano informarono successivamente il Governo di Tokio che l'attuale situazione in Cina e particolarmente in Shanghai non consigliava ancora l'esame di simili questioni.

2) Questo stato di cose non mancò di maggiormente irritare la locale stampa nipponica ed anche l'opinione pubblica di questa numerosa comunità giapponese (che conta oggi circa 40.000 anime). Fu persino stampato, in giornali nipponici, che «se le nostre Autorità non saranno capaci di far risolvere a nostro favore la questione del Settlement Internazionale, noi, Giapponesi di Shanghai, marceremo come un sol uomo attraverso il Garden Bridge (che è il principale ponte di collegamento fra la zona Nord del Settlement che è occupata dalle forze militari nipponiche e quella a Sud occupata dalle forze internazionali) e col nostro sangue ci faremo giustizia ».

Episodio molto sintomatico del malcontento nipponico, fu quello di un modesto impiegato giapponese che, recatosi nel Palazzo Municipale del Settlement, vi praticò il « karakiri » (auto-apertura del ventre) lasciando uno scritto in cui dichiarava di non poter sopravvivere all'onta rappresentata dal contegno troppo contrastante col grande valore dimostrato dalle truppe nipponiche nelle loro schiaccianti vittorie su tutti i campi di battaglia.

3) Forse premuto da questo crescente malcontento dell'opinione pubblica della comunità giapponese, od effettivamente per prospettare personalmente al proprio Govrno la vera situazione, sta il fatto che il Signor Miura fece comunicare dalle Agenzie nipponiche che egli si recava a Tokio per conferire col suo Governo circa l'azione da svolgersi per ottenere, in qualsiasi maniera, che lo Statuto del Settlement venisse modificato ed aggiornato, in modo che gli interessi nipponici in Shanghai avessero, nella direzione di esso Settlement, un posto adeguato alla entità qualitativa e quantitativa della comunità giapponese. Ed effettivamente egli partì per Tokio 1'11 c. m. e non fece ritorno a Shanghai che il 28 c. m.

4) Durante la presenza del Miura alla Capitale nipponica, i comunicati delle Agenzie giapponesi fecero frequenti accenni alle importanti conversazioni che egli aveva col Ministro degli Affari Esteri ed anche coi Ministri Militari, ond'è che si creò qui in Shanghai una atmosfera di vivissima ed anche ansiosa aspettazione per «quello che sarebbe accaduto» al ritorno del Miura.

5) All'indomani del suo arrivo a Shanghai, e cioè il 29 c. m., il Collega giapponese venne cortesemente a trovarmi, allo scopo, così egli mi disse, di ringraziarmi per l'assistenza da me prestata, sia come Console d'Italia che come Decano del Corpo Consolare, al Reggente del Consolato giapponese durante la sua assenza.

Nel corso dell'amichevole conversazione che si svolse fra noi, gli chiesi quale programma egli intendeva ora svolgere per risolvere la vexata questio delle riforme allo Statuto del Settlement. Egli mi rispose all'incirca quello che era stato divulgato nei comunicati giapponesi in occasione del suo ritorno a Shanghai, e cioè che egli intendeva intavolare nuove conversazioni coi Colleghi inglese ed americano (ed anche il Collega francese per ottenere altre riforme nella Concessione francese).

Gli ho fatto notare che, da molti sintomi, appariva evidente che il gruppo anglo-franco-americano si era, in questo ultimo mese, notevolmente irrigidito nella attitudine di intransigenza che già aveva assunta in passato, e che francamente non vedevo alcuna probabilità di successo in queste sue nuove conversazioni. A sostegno della mia opinione ho citata l'energica presa di posizione anglofranco-americana a Kulangsu (Amoy), e particolarmente la grande irritazione prodotta negli ambienti anglo-francesi per la recente visita praticata in alto

mare da ufficiali della Marina imperiale nipponica ai due transatlantici « Ram

pura » (inglese) ed « Aramis » (francese), fatti questi che contribuivano ad ac

centuare l'avversione a qualsiasi acquiescenza a richieste nipponiche. E perciò

gli ho chiesto quale linea di azione avrebbero adottata queste autorità nipponiche

nel caso in cui le sue prossime conversazioni non avessero dato alcun pratico

risultato.

Miura mi rispose che certamente un netto rifiuto da parte dei Colleghi

anglo-franco-americani a discutere le sue proposte avrebbe determinata una

grave situazione in Shanghai, ed avendogli io fatto osservare che, con ogni pro

babilità, anzichè un netto rifiuto i Colleghi sopraddetti avrebbero opposte corte

sissime risposte anodine ed argomenti dilatorii, il Miura mi disse testualmente:

anche a Tokio si pensa che la soluzione integrale del problema del Settlement e

delle Concessioni in Cina non potrà realizzarsi che in due casi: o quando sarà

costituito in Cina un forte Governo centrale al quale spetterà il compito di far

sparire (coll'appoggio giapponese ed anticomintern) i cosiddetti trattati ineguali

(dei quali il Settlement e le Concessioni non sono che dei corollarii), o quando

scoppierà l'attesa guerra generale.

Gli ho risposto che la costituzione del Governo centrale cinese pare, pur

troppo, ancora molto lontana, facendogli rilevare che le lunghissime trattative

col Generale Wu-Pei-Fu non avevano dato alcun risultato; che circa l'azione

che dovrà svolgere Wang-Chin-Wei pare che si sia tuttora allo stato embrionale

e programmatico; che si continua a non vedere alcun sintomo di cordiale colla

borazione fra il Governo provvisorio di Pechino e quello riformato di Nanchino;

che è noto a tutti che quest'ultimo è un Governo assolutamente privo di qual

siasi organizzazione e di forza, analogamente al Governo cinese della Grande

Shanghai il quale, esso pure, offre quotidiane prove di abulia ed impotenza, e

che in conclusione la verità nota a tutti è che da circa otto lunghi, e preziosis

simi, mesi tutta la questione dell'organizzazione della «Nuova Cina» segna il

passo senza fare nessunissimo progresso. E, per quanto riguarda la guerra mon

diale, c'è qui chi pensa che essa, eventualmente, scoppierà forse nel Pacifico.

Dalla conversazione avuta col Miura appare chiaro che la politica dell'attuale Governo giapponese si mantiene quella di evitare scrupolosamente qualsiasi complicazione colle Potenze democratiche e specialmente coll'America, politica questa che, se continuata, finirà molto probabilmente per obbligare il Giappone ad amarissime rinuncie nel suo primitivo progetto di creazione della « Nuova Cina».

Quando accennai ai predetti incidenti del « fermo » dei piroscafi « Rampura » (inglese) ed « Aramis » (francese), il Miura mi ha detto che detti incidenti furono dovuti unicamente ad una folle (sic) azione personale di un giovane ammiraglio, azione che sarebbe stata sconfessata (come infatti fu) dal Governo centrale.

6) In conclusione, il tanto atteso ritorno a Shanghai del Console generale giapponese, che si sperava avrebbe portato seco istruzioni decisive del Governo di Tokio almeno per quanto riguarda il Settlement Internazionale, ha costituito, negli ambienti dei cinesi nippofili, ed in quelli giapponesi, ed insomma in tutti coloro che hanno adottata, nel presente conflitto, un'attitudine decisamente nippofila, una sensibile disillusione.

Si rileva che, da parecchi mesi, tanto la situazione militare che quella p~litica ed economica del Giappone in Cina rimangono praticamente invariate, anzi quella economica accenna a peggiorare sensiblmente. Il fatto che sul mercato di Shanghai il yen è attualmente svalutato rispetto al dollaro locale (l yen eguaglia 95 centesimi di dollaro) mette i Giapponesi in istato di vera esasperazione.

Il fattore «tempo », nelle attuali circostanze, deve essere, per il Giappone, considerato al suo massimo valore, giacchè ogni giorno perduto nella realizzazione della creazione della «Nuova Cina» costa al Giappone carissimo prezzo in prestigio ed in sacrifici di sangue e di danaro, mentrechè, per il Governo di Chung-king, che non ha praticamente nulla da perdere, il prolungarsi dell'attuale stato di cose è vantaggiosissimo sotto tutti i punti di vista.

Alla scarsa armonia di vedute (anzi alle soventi contrastanti vedute) fra gli esponenti dell'Esercito, della Marina, della Politica e della Finanza giapponese si attribuisce la causa principale dell'attuale stasi dell'azione giapponese in Cina, azione che attualmente appare, in ogni settore, fiacca, indecisa e dominata da un certo nervosismo, e v'è chi ritiene in questi ambienti che essa perdurerà tale fino a che il Giappone non sarà sottoposto ad una completa dittatura militare. Il che parrebbe essere la più sicura via di usc'ita dall'attuale situazione, che, occorre riconoscerlo, è non poco sconcertante tanto per i Giapponesi che per tutti i loro amici ed ammiratori.

97

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2717/1161. Sofia, 2 giugno 1939.

Mio telespresso del 29 maggio ultimo n. 2611/1121 (1).

L'intervista accordata dal Presidente del Consiglio bulgaro a Jeròme Tha

raud nel Paris-Soir del 31 ultimo, che ad ogni buon fine allego (2), ha avuto

qui la stessa sorte di quella accordata dal Presidente della Sobranie a Louis

Roubaud. L'edizione è stata sequestrata, e vi sarebbe logicamente da chiedersi

a quale scopo gli uomini politici bulgari acconsentano a dare interviste per poi

sopprimerle, se anche questo procedimento non rientrasse nei metodi politici,

qui seguiti, di dire ad ognuno ciò che esso ama sentirsi dire, salvo ad eludere

la responsabilità di quanto dichiarato, specie poi nei riguardi dell'opinione in

terna, più opportunamente tenuta all'oscuro.

Della intervista in argomento non ho avuto occasione ancora di parlare

col Presidente del Consiglio. Dubito appena però che essa mi verrà smentita

da capo a fondo, come d'altronde lo stesso Kiosseivanov mi ha dimostrato di non

credere alla fedeltà dell'intervista pubblicata dal Roubaud, anche se manife

stando, con più o meno sincerità, un certo scontento per ciò che egli definiva

«mania reclamistica di marca parlamentare » del Presidente della Camera.

Circa le dichiarazioni fatte al Tharaud, non ho che da rilevarne l'intonazione generale, intesa troppo evidentemente a lasciar pensare all'intervistante che la Bulgaria avrebbe potuto, o potrebbe ancora?, partecipare ad un sistema balcanico qualora vi fossero da parte dei suoi vicini, anzi più particolarmente della Romania, una concreta volontà di dare soddisfazione alle aspirazioni nazionali bulgare, segnatamente quelle verso la Dobrugia. Anche l'esistenza di trattative a suo tempo intercorse, come segnalai nei confronti della Romania per la questione Dobrugiana, vengono riconfermate da Kiosseivanov, nonostante le smentite romene in proposito.

È altresì interessante di rilevare, che secondo il Tharaud Kiosseivanov gli avrebbe dichiarato che, con l'accordo bulgaro-jugoslavo, la Bulgaria avrebbe inteso di «rinunciare solennemente a quella parte della Macedonia che costituisce la Serbia meridionale». Ora a parte che l'anzidetto accordo può fino a un certo punto presumere, ma nulla esplicitamente contiene circa la tacitazione della questione macedone, occorre osservare che qui si è sempre tenuto a far valere che la questione stessa, dopo l'accordo con Belgrado, è stata sì tacitamente messa in quiescenza, ma non già effettivamente liquidata.

Rilevo tale contraddizione perchè anche ultimamente il Presidente del Consiglio tenne a farmi in questo senso un accenno forse più diretto che non per il passato, in contrasto del resto con lo stesso silenzio sotto cui egli aveva passato la questione macedone nelle sue dichiarazioni del 20 aprile scorso alla Commissione parlamentare degli Affari Esteri, si che mi parve ravvisare in qualche modo nelle sue parole un riflesso di quegli alquanto interessati incitamenti, che già segnalai a V. E., ad una ripresa della questione stessa da parte della Bulgaria.

Segnalo infine l'allegato editoriale dell'odierno Dnes (1), organo ufficioso di questo Ministero degli Affari Esteri, che, uscendo dal consueto riserbo, mi pare particolarmente significativo, potendo costituire una messa a punto del pensiero delle sfere governative in vista delle illazioni che dalle accennate interviste i circoli esteri ed interni avrebbero potuto trarre.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicata.
98

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 347. Berlino, 3 giugno 1939, ore 9,55 (per. ore 11,30).

Telegramma di V. E. 190 del 31 maggio (2). S. E. Cavallero è arrivato qui in piene feste per il Principe Paolo.

Sono tuttavia riuscito a attenergli di essere ricevuto da Ribbentrop stamani alle 10,30 si da permettergli di consegnare subito la nota lettera del Duce al Fiihrer.

6 · Documenti diplomatici • Serie VIII . Vol. XII

Questi frattanto ha preso cognizione del telegramma di von Mackensen relativo al colloquio ultimo avuto dall'E. V. con lui e incontratomi ieri sera a teatro, mi ha detto egli stesso che è pienamente d'accordo nel ritenere che occorre ormai arrivare con Jugoslavia ad una sistemazione più chiara. Egli si propone di avere a questo scopo una conversazione intima con Principe Paolo, ma ciò sarà possibile soltanto dopo finito il periodo ufficiale delle feste, e cioè il 5.

Frattanto Ribbentrop, in una conversazione esplorativa da lui avuta, ha fatto presente a Marcovié essere, allo stato delle cose, indispensabile che Jugoslavia addivenga ad almeno una di queste tre decisioni: l) adesione all'anti-Comintern; 2) uscita dalla Società delle Nazioni; 3) pubblica dichiarazione di netta adesione alla politica dell'Àsse.

Marcovié continua a rifiutarsi per la prima; ammette di poter addivenire alla

seconda soltanto in prosieguo di tempo; sembra esitante anche per la terza.

Sarà ora il Fiihrer che si incaricherà, con il Principe Paolo, di stringere.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 65.
99

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 349. Berlino, 3 giugno 1939, ore 13,52 (per. ore 15,30).

Ho accompagnato stamane Senatore Cavallero da Ribbentrop che ci rivedrà ancora domani e disporrà ulteriori contatti tecnici opportuni. Cavallero ha naturalmente provveduto consegna noto documento. Egli stesso riferirà per corriere più ampiamente.

100

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 79. Sofia, 3 giugno 1939 (per. giorno 6).

Mio telegramma 112 del 31 maggio scorso (1). Presidente del Consiglio è tornato oggi con me sull'argomento del telegramma surriferito. Egli ha visto nel frattempo due volte il Re.

Lo ho trovato più incerto delle volte precedenti. Mi ha ripetuto tesi che Bulgaria per potersi unire Asse ha bisogno maggiore sicurezza et che comunque non potrebbe sostenere ad un tempo ostilità turco-greca da una parte, Romania dall'altra con cui rapporti dopo noti incidenti regione dobrugiana tendono peggiorare. Insiste perchè pressione definitiva sia esercitata Bucarest a fine questa si risolva:

(ll Vedi D. 78.

l) o per partecipazione sistema ispirato Asse nel quale caso egli ritiene non sarebbe difficile pressione Roma-Berlino su di essa per sacrificio Dobrugia meridionale, condizione adesione bulgara sistema stesso.

2) o per piani balcanici anglo-franco-turchi; nel qual caso Jugoslavia sarebbe costretta distaccarsene consumando liquidazione Intesa Balcanica, accedendo pienamente sistema Asse, et creando condizioni sicurezza che permetterebbero adesione bulgara sistema stesso, in vista realizzazione delle aspirazioni.

Ma presidente del Consiglio teme che nè Jugoslavia si decida staccarsi da Romania, nè questa fino giorno di un conflitto rinunci sua politica duplice malfida che secondo lui finirà risolversi ultimo momento a favore anglo-francoturchi.

Kiosseivanov mi ha detto che pertanto egli desidera attendere risultati visita Principe Paolo Berlino et visita Gafencu Ankara, che dovrebbero chiarire situazione.

Gli ho risposto che anche rendendomi conto situazioni descrittemi mi pareva nondimeno indispensabile che Bulgaria cominciasse se non altro preparare premesse sua politica più attiva, attuali atteggiamenti negativi preludendo a mio modo di vedere a una situazione di soffocamento per questo Paese. Che dovendomi recare Roma seconda metà del mese, speravo mi mettesse in grado di essere più preciso con V. E. circa concreti intendimenti bulgari.

Dichiarandosi concorde mi ha dato affidamento, anzi mostrava essere colpito da argomento che V. E. avrebbe enunciato codesto Ministro di Bulgaria, come da ultimo rapporto di questi, che se anche est pensabile attitudine neutrale Jugoslavia, Potenza soddisfatta dalla guerra, attitudine stessa non sarebbe pensabile per Bulgaria mutilata che reclama soddisfazioni sue aspirazioni nazionali.

Presidente Consiglio mi ha fatto nondimeno ancora una volta capire che padrone politica estera bulgara non è lui, ma il Re che questi ultimi tempi in condizioni poco brillanti salute si tiene il più possibile lontano da Sofia in sua tenuta presso Filippopoli.

Anche circa sua eventuale andata Berlino, Kiosseivanov si è mantenuto molto vago. D'altra parte questa Legazione di Germania sembra manifestare qui ben poca premura; se pure dimostra nell'ordine politico una sicurezza sulle finali risoluzioni della Bulgaria, che per essere forse basata eccessivamente sulla preminenza della sua posizione economica in questo Paese non vorrei dovesse riserbarle una ingrata sorpresa come già è avvenuto altrove.

101

IL MINISTRO AD HELSINKI, KOCH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 10. Helsinki, 3 giugno 1939 (per. giorno 7).

Risposta sovietica ad Inghilterra per una garanzia a Finlandia oltre che ad Estonia e Lettonia non trova consenso di questo Governo che rimane contrario a qualsiasi forma di garanzia e che diffida in particolar modo di offerte moscovite.

Questo Ministro degli Affari Esteri mi ha confermato oggi questo punto

di vista del suo Governo dichiarandomi che trattative anglo-sovietiche si svol·

gono completamente al di fuori del Governo finlandese; confida che Governo

inglese conformemente ad affidamenti datigli da questo Ministro britannico non

accederà a tali proposte.

Ha aggiunto deplorare che Unione Sovietica sia stata messa al primo piano

della politica europea perchè essa non potrà essere che causa di mali in Europa;

si è detto dolente che politica seguita dal Reich in Cecoslovacchia abbia allon

tanato Inghilterra da Germania poichè solo su un accordo fra Londra e Berlino

egli ritiene può basarsi politica di pace e definitivo equilibrio in Europa.

Attribuisce tale situazione ad incomprensione da parte di Inghilterra del pericolo bolscevico e a propaganda filo-russa fatta in Francia da numerosi agenti al soldo di Mosca fra cui mi ha fatto nome della nota Madame Tabouis.

102

IL GENERALE UGO CAVALLERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. P. Berlino, 3 giugno 1939.

Ho potuto vedere von Ribbentrop stamane, sabato, 3 giugno, secondo giorno

della mia presenza qui, essendo stata la giornata di ieri tutta presa dal ricevi

mento del Reggente di Jugoslavia.

L'incontro, predisposto dal nostro Ambasciatore, ha avuto luogo alle ore 10,30

nell'abitazione privata del Ministro a Dahlem, presente S. E. Attolico.

Ho porto a v. R. (l) il saluto di V. E. e gli ho consegnato le due lettere, di cui la prima è stata subito letta. Quella indirizzata al Fiihrer viene tradotta immediatamente per essere presentata al Destinatario.

Accoglienza molto cordiale. Tenuto conto degli orientamenti datimi in precedenza da S. E. Attolico, questi ed io abbiamo avuto l'impressione che la soluzione adottata da parte italiana collimi con le vedute generali di v. R. anche se la soluzione tedesca dovrà presentare qualche variante rispetto alla nostra.

V. R. sente la necessità di valersi di due Vice Presidenti ed ha intanto accennato a Weizsacker per la parte militare. Egli mi metterà subito in contatto con quest'ultimo, in un secondo colloquio che l'Ambasciatore ed io avremo con lui nel pomeriggio di domani domenica. Weizsacker mi metterà poscia in rapporto col Generale Keitel.

Per la parte economica è stato fatto il nome di Ritter, ma su questo punto

v. -R. ha accennato ad intese che devono ancora aver luogo (leggere Goring), tanto più che Ritter non è ancora a Berlino. V. -R. ha poi aggiunto che si tratta per ora di scambi di vedute generali, perchè pel momento da parte tedesca modalità applicative non sono state ancora precisate. Naturalmente, ci siamo trovati d'accordo su questo punto.

Egli ha poi parlato del tema della propaganda e su questo riferirà S. E. Attolico.

La conversazione, durata una mezz'ora circa, si è chiusa con il gradito incarico datomi da v. R. di far pervenire all'E. V. i suoi saluti e l'espressione della sua più viva cordialità.

(l) La sigla v. R. indica il Ministro degli Esteri von Ribbentrop.

103

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A COPENAGHEN, LA TERZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 954/424. Copenaghen, 3 giugno 1939.

Mio telegramma per corriere n. 088 (1).

Ieri il patto di non aggressione dano-tedesco è stato, come già segnalato, presentato al Landsting, che l'ha approvato all'unanimità. E così le due Camere del Parlamento danese hanno ratificato l'operato del Governo.

Le conclusioni che si possono desumere dalla stipulazione di tale patto sono le seguenti:

l) Nonostante il Governo danese, sia a mezzo del Presidente del Consiglio che del Ministro degli Esteri, e sia a mezzo della stampa si sia sforzato di convincere la pubblica opinione che con la firma dell'accordo in parola la collaborazione internordica resta immutata -come lo è stato per la Finlandia anche dopo la conclusione di un patto analogo con l'U.R.S.S. -, è fuori dubbio che la Danimarca ha assunto verso la Germania speciali obblighi che possono in avvenire impedirle di unirsi ad un determinato atteggiamento politico che potrà essere preso dagli altri Stati del Nord. Dato poi che la Danimarca ha particolari motivi di non «irritare » il suo potente vicino (questione Slesvig, minoranze tedesche in Jutlandia, quasi il 22 % del suo commercio di esportazione verso il Reich, ecc.), aumentano le ragioni per cui il suo distacco dal Nord si farà sempre più palese. Forse fra non molto la frase che vanno dicendo ora in Norvegia: «il Nord finisce al Sund », sarà una realtà.

2) Benchè l'accordo firmato sia un normale patto di non aggressione, pur non di meno con l'inclusione dell'obbligo di non «fornire assistenza» alle Potenze eventualmente in guerra con la Germania -e senza che sia specificato se si debba trattare di aggressione o no ai danni del Reich -ne deriva che nel caso in cui il predetto conflitto venisse portato davanti la S. d. N., ben difficilmente la Danimarca potrebbe prendere parte alle decisioni ginevrine. Infatti la S. d. N. potrebbe formulare voti, emettere decisioni concernenti aiuti in favore delle Potenze in guerra colla Germania, ecc., cose queste, rappresentanti quell'« assistenza » vietata espressamente dal patto firmato.

Come acutamente hanno detto, i deputati Jens Moller e Fritz Clausen al

Folketing nella seduta del 31 maggio u. s. (vedi mio citato telegramma), il Go

verno danese dovrebbe fin da ora esaminare la convenienza di abbandonare la

Lega di Ginevra, per non trovarsi forse un giorno in contraddizione con gli

impegni assunti.

3) Benchè sia un po' prematuro fare delle previsioni, è indubbio che la Danimarca -nolente o volente -tenderà da ora in poi ad avvicinarsi alle Potenze dell'Asse. Paese geograficamente facente parte più dell'Europa continentale che del Nord, commercialmente legato alla Germania, e avente soltanto col Reich importanti interessi politici da regolare, la Danimarca finirà per comprendere come l'unica via da seguire sia quella di affiancarsi alla Germania e quindi all'Asse. Del resto la Danimarca a mezzo del suo Ministro Esteri Munch da anni segue una linea politica in cui si vede il quotidiano sforz10 di controbilanciare le ideologie democratiche di cui è imbevuto il Paese e che lo spingono verso Londra-Parigi con la realtà che lo spinge a stringersi al Reich.

Ricordo come fu proprio Munch il quale, allorchè a Ginevra si venne alla votazione per accertare la violazione fatta dalla Germania alle clausole del disarmo, con l'astenzione del suo voto impedì il raggiungimento dell'unanimità!

(l) Non pubblicato.

104

IL MINISTRO A STOCCOLMA, SORAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 444/162. Stoccolma, 3 giugno 1939.

Telegramma di V. E. n. 386/C del 2 corrente (1).

La richiesta di V. E. mi perviene nel momento in cui questo Governo e questo Paese, dopo aver preso posizione di fronte alla precedente offerta tedesca di un patto di non aggressione, stanno cercando di definire la propria attitudine di fronte alla nuova mossa russa. Mi propongo quindi di dare oggi semplicemente una breve risposta preliminare, approfittando dell'opportunità che mi si presenta di spedirla subito a Roma via Berlino per tramite sicuro. Le ulteriori precisioni, mi riserbo di inviarle appena si vedrà più chiaramente come si risolve la questione colla Russia relativa alle Aland, di cui al mio telegramma

n. 15 di 'ieri (2), e che costituisce un particolare del giuoco politico che sta svolgendosi nel Baltico.

Come risaputo, per ragioni delle regnanti tendenze liberali, democratiche e socialiste, Governo e popolo svedese sono contrari ai regimi dell'Asse. Inoltre, il dinamismo dei totalitari e le teorie razziste sembravano dover minacciare presto o tardi i piccoli Stati mentre nessun pericolo loro può venire dalle democrazie ricche, soddisfatte e pacifiche di tipo francese ed inglese. Alla base di ogni ostilità contro la Germania son dunque da cercare anche ragioni, sensazioni, tendenze, relative alla stessa vita della nazione.

Tuttavia, e sempre in base all'imperativo categorico degli interessi vitali della nazione, la Svezia, fra i due bllocchi che si sono venuti ora formando in Europa, ha prescelto la via della neutralità assoluta, intesa nel senso classico della parola; ed ha rinunciato a qualsiasi appoggio, a qualsiasi preferenza, a

(ll Vedi D. 90. (2l Vedi D. 89.

qualsiasi compromissione col blocco democratico, che pure raccoglieva le sue maggiori simpatie.

L'offerta di un trattato di non aggressione, recentemente venutale dalla Germania, è stata quindi declinata, non in base ad una qualsiasi ragione ideologica o politica che indichi sbilancio verso la parte avversa: ma semplicemente per conservare immutata la bilancia, anche nei riguardi dell'altra parte, e col fermo proposito di evitare qualsiasi patto, qualsiasi trattato, qualsiasi garanzia, da qualsiasi banda le venga offerto.

È notevole che le trattative colla Germania si conchiusero con un reciproco rico"noscimento che un patto di non aggressione fra i due Stati non era opportuno, e che tale conclusione ha segnato un progresso assoluto nella cordialità svedese verso la Germania. Da qualche tempo in qua la Svezia ha la netta sensazione che la Germania non minaccerà in nessun caso, per la prima, la neutralità svedese.

Il ravvicinamento del blocco democratico, franco-inglese, colla Russia, è stato poi seguito, nelle sue fasi, con antipatia iniziale, e con sempre crescente diffidenza. La Russia, non dimentichiamolo, è il nemico ereditario della Svezia; il colosso moscovita è temuto come una permanente minaccia; ed il regime russo è assolutamente odioso alla grandissima maggioranza del paese, gran parte dei socialisti compresa. Non son sfuggiti, anzi sono stati largamente rilevati dalla stampa, i segni palesi della debolezza e della progressiva capitolazione britannica di fronte a Mosca: il prestigio inglese ne ha molto perduto.

Oggi, di fronte alle pretese russe che si sono rivelate nel modo più chiaro col discorso di Molotov, e di fronte specialmente alla nuova teoria della « garanzia», obbligatoria anche contro il volere del garantito, la pubblica opinione, stupita e sconcertata, sta appena cominciando a prendere posizione. Il sentimento profondo, sia del Governo che della massa, è chiaro ed indubbio: la teoria russa è una minaccia all'indipendenza ed alla neutralità degli Stati interessati, è una pretesa inaccettabile. L'espressione è però ancora moderata: la prudenza, ancor più che le direttive del Governo, frena le lingue e le penne. Come e quando essa potrà avere la sua piena esplicazione e fino dove giungerà, dipende in gran parte dalle conversazioni che si stanno ora svolgendo a Mosca a proposito delle isole Aland e dagli avvenimenti politici dei prossimi giorni, specie dall'andamento finale delle trattative anglo-russe.

Fin d'ora possiamo osservare però un marcato risalire delle azioni della Germania e, quindi, dell'Asse. La Svezia si trova in una condizione per lei strana; cioè di dover temere pericoli contro la propria neutralità dal blocco «democratico» piuttosto che dal blocco delle «potenze d'aggressione». Dalla Germania essa sa infatti che, in caso di guerra, non le sarà richiesto più di quanto non sia stato richiesto alla Danimarca nel recente patto di non aggressione: la continuazione del commercio normale con tutti. Dall'Inghilterra essa teme invece l'inclusione in un eventuale blocco contro la Germania, l'imposizione di collaborare alla guerra di accerchiamento sospendendo le forniture di minerale alle potenze dell'Asse. Dalla Russia, essa teme -e più che mai ora -un intervento armato, per mare e per aria, onde realizzare, ai danni tedeschi, tale sospensione sia dalla parte di Narvik che da quella del Golfo di Botnia.

Questi timori si fanno di pm m più attuali, man mano che, invece, meno pericolosi sembrano dover essere per il Nord i fini. ed i metodi di guerra eventuali dell'Asse.

Si può dire dunque, riassumendo, che la Svezia si è perfettamente accordata colla Germania (e quindi coll'Asse) per quanto concerne l'espressione reciproca contrattuale della propria indipendenza e della propria neutralità; mentre è decisamente avversa alla concezione russa della garanzia.

105

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, A TUTTE LE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE ALL' ESTERO E AI CONSOLATI GENERALI DI DANZICA E DI TANGERI

Roma, 4 giugno 1939, ore 12.

T. CIRCOLARE 387 R.

Oggi 3 giugno è stato firmato a Roma un accordo italo-albanese in forza del quale la gestione di tutte le relazioni internazionali dell'Italia e dell'Albania è unificata ed è accentrata a questo Ministero.

Le rappresentanze diplomatiche albanesi vengono così a cessare ogni loro attività. Gli uffici consolari passan~ alle dipendenze delle RR. Rappresentanze italiane.

Istruzioni in tal senso vengono, come ultimo suo atto, contemporaneamente impartite dal Ministero degli Affari Esteri albanese. Fregasi comunicare quanto precede a tutti Uffici consolari dipendenti (1).

106

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO PER IL MINISTRO 363. Tokio, 4 giugno 1939, ore 12,55, (per. ore 10,50).

Militari si mostrano assai soddisfatti perchè dicono esser riusciti a far prevedere (2) in gran parte loro idea di fronte Marina. Sono ansiosi nostra risposta.

107

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATISSIMO 2085/871. Mosca, 4 giugno 1939.

Confermo e completo il mio telegramma odierno n. 66 (3).

...

Questo Addetto Commerciale tedesco, signor Hilger, è andato a vedere Mikoian, Commissario per il Commercio Estero, e gli ha sottoposto la proposta di Berlino di riaprire i negoziati per la conclusione di un accordo commerciale.

Quando Hilger si è riferito alle precedenti trattative come se esse fossero state semplicemente « interrotte », Mikoian ha osservato subito che si era trattato piuttosto di una «rottura», ed ha giustificato la propria distinzione col fatto che la mancata venuta di Schnurre a Mosca lo scorso gennaio era stata dovuta ad una decisione unilaterale del Governo germanico la quale aveva in pratica messo fine ai negoziati.

Hilger spiegò a sua volta che quattro mesi fa esistevano ragioni tecniche che non permettevano al Governo tedesco di accettare le condizioni sovietiche e che unicamente per questo Berlino aveva allora deciso di soprassedere. Oggi la Germania vede invece la possibilità di soddisfare certe richieste alle quali in un primo tempo non si era sentita in grado di aderire e giudica quindi sia giunto il momento di riprendere le conversazioni.

A questo punto Mikoian chiese all'Addetto Commerciale se egli fosse in grado di « garantire » che le nuove trattative sarebbero giunte ad una conclusione positiva.

Hilger rispose che naturalmente non aveva la facoltà di dargli una garanzia del genere. Poteva però confermargli che da parte tedesca non esistevano più gli ostacoli del gennaio scorso (difficoltà di consegna di certi articoli entro determinati termini di tempo) e che pertanto si poteva ragionevolmente contare su un risultato favorevole.

Fu allora che Mikoian accennò egli pure (come Molotov aveva fatto con von Schulenburg) alle «necessarie premesse politiche».

Hilger gli fece rilevare che, nella sua qualità di Addetto Commerciale, egli non poteva entrare in questo campo, perchè non di sua competenza. Gli sembrava però che le relazioni fra i due Paesi fossero già abbastanza normali ed amichevoli da permettere senz'altro degli utili tentativi per migliorare gli scambi commerciali, mentre egli personalmente non riusciva a vedere in che cosa potevano consistere le premesse politiche di cui parlava il Governo sovietico.

Mikoian avrebbe ascoltato queste considerazioni con molta attenzione ed il colloquio venne chiuso dalla sua promessa di prendere in attento esame quanto gli aveva esposto il signor Hilger.

I risultati di questa presa di contatto con Mikoian sono stati giudicati dall'Ambasciata di Germania come piuttosto favorevoli, in quanto Mikoian non ha opposto un rifiuto alla proposta di riprendere le conversazioni per l'accordo commerciale, e la porta sembra quindi rimanere aperta per ulteriori discussioni.

Per conto mio trovo significativa la domanda di Mikoian di venir garantito circa i risultati positivi di eventuali nuovi negoziati. Mi pare ovvio che con ciò egli non può avere potuto pretendere un impegno preventivo da parte tedesca di accettare qualsiasi condizione sovietica. È quindi verosimile che egli abbia semplicemente cercato di assicurarsi che l'iniziativa tedesca di riaprire negoziati non era una semplice manovra politica, ma che effettivamente Berlino desiderava ed intendeva giungere ad un accordo commerciale.

Prendo quest'occasione per rettificare un errore in cui sono incorso nel mio telegramma n. 64 (l) e nel mio telespresso n. 2033/859 del 31 maggio

u. s. (2). In entrambe queste comunicazioni ho parlato di un colloquio fra von Ribbentrop e l'Incaricato d'Affari sovietico a Berlino, mentre in realtà la persona con la quale il signor Astakhov si è intrattenuto è stato il signor Weizsacker.

(l) -Il telegramma non è stato inviato alla Legazione in Panama. (2) -Cosi nel testo. Probabilmente c prevalere •, gruppo che, peraltro, crittograficamente non si avvicina. (3) -Non pubblicato.
108

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 1009/547. Ankara, 4 giugno 1939.

Le trattative tra la Turchia e la Francia non procedono con quella celerità che qui sarebbe vivamente desiderata e ciò produce un certo nervosismo che affiora nelle conversazioni di uomini politici ed in qualche, sia pure sporadica ma vivace, battuta polemica di stampa. Qui si sarebbe voluto annunziare il raggiunto accordo con la Francia in occasione dell'apertura dei lavori del 5° Congresso del Partito Repubblicano del Popolo (29 maggio scorso), mentre il Presidente Inonli ha dovuto limitarsi in quella circostanza a dichiarare che un accordo «di massima » era intervenuto. Effettivamente continuano le discussioni su questioni di dettaglio come quella della sitemazione della linea ferroviaria che attraverso Aleppo e Damasco congiunge l'Anatolia alla Palestina, e l'altra della garanzia della nuova frontiera di Siria che implica rinuncia da parte turca ad ogni velleità di rivendicazione su Aleppo, e l'altra della sistemazione di minoranze armene e curde con relativi scambi di villaggi e popolazioni.

Ma l'accordo si farà, perchè l'Inghilterra lo vuole. E la Francia ingoierà l'amaro boccone della cess'ione dell'Hatay contentandosi, a guisa di compenso, di rafforzare l'attuale regime di mandato in Siria e di magnificare una garanzia turca, che elimina (per ora, ma la Francia dirà per sempre) ogni ulteriore pretesa turca sulla regione di Aleppo.

L'accordo anglo-turco, come tutte le cose nuove è accettato e commentato con un senso di euforia, a carattere meramente ufficiale. Mi è stato autorevolmente assicurato che, oltre alla concessione di prestiti ed alla cessione dell'Hatay, la Turchia otterrebbe anche, come contropartita dell'abbandono della neutralità, una partecipazione ai petroli di Mossul. Ma non è tutt'oro quello che luce, e già si nota qualche preoccupazione per gli effetti dell'attuale politica estera turca e si parla di malcontento diffuso specie negli ambienti militari ed affaristici. D'altra parte, il timore della disgregazione del patto balcanico del 1934 è sempre vivo e l'atteggiamento della Jugoslavia viene seguito con vera apprensione seppure si cerchi di far intendere al grosso pubblico che la Jugoslavia, data la sua posizione geografica, è oggi « costretta » ad aderire all'Asse contro la sua volontà e con tacite riserve che non mancheranno di dichiararsi il giorno in cui una necessaria solidarietà balcanica lo esigerà.

Fra Turchia e Russia non pare vi siano nuovi patti oltre quelli già noti, ma è sicuro che la recente visita di Potemkin ad Ankara è servita ad aggiornare i rapporti fra i due Stati, permettendo alla Turchia di darsi in braccio all'Inghilterra senza nutrire preoccupazioni di sorta nei riguardi della sua frontiera orientale completamente sguarnita ed indifesa di fronte all'U.R.R.S. ed anzi di concentrare in Tracia e sulle coste mediterranee dell'Anatolia tutte le forze attualmente disponibili, distogliendo reparti dall'Anatolia centrale e orientale.

Sul malcontento manifestatosi, a quanto pare, in alcuni ambienti militari ed affaristici intende Von Papen imperniare la sua futura azione. Von Papen è tornato ieri da Berlino. Egli mi ha detto che per intanto il Governo del Reich non ratificherà n prestito di 150 miLioni di marchi concesso alla Turchia, e sospenderà nella misura del possibile l'esecuzione dei contratti di forniture militari in corso e l'acquisto di merci turche. Cautamente, tuttavia, per evitare di incorrere nelle grosse penalità previste dai contratti già stipulati. Egli si promette di far leva sugli ufficiali tedeschi che a titolo di tecnici o di istruttori si trovano tuttora presso le scuole di Stato Maggiore dell'Esercito e della Marina turche. Questi ufficiali, a detta di Von Papen, non riescono a comprendere come mai la Turchia si sia decisa a passare dall'altra parte della barricata mentre tutto l'esercito, sul quale fa tanto assegnamento, è impregnato di teoria tedesca ed in gran parte potenziato da armamenti tedeschi.

Von Papen si varrà dei mezzi a sua disposizione (e sono considerev>oli se si pensi che, oltre alla indubbia influenza finora esercitata dalla Germania sulla formazione militare della Repubblica turca, la Germania stessa assorbe circa il 60 % del commercio della Turchia), per ottenere almeno che nell'accordo definitivo turco-inglese la Turchia non si impegni in forma assoluta ed automatica ma soltanto se ed in quanto i suoi vitali interessi siano in gioco. Si prevede che le trattative per l'accordo definitivo dureranno ancora a lungo, essendo esse anche in rapporto con i negoziati fra Parigi, Londra e Mosca.

Qui è molto notato il riserbo della nostra stampa nei riguardi del nuovo orientamento della politica turca. Ma questa constatazione, lungi dal rassicurare gli spiriti, acuisce il sospetto e il timore di chi non ha la coscienza completamente tranquilla.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 73.
109

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A COPENAGHEN, LA TERZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 956/425. Copenaghen, 4 giugno 1939.

Telegramma di V. E. n. 386/C del 2 corrente (1).

Se le ideologie democratiche di cui è imbevuto il popolo danese e le sue naturali simpatie spingono la Danimarca verso Londra-Parigi, invece la realtà, gli interessi politici e la posizione geografica additano al Governo che nel m'omento attuale la via migliore per garantire una certa sicurezza alla Nazione è quella di avvicinarsi alle Potenze dell'Asse.

Fra le due tendenze, oggi, quella che sembra dover prevalere è la seconda.

Innanzitutto si deve rilevare che la Danimarca è rimasta sempre lontana dal sistema delle «garanzie». Paese neutrale, che si sforza e con successo di tenere una linea di condotta imparziale verso tutti, quasi d'isarmato per sottolineare la sua decisa volontà di mantenersi lontano dalle competizioni belliche, la Danimarca ha perfettamente compreso che, data tale sua posizione, una garanzia offerta dalle Potenze democratiche non poteva che danneggiarla, perchè sarebbe apparsa come un aiuto da essa chiesto contro pretese mire aggressive del Reich ed avrebbe avuto il chiaro significato di una provocazione verso il Governo di Berlino.

La Danimarca invece, come ho avuto occasione di riferire, ha firmat'o il 31 u. s. un patto di non aggressione colla Germania. Ho già segnalato con molti particolari le varie fasi delle trattative: riassumendo posso confermare quanto dicevo nel mio telespresso n. 891/387 del 19 maggio u. s., e cioè che il Governo danese, in considerazione della sua speciale posizione di fronte al Reich -riconosciuta del resto esplicitamente dalle altre tre Potenze del Nord durante la riunione di Stoccolma del 9 maggio, -si è visto costretto a firmare tale patto. L'opinione pubblica del Paese era per la grande maggioranza contraria: ma la « ragione di Stato » ha prevalso e le due Camere hanno approvato a pieni voti il patto in parola.

Con la conclusione di detto accordo la Danimarca si avvicinerà maggiormente alle Potenze dell'Asse.

Infatti, in primo luogo è probabile che dovrà esaminare se non sia conveniente, per non dire necessario, per essa di uscire dalla S. d. N. per non trovarSi forse un giorno -nella qualità di membro della Lega, -a rlovere emettere voti, fornire aiuti, ecc. a favore di uno Stato che fosse eventualmente in guerra colla Germania, cosa che è espressamente vietata dal trattato ora sottoscritto.

Secondo, per la Danimarca sarà da questo momento in poi più difficile collaborare con gli Stati del Nord o colle Potenze democratiche, in quanto che il patto testè stipulato può vietarle di assumere un atteggiamento politico comune con tali Stati in contrasto con l'obbligo di non «fornire assistenza» alla Potenza in guerra colla Germania.

Terzo, infine la Danimarca, con il completo fallimento della Lega ginevrina, della sicurezza collettiva (che rappresentavano le basi della sua sicurezza), senza armamenti (nè in realtà l'armata di un popolo di appena 3 milioni e mezzo di abitanti potrebbe «impressionare» oggigiorno qualcuno!), non ha altra via che quella di avvicinarsi, come ho detto in principio, alle Potenze dell'Asse.

E tutto dà ragione di ritenere che colla firma del patto di non aggressione

colla Germania, la Danimarca mostri rli incamminarsi per questa strada.

(l) Vedi D. 90.

110

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 366. Tokio, 5 giugno 1939, ore 8,20 (per. ore 15,20).

Militari credevano che essendosi conseguito accordo con Marina si sarebbe senz'altro proceduto a invio di istruzioni a Roma e Berlino. Senonchè all'ultimo momento sono sorte nuove difficoltà dovute ad obiezioni del Ministro degli Affari Esteri le quali hanno potuto essere rimosse soltanto dopo nuove riunioni e pressioni. Sembra che ormai non vi siano altri ostacoli e che dopo formali approvazioni loro istruzioni saranno subito telegrafate. Ciò potrebbe avvenire anche stanotte.

111

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 367. Tokio, 5 giugno 1939, ore 9.35 (per. ore 16).

Funzionario nazionalista conferma notizia dei militari.

Osserva che questi hanno potuto ottenere ora dalla Marina concessioni che essa fino ad oggi non aveva voluto fare cosicchè nuove proposte gia:pponesi sono più favorevoli delle precedenti.

Mi viene riferito che non tutte le richieste dei militari sono state accolte e che maggiori impegni che ora Giappone è disposto assumere contengono però alcune clausole le quali gli lasciano sempre certa libertà di decisione.

Se sono bene informato da altre fonti, Giappone sarebbe pronto entrare automaticamente in caso conflitto cui partecipasse anche la Russia, mentre in caso contrario si riserverebbe alleanza con Asse.

112

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 141. Shanghai, 5 giugno 1939, ore 11 (per. giorno 6, ore 3,35),

Difficoltà che incontra il Giappone nella sua campagna in Cina sembrano essere di recente accresciute per la viva reazione di Chung-King e delle popolazioni del territorio occupato, in seguito anche al deciso atteggiamento grandi democrazie, le quali hanno qui ripreso respiro contando non solo sul disaccordo che sembra massimamente in linea politica esisterebbe a Tokio tra l'Esercito, la Marina e la Finanza, ma anche sulla ~ensibilità dimostrata dai moderati nipponici di fronte all'intransigenza di Washington.

Si dice pure che opposizione franco-inglese dipenda dalle esitazioni della Marina giapponese alla trasformazione in alleanza del Patto anticomintern.

Certo Shanghai, malgrado l'assedio, rimane roccaforte resistenza ChianKai-Scek e principale ostacolo alla vittoria del Giappone e alla pacifi.cazione del paese.

Per venire a questo Tokio intenderebbe tuttora, come afferma Console giapponese, seguire via delle trattative amichevoli per arrivare ad un controllo parziale delle concessioni.

Soltanto in caso di rifiuto e in circostanze eccezionali ricorrerebbe a misure

gravi, perchè gli è noto che Gran Bretagna, confortata oggi da assicurazione

Washington, considererebbe azione contro concessioni internazionali come una provocazione che potrebbe condurre alle ultime conseguenze. Ammiraglio capo delle forze navali britanniche in Estremo Oriente me lo ha dichiarato.

113

IL CONSOLE A KATOWICE, BUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 20. Katowice, 5 giugno 1939, ore 12,56 (per. ore 15,20).

È a mia personale conoscenza che: « Situazione immutata.

Continua ritmo accelerato costruzione fortificazioni germaniche frontiera

orientale cui sono affluiti anche dal centro Germania numerosi reparti del

servizio lavoro con automezzi o materiali».

114

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 351. Berlino, 5 giugno 1939, ore 14,21 (per. ore 16).

Ribbentrop mi comunica che documento Duce è stato già debitamente tradotto e rimesso al Ftihrer che gli sta portando immediata attentissima considerazione (1).

115

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 355. Berlino, 5 giugno 1939, ore 22,45 (per. giorno 6, ore 1,30).

Ribbentrop mi informa che conversazioni con jugoslavi si sono concluse oggi e, come risulta dal comunicato ufficiale, sono abbastanza soddisfacenti. Punti più interessanti sono stati:

l) Necessità di un gesto da parte della Jugoslavia che indichi in modo evidente la sua tendenziale solidarietà con l'Asse. Esclusa almeno per ora l'adesione all'anti-Comintern non resta che l'uscita da Ginevra, da annunziare possibilmente prima della fine di giugno. Markovié non sarebbe in fondo contrario. Principe Reggente sembrerebbe un poco più esitante, ma ha finito col promettere anche egli che studierà questione per v-edere di risolverla nel senso desiderato.

Mentre Goering in questi prossimi giorni (in cui i Principi rimangono

in Germania affidati alle sue cure) insisterà nello stesso senso, sarebbe forse

bene -pensa Ribbentrop -che anche noi confermassimo a Belgrado che

uscita dalla Società delle Nazioni sarebbe ben vista anche da Roma e ciò perchè

Principe Reggente avrebbe asserito non aver avuto in Italia impressione che

noi annettessimo alla questione speciale importanza.

2) Circa relazioni con la Turchia e possibili atteggiamenti jugoslavi

in presenza tentativi Turchia alterare fisionomia Intesa Balcanica, Principe Reg

gente e Markovié hanno dichiarato che essi sono tutt'altro che soddisfatti piega

che le cose stanno prendendo al riguardo e che, se effettivamente Turchia

cercasse allontanare Lega Balcanica dai suoi obiettivi originali, Jugoslavia si

riserverebbe di staccarsene.

Ribbentrop e Markovié sono rimasti d'accordo mantenere stretti contatti

sulla questione e consultarsi circa sviluppi che essa può assumere.

Sembra che anche su questo non vi sia nulla di definitivo, pur tuttavia tanto Ribbentrop che il Fuhrer hanno avuta netta impressione che Jugoslavia è animata da onesta intenzione di secondare i nostri comuni desideri.

Ribbentrop ritiene che sia più che altro questione di tempo.

(l) Il testo del telegramma fu modificato poche ore dopo dal T. 353 in cui l'ambasciatore Attolico precisa: c Prego considerare annullate le parole: già debitamente tradotto e •·

116

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 142. Shanghai, 5 giugno 1939, ore 23 (per. giorno 6, ore 3,35).

In una riunione avvenuta la settimana scorsa tra Ambasciatore di Inghilterra, Ambasciatore Stati Uniti e Ambasciatore di Francia, i primi due si sono dimostrati intransigenti, il terzo invece disposto ad accogliere, anche contro parere dei suoi colleghi e contro le proteste di Chung-King, richieste giapponesi che gli appaiono giustificate come quelle concernenti il terrorismo e l'amministrazione della Giustizia.

Il Quai d'Orsay sembra oggi più che mai deciso difendere interessi francesi in Cina togliendo al Giappone ogni pretesto per attaccarli. Ambasciatore di Francia parte per Chung-King per spiegare colà motivi fondamentali di tale atteggiamento.

Ho l'impressione che su qualche richiesta Giappone per Shanghai anche il Foreign Office -come già è avvenuto per Tien-Tsin -finirà per mostrarsi arrendevole in considerazione soprattutto delle conseguenze disastrose di un effettivo conflitto con il Giappone pur limitato in un primo tempo al campo economico.

L'ansia per una tale evenienza traspariva vivissima in tutta la conversazione dell'Ammiraglio Noble con me.

Ciononostante, nei riguardi del Giappone, la situazione può divenire stagnante. Per evitare pericoli che ne deriverebbero, unico mezzo appare quello di affrettare costituzione di un nuovo Governo basato sui soli uomini di cui Giappone dispone: Wang-Chin-Wei e Wu-Pei-Fu. Tale avviso ho espresso a questo Incaricato d'Affari giapponese alla vigilia della sua partenza per Tokio per conferire. Gli ho dimostrato che nel periodo di stasi delle operazioni (che è già abilmente sfruttato ai danni Giappone) bisognava almeno approfittare per organizzare Paese. Che i militari appunto perchè forti e perchè tengono con assoluta fermezza provincie conquistate (come avevo potuto constatare de visu) dovevano dimostrare generosità e andare incontro alle masse. Avrebbero dovuto essere longanimi con Wang-Chin-Wei il quale mi risulta scoraggiato per essergli state poste dalle autorità del Nord-Cina condizioni così pesanti che egli non aveva neanche potuto discuterle.

Comunicato Tokio per corriere.

117

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. CIANO

T. PER CORRIERE 95. Roma, 5 giugno 1939 (pe1·. giomo 6).

Mio telegramma per corriere, segreto, n. 91 del 17 maggio u. s.

È venuto a vedermi il mio collega di Germania di ritorno da Berlino. Egli ha avuto alcuni colloqui con il ministro e ha potuto parlare esaurientemente delle relazioni fra il suo Governo e la Santa Sede.

Il signor von Bergen ha trovato il signor Ribbentrop ben disposto. Il ministro gli ha dichiarato che a Berlino era stato notato con compiacimento il cambiamento di tono della Santa Sede verso il Reich. Gli è stato anche domandato s'egli credeva alla sincerità di Pio XII e se il Pontefice si proponesse veramente di migliorare le relazioni con la Germania. L'Ambasciatore ha dato espliciti affidamenti su questo punto.

Il Ministro degli Esteri ha incaricato l'Ambasciatore di procurare di preparare una distensione delle relazioni fra Santa Sede e Reich. Secondo il signor Ribbentrop sarebbe prematuro di pensare, per il momento, a negoziati, mentre si dovrebbe tendere, come primo passo, a un miglioramento del clima politico.

Il signor Ribbentrop ha dichiarato essere indispensabile che si'a conservato il segreto più assoluto; se qualcosa trapelasse seguirebbe una smentita categorica di Berlino.

I colloqui fra il signor Ribbentrop e von Bergen sono stati parecchi. Dopo il primo incontro il Ministro degli Esteri ha informato il Fiihrer e ne ha preso gli ordini.

Il signor von Bergen ha proposto al suo Ministro di fare una visita al Papa. Il signor Ribbentrop ha rifiutato, sulle prime, recisamente, poi, ha domandato di riflettere. In un'intervista successiva ha dichiarato di non scartare la proposta. Si sarebbe visto in seguito, a seconda dell'andamento delle conversazioni, se, in occasione di un viaggio a Roma del Ministro, potesse trovare posto una sua visita al Pontefice.

Il mio collega ha chiesto udienza al Papa. Egli si propone di trattare la cosa esclusivamente con Lui, all'infuori deJla Segreteria di Stato. L'ambasciatore pensa di ricorrere, se possibile, a un intermediario sul genere del Padre Tacchi Venturi.

Ho detto a von Bergen che il momento è favorevole. Il Papa desidera l'accordo con la Germania e farà quanto sta in Lui per facilitarlo. L'intesa sarà raggiunta solo se, dalle due parti, si darà prova di buona volontà. Il Pontefice sarà intransigente sulla questione religiosa. Ho lasciato intendere al collega che il Santo Padre insisterà probabilmente perchè si metta un fermo all'azione in corso contro i cattolici austriaci. Il mio interlocutore mi ha risposto di considerare questo punto assai delicato. Egli si propone di condurre la conversazione con il Pontefice con grande cautela e ascoltare e notare le dichiarazioni di Pio XII, per riferirle a Berlino.

Nell'accennare al colloquio del Fiihrer con il Nunzio a Berlino, il signor von Bergen mi ha messo al corrente del disappunto del signor Hitler perchè Monsignor Orsenigo non aveva capito che il Fiihrer, portando il discorso su San Pietro e dicendo che gli era dispiaciuto di non aver potuto visitare il maggior Tempio della Cristianità, gli aveva porta l'occasione di avviare una conversazione sulle relazioni fra Santa Sede e il Reich. L'Ambasciatore si propone di riferire il fatto al Papa.

Sulla fine del colloquio ho ripetuto al collega che il momento per un'intesa è particolarmente favorevole. Pio XII aveva ben preparato il Suo lavoro e si era assicurato il consenso di tutti i cardinali tedeschi. Egli stesso me lo aveva detto, aggiungendo che i cardinali stessi approvano i Suoi propositi, non Gli avevano tuttavia nascosto la poca fiducia che nutrivano nella riuscita dei Suoi sforzi. Ho soggiunto essere, d'altra parte, notorio, che intorno al Papa si esercitano influenze anche da parte di personaggi autorevoli per scoraggiarlo e indurlo a desistere. Il passo che l'Ambasciatore si proponeva di fare non poteva giungere in un momento più opportuno, per rafforzare i propositi di Pio XII.

Il signor von Bergen mi è sembrato convinto di quanto gli dicevo e mi

ha riferito di avere saputo, in modo sicuro, che il nostro collega di Francia,

parlando recentemente con un prelato delle migliorate condizioni fra la Santa

Sede e il Reich, avrebbe detto che egli farebbe tutto il possibile per impedire

la riconciliazione del Governo del Reich con la Santa Sede.

118

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 82. Sofia, 5 giugno 1939 (per. giorno 9).

Presidente del Consiglio mi ha detto stamane risultargli che Generale Gamelin di ritorno in Francia da suo viaggio avrebbe dato piena assicurazione che Grecia, Turchia, Romania sono interamente acquisite Potenze democratiche. Mi ha soggiunto notizia essergli stata confermata mediante ricontrollo fatto fare Quai d'Orsay.

7 • Documenti diplomatici· Serie VIII ·Vol. XII

119

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 77. Ankara, 5 giugno 1939 (per. giorno 13).

È confermato per 1'11 giugno l'arrivo ad Ankara di Gafencu. Egli sarà

ricevuto il 10 giugno a Istanbul dal Presidente della Repubblica turca, 'il quale

tra giorni lascerà Ankara. Gafencu si tratterrà poi nella capitale 1'11 e il 12 e

partirà il 13 sera per Atene.

In questi ambienti politici si afferma che tale visita rientra nel quadro nor

male dei rapporti di cortesia fra i due Paesi e si ricorda che era stata annun

ciata fin dal marzo scorso, mentre l'incontro Gafencu-Saracoglu dell'8-9 aprile

avrebbe avuto carattere personale ed eccezionale.

Non sono riuscito ad ottenere finora attendibili informazioni sui vari scopi

di questa visita di Gafencu. Il fatto che egli si rechi in Grecia dopo il suo sog

giorno in Turchia avvalorerebbe la voce che egli compia un nuovo tentativo

per cercare di ottenere l'adesione della Bulgaria all'Intesa Balcanica. Ma l'in

transigente atteggiamento bulgaro nei riguardi delle note rivendicazioni terri

toriali è tale da escludere la possibilità di riuscita del tentativo che forse non

verrà neanche rinnovato. Molto più plausibile appare l'ipotesi che Gafencu,

specie dopo l'incontro con Markovié a Turnu Severin, venga in Turchia per

vedere se e come è possibile armonizzare la recente intesa anglo-turca con il

patto balcanico.

La stampa locale accenna alla possibilità che le prossime conversazioni

vertino anche sulla questione dei Dardanelli.

120

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2723/1166. Sofia, 5 giugno 1939.

A telegrammi per corriere di V. E. n. 9941/C, 10050/C e 10089/C (1).

Nel parlarmi dell'accordo anglo-turco e delle posizioni finora prese rispetto adesso dalle altre Potenze balcaniche, Kiosseivanov mi ha dato indicaz'ioni e notizie in suo possesso, che riproducono esattamente quelle già a conoscenza dell'E. V., ai sensi delle comunicazioni in riferimento.

Mi ha soggiunto che a suo avviso il patto balcanico si tDovava oramai giuridicamente pregiudicato, sia dall'aggravamento delle obbligazioni che avrebbero potuto derivare alle altre Potenze contraenti in dipendenza degli impegni presi da una di esse, la Turchia, con una Potenza extrabalcanica, sia dall'indebolimento delle obbligazioni già contratte da una di esse, la stessa Turchia,

verso le altre, ove l'impegno assunto con una Potenza extrabalcanica dovesse contemporaneamente giocare. In questo senso mi affermava risultargli crescenti le preoccupazioni in Grecia per la svolta politica turca.

Quanto però alla definizione dell'attitudine jugoslava e romena verso il Patto balcanico, Kiosseivanov mi ha espresso non pochi dubbi; mi richiamo in proposito al mio telegramma per corriere n. 079 del 3 corrente (l) e frattanto ha destato qui un certo interesse l'articolo dell'organo belgradese Politica, segnalato da un comunicato Avala del 3 corrente, che farebbe cenno di conversazioni in Grecia e in Turchia, in occasione della visita di Gafencu, in merito ad un'eventuale adesione della Bulgaria all'Intesa Balcanica.

.Riguardo poi ad un nuovo sistema balcanico che riunisca sotto determinate condizioni Jugoslavia, Romania e Bulgaria, ricordo a V. E. che Kiosseivanov me ne parlò fin dal dicembre scorso, e me ne ha riparlato nel maggio ultimo, come da mio telegramma per corriere n. 070 (2), e anche più recentemente, finchè il raffreddamento delle relazioni bulgaro-romene, in seguito ai noti avvenimenti in Dobrugia, e i persistenti dubbi di questo Governo in merito agli atteggiamenti di Belgrado, hanno alterate alcune premesse da cui muoveva in quelle conversazioni il Presidente del Consiglio bulgaro.

(l) Non pubblicati.

121

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2724/1167. Sofia, 5 giugno 1939

Telespresso di V. E. 26 maggio ultimo n. 215767/C (3). Ho letto con interesse le dichiarazioni fatte al Regio Ministro in Budapest da quel Ministro di Bulgaria.

L'Ufficiale superiore inglese a cui questi allude è verosimilmente il Brigadiere Generale Beaumont Nesbit, il cui passaggio da Sofia fu segnalato all'E. V. da questa Regia Legazione con telespresso del 22 febbraio ultimo n. 962/430, e che, sebbene formalmente incaricato di una ispezione a varie sedi di addetti militari britannici, è presumibile abbia profittato del suo viaggio per prendere contatti, dei quali ha avuto l'occasione anche qui, con elementi politic'i dei Paesi visitati.

Le precisazioni riferite dal Ministro di Bulgaria in Budapest, che quegli avrebbe ottenute a Sofia, riflettono esattamente la definizione della neutralità bulgara, e il rifiuto di questo Governo di assumere pesanti impegni politici e militari in compenso di una soluzione della questione dobrugiana, quali risultano dalle già comunicate dichiarazioni di Kiosseivanov alla Commissione parlamentare degli affari esteri del 20 aprile scorso. Frattanto altra acqua è passata sotto i ponti, e soprattutto gli ultimi avvenimenti politici vanno esercitando sulla

Bulgaria, nei due sensi opposti, una pressione, che pare rendere sempre più problematica la tesi di tale neutralità condizionata e dilatoria.

È evidente che il protrarsi di un simile atteggiamento potrà porre da un giorno all'altro la Bulgaria di fronte a un drammatico dilemma, che nulla essa avrebbe preparato per risolvere; rilevo peraltro dal telespresso surriferito di Vostra Eccellenza che anche nelle parole dei rappresentanti diplomatici bulgari, come qui non di rado in quelle stesse del Presidente del Consiglio, si ravvisano non velati richiami alla troppo nota anglofilia del Re Boris, vero dirigente della politica estera di questo Paese.

Circa il saggio che si fa qui dell'attitudine jugoslava, e dell'importanza fondamentale che vi si attribuisce anche ai fini delle future determinazioni bulgare ho più volte riferito a Vostra Eccellenza e ancora per ultimo con mio telegramma per corriere n. 079 del 3 corrente (1), a cui mi richiamo: mentre che di certi atteggiamenti della Regina Madre di Jugoslavia e della Principessa Olga, romena l'una e greca l'altra, in favore del sistema politico dei loro rispettivi Paesi, mi ha fatto anche testè qualche accenno il Presidente del Consiglio bulgaro. Anche qui dell'ostilità dell'elemento militare jugoslavo si è convinti, come altra volta segnalai a Vostra Eccellenza, e del resto certe collusioni di quell'elemento influenzato dalla Lega militare e la Massoneria, con le sinistre bulgare non sono un mistero per nessuno, giocando in modo rilevante nella storia politica più recente di questo Paese. Ne ho riferito più volte a Vostra Eccellenza, e ricordo all'Eccellenza Vostra che me ne parlò anche il Re Boris.

Circa eventuali imprese antiromene fra Bulgaria e Ungheria, già segnalai all'Eccellenza Vostra come qui si tentasse di farle credere alquanto più concrete, ma come esse siano state costantemente smentite da questa Legazione di Ungheria.

In merito alle visite di Potemkin a Sofia, ho ampiamente riferito quanto ebbe a dirmi il Presidente del Consiglio al riguardo. Parrebbe che della questione dobrugiana in realtà si sia parlato, se anche a semplice titolo informativo, nonostante la riserva tenuta in proposito dallo stesso Potemkin, ai sensi del telespresso di Vostra Eccellenza 26 maggio ultimo n. 215875/C (2). Comunque ricordo a Vostra Eccellenza come per l'addietro Kiosseivanov ebbe ad accennarmi, ed io riferii all'Eccellenza Vostra, a certe possibilità, un tempo fatte intravvedere qui da parte sovietica, di collegare le rivendicazioni dobrugiane della Bulgaria, con il problema sovietico della Bessarabia.

(l) -Vedi D. 100. (2) -Vedi D. 9. (3) -Non rintracciato.
122

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2725/1168. Sofia, 5 giugno 1939.

Telespressi di V. E. 22 maggio ultimo n. 215296/C e 26 maggio ultimo

n. 215875/C (3).

In merito al Patto del Mar Nero di cui è cenno nelle comunicazioni ln riferimento, e all'eventuale atteggiamento bulgaro in proposito, mi richiamo alle dichiarazioni fattemi nel febbraio scorso da questo Presidente del Consiglio, da me riferite all'Eccellenza Vostra con mio telegramma per corriere n. 025.

Kiosseivanov mi escluse allora che fossero state fatte al riguardo delle aperture alla Bulgaria, nè mi disse, di poi, nella relazione fattami delle sue conversazioni con Potemkin, che la questione fosse stata toccata.

Ciò non esclude naturalmente che qualche accenno, nella circostanza, non possa essere corso, ma le obbiezioni mossemi dal Presidente del Consiglio, fin dal febbraio scorso, contro il Patto del Mar Nero, permangono tuttavia in gran parte nei fatti, che implicano d'altra parte lo stesso problema della politica bulgara, cioè quello della posizione della Bulgaria verso il blocco balcanico.

(l) -Vedi n.· 100. (2) -Non rintracciato. (3) -Non rintracciato.
123

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. IN SPAGNA, RONCALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 3287/860. S. Sebastiano, 5 giugno 1939.

La tensione franco-spagnola, causata, come è noto, dalla mancata o ritardata esecuzione dell'accordo Bérard-Jordana, permane tuttora supergiù immutata.

In seguito alle insistenti pressioni dell'Ambasciata spagnola in Parigi, la Francia si è decisa a qualche parziale consegna di materiale, che è stata registrata con soddisfazione dalla stampa spagnola.

Questa stampa ha però ultimamente ripreso un tono fortemente irritato e, con articoli spesso anche violenti, stigmatizza la mala fede francese, che si serve di assurdi cavilli burocratici per dilazionare o inadempiere.

Oltre che in quasi tutti i problemi fondamentali, la malevolenza francese appare anche in diverse questioni minori e di dettaglio. ·cosi, ad esempio, i tribunali della Rochelle che in questi giorni hanno rifiutato di restituire numerose cassette di sicurezza dei banchi bilbaini depositate in Francia dal Governo di Euskadi, sembrano disposti a non rigettare la assurda proposta del difensore della defunta repubblica, che vorrebbe sottoporre la questione alla Corte Internazionale dell'Aja.

A lato di questa, che rientra nell'accordo Bérard-Jordana, è sorta anche una questione nuova: Il governo francese si è interposto per la liberazione di alcuni detenuti russi, che, attraverso i noti scambi operati dalla Germania e dall'Italia, hanno effettivamente ottenuto la libertà. Il governo spagnolo, nel darne comunicazione a quello francese, ha chiesto a sua volta i buoni uffici di Parigi per il ritorno dei tremila bambini che furono mandati in Russia dai marxisti spagnoli; ma il governo francese pare abbia mostrato di non voler dare nessun corso alla richiesta.

Il Ministro degli Affari Esteri non imputa tanto al Quai d'Orsay, al Ministero della Guerra e ancor meno a Pétain, la condotta francese, quanto sopratutto al Fronte popolare al cui spirito e alla cui influenza tutti gli organi pubblici fran

cesi debbono pagare un tributo e dare soddisfazione, anche a costo di azioni condannabili dal punto di vista lealtà come dal punto di vista interesse.

Che cosa farà la Spagna se con le buone non riuscirà ad ottenere soddisfazione? Per il momento nulla è stato fatto. Si è parlato di chiusura di frontiera, ma in realtà la parziale chiusura della frontiera a Port-Bou è stata causata da necessità turistiche e di polizia durante le feste madrilene.

Però il Ministero non esita a dire che se la slealtà francese si spingerà all'estremo, si potrebbe giungere anche al sequestro dei beni e delle proprietà francesi in Spagna e alla rottura delle relazioni diplomatiche. Tuttavia, malgrado la perdurante ostinazione francese, il Ministero degli Esteri sembra disposto a pazientare ancora nella speranza che le misure estreme non saranno necessarie per ottenere le dovute soddisfazioni.

Può forse constatarsi una certa contraddizione fra il tono spesso oltremodo violento della stampa, specialmente quella falangista, e l'atteggiamento del Ministero. In realtà ciò appare più che altro da attribuirsi al fatto che nella questione dell'esecuzione dell'accordo Bérard-Jordana, come in Francia si riflettono preoccupazioni di ordine interno derivanti dal Fronte popolare, così in Spagna si riflettono delle questioni di carattere personale.

Non è improbab'ile che il Ministro della Gobernaci6n, Serrano Sufier, che dirige la stampa, ecciti il tono di questa per far risaltare maggiormente l'eventuale scacco del Ministro degli Esteri Jordana, autore e assertore del patto con Bérard, mentre d'altra parte il Ministro degli Esteri non voglia ancora convincersi di essersi lasciato giocare e confidi ancora in un ravvedimento francese.

L'opinione pubblica segue appassionatamente gli sviluppi delle trattative e si mostra ogni giorno più violentemente·antifrancese anche negli ambienti che di solito subiscono più facilmente l'influenza della Francia. Si può dire che le poche simpatie che la nomina di Pétain a Ambasciatore aveva qui sollevato, sono per completo sfumate accrescendo anzi i rancori e le ostilità.

L'articolo di fondo del Temps del 30 scorso, «France et Espagne », ha naturalmente destato in questi circoli del Ministero Esteri un certo interesse.

In linea di massima lo si considera solo come l'espressione del desiderio che hanno alcuni ambienti francesi di giungere una buona volta alla normalizzazione dei rapporti con la Spagna; e per quanto l'articolo possa a prima vista farlo pensare, non si ritiene, come appunto mi diceva il Direttore Generale degli Affari Politici poco dopo aver avuto un lunghissimo colloquio con il Consigliere dell'Ambasciata francese, che da parte di Parigi vi sia un vero e proprio mutamento di condotta.

L'unico punto in cui pare che la Spagna avrà fra breve soddisfazione è quello dell'oro. Su questo oro il Banco di Spagna nazionale aveva posto da tempo un sequestro conservativo, sequestro che è necessario togliere. La pro: cedura giudiziale starebbe per essere terminata e si calcola che fra un paio di settimane l'oro di Mont San Marsands potrebbe far ritorno in Spagna.

In via di conversazione amichevole ho attirato l'attenzione del Direttore

Generale degli Affari Politici su un accenno contenuto nell'articolo stesso,

relativo al Portogallo, e che cioè il Portogallo possa eventualmente agire in

senso conciliativo fra la Spagna e le potenze democratiche. Gli ho domandato

se vi sia alcuno accenno di una attività in tal senso da parte portoghese e se ad esempio il Portogallo mostri di volersi in qualche modo interessare alla attuale tensione franco-spagnuola. La cosa mi è stata esclusa e mi è anzi stato detto, che per quanto si riferisce al discorso di Salazar è-da ritenersi che esso non sia stato fedelmente riportato [vedi telespresso di quest'Ambasciata

n. 30751792 del 26 maggio u. s. (1)].

124

IL MINISTRO A TALLINN, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 629/260. Tallinn, 5 giugno 1939.

In risposta al telegramma di V. E. (2) mi onoro di riassumere, qui di seguito,

quanto ho già riferito per corriere e per telegrafo, circa la posizione dell'Estonia

di fronte alle potenze dell'Asse ed a quelle democratiche nelle questioni dei

patti di non aggressione e della garanzia.

Al momento, in cui scrivo, il Patto di non aggressione, proposto dalla Ger

mania all'Estonia ed alla Lettonia, non è stato ancora firmato. Alla proposta del

Patto sono seguite delle controproposte da parte dei Governi estone e lettone,

che, avendo interessi comuni da salvaguardare, si sono previamente consultati.

I Ministri degli Esteri dei due Paesi si sono incontrati due volte per discutere

la questione: a Tallinn ed a Riga.

L'iniziativa di tale Patto era stata presa non dalla Germania, ma, in un

certo senso, dai Governi d'Estonia e Lettonia. Dico in un certo senso, perchè

essi non avevano chiesto un Patto bilaterale di non aggressione, ma una dichia

razione unilaterale da parte del Reich di non aver alcuna intenzione aggressiva

nei riguardi dei due Paesi.

All'iniziativa estone e lettone seguì la proposta di un Patto bilaterale di

non aggressione e la proposta venne estesa agli Stati scandinavi, dell'altra riva

del Baltico (Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia). La Lituania ne rimane

esclusa, perchè nella convenzione per l'annessione di Memel esiste già una

clausola di non aggressione.

L'iniziativa estone-lettone è da spiegarsi col desiderio di provare al Governo bolscevico l'inesistenza di un pericolo di violazione della loro indipendenza da parte della Germania. Un pericolo sovietico deriva già dalla situazione geografica. Ed il Governo sovietico non ha mancato di esprimere chiaramente le sue intenzioni, senza lasciare adito a dubbi di sorta, nei riguardi dell'Estonia e della Lettonia, con una nota, quanto mai vibrata, diretta ai loro Governi, in data del 28 marzo u. s. In essa veniva, in conclusione, dichiarato che l'U.R.S.S. non

.sarebbe rimasta passiva di fronte a tentativi di soppressione aperta o mascherata della loro sovranità ed indipendenza. È vero che i Governi dei due piccoli Stati risposero coraggiosamente di essere essi soli i giudici di un attacco alla loro indipendenza ed alla loro sovranità e di volerle difendere con le armi contro chiunque. Ma, a che cosa può valere in pratica questo gesto coraggioso? I testi integrali della nota sovietica e della risposta estone sono stati da me inviati a Vostra Eccellenza.

Sostituita alla proposta esto-lettone di una dichiarazione unilaterale, la proposta di un patto bilaterale di non aggressione, sorsero dei dubbi e delle preoccupazioni circa gli obblighi, che i due piccoli Stati venivano ad assumere nei confronti della Germania con un'accettazione pura e semplice. Si credette di vedere un pericolo in eventuali esigenze tedesche di una determinata linea di condotta e si temè che ogni scarto, vero o presunto, potesse dar luogo a reazioni tali da giungere sino alla denunzia del Patto stesso. Insomma, si sarebbe potuta venire a creare una situazione più delicata di quella preesistente all'iniziativa esto-lettone ed alla proposta tedesca.

È vero che l'Estonia e la Lettonia hanno già un Patto di non aggressione con l'U.R.S.S., ma esso rimonta al 1935, cioè ad un momento, ben differente dall'attuale. Tuttavia, non era il caso di rifiutare l'offerta tedesca. Essa sta, pure, a dimostrare che il Reich non ha intenzioni aggressive nei loro riguardi. Si trattava solo di mettere in salvo una certa libertà di azione per evitare l'accusa di aver violato successivamente il Patto. Di qui le controproposte e gli articoli addizionali al Patto stesso, che dovranno far salvi gli obblighi, derivanti ai due Paesi dall'alleanza politica e militare, tra di loro esistente, e, sopratutto, l'idea della neutralità, da essi tante volte proclamata. In pratica, si riconosce che i due Paesi sono liberi di continuare gli scambi commerciali con uno Stato, eventualmente in guerra con la Germania, purchè il loro volume, la loro importanza non eccedano quelli normali del tempo di pace. Ho già telegrafato a V. E. il contenuto degli articoli del Patto.

Alla questione della conchiusione di un Patto di non aggressione è strettamente connessa quella di un'eventuale garanzia anglo-franco-sovietica, che, in concreto, si ridurrebbe ad un'unica garanzia, quella sovietica ed importerebbe l'entrata delle truppe sovietiche nei territori estone e lettone. Ma, perchè tale garanzia, se non esiste un pericolo da parte del Reich? E, che cosa significa questa garanzia, se non un'occupazione militare, che diventerebbe fatalmente definitiva? Non sono i due piccoli Stati con una popolazione complessiva di circa 3 milioni di abitanti, che potranno resistere e far sentire, in avvenire, la loro voce verso uno Stato di 170 milioni di abitanti.

Questa situazione spiega chiaramente l'atteggiamento, assunto di fronte alla progettata garanzia anglo-franco-sovietica. Al riguardo le personalità responsabili della politica estone e la stampa si sono espresse con sufficiente chiarezza. Ne ho riferito e telegrafato a V. E. L'Estonia non vuole garanzia, perchè pericolo per la sua indipendenza finora non esiste. Tanto l'U.R.S.S., quanto la Germania hanno dichiarato di volerla rispettare. Che, se questo pericolo si dovesse realizzare, solo allora la garanzia potrebbe entrare in gioco. Ma, il Governo estone· non può ammettere che, soltanto in previsione di esso, un terzo Stato voglia prestargli assistenza. In tal caso, esso assumerebbe la figura di aggressore. E, non basta. Al momento in cu'i il pericolo diventa effettivo, la garanzia non può funzionare automaticamente. Spetta allo Stato aggredito il chiedere che essa si realizzi in pratica. Lo stesso Ministro degli Esteri d'Estonia, Signor Selter, ha dichiarato, pubblicamente, in un'intervista: « Appena una qualsiasi Grande Potenza volesse, senza un invito da parte nostra, prestarci soccorso, sia come rappresentante di un sistema collettivo, sia per difendere i suoi interessi vitali

nei Paesi baltici, il soccorso di quella Potenza sarebbe considerato come un'aggressione, che i Paesi baltici combatterebbero con tutti i mezzi».

Il punto di vista dei Governi estone e lettone è stato sempre noto all'Inghilterra. Durante le trattative con l'U.R.S.S. essi non sono stati, tuttavia, interpellati. Ma, spesso, in Estonia, è stato espresso il timore che l'Inghilterra, pur di conchiudere un accordo con il Governo sovietico, sia pronta a vendergli l'indipendenza dei piccoli Stati baltici. Il Governo estone plaude ufficialmente all'azione inglese, in quanto mira a salvaguardare la pace, ma esso sostiene, pure, che ciò non deve accadere a spese dei piccoli Stati baltici. Al momento in cui riferisco a V. E., è noto il rapporto sulla politica estera del Signor Molotov, ma non si conoscono ancora quali saranno le reazioni inglesi nei riguardi dei Paesi baltici. Tutti i giornali, senza eccezione, riaffermano, in linee generali, l'atteggiamento estone, quale ho indicato nel presente rapporto.

Da tutto quanto precede non si può dedurre che la posizione di questo Paese sia più favorevole alle Potenze dell'Asse od al gruppo di quelle democratiche. Il desiderio dell'Estonia e della sua alleata, la Lettonia; è di salvaguardare l'indipendenza dei loro Paesi, di mantenere la neutralità. Se un atto aggressivo si verificasse da parte della Germania, come è nei desideri delle minoranze tedesche, non è affatto da escludere che i Governi estone e lettone, considerata, ormai, in pericolo la loro indipendenza, compiano un estremo tentativo per salvarla, invocando proprio quell'aiuto dei Sovieti per il quale, oggi, mostrano tanta ripugnanza. E, per la medesima ragione, è esatto che, se l'iniziativa di un'aggressione russa si realizzasse, sarebbe invocato l'aiuto della Germania. Sarebbe, insomma, considerato come aggressore chi, per primo, per qualsiasi motivo, invadesse il territorio nazionale.

In Estonia si è pessimisti, sopratutto dopo la denunzia da parte della Germania del Patto di non aggressione con la Polonia, dopo che le questioni di Danzica e del Corridoio sono diventate di attualità. La situazione è mutata. La Polonia non opporrà più una resistenza militare all'U.R.S.S. in caso di aggressione ai Paesi baltici, secondo le speranze, che si potevano nutrire in passato. Essa sarà tutta impegnata sul fronte tedesco. Scarse rimangono, secondo le previsioni locali, quelle possibilità di pace, che, sole, potrebbero assicurare la sussistenza di questi piccoli Stati come Stati indipendenti. Ma, se la guerra dovrà scoppiare, vi è ancora un'ultima speranza, rappresentata dall'imprevisto, dalle tante sorprese, che essa può riservare. Ecco quali sono gli umori, le tendenze dell'opinione pubblica locale. La resistenza militare -che, sembra, potrà durare una settimana -ha, tuttavia, uno scopo pratico, quello di evitare il fatto compiuto e dar tempo ad un terzo Stato di intervenire: nel caso di occupazione russa dar tempo alla Germania di sbarcare le sue truppe.

Occorre pur rilevare che l'opinione pubblica, nella sua maggioranza, ritiene che, se la pace sarà turbata, ciò accadrà a causa delle Potenze dell'Asse. Giocano anche in questo stato di psicosi di guerra, che ha invaso pure l'Estonia, i

sentimenti di amicizia per la Polonia, ai cui motivi ho più innanzi accennato. Ma, non sono tali sentimentalismi, che influiranno sulla posizione di questo Paese nei riguardi delle Potenze dell'Asse o di quelle democratiche. La loro posizione sarà determinata dalla volontà della Germania e dell'U.R.S.S. non soltanto dichiarata, ma provata con i fatti, di rispettare la loro indipendenza.

Nelle previsioni degli atteggiamenti di quelle Grandi Potenze, nella valutazione della situazione a loro riguardo i Governi d'Estonia e Lettonia non sono d'accordo. La Lettonia ritiene che il maggiore pericolo è dalla parte del Reich, forse a causa della minoranza tedesca, ben più imponente in Lettonia che 'in Estonia. In questo Paese, invece, si teme, sopratutto, il pericolo bolscevico. E, tutto è stato operato, sia pure con scarsi risultati, per combattere in questi venti anni di indipendenza del Paese tutto quanto vi è, che testimonia l'influenza russa dopo secoli di dominazione.

Se nell'opinione pubblica si notano qua e là diverse tendenze, presso determinati gruppi, talvolta favorevoli alla Germania, talvolta favorevoli all'U.R.S.S., ciò dipende dai desideri, dagli interessi esclusivi di quei gruppi. Quelli favorevoli alla Germania sono rappresentati, naturalmente, in prima linea, dalle minoranze tedesche, dai noti « baroni baltici » che vogliono rifarsi dei danni della riforma agraria, che li ridusse alla miseria, togliendo loro i latifondi. Appartengono, ancora, a questi gruppi molti elementi, che hanno relazioni d'affari con la Germania, la quale, nel commercio estero del Paese, occupa il secondo posto dopo l'Inghilterra. Infine, vi appartengono coloro, che provano una ripugnanza estrema per il comunismo, ed, in generale, i russi bianchi. I gruppi, favorevoli all'U.R.S.S. sono naturalmente, in prima linea gli ebrei (in numero non rilevante in questo Paese), e, poi, le popolazioni di frontiera, in grandissima parte russi non assimilati, che vivono in uno stato di miseria e che, per effetto di un'abile propaganda sovietica, sperano di veder migliorata la loro situazione coll'avvento del comunismo. Ed, infine, molti elementi, appartenenti alle classi non abbienti...

Ma, la grandissima maggioranza del Paese desidera mantenere l'indipendenza.

Ed il Governo già da tempo pratica una politica, pervasa dalla preoccupazione di mantenere un assoluto equilibrio tra Germania ed U.R.S.S., se pure in sostanza ispirata da un senso di sfiducia tanto verso l'una, quanto verso l'altra Grande Potenza. Entrambe possono facilmente trovare dei motivi per realizzare nei Paesi baltici la dottrina della difesa dei loro interessi vitali per ragioni strategiche soprattutto, e, secondariamente, per la tutela degli interessi delle loro minoranze.

L'Inghilterra, che in Estonia, come del resto negli altri Paesi baltici, ha goduto, finora, di una situazione di privilegio, derivante anche dalla sua influenza nella vita economica del Paese, è considerata non più come amica e protettrice, ma con diffidenza. Ciò dipende dalle sue nuove relazioni con l'U.R.S.S. Ed il suo atteggiamento definitivo nei riguardi dell'imposizione di una garanzia ai Paesi baltici potrà avere conseguenze notevoli sulla loro posizione rispetto alle Potenze dell'Asse.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 90.
125

IL MINISTRO ALL'AJA, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 1087/409. L'Aja, 5 giugno 1939.

Telegramma di V. E. n. 386 del 2 corrente (1). Nell'attuale momento politico intemazionale i Paesi Bassi non partecipano in alcun modo alle trattative o conversazioni per i cosidetti patti di garanzia

o di non aggressione, conservando anche nelle presenti circostanze l'attitudine di indipendente neutralità alla quale già da moltissimi anni si ispira la politica estera olandese, desiderosa di non legarsi e non compromettersi CO:fi nessuno, ed opinando che la stipulazione di un patto di non aggressione o l'accettazione di una garanzia -mentre all'occorrenza molto probabilmente si dimostrerebbero privi di pratica efficacia potrebbero intanto essere interpretati in definitiva come un desiderio meno sincero di restare neutrale ed imparziale, e quasi come la manifestazione di simpatia per l'uno e di sfiducia verso l'altro.

Per ben comprendere la posizione olandese conviene riportarsi ad un paio di anni addietro quando -nel febbraio 1937 -l'atteggiamento dei Paesi Bassi e la nozione di neutralità indipendente vennero ampiamente illustrati in Parlamento, e sviluppati poi attraverso commenti ufficiosi ed articoli di stampa. Nel discorso del 30 gennaio il Fiihrer ebbe a dichiarare che « il Govemo tedesco aveva assicurato il Belgio e l'Olanda che era pronto a riconoscere e garantire tali Stati come territori neutrali ed indipendenti». Il Governo olandese si affrettava a chiedere a Berlino (in via amichevole ed in forma ufficiosa) qualche precisazione, prospettando che fino a quel momento in verità non aveva ricevuto da Berlino nessuna apertura del genere, e che -pure apprezzando la manifestazione di amichevole premura del Iteich -non desiderava nessun impegno

o promessa. Il Ministro degli affari esteri de Graeff in un lungo discorso alla Camera esponeva la situazione dell'Olanda, che da oltre un secolo non era stata in guerra con nessuno, aveva le migliori relazioni con tutti gli Stati, e non sentiva il bisogno di nessuna promessa o garanzia, poichè « l'inviolabilità territoriale del Paese è un assioma che non può costituire per l'Olanda materia di trattative». Articoli e commenti giomalistici sviluppavano poi le dichiarazioni del Ministro ed illustravano la differenza fra la posizione dell'Olanda, che non aveva mai avuto alleanze o garanzie, e la situazione del Belgio a cui favore erano stati stipulati in passato accordi internazionali di garanzia e che ricercava ora qualche nuova forma di tutela giuridica dopo la decadenza degli accordi di Locamo.

Alla stessa linea di condotta, il perseguimento di una politica indipendente e neutrale di fronte alle divergenze delle Grandi Potenze, risponde l'atteggiamento dell'Olanda nella questione del riconoscimento dell'Impero italiano ed in quella dell'interpretazione dell'art. 16 del Patto della S. d. N. Il Ministro Patijn, prendendo l'iniziativa di contatti col Belgio e gli Stati scandinavi per un sollecito e contemporaneo riconoscimento dell'Impero, si proponeva .appunto di dimostrare

che i Paesi Bassi (e gli altri Stati che ne avessero seguito l'iniziativa) intendevano regolarizzare i loro rapporti con l'Italia in maniera indipendente da Ginevra e senza seguire più oltre la correnie societaria imposta da altri Stati per loro fini ed interessi particolari. E con gli stessi propositi svincolarsi da Ginevra e svolgere una politica indipendente -l'Olanda partecipava al convegno di Copenaghen dove gli Stati del cosidetto gruppo di Osio precisavano la loro interpretazione circa gli obblighi dell'art. 16; le dichiarazioni del signor Patijn allAssemblea del settembre 1938 indicano in maniera esplicita che l'Olanda si considerava libera da ogni obbligo di partecipare a sanzioni militari od economiche, ed intendeva assumere in avvenire un atteggiamento indipendente e quale essa avrebbe considerato meglio corrispondente ai suoi interessi.

Quest'atteggiamento non ha mutato di fronte agli avvenimenti degli ultimi mesi. Salvo qualche critica di stampa, l'Olanda ha assistito calma ed imparziale allo svolgersi degli avvenimenti in Cecoslovacchia ed ha subito ncono;;ciuto la nuova situazione. E quando infine lo scorso febbraio si è avuta notizia di conversazioni franco-inglesi a Londra per opportuni accordi per l'eventuale difesa comune del Belgio, dell'Olanda e della Svizzera, il Governo olandese ha affettato un atteggiamento di marcata indifferenza, astenendosi da ogni approccio a Londra e Parigi che potesse lontanamente lasciare immaginare un suo desiderio di partecipare alle conversazioni e di concretare qualche cosa. Ed a mezzo della stampa ufficiosa veniva fatto rilevare che l'Olanda -forte del suo buon diritto e tranquilla per le buone relazioni che manteneva con tutti gli Stati vicini non si sentiva minacciata da nessuno e non aveva perciò bisogno di nessuna garanzia od aiuto, che il suo atteggiamento neutro ed imparziale nei confronti di tutti era talmente chiaro e conosciuto che non occorreva il riconfermarlo ancora una volta in forma pubblica ed ufficiale; che gli Stati Maggiori di alcuni Paesi avevano certamente il diritto di consultarsi fra loro per eventuali piani di attacco o difesa, ma che l'Olanda non intendeva partecipare affatto a tali consultazioni e riaffermava il diritto di decidere da sola, ed essa sola, la politica di pace o di guerra che al momento opportuno essa avrebbe creduto di seguire.

Si è avuto poi da ultimo il messaggio di Roosevelt ed il susseguente questionario tedesco; dell'uno e dell'altro si è parlato poco, ravvisandosi nella circostanza un nuovo tentativo per cercare di compromettere gli Stati minori ed obbligarli a prendere posizione nelle divergenze fra le Grandi Potenze. Ma poichè il questionario tedesco richiedeva esplicitamente una risposta, è stato subito risposto in termini brevi, ma chiari e precisi e senza esitazione, che l'Olanda non si sentiva minacciata da nessuno.

Tale risposta esprime il pensiero ufficiale del Governo olandese e conferma

il suo atteggiamento imparziale e corretto nei confronti del vicino tedesco. Quali

che possano essere le ideologie politiche particolari e le simpatie personali dei

singoli uomini che sono ora al Governo, essi sono tutti d'accordo sulla necessità

di una politica strettamente corretta ed imparziale, ed è da sottolineare il fatto

che sono appunto i ministri di parte cattolico-conservatrice quelli che maggior

mente ritengono non essere il caso di soffermarsi su preconcetti di carattere ideo

logico politico o religi.oso, ma curare il mantenimento e lo sviluppo dei migliori

rapporti politici-economici col vicino Reich. Nei circoli responsabili è prevalente

l'opinione che in caso di conflitto bellico il fattore economico-commerciale dovrà

avere un'importanza maggiore del fattore strategico; la possibilità di avvalersi dei porti commerciali e delle risorse agricole olandesi rappresentano per il Reich un vantaggio ben maggiore di quello che potrebbe essere ricavato dall'occupazione di una parte del territorio di questo paese. E da taluni si ritiene anzi che se mai sarebbe l'Inghilterra ad avere interesse all'occupazione di territori olandesi; per potervi installare delle basi di attacco aereo più vicine ai centri vitali della Germania. Ma il Governo olandese non vuole lasciare dubbi circa il suo contegno di fronte a tale ipotetica eventualità, ed è perciò la marcata e quasi sdegnosa indifferenza al momento delle conversazioni franco-inglesi di Londra lo scorso febbraio, ed è perciò che quando pel nuovo oscurarsi della situazione intemazionale al principio di aprile furono adottate misure militari di precauzione, esse furono adottate indistintamente lungo tutte le frontiere: sbarrate le strade d'accesso dalla Germania, ma sbarrate egualmente quelle dalla parte del Belgio, e lungo tutte le coste trincee e mitragliatrici per rintuzzare un'eventuale aggressione proveniente dal mare.

Questa è la politica ufficiale del Govemo: veramente e strettamente indipendente ed imparziale nei riguardi di tutti; ma conviene aggiungere che non è del tutto analogo l'atteggiamento della stampa (in buona parte controllata da elementi democratici e giudeo-massonici) che lascia trapelare le sue simpatie per le Potenze occidentali, verso le quali vanno pure indubbiamente i sentimenti di quest'opinione pubblica. La maggioranza della popolazione olandese ritiene che gli interessi della Francia e dell'Inghilterra, soprattutto di quest'ultima, collimano con l'interesse olandese per il mantenimento dello status quo in Europa occidentale e nell'oriente asiatico; essa è perciò persuasa che in caso di bisogno l'Inghilterra si muoverà automaticamente per la difesa del territorio metropolitano olandese e dei suoi possedimenti coloniali, senza bisogno cioè di trattati od impegni che a tale difesa la obblighino. E poichè si spera -o si fa fondamento -sull'assistenza e protezione britannica è naturale che le simpatie dell'opinione pubblica vadano verso le cosidette Potenze democratiche e si guardi con malcelata preoccupazione verso le Potenze dell'Asse, sospette di provocare col loro dinamismo nuove perturbazioni in Europa e presenti al sentimento olandese specialmente nella loro veste di amiche ed associate del Giappone, che rappresenta in definitiva il vero e temuto pericolo per i ricchi possedimenti coloniali di questo Paese. L'opinione pubblica segue quindi con interesse la recente azione diplomatica inglese, ritenendo che dal successo di essa debba effettivamente derivare una qualche maggiore garanzia pel mantenimento dello status quo e della pace; ma beninteso l'interesse pel successo dell'iniziativa britannica viene nutrito e manifestato soltanto in forma teorica ed idealistica, ma nessuno in Olanda -nemmeno i più anglofili -pensa un momento che anche questo Paese debba pur esso contribuirvi in qualche pratica maniera. Tutti sono d'accordo nell'approvare la politica di stretta neutralità del Governo e che l'Olanda debba tenersi accuratamente in disparte dalla rete di patti ed accordi che si va intessendo; chè tutti sono d'accordo che un qualunque gesto di palese simpatia od avvicinamento alle combinazioni politiche franco-britanniche sarebbe pre

giudizievole agli interessi del Paese, giungendo fatalmente a compromettere l'Olanda di fronte alla Germania e dando alla Germania l'occasione di immaginare che l'Olanda ha abbandonato la politica di neutralità.

Le misure militari adottate in fretta al principiO di aprile, e che ora si vanno sviluppando ed organizzando in maniera regolare e permanente, per quanto in realtà siano ben poca cosa, rappresenta~o anche esse una manifestazione palese del proposito di tutelare da soli la propria neutralità e cercare di difenderla all'occorrenza contro ogni attacco da qualsiasi parte esso provenga. Questo fermo atteggiamento olandese è stato certo compreso a Londra poichè appare non dubbio che (salvo l'accenno alla difesa dell'Olanda nelle conversazioni di Londra del febbraio) nessun approccio diretto od indiretto è stato più tentato da parte britannica per cercare di attirare l'Olanda dal lato degli accerchiatori. Da qualcuno all'estero si è voluto forse attribuire un qualche significato politico alla visita che proprio in questi giomi una squadra francese sta effettuando al porto di Rotterdam, ma a mezzo di alcuni fogli ufficiosi il Governo olandese ha subito provveduto a tagliar corto a simile abusiva interpretazione ed è stato rilevato la completa assenza di ogni autorità governativa alle consuete riunioni di cortesia e ricevimenti che per l'occasione hanno avuto luogo a Rotterdam.

In conclusione -salvo una certa simpatia ideologica per le Potenze occidentali -Governo e popolo olandese sono nell'attuale momento fermamente decisi a perseverare nella politica di indipendenza e stretta neutralità, ritenendo essere questa la migliore possibile per salvaguardare gli interessi del Paese, e tenerlo quanto più a lungo possibile lontano dalle eventuali complicazioni belliche che dovessero verificarsi in un avvenire più o meno lontano. Politica di neutralità indipendente non solo di fronte alle Grandi Potenze, ma anche nei riguardi degli altri Stati minori egualmente neutrali che devono fronteggiare più o meno gli stessi problemi che si presentano per l'Olanda; ma ognuno consideri e provveda ai casi suoi come meglio crede, l'Olanda segue una sua propria linea di condotta, separata ed indipendente, e non si occupa di quello che fanno gli altri. Sintomatico a tale riguardo l'atteggiamento adottato di fronte alle aperture che (sia pure in forma molto discreta ed indiretta) sono state certamente fatte da parte belga per una qualche intesa od accordo militare fra i due Paesi; l'Olanda ha sempre cortesemente ma fermamente declinato simili aperture. Una conferma di tale attitudine si è avuta proprio di recente in occasione dei brindisi scambiati durante la visita della Regina Guglielmina a Bruxelles: Re Leopoldo avendo accennato ad una missione comune delle piccole Potenze, e volendo di certo alludere alla possibilità di qualche intesa concreta fra Belgio ed Olanda, la Regina ha risposto in termini più generici, auspicando bensl la mutua comprensione fra i popoli e la migliore collaborazione sul terreno economico e morale, ma lasciando garbatamente cadere la discreta allusione alla opportunità di esaminare in comune «i numerosi problemi » che interessano egualmente i due Paesi vicini.

(l) Vedi D. 90.

126

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO PERSONALE 369. Tokio, 6 giugno 1939, ore 2,27 (per. ore 11)

Istruzioni agli ambasciatori a Roma Berlino telegrafate stanotte.

Marina dichiarasi assai soddisfatta dell'accordo concluso con Esercito, che è stato festeggiato con lauto banchetto.

127

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 370. Tokio, 6 giugno 1939, ore 3,07 (per. ore 15,15).

Settimana scorsa avevo udita voce secondo cui si considerava qui di nuovo possibilità dichiarazione di guerra alla Cina. Già anno scorso Marina avrebbe voluto procedervi ma Esercito ed Esteri vi si erano opposti. Chiesi conferma della voce a Vice-Ministro Esteri che me la negò recisamente.

Senonchè stamane Sotto-Capo di Gabinetto Marina parlando con Addetto Navale circa contrabbando armi Cina sotto bandiera inglese e conseguenti visite navi sospette in mare, ha asserito che Giappone dichiarerà guerra Cina, aggiungendo che un contegno più deciso sarà preso anche nei riguardi delle concessioni internazionali. A tale proposito richiamo l'attenzione dell'E. V. sulla nota delle autorità navali giapponesi di Shanghai a quelle Autorità navali britanniche elencante i casi patenti di violazione della neutralità.

Prego comunicare quanto prec~de Ministro della Marina.

Telegrafato Roma e Shanghai.

128

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 98. Parigi, 6 giugno 1939, ore 20,40 (per. ore 21,45).

Mio rapporto n. 3236/1388 del 17 maggio u. s.

Avendomi Bonnet nuovamente fatto esprimere desiderio riprendere normali contatti con me cosi come è avvenuto tra V. E. e codesto ambasciatore di Francia, mi sono recato oggi al Quai d'Orsay munito ampia documentazione su numerosi fatti avvenuti in questi ultimi tempi in Francia a danno italiani.

Conversazione si è aggirata su questi argomenti e su atmosfera generale rapporti italo-francesi. Non è stato toccato alcun problema specifico. Riferisco dettagliatamente per corriere domani. Ho pregato questo corrispondente Stefani, non (dico non) telegrafare notizia mia visita Bonnet affinchè

V. E. possa decidere quando giudicherà più opportuno nei riguardi stampa.

129

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTISSIMO 357. Berlino, 6 giugno 1939, ore 21,50 (per. ore 23,20).

Ribbentrop desidera far. sapere a V. E. come egli si propone, nelle more della conclusione definitiva trattato anglo-turco, di parlare molto chiaro ad

Ankara rimproverando a quel Governo sleali basi dei suoi procedimenti nei riguardi Germania e ammonendo che una qualunque estensione progettato accordo anglo-turco ai Balcani sarebbe considerata dal Reich come atto non amichevole.

Ribbentrop teme che, senza netta presa di posizione in questo senso, cosi Turchia come anche altri paesi Balcanici potrebbero avere mentalità che Germania dopo tutto non ha nulla in contrario a che essi entrino in questa nuova combinazione anti-Asse.

Parlando chiaro, egli spera invece ottenere almeno che la Turchia rinunzi paragrafo 6 del suo progetto d'accordo con Inghilterra e cioè alla cosidetta organizzazione della pace nei Balcani. Dichiarazione nello stesso senso Ribbentrop farebbe alla Romania prima del viaggio di Gafencu ad Ankara e ciò anche per impedire eventuali slittamenti romeni verso la Turchia.

Naturalmente, un analogo linguaggio dovrebbe al caso essere tenuto, cosi ad Ankara come a Bucarest, dall'Italia e quindi Ribbentrop gradirebbe, prima di agire, conoscere il pensiero di V. E. poiché egli si proporrebbe data l'urgenza (la partenza di Gafencu è imminente) convocare Ambasciatore di Turchia domani nel pomeriggio e sarebbe grato di poter ricevere a mio mezzo una risposta telefonica dell'E. V. possibilmente entro la mattinata di domani mercoledì.

130

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Pubbl. ToscANO, Le origini del Patto d'Acciaio, cìt., p. 193.

T. RISERVATO PER S. E. IL MINISTRO 358. BerLino, 6 giugno 1939, ore 21,50 (per. ore 23).

Ribbentrop mi ha incaricato informare V. E. che egli ha presentato documento del Duce al Ftihrer, il quale ringrazia sentitamente e tiene a fare sapere che egli è in generale pienamente d'accordo con le considerazioni in esso esposte. Egli ha manifestato tuttavia il desiderio di poter, specie in relazione a qualcuno dei punti enunciati, intrattenersi personalmente con il Duce, allo scopo, avanzando l'idea di un possibile incontro al Brennero. Ove il Duce fosse d'accordo, si potrebbe pensare alla data, per ora genericamente indicata da Ribbentrop per «quest'estate».

Ftihrer aveva desiderio, come è noto, di venire quest'anno in visita privata a Firenze, ma stagione sarebbe per lui che soffre mo~to il caldo adatta solo in ottobre.

131

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 356. Berlino, 6 giugno 1939, ore 21,59 (per. ore 22,45).

S. E. Cavallero ha visto ieri Weizsacker, oggi Ritter e Ribbentrop. Rimane

ancora qui per abboccarsi con Keitel che però è visibile venerdi. Segue rapporto.

132

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 19. Londra, 6 giugno 1939 (p!!r. giorno 12).

Lord Halifax mi ha oggi invitato a passare da lui al Foreign Office. Egli mi ha detto che desiderava mettermi al corrente delle conversazioni recentemente avute da codesto Ambasciatore britannico sir Percy Loraine col Duce e con V. E. e mi ha dato lettura delle istruzioni inviate a sir Percy Loraine perchè comunichi a V. E. punto di vista britannico.

Mi sono naturalmente astenuto dall'entrare in discussioni, !imitandomi a prendere atto della comunicazione di Halifax.

133

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 78. Ankara, 6 giugno 1939 (per. giorno 13).

Mio telespresso del 4 corrente n. 1009/547 (1).

Fin dalla mia prima conversazione con von Papen ho ritenuto opportuno metterlo in guardia contro la tattica del Governo turco di attribuire all'Italia la responsabilità del mutato atteggiamento turco, parlando con il rappresentante del Reich, e di attribuirla alla Germania, parlando con il rappresentante dell'Italia. Ovvia manovra intesa a dissociare le Potenze dell'Asse! Siamo anche rimasti d'accordo che ci saremmo mantenuti in stretto contatto.

Stamane von Papen è venuto a dirmi che aveva visto Saracoglu cui non aveva mancato di comunicare la cattiva impressione prodotta sul Governo del Reich dal mutato atteggiamento della Turchia: per ora la Germania non avrebbe preso speciali provvedimenti, ma in seguito s_arebbe stata costretta a rivedere la sua posizione circa l'assistenza militare ed economica, che tuttora presta alla Turchia. Come era previsto, Saracoglu gli ha detto che il cambiamento della politica turca è dovuto soprattutto all'azione italiana in Albania che secondo lui non può avere altri scopi che strategici. Von Papen avrebbe risposto che se pure l'occupazione dell'Albania da parte dell'Italia ha un'importanza strategica, si tratta sempre di una misura presa nell'interesse dell'ordine e della pace nei Balcani, mentre la politica di accerchiamento franco-inglese, cui la Turchia ha aderito, ha il precipuo scopo di soffocare l'Italia e la Germania.

Von Papen mi ha tuttavia confidato che Saracoglu si è con lui espresso nel senso che il recente accordo commerciale tedesco-romeno costituisce ai suoi occhi una vera presa di possesso della Romania da parte del Reich.

(l} Vedi D. 108.

8 -Doc11menti diplomatici -Serie VIII -Vol. XII

Per quanto mi concerne non ho ancora chiesto udienza al Ministro degli Esteri turco ed attendo di incontrarlo perchè egli stesso prenda l'iniziativa della conversazione.

134

IL GENERALE CAVALLERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. Berlino, 6 giugno 1939.

L'incontro con v. Ribbentrop, previsto per domenica 4 corr., ha dovuto essere rimandato per evidente impossibilità da parte del ·Ministro, ed ha avuto luogo oggi martedì 6 corr., preceduto da due conversazioni preliminari con von Weizsacker e con Ritter, quest'ultimo venuto appositamente da Monaco ov'era in breve congedo. Queste due conversazioni si sono svolte ieri lunedl 5 corr., proseguite poi stamane durante una colazione offerta da v. W. (1), alla quale abbiamo partecipato, oltre al Ritter, l'ambasciatore Attolico ed io.

Ieri v. W. non era preparato sull'argomento, non avendo egli potuto conferire con v. R. (2) dopo il mio arrivo qui. Perciò la prima conversazione con lui ha dovuto limitarsi a una presa di contatto, molto gradevole in vero, ma per nulla concreta. Ci siamo resi conto, S. E. Attolico ed io, che ciò era dovuto a difficoltà interne tuttora esistenti da parte tedesca. Unico concetto ben chiaro nella mente di v. W.: scaricare sulla Commissione per l'economia di guerra (Ritter) quanto più lavoro possibile, riservando alla Commissione militare (politico-militare) soltanto le direttive d'ordine superiore (v. W. ha persiml parlato di demandare alla Commissione economica quanto concerne la guerra chimica e i materiali bellici).

Più concreta è stata la conversazione con Ritter. Questi conosce bene il suo problema ed è molto soddisfatto dell'incarico avuto. Tanto lui che v. W. hanno accettato il suggerimento di costituire un segretariato permanente, come

V. E. ha già disposto per noi, cosa alla quale non avevano pensato. Quanto al lavoro economico, è apparsa la necessità di fare al più presto una sintesi del lavoro compiuto dalla Commissione A (segreta) costituita da tempo in seno alla Commissione economica generale già esistente, e di qui partire per l'impostazione del lavoro della nuova Commissione. Ritter si è offerto di venire a Roma fra un paio di settimane per prendere gli accordi necessari.

Durante la colazione di stamane v. W. -che intanto aveva avuto un breve colloquio con v. R. -ha meglio chiarito il pensiero tedesco circa la Commissione politico-militare. Tale concetto è poi stato riassunto da v. R. nella conversazione collettiva che ha avuto luogo alle ore 17 di oggi al Ministero degli Esteri, presente S. E. Attolico.

La Commissione politico-militare è destinata ad avere carattere riservato come è richiesto dal suo compito. V. R. ha detto che questo consisterebbe nel concretare, secondo le direttive superiori, le linee generali della condotta politico

militare della guerra, facendo a tal fine i coordinamenti che appariranno via via necessari. Così presentato, questo compito è apparso rivolto esclusivamente al futuro. Ho fatto presente che bisogna occuparsi anche e soprattutto della preparazione, ciò che importa è di risolvere problemi di coordinamento attuale tanto nel campo militare quanto nel campo dell'economia di guerra, per realizzazioni anche di carattere sollecito. V. R. si è dichiarato d'accordo ed ha espresso l'avviso che, dopo ciò, non convenga precisare ulteriormente, ma sia preferibile rimettersi alle risultanze della pratica. Quanto alla Commissione, questa si comporrebbe da parte tedesca di soli 3 membri: v. R., il Generale Keitel e un terzo membro militare da designarsi da quest'ultimo. V. R.. ha suggerito che anche da parte italiana i membri non siano più di 3-4 (fra questi un funzionario degli Esteri). Ciò corrisponde in massima, ritengo, al pensiero di V. E.

Però per chiarire definitivamente i termini di questo problema è ancora necessario un mio incontro con il Generale Keitel ora assente da Berlino; si prevede che tale colloquio possa avvenire venerdì o sabato presso v. W., dopo di che rientrerò a Roma per riferire in modo conclusivo. Quanto a Ritter, è rimasto inteso che, salvo approvazione di V. E., egli verrebbe a Roma fra 2-3 settimane per prendere accordi con noi.

(l) -La sigla v. W. indica il Sottosegretario agli Esteri tedesco von Weizslicker. (2) -La sigla v. R. indica il Ministro degli Esteri tedesco von Ribbentrop.
135

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GRANDI E A BERLINO, ATTOLICO

TELESPR. SEGRETO 603984. Roma, 6 giugno 1939.

La R. Ambasciata a Parigi, nel trasmettere copia di un rapporto inviato al Ministero della Guerra da quel R. Addetto militare circa le opinioni di quegli ambienti militari sull'attuale situazione europea, ha riferito quanto segue:

«Per quanto riguarda l'alleanza italo-tedesca, si considera in genere che essa rappresenti un nuovo sintomo della inevitabilità del conflitto armato fra le Potenze democratiche e quelle totalitarie. Dal punto di vista tecnico l'alleanza viene considerata come una chiarificazione degli obblighi reciprochi italo-tedeschi e come un consolidamento dell'unità di comando che rende più intima la collaborazione e garantisce l'economia delle forze; e la stampa e gli ambienti politico-militari, seguendo la parola d'ordine avuta, ricamano largamente sul preteso asservimento dell'Italia alla Germania. Non mam;ano però anche coloro che giudicano il patto italo-tedesco come vantaggioso sotto certi aspetti per la causa della pace, in quanto darebbe all'Italia, considerata l'elemento meno aggressivo, la possibilità di frenare, più di quanto non abbia fatto. sinora, le iniziative del suo alleato.

Circa i negoziati anglo-franco-russi per un'alleanza militare, essi verreb

bero seguiti con molta diffidenza nell'ambiente militare, che è di massima con

trario alle alleanze lontane, ritenendole più un peso che un sollievo per la

Francia».

136

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATISSIMO-PERSONALE 373. Tokio, 7 giugno 1939, ore 9,02 (per. ore 16,20).

Ho avuto cònversazione importante funzionario nazionalista degli Affari Esteri che ha completa conoscenza presenti negoziati e che dopo primo messaggio Hiranuma mi aveva fatto comprendere essere sua opinione che pur non rompendo trattative dovessimo insistere per impegni meno vaghi. Egli mi ha detto oggi credere converrebbe accettassimo seconda proposta per quanto non la consideri in tutto soddisfacente. Giapponesi sono lenti a decidersi specialmente quando si tratta di prendere impegni precisi e completi come è provato anche dalla storia trattative per antico accordo navale con l'Inghilterra e quanto non possiamo ancora ottenere oggi lo otterremo fatalmente domani. Giappone non può più ormai fermarsi e mutare cammino intrapreso e questo deve rassicurarci. Per di più, se come sembra probabile Inghilterra finisce con accettare richieste sovietiche e alleanza democratica fosse conclusa, Giappone perciò solo si troverebbe sin da ora impegnato.

Funzionario attribuisce molta importanza anche alle richieste del primo messaggio di Hiranuma circa necessità della più grande circospezione riguardo pubblicazione. Su questo punto è irremovibile e pronto a dimettersi. Se si giungesse a crisi di Gabinetto essa nella presente circostanza richiederebbe prevedibilmente molto tempo prima di essere risolta, con conseguenze di nuovo lungo ritardo nella definitiva stipulazione.

137

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. IN CHIARO 359. Berlino, 7 giugno 1939, ore 17,45 (per. ore 19,50).

A comunicazione telefonica de Ferrariis di stamane.

Ribbentrop prende atto consenso V. E. ed agisce in conseguenza.

Sarei grato essere informato a suo tempo di quanto V. E. avrà creduto di fare nello stesso senso sia ad Ankara sia a Bucarest.

138

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 361. Berlino, 7 giugno 1939, ore 21,09 (per. ore 23,20).

Oggi sono stati firmati i patti di non aggressione con l'Estonia e la Lettonia. Nell'occasione Ribbentrop ha avuto con i Ministri Esteri dei due paesi delle conversazioni che ritiene, anche agli effetti della politica generale, soddisfacenti. In sostanza i due paesi hanno esplicitamente e definitivamente confermato di non voler -al pari Finlandia -accettare la garanzia e la protezione della Russia. Qui si ritiene che con la firma dei due patti di non aggressione, si sia venuta a creare una situazione suscettibile di non facilitare ulteriore svolgimento delle trattative anglo-russe.

139

IL MINISTRO AL CAIRO, MAZZOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 72. Il Cairo, ... (1).

Il M.inistro degli Affari Esteri Abd el-Fattah Yahyà Pascià partirà 1'8 giugno p. v. per Ankara ove secondo la versione ufficiale si recherebbe per restituire la visita fatta l'anno scorso all'Egitto dal Ministro degli Esteri di Turchia.

Secondo quanto ho appreso da buona fonte la visita non rivestirebbe soltanto carattere di pura cortesia, ma andrebbe posta in relazione al recente accordo anglo-turco. Non è ancora sicuro se l'Egitto e la Turchia arriveranno alla conclusione di un patto di assistenza simile a quello concluso tra Londra ed Ankara.

Si afferma che l'Egitto sarebbe stato messo al corrente di tutte le fasi dei negoziati che hanno preceduto la conclusione dell'accordo anglo-turco. Se le conversazioni di Abd el-Fattah Yahyà non avranno come scopo la conclusione di un accordo definitivo, in questi ambienti si afferma che esse getteranno le basi di un più ampio trattato anglo-turco-egiziano che sarebbe perfezionato nel prossimo autunno.

A confermare tali voci sta il fatto che, secondo quanto si afferma, il Ministro degli. Affari Esteri sarebbe accompagnato nel suo viaggio dal Capo del Contenzioso dello Stato Badaui Pascià.

Nel settembre Abd el-Fattah Yahyà parteciperebbe ai lavori della Società delle Nazioni e durante la sua permanenza a Ginevra negozierebbe un trattato di commercio con l'U.R.S.S. Non si sa, se conclusa la visita in Turchia, il Ministro degli Affari Esteri rientrerà in Egitto o si recherà in Grecia, pure in visita ufficiale, ed in Europa ove, nell'attesa dell'inizio dei lavori ginevrini, dovrebbe sottoporsi a delle cure.

Durante l'assenza del titolare l'interinato del Ministro degli Esteri sarà tenuto dal Presidente del Consiglio Mohammed Mahmud Pascià.

(l) Di data incerta. Rintracciato tra le carte dell'Ambasciata a Londra.

140

IL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 57. Bucarest, 7 giugno 1939 (per. 10 giugno, ore 21,30).

Ho avuto ieri con Gafencu, che come è noto partirà per Ankara il 9 pro1'simo v., una lunga conversazione di carattere politico di cui riassumo qui rH seguito i punti principali:

Viaggio in Turchia e accordo anglo-turco (mio telegramma per corriere

n. 051 del 23 maggio u. s.) (1). Gafencu ha cominciato col dirmi che si rendeva conto che il suo viaggio, sebbene fissato da vario tempo, poteva prestarsi nell'attuale momento a non gradite interpretazioni, ma che non ha potuto ulteriormente rinviarlo, anche in vista delle insistenze del Governo turco.

Quanto all'accordo turco-britannico, Gafencu mi ha detto di avere insistito, d'accordo con il Governo di Belgrado, presso quello di Ankara affìnchè gli accordi con la Gran Bretagna vengano ristretti al solo Mediterraneo con esclusione delln penisola Balcanica, ripetendomi la tesi non so quanto sostenibile che un accordo cosi limitato non sarebbe contrastante con gli impegni assunti dagli Stati membri dell'Intesa Balcanica. Il Governo di Bucarest -anche in questo d'accordo con quello di Belgrado -non sarebbe quindi -a dire di Gafencu -in grado di negare ad Ankara il diritto di stringere accordi con Londra, così come la Jugoslavia ne ha concluso uno con l'Italia e la Romania è alleata con la Polonia. Diversa sarebbe invece la situazione per quanto riguarda il settore balcanico, ove i membri dell'Intesa Balcanica sarebbero impegnati a non assumere obbligazioni che possano contrastare con quelle linee di indipendenza, di equilibrio e di neutralità che è la base dell'Intesa stessa. In questo senso Gafencu si propone di esprimersi ancora una volta in occasione della sua visita ad Ankara.

Viaggio in Grecia. -Il Ministro degli Esteri mi ha detto che trattasi di un viaggio di amicizia con il quale egli completa le sue visite alle capitali dei paesi dell'Intesa Balcanica, e che non sono pertanto previsti specifici argomenti da trattare oltre il consueto scambio generale di vedute fra i due Governi.

Rapporti con l'Ungheria. -Gafencu, richiamandosi ad una conversazione

da lui avuta in proposito col Duce e con V. E., ha espresso scarsa fidu

cia nella possibilità di un'intesa sincera e durevole da parte dell'Ungheria,

«le cui relazioni con la Romania sono determinate dall'andamento della situa

zione politica europea per cui saranno sempre difficili in momenti di tension.:!

generale, mentre miglioreranno nei periodi di calma e di pace».

Avendo io accennato a pubblicazioni di stampa da parte ungherese nelle

quali insistentemente si accenna ad una offerta che il Conte Csaky avrebbe fatto

alla Romania ed alla quale il Governo di Bucarest non avrebbe dato alcuna

risposta, Gafencu mi ha detto che tali pubblicazioni si riferiscono ad una frase

pronunciata da Csaky in un suo recente discorso elettorale senza che alcuna

proposta sia mai giunta al Governo romeno attraverso il normale tramite uffi

ciale. Tuttavia Gafencu mi ha dichiarato di non aver abbandonato il desiderio e la speranza di giungere ad un miglioramento delle relazioni con l'Ungheria. Egli ha riconosciuto che la questione delle minoranze incide essenzialmente su tali relazioni, e mentre ha riaffermato la impossibilità di regolarla intemazionalmente attraverso un accordo che conferisca speciali diritti nell'interno del territorio romeno all'Ungheria, «la cui opinione pubblica quando si mostra moderata reclama almeno la metà della Transilvania », ha però rinnovato l'affermazione che il Governo romeno è disposto a fare nell'ambito della sua sovranità quanto è possibile, per attenuare la gravità di tale problema. Gafencu ha aggiunto che nelle dichiarazioni che farà innanzi alla Camera il giorno 9 p. v. egli farà esplicito accenno a tale questione nel senso sopra accennato ed affermerà il desiderio del Governo romeno di una intesa con l'Ungheria.

Romania e Russia. -Anche a questo proposito il Ministro degli Esteri mi ha rinnovato le dichiarazioni già fatte in altra occasione (mio telegramma

n. 177 del 25 maggio) (1).

Tanto a proposito della Turchia quanto della Russia, Gafencu ha ripetuto le sue precedenti affermazioni che la nota linea di condotta di questo paese, da lui esposta a Roma a V. E., rimarrà immutata.

(l) Vedi D. 6.

141

IL MINISTRO AL CAIRO, MAZZOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 884 (2). n Cairo, 7 giugno 1939.

Il programma del viaggio di Abd el-Fattah Yahyà Pascià sarebbe stato definito come segue:

La visita ufficiale ad Ankara durerebbe quattro giorni. Yahyà Pascià si imbarcherebbe il 15 corrente da Alessandria, giungendo il l 7 ad Istambul donde proseguirebbe direttamente per Ankara. Egli sarebbe accompagnato oltre che dal capo del Contenzioso dello Stato, Abd el-Hamid Badaui Pascià, anche dal segretario generale del Ministero degli Esteri, Hassuna bey, e dal suo segretario particolare avv. Hussein Aziz. Lo accompagnerebbe inoltre il ministro di Turchia al Cairo.

Il 24 giugno Yahyà Pascià, accompagnato dalla predetta delegazione egiziana, lascerebbe la Turchia per recarsi in Romania dove trascorrerebbe alcuni giorni in visita privata. Dalla Romania proseguirebbe per la Grecia donde poi farebbe ritomo in Egitto verso il 15 luglio.

La stampa locale si è fatta eco delle varie congetture sugli scopi del viaggio. Secondo il Mokattam esso sarebbe in relazione col recente accordo angloturco. Verrebbe cioè esaminata ad Ankara la questione della difesa del Mediter

raneo orientale e dell'Egitto. Ma Yahyà Pascià non prenderebbe alcuna decisione prima del suo ritorno al Cairo dove sottoporrebbe il risultato dello scambio di vedute avute con Ri.isti.i Aras al consiglio dei ministri. Il Balagh ritiene che un eventuale accordo tra l'Egitto e la Turchia sarebbe però indipendente dall'accordo turco-inglese il quale, secondo una dichiarazione di questo Presidente del consiglio, non comporta alcuna clausola riguardante l'Egitto.

Secondo il Balagh il viaggio avrebbe anche per iscopo l'esame di alcune dichiarazioni di carattere economico pendenti tra l'Egitto e la Turchia. Una di queste sarebbe il problema dei fondi egiziani che, in seguito alle misure prese dai Turchi per la difesa della loro valuta, non possono più essere esportati in Egitto.

L'Ahram infine ritiene che ad Ankara verrebbe anche presa in esame la eventuale adesione dell'Egitto al patto di Saad-Abad, in conformità del desiderio da tempo manifestato dai quattro firmatari, ed in ultimo dallo Scià dell'Iran che avrebbe recentemente preso l'iniziativa di preparare il terreno a prossime trattative.

In corso di conversazioni questo Ministro degli Esteri mi ha definito quest'ultima ipotesi come puramente fantastica, confermandomi che l'Egitto non ha alcun interesse a partecipare al patto asiatico anche perchè non ha frontiere comuni con alcuno degli stati firmatari del patto.

Abd el-Fattah Yahyà mi ha tuttavia accennato alla possibilità che, nei contatti che avrà nelle capitali balcaniche, possano essere gettate le basi per eventuali accordi economici e politici.

(l) -Vedi D. 18. (2) -Numero probabile. Rintracciato tra le carte dell'Ambasciata a Londra.
142

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 3746/1636. Parigi, 7 giugno 1939.

Mio telegramma n. 98 di ieri (1).

Ho aperto conversazione con Bonnet consegnandogli e commentandogli uno per uno i diversi pro-memoria di cui accludo copia (2) e che si riferiscono tutti alla deplorevole situazione che si è creata in Francia a danno dei nostri connazionali. Ho specialmente attirato la sua attenzione sul contegno del Prefetto di Tolone [rapporto di quel R. Console Generale in data 31 maggio u. s.

ALLEGATO N. l.

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, BONNET

Pro-memoria Parigi, 5 giugno 1939.

Le 8 mai écoulé, M. Marcel Pays, Rédacteur diplomatique à Excelsior, adressait une lettre à M. Landini, lui recommandant chaleureusement son collègue M. Jean Debia, arrèté le 3 mai en Italie et incarcéré à Cuneo pour avoir pris des photos en zone militaire.

L'Ambassade Royale s'empressait de faire sienne cette recommandation auprès du Minis

tère des All'aires Etrangères et de la Culture Populaire.

Le 2_3 mai,_ le ~Yn';lic;a~ Natio~~l des J':mrnalistes co;mmuniquait aux journaux que M.

Jean Deb!a ava1t éte hbere sur l1ntervenbon du SyndlCat et des Journaux auxquels il

appartena•t et que des excuses officielles lui avaient été faites, la correction de son attitude

ayant été reconnue.

~e 28 mai, Excelsior publiait un article de M. Debia, sous le titre c Il y a encore un

frança1s, un commerçant du Lavandou, dans une prison d'Italie. Son crime: il était venu

revoir les lieux où il s'était battu vaillamment pendant la Grande Guerre • (en tout cas la

région du Cuneo, où ce Monsieur aurait été emprisonné n'a pas été théàtre de combats

pendant la grande guerre).

Le ler courant l'Ordre insérait des déclarations de M. Debia lui attribuant, entre

autres, les propos suivants: • Dix huit jours passés en prison m'ont fait comprendre que le

Gouvernement fasciste n'est pas habitué à des méthodes humaines. A mon avis, il est utile

que les français qui auraient l'intention de se rendre en Italie en touristes, soient informés

de ce qui risque de leur arriver au-delà des Alpes •.

Sans attacher trop d'importance à l'attitude d'Excelsior et de M. Debia, qui est au

moins en contradiction avec les sollicitations adressées à l'Ambassade Royale et avec le

communiqué du Syndicat National des Journalistes, il y a lieu de relever la différence de

traitement qui est faite à un journaliste italien, M. Carlo Ciucci, arrété dans le sud tunisien

vers la moitié de janvier pour un fait analogue de légèreté et d'imprudence et qui est

encore en prison sous l'accusation d'espionnage.

ALLEGATO N. 2.

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, BONNET

Pro-memoria

N. 12486. Parigi, l giugno 1939.

Faisant suite à sa note en date du 15 mai dernier, l'Ambassade Royale d'Italie croit devoir signaler ci-après au Ministère des All'aires Etrangères, à toutes fins utiles, de nouveaux faits qui se sont vérifiés, au cours du mois dernier, aux dommages de plusieurs citoyens italiens.

l) Le 16 mai, le Bureau de Police d'Hyères a convoqué M. Giovanni Barozzi auquel il a été reproché de conseiller à ses compatriotes de retourner en Italie. M. Barozzi a été interrogé et frappé par les policiers qui se trouvaient dans le bureau et a été menacé de mesures plus graves s'il ne quittait pas la France immédiatement. Aucune infraction n'a pu étre relevée contre lui et sa conduite est irréprochable.

2) Pareil traitement a été subi, quelques jours auparavant, à Toulon, par M. Loi Giovanni, arrété, incarcéré et frappé en prison pour les mémes raisons.

3) M. Gaetano Zenobi, qui enseigne dans les cours de langue italienne institués dans le département du Var, s'est vu notifier à Toulon un arrété d'expulsion, le 13 mai, deux jours après avoir dénoncé à la Préfecture du Var, en sa qualité de gérant, la section de l'Association des Anciens Combattants Italiens, conformément au décret-loi du 12 avril dernicr.

4) M. Cosma Antonio, Président de l'Association des Anciens Combattants Italiens de Reims a été, lui aussi, frappé d'une mesure d'expulsion peu de jours après avoir dénoncé à la Préfecture l'Association précitée.

5) Dans la deuxième semaine de mai, M. Bonnelli Andrea, demeurant à Vidauban (Var), dont la situation était régulière et qui avait demandé en temps utile le renouvellement de sa carte d'identité, s'est vu notifier une mesure d'expulsion sans avoir commis aucune infraction.

6) Dans le méme temps, une mesure analogue a frappé M. Costa Angelo, demeurant à Toulon, titulaire d'une carte d'identité régulière et encore valable. M. Costa était Président de la Section locale de l'Association Italienne des Mutilés et Invalides de Guerre.

7) M. Allena Giorgio, établi en France depuis 1930 et qui exploitait à Aix-les-Bains

(Haute-Savoie) un salon de coiffure, étant muni de carte d'identité d'artisan, a été l'objetd'un arrété d'expulsion le 26 avril et a du quitter Aix-les-Bains dans un très court délai qui ne lui a pas laissé le temps de régler les all'aires de son commerce. Interrogé peu de jours avant par le Commissaire Spécial de Police de la localité sur ses intentions en cas de confiit, il avait répondu qu'il répondrait à l'appel de son Pays, après quoi le Commissaire de Police aurait ajouté cette simple phrase c tant pis pour vous •.

8) Un arrété d'expulsion a été notifié, le 3 mai, aux époux Matteoni Francesco et Biolchi Germina, demeurant à Chambéry depuis 1930. Quelques jours avant ils avaient répondu avec fierté aux insultes dont leur Pays et eux-mémes étaient l'objet de la part d'éléments irresponsables.

9) Une mesure analogue a frappé, le 15 mai, dans les mémes conditions, M. Scotton Attilio, demeurant à Annecy.

10) M. Tozzi Federico, ex-Agent-Consulair à Solenzara (Corse) qui habite l'ile depuis40 ans et qui est connu des Autorités locales pour ses sentiments patriotiques, a été frappéd'expulsion. Il en a été de méme de M. Tozzi Anselmo, ex-Agent-Consulaire à Ora, de M. Berti Augusto à Calvi et de M. Gallo Giuseppe à Oletta.

11) M. Tosi Pietro, résidant à Arles (B. du Rh.) depuis 40 ans, ancien entrepreneur, après avoir cédé son entreprise à son gendre de nationalité française, avait accepté, à titre bénévole de servir de correspondant Iocal du Consulat Général de Marseille, s'est vu notifier une 'mesure d'expulsion en date du 9 mai, bien qu'en situation régulière et de conduite irréprochable.

12) De nombreuses familles italiennes résidant dans la région de BeJfort ont été l'objet, ces temps derniers, d'interrogatoires et de manoeuvres d'intimidation de la part des Auto

rrtés de police Iocales qui ont procédé sur Ieur compte à des enquEtes en vue c:re savorr

quelle serait leur attitude en cas de conflit.

13) Les nommés Anton!"lli Pasquale. Lucci Angelo et De Dominici Anita, qui enselgnem:dans les cours de langue 1talienne institués dans la circonscription du Consulat Général de Toulouse, ont fait l'objet de mesures d'expulsion sous prétexte qu'ils faisaient de la propagande fasciste au cours de leurs leçons, lesquelles ont lieu sous le contròle des Auto

rités scolaires françaises.

14) Les nommés Signori Rosa née Spinelli, agée de 65 ans, Franco Antonio et PaganoEnrico, ont été l'objet, le 27 avril dernier, d'une mesure qui, bien que légale, n'en est pas moins extrémement sévère. Au moment où ils regagnaient l'Italie et au passage de leur train en gare de Dijon, ils ont été arrétés et incarcéres parce qu'ils ne résultaient pas en

règle avec les dispositions concernant la carte d'identité.

15) M. le Prof. Chanoux, ancien Colonne! de l'Armée Italienne et Lecteur près l'Université de Dijon, a été, le 11 mai dernier, l'objet d'une perquisition à son domicile et d'un interrogatoire au cours duquel des pressions et des manoeuvres d'intimidation ont été exercées à son égard en vue d'obtenir de lui l'aveu d'une prétendue activité d'espionnage.Au cours de l'interrogatoire des phrases insolentes ont été prononcées par le Commissaire enquéteur à l'égard de l'Italie et du Chef du Gouvernement Italien.

16) Les époux Ernesto et Domenica Trepan, établis en France depuis 30 ans ont fait l'objet, le 12 mai, d'une mesure d'expulsion émanant de la Préfecture du Rhòne. Les époux Trepan figuraient inscrits, jusqu'à sa dissolution, au Fascio de Lyon.

17) M. Gibillaro Angelo, établi à Vidauban, correspondant consulaire, a fait l'objet

d'une mesure d'expulsion. D'autres ressortissants italiens établis dans la méme localité ont été d'ailleurs expulsés sans autre raison vraisemblable que celle d'avoir appartenu au Fascio de la localité.

L'Ambassade d'Italie proteste vivement contre les agissements de certaines Autorités locales et croit devoir appeler à nouveau toute l'attention du Ministère des Affaires Etran· gères sur cet état de chose qui semble se généraliser et s'aggraver.

ALLEGATO N. 3

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, BONNET

Pro-memoria

N. 12487. Parioi, 1 giugno 1939.

L'Ambassade d'Italie a pris acte des assurances que le Ministère des Affaires Etran. gères a bien voulu lui donner par Sa note en date du 19 avril dernier, touchant l'exemptiol\de ses nationaux de tout service militaire personnel et de toute prestation militaire person.nelle, conformément aux dispositions de la Convention d'établissement italo-française dt> 3 juin 1930.

En remerciant le Ministère des Affaires Etrangères de cette aimable communicatiol\_ l'Ambassade Royale croit devoir rappeler à l'attention du Département, sa note en date du 28 aprii dernier relative à certaines initiatives de quelques Autorités locales ayant pombut d'obliger les ressortissants italiens à faire connaitre s'ils sont ou non disposés à souscrir~ un engagement volontaire.

Depuis l'envoi de cette note les initiatives en question se sont multipliées. Dan!o certains cas elles ont assumé des formes intimidatrices.

C'est ainsi que dans plusieurs communes du département de l'Aude (Lésignan, Conque~o, Salsigne, Trèbes, Montréal St-Hilaire, Pomas, Preixan, Saissac) les Autorités locales auraiem. fait recours à la menace d'expulsion pour obliger les ressortissants italiens à souscrire une demande d'engagement.

La gendarmerie de Levic et de Olivese (Corse) aurait effectué dans le méme bU'I. des visites aomiciliaires au cours desquelles des menaces auraient été proférées contre ceu::~..

qui n'acceptaient pas de s'engager.Dans certains départements l'invitation à souscrire un engagement est souvent adressét> aux ressortissants italiens au moment méme où ils sollicitent le renouvellement de leu~

permis de travail ou de séjour, ce qui constitue, de toute évidence, une forme de pressio:r..qui ne semble pas cadrer avec le texte et l'esprit de la Convention italo-française d'éta. nlissement.

D'une façon générale l'Ambassade estime que toute action ou disposition ayant pombut ou pour effet d'éloigner les intéressés des obligations militaires dans leur Pays d'origine au profit du Pays de résidence est contraire à l'esprit des traités qui lient les deux Pays et aux principes mémes de droit international qui sont à la base de ces traités.

L'Ambassaae Royale saura gré partant au Ministère des Affaires Etrangères s'il voudra bien intervenir aupres des Autorités compétentes afin que ses nationaux ne soient plusl'objet des pressions et des intimidations dont ci-dessus et qu'ils puissent jouir, sans aucune limitation, aes aroits qu'ils tiennent des dispositions de la Convention d'établissement prècitée.

ALLEGATO N. il.

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, BONNET

Pro-memoria Parigi, 6 giugno 1939.

La Préfecture du Var a adopté depuis quelque temps une attitude inexplicabile à l'égard de la représentation consulaire italienne dans le Département. :sur un total de 12 employés régulièrement munis de récépissé spécial, quatre ont été expulsés: Filippa Luisa, Zanoni Luigi, Vatteroni Carlo et Canavero Lorenzo.

M. Conti Raffaele, Agent Consulaire à St. Raphael a été de méme expulsé.

n. 8626/1553 (l)] il quale si distingue fra tutti gli altri suoi colleghi di Francia per la sua mania di persecuzione contro gli Italiani e per la sua tendenza a vedere una spia in ogni nostro agente od impiegato. Ho infine protestato in particolar modo contro un fogliaccio pubblicato recentemente ad Algeri e contenente volgari insulti contro il nostro Augusto Sovrano.

Dopo aver dipinto al Ministro il panorama generale della presente situazione, ho detto che tutto quanto sta avvenendo in Francia favorisce l'attuazione della politica di rimpatrio degli italiani all'Estero decisa dal Duce e che quindi non avevo interesse ad aggiungere alcun speciale commento, ma mi limitavo ad esporgli lo stato delle cose perchè lui stesso, Bonnet, ne traesse le necessarie conseguenze. La persecuzione contro gli italiani sospetti di fascismo o di attaccamento alle nostre Autorità ed istituzioni era controbilanciata da un aumento di simpatia e di favore da parte delle Autorità francesi verso gli Italiani anti-

Sur les 29 Correspondants consulaires existant dans le département, 3 ont été forcés de se rapatrier pour échapper aux menaces de la part des milieux antifascistes et 10 ont été convoqués par les Autorités de Police et ont été l'objet de pressions et de menace de représailles s'ils ne cessaient pas de correspondre avec leur Consul.

ALLEGATO N. 5.

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, BONNET

Pro-memoria Parigi, 6 giugno 1939.

Les fonctionnaires italiens en service à la gare internationale de Modane sont l'objet

depuis quelque temps d'actes d'hostilité non seulement de la part d'individus irresponsables

mais méme de la part de certaines autorités locales.

Le 18 avril dernier, un employé de l'Agence Consulaire de Modane, M. Rezzonico, chargé de faciliter aux ressortissants italiens de passage les différentes opérations de transit

(douane, change de monnaie, etc.) et qui portait, ainsi qu'il en avait été autorisé, un

brassard tricolore avec l'indication • Servizio Emigrazione • a été invité par le Commissaire

de Police à quitter ce brassard s'il voulait, continuer son service.

Le 21 du méme mois, Féte Nationale italienne, les Bureaux Italiens de la Gare de

Modane avaient exposé le drapeau italien, comme d'habitude, mais ils ont été priés de

l'enlever par le Vice Commissaire de Police et par le Chef de Gare Français. Ces fonctionnaires

ont ajouté que c les rapports franco-italiens n'étant plus ce qu'ils étaient • les bureaux

italiens de la Gare doivent se tenir strictement à la Convention en vigueur laquelle ne

comprend pas la fete du 21 avril.

Les 13 et 15 mai, le Chef de Gare M. De Finis Gerardo a été insulté à plusieurs

reprises par un groupe de citoyens français ainsi que M. Riotta, fonctionnaire, et M. Chia

lamberto Alberto, cantonnier, qui a été pris à parti par des soldats, accompagnés par un

officier, sans que celui-ci intervienne pour les rappeler à l'ordre.

De méme M. Notti Giovanni, fonctionnaire des Chemins de Fer de l'Etat Italien a

été invité, par le Commissaire de Police, à fournir ses généralités. Le Commissaire aurait

expliqué à l'intéressé que son intervention provenait du fait que une de ses fillettes avait

été photographiée avec des camarades de classe dans les locaux de l'Ecole italienne dans

lesquels figurait une grande photographie du Chef du Gouvernement Italien.

ALLEGATO N. 6.

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE, BONNET

Pro-memoria

Parigi, 6 giugno 1939.

Depuis quelque temps les Autorités françaises en Syrie et au. Liban refusent le visa

de retour aux citoyens italiens se rendant temporairement en Italle.

D'après les renseignements parvenus à l'Ambassade il semble que cette mesure ne

soit pas appliquée aux étrangers appartenant à d'autres nationalités. . .

Le Consul Général d'Italie à Beyrouth a été en outre informé par le Haut Commissaire

Français que les Consulats de France ne sont plus autorisés à d_élivrer des yisas d'entr~e

en Syrie et au Liban aux ressortissants italiens et allemands, ces v1sas devant etre demandes

au Quai d'Orsay par l'intermédiaire des Consuls compétents.. . .

Etant donné que les dispositions et les usages en v1gueur concernant les ter~1toues

sous Mandats ne permettraient pas de telles discriminations aux do'!lmages de c~toy<:'ns

italiens l'Ambassade d'Italie saura gré au Ministère des Affaires Etrangeres de voul01r b1en

lui faire connaitre la teneur exacte des dispositions précitées.

fascisti, nonchè verso le loro organizzazioni. « Così -ho detto testualmente al Ministro -voi finirete per avere in Francia soltanto dei cattivi italiani come avete accolto dei cattivi spagnuoli. Giudicherete voi se ciò sia nell'interesse della Francia ».

Bonnet, dopo avermi detto che si rendeva conto di tutto ciò, e che avrebbe fatto inchieste, dato istruzioni, ecc. mi ha squadernato sotto gli occhi il famoso numero del Piemonte Antifrancese, pubblicato dal Guf di Torino indicandomi uno per uno gli articoli in esso contenuti. Gli ho risposto che mi pareva trattarsi di «un numero unico», ma che, oltre ad essere unico, il giornale stesso era anche il primo che si pubblicasse in Italia con una serie completa di attacchi contro la Francia ed i suoi uomini di Governo, mentre erano ormai diecine di anni che noi assistevamo alla pubblicazione dei vari Marianne, Match, Vu, Choc, ecc. i quali si erano specializzati in una serie di insulti e menzogne che, per essere ormai stereotipati, non mancavano tuttavia di avere il loro valore come espressione di uno stato d'animo di certi settori dell'opinione pubblica francese. E poichè Bonnet mi ha tirato fuori ancora una volta la vecchia storiella della differenza fra stampa libera e stampa controllata, gli ho ripetuto quanto dissi una volta a Roma all'Ambasciatore Beaumarchais, che, per ristabilire una situazione di equilibrio fra le due stampe, occorreva pure che da parte nostra si scrivessero degli articoli ingiuriosi, poichè altrimenti tutto il vantaggio sarebbe stato per la stampa cosiddetta libera. In realtà il Governo italiano era lungi dal prendere la responsabilità di tutte le pubblicazioni italiane, ma sarebbe ben in diritto di far rispondere a quelle francesi sullo stesso tono.

Bonnet mi ha risposto che ad ogni modo occorreva, secondo lui, cominciare una buona volta a modificare l'atmosfera formatasi nelle relazioni italofrancesi e che perciò aveva tenuto prima di ogni altra cosa a riprendere con me quei normali e periodici contatti che gli ambasciatori sono chiamati ad avere col Ministro degli Affari Esteri. ~ Ho notato con dispiacere -egli mi ha detto -che tranne il periodo di interruzione in seguito agli avvenimenti di Praga, tali contatti sono stati più frequenti col rappresentante tedesco che con quello italiano, così come i tedeschi nelle loro varie manifestazioni culturali, sociali ecc. hanno sempre continuato a svolgere cordialmente la loro consueta attività».

Bonnet ha poi soggiunto che in realtà, quando si era trattato di questioni importanti per l'Italia, egli aveva sempre esercitato un'azione moderatrice sulla stampa, così come è stato ultimamente per la questione albanese, nella quale egli si era reso immediatamente conto delle necessità che avevano spinto l'Italia ad agire. Debbo in realtà ricordare che il contegno seguito dal Governo francese nell'occasione della nostra occupazione dell'Albania fu corretto, come risulta dai telegrammi che inviai a V. E. in quell'occasione; mentre se, in un secondo tempo, si notarono le solite intemperanze giornalistiche, queste furono dovute all'azione inglese ed alle forze antitaliane di diverso generè che agiscono con preponderanza assoluta sulla stampa francese.

Bonnet ha pure lamentato che mai egli ha avuto alcuna risposta a parole di simpatia verso l'Italia da lui in passato pronunziate in occasione di suoi

discorsi politici. Non ho risposto naturalmente a queste recriminazioni, dato il carattere personale che Bonnet ha voluto dare a esse, senza entrare nella questione generale dei rapporti fra i due Paesi

Per quanto riguarda tali rapporti, Bonnet si è pure meravigliato con me del fatto che alcuni giornali italiani, dopo che V. E. aveva chiarito a FrançoisPoncet la portata delle rivendicazioni italiane, avessero rimesso in questione richieste di ordine territoriale. Gli ho risposto che naturalmente per il Governo francese non può aver valore che quanto dice il Ministro degli Affari Esteri d'Italia.

Ho approfittato dell'occasione per esprimere a mia volta sorpresa per il discorso pronunciato ieri dal Presidente della Compagnia del Canale di Suez [mio telespresso n. 3752/1641 in data odierna (1)], discorso che è in contrasto con quanto mi ebbe a dire lo stesso Bonnet (mia lettera n. 3236/1388 del 17 maggio u. s.) circa la sua ottima impressione sulla ragionevolezza delle richieste formulate da V. E. a François-Poncet, fra cui naturalmente quella di Suez. Bonnet mi ha risposto che il discorso del Marchese di Vogué non aveva nessuna importanza e che non bisognava farne conto. Egli ha aggiunto a questo punto che era sempre disposto personalmente ad arrivare alla normalizzazione dei rapporti con l'Italia mediante negoziati che ci dessero giuste soddisfazioni e che permettessero «al Ministro degli Esteri francese di andare in Italia ed a quello italiano di venire a Parigi», ma che l'opinione pubblica francese era ancora assai montata e incapace di comprendere l'utilità di tali negoziati nella perdurante incertezza della situazione internazionale. Ha accennato specialmente alla questione di Danzica che pende tutt'ora sull'Europa come una spada di Damocle, all'alleanza italo-tedesca ed agli obblighi che questa comportava per l'Italia, alla decisione ormai definitiva della Francia di opporsi a qualsiasi altro colpo di forza, accettando eventualmente la guerra la cui responsabilità sarebbe ricaduta sugli altri, e ha terminato col dire che, dopo quanto Hitler aveva detto · a Monaco «di non volere i cèchi nemmeno se glieli regalavano » il Governo francese non poteva ormai avere più molta fede in trattative internazionali.

Gli ho risposto che se il Governo francese riconosceva che vi erano delle questioni da risolvere e che era suo interesse di risolverle, dalla soluzione stessa di tali questioni sarebbe rinata la fiducia internazionale. Secondo me, l'alleanza fra l'Italia e la Germania era una ragione di più e non una ragione di meno per la Francia di risolvere le questioni che aveva pendenti con noi, mentre d'altra parte i leali contatti che l'ambasciatore di Francia poteva avere con

V. E. a Roma dovevano servire a chiarire tutto quanto poteva ancora non essere comprensibile all'opinione pubblica francese, ma di cui egli certo si rendeva conto come uomo di Stato.

La conversazione è finita così cordialmente e Bonnet mi ha detto che mi avrebbe richiamato fra una diecina di giorni per darmi conto delle varie questioni concernenti i nostri connazionali in Francia per le quali ero andato a parlargli.

(l) -Vedi D. 128. (2) -Gli allegati sono i seguenti:

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

143

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRQ DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2778/1188. Sofia, 7 giugno 1939.

Telespresso di V. E. del 29 ultimo n. 216103/C (1). Anche qui qualcosa è trapelato circa asseriti consigli britannici alla Grecia, di venire incontro alle aspirazioni bulgare sulla Tracia.

Tale azione dell'Inghilterra, che corrisponde a quella della stessa da troppe parti ormai confermata, verso la Romania per la soluzione della questione dobrugiana, nonostante la mancanza per ora di ogni risultato, fa si, come ho altra volta segnalato, che in questi circoli politici si constati che solo l'Inghilterra abbia finora spiegato un'attività concreta a favore della Bulgaria, e incoraggia l'idea che da parte britannica questo Paese possa realmente attendere la soluzione dei propri problemi nazionali.

144

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2784/1192. Sofia, 7 giugno 1939.

A telegramma per corriere di V. E. 10659/C del 3 corrente (2).

L'impress'ione che il Regio Ministro in Budapest registra, a conclusione

delle sue comunicazioni di cui al telecorriere surriferito di V. E., sul maggior

irrigidimento ed intransigenza dell'atteggiamento romeno nei riflessi dei suoi

rapporti con l'Ungheria, corrisponde esattamente all'impressione che qui si ha

dell'atteggiamento stesso nei confronti della Bulgaria.

Questa impressione, che manifesta oramai un'evidenza dopo il peggioramento

dei rapporti bulgaro-romeni a seguito dei noti incidenti dobrugiani, è tanto più

sensibile, dopo le speranze ::1 suo tempo intravvedute, come segnalai, di una

soluzione del problema della Dobrugia in accordo con la Romania.

Nel parlarmi di tale atteggiamento, questo Presidente del Consiglio non

ha mancato a varie riprese di metterlo sul conto della sensazione di maggior

sicurezza data alla Romania dalla recente garanzia britannica, e di metterla a

raffronto con l'intransigenza manifestata in analoga condizione dalla Polonia

verso la Germania.

145

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2809/1196. Sofia, 7 giugno 1939.

Mi pregio segnalare all'E. V. che il Ministro di Bulgaria ad Ankara è stato per qualche giorno a Sofia, ove ha conferito con il Presidente del Consiglio ed è stato anche ricevuto in udienza dal Re.

La sua venuta è messa generalmente in relazione al viaggio di Gafencu ad Ankara: ed egli è infatti ripartito oggi per essere in sede durante i colloqui fra Gafencu e Saracoglu.

Anche il Console di Bulgaria ad Adrianopoli è stato chiamato a Sofia a conferire.

(l) -Non rintracciato. (2) -Non rintracciato.
146

L'AMBASCIATORE A BRUSSELLE, LOJACONO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2495/647. Brusselle, 7 giugno 1939.

Ho l'onore di rispondere al quesito postomi da V. E., col telegramma circolare n. 386 (1), circa la posizione di questo Paese di fronte alle Potenze dell'Asse e alle Potenze democratiche nei riguardi dei patti di non aggressione e dei patti di garanzia.

Posizione giuridica

La posizione giuridica del Belgio di fronte ai due aggruppamenti politici europei è interamente ed esclusivamente contenuta nei termini delle dichiarazioni di garanzia fornite dalla Francia ed Inghilterra il 24 aprile 1937 e dalla Germania il 13 ottobre 1937. Allego, a titolo di documentazione, il testo delle due dichiarazioni (2).

Per potere esaminare, ora, il valore di queste due dichiarazioni, l'impiego che il Belgio intende farne, la connessione di esse nel quadro di precedenti atti fondamentali internazionali, la sopravvivenza e la decadenza totale o parziale, bilaterale od unilaterale, delle disposizioni di detti atti precedenti, ed infine la funzione del Belgio nel quadro della sicurezza collettiva e del non ricorso alla guerra, occorre risalire alquanto indietro nel processo di maturazione della nuova politica di « indipendenza » assunta dal Belgio col famoso discorso del Re Leopoldo III del 14 ottobre 1936.

Sviluppo storico

La neutralità «imposta», che ebbe la sua origine nei Trattati del 14 ottobre 1831 e del 19 aprile 1839, fu alternativamente considerata nel Belgio durante tre quarti di secolo come un deplorevole ingombro allo svolgimento di una politica di Stato sovrano ovvero come un provvidenziale schermo di protezione a seconda della maggiore o minore distanza con cui si prospettavano i pericoli di guerra.

Durante le schiarite di orizzonte, il Belgio propendeva per liberarsi dall~ posizione di Stato permanentemente neutralizzato; quando invece si addensavano le nuvole temporalesche, esso si aggrappava tenacemente alla sua neutralità ed alle garenzie che vi erano connesse.

In realtà, poichè le circostanze ed i mezzi per affrontarle si misurano col metro delle grandi necessità, nessuno può disconoscere che il Belgio dovette alla sua neutralità permanente il beneficio di uscire indenne dalle crisi che Io minacciarono nel corso della sua esistenza sino al 1914; e che, per essere precisi, si addensarono in tre momenti distinti: dal 1831 al 1839, in vista della reazione olandese al distacéo delle provincie belghe; dal 1850 al 1860 in vista delle mire annessionistiche del secondo Impero napoleonico; ed infine nel 1870, quando sembrò un miracolo che le operazioni di guerra franco-prussiane non dilagassero in territorio belga.

Se nel 1914 il congegno non resse, ciò non significò che esso fosse inutile

o cattivo; significò soltanto che, dopo avere lungamente servito, esso si trovò un bel giorno, come avviene per qualsiasi congegno, innanzi a sforzi o pressioni superiori alla sua capacità di funzionamento. Ma da questo a dichiarare inservibile un congegno che aveva funzionato per tre quarti di secolo, ci corre.

All'uscita della guerra mondiale, tre elementi psicologici e politici concorsero tuttavia a schierare il Belgio sulla tesi del ripudio della neutralità permanente:

a) la fierezza di avere valorosamente combattuto e di non meritare più la qualifica umiliante di Stato permanentemente neutralizzato; b) la ferita ancora fresca della violazione sofferta, che portava ad un senso istintivo di discredito del regime di neutralità; c) ed infine la sensazione del collasso germanico che poteva permettere al Belgio il lusso di una politica di libere inclinazioni.

In base a queste disposizion'i di spirito, il Belgio ottenne che nell'Art. 31 del Trattato di Versaglia fosse proclamato che i trattati del 19 aprile 1839, i quali stabilivano, prima della guerra, il regime internazionale del Belgio, non corrispondevano più alle nuove circostanze.

Era fondato credere allora, almeno da parte belga, che quel tanto di sicurezza che questo Paese perdeva ripudiando il regime di neutralità, fosse largamente coperto, per altro verso, dall'istituzione della Società delle Nazioni, nell'atto stesso della Pace di Versaglia; e che le servitù militari imposte alla Germania, soprattutto con la lunga demilitarizzazione della zona renana, formassero un cuscinetto di protezione sufficiente per una sicurezza non vincolata a formule di neutralità permanente.

D'altra parte l'appoggio della Francia, uscita vittoriosa ·da Versaglia più che dai campi di battaglia, costituiva un elemento di sicurezza di fatto che il Belgio si affrettò ad accaparrarsi, come primo atto della sua politica di Potenza sovrana, concludendo il famoso accordo militare del 7 settembre 1920, nel quale gli Stati Maggiori della Francia e del Belgio stabilivano in comune una serie di misure militari da prendere per parare all'eventualità di un ritorno offensivo della Germania contro il Belgio o contro la Francia.

Sulla portata, oltre che sull'opportunità di questo accordo, fu lungamente discusso giacchè se da una parte si trattava di impegni presi da autorità tecniche che non potevano coinvolgere la politica fondamentale dello Stato, dall'altra era inconcepibile il pensiero che le autorità tecniche marciassero allegramente per conto loro senza la consapevolezza di una comunione di idee con le rispet

tive autorità politiche. Inoltre, concorsero ad accrescere la importanza del patto e la ambiguità dei suoi termini le circostanze della comunicazione di esso alla Società delle Nazioni e della pubblicazione fatta dalla Società delle Nazioni di un riassunto adulterato o per lo meno incompleto di esso e delle relative lettere di accompagnamento, secondo le quali l'accordo apparisce come operante anche all'infuori del caso di «aggressione germanica non provocata l).

Gli impegni imprudenti assunti dal Belgio con questo accordo, la mancanza di un accordo simmetrico con l'Inghilterra che ne avrebbe attenuato i rischi, la partecipazione del Belgio all'occupazione militare di alcune città della Renania per ricondurre la Germania all'adempimento delle riparazioni, possono legittimare il paradosso che il Belgio si facesse in quattro, insieme con la Francia, per parare il pericolo germanico, non nella convinzione che questo pericolo esistesse, bensì nella convinzione opposta di trovarsi dinanzi ad un avversario legato al palo della tortura, ed incapace perciò di reagire alle facili ostentazioni di potere militare a cui il Belgio si dedicava nella frenesia di usare ed abusare del suo nuovo stato di «non neutralità :..

Non era tuttavia questa politica sbrigliata del Belgio che poteva, dopo le aberrazioni di Versaglia, mantenere l'Europa nell'aberrazione ancora maggiore di ignorare e lasciare alla mercè del caso, o di una volontà unilaterale, o di una necessità strategica le cui attrattive non solleticano soltanto la potenza d'urto germanica, questo triangolo strategico del Belgio ove l'Europa si è eternamente incontrata, come nella pianura padana, per risolvere i suoi eterni conflitti.

Una posizione strategica come questa si può definire, con linguaggio di attualità, il « ring:. dell'Europa. Più facilmente accessibile che la pianura padana, il triangolo belga non ha avuto la sorte di divenire il trampolino di un Impero.

Popolato da un complesso demografico privo di omogeneità e guidato da una dinastia che, per quanto gloriosa, si è prefissa unicamente il compito di regnare e non di imperare, lo Stato belga non ha niente del bellicoso Piemonte che, trovandosi anch'esso ad un crocevia degli eserciti di Europa, ne profitta per urtare invariabilmente sulla destra o sulla sinistra, col risultato sistematico di una inesorabile avanzata a colpi di spalla sulla penisola, sul Mediterraneo e fino all'Arce leggendaria di Roma. In grazia di che, la funzione passiva di un campo di battaglia calpestato dagli eserciti di tutto il mondo si trasforma e si eleva alla funzione supremamente attiva di una posizione centrale di dominio su quel Mediterraneo che è il fulcro della vita del Globo.

Un popolo che non sa o non vuole trarre questo dovere di imperio dal tremendo privilegio di trovarsi sempre al centro della mischia non può sfuggire al destino di essere alla mercè degli eserciti in marcia. Ciò avverrà con tanta maggiore frequenza o probabilità quanta maggiore è la necessità di estendere le fronti e di aggirare le ali, imposta dalle dimensioni sempre più totalitarie della guerra moderna.

L'Inghilterra, la Francia, la Germania, prospicienti sulle corde del «ring »,

e la stessa Italia, attrattavi dal giuoco delle connessioni della guerra senza

limiti, a sei anni di distanza dal disinteresse mostrato a Versaglia verso la

funzione strategica del Belgio, tornano sui loro passi; e poichè il mondo, anche

pensando alla guerra, non può fare a meno di vivere e di esprimersi in una con

'li · Documenti diplomatici· Serie VIII ·Vol. XII

cezione di convivenza pacifica, le quattro Potenze si incontrano nel proposito

di ripristinare, sia pure sotto altre formule esteriori, la intangibilità del territorio

belga mediante gli accordi idilliaci di Locarno del 16 ottobre 1925.

Il male sì fu che il Patto renano, che fa parte del complesso degli accordi

sopradetti, connetteva la sicurezza delle frontiere belghe a quella della fron

tiera franco-germanica, con tutto il bagaglio delle demilitarizzazioni unilaterali

stabilite da Versaglia, e faceva dello stesso Belgio, garentito, uno dei garanti

dello statu quo territoriale franco-germanico. Il vizio fondamentale del Patto

renano risiedeva dunque nella contraddizione di volere, da una parte, salvare

ii Belgio dal pericolo di essere coinvolto in una guerra, per finire, poi, dall'altra

parte, con coinvolgerlo, automaticamente, in qualsiasi conflitto franco-germanico

pel semplice fatto di attribuirgli la funzione di garante della frontiera renana.

Come se non bastasse questa contraddizione, sopravvenivano precisazioni

tanto da parte francese quanto da parte belga per confermare che l'accordo mi

litare franco-belga del 7 settembre 1920 continuava ad aver vigore nel quadro

del Patto di Locarno.

Non si può dire dunque se erano per il Belgio maggiori le garanzie che

riceveva o i pericoli a cui si esponeva col Patto di Locarno. In verità, siccome

il focolare di pericolo risiedeva un1camente sulle frontiere franco-germaniche, il

solo fatto di chiamare in causa il Belgio per difendere queste frontiere annullava

praticamente il principio di inviolabilità del suo territorio, che poteva divenire

il territorio di un belligerante qualsiasi al primo squillo di guerra in Europa.

Le cause di intranquillità del Belgio erano già enormi di per se stesse di

fronte a queste gravi eventualità ed al crescente vigore con cui la Germania

si rimetteva in piedi, quando la Francia procedette all'allargamento dei foco

lari di conflitto con la conclusione del Patto di mutua assistenza coi Soviet.

Questa mossa inopportuna potè consentire alla Germania di dichiarare decaduti gli accordi di Locarno e di rioccupare la Renania, il 7 marzo 1936. Contemporaneamente l'azione della Lega delle Nazioni si disarticolava definitivamente nello scacco completo del suo piano contro l'Italia e tutto il concetto della sicurezza collettiva e della cosidetta collaborazione europea a servizio della pingue digestione franco-britannica cadeva in acqua.

Di fronte .a queste nuvole minacciose, il pendolo delle velleità antineutrali del Belgio torna precipitosamente sulle posizioni di prudenza. La parola «neutralità » riacquista i suoi fascini. Tuttavia, si vuole ancora salvare la faccia app'iccicando alla stessa parola la qualifica di « volontaria » invece che quella prebellica di «imposta ».

Da qui nasce la nuova politica, detta per eufemismo di «indipendenza», che tende a buttare a mare in tutta fretta gli impegni capaci di coinvolgere il Belgio in un conflitto ed a riacchiappare una boa di salvezza di garanzie unilaterali a cui aggrapparsi -per quel tanto che possano valere -al sopraggiungere della tempesta.

Accanto a questo atteggiamento giuridico-politico, appare il fermo proposito -che salva il prestigio di tutto il sistema e gli fornisce un contenuto di rispettabile serietà -di contare innanzi tutto sulle forze di un esercito da ricostituire saldamente per difendere fino all'estremo le frontiere del Paese ed impedire che esso sia violato da forze straniere.

Non è però senza alternative di incertezze che si. arriva a questa con~ elusione.

Cosi, nel marzo 1936, il Governo belga, mentre si stacca dall'accordo militare con la Francia del 7 settembre 1920 -e lo dichiara decaduto -procede a scambi di vedute con Londra per l'adozione di misure, sia pur provvisorie, nell'attesa della conclusione, in cui ancora si sperava, di un accordo generale che sostituisse l'accordo di Locarno. Questi scambi di vedute portano ad una dichiarazione del 19 marzo 1936 datata da Londra in cui si parla di contatti fra gli Stati Maggiori i~glese, francese e belga, per assicurare una rapidità di intese comuni in caso di emergenze nel .Periodo transitorio che precederebbe la conclusione del nuovo accordo occidentale.

Come si vede il pendolo aveva ancora le sue oscillazioni dalla parte delle democrazie, mentre la buona prudenza consigliava un sistema assolutamente equidistante tra i due grandi raggruppamenti europei.

Fu l'azione personale del Re Leopoldo III che valse a rompere gli indugi. Nel discorso pronunziato in un solenne Consiglio dei Ministri il 14 ottobre 1936, e dato poi al popolo ed agli organi costituizionali come direttiva generale di governo, Sua Maestà dichiarava che l'organizzazione militare e la politica internazionale del Paese dovevano avere una scopo unico: allontanare la guerra dal territorio nazionale. La situazione geografica -continuava il Re -impone al Belgio di mantenere un apparecchio militare di :;;tatura sufficiente per dissuadere qualsiasi dei suoi vicini dall'idea di valersi del territorio belga per attaccare un altro Stato. Gli impegni del Belgio non debbono andare al di là di questo. Qualsiasi politica unilaterale indebolisce la posizione del Belgio all'estero, suscita divisioni all'interno e non concorre allo scopo giacchè, per pronto che sia il soccorso di un alleato, esso non interverrebbe che dopo l'urto fulmineo dell'invasore. Questa politica « esclusivamente ed integralmente belga » deve risolutamente mirare a collocare il Belgio, come la Svizzera e l'Olanda, al di fuori dei conflitti dei suoi vicini.

La nuova politica di indipendenza non poteva basarsi peraltro sull'elemento esclusivo e negativo dell'assenza di ogni impegno compromettente verso i propri vicini: occorreva altresi che questi ultimi la accettassero, svincolando il Belgio dai predetti impegni senza per questo cancellare i propri.

È questo il senso e la finalità della dichiarazione franco-britannica del 24 aprile 1937 da cui questo rapporto prende le mosse.

Differenze tra le due dichiarazioni di garanzia

La differenza tra la dichiarazione franco-britannica e la dichiarazione tedesca è questa: che la prima pone come condizione dell'assistenza franco-britannica la fedeltà del Belgio al Patto della Società delle Nazioni e definisce l'assistenza stessa come quella prevista dagli accordi di Locarno e dalla Dichiarazione di Londra del 19 marzo 1936; mentre la dichiarazione tedesca ignora naturalmente tanto la Società delle Nazioni quanto gli accordi di Locarno e, con evidente richiamo all'eventualità che il Belgio sia chiamato a dare possibilità di passaggio per le sanzioni militari previste dall'art. 16 del Patto della Società delle Nazioni, pone come condizione della assistenza germanica la astensione del Belgio da qualsiasi azione militare contro la Germania in caso di conflitto in cui questa si trovi impegnata.

Atti internazionali che sopravvivono in tutto o in parte alle dichiarazioni di garanzia

Quali sono gli Atti internazionali che sopravvivono, in tutto o in parte, bilateralmente o unilateralmente, alla nuova politica di indipendenza del Belgio, nei confronti coi due aggruppamenti dell'Asse e delle Potenze democratiche?

A) Del Trattato di Versaglia sopravvivono le clausole territoriali in base alle quali risulta definito il territorio del Belgio, alla cui inviolabilità si riferiscono le dichiarazioni franco-britannica e germanica.

B) L'art. 31 che diclliara non più corrispondente alle condizioni del tempo i Trattati di neutralizzazione del 1839, e che vincola il consenso della Germania a qualsiasi convenzione che regoli il nuovo regime internazionale del Belgio, è .assorbito nelle dichiarazioni sopradette.

C) Il Patto della Società delle Nazioni formalmente sopravvive, ma è contestata la compatibilità dell'art. 16 con lo spirito delle dichiarazioni di garanzia, specialmente se si considerino i termini della garanzia germanica. Il fatto che da parte belga la dichiarazione germanica sia ufficialmente accettata senza riserve, fa ritenere che il principio di fedeltà del Belgio a Ginevra non abbia più altro valore che quello di una manifestazione platonica.

Del resto è qui accettata come pacifica l'interpretazione dell'art. 16 del Patto della Società delle Nazioni nel senso che non esistono più obblighi di sanzioni militari per alcuno, e tanto meno per il Belgio. Nella relazione al bilancio degli Esteri, presentata dalla Commissione della Camera dei Rappresentanti il 6 giugno corrente, è categoricamente confermata la dichiarazione fatta dal delegato belga all'ultima Assemblea della Società delle Nazioni il 16 settembre 1938, in questi termini: «Il Belgio figura tra gli Stati che, riuniti nel luglio scorso a Copenaghen, hanno deciso di mantenere la linea di condotta che si sono tracciati e che considerano tutto il sistema previsto dall'art. 16 del Patto, sia in quello che concerne le sanzioni economiche che le facilità di passaggio, come un sistema che, nelle condizioni attuali e secondo la pratica seguita negli anni scorsi, ha acquisito un carattere di non obbligatorietà». La Commissione Parlamentare aggiunge: «La grandissima maggioranza dell'Assemblea (di Ginevra) si è formalmente associata a questo punto di vista. Esso è stato favorevolmente apprezzato anche dalle due Potenze, membri della Società delle Nazioni, che concorrono nella garanzia di inviolabilità del nostro territorio -Inghilterra e Francia -ed i principi a cui esso si inspira furono applicati dal Governo in occasione della crisi di settembre con l'approvazione espressa del nostro Parlamento. Del resto l'art. 121 della nostra Costituzione si oppone formalmente a qualsiasi passaggio armato che non sia autorizzato da una legge. Il Belgio non deve per nulla temere che gli obblighi assunti di fronte alla Società delle Nazioni possano trascinarlo al di là dei limiti della propria difesa».

D) Il Patto di Locarno è estinto nei rapporti del Belgio con la Germania. Invece nei rapporti del Belgio con la Francia e l'Inghilterra esso è claudicante: sopravvive, in forza delle lettere di garanzia del 24 aprile 1937, per tutti gli impegni che corrono dalla parte delle Potenze democratiche verso il Belgio ed è estinto per tutti gli impegni che corrono da parte del Belgio verso le Potenze democratiche.

E) La dichiarazione di Londra del 19 marzo 1936, sulle intese di Stati Maggiori, è egualmente claudicante: vige, in forza delle lettere di garanzia sopra citate, da parte delle Potenze democratiche verso il Belgio e non vige da parte del Belgio verso le Potenze democratiche.

F) Infine il Patto di Parigi del 27 agosto 1928 (Briand-Kellogg) per il non ricorso alla guerra resta per il Belgio come una pura manifestazione platonica tanto più che, essendo stato firmato egualmente dalle Potenze dell'Asse e dalle Potenze democratiche, non muta per nulla la posizione di equidistanza del Belgio verso le une e le altre.

Conclusione

Al termine di questo studio, si può giungere alla conclusione che il Belgio, volendo ad ogni costo evitare di essere coinvolto in una guerra, segue una scrupolosa politica di equidistanza di fronte ai due grandi aggruppamenti europei.

Giunti però a questo punto, giudichiamo atto di omissione e di inesatta documentazine quello di tacere che tutti gli altri elementi della vita morale e spirituale di questo popolo, al di fuori dell'atteggiamento freddamente ufficiale e giuridico del Governo, sono radicalmente influenzati di teorie e mentalità democratiche, di simpatia per la Francia, di ammirazione direi quasi irragionevole verso l'Inghilterra, di rancore verso la Germania e di timore non disgiunto da odio verso il sistema dell'Asse.

Questo deve avere il suo peso nella valutazione della posizione di equidistanza del Belgio, non essendo escluso, in un regime parlamentare, che una lunga politica di calcolo e di prudenza perseguita freddamente dai Governi possa all'ultima ora, nel turbine dei rivolgimenti internazionali, subire anche essa i suoi improvvisi rivolgimenti o quanto meno l'influsso di sentimenti popolari che le fiamme di una guerra prorompente possono portare ad improvvise incandescenze.

(l) -Vedi D. 90. (2) -Non pubblicato.
147

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 119. Sofia, 8 giugno 1939, ore 13,15 (per. ore 17,25).

Mio telespresso n. 1082 del 25 maggio u. s. (1). È venuto a trovarmi Ministro di Jugoslavia di ritorno di recente da Belgrado. Mi ha lungamente parlato posizione Intesa Balcanica verso nuovo accordo

(l} Non rintracciato.

anglo-turco. Afferma che accordo apre per Intesa Balcanica grave quesito che investe questione sua stessa validità di fronte maggiori impegni assunti da uno suoi propri membri e che attualmente tale quesito deve essere acclarato, accertando altresl se Turchia dovrà considerarsi decaduta da Intesa Balcanica tuttavia sussistente, ovvero se Intesa Balcanica dovrà essere sostituita da nuovo sistema con eventuale adesione Bulgaria.

Ho osservato che questa ha più volte dichiarato non essere disposta stringere nuovi patti se non dietro soddisfazione proprie aspirazioni territoriali. Mostrandosi alquanto evasivo in proposito e pur senza escludere future possibilità tali soddisfazioni, mi ha replicato Bulgaria dovrà in primo luogo tenere presente problema stesso sicurezza sue frontiere: nè .crede interessamento dimostrato Inghilterra per aspirazioni Bulgaria possa concretarsi comunque in pratici risultati.

Ritiene che situazione potrà rimanere chiarita dopo viaggio Gafencu Ankara Atene.

148

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AI PREFETTI DI BARI, BOLOGNA, BRINDISI, GENOVA, MILANO, NAPOLI, TORINO, TRIESTE, TARANTO

T. IN CHIARO 391 R/C. Roma, 8 giugno 1939, ore 15,30.

In seguito all'avvenuta assunzione da parte dell'Italia di tutti i servizi diplomatici e consolari albanesi, i consoli d'Albania nel Regno cessano dalle loro funzioni.

Prego pertanto V. E. invitare codesto Console di Albania a consegnare a

V. E. archivio debitamente inventariato nonchè emblemi bandiere timbri e eventuali valori.

V. E. potrà continuare a valersi per il momento qualora lo giudichi necessario dell'opera dei cittadini albanesi residenti in codesta Provincia riferendo al riguardo a questo Ministero Sottosegretariato Affari Albanesi e per conoscenza

R. Ministero Interno.

Saranno successivamente impartite istruzioni per rilascio e rinnovo passaporti a cittadini albanesi.

149

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, E AL MINISTRO A BUCAREST, GRIGI

T. 388 R. (1). Roma, 8 giugno 1939, ore 16.

Ribbentrop mi ha fatto conoscere che, nelle more della conclusione definitiva del Trattato anglo-turco si propone di parlare molto chiaramente ad Ankara rimproverando a quel Governo sleali basi dei suoi procedimenti nei

riguardi Germania e ammonendo che una qualunque estensione ai Balcani del progettato accordo anglo-turco sarebbe considerata dal Reich come atto non amichevole. Egli spera cosi di ottenere almeno che Turchia rinunci al paragrafo 6 del suo progetto di accordo con Inghilterra e cioè alla cosidetta organizzazione della pace nei Balcani.

Ribbentrop farà fare dichiarazioni nello stesso senso alla Romania prima del viaggio di Gafencu ad Ankara, e ciò anche per impedire eventuali slittamenti romeni verso la Turchia.

Innanzi di parlare tanto ad Ankara quanto a Bucarest, mi ha chiesto se ero d'accordo. Gli ho risposto di si e gli ho fatto conoscere che da parte mia avrei proceduto analogamente.

Recatevi da codesto Ministro degli Esteri e parlate in conseguenza.

(per Bucarest)

Qualunque ulteriore avvicinamento politica codesto Governo a quella inglese e turca e quindi modifiche in tal senso Intesa Balcanica non potrebbero non pregiudicare gravemente possibilità sviluppi considerati in occasione recente visita Gafencu a Roma. In tale deprecata ipotesi, rapporti italo-romeni dovrebbero essere radicalmente riveduti.

Nel suo complicato quanto errato giuoco, Inghilterra incoraggia ed appoggia, in Asia, rivendicazioni Turchia su Alessandretta, e ne stimola nei Balcani le ambizioni politiche. Sono contropartite che Londra offre ad Ankara. Non vedo però in tutto questo l'interesse di codesto Paese, senza parlare delle ripercussioni a cui esporranno la Romania gli accordi in corso tra l'Inghilterra e la Russia.

(per Ankara)

Governo italiano non si rende ancora ben conto come Turchia abbia potuto prestarsi a divenire strumento politica accerchiamento Inghilterra, né quali «reali» benefici se ne riprometta. Nostre intenzioni amichevoli verso Ankara sono state da me messe chiaramente in evidenza da ultimo in una recente conversazione con questo Ambasciatore di Turchia. Non consideriamo l'Albania come mezzo di pressioni e di minacce, ma come ragione di maggiori e migliori rapporti con gli altri Stati balcanici. Ogni altra affermazione e supposizione è falsa.

Era preciso desiderio italiano che rapporti con codesto Paese si svolgessero con quanta più cordialità possibile. Questo desiderio rimane, sempre però che Turchia mostri di condividerlo; e non sarà imputabile a noi se Turchia perseverando, e peggio, procedendo oltre, sulla strada su cui si è messa, noi saremo costretti a trarne le necessarie conseguenze.

(per Ankara e Bucarest) Telegrafate.

(l) Il T. inviato a Bucarest porta il n. 116.

150

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI

T. 390/103 R. Roma, 8 giugno 1939, ore 11.

Con altro telegramma Vi trasmetto telegramma del R. Ambasciatore a Berlino n. 355 del 5 giugno c. a. (1).

Circa il n. l) siete autorizzato a parlare opportunamente nel senso indicato. Questione uscita Jugoslavia da Società delle Nazioni non fu trattata in modo speciale in Italia, pur facendosi chiaramente conoscere nostro pensiero che è identico a quello tedesco.

Circa il n. 2) conviene incoraggiare opportunamente tendenze segnalate nei riguardi Turchia. Ove Belgrado si preoccupasse di un'attitudine meno amichevole che Turchia potesse assumere in conseguenza verso Jugoslavia, potete far sentire costi che Jugoslavia potrà sempre contare su nostro aiuto ed assistenza.

151

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI

T. PER CORRIERE 392 R.

Roma, 8 giugno 1939, ore 18.

Vostro telegramma n. 94 (2). Fornite particolari circa fatti lamentati: dove, in che circostanze e quando si sarebbero verificati.

152

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A HSIN KING, GUADAGNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 59. Hsin King, 8 giugno 1939, ore 23,30 (per. ore 24).

Mi rifersico al m'io telegramma n. 57 (3).

Questo corrispondente della Reuter, informatore attendibile e unico autorizzato a visitare campi dei recenti scontri alla frontiera mongola, mi ha comunicato alcuni particolari.

Forze aeree mongolo-sovietiche consistono in apparecchi leggeri da bombardamenti tipo c: E :., scadenti e cui lentezza e relativa difficoltà manovra può spiegare catastrofico risultato contro le forze aeree giapponesi nettamente inferiori in numero.

Truppe mongole erano comandate da ufficiali russi, come pure russi erano quasi tutti i piloti.

Da parte del Manciukuò truppe impegnate sono state in massima parte giapponesi. Informatore ha confermato che gli attacchi aerei e campali sono stati tutti completamente respinti. Esperienze settimana scorsa hanno confermato quindi Stato Maggiore giapponese convinzione superiorità proprie forze armate. Informatore stesso affermato che soltanto ordini Tokio hanno impedito armata Kuang Tung procedere senz'altro al contrattacco.

Circa ragioni che possono avere causato attacchi contro la frontiera mancese, egli ritiene trattarsi di tentativo diversivo sovietico che avrebbe tentato spingere mongoli contro quel particolare lato frontiera per distrarre attenzione dei giapponesi da altri punti da cui parte truppe e materiale bellico sarebbero stati recentemente ritirati ed inviati in Europa.

(l) -Vedi D. 115. (2) -Vedi D. 91. (3) -Non pubblicato.
153

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 96. Roma, 8 giugno 1939 (per. stesso giorno).

La stampa estera, specialmente quella inglese, ha pubblicato, in questi giorni, che il Papa si proporrebbe di riprendere, per portarla avanti, l'azione avviata per la pace.

Il Cardinale Segretario di Stato, rispondendo a una mia domanda, mi ha dichiarato che, per il momento, il Santo Padre non ha in animo di prendere ulteriore iniziativa.

Sta di fatto che la situazione generale è considerata dal Pontefice come preoccupante. Da ogni parte si proclama di non volere la guerra, mentre invece tutto fa temere che ci si avvicini al conflitto che, ormai, anche le popolazioni dei diversi Paesi considerano ineluttabile.

Se tale deprecata situazione di cose si accentuasse o anche soltanto perdurasse, il Papa interverrebbe nuovamente. Ho procurato di ottenere più precise notizie in proposito, ma il Cardinale non me ne ha date, insistendo nel dire che, per ora, non c'è nulla.

154

IL LUOGOTENENTE GENERALE A TIRANA, JACOMONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 205. Tirana, 8 giugno 1939.

Gemi! Dino è venuto stamane a riferirmi un colloquio che egli ha concesso a titolo personale al Ministro di Grecia signor Skeferis e ad altri membri del corpo diplomatico.

Il signor Skeferis ha protestato contro il tenore della lettera circolare trasmessa da questo Ministero degli Esteri a tutte le Legazioni Estere e della quale ho trasmesso copia, specie per la parte concernente la dichiarazione di incompetenza del Governo Albanese a concedere ancora i privilegi e le immunità diplomatiche. Egli inoltre ha richiesto che la immunità alle rappresentanze estere qui, venisse conservata per un certo periodo di tempo, necessario a smobilitare le cancellerie.

A queste richieste del signor Skeferis, che parlava un po' a nome proprio e un po' a nome del Corpo Diplomatico, di cui era decano, senza tuttavia accennarvi chiaramente, il signor Gemi! Dino ha risposto ribattendo con molta efficacia che non poteva ormai più parlare come ministro degli Esteri essendo decaduto da questa carica e che lo stesso Ministero degli Esteri di Tirana aveva con la data del 3 giugno, cessato di esistere. Avendo allora il signor Skeferis chiesto non senza ironia se gli albanesi ormai dovevano attendere solo ordini da Roma, Gemi! Dino ha risposto con energia facendogli osservare che frasi di questo genere (egli ha citato anche l'altra dell'invio di truppe albanesi in Africa) provenienti proprio da Legazioni Estere, lo avevano spinto ad affrettare la conclusione dell'accordo sull'unificazione del servizio diplomatico consolare dell'Italia e dell'Albania, che aveva infine ritenuto opportuno di trasmettere ai Capi Missione copia del testo dell'accordo itala-albanese sull'unificazione dei servizi diplomatici consolari, affinchè essi stessi potessero rendersi conto che la Sede ormai ove questioni del genere dovevano essere poste non era più 'rirana ma Roma.

Dalle altre conversazioni che Gemi! Dino ha avuto con i Ministri di Turchia, d'America e di Jugoslavia è apparso che il Corpo Diplomatico qui si prepara a partire. A tutti egli ha ancora chiarita la circolare inviata ribadendo il concetto che esulava dal Governo Albanese ogni competenza circa il mantenimento, anche in via provvisoria, dei privilegi e immunità diplomatiche.

155

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATO PER CORRIERE 86. Berlino, 8 giugno 1939 (per. giorno 9).

Telegramma per corriere V. E. n. 10921 P.R./C del 6 corr. (1). Effettivamente qui si ritiene che una ripresa delle trattative commerciali con la Russia sia ormai possibile.

È stato anche chiamato a Berlino ad audiendum l'Addetto militare tedesco a Mosca, nell'intento di vedere se e quali discreti approcci possano <essere fatti per suo mezzo presso Voroscilov.

Non escludo che da tutto questo, a lungo andare, una qualche cosa possa pur sortire. Escludo, però, che tutto questo possa in qualunque modo influenzare gli accordi in corso di negoziazione fra i Franco-Inglesi e i Russi. Nè, al riguardo, ritengo, come sembrano invece ritenere i Tedeschi, che i patti di non aggressione baltici stipulati ieri costituiscano un effettivo intralcio alla conclusione degli accordi stessi.

(l) Riproduce il T. 66 da Mosca del 4 giugno, non pubblicato perchè di contenuto identico al R. 2085/871 da Mosca in pari data.

156

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 87. Berlino, 8 giugno 1939 (per. giorno 9).

Ribbentrop mi ha comunicato oggi di aver dato istruzioni al Ministro tedesco a Sofia di premere sulla Bulgaria per farla aderire al Patto Anticomintern. Anteriormente, egli aveva già fatto in modo che la Bulgaria venisse agevolata in tutto quanto riguarda il suo riarmo.

Relativamente alla visita bulgara a Berlino, Ribbentrop ha aggiunto che essa, dato il sopravvenire dell'estate, dovrà necessariamente essere rinviata ad ottobre.

157

IL MINISTRO AL CAIRO, MAZZOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 24. Il Cairo, 8 giugno 1939 (per. giorno 10, ore 21,30).

Riferimento telegramma per corriere di V. E. n. 376 R. (1). Voci cui riferiscesi V. E., segnalate nel telespresso di questa R. Legazione

n. 20361754 del 19 maggio u. s., non hanno finora trovato altra conferma che quella generica di cui al mio telegramma n. 72 (2) e successivo rapporto n. 884 del 7 corrente (3).

Proseguo indagini e riservomi riferire.

158

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 21. Londra, 8 giugno 1939 (per. giorno 12).

Telegramma per corriere di V. E. n. 376 del 2 giugno u. s. (4).

Dalle informazioni riservate che ho raccolto non risulterebbe che, almeno fino a questo momento, sia stato sollevato nelle trattative anglo-turche il prQblema di una partecipazione militare dei turchi alla difesa del Canale di Suez e delle frontiere dell'Egitto.

Con ciò non intendo affatto escludere eventualità cui si riferisce telegramma

n. 376 di V. E. Anzi, il contrario. Qui si considera accordo anglo-turco come un vero patto di alleanza militare per il caso di un conflitto colle Potenze dell'Asse. Attualmente trovasi a Londra una speciale missione militare turca per

noti negoziati per rifornimenti di una considerevole quantità di materiale da guerra alla Turchia, e a tali trattative faranno seguito accordi di carattere complementare fra Stati Maggiori britannico e turco. (Mio telegramma n. ~~27 del 5 corrente) (1). È oggi opinione corrente nei circol'i governativi e delle forze armate, che futuri accordi fra Stati Maggiori britannico e turco dovranno essere coordinati cogli accordi militari già esistenti anglo-egiziano e anglofrancese e cogli accordi in preparazione franco-turco e anglo-sovietico.

Riferirò a V. E. tutte le notizie che mi sarà possibile raccogliere sull'argomento, man mano che tali trattative fra Stati Maggiori saranno iniziate e procederanno.

Non ho mancato inoltre di attirare sul telegramma di V. E. attenzione di questi Addetti Militari perchè ne abbiano norma.

(l) -Vedi D. 88. (2) -Vedi D. 79. (3) -Vedi D. 141. (4) -Vedi D. 88.
159

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PERCY LORAINE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO Nota v. Roma, 8 giugno 1939.

Sir Percy Loraine did not fail to acquaint His Majesty's Government with the observations made to him on May 27th by the Head of the Italian Government and has now been instructed to acquaint His Excellency orally with their reply to the following effect :

His Majesty's Government in the United Kingdom have learnt with some surprise of the question put to His Majesty's Ambassador by Signor Mussoli.ni. They have no hesitation in informing His Excellency in reply, that they continue to attach the same value to the maintenance of the Anglo-Italian Agreement of 1938 as they did when they concluded it: and they may appropriately remind His Excellency that after its conclusion they made special efforts in order to enable it to be brought into force. It is furthermore their desire in the future as in the past to base their policy towards Italy on loyal interpretation of the spirit as well as of the letter of the Agreement and, so long as the Italian Government are of like mind, His Majesty's Governmt..>nt see no reason why the Agreement should not be the keystone of Anglo-Italian relations for many years to come.

2. -The surprise of His Majesty's Government is ali the greater in that they thought they had given proof of the value which they attached to the Agreement by their action at the time of Italy's occupation of Albania. It was then clearly open to them to maintain that the status quo in the Mediterranean, which was a basic object of the Agreement, had been altered, hut they deliberately refrained from raising the question whether its validity had been affected by the Italian Government's action. 3. -Lord Halifax feels he must dissent entirely from the view held by Signor Mussolini that His Majesty's Government have adopted a new line of policy.

Their policy remains precisely as laid down in the preamble to the Anglo-Italian Agreement, where it is stated that the two Governments are animated by the desire to piace the relations between the two countries on a solid and lasting basis and to contribute to the generai cause of peace and security. As regards the latter, recent events in Albania and Czechoslovakia have, it is true, compelled His Majesty's Government to adapt to new circumstances the methods by which they have hitherto striven to carry out this policy and to pursue their aims by giving to certain countries undertakings in order to enable them to resist aggression. But the purpose of their policy remains the same. That purpose is to do their best to ensure that such changes as may be necessary and right should be brought about not by force or threat of force but by a peaceful process of negotiation.

4. -Signor Mussolini will recall that Lord Perth in his farewell interview on Aprii 20th assured His Excellency that His Majesty's Government were determined to do everything in their power to maintain peace and to seek a satisfactory settlement of difficulties without resort to war. They were glad to note from Signor Mussolini's speech at Turin on May 14th that he shared this point of view. At that same interview Lord Perth gave a solemn assurance to Signor Mussolini that His Majesty's Government had not themselves any aggressive designs against any other Power nor would they permit themselves to be made parties to any act of aggression by others. And indeed it should be obvious from the terms of the guarantees which His Majesty's Government have given to Roumania and Greece as from the terms of the arrangements made with Poland and Turkey that the only object that His Majesty's Government have in view is to prevent aggression and so to contribute to the generai cause of peace and security which it was the intention of the Anglo-Italian Agreement to promote. 5. -So far therefore from themselves questioning whether (to use Signor Mussolini's own words) the Anglo-Italian Agreement possesses any further value, His Majesty's Government hold the view that it ought to be regarded by both the Italian and British Governments as a basis from which, if both these Governments will cooperate to that end, could be developed a solid and lasting understanding between the two nations. His Majesty's Government for their part remain anxious to bring about such an understanding and they earnestly hope that their wish in this respect is shared by Signor Mussolini.

(l) Non pubblicato.

160

IL CONSOLE A WELLINGTON, D'ACUNZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 786/138. Wellington, 8 giugno 1939.

L'intenzione manifestata dal Primo Ministro Australiano (Signor Menzies) di interessare il popolo alla politica estera in misura molto più larga di quanto non vi sia interessato finora. ha per riflesso l'attenzione di qualche organo della stampa di Nuova Zelanda sulla politica estera del Governo Laburista che regge questo Paese.

Essendo questa stampa quotidiana unanimemente contraria al Governo, il richiamo alla ribalta di questa cenerentola che è qui la politica estera, è consistito in una pura e semplice deplorazione; quella cioè del pieno appoggio dato a Ginevra dall'Alto Commissariato di N. Z. (signor Jordan) alla domanda della Cina intesa all'adozione da parte della Società delle Nazioni di misure sanzioniste contro il Giappone.

Duplice è il motivo di biasimo in quanto che «i Dominii pur essendo Stati sovrani per definizione -e pertanto autorizzati ad avere proprie opinioni sulle questioni estere -sono legati insieme in un sistema federale chH è investito come un tutt~ unico nei periodi di crisi internazionali ».

Contrasti di opinioni come quello rivelato a Ginevra tra la Gran Bretagna ed uno dei suoi Domini, non servono ad aumentare il peso dell'opinione dell'Impero e la sua influenza sulle soluzioni delle crisi stesse.

In secondo luogo l'azione antinipponica del rappresentante neozelandese ha avuto anche il torto di essere in contrasto con gli sforzi che sta compiendo la Gran Bretagna per evitare che il Giappone stringa vieppiù i suoi legami con le Potenze dell'Asse.

Poichè precisamente un anno fa lo stesso signor J ordan, discutendosi a Ginevra la questione del riconoscimento della conquista italiana dell'Etiopia, assunse il medesimo atteggiamento di contrasto con l'opinione della Gran Bretagna; poichè nel novembre successivo la Nuova Zelanda non uni il proprio riconoscimento a quello pronunziato dalla Gran Bretagna e dagli altri suoi Dominii, nè pensò a procedervi nel gennaio del corrente anno durante la visita del signor Chamberlain a Roma, nè -come mi risulta -intende ancora farlo, si sarebbe indotti a credere alla esistenza di un abbastanza rilevante dissenso tra la N. Z. e la Madre Patria.

In realtà si tratta di ben altro: la Nuova Zelanda ed il suo Governo, da Monaco in poi, sono arciconvinti della necessità di una incondizionata solidarietà con la Madre Patria e con tutti gli altri membri dell'Impero, e più volte, in occasione delle trascorse crisi, il Primo Ministro ha dichiarato -come ho a suo tempo telegrafato -che se la Gran Bretagna sarà in guerra la N. Z. sarà al suo fianco dovunque.

L'attività nel campo della preparazione bellica dimostra, infatti, che questa solidarietà non è solo una semplice affermazione verbale.

Ma ci sono i grandi principii democratici del Partito laburista da salvaguardare. Altri Paesi sono costretti a dei contorsionismi per adattare la loro politica tra i principi e la realtà. Ma si tratta di Paesi che hanno delle responsabilità che la Nuova Zelanda non ha, poichè la sua piccolezza ed il suo isolamento nel punto più remoto della Terra rendono praticamente irrilevante il suo atteggiamento, e d'altra parte perchè, qualunque questo sia, nulla essa ha da temere dal risentimento dei terzi fin quando alla Gran Bretagna è affidata la difesa del suo territorio ed alla Gran Bretagna vende la quasi totalità della sua produzione.

Essa, dunque, si permette il lusso, a buon mercato, di esibire una intransigenza su quelli che, a suo avviso, sono i sacri principi della morale interna

zionale, mentre d'altra parte si rimette talmente a quel che fa la Gran Bretagna che mai uno degli atti di questa è discusso da parte del Parlamento o della stampa, e che mai si profila l'ombra di una iniziativa di politica estera.

Nel marzo scorso è sembrato che il Primo Ministro (signor Savage), che è anche Ministro degli Esteri, avesse la velleità di prenderne una, poichè dichiarò alla stampa (mio telegramma n. 6 del 22 marzo) di essere determinato a suggerire alla Gran Bretagna la convocazione di una Conferenza delle Nazioni amanti della pace con lo scopo di eliminare le cause economiche della g1,1erra che minaccia di sopraggiungere.

Ma in seguito, sebbene non abbia mancato-presentandosene l'occasionedi ripetere il suo convincimento che i moventi dell'attuale tensione sono di carattere economico, che riunendosi a discutere attorno ad un tavolo le Nazioni potrebbero giungere ad eliminarli, e che si discute meglio prima di una guerra che dopo, non ha fatto più accenno all'iniziativa divisata.

Si può dire in conclusione che non solo non esiste in politica estera una divergenza di vedute tra il Governo di N. Z. e quello della Gran Bretagna, ma che una vera e propria politica estera della Nuova Zelanda non esiste.

Il Governo laburista si vale della facoltà di averne una concessagli dallo statuto di Dominio esclusivamente per affermare in seno alla Istituzione ginevrina dei principi che sono cari al proprio partito, ma ai quali in definitiva non informa la sostanza dei propri atti.

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IL CONSOLE A BRATISLAVA, LO FARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 1094/242. Bratislava, 8 giugno 1939.

l. -Anche questo Incaricato d'Affari di Germania -nel corso di uno scambio di idee sulla situazione locale -mi ha confermato ieri che la nota Delegazione militare del Reich sta trattando col Governo slovacco per estendere «il più ad oriente possibile ~ la zona descritta «molto genericamente ~ coll'art. 2 del trattato di protezione.

Ho chiesto a Von Druffel cosa vi fosse di vero su quanto da me segnalato circa l'invio qui di una missione militare del Reich con l'incarico di riorganizzare l'esercito slovacco [mio telespresso n. 958/195 del 10 maggio u. s.]. Mi ha risposto che effettivamente ne aveva parlato al Governo slovacco, ma che si trattava di « una sua idea, non sapeva fino a che punto condivisa dal Governo del Reich ~ (!) «Sta di fatto -ha aggiunto -che, quando si stipulò il trattato di protezione, il Governo slovacco prese l'iniziativa di chiedere l'invio della Missione militare, ma il Fiihrer-non so perchè-non ne volle sapere~. Egli non si rendeva perciò conto delle attuali resistenze slovacche in proposito, tanto più che una richiesta del genere da parte germanica sarebbe legittima in base

all'art. 3 del trattato di protezione che fa obbligo al Governo slovacco di organizzare le sue forze militari «in stretto accordo con la Reichswehr ».

2. -Il Ministro slovacco della Difesa Nazionale, Generale Catlos, ha smentito avant'ieri con una dichiarazione sui giornali le notizie sullo sgombero di caserme in vari centri per far posto a truppe tedesche, aggiungendo: «c'è stato qualche dislocamento di truppe, ma per ragioni di organizzazione interna dell'esercito slovacco ». Nello stesso senso mi ha parlato l'Incaricato di Affari di Germania.

Da più parti pervengono voci di forti malumori nelle file dell'uffidalità slovacca, che -se non altro per la sua formazione cecoslovacca -non può essere proclive all'invadenza germanica. Il Ministro Catlos ha smentito tali voci nei seguenti termini: «Finora non è mai accaduto che i fattori militari del Reich esercitassero pressioni sulle decisioni slovacche. Consigli amichevoli dettati dallo stato delle nostre relazioni politiche non possono essere scambiati per pressioni ». Malumori e divergenze si polarizzano e si accentuano in relazione con la posizione della Slovacchia nella tensione tedesco-polacca.

Mi viene riferito che avant'ieri tre aeroplani slovacchi dell'aeroporto di Piestany con equipaggio completo si sarebbero eclissati in direzione della Polonia.

Pare che le formazioni militari slovacche vengano allontanate dalla frontiera polacca per prevenire la possibilità di diserzioni. Ciò spiegherebbe anche le « escursioni dimostrative » della Reichswehr lungo la frontiera pol.accoslovacca.

162

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 97. Roma, 9 giugno 1939, ore 11 (per. ore 20).

Mio telegramma per corriere, segreto, n. 95 del 5 corrente (1). Il mio collega di Germania è stato ricevuto ieri dal Papa che l'ha trattenuto lungamente.

Ho scambiato qualche parola con von Bergen, che ho incontrato nel pomeriggio all'Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede. Egli si dimostrava molto soddisfatto dell'esito del colloquio. Mi ha riferito di avere dichiarato al Santo Padre di essere stato autorizzato di dirGli che l'atteggiamento della Santa Sede negli ultimi mesi e i discorsi stessi del Pontefice erano stati notati con compiacimento in Germania.

Il Santo Padre e l'Ambasciatore hanno convenuto nel proposito di creare una atmosfera favorevole per procedere, in seguito, a negoziati.

Il passo dell'Ambasciatore tedesco è giunto molto opportuno per rincuorare il Papa e predisporlo alla resistenza contro le influenze che si esercitano intorno a Lui per indurlo ad abbandonare i tentativi di conciliazione col Reich.

Ho ringraziato von Bergen e gli ho confermato che considero essenziale fare presto; il successo è legato alla rapidità dell'azione. Continuo a insistere su questo punto perchè mi pare che da parte tedesca non si tenga abbastanza conto che urge togliere di mezzo la questione religiosa che può prestarsi a speculazioni politiche.

(l) Vedi D. 117.

163

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 375. Tokio, 9 giugno 1939, ore 18 (per. ore 5).

Da tempo la stampa giapponese va dando notizia continue riunioni principali Ministri indotti decisioni sopratutto nuova politica europea. Qualche giornale ha anche numerato e asserito essere state finora 63. Sono altresi apparsi moltissimi editoriali in cui si criticava indecisione Governo (qualcuno accennava anche a disposizi~ne contraria di qualche alto personaggio) e si dichiarava necessità più stretto legame con Asse e talvolta si parlava di alleanza. Da parecchie indiscrezioni giornalistiche è apparso che si stava trattando con Roma e Berlino e discutendo qui, e che vi erano divergenze fra cinque Ministri e tra quelli Guerra e Marina. È stato poi pubblicato che disaccordo tra questi due ultimi era stato composto e che una decisione definitiva era stata presa dai cinque. Opinione pubblica ha quindi a mezzo stampa manifestato chiaramente sua volontà e ha potuto ricevere dai giornali notizie abbastanza esatte su avvenimenti, pur non conoscendo contenuto trattative e .discussioni. Un giornale di stamane critica ignoranza in cui a tale riguardo sono tenuti non solo Nazione, ma persino membri del Gabinetto non appartenenti al ristretto Consiglio dei Ministri.

164

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 98. Roma, 9 giugno 1939 (per. stesso giorno).

Risposta a telegramma per corriere n. 392 dell'8 corr. (1).

Il Cardinale Segretario di Stato mi ha dichiarato, nella conversazione che ho riferita con il telegramma del 2 corrente n. 94 (2), che si riservava di precisare e documentare, eventualmente, i reclami dei Vescovi.

Se l'E. V. me ne conferma l'ordine domanderò al Cardinale Maglione di fornire particolari.

Mi permetto tuttavia di fare presente che forse potrebbe sembrare preferìbile, anzichè provocare la presentazione del reclamo, attendere che la Segreteria di Stato dia corso, se lo crede, al suo proposito.

10 • Doo;menti diplomatici· Serie VIII . Vol. XII

Se l'.E. V. approva il mio punto di vista, potrei dire al Cardinale Maglione,

in relazione alle dichiarazioni da lui fattemi H 2 corrente, che le Regie Autoriti,!.

non si rendono conto di quali possano essere le lagnanze che i Vescovi muovoi).o

ai Segretari Federali. , : ~

Posso aggiungere che, sempre il 2 giugno, il Cardinale Segretario di Stato

mi disse che i Vescovi nella grandissima maggioranza si lodavano del contegno

dei RR. Prefetti verso di loro.

(l) -Vedi D. 151. (2) -Vedi D. 91.
165

IL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 59. Bucarest, 9 giugno 1939 (per. giorno 10).

Parlandomi dei rapporti con la Bulgaria e della situazione in Dobrugia, questo Ministro degli Esteri ha detto che egli aveva apertamente disapprovato la recente eccessiva e brutale repressione della gendarmeria romena, ma ha aggiunto, che da un anno a questa parte la situazione si è venuta aggravando ad opera di elementi irredentisti al di qua e al di là della frontiera, i quali rischiano di compromettere l'opera di pacificazione da lui perseguita :nella speranza di giungere ad un miglioramento delle relazioni con la Bulgaria.

Gafencu mi ha poi pregato di attirare, a titolo personale e confidenziale, la benevola attenzione di V. E. sulla circostanza che, secondo informazioni del Ministro di Romania a Sofia, nei locali della scuola italiana in quella capitale si svolgerebbe attività favorevole. alle rivendicazioni revisionistiche bulgare e si canterebbero da parte delle scolaresche e degli insegnanti canzoni irredenti-. stiche dobrugiane. Ho accolto tale informazione con ogni riserva, ma non ho creduto, data la forma personale e cortese con la quale il Ministro degli Esteri la ha formulata, di potermi esimere dal portare la sua segnalazione a eonoscenza dell'E. V.

166

IL MINISTRO AD ATENE, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 56. Atene, 9 giugno 1939 (per. giorno 10, ore 21,30).

Nel corso di una conversazione su altri argomenti, questo Sottosegretario per gli Affari Esteri ha tenuto a dirmi con molta energia che, alla conclusione delle trattative anglo-turche, la portata pratica degli accordi apparirà assai. meno vasta di quanto finora si ritenga.

Trasmetto all'E. V. queste dichiarazioni del signor Mavrudìs per quello che possono valere.

167

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5S. Parigi, 9 giugno 1939 (per. giorno 12);

Lanino mi dice che in occasione dell'ultima riunione (8 giugno) della Gibuti-Addis Abeba ha ripetuto a titolo personale l'opinione che le azioni e la redevance del Governo etiopico. dovrebbero senz'altro essere attribuite al Governo italiano, dopo il riconoscimento avvenuto per parte del Governo francese della sovranità italiana in Etiopia.

Gli è stato risposto dal Presidente, come per il passato, che trattandosi di titoli nominativi la Società non può farne la consegna nè il trasferimento sui suoi libri sociali, finchè non intervenga uno specifico ordine dell'Autorità giudiziaria.

Mi sembra che, a meno non vi siano speciali ragioni in contrario da parte di codesto Ministero, sarebbe opportuno che questa Ambasciata fosse autorizzata a rivolgere una esplicita richiesta in proposito al Governo francese basandosi appunto sull'avvenuto riconoscimento ufficiale della nostra sovranità che automaticamente pone il Governo italiano -nei confronti della Compagnia ferroviaria -in luogo e vece del cessato Governo etiopico.

Ciò servirebbe nella peggiore delle ipotesi a registrare un rifiuto del Governo francese ed a conoscerne le motivazioni.

168

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 20. Varsavia, 9 giugno 1939 (per. giorno 12).

Il signor Strang, Direttore degli Affari di Europa Centr'lle al Foreign Office, accompagnato da un paio di funzionari, ha trascorso vari giorni a Varsavia. Si è recato anche a Cracovia ed in provincia, probabilmente per visitare alcuni suoi conoscenti ed è ripartito per l'Inghilterra all'inizio della corrente settimana.

Benchè sulla visita di Strang sia stato qui mantenuto il massimo riserbo (la stampa si è limitata a pubblicare un brevissimo cenno del suo arrivo a Varsavia), mi risulta che egli ha avuto parecchi colloqui al Ministero degli Esteri come anche con altre personalità polacche. In queste conversazioni si sarebbe naturalmente parlato soprattutto dell'accordo politico in gestazione tra Inghilterra e Polonia, circa il quale continuano ancora i negoziati. La venuta di Strang a Varsavia, che segue il breve soggiorno qui fatto recentemente dall'Ambasciatore di Polonia a Londra, avrebbe avuto appunto lo scopo di chiarire alcuni punti non ancora definiti che non mi è stato ancora possibile accertare. Sembra, poi, sicuro che i predetti colloqui abbiano anche avuto per oggetto le trattative in corso tra Inghilterra, Francia ed U.R.S.S. e la nota posizione assunta nei riguardi di essi dalla Polonia [miei telegrammi filo n. 137 e 2269/018 per corriere (1)]. Il signor Strang, il quale fu in passato per vari anni a Mosca quale Consigliere di quella Ambasciata britannica in momenti parecchio delicati dei rapporti anglo-sovietici (processo Metro-Wickers) e che accompagnò poi Eden a Mosca nel 1935, è infatti considerato come uno dei migliori « espe·rti , inglesi delle cose russe. Egli d'altronde, a quanto si afferma, dovrebbe reearsi tra breve nella capitale sovietica allo scopo di prendere personalmente contatto con quei dirigenti.

Mi è ~tato infine riferito che Strang, in conversazioni private, si sarebbe espresso in termini ottimisti nella valutazione della situazione generale manifestando fiducia che la pace europea potrà essere conservata.

169

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 21. Varsavia, 9 giugno 1939 (per. giorno 12).

Miei telegrammi n. 137 (filo) e 2269/018 (per corriere) del 27 maggio e

2 corrente (2).

La nota posizione assunta dalla Polonia nei riguardi delle trattative anglofranco-sovietiche non ha subìto in questi ultimi giorni alcuna modifical:ione malgrado certe aperture che sarebbero state qui fatte, a quanto si dice, dai Governi di Londra e di Parigi.

In una conversazione avuta testè con il Ministro Arczyszewski (che ha

funzioni di Segretario Generale presso il Ministero degli Affari Esteri) questi

non ha esitato a manifestarmi il suo scetticismo sull'accoglienza che Mosca

riserverebbe alle recenti iniziative dell'Inghilterra « la cui fiducia in una col

laborazione positiva dell'U.R.S.S. sarebbe assai mal risposta. Egli ha aggiunto

che Varsavia aveva sempre considerato con una certa ironia l'azione diplo

matica svolta dal Governo inglese a Mosca».

170

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 22. Varsavia, 9 giugno 1939 (per. giorno 12).

La visita a Berlino dell'Alto Commissario della S. d. N., il quale si è recato a conferire con il Ministro degli Affari Esteri del Reich, non è stata accolta favorevolmente in Polonia. Questa stampa pur non sollevando esplicite obiezioni

in proposito, lamenta che l'inviato societario, il quale, come essa pretende, avrebbe dovuto esclusivamente redigere un rapporto sulla situazione a Danzica, abbia creduto opportuno, senza autorizzazione alcuna, di prendere contatto con il Governo del Reich. Da parte polacca si sostiene inoltre che esula dalla competenza dell'Alto Commissario qualunque azione di mediazione che egli si proponesse di svolgere.

(l) -Vedi DD. 43 e 92. (2) -Vedi DD. 43 e 92.
171

IL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, VON RIBBENTROP, AL MINISTRO DEGLI ESTERI ITALIANO, CIANO

L. Berlino, 9 giugno 1939.

Es war fiir mich eine grosse Freude, den mit Ihrem Brief vom 31 v. M. angekiindigten Generai Graf Ugo Cavallero zu empfangen. Ich bin iiberzeugt, dass der Graf Cavallero die ihm zugedachte Aufgabe, unsere politisch-militarische und kriegswirtschaftliche Zusanunenarbeit entsprechend unserem Freundschaftsund Biindnispakt gemeinsam weiter zu organisieren, voli und ganz erfiillen wird. Ich habe dafiir gesorgt dass Graf Cavallero mit denjenigen deutschen Personlichkeiten in Verbindung kommt, die, sowiet ich es mir nicht selbst vorbehalte, die Verhandlungen fiihren sollen. Die Fiihlungnahme des Grafen Cavallero in Berlin hat schon zu einer gewissen Klarung gefiihrt, wie die Zusammenarbeit zu organisieren ware. Wir haben vorbehaltlich Ihrer Zustimmung vereinbart, dass Cavallero in etwa 4 W ochen zum ersten Zusanunentritt der beiden Konunissionen nach Berlin reisen wird; wobei dann auch die Details der Arbeitsmethoden und der Inhalt der Arbeit festgelegt werden sollen. Zugleich konnte bei dieser Gelegenheit schon indie materiellen Erorterungen eingetreten werden. Attolico bezw. Cavallero werden Ihnen gewiss inzwischen bereits entsprechend berichtet haben.

Das Schreiben, welches Graf Cavallero mir fiir den Fiihrer aushandigte,

habe ich seiner Bestimmung zugefiihrt. Der Fiihrer hat das Schreiben mit

lebhaftem Dank und grosstem Interesse gelesen. Seine Auffassung habe ich Ihnen

gleichfalls auf dem Wege iiber Attolico zukommen lassen. Ich kann es mir daher

versagen, an dieser Stelle auf das bedeutsame Dokument einzugehen.

Traduzione m.

Berlino, 9 giugno 1939.

È stato per me un grande piacere ricevere il Generale Conte Ugo Cavallero di cui alla Vostra lettera del 31 dello scorso mese. Sono convinto che il Conte Cavallero sarà completamente e pienamente all'altezza del compito assegnatogli, di organizzare cioè in comune la nostra collaborazione politico-militare e quella dell'economia di guerra in conformità del nostro Patto di amicizia e di alleanza. Ho avuto cura che il Conte Cavallero venisse posto in contatto con le personalità tedesche che devono condurre le trattative, per la parte che io non mi sono riservata personalmente. La presa di contatto del Conte Cavallero a Berlino ha già condotto ad una certa chiarificazione circa il modo con cui la collaborazione dovrebb~ essere organizzata. Abbiamo concordato, sotto riserva della Vostra approvazione.

che Cavallero verrà a Berlino fra circa 4 settimane per la prima riunione delle due Commissioni, nella quale devono essere stabiliti anche i particolari del metodo di lavoro e della sostanza del lavoro. Parimenti si potrebbe già in questa occasione entrare anche negli argomenti concreti. Nel frattempo Attolico e rispettivamente Cavallero vi avranno certamente già riferito in proposito.

Ho inoltrato a destinazione lo scritto che il Conte Cavallero mi ha consegnato per il Ftihrer. Il Fiihrer ha letto lo scritto con sentita riconoscenza e grandissimo interesse. Vi ho fatto pervenire, parimenti per il tramite Attolico, la sua opinione. Posso pertanto astenermi dal trattare in questa sede il significativo documento.

Vostro RIBBENTRO?

172

IL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 2018/918. Bucarest, 9 giugno 1939.

Non ho mancato, fino dal mio ritorno in sede, di adoperarmi -secondo le istruzioni impartitemi . verbalmente da Vostra Eccellenza -di cercare di seguire quanto più possibile da vicino l'atteggiamento di questo Paese e le intenzioni di questo G9verno nei riguardi della politica di accerchiamento svolta attivamente in questo settore dai Governi di Francia e di Inghilterra ed in particolar modo degli accordi in corso con la Turchia e con l'Unione Sovietica.

E mi sono limitato a riferire a volta a volta a Vostra Eccellenza soltanto le principali fra le numerose dichiarazioni che continuo a ricevere dai dirigenti della politica romena, intese a proclamare in modo categorico la neutralità e· la «equidistanza :. di tale politica, ed in particolare a riaffermare la loro ripugnanza ad accordi con l'Unione Sovietica ed il loro vivo desiderio di mantenere ed intensificare le più cordiali relazioni con l'Italia.

Ma traspare in pari tempo in questi ambienti, da mille piccoli indizi più

o meno appariscenti, un senso non equivocabile di soddisfazione per lo sviluppo di un'azione diplomatica che, secondo le speranze qui prevalenti, tende a ricostituire in questo settore quanto meno un equilibrio di forze che nello scorso marzo sembrava radicalmente scosso se non completamente crollato a favore della nuova Germania ormai tanto ravvicinata, con tutto il suo peso militare, politico ed economico, alle frontiere della Romania.

Durante la crisi di marzo, nel suo momento più critico, quando la Romania temette realmente l'invasione, il Governo di Bucarest, dopo essersi ansiosamente e inutilmente rivolto a Londra e a Parigi e dopo avere vanamente sperato nell'intervento di Roma, si rassegnò a capitolare di fronte a Berlino, con la .firma del noto trattato economico. Ma subito dopo, la tardiva assicurazione unilaterale della Francia e dell'Inghilterra e gli accordi commerciali firmati con Parigi e con Londra, consentivano alla Romania di attenuare sensibilmente la portata economica ma sopratutto quella politica del patto con la Germania.

Da allora questo Governo persegue non senza abilità e non senza doppiezza la sua politica « plurilaterale », che se per vero le è dettata dalla difficile situazione geografica, dalle rivendicazioni territoriali dei vicini, dalla debolezza

militare, dalle ricchezze del suolo -coincide altresi indubbiamente col temperamento dei suoi governanti.

Ma se, in tale politica, interesse e timore tendono a mantenere in equilibrio i piatti della bilancia, non corrisponde invece a tale equilibrio il reale sentimento della classe dirigente.

Se con ogni probabilità il fortissimo lievito antisemita esistente in vaste masse del Paese e soprattutto fuori di Bucarest, unitamente alla presenza c: ab antiquo » di importanti collettività tedesche (oggi ·circa 800 mila) potrebbero costituire una base importante di rapporti e di affinità spirituali con il Reich nazionalsocialista, se la conclamata origine latina, reali e diffuse simpatie, vastissime possibilità culturali, potrebbero determinare profondi e molteplici legami con l'Italia Fascista, la classe cosidetta .abbiente e dirigente, rinforzata dall'alta Banca israelita, è di cultura, di animo e di formazione francese e malgrado la nuova uniforme dell<;> stato totalitario, di temperamento costituzionalmente antifascista e antinazista. Finchè quindi essa perdura, sotto vario nome e varia veste, al potere, bisognerà tener conto di questo stato di cose nella valutazione dei prevedibili orientamenti della politica romena.

A controbilanciare tali forze contrarie che a me sembrano tuttavia molto presenti e operanti, la Germania sembra fare molto assegnamento sulla penetrazione economica, che procede lentamente attraverso gli espedienti e i cavilli in cui eccellono i Romeni ma tuttavia procede appoggiata sulla realtà imponente degli scambi commerciali e della indiscutibile complementarietà delle due economie. A tale penetrazione economica il Reich sta adoperandosi a far seguire anche quella politica e mentre mostra di attribuire scarsa importanza alle mailifestazioni politiche romene di simpatia per Parigi e per Londra, intensifica invece l'invio di personalità politiche e di missioni tecniche e culturali, che, sebbene accolte qui senza troppo entusiasmo, affermano tuttavia Ja continuità della presenza del Reich e del vivo interessamento del Governo tedesco per questo paese.

Sullo stessç> piatto della bilancia bisognerebbe infine porre la ripugnanza e il timore che suscita in questo Paese la Russia sovietica, ripugnanza e timore che sono istintivi e veramente radicati nell'anima del popolo e che mi sono stati ancora in questi giorni confermati dalle maggiori personalità della vita politica romena.

Nè mi sembra che sia qui ben chiara agli uomini responsabili la situazione che verrà a determinarsi qualora le trattative anglo-sovietiche si concludano in una specie di alleanza comportante la garanzia russa per i paesi già garantiti dalla Gran Bretagna, alleanza di cui la Romania è sostanzialmente destinata ad essere un oggetto principale. La diplomazia romena si limita a negare, quando le si pone il quesito, che la questione interessi questo paese, e ad affermare che il Governo romeno non intende modificare il suo atteggiamento, nè intervenire in tale questione, nè partecipare in alcun modo a tali negoziati. Sembra dunque che il governo di un Paese di 20 milioni di abitanti, dopo aver acconsentito a ricevere garanzie unilaterali limitandosi da parte sua ad accettarle con gratitudine, si disponga ora a ricevere una nuova garanzia da un'altra Potenza senza esserne richiesta e senza dover nemmeno esprimere il proprio consenso.

È nota d'altronde a Vostra Eccellenza la formula ufficiale romena: La Ro

mania vuole la pace. Se attaccata si batterà senza esitazione. Se vi sono altri

disposti ad aiutarla, essa non rifiuta l'aiuto offerto, ma rifiuta però di assumere

alcun impegno in proposito.

Resta soltanto a vedere in quale modo e con quali espedienti la Romania,

impigliata in una rete di accordi, garanzie e contro garanzie, garantita da Francia

e Inghilterra, contro garantita dai Sovieti, alleata della Polonia e amica della

Turchia unite a loro volta da accordi di assistenza reciproca con le democrazie

occidentali, riuscirà in definitiva a mantenere la sua « plurilateralità ~ e la

sua neutralità.

173

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2321/581. Varsavia, 9 giugno 1939.

Rapporti di quest'Ambasciata del 26 maggio u. s. n. 526 e del 2 corrente

n. 556 (1).

Gli incidenti polacco-danzichesi, originati dai fatti di Kalthof, si trascinano attraverso le note che continuano a scambiarsi il Governo Polacco e il Senato di Danzica. Quest'ultimo, in seguito alla ripulsa polacca di richiamare il Vice Commissario Perkowski e gli altri due funzionari implicati negli incidenti in questione, ha rimesso il 3 corrente al Commissario Generale polacco a Danzica una nuova nota, con la quale notifica di aver dato ordine a tutti i funzionari danzichesi di interrompere ogni rapporto tanto di ufficio che privato con i predetti funzionari polacchi.

In un'altra nota rimessa nello stesso giorno al Commissario Generale Polacco, il Senato di Danzica ha formulato la richiesta in base alla qualE: gli ispettori addetti al controllo delle dogane della Città Libera dovrebbero essere ridotti di numero. Si sostiene infatti da parte danzichese che il numero di tali ispettori è andato notevolmente aumentando rispetto a quello originariamente previsto per l'adempimento dei compiti ad essi spettanti in base ai trattati. Da parte polacca non si nega che il contingente di questi ispettori è stato recentemente rafforzato, ma si aggiunge che il Governo polacco è stato costretto ad adottare tale provvedimento in vista delle continue manchevolezze commesse dai doganieri danzichesi (favoreggiamento del contrabbando alla frontiera del territorio della Città Libera con la Prussia orientale).

Altra ragione di divergenza che si aggiunge alle difficoltà esistenti per una soluzione di compromesso degli incidenti in questione è quella relativa alla competenza dell'Autorità che dovrà giudicare il suddito polacco, che si rese colpevole a Kalthof, nelle circostanze a suo tempo riferite, dell'uccisione del danzichese Griibner e che riusci a fuggire in territorio polacco. Il Senato di Danzica ha chiesto l'estradizione di tale individuo; il Governo polacco l'ha.

(ll Vedi DD. 37 e 95.

rifiutata sostenendo che, in mancanza di una convenzione di estradizione tra

la Polonia e la Città Libera, il colpevole deve essere giudicato da un tribunale

della Repubblica.

Alle note sopra accennate del Senato di Danzica, che nei circoli polacchi

vengono considerate con una certa ironia (qualche giornale le ha qualificate

ridicole e fantastiche) questo Governo non ha finora risposto e si è limitato a

prenderne atto.

174

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2332/586. Varsavia, 9 giugno 1939.

Malgrado che nessun fatto nuovo sia intervenuto nella situazione, il quale

possa essere interpretato come semplice indizio di un sia pur minimo muta

mento della nota posizione polacca, l'Agenzia ufficiosa Iskra ha pubblicato

in questi giorni una nota, evidentemente ispirata da questo Ministero degli

Affari Esteri, che sotto il titolo « affinchè non abbiano a sussistere malintesi '-'•

tende a ribadire il fermo atteggiamento di questo Governo nella questione di

Danzica.

La nota deplora la leggerezza con la quale certi giornali inglesi si fanno eco di dichiarazioni di alcuni portavoce del Ministero della Propaganda tedesca secondo cui il problema di Danzica presto o tardi verrà risolto con la completa annessione della Città Libera al Reich. A tale proposito -scrive l'organo ufficioso -sarebbe veramente deplorevole se all'estero si nutrisse ancora qualche dubbio sulla fermezza dell'atteggiamento polacco. La realtà della situazione non è quella riferita dai corrispondenti berlinesi di alcuni giornali inglesi; essa deve essere unicamente ricercata nel preciso discorso che il Ministro Beck ebbe a tenere in Parlamento il 5 maggio scorso. La Polonia non si lascerà scacciare dal Baltico. Ogni tentativo diretto a modi~care la situazione giuridica di Danzica

o a ledere gli interessi polacchi nella Città Libera, incontrerà la pronta reazione della Polonia. Il mondo deve convincersi che la Polonia è pronta a battersi per il suo sbocco al mare.

L'Agenzia conclude affermando che la Polonia è disposta a regolare su altre basi, dopo il crollo della S. d. N., i suoi rapporti con Danzica, ma respinge qualsiasi tentativo di carattere annessionistico.

175

IL MINISTRO A RIGA, ROGERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO TELESPRESSO 399/158.

Riga, 9 giugno 1939.

Tel. di V. E. n. 386 del 2 corrente (1).

Il fallimento delle sanzioni contro l'Italia (praticamente non applicate dalla Lettonia) aveva scosso fortemente, e la completa inerzia della S. d. N. di fronte

(ll Vedi D. 90.

agli avvenimenti di Renania, di Cina, di Spagna ed all'Anschluss fece crollare, la fiducia del Governo lettone (fino allora zelantemente societario) nel sistema ginevrino della sicurezza collettiva.

Nel settembre 1938 la Lettonia dichiarava a Ginevra che in avvenire avrebbe deciso sovranamente caso per caso, se e in quali condizioni prenderebbe parte ad un'azione collettiva.

Frattanto era venuta maturandosi nell'animo di questi governi la determinazione di non cercare la salvezza che nelle proprie forze: quindi, rifiuto di associarsi o parteggiare con qualsiasi blocco ideologico (per quanto la Lettonia abbia un regime autoritario e corporativo), per non essere trascinata nei loro conflitti; e, adozione d'accordo coll'alleato estone e l'associato lituano di una politica di neutralità armata.

Nel dicembre scorso viene infatti promulgata la legge lèttone di neutralità e si provvede a dare un certo incremento alla sistemazione della difesa nazionale, fino allora abbastanza negletta.

Il 21 marzo di quest'anno il Consiglio dei Ministri lettone dichiara ~che l'attitudine di neutralità e la politica indipendente adottata dalla Lettonia è la più corrispondente agli interessi dello Stato e del popolo.

Il 29 marzo il signor Litvinov informa il Ministro di Lettonia (ed il suo collega estone) a Mosca che l'U.R.S.S. considera l'integrità e l'indipendenza degli Stati baltici come di vitale importanza e non potrebbe rimanere indifferente qualora venissero minacciate.

Il Governo lettone fece rispondere il 7 aprile u. s., che intendeva rimanere solo arbitro della condotta della propria politica estera e della difesa dei propri interessi vitali.

Coll'U.R.S.S. la Lettonia ha concluso un patto di.non aggressione nel 1932, con validità fino al 1945.

Il 28 aprile u. s. (giorno del discorso del Fuehrer al Reichstag in risposta al messaggio del Presidente Roosevelt) il Reich propone al Governo lettone (e a quello estone) la conclusione di un patto di non aggressione. La proposta tedesca viene accettata di massima dalla Lettonia il 4 maggio.

Il 7 corrente tale patto è stato firmato a Berlino dallo stesso Ministro Munters, ricevuto di poi in udienza privata di oltre un'ora dal Fuehrer e da lui insignito della più alta decorazione civile tedesca.

L'attitudine lettone di fronte ai negoziati russo-franco-britannici, nel corso dei quali il Governo dell'U.R.S.S. insisterebbe per un impegno di garanzia unilaterale alla Lettonia (oltrechè all'Estonia ed alla Finlandia) è chiaramente enunziata in due articoli ufficiosi del Briva Zeme.

Il 5 maggio il giornale scrive testualmente:

« La Lettonia non ha mai nè provocato nè appoggiato in alcun luogo l'idea della concessione di garanzie unilaterali, e, se nei negoziati fra le Grandi Potenze è stato menzionato il nostro nome, ciò è avvenuto senza il nostro desiderio ed a nostra insaputa. Nel proseguire la nostra tradizionale politica di neutralità è nostro interesse di astenerci da qualsiasi misura la quale possa legarci all'uno

o all'altro raggruppamento politico. Per tale ragione lo sviluppo delle trattative (anglo-franco-russe) attira bensì la nostra attenzione, ma il loro corso non potrà in alcun modo influenzare la nostra politica estera».

Nel suo discorso dell'Il maggio alle Camere corporative riunite, il Ministro

Munters dichiara nel modo più categorico: «Nessuno ci ha mai offerto garanzie

del genere e noi non le abbiamo in alcun modo sollecitate »; e fa sua la nota

frase del col. Beck: «Niente su di noi senza di noi».

Nel secondo articolo, del 3 corrente, il Briva Zeme, dopo aver citato le dichiarazioni di Molotov, secondo cui gli Stati baltici potrebbero non essere in grado di difendere la propria neutralità e che l'U.R.S.S. esige dalla Gran Bretagna e dalla Francia garanzie anche per tali .Stati, argomenta nel modo seguente: «La Lettonia non ha domandato alcuna .garanzia, perchè ciò equivale ad abbandonare la propria posizione di neutralità, a meno che si tratti di garanzie plurilaterali come quelle concesse al Belgio. Evidentemente la garanzia cui mira l'U.R.S.S. nei riguardi della Lettonia non può essere diretta che verso la Germania; :mentre la Lettonia si lega con un patto di. non aggressione alla Germania, l'ammettere detta garanzia sarebbe una flagrante contraddizione. Il lasciare giudicare ad altri delle necessità della propria difesa equivale ad accettare una tutela insopportabile della propria indipendenza e la Lettonia non potrebbe accettarla».

Questo punto di vista della Lettonia, come degli altri Stati baltici, è stato riconosciuto esplicitamente dal Primo Ministro britannico alla Camera dei Comuni 1'8 corrente.

176

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A KAUNAS, CIPPICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 962/286. Kaunas, 9 giugno 1939.

Mi onoro di riscontrare il telegramma circolare di V. E. n. 386 del 2 corrente (1).

La Lituania, che non è paese contiguo coll'U.R.S.S., non rientra direttamente nel quadro di quelle garanzie agli Stati Baltici, le quali dovrebbero servire per suggellare l'accordo anglo-franco-russo oggetto delle conversazioni di questi giorni.

L'insieme delle trattative condotte ora tra Londra, Parigi e Mosca interessa tuttavia la Lituania da vicino sotto un duplice rapporto, e cioè per quei riflessi che una eventuale garanzia alla Lettonia ed all'Estonia potrebbe determinare nella consistenza della « comune neutralità » lituano-letto-estone, rumorosamente consacrata nel comune patto concluso dai tre Paesi nel mese di Gennaio scorso, e per le ripercussioni che una eventuale garanzia britannica alla Polonia, estesa anche al territorio lituano, potrebbe avere sull'accordo di non aggressione recentemente concluso tra la Lituania ed il Reich.

Se è vero che la prova fatta dalla cosidetta Intesa Baltica negli ultimi anni ha rivelato come gli interessi della Lituania, della Lettonia e dell'Esto:qia siano in sostanza molto divergenti, tuttavia la comune politica neutrale dei tre Stati

risponde ad una necessità che è stata vieppiù sentita da questo paese il quale, nel successivo crollo dei sistemi ai quali esso credette in passato di affidare la sua sicurezza, si è trovato sempre più inequivocabilmente di fronte alla concreta realtà dei suoi grandi vicini. Una garanzia anglo-franco-sovietica, sia pure larvata, alla Lettonia ed all'Estonia, implicherebbe una adesione, sia pure indiretta, di questi due Stati al blocco contro gli «aggressori», nel quale caso la

l

Lituania si troverebbe costretta a considerare i suoi rapporti con la Lettonia e con l'Estonia alla luce di una sostanzialmente diminuita efficacia del patto di neutralità. Per ora, il Governo lituano -che nei patti di non aggressione testè conclusi da Berlino con Riga e con Tallinn ha ravvisato un reale ed equilibrato rafforzamento della neutralità della Lettonia e dell'Estonia già legate da accordi di non aggressione con Mosca -si limita a fermamente sperare che nessuna situazione nuova del genere venga a compromettere l'atteggiamento di comune neutralità assunto dai tre Stati.

Circa le notizie riportate negli scorsi giorni dalla stampa internazionale, secondo le quali la garanzia britannica alla Polonia sarebbe per essere estesa anche al territorio lituano, la cui integrità verrebbe considerata come c interesse vitale » polacco, nulla di più preciso mi è stato ancora dato qui di conoscere. Tale notizia non appare tuttavia del tutto infondata, come mi osservava ieri questo Ministro di Germania, il quale aggiungeva che, se una garanzia del genere dovesse però, eventualmente, avere come corollario un qualche impegno od accordo tra la Polonia e la Lituania, allora una situazione nuova verrebbe a determinarsi anche nei riguardi dell'accordo di non aggressione recentemente concluso tra la Lituania ed il Reich. Infatti, un impegno del genere tra Lituania e Polonia sarebbe diretto di fatto contro la Germania, mentre il recente accordo tedesco-lituano aveva espressamente omesso di contemplare il caso di una azione comune tedesco-lituana nell'eventualità di una aggressione polacca contro il territorio di questo Paese.

Tuttavia, la Lituania ben sa che se essa dovesse in qualsiasi momento realmente abbandonare la direttiva di rigida neutralità perseguita negli ultimi mesi essa non farebbe che dare all'uno o all'altro dei suoi grandi vicini un valido pretesto per eventuali interventi, interventi che si risolverebbero sicuramente nel fare di questo Paese un semplice campo di battaglia nelle contese altrui. Appare quindi chiaro che la Lituania vuole e vorrà anche nelle attuali circostanze mantenere quell'atteggiamento di rigida neutralità che essa è venuta a considerare come il più rispondente ai suoi fondamentali interessi.

L'atteggiamento di neutralità perseguito oggi dalla Lituania non deve tuttavia trarre in inganno sui reali sentimenti che sono oggi nutriti da questi dirigenti ed in buona misura anche da questa opinione pubblica, tuttora intimamente orientati verso gli idoli d'un tempo e nutrienti oggi abbastanza diffusamente l'opinione che, nel caso in cui un conflitto armato generale dovesse scoppiare, le Potenze « democratiche » finirebbero per prevalere contro le forze dell'Asse. Neutralità lituana quindi, oggi, quale direttiva scrupolosa imposta dalle circostanze, ma anche intima intransigenza lituana, dettata da considerazioni sentimentali e da un modo determinato di valutare i fatti, nei riguardi dell'Asse Roma-Berlino.

(l) Vedi D. 90.

177

IL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 192. Bucarest, 10 giugno 1939, ore 2,10 (per. ore 4,50).

Telegramma di V. E. n. 116 in data dell'~ corrente (1). Mi sono subito recato da Gafencu che parte questa sera per Ankara e mi sono espresso con lui nei termini prescrittimi da V. E. Gafencu mi ha rinnovato dichiarazioni già fatte al riguardo [mio telegramma

n. 175 del 21 maggio scorso e miei telegrammi per corriere 051 del 23 maggio scorso e 057 del 7 corrente (2)] analoghe a quelle fatte oggi stesso a questo Ministro di Germania, autorizzandomi a comunicare a V. E.:

1) che Romania non può opporsi a che Turchia provveda indipendentemente sua sicurezza nel Mediterraneo cosi come Jugoslavia e stessa Romania provvedono in modo diverso alla propria in altri settori non balcanici;

2) che conseguentemente, nel pensiero di Bucarest come di Belgrado, accordo anglo-turco, se limitato a settore Mediterraneo, non contrasterebbe con scopi e impegni Intesa Balcanica;

3) che Romania è invece d'accordo con Jugoslavia che Intesa Balcanica deve assolutamente rimanere strumento pace equilibrio e neutralità nei Balcani;

4) che essa si opporrà pertanto ad ogni atteggiamento o accordo che tendesse mutare tale situazione e modificare posizione Intesa Balcanica schierandola a fianco o ponendola sotto egida di un sistema politico europeo;

5) che Governo romeno ha già fatto chiaramente conoscere tale punto di vista a Governo turco ricevendo affidamento che esso ne terrà conto e comunque non firmerà con Inghilterra senza averlo prima sottoposto a Bucarest;

6) che egli (Gafencu) ritiene che testo definitivo accordo anglo-turco sarà limitato Mediterraneo con esclusione Balcani;

7) che egli non mancherà inoltre per parte sua rappresentare ad Ankara suo (di lui) punto di vista circa inopportunità accordo che abbia o sappia aver contenuto diretto contro altre potenze.

Ho domandato a Gafencu quale sia per essere posto Romania nei riguardi di una Turchia firmataria accordo certamente non amichevole per l'Italia. Ministro Affari Esteri mi ha risposto: « che Romania ha necessità di conservare amicizia

•rurchia garantire pace e sicurezza frontiere balcaniche e guardia Stretti, passaggio vitale per Romania; che egli spera ciò non debba dispiacere a V. E. che conosce necessità politica romena tendente conservare vecchie amicizie e consolidare le nuove; che sua andata ad Ankara avrà benst carattere di cordiale amicizia ma non comporterà alcuna modificazione della linea di condotta che egli ha esposto a Roma a V. E., e che rimarrà immutata».

Ho per parte mia invitato Ministro degli Affari Esteri a considerare molto seriamente comunicazione da me fattagli per incarico di V. E., Gafencu mi ha assicurato che la terrà ben presente durante la visita ad Ankara.

(l) -Vedi D. 149. (2) -Vedi D. 6 e 140.
178

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 59. Ankara, 10 giugno 1939, ore 20,15 (per. ore 24).

Ho fatto stamane il passo ordinatomi ed ho ripetuto a Saracoglu testualmente le frasi di cui all'ultima parte del telegramma di V. E. n. 41 (1).

Questo Ministro Affari Esteri mi ha ascoltato con la più viva attenzione. Ha incominciato col dichiarare che politica inglese non ha per scopo accerchiamento dell'Asse e che comunque Turchia non si è fatta strumento della politica di terze Potenze. La Turchia, mi ha detto, non desidera menomamente vedere diminuito in Europa prestigio e forza delle potenze dell'Asse Roma-Berlino, che anzi tale prestigio e tale forza la Turchia considera necessarie per equilibrio e pace in Europa. Ministro Affari Esteri mi ha detto testualmente « che cosa diventerebbe la Turchia se Germania e Italia non esistessero, cosi come esistono, in Europa?». Nostro vivo desiderio, ha soggiunto, è di continuare a mantenere cordiali rapporti con l'Asse, rapporti che coincidono anche con nostri materiali interessi in quanto è noto che la Germania assorbe il 65 % dei nostri prodotti e che con l'Italia le condizioni degli scambi commerciali vanno sempre migliorando.

Dopo azione tedesca in Cecoslovacchia, ha continuato Ministro degli Affari Esteri, abbiamo incomi~ciato a riflettere sulla nostra posizione. L'accordo commerciale tedesco-romeno ci ha allarmato specie quando abbiamo creduto che esso veniva imposto sotto forma di ultimatum; il fatto che Romania lo abbia firmato ha calmato relativamente nostra preoccupazione; ma azione italiana in Albania ci ha convinto di dover garantire la nostra sicurezza davanti alla simultanea spinta della Germania sul Danubio e dell'Italia nei Balcani.

Gli ho fatto osservare:

l) Che la dichiarazione ufficiale di neutralità della Turchia era stata fatta dal Presidente del Consiglio il 10 aprile e cioè dopo accordo commerciale tedesco-romeno e dopo azione italiana in Albania;

', 2) Che il fatto di garantirsi da ipotetiche minaccie dell'Asse trattando con le potenze rivali piuttosto che trattare direttamente con Roma e Berlino significava appunto aderire alla politica di accerchiamento, cosa che egli contestava;

3) Che la conversazioni avute da V. E. con l'Ambasciatore di Turchia in

Roma e le spiegazioni a suo tempo a lui stesso fornite sulle ragioni e la

portata della nostra azione in Albania avrebbero dovuto convincere delle nostre

intenzioni amichevoli verso la Turchia.

(l) Vedi D. 149, che porta però il n. 388/R.

179

L'AMBASCIATORE. AD ANKARA, DE PEPPO, · AL MINISTRO DEGLI ESTERI; CIANO

T. 60. Ankara, 10 giugno 1939, ore 23,13 (per.giorno 11, o1·e 5,50).

Seguito al telegramma precedente.

Senza rispondere specificatamente egli mi ha detto che i sistemi commerciali inaugurati dalla Germania nell'accordo con la Romania e la teoria dello spazio vitale cosi energicamente sostenuto dalle Potènze dell'Asse hanno imposto una revisione della politica turca, la quale peraltro non ha scopi aggressivi · e si promette pertanto di facilitare intesa fra i due gruppi di Potenze in questioni di vitale interesse per tutti. Per quanto riguarda paragrafo 6 dichiarazione anglo-turca, Ministro degli Affari Esteri mi ha detto che esso è stato male interpretato, poichè è escluso che la Turchia abbia fatto o sia per farè.pressioni sugli Stati Balcanici per cercare di includerli nella cosi detta organizzazione della pace.

La nostra intesa con l'Inghilterra, ha affermato, riguarda· soltanto noi, cioè la Turchia, e non ha nulla da fare col Patto Balcanico che ha solo lo scopo (riferisco testuali sue parole) di dare addosso alla Bulgaria se questa tentasse di realizzare con la forza suo programma di rivendicazioni.

Ministro degli Affari Esteri mi ha chiesto se potevo mettere per iscritto dichiarazioni da me fatte, nel qual caso egli darebbe una risposta scritta.

Non ho preso nessun impegno e prego V. E. di volermi telegrafare se mi autorizza di fare oggetto di nota scritta l'ultima parte del telegramma cui rispondo e cioè dalle parole: « Governo italiano non si rende » sino alla fine.

180

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.61. Ankara, 10 giugno 1939 ,ore 23,45 (pe1·. giorno 11, ore 5,50).

Miei telegrammi n. 47 e 50 e mio telegramma per corriere 078 (1). Von Papen mi ha riferito il recente colloquio da lui avuto con il Presidente della Repubblica.

Parlando da soldato a soldato egli ha tenuto soprattutto ad illustrare ad Ismet Inonti la forza militare dell'Asse divenuto tanto più temibile dopo le posizioni avanzate prese dall'Italia nei Balcani e dalla Germania nel Centro Europa. Ha anche insistito nel concetto che la Turchia, impegnandosi a fondo con l'Inghilterra, viene automaticamente ad essere coinvolta in un conflitto di cui accresce le possibilità.

Ismet Inonii ha desiderato di conoscere quali sarebbero le ripercussioni del mutato atteggiamento turco sui rapporti poltici e soprattutto economici turcotedeschi, lamentando che la Germania abbia intanto sospeso l'esecuzione delle forniture militari. Von Papen ha risposto tutto dipenderà dalla misura in cui la Turchia si impegnerà con l'Inghilterra. Se gli impegni dovessero essere assoluti, la Germania considererebbe i suoi rapporti con la Turchia unicamente in funzione dei propri interessi.

Ad esplicita richiesta di Ismet Inonii, von Papen ha specificato che per non impegnarsi a fondo con l'Inghilterra basterebbe che la Turchia si riservasse la facoltà di intervenire in un eventuale conflitto solo quando i suoi essenziali interessi fossero compromessi e rimanesse arbitra di stabilire essa stessa chi è l'aggressore.

Von Papen anche avuto colloquio con attuale Ministro della Giustizia, Fethi Erakyar, il quale si reca a Londra per ricevere le insegne di Dottore honoris causa di una Università. A questi egli ha detto, riferendosi anche alle recenti dichiarazioni di Lord Halifax, che l'Inghilterra invece di seguire una cosi pericolosa politica di accerchiamento dovrebbe fare delle proposte concrete per la soluzione di quei problemi che si sintetizzano nella frase c: spazio vitale~.

(l) Per il T. per corriere 78 vedi D. 133.

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IL MINISTRO AD ATENE, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 57. Atene, 10 giugno 1939, (per. giorno 13).

I giornali hanno annunziato che il Mipistro degli Affari Esteri egiziano, àl suo ritorno ad Ankara, visiterà anche Atene.

Questo Ministro di Egitto mi ha detto che su tale visita egli non ha avuto ancora nessuna comunicazione ufficiale dal Cairo. Ha soltanto appreso da una lettera privata che il Ministro avrebbe avuto il progetto di sostare qui nei giorni 11, 12 e 13 luglio p. v. e poichè egli è atteso in Ankara il 17 corrente, il mio collega egiziano mi ha detto di non rendersi conto dei motivi di una cosi lunga sosta del suo capo in Turchia.

Egli ha aggiunto che questa visita era proge~tata da tempo, non essendo mai stata restituita quella a suo tempo effettuata in Egitto da Riistii Aras e che era stata rinviata unicamente per le precarie cond_izioni di salute del Ministro egiziano. La decisione di effettuarla adesso è stata presa sapendosi che da parte turca era stato manifestato un certo risentimento perchè l'Egitto non inviò una missione speciale ai funerali di Kemal.

Il mio collega ha escluso che la visita del Ministro ad Atene, ove si effettui, abbia lo scopo di concludere con la Grecia accordi o patti· di qualsiasi natura. Per quanto riguarda la Turchia invece il mio collega, pur assicurandomi di di non avere alcuna notizia ufficiale in proposito, mi ha detto di avere l'impressione che si addiverrà a qualche cosa del genere, sia per la prevista durata del soggiorno del Ministro ad Ankara, sia per la composizione del suo seguito, di cui fa parte il capo dell'Ufficio Trattati e Contenzioso del Ministero egiziano degli Esteri.

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IL GENERALE CAVALLERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. Berlino, l O giugno 1939.

Mi riferisco al mio precedente rapporto del 6 corrente (1).

Ieri le difficoltà interne tuttora esistenti da parte germanica sono state superate, e S. E. von Weizsacker ne ha dato notizia a S. E. Attolico, annunciando di avere fissato per stamane il mio colloquio con Keitel e proponendo un colloquio immediatamente successivo fra lui stesso, S. E. Attolico e me.

Intanto ieri sera ad un ricevimento dato dall'Ambasciatore spagnolo ai reduci dalla Spagna S. E. l'Ambasciatore mi ha presentato a von Brauchitsch e a Keitel.

L'incontro col primo è stato assai cordiale; v. B. (2) ha parlato con entusiasmo della sua visita in Italia e in Libia. Alla mia missione ho accennato solta,nto discretamente, conoscendo le divergenze esistenti in seno a questo organismo militare fra K. e v. B.; v. B. ha mostrato compiacimento; mi ha poi confidenzialmente informato di essere molto soddisfatto del favorevole andamento dei suoi colloqui in corso con gli elementi spagnoli qui convenuti. La valutazione di questa circostanza non mi appartiene, ma ritengo utile segnalarla a V. E. come subito ho fatto all'Ambasciatore.

Assai gradevole è stato pure il successivo incontro con K., il quale mi ha esposto alcune sue idee generali sulla situazione politico-militare ed ha parlato del nostro lavoro comune, sottolineandone l'importanza e dichiarandosi convinto che bisogna dare tutto il nostro sforzo alla preparazione, da spingere innanzi quanto più sollecitamente possibile, pur ritenendo egli che uno scoppio prematuro della guerra sia da escludere. Ha riassunto il suo pensiero nel motto: « carpe die m ».

Il colloquio ufficiale è avvenuto stamane alle 9,30 al Ministero della Guerra presenti soltanto K. ed io. Il Generale K. ha parlato dapprima della propria funzione di Capo del Comando della Wehrmacht, poi ha sottolineato che egli ha anche ai suoi ordini una sezione che si occupa di tutta la produzione bellica del Reich, compreso l'approvvigionamento delle materie prime a ciò destinate, e che vigila anche la disciplina dei prezzi.

Dopo ciò K. ha tenuto a mettere in evidenza com~ già nell'incontro di Innsbruck con S. E. Pariani, prima perciò della firma del Trattato, egli avesse dichiarato che la Germania era pronta a mettersi a fianco dell'Italia se questa ultima si fosse trovata coinvolta in una guerra. Ha espresso il suo sentimento di fierezza per essersi trovato a contatto col Duce al momento di Monaco ed ha espresso il desiderio di essere ricordato al Duce e a S. E. Ciano.

v. -R. von Ribbentrop.

11 -Documenti diplomdtici-Serie VIII-Voi_ XII

Poi il Generale K. è entrato nel vivo della questione riferentesi alla Commissione politico-militare. Ha messo in evidenza che dall'esame dei problemi politico-militari che sarà compiuto secondo le linee generali che verranno stabilite dai due alti Capi, scaturiranno direttive per le singole Forze Armate e per la Commissione Economia di guerra.

Per quanto concerne la fissazione delle ora dette linee generali egli ha accennato ad un possibile incontro, durante l'estate, fra il Duce ed il Fiihrer. Riferendosi poi alle singole branche delle Forze Armate italiane e tedesche,

K. ha accennato poi alla collaborazione diretta già istituita fra esse anche in relazione al suo incontro di Innsbruck con S. E. Pariani, ha espresso l'avviso che tale collaborazione debba continuare a svolgersi direttamente tra le Forze Armate singole, beninteso utilizzando a questo fine anche gli Addetti Militari, il cui compito è chiamato a svolgersi nell'ambito della Forza Armata rispettiva. Ha sottolineato che, per quanto concerne la Germania, i risultati di detta collaborazione confluiranno via via a lui per il necessario coordinamento e per preparare il materiale per il lavoro della Commissione politico-militare.

Sono state in complesso le idee che in tema di organizzazione del lavoro l'Ambasciatore Attolico ed io ci eravamo sforzati di rappresentare a v. R. e a v. W.; cosicchè il mio colloquio di stamane con K. ha rappresentato essenzialmente la· conferma della perfetta unità di vedute tanto dell'elemento politico come dell'elemento militare sulle basi che noi stessi avevamo loro presentate, riservandone ben inteso l'approvazione a V. E.

Come già comunicato, la Commissione politico-militare tedesca sarà composta da v. W., K. e un Generale che quest'ultimo designerà. La presenza di rappresentanti della Marina ed Aeronautica è stata da loro esaminata e deliberatamente esclusa, per quanto li concerne.

Ho chiesto a K. e più tardi a v. W. nella conferenza successiva, se avrebbe incontrato obbiezioni la presenza nella Commissione nostra di elementi della Marina o dell'Aeronautica o di entrambe. K. ha manifestato al primo momento la preoccupazione che siffatta inclusione da parte nostra possa provocare difficoltà interne per loro. Poi si è arreso alla mia considerazione che la Commissione resterebbe sempre un tutto inscindibile e che gli eventuali membri della Marina e dell'Aeronautica vi potrebbero entrare come persone e non come rappresentanti dell'Arma rispettiva.

Eguale preoccupazione ha manifestato v. W., ma poi si è arreso anch'egli alla stessa considerazione da parte mia.

Infine per l'epoca da fissare per la prima seduta delle due Commissioni, che si vorrebbero riunirè contemporaneamente, è stata prevista a un dipresso la metà del prossimo luglio salvo approvazione di V. E.

V. R. aveva dovuto partire stamane e si è scusato di non avere potuto partecipare a quest'ultima nostra riunione. Ha espresso a mezzo di v. W. la sua soddisfazione per la mia venuta qui e per i risultati raggiunti.

V. W. ha infine toccato l'argomento della pubblicità da dare o meno alle riunioni delle Commissioni; su questo punto riferirà S. E. Attolico, la cui opera personale per appianare ogni difficoltà e per affrettare la conclusione del nostro lavoro è stata veramente preziosa.

(l) -Vedi D. 134. (2) -La sigla v. B. indica von Brauchitsch, quella K. Keitel, v. w. von Weizsacker e
183

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPP. RISERVATO 2208/918. Mosca, 10 giugno 1939.

Informai a suo tempo V. E. che il signor Molotov, nell'assumere la direzione del Commissariato per gli Affari Esteri, aveva fatto sapere ai Capi missione qui accreditati che li dispensava dalla visita protocollare di presentazione, mentre li avrebbe veduti volentieri quando essi gli avessero chiesto udienza per trattare qualche importante questione specifica.

L'occasione di prendere personalmente contatto col nuovo Commissario mi è stata offerta dalla questione dello scambio fra marinai sovietici già internati in Spagna e nostri connazionali arrestati nell'U.R.S.S.

Nel corso del colloquio, dopo aver trattato la questione specifica in esame, ho cercato di portare la conversazione sul piano più largo dei rapporti italosovietici, con lo scopo di sondare i sentimenti di Molotov al riguardo.

Gli ho detto che avevo sempre considerato mio compito, come Ambasciatore a Mosca, di lavorare per le buone relazioni fra i nostri due Paesi e che, anche se le circostanze del momento, dominate da ragioni di politica generale, non sembravano facilitare il mio compito, avevo ciò non di meno approfittato sempre di qualsiasi occasione favorevole ad un miglioramento, sia pure modesto, dell'atmosfera politica fra Italia e U.R.S.S. Come esempio della mia buona volontà, che del resto era stata sempre appoggiata dalla buona volontà del mio Governo, gli potevo citare appunto il vivo interessamento preso alla liberazione dei marinai sovietici. Questo interessamento era stato determinato, non soltanto dalla prospettiva di ottenere in cambio la liberazione dei connazionali arrestati nell'U.R.S.S., ma anche da un motivo di ordine più generale, e precisamente quello delle buone relazioni fra i nostri due Paesi.

Accennai poi alla conclusione dell'accordo commerciale italo-sovietico dello scorso febbraio e mi compiacqui che Molotov, parlando davanti al Consiglio Supremo dell'U.R.S.S., avesse definito tale accordo come vantaggioso per entrambe le parti.

Aggiunsi che avevo notato con interesse anche la dichiarazione da lui fatta nel senso che le trattative dell'U.R.S.S. con Inghilterra e Francia per un trattato di mutua assistenza puramente difensivo non escludevano il mantenimento di rapporti normali con Italia e Germania.

Gli ricordai infine che la consegna dell'Esploratore «·Taskhent », costruito nei nostri arsenali, aveva avuto luogo recentemente ad Odessa e dissi che ero stato lieto di constatare la completa soddisfazione dei tecnici sovietici per quel magnifico prodotto del lavoro italiano.

Conclusi osservando che nei rapporti fra due Paesi contano anche i fattori

di importanza secondaria, quando essi possano contribuire al miglioramento

dell'ambiente; ed appunto per questo io confidavo che il Governo sovietico

avrebbe mostrato, nella questione degli italiani arrestati nell'U.R.S.S., la stessa

sollecitudine che il Governo italiano aveva mostrato nell'ottenere la liberazione

dei marinai sovietici.

Tenni questo linguaggio col signor Molotov nell'intento -ripeto -di sondare il suo pensiero di fronte alla eventualità di una futura distensione dei rapporti politici.

Non ho molto da riferire sulla reazione del signor Molotov, perchè egli mi ascoltò bensì con marcata attenzione, ma senza dipartirsi dalla sua abituale riservatezza. Mi disse che era d'accordo con me sulla utilità di creare una atmosfera più favorevole fra i due Paesi. A proposito delle dichiarazioni fatte al Consiglio Supremo dell'U.R.S.S. circa i rapporti con Italia e Germania e circa la conclusione dell'accordo commerciale con noi, mi fece rilevare che la sua relazione era stata approvata all'unanimità dalla suprema assemblea sovietica e che quindi marcava la direttiva che avrebbe continuato a seguire il Governo. Concluse assicurandomi che non avrebbe mancato di interessarsi perchè vengano mantenute le promesse fattemi dal signor Potemkin a proposito della liberazione dei nostri connazionali.

Le mie impressioni sull'uomo concordano colle informazioni che ho avuto già occasione di fornire al momento della assunzione del signor Molotov alla direzione del Narkomindiel: carattere chiuso e freddo, forse diffidente e certamente molto prudente. Si esprime con estrema riservatezza, scoraggiando nello interlocutore ogni velleità a discutere temi di ordine generale. Mentalità spiccatamente legalistica e attitudine più di funzionario che di uomo di governo.

Aggiungo che Molotov non parla alcuna lingua all'infuori del russo e che le conversazioni con lui si svolgono attraverso un interprete: ciò che certo non facilita gli scambi di idee e la perfetta comprensione reciproca.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATISSIMO 4284/1312. Berlino, 10 giugno 1939.

Mio telegramma n. 357 del 6 u. s. (1), fonogramma n. 359 del 7 u. s. (2) e telegramma dell'E. V. n. 397 del 10 u. s. (3).

La preannunciata conversazione fra il Ministro von Ribbentrop e questo Ambasciatore di Turchia Hamdi Arpag, ha avuto luogo effettivamente l'altro ieri. A seguito di essa l'Auswartiges Amt ha compilato un appunto riassuntivo che mi è stato comunicato per conoscenza e che trascrivo qui appresso integralmente:

« Il Ministro degli Esteri, in una conversazione avuta 1'8 giugno con questo Ambasciatore di Turchia, ha espresso in forma vibrata e talvolta aspra la sorpresa della Germania ed il nostro sdegno per il modo e la forma con cui la Turchia ha. compiuto il passaggio nel campo delle Potenze accerchianti. Per evitare malintesi, il Ministro degli Esteri ha quindi, in presenza di un interprete, fatto ancora le seguenti dichiarazioni:

(l} Vedi D. 129. (2} Vedi D. 137. (3} Non pubblicato.

La Germania ha sempre condotto verso la Turchia una politica di sincera amicizia ed in conseguenza ha sempre appoggiato largamente la Turchia nel campo economico. Per quanto riguarda l'Italia, egli (il Ministro degli Esteri) ha parlato della questione dei rapporti con la Turchia con Mussolini, il quale gli ha fatto dichiarazioni indubbie nel senso che l'Italia intende avere con la Turchia soltanto relazioni buone ed amichevoli. Questa dichiarazione è nota al Governo turco. Anche l'atteggiamento tedesco nella questione della fortificazione dei Dardanelli, il viaggio del Ministro Funk e l'invio di numerosi specialisti tedeschi sono stati prove del sincero desiderio tedesco di mantenere amichevoli relazioni. Personalmente egli, dopo l'assunzione del suo ufficio per incarico del Fiihrer, ha condotto una costante politica di amicizia diretta all'approfondimento dei rapporti tedesco-turchi.

Il Governo turco, mediante l'adesione alla dichiarazione anglo-turca, ha ora reso nota l'intenzione di entrare in strette relazioni contrattuali con l'Inghilterra, il che, data l'attuale politica aggressiva britannica, significa il tentativo di associarsi all'accerchiamento della Germania. Alla richiesta dell'Ambasciatore tedesco ad Ankara circa le voci sulla conclusione dei negoziati turco-inglesi è stato risposto che la Turchia non intendeva abbandonare la sua politica di neutralità. Egli (il Ministro degli Esteri) si meraviglia che da parte turca non gli sia stata fatta-alcuna dichiarazione circa le trattative anglo-turche. Avuto rigup.rdo all'amicizia tedesca per la Turchia, chiara e diritta, questo mutamento della politica estera turca ed i motivi ad esso attribuiti non possono se non recare sorpresa, poichè la Germania non ha assunto neppure una volta di fronte alla Turchia un atteggiamento ostile, e l'Italia si è ancora recentemente espressa nel senso che essa desidera rapporti amichevoli con la Turchia. Egli ha invitato l'Ambasciatore di Turchia a portare questi suoi sentimenti a conoscenza del proprio Governo.

Circa il futuro delle relazioni tedesco-turche, nulla può dirsi attualmente, poichè non possiamo sapere se non si debba tenere conto di nuove sorprese da parte della Turchia. Il nostro atteggiamento dipenderà dalle ulteriori azioni turche. Se la Turchia, come risulta dalla stampa e da manifestazioni di uomini politici turchi, dovesse avere l'intenzione di condurre una politica aggressiva contro la Germania, noi reagiremmo in modo adeguato. Finalmente il Ministro degli Esteri ha espresso all'Ambasciatore di Turchia anche la sua sorpresa per il fatto che, secondo alcune notizie che ci pervengono dalla Turchia, le relazioni fra i due Paesi sono intossicate da informazioni di stampa di tono estremamente ostile che, a quanto pare, hanno la loro origine a Berlino».

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 239. Londra, 11 giugno 1939, ore 0,56 (per. ore 5).

Dopo i noti pellegrinaggi recentemente effettuati a Londra dal giudeo Blum e testé dalla iettatrice amena Tabouis, un altro sinistro personaggio è comparso in questi giorni a Londra, inviato da Parigi quale avvocato di fiducia del fronte sociale bolscevico, Titulescu. Giunto per via aerea il 5 corrente, ricevuto dai funzionari di questa Legazione romena, Titulescu ha affermato in breve dichiarazione alla stampa che il suo viaggio nella Capitale britannica era motivato da semplici ragioni di affari connessi con la sua professione di avvocato, aggiungendo che avrebbe approfittato della sua permanenza qui « per visitare alcuni vecchi amici».

Mi risulta che Titulescu ha domandato di essere ricevuto ed ha parlato con Halifax, con Seattle, Eden, Lloyd George, Duff Cooper, Lord Beaverbrook e Leith Ross, oltre che con Vansittart e Cadogan. Titulescu ha avuto inoltre numerosi contatti tra i diplomatici esteri particolarmente con questo Ambasciatore sovietico Maisky. Con tutti invariabilmente Titulescu, premettendo solite dichiarazioni di disinteresse politico e di personale attaccamento alla persona di Re Carol, ha suonato disco affidatogli dagli antifascisti di Parigi, cercando di persuadere inglesi a superare il «restio» che li ha presi alle ultime richieste di Molotov e vincere le loro ultime esitazioni. Mi risulta anche che Titulescu non ha mancato di rappresentare ai suoi amici conservatori di sinistra necessità urgente di opporsi risolutamente all'azione che Chamberlain ed Halifax hanno iniziato recentemente, diretta a un possibile miglioramento delle relazioni con le Potenze dell'Asse.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 365. Berlino, 11 giugno 1939, ore 13,05 (per. ore 14,25j.

S. E. Cavallero, conclusa felicemente sua missione, è ripartito iersera per Roma.

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L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 69. Mosca, 11 giugno 1939, ore 23,50 (per. 12 giugno, ore 2,15).

Dopo articolo del giornale Pravda segnalato con telegramma Stefani 44 del 7 corrente (l) giornali locali non hanno fatto più menzione negoziati con Inghilterra e Francia. Ambienti delle due Ambasciate affettano certezza che firma è imminente. Ieri sera avendo incontrato Vice Commissario Potemkin ad un ricevimento del Corpo diplomatico gli ho domandato se annunziata venuta a Mosca alto funzionario Foreign Office voleva realmente significare che essi erano giunti alla fase risolutiva. Senza naturalmente fornire informazioni specifiche, Vice Commissario si è espresso in senso fortemente dubitativo e mi

ha lasciato capire che restano ancora da regolare «alcuni punti importanti». Suppongo abbia voluto alludere alla questione della garanzia ai tre Stati confinanti con la U.R.S.S. e forse anche quarta condizione enunciata da Molotov e confermata dall'articolo del giornale « Pravda » e cioè « Accordo completo sui metodi forma ed entità della mutua assistenza». Non escluderei che discutendo questo punto Governo sovietico cerchi di far entrare in giuoco questione della propria sicurezza in Estremo Oriente.

(l) Non pubblicato.

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IL CAPO DI GABINETTO DEL MINISTRO DELLA MARINA, CONTRAMMIRAGLIO OLIVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. RISERVATA B 7939. Roma, 11 giugno 1939.

Si informa che d'ordine superiore S. E. il Sottosegretario di Stato, Ammiraglio di Armata Cavagnari, si recherà prossimamente in missione di regio servizio a Friedrichshafen (Lago di Costanza) per incontrarsi, per conversazioni di carattera tecnico-navali, con il Comandante in Capo della Marina Tedesca, S. E. il Grande Ammiraglio Raeder.

La partenza e il ritorno a Roma di S. E. Cavagnari sono previsti rispettivamente per i giorni 19 e 23 giugno p. v.; le conversazioni avran,ho luogo a Friedrichshafen il 20 e 21 giugno p. v. e ad esse prenderanno anche parte, al seguito di S. E. Cavagnari, 2 Ufficiali Ammiragli e 2 Ufficiali Superiori delh

R. Marina.

189

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 294/115. Kabul, 11 giugno 1939.

Ho intrattenuto questo Ministro degli Affari Esteri al suo ritorno da Teheran sui risultati della conferenza dei Ministri degli Esteri del Patto di Saad-Abad.

Ha tenuto, in primo luogo, a dichiararmi nella maniera più formale, che la decisione della Turchia di aderire al sistema anti-asse è un atto che riguarda la Turchia sola, nella sua qualità di potenza europea, e non ha alcuna influenza sull'atteggiamento politico sia dell'Afganistan che dell'Iran verso l'Italia e la Germania; appunto come -mi ha detto -.il fatto che una delle potenze firmatarie del Patto di Saad-Abad, l'Irak, abbia un trattato di alleanza con l'Inghilterra, non significa alcun impegno od alcuna limitazione nella libertà d'azione del Governo afgano.

Aggiungo incidentalmente che la stessa dichiarazione, quasi con le stesse parole, è stata fatta ai Ministri di Germania e di Giappone: è evidente quindi il desiderio afgano di mostrarsi, almeno nei nostri riguardi, libero da ogni impegno.

Sempre a quanto mi ha detto questo Ministro degli Esteri la Turchia avrebbe

informato i paesi firmatari del Patto di Saad-Abad delle direttive della sua

politica e delle sue ragioni -in primo luogo il suo timore dell'Italia ·-ed

avrebbe cercato, senza però insistere troppo, di persuaderle dell'opportunità

di uniformare la loro politica a quella della Turchia; ha principalmente insistito

sul fatto che l'Italia e la Germania non possono che perdere la guerra e vale

meglio quindi fin dal principio schierarsi apertamente a fianco del vincitore.

Iran ed Afganistan avrebbero però dichiarato nettamente la loro intenzione

di restare, fin quando possibile, neutrali nella eventualità di un conflitto europeo

e di volersi quindi astenere da qualsiasi passo o manifestazione che possa anche

soltanto essere interpretato come un accostamento a questo o quello dei due

gruppi in conflitto. Si sarebbe così giunti alla conclusione che ciascuna delle

potenze firmatarie rimane perfettamente libera di seguire la politica che crede

opportuna in difesa dei suoi interessi, senza che le sue decisioni influiscano o

possano essere influenzate dalla politica degli altri.

Inoltre Iran ed Afganistan avrebbero deciso di tenersi strettamente in

contatto, dato che la situazione loro, geografica e politica, presenta le massime

analogie: le finalità di questa maggiore intimità di contatti dovrebbero essere

le seguenti: scambio di informazioni sulla vera situazione generale, informazioni

-ha aggiunto questo Ministro degli Esteri -estremamente difficili ad aversi,

ed in caso di conflitto: la possibilità di concordare insieme tutte le misure

più atte ad assicurare il mantenimento della neutralità dei due paesi.

Se le dichiarazioni di Alì Mohammmad Khan dovessero essere prese let

teralmente, sarebbe tanto dire che il Patto di Saad-Abad in quanto strumento

politico è morto e sepolto: ma pur dubitando che quattro Ministri orientali

riuniti in conferenza siano venuti a delle conclusioni così precise, è mia impres

sione, corroborata anche dalle conversazioni che ho avute sull'argomento con

altre personalità del Governo afgano, che quanto mi ha detto il Ministro afgano

corrisponda, sostanzialmente almeno, alle intenzioni di questo Governo.

Quanto alla esistenza, nel patto di Saad-Abad, di un sottoblocco Iran

Afganistan, è questa una impressione che ho comunicata a V. E. fin dai miei

primi rapporti sull'argomento, e che mi sembra sia confermata anche dalla logica

delle cose.

Qui in Afganistan si seguono con molto interesse le trattative anglo-sovietiche, in tutte le loro alternative: si pensa in genere che l'accordo si farà: variano invece le opinioni circa la portata reale di questo accordo: l'impressione generale, dovuta sia alla poca fiducia che si ha qui della solidità della situazione interna russa, sia al ricordo non ancora sopito della tradizionale inimicizia russa in Asia Centrale, è che si .tratterà di un accordo improntato a reciproca sfiducia e destinato più che altro ad impressionare gli avversari: il tono altezzoso assunto dai russi ha comunque fatto molta impressione.

Oggi, qui, un accordo anglo-russo lo si teme meno che per il passato, in quanto si ritiene la situazione internazionale sia tale da non permettere nè all'uno nè all'altro avventure afgane.

Secondo gli afgani, se l'accordo russo-inglese non dovesse farsi, date le reazioni abituali della politica sovietica, in breve tempo si arriverebbe ad un capovolgimento delle alleanze: l'U.R.S.S. si avvicinerebbe all'asse Roma-Berlino ed allora, pensano loro, si arriverebbe rapidamente alla guerra, l'accenno nel discorso di Molotov ai rapporti italo-russi è stato particolarmente rilevato. In questo caso la Russia potrebbe cercare di attaccare l'Inghilterra in India, il che renderebbe impossibile all'Afganistan di mantenere la sua neutralità, e forse la sua indipendenza.

Che sia ferma intenzione del Governo afgano di restare neutrale in caso di conflitto generale non ho dubbio alcuno. Le aspirazioni nazionaliste afgane, aspirazioni e tendenze che si fanno sempre più forti, mirano ad una espansione ai danni dell'India inglese; il giorno in cui l'Inghilterra si trovasse impegnata in una guerra europea, il Governo afgano avrebbe ben da fare per tenere a freno tutte le teste calde più o meno responsabili che lo vorrebbero spingere a non perdere una simile occasione. Questo me lo hanno esplicitamente ammesso tanto il Primo Ministro quanto il Ministro degli Esteri.

Ma il Primo Ministro è persona troppo prudente per rischiare un'avventura di questo genere senza sentirsi sicuro al 100 % della sconfitta dell'Inghilterra. Questa non essendo oggi la situazione: non resta altra alternativa che la neutralità, fino a che non sia ben chiaro chi vince: se vinceremo noi, si schiererà al nostro fianco per prendere la sua parte di bottino; se vincerà l'Inghilterra ci dichiarerà la guerra all'ultimo momento nella speranze così di parare ai pericoli del dopo-guerra, il giorno in cui la Russia e l'Inghilterra non avessero più nemici pericolosi da temere.

Ora è precisamente questa incertezza sulle probabilità di vittoria delle due parti in conflitto che paralizza ogni iniziativa afgana nel campo della politica estera: si vorrebbe, credo, sinceramente che fossimo i più forti noi, si teme però che siano invece i più forti gli altri: quindi il cauto flirt, con la Germania e con noi, continuerà con qualche alto e basso a seconda delle impressioni afgane sulle forze rispettive, ma è da escludere che « rebus sic stantibus » si possa andare più oltre, sia in nostro favore, sia contro di noi.

Nell'apprezzamento afgano, l'elemento decisivo della valutazione delle forze è costituito dal Giappone: qui si pensa, sempre nella ipotesi che l'accordo anglo-russo diventi un fatto compiuto, che, se il Giappone fosse in grado di gettare tutte le sue forze nel campo, la vittoria sarebbe per noi. La Russia dovrebbe distrarre una parte assai considerevole del suo esercito sul fronte orientale: nel qual caso in terra l'Italia e la Germania sarebbero più che in grado di dare una buona lezione alle forze della coalizione europea: d'altra parte obbligata a fronteggiare anche le forze navali del Giappone, l'Inghilterra non sarebbe in grado di usare l'arma del blocco, ed avrebbe tutte le difficoltà del mondo a non essere bloccata essa stessa: ed un'Inghilterra senza il dominio del mare conta poca cosa.

Ma qui le notizie sulla guerra in Cina arrivano quasi esclusivamente attraverso il diaframma indiano; pur facendo una certa tara, gli afgani hanno comunque l'impressione che il Giappone si sia impigliato in Cina in una impresa superiore alle sue forze, che la guerra e la guerriglia assorbano tutte le sue possibilità militari ed economiche e che quindi, per noi, come alleato, in caso di un conflitto generale l'apporto del Giappone sarebbe poca cosa. Una

vittoria del Giappone, a mia impressione, muterebbe radicalmente l'opinione afgana sul rapporto di forze e modificherebbe quindi l'indirizzo politico suo nei nostri riguardi.

190

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 379. Tokio, 12 giugno 1939, ore 7,30 (per. ore 14,30).

Militari mostrano risentimento a causa delle tre navi tedesche inviate Amoy con materiale di guerra per cinesi. Navi sono state fermate. Militari ripetono una volta di più che soltanto Italia ha in tutto il conflitto serbato contegno leale. Telegrafato anche a Taliani.

191

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 380. Tokio, 12 giugno 1939, ore 4,55 (per. ore 17,30).

Ministro della Guerra conferma intenzione del Giappone di isolare la concessione inglese di Tientsin in modo che non si possa entrarvi e uscirne liberamente. Aggiunge che in seguito si procederà occupazione concessione. Non crede reazione dell'Inghilterra sarà molto vivace a causa anche ristretti interessi inglesi attuali. Per quanto nessun accenno nemmeno indiretto sia stato fatto circa quella nostra concessione permettomi rammentare mio telegramma n. 858 del 24 dicembre 1938. Per quanto concerne Shanghai, militari assicurano si continuerà usare maniera dolce. Rimane vedere se tali propositi perdureranno qualora si proceda veramente all'occupazione Tientsin e risultato sia soddisfacente. Telegrafato Roma e Ambasciata d'Italia in Cina.

192

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 366. Berlino, 12 giugno 1939, ore 11,40 (per. ore 13,45).

Telespresso di V. E. n. 45752 del 24 maggio (1).

È partito in questi giorni per la Spagna, per negoziare un accordo economico commerciale a larga portata, il Dottor Wohltat, già noto per trattato concluso con Romania.

(l) Non pubblicato.

193

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, COLONNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 101. Washington, 12 giugno 1939, ore 12,34 (per. ore 22,15).

Telegramma di V. E. n. 393 (1).

Questo Ministro di Albania pur dichiarando aver ricevuto istruzioni da Tirana di comunicare al Dipartimento di Stato passaggio funzioni rappresentanza a questa R. Ambasciata, mi fa conoscere che egli non vi può dar corso perchè, mentre in accordo con sentimenti e idee costantemente espresse egli sarebbe stato felice di ingranarsi in nuova situazione creata dall'« unione personale~. ultimissimi eventi lo hanno persuaso non trattarsi più che di puro e semplice assorbimento. Egli intende quindi restare locale rappresentante Albania fino a quando Dipartimento di Stato lo continui a considerare tale.

In queste condizioni riterrei urgente che il governo Tirana notificasse a locale Ministro degli Stati Uniti decisione presa nei confronti proprie rappresentanze e decadenza Konitza.

Forse così si potrebbe evitare che Dipartimento di Stato si irrigidisca in questione riconoscimento nuova situazione, risultandomi anche che ultimi svolgimenti hanno reso questi elementi perplessi ed hanno rafforzata tendenza a considerare situazione, da noi creata al momento dell'occupazione, come completamente superata, andandosi invece ormai verso la sparizione di qualsiasi sia pure formale indipendenza albanese.

Mi risulta anche che si hanno perplessità circa posizione che sarà fatta Ministro degli Stati Uniti a Tirana e che sono stati in proposito richiesti chiarimenti all'Ambasciatore a Roma e al Ministro stesso a Tirana.

In difetto d'azione da parte di questo Ministro Albania e ove comunicazioni dirette Governo Albanese Ministro degli Stati Uniti Tirana non sortissero effetto desiderato, rappresentanza diplomatica albanese Washington continuerebbe venire riconosciuta da questo Governo, con conseguenze analoghe a quanto verificatosi per Cecoslovacchia.

194

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 150. Shanghai, 12 giugno 1939, ore 13 (per. 13 giugno ore 1,15). Miei telegrammi 124, 136 e 142 (2).

Di ritorno da Tokio questo Incaricato d'Affari giapponese è venuto a informarmi che era stato finalmente raggiunto completo accordo di massima circa linea di collaborazione con Wang-Chin-Wei e con Maresciallo Wu-Pei-Fu.

Era stato deciso in principio che il nuovo Governo centrale avrebbe avuto sede Nanchino e sarebbe stato presieduto da Wang-Chin-Wei che è ad latere come Capo forze armate Wu-Pei-Fu.

Lavori preparatori sarebbero stati continuati a Tientsin dove Wang-Chin-Wei giungerà prossimamente prendendo alloggio nella Concessione Italiana Tientsin.

Ho assicurato Incaricato d'Affari giapponese della nostra .comprensione e della nostra amichevole assistenza ed ho dato istruzioni al Console a Tientsin in tal senso.

Comunicato Tokio.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 58 per il T. 136, 116 per il T. 142.
195

IL LUOGOTENENTE GENERALE A TIRANA, JACOMONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 278. Tirana, 12 giugno 1939 (per. stesso giorno).

Da notizie pervenute ieri da varii centri albanesi, risulta che ovunque le manifestazioni celebrative per la concessione dello Statuto si sono svolte in un'atmosfera di maggiore entusiasmo di quello che si poteva prevedere, data natura non molto espansiva di queste popolazioni.

In alcune località le manifestazioni stesse hanno assunto il carattere di omaggio e di festeggiamenti in onore del nostro Esercito.

Alla Capitale -subito dopo una rassegna militare della Divisione «Centauro» -imponente corteo di impiegati, operai, popolani con alla testa il Presidente del Consiglio, inneggiando al Re Imperatore e al Duce, si è portato prima alla Sede della Luogotenenza (ove ebbe luogo una grandiosa dimostrazione) e poi alla Sede del Comando delle Truppe.

Particolarmente interessanti, per larga partecipazione popolare, le manif~stazioni di Valona e degli altri centri meridionali.

196

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 26. Belgrado, 12 giugno 1939 (per. stesso giorno).

Come ho riferito con mio telegramma n. 125 (1), ho firmato sabato 10 giugno, coi Ministri delle Finanze e della Guerra il nostro contratto per forniture di materiale d'armamento per un importo di mezzo miliardo di lire.

Dopo laboriose trattative, durate quasi un anno, è stato così portato a termine il più importante affare singolo che sia stato finora concluso fra Italia e Jugoslavia e che costituisce una tappa notevole nelle relazioni fra i due Paesi, non solo per l'importo ingente e il carattere politico della fornitura, ma

anche per le possibilità di sviluppo che esso consente nel corso dell'ulteriore programma di riarmo di questo Esercito che viene così a dotare le sue unità più moderne di una dotazione iniziale di materiale italiano.

Per questa ragione è stato bene che l'intero importo della fornitura fosse devoluto all'acquisto di materiale bellico, anzichè, come si sarebbe voluto qui in alcuni ambienti, destinarne una parte all'acquisto di impianti ferroviari. Il Generale Nedié, Ministro della Guerra, si è pronunciato in questo senso. La fornitura del materiale ferroviario potrà invece formare oggetto di un secondo contratto.

Come ho già segnalato a V. E. la collaborazione di questo Addetto Militare, col. Coronati, mi è stata preziosa nella condotta delle trattative; e altrettanto dico di quella prestatami dal signor Schmidt, delegato del Gitar.

(l) Non pubblicato.

197

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. AD HELSINKI, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 13. Helsinki, 12 giugno 1939 (per. giorno 17).

Riferimento a telegramma per corriere n. 010 del 3 giugno 1939 (1).

In questi ultimi giorni sono state tenute due manifestazioni politiche di notevole importanza che hanno pubblicamente riaffermato la decisione finlandese di mantenersi estranea a qualsiasi combinazione che potesse avere diretto od indiretto riferimento con l'atteggiamento strettamente neutrale della Finlandia.

l) Nel discorso tenuto da questo Ministro degli Affari Esteri alla Dieta il 16 giugno 1939 in sede di discussione dei progetti di legge destinati ad assicurare la neutralità delle isole Aland, il signor Erkko ha fatto precise dichiarazioni in merito alle trattative anglo-francesi con l'U.R.S.S. per la creazione di una «triplice intesa». Il sig. Erkko ha dichiarato:

a) che il G~verno finlandese nulla sapeva e di nulla era stato informato circa le esigenze sovietiche di legare la Finlandia ad una specie di garanzia automatica delle tre grandi Potenze;

b) che il Governo finlandese non potrà in nessun caso mai accettare simile garanzia, incompatibile con la sovranità e l'indipendenza della Finlandia;

c) che il Governo finlandese aveva fatto sapere (sottinteso a Londra) di voler assolutamente restare estraneo ai gruppi delle grandi Potenze, di essere deciso a mantenere la propria neutralità e di difenderla fino all'ultimo sangue.

La dichiarazione del Ministro Erkko, che conferma del resto quanto questa

R. Legazione ebbe a comunicare nel suo telegramma per corriere su riferito, è stata accolta da unanimi applausi dalla Dieta. La stampa è pure concorde con la dichiarazione ministeriale.

2) Il Presidente della Repubblica, nel suo messaggio di chiusura dell'attuale legislatura, letto alla Dieta il 7 giugno, ha dichiarato «che il popolo finlandese è stato unanime a proclamare, attraverso la Dieta, la sua volontà indefettibile di mantenere la propria neutralità. La Finlandia respingerà decisamente ogni tentativo di legare il suo destino alle aspirazioni della politica mondiale. La Finlandia non vuole deviare nè da una parte nè dall'altra da questo cammino della neutralità che noi abbiamo decisamente preso d'accordo con gli altri popoli del nord».

(l) Vedi D. 101.

198

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 90. Sofia, 12 giugno 1939 (per. giorno 16).

Mio telecorriere 033 del 9 corrente (1).

Stampa jugoslava riporta voci prossimo viaggio Re Boris a Berlino.

Per quanto in questi ambienti si neghi ogni consistenza voce stessa, rilevan

dosi fra l'altro che persistenti attacchi uricemici di cui Sovrano soffre da qualche mese gli impedirebbero spostamenti se non per motivi cura, la cosa non sembrerebbe da escludersi.

È infatti possibile che, se viaggio Berlino dovesse veramente effettuarsi, Re Boris preferisca compierlo egli stesso per non rafforzare posizione personale Kiosseivanov mantenendosi così libero mutare Presidente Consiglio senza dover subire interferenze straniere.

199

IL GENERALE CAVALLERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. PERSONALE. Roma, 12 giugno 1939.

Rientrato a Roma ieri sera, mi faccio premura di rimettere a V. E. il rapporto conclusivo circa le intese raggiunte a Berlino per le note Commissioni (2). Sarà utile ch'io possa aggiungere al rapporto qualche chiarimento verbale.

Resto perciò agli ordini di V. E.

200

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATO 4369. Berlino, 12 giugno 1939.

A quest'ora avrai già visto Cavallero, il quale Ti avrà messo al corrente di tutto. L'accordo mi sembra generale e completo tranne che sopra un punto.

Qui preferirebbero assai non essere costretti a mettere anche loro nella commissione tedesca dei rappresentanti delle singole Armi.

A parte questa preferenza, che non deve del resto influenzare necessariamente le decisioni che noi -in base alle nostre particolari esigenze -saremo indotti a prendere per quanto ci riguarda, il quadro dell'organizzazione mi sembra dalle due parti abbastanza armonico e tale da promettere buoni sviluppi e soprattutto un proficuo lavoro.

A questo fine, desidero accennarTi ad un punto sul quale non so se lo stesso Cavallero -forse per delicatezza personale -abbia potuto o voluto dirTi il pensiero suo. Ho sentito parlare di «rango » da assegnare a Cavallero o nel campo militare o in quello civile (mediante nomina ad Ambasciatore). Ritengo doveroso farTi presente che, agli effetti della cooperazione con i militari tedeschi -che è quella che per Cavallero deve soprattutto contare -la seconda soluzione non avvantaggerebbe affatto il Delegato italiano. Mi è stato chiaramente detto che Keitel non parlerebbe mai -con tutta la necessaria franchezza -ad altri che non fosse, come lui, un militare in servizio. L'avvertimento è tanto più sintomatico in quanto mi viene dallo stesso Weizsacker.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 182.
201

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATISSIMO 2198/913. Mosca, 12 giugno 1939.

Confermo i miei odierni telegrammi n. 70 e n. 71 (1).

Il Conte von Schulenburg è partito avant'ieri per Berlino dove lo raggiungerà l'Addetto Commerciale signor Hilger, che parte questa sera.

Il viaggio dell'Ambasciatore e del suo collaboratore è stato deciso in seguito ad un nuovo colloquio avuto da Hilger col Commissario per il Commercio Estero, Mikoian.

Secondo le informazioni confidenzialmente fornitemi dall'Ambasciata di Germania, Mikoian ha fatto chiamare Hilger e gli ha dichiarato che, avendo accettato la recente proposta tedesca, il Governo sovietico si teneva pronto a riaprire senz'altro i negoziati commerciali. Mikoian suggeriva il pronto invio a Mosca di Schnurre. Egli doveva però far presente che da parte sovietica sarebbero state mantenute le condizioni avanzate durante le trattative preliminari dello scorso inverno.

Hilger ha obiettato che, dal momento che il Governo germanico si era deciso a fare delle concessioni, concessioni analoghe avrebbero dovuto essere fatte anche da parte sovietica.

Mikoian ha insistito nella sua riserva, ma alla fine ha lasciato comprendere che non era da escludere la possibilità di un qualche accomodamento. Di qui la decisione di Hilger di recarsi a Berlino per esaminare la situazione con

gli organi competenti. (Si tratterebbe principalmente di vedere se invece di certe materie prime-come manganese e petrolio-che la Germania chiedeva all'U.R.S.S., ma che quest'ultima non sembra in grado di fornire, sarebbe o meno il caso di accettare pagamenti in valuta o scambi con altre merci).

Nel suo colloquio con Hilger il Commissario era ritornato ancora una volta sul tema delle «premesse politiche », e ciò ha fatto decidere von Schulenburg ad andare egli pure a conferire con la Wilhelmstrass€'.

Da quanto ho potuto capire, il mio collega tedesco sarebbe personalmente propenso a dare una qualche soddisfazione al Governo di Mosca anche nel campo politico. Egli avrebbe in proposito alcune idee che intende sottoporre a von Ribbentrop. Si proporrebbe fra l'altro di suggerire che vengano date al Governo sovietico delle assicurazioni formali nel senso che la Germania non ha intenzioni aggressive contro l'U.R.S.S.

Von Schulenburg vedrebbe anche la possibilità di una dichiarazione pubblica che confermasse il pieno vigore e lo spirito amichevole del Trattato di Berlino, sempre in forza fra Germania ed U.R.S.S. (Suppongo che il mio collega abbia in mente una dichiarazione analoga a quella polono-sovietica fatta lo scorso novembre congiuntamente da Mosca e da Varsavia).

Von Schulenburg si chiede finalmente se non sarebbe il caso di proporre all'U.R.S.S. un patto navale tedesco-sovietico per il Baltico e perfino un qualche accordo implicante una garanzia dei due Paesi tanto alla Polonia (esclusa però la questione di Danzica), quanto alla Romania.

Naturalmente, nella mente del mio collega le proposte da fare eventualmente a Mosca sarebbero subordinate alla condizione che il Governo sovietico rinunci alla conclusione dell'accordo che esso sta attualmente negoziando con Inghilterra e Francia.

Debbo far presente che quanto precede mi è stato riferito in via confidenzialissima, non da von Schulenburg, che era già partito per Berlino, ma da un suo collaboratore. Non posso pertanto garantire la assoluta esattezza delle intenzioni attribuite al mio collega.

È certo comunque che egli si è recato a Berlino per provocare una chiara decisione su un problema .importante e delicato: quello di sapere se nel momento attuale convenga alla Germania di prendere in seria considerazione le entrature sovietiche e di agire in conseguenza.

Per me la tattica dell'U.R.S.S. è evidente: Il Governo di Mosca vede che Londra e Parigi sono sempre più ansiose di assicurarsi la sua collaborazione e che il Governo tedesco è per parte sua preoccupato della prospettiva di un patto franco-anglo-sovietico che -lo si chiami pure di mutua garanzia contro l'aggressione -risulterebbe in definitiva una vera e propria alleanza militare. L'occasione si presenta quindi favorevole per l'U.R.S.S. di puntare su due carte e cercare di ottenere al tempo stesso la garanzia anglo-francese ed una contro-assicurazione da parte tedesca.

Rimango sempre fermo nella convinzione -manifestata fin dall'inizio delle trattative con l'Inghilterra -che i dirigenti dell'U.R.S.S. non abbiano mai desiderato di impegnarsi a fondo con le potenze occidentali, pel timore di provocare un peggioramento della propria situazione nei confronti sia della Germania che del Giappone. Per questa ragione io avevo espresso l'opinione che l'U.R.S.S. avesse presentato a Londra delle esigenze molto ampie, nella intima persuasione che esse sarebbero state respinte.

La incredibile condiscendenza inglese ha però creato una situazione nuova, per cui l'U.R.S.S. si trova oggi impigliata nel suo proprio gioco; e se il signor Strang, che è atteso quanto prima a Mosca, dovesse portare ulteriori concessioni alla tesi sovietica, io non vedo come Mosca potrebbe decentemente tirarsi indietro.

Mi chiedo quindi se eventuali offerte tedesche giungerebbero ancora in tempo, e se in ogni caso esse sarebbero sufficienti a convincere il Governo sovietico a rinunciare al patto di garanzia con Inghilterra e Francia.

In conclusione, mi sembra lecito prevedere che l'U.R.S.S. manovrerà per

raggiungere entrambi i suoi obiettivi, e cioè - ripeto - la garanzia anglo francese e l'assicurazione tedesca. 13 giugno.

P. S. -Apprendo in questo momento che partirà per Berlino, chiamatovi a conferire, anche questo Addetto Militare tedesco.

(l) Non pubblicati.

202

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. AD HELSINKI, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 748/285. Helsinki, 12 giugno 1939.

A telegramma circolare n. 386 del 2 corrente (1).

l) Il Governo tedesco rivolse a questo Governo, analogamente a quanto fece con gli altri Stati nordici, la richiesta di concludere un Patto di non aggressione.

Il Governo finlandese era disposto in un primo momento di rispondere favorevolmente all'offerta tedesca. La Finlandia aveva concluso nel 1931 un Patto di non aggressione con l'U.R.S.S. Analogo Patto con la Germania avrebbe controbilanciato e pareggiato quello esistente con l'U.R.S.S. Ne sarebbe venuta così una riaffermazione del principio di stretta neutralità, in confronto di qualsiasi Stato o di qualsiasi gruppo di Stati.

Questo parere era sostenuto dal Ministro degli Affari Esteri (v. telegramma R. Legazione n. 34 del 5 maggio u. s.) ed era perfettamente condiviso dall'opinione pubblica.

La questione fu discussa nel convegno dei Ministri degli Affari Esteri scandinavi tenutosi il 9 maggio 1939. Nel predetto convegno la proposta finlandese non trovò l'appoggio nè della Svezia nè della Norvegia mentre, com'è noto, la Danimarca dichiarò che avrebbe senz'altro accettato l'offerta tedesca. Nel comunicato ufficiale pubblicato alla fine del convegno di Stoccolma, i tre Stati scandinavi, Finlandia, Svezia e Norvegia, dichiaravano la loro intenzione di mantenere il principio della neutralità, integrità ed indipendenza e non riconoscevano necessario, per il mantenimento di tale principio,

12 -Documenti diplomatici -Serie VIII · Vol. XII

la conclusione di patti di non aggressione, neppure con la Germania, dalla quale non si sentivano minacciati e che manteneva con loro rapporti amichevoli.

Questo Governo ha ceduto alle pressioni svedesi perchè fosse mantenuta un'identica linea di condotta e non venisse meno la collaborazione militare in politica estera. Dati i rapporti esistenti fra Finlandia e Svezia e mentre ancora la questione delle isole Aland doveva essere discussa alla S. d. N. e si profilava già l'ostilità sovietica al progetto dei riarmo, era facile comprendere come la Svezia tenesse a mantenersi riservata nei riguardi della Germania e trattenesse la Finlandia sull'identica via per non accrescere la diffidenza e le difficoltà da parte dell'U.R.S.S.

Il Governo finlandese, dopo la decisione di Stoccolma, si vedeva obbligato di chiarire al Governo tedesco che il declinare della richiesta germanica non poteva nè doveva essere considerato atto inamichevole. Il Patto di non aggressione con i Sovieti era stato concluso quando ancora la Finlandia non aveva deciso di partecipare alla collaborazione scandinava e non aveva assunto, in stretto contatto con gli altri Stati nordici, un atteggiamento di assoluta neutralità.

2) Le trattative fra l'Inghilterra e l'U.R.S.S. per un Patto di alleanza si wno svolte completamente all'infuori del Governo finlandese. La proposta sovietica di estendere alla Finlandia, oltre che agli Stati baltici la garanzia per eventuali aggressioni di terzi Stati è avvenuta all'insaputa del Governo finlandese rtelegrammi per corriere R. Legazione nn. 010 del 3 giugno u. s. (l) e 013 del 12 giugno u. s. (2)].

La proposta sovietica è stata accolta in Finlandia unanimemente con profondo senso di meraviglia e con la decisione di non ammettere in nessun caso simile garanzia incompatibile con la sovranità e l'indipendenza della Finlandia.

Il Governo finlandese ha fatto conoscere al Governo di Londra che, volendo assolutamente restare estraneo ai gruppi delle grandi Potenze ed essendo deciso a mantenere la propria neutralità, avrebbe considerato qualsiasi intervento sul proprio territorio come un'aggressione ed avrebbe difeso la propria integrità fino all'ultimo sangue.

Tale atteggiamento è stato definito dal discorso tenuto dal Ministro degli Esteri finlandese in data 6 giugno alla Dieta di Helsinki e dal messaggio del Presidente della Repubblica in occasione della chiusura della sessione legislativa.

L'atteggiamento del Governo f;.nlandese ha trovato concorde approvazione in tutta l'opinione pubblica finlandese. Gli attacchi sovietici nel discorso Molotov e nei giornali ufficiosi di Mosca sono stati considerati come una prova del vivo interesse che l'U.R.S.S. mostra per aggiogare la Finlandia nella sfera della propria politica. Essi hanno quindi, se mai, irrigidito questo Paese nella decisione v.dottata ed hanno anzi accresciuto il senso di diffidenza e di sospetto, già esistenti, per le richieste sovietiche di ottenere concessioni territoriali, sia pure temporanee, in Finlandia (v. rapporto n. 425/161 del 5 aprile 1939) e per le difficoltà frapposte nella S. d. N. in relazione al progetto d'accordo fra Finlandia e Svezia per il riarmo delle isole Aland.

(l) Vedi D. 90.

(l) -Vedi D. 101. (2) -Vedi D. 197.
203

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 2710/1214. Londra, 12 giugno 1939.

Mentre la diplomazia franco-inglese faticosamente lavora a consolidare il castello del suo cosidetto «fronte comune per la pace», è interessante osservare la premurosa attenzione con la quale negli ultimi tempi gli occhi di Londra si vanno rivolgendo verso la Bulgaria.

Rilevo tra gli altri recentissimi sintomi di questo interessamento, rispettivamente una lettera aperta pubblicata ieri dal Sunday Times ed un articolo speciale apparso stamane nel Times. La prima dice francamente e in poche righe quello che il corrispondente del Tim es diluisce in due intere colonne: in sostanza che la Bulgaria si verrebbe a trovare in una situazione strategica vitale nella eventualità di un conflitto tra la grande alleanza democratica e le Potenze dell'Asse; occorre quindi fare ogni sforzo per associarla al carro della politica di Londra e di Parigi.

Sempre a questo proposito segnalo una odierna nota del Daily Express nella quale, dopo aver francamente riconosciuto la futilità di ogni approccio della Intesa Balcanica a Sofia sin tanto che Romania e Grecia non siano pronte ad esaminare concretamente la possibilità di restituire alla Bulgaria i territori da essa perduti col Trattato di Neuilly, si ritiene di poter connettere a tale questione una progettata visita di Re Boris a Londra durante la prossima estate.

Unisco i ritagli (1).

204

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

TELESPR. 217720/c. Roma, 12 giugno 1939.

l) Rapp. di V. E. n. 2196/983 del 1° maggio u. s.

2) Telespresso di questo Min. 214874 del 17 maggio u. s.

Questo Ministero, presa visione della nota inviata dal Foreign Office a codesta R. Ambasciata, con la quale è stato prospettato il punto di vista del Governo inglese circa le riserve formulate dal R. Governo nei riguardi dell'Accordo commerciale anglo-francese per la Zona francese del Marocco -sentito l'avviso dei RR. Dicasteri competenti -prega V. E. di voler comunicare a codesto Ministero degli Esteri che il Governo italiano considera insoddisfacente la risposta fornita e che pertanto mantiene il punto di vista formulato nella precedente nota di codesta R. Rappresentanza.

(l) Non pubblicati.

205

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ATTOLICO, A TOKIO, AURITI ED IN SPAGNA, VIOLA, AL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, ED ALL'INCARICATO D'AFFARI A HSIN KING, GUADAGNINI

TELESPRESSO 217839/C. Roma, 12 giugno 1939.

Questa Ambasciata di Germania ha comunicato il testo di una nota -se ne allega la traduzione -che la Legazione ungherese a Berlino ha inviato all'Auswartiges Amt, relativa alla posizione dell'Ungheria nel quadro degli accordi dell'Internazionale anti-comunista per quanto riguarda l'adesione di nuovi Stati, chiedendo, d'ordine del suo Governo, il parere in merito del Governo italiano.

L'Ambasciata predetta ha aggiunto che il Governo del Reich è favorevole al punto di vista ungherese. È stato comunicato all'Ambasciata di Germania che anche il Governo italiano è d'accordo. Quanto sopra per Vostra opportuna personale conoscenza.

ALLEGATO NOTA VERBALE

Berlino, 24 maggio 1939.

La R. Legazione di Ungheria, conformemente all'incarico avuto, ha l'onore di comunicare quanto segue al Ministero degli Esteri.

Secondo il punto di vista ufficiale ungherese, l'Ungheria, in seguito alla sua adesione al Patto contro l'Internazionale Comunista, è diventata partecipante all'accordo in posizione di uguaglianza con i firmatari originari, cosicchè i diritti e gli obblighi stabiliti nel Patto valgono senza modificazioni nei riguardi dell'Ungheria. In conseguenza di ciò in caso di ulteriori adesioni di altri Stati spettano all'Ungheria gli stessi diritti di quelli delle Tre Grandi Potenze firmatarie originarie.

Pur tenendo fermo questo principio il R. Governo ungherese, per ragioni pratiche, non insiste affinchè l'Ungheria, conformemente alla procedura stabilita nell'art. 2 dell'Accordo, partecipi insieme alle tre Grandi Potenze firmatarie originarie in ogni singolo caso all'invito da rivolgere a un nuovo Stato di aderire al Patto e alla firma al protocollo relativo.

Nello spirito del trattato l'Ungheria avanza tuttavia la pretesa che il R. Governo

ungherese sia presentito in ogni caso singolo in merito all'invito che le Grandi

Potenze firmatarie originarie intendano rivolgere a un altro Stato perchè aderisca

al Patto.

Si prega di voler far conoscere il punto di vista tedesco sull'argomento.

206

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 1057/571. Ankara, 12 giugno 1939.

Nella lunga conversazione avuta col Ministro degli Esteri turco il 10 corrente, quando gli ho ricordato che la prima dichiarazione ufficiale di neutralità era stata fatta dal Presidente del Consiglio dopo la firma dell'accordo economico tedesco-romeno e dopo l'azione italiana in Albania -avvenimenti cui egli invece attribuiva importanza decisiva pel mutato atteggiamento della Turchia -, Saracoglu non ha risposto nulla.

Da quanto qui ho potuto sapere risulterebbe che se le conversazioni con l'Inghilterra erano già da tempo iniziate, l'abbandono della neutralità è stato deciso in un momento di vero panico determinato dal rapido crearsi di una situazione nuova sul Danubio e nei Balcani e dal modo con cui tale situazione è stata sfruttata dalla politica ricattatoria anglo-francese. Soprattutto in seguito alle notizie di un rafforzamento dei contingenti italiani in Albania, i dirigenti turchi, verso la fine di aprile, hanno creduto imminente il conflitto ed impossibile alla Turchia restarne fuori. Sembra sicuro che proprio in quei giorni il Capo di Stato Maggiore Generale, Maresciallo Fevsi Cakmak, si sia recato dal Presidente della Republica per fargli presente che l'occupazione militare dell'Albania da parte dell'Italia aveva scopi strategici verso l'Egeo e i Dardanelli. Scottati dall'esperienza del 1914, i Turchi si sono buttati in braccio all'Inghilterra dopo essersi assicurati che la Russia, almeno tendenzialmente, era a lato delle potenze democratiche. Questo mutamento di rotta assicurava già un primo successo alla Turchia: la definizione della questione dell'Hatay.

Un altro elemento va tenuto in conto. Ed è l'atteggiamento della Jugoslavia. Seguito in Turchia già con preoccupazione e sospetto da quando Stojadinovié era al potere, è sembrato anche più preoccupante quando, dopo e malgrado l'azione italiana in Albania, sono stati annunziati i viaggi a Roma ed a Berlino del Principe Paolo -già considerato qui una pedina inglese nello scacchiere balcanico. L'Intesa Balcanica, unico baluardo della politica turca, minacciava di rovinare col passaggio della Jugoslavia nell'orbita dell'Asse, mentre si acuiva il pericolo bulgaro; la Romania essendo per suo conto impegnata nel settore danubiano, alla Turchia non restava in definitiva che una solidarietà greca poco rassicurante. (I Turchi hanno il più profondo disprezzo dei Greci).

Ho avuto una nuova prova del rancore turco verso la Jugoslavia quando nel corso del mio colloquio con Saracoglu gli ho detto, quasi incidentalmente, che la Jugoslavia con la sua condotta leale verso di noi si era assicurato l'amicizia e l'appoggio dell'Italia. Saracoglu è diventato verde, e poco dopo parlando della falsa interpretazione che si è data all'articolo 6 dell'accordo anglo-turco,

nel dichiararmi che la Turchia si è limitata ad informare gli alleati balcanici del raggiunto accordo di massima, senza far pressioni per ottenere la loro adesione, mi ha lanciato: « dal momento che siete tanto amici con i Jugoslavi potete chiedere loro la conferma di quanto io vi dichiaro».

Debbo aggiungere che la psicosi di guerra qui non si è attenuata; si continua a credere che il conflitto è inevitabile. Ragione per cui si cerca di stringere sempre più i rapporti con l'Inghilterra. Missioni militari e giornalistiche turche si recano a Londra, missioni commerciali e parlamentari inglesi calano in Turchia; un giornale turco ha annunziato nuovi crediti inglesi di 10 a 15 milioni di sterline alla Turchia, e la notizia non è stata smentita; il prossimo viaggio del Ministro degli Affari Esteri di Egitto ad Ankara è dovuto ad iniziativa di Rtistii Aras, cioè, dell'Inghilterra (è lo stesso Saracoglu che mi ha detto che

tale visita è stata combinata da Riistil Aras a Londra). D'altra parte si tenta con Gafencu di dare ossigeno a quello che resta dell'Intesa Balcanica.

Von Papen mostra ancora un certo ottimismo. Egli crede che sia tuttora possibile trattenere la Turchia a metà della china sulla quale si è posta. Certamente, come ho già scritto in altre comunicazioni, la Germania ha forti argomenti da far valere, ma io credo che per ora tutto quello che può ottenersi è che l'accordo anglo-turco non si estenda totalmente ai Balcani, ciò che per altro lo farà apparire ancor più diretto contro l'Italia perchè limitato alla cosidetta sicurezza nel Mediterraneo. Soltanto in un avvenire più o meno prossimo, quando l'Inghilterra avrà realizzato il prezzo che le costa l'alleanza della Turchia dalla quale non ha nulla da prendere, le posizioni potranno essere rivedute.

207

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 126. Belgrado, U giugno 1939, ore 11 (per. ore 12,55).

Telegramma di V. E. n. 103 e 104 (1).

Markovié mi ha parlato della eccezionale cordialità dell'accoglienza avuta a Berlino e delle felici ripercussioni qui avute dalle categoriche dichiarazioni ottenute in special modo per quanto concerne il rispetto delle frontiere jugoslave. Mi ha detto che nel corso delle conversazioni la indissolubile comunità d'intenti e di azione Berlino-Roma è stata base costante degli argomenti esaminati, ma, per quanto concerne l'uscita da Ginevra, Markovié ha affermato che a Berlino si è attribuito esclusivamente a noi il desiderio di un simile gesto, ed il Fiihrer personalmente avrebbe marcatamente ripetuto di fronte al Principe Reggente, a Markovié ed a von Ribbentrop che « la Germania, per quanto la concerne, nulla ha da chiedere». Questo Ministro Affari Esteri ricorda di aver parlato con V. E. a Firenze del suo proposito di notificare l'uscita della Jugoslavia dalla Società delle Nazioni non appena a Ginevra si iniziassero palesemente discussioni o manovre nettamente anti-Asse. Nei riguardi della Intesa Balcanica, Markovié mi ha confermato sua perplessità circa nuovi impegni assunti dalla Turchia. Comunque attende per prendere posizione definitiva di conoscere i risultati della visita di Gafencu ad Ankara e dei passi con lui concertati. Nei riguardi della Turchia Markovié fa natura!mente il massimo assegnamento sul nostro appoggio. Ma quello che sul momento maggiormente qui

preoccupa, e soprattutto per ragioni di opinione pubblica, è di assicurarsi, nello

sfaldamento dell'Intesa, almeno la solidarietà della Romania e di sfuggire così

all'isolamento in Balcania.

(l) Per il T. 103 di Ciano vedi D. 150. Il T. 104 non è stato pubblicato.

208

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 72. Mosca, 13 giugno 1939, ore 13,20 (per. ore 16,45).

Richiamo l'attenzione dell'E. V. sull'editoriale Pravda riassunto con mio telegramma Stefani 45 (1). Sembra interessante punto dove si afferma che recentemente Polonia, Romania hanno cessato sollevare obiezioni contro la garanzia sovietica. Accusa indirettamente Governi Estonia, "!finlandia subire pressioni tedesche. Articolo dei giornale contiene velate minacce contro Paesi Baltici.

Pubblicato alla vigilia dell'arrivo a Mosca di Strang è chiaro che editoriale mira convincere Inghilterra a non tener conto delle obiezioni dei Paesi predetti.

209

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 63. Ankara, 13 giugno 1939, ore 20 (per. giorno 14 ore 2!.

Nelle conversazioni in corso fra Gafencu e Governo Turco, Gafencu come Presidente in carica dell'Intesa balcanica avrebbe fatto sapere che la Jugoslavia dolendosi di non essere stata informata preventivamente dell'accordo anglo-turco, non intende che esso sia esteso ai Balcani. Gafencu avrebbe anche chiesto, senza attenerlo, che nella dichiarazione comune franco-turca che si farà in occasione della prossima firma dell'accordo con la Francia per l' Hatay e che sarà analoga a quella anglo-turca del 12 maggio scorso, il paragrafo 6° non fosse compreso. Il paragrafo 6° sarà dunque incluso anche nella dichiarazione franco-turca, ma si sarebbe rimasti d'intesa che nella redazione dei definitivi accordi anglo-turchi e franco-turchi, il patto balcanico venga considerato come indipendente dagli accordi stessi.

210

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 64. Ankara, 13 giugno 1939, ore 20,52 (per. giorno 14 ore 2).

Questo Incaricato d'Affari dell' Irak ha dichiarato in conversazione con colleghi di Ankara che l'Irak farà delle riserve sulla concessione dell'Hatay alla Turchia dato che in quella regione vi sono forti minoranze arabe.

Gli Stati firmatari del patto di Saad-Abad manifestano anche un certo malcontento per non essere stati preventivamente informati dalla Turchia del suo accordo con l'Inghilterra.

Questi elementi potrebbero essere utilizzati dalla nostra propaganda.

(l) Non pubblicato.

211

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 11631/207 P. R. Roma, 13 giugno 1939, ore 21,30.

A seguito mio odierno n. 206 (1).

Ulteriori notizie qui pervenute precisano :

l) che Ditta Walter avrebbe costruito per conto del Governo francese motori di aviazione su brevetto Gnome-Rhòne per un importo di 100 milioni di franchi;

2) che tale fornitura stando per esaurirsi, Ditta anzidetta avrebbe chiesto di continuare il contratto per un importo di altri 100 milioni. Gradirò eventuale conferma et particolari.

212

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 157. Budapest, 13 giugno 1939 (per. giorno 15).

Parlandomi della Rutenia, in una conversazione confidenziale, un alto funzionario del Ministero degli Affari Esteri mi ha confidato che al momento dell'ultima crisi cecoslovacca Monsignor Volosin aveva telegrafato in Germania chiedendo di mettere la Russia subcarpatica sotto il protettorato tedesco. Il Governo del Reich gli avrebbe allora risposto che non poteva, per affari cosi delicati, riscontrare un semplice telegramma, invitandolo ad inviare eventualmente una comunicazione scritta in proposito. Intanto le truppe ungheresi occupavano la regione ed il Console di Germania a Huszt diceva poi a VoloS.in che ormai era troppo tardi per prendere in esame la sua domanda.

213

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 92. Sofia, 13 giugno 1939 (per. giorno 16).

Presidente del Consiglio mi ha detto che ai primi di luglio sosterebbe di passaggio a Sofia Ministro Affari Esteri egiziano con seguito. Tale sosta sarebbe dipendente da viaggio che detto Ministro compirebbe nei Balcani, originariamente dietro invito di Atene in relazione a monumento da erigersi fondatore

dinastia egiziana Mehemet Alì in Cavala sua Patria, cui avrebbe seguìto determinazione estendere visita Bucarest Ankara ed infine Belgrado.

Governo bulgaro ancora non avrebbe formulato invito esplicito nè preso intese di dettaglio: è presumibile tuttavia che, per quanto non si annetta visita particolare interesse politico, sosta possa durare uno o due giorni.

Kiosseivanov non esclude che viaggio balcanico Ministro Affari Esteri egiziano possa includere interesse informazione avvicinamento politico specie Ankara Atene Bucarest.

(l) Non rintracciato.

214

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVATO 93. Sofia, 13 giugno 1939 (pe1·. 16 giugno). Miei telegrammi 112 del 31 maggio scorso e 079 del 3 corrente (1). Ho preavvisato Presidente Consiglio mia imminente andata Roma per eventualità desiderasse vedermi prima mia partenza. Kiosseivanov che ha visto ieri il Re mi ha subito convocato. Mi ha incaricato suoi particolari cordiali ossequi V. E. dicendomi nutrire sempre speranza avere un giorno fortuna incontrarla, e pregandomi riconfermare E. V. sentimenti profondamente amichevoli Governo bulgaro verso Italia. Mi ha detto avere frattanto meditato quanto ebbi a prospettargli come da mie comunicazioni surriferite. Non credeva tuttavia che, nonostante determinazioni Bulgaria sostanzialmente già prese secondo suoi interessi e simpatie verso Asse, sia giunto ancora il momento manifestarle. Bulgaria sarebbe tuttora ostacolata: l) Militarmente per suo ancora insufficiente riarmo; 2) Politicamente da persistente Intesa Balcanica e da dubbio atteggiamento jugoslavo rispetto ad essa. Ora, egli afferma, «pietra di paragone» volontà Jugoslavia sarebbe costituita da suo abbandono Intesa Balcanica, cui le fornisce giustificata ragione accordo anglo-turco. Sua esitazione farlo, a parte azione alte influenze interne ed elemento militare, indicherebbe sostanziale intendimento non rinunciare altre possibilità, ciò che dal punto di vista Asse consentirebbe legittimi dubbi circa reale portata sua affermata neutralità, tanto più dato suo stesso atteggiamento verso rivendicazioni bulgare Dobrugia, che starebbe dimostrare come essa non intende comunque separare propria causa da quella Romania. D'altronde, soggiungevami, anche a Berlino, ove pur sussisterebbero verso Bulgaria ingiustificati sospetti recentemente riprovati da gravose condizioni richieste pagamento entro un biennio forniture militari esercito bulgaro, gli risulterebbe esservi scontento specie da parte elemento militare per risultati visita Principe Paolo, e generalmente per politica Ribbentrop giudicata timida ed eccessivamente fiduciosa, che già avrebbe prodotto e forse continuerebbe produrre. fatali errori in Turchia.

Comunque durando esposte condizioni sperava riserva bulgara sarebbe compresa Roma.

Gli ho risposto:

l) Circa insufficienza riarmo bulgaro, secondo indicazioni del telegramma d V. E. n. 80 (1), che l'Italia sarebbe stata volentieri disposta venire incontro necessità Bulgaria rafforzamento militare;

2) Circa posizione politica Bulgaria attuale quadro balcanico, che gli ricordavo quanto egli stesso avevami riferito delle parole di V. E., e cioè che neutralità comprensibile per Jugoslavia soddisfatta della guerra, non era pensabile per Bulgaria che tuttora rivendica territori perduti. Che pur senza entrare in merito sua valutazione atteggiamento jugoslavo, anche ad ammetterla senza discriminazione, risulterebbe se mai che esitazione bulgara concorderebbe essa stessa assicurare condizioni favorevoli protrarsi da lui lamentato delle incertezze di quell'atteggiamento;

3) Che comunque, a parte più aperte manifestazioni intendimenti bulgari verso Asse, mi pareva che in vista stesso loro futuro concretainento fosse quanto meno utile nelle circostanze situazione attuale, se non altro una più intima presa di contatto, ciò che non mi risultava fosse stato fatto finora, e che poteva anche fino a un certo punto spiegare i sospetti da lui accennatimi.

A questo richiamo egli ha insistito col dirmi che era pur chiaro come la Bulgaria nulla abbia ad attendersi da altri che dall'Asse. Anche a non parlare di irreconciliabilc ostilità dell'Intesa Balcanica, alla cui ultima riunione, come egli afferma risultargli, si sarebbe fin fatto accenno ad una eventuale spartizione della Bulgaria, ne farebbe fede ancora ultimamente una conversazione di Gafencu col Ministro di Bulgaria ad Ankara, da questi testè riferitagli.

Dopo il pranzo cui Ministro bulgaro era stato invitato insieme con altri rappresentanti balcanici, Gafencu avrebbegli detto che sue replicate dichiarazioni intransigenza verso Bulgaria dovevano essere intese in funzione di altre situazioni Romania non escluse quelle interne, ma che egli era convinto che qualora Bulgaria accedesse Intesa Balcanica, in una diversa atmosfera molte concessioni romene sarebbero rese possibili.

Avrebbe però soggiunto subito dopo che si tratterebbe comunque di concessioni «economiche e minoritarie », indicazione che svuoterebbe automaticamente precedenti affermazioni buona volontà.

Kiosseivanov ha poi concluso col dirmi che sugli sviluppi politica bulgara Italia può fare affidamento, e che comunque mai Bulgaria prenderebbe posizione contro di noi.

Questo è quanto per il momento si può ottenere dal Governo di Sofia.

(l) Vedi DD. 78 e 100. Il T. 112 è però del lo giugno.

215

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 23. Londra, 13 giugno 1939 (per. giorno 16).

Tre ufficiali superiori appartenenti alle forze francesi in Indocina si recherebbero prossimamente a Singapore per prendere contatto con il Vice-Ammi

raglio J. T. Babington, comandante l'aviazione britannica in Estremo Orientf: e con il Maggior Gen. W. G. F. Dobbie, comandante della piazza militare di Singapore.

Gli ufficiali francesi sarebbero: l'Ammiraglio Decoux, il Gen. Martin ed il Col. Deveze, comandanti rispettivamente le forze navali, terrestri ed aeree francesi in lndocina.

Le conversazioni avrebbero lo scopo di esaminare i problemi concernenti la re:ciproca difesa nella eventualità di un conflitto coinvolgente l' Inghilterra e la Francia contro il Giappone.

(l) Vedi D. 60.

216

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 80. Ankara, 13 giugno 1939 (per. giorno 20).

Telegramma di V. E. n. 376 del 2 giugno corrente (1).

Le voci che vengono segnalate dal Cairo circa una estensione del patto anglo-turco all'Egitto circolano anche in questi ambienti. Si suppone infatti che la prossima visita del Ministro di Egitto ad Ankara non abbia soltanto carattere di visita di cortesia ma sia anche motivata dal desiderio dell'Inghilterra di fare iniziare conversazioni fra Egitto e Turchia per l'eventuale conclusione di un patto che consenta alla Turchia in caso di guerra di essere rifornita dall'Egitto, in cambio di aiuti militari che la Turchia dovrebbe dare con l'invio di truppe

o in Palestina o sulle frontiere egiziane. A tale invio non esisterebbero ostacoli territoriali data l'attuale situazione politica nelle regioni del Mediterraneo Orientale.

Mi è stato confidato che in alcuni ambienti militari turchi si dimostra una certa apprensione per gli impegni che in questo senso dovrebbe assumere la Turchia, dato che essi comporterebbero la dispersione delle forze turche verso settori che non hanno importanza nazionale.

Il carattere politico della vislta di Abd el-Fattah Yahyà ad Ankara è stato implicitamente riconosciuto anche da Saracoglu quando mi ha detto (come ho giù avuto l'onore di riferire) che il viaggio è stato predisposto a Londra d;:~ Rilstil Aras.

Si esclude che l'Egitto abbia l'intenzione di aderire al patto di Saad-Abad.

217

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 81. Ankara, 13 giugno 1939 (per. giorno 20).

Mi risulta da fonte autentica che in previsione della visita di Gafencu ad Ankara il Governo Turco -su ispirazione inglese -ha fatto un estremo ten

tativo per attirare la Bulgaria nel Patto. Saracoglu ha pregato questo Ministro di Bulgaria di recarsi a Sofia latore della seguente proposta: la Bulgaria entrerebbe immediatamente nel Patto Balcanico; se dopo due anni le sue rivendicazioni sulla Dobrugia meridionale non avessero ottenuto soddisfazione, Turchia, Grecia e Jugoslavia cercherebbero di risolvere la questione con un arbitrato; la Bulgaria dovrebbe rinunziare ad ogni altra rivendicazione territoriale in Tracia. Il Ministro di Bulgaria, partito da Ankara il 25 maggio, vi è ritornato il 9 corrente con la risposta assolutamente negativa di Kiosseivanov il quale non avrebbe creduto neanche necessario di sottoporre al Sovrano simile proposta. Christov ha comunicato a Saracoglu che la Bulgaria, pur riservandosi di realizzare le sue aspirazioni se e quando possibile, non rinunzia ad alcuna di esse.

Con ciò la questione della partecipazione della Bulgaria al Patto Balcanico è stata scartata dalle conversazioni di Gafencu ad Ankara.

È rimasta quella del consolidamento dell'Intesa Balcanica. La parola «consolidamento » è stata adoperata da questo Segretario Generale agli Affari Esteri. Se ne deduce che, poichè si sente la necessità di consolidare, vuol dire che era in atto un processo di disgregazione, aggravato dall'accordo anglo-turco concluso dalla Turchia senza preventiva consultazione con gli alleati balcanici.

L'estensione ai Balcani del patto anglo-turco, per la quale la pressione inglese è sempre viva può avvenire in due modi: o con l'adesione ad esso di tutti gli Stati dell' Intesa Balcanica, ciò che sembrava potesse escludersi a priori per l'atteggiamento sia della Jugoslavia che della stessa Romania, o con l'allargamento degli impegni reciproci anglo-turchi fino a coprire le frontiere extra-balcaniche dei membri del Patto e più specialmente della Romania.

Le conversazioni di Gafencu ad Ankara e quelle successive che avrà ad Atene vertono e verteranno specialmente sulla ricerca della formula che riaffermando la compattezza dell' Intesa Balcanica permetta di tenere possibilmente distinto il P<ltto Balcanico dagli accordi in corso fra la Turchia e l' InghilterrH e la Francia

(l) Vedi D. 88.

218

IL MINISTRO A COPENAGHEN, SAPUPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 95. Copenaghen, 13 giugno 1939 (pe1·. giomo 15 ore 12,30).

Corso conversazione con Segretario Generale Ministero Affari Esteri questi ha espresso personale avviso che rifiuto Svezia accettare patto di non aggressione tedesco e sua decisa pressione su Norvegia e Finlandia (in principio proclive accettazione) a seguirne linea di condotta sia stato soprattutto dovuto alla speranza di Sandler -poi disilluso -che facendo in tal modo cosa gradita alla Russia questa ultima sarebbe stata indotta consentire al riarmo delle isole Aland.

219

IL MINISTRO A TEHERAN, PETRUCCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. n. (1). Teheran, 13 giugno 1939.

La recente intesa anglo-turca continua ad essere vivacemente commentata in questi circoli governativi così che si deve dedurre che essa sia venuta a creare una situazione nuova in questa parte del Medio Oriente.

A prima vista poteva riteneresi che, dopo un primo momento di contrarietà, essa avrebbe dato luogo a più moderati commenti e forse anche ad un certo senso di sollievo in queste sfere ufficiali, poichè essa, proiettando di nuovo la Turchia nell'orbita mediterranea, veniva a svuotare le preoccupazioni manifestatesi in Iran dopo la morte di Atatlirk, di un ritorno offensivo della politica turca verso gli sterminati spazi asiatici, come ebbi a riferire a V. E.

Invece la minaccia d'imminenti complicazioni in Europa e la presa di posL zione della Turchia nel sistema di accerchiamento dell'asse Roma-Berlino hanno fatto sorgere la visione della difficile situazione dell'Iran in un eventuale conflitto europeo, chiuso come sarebbe fra India Inglese, Golfo Persico, Irak, Turchia ed U.R.S.S., ammesso che anche quest'ultima entri nel sistema anglofrancese

Nell'ultimo grande conflitto mondiale, l'Iran segnò una linea di demarcazione fra le due parti contendenti, in quanto che ad Occidente l'Impero Ottomano segnava dal Golfo Persico al Caucaso il fronte degli Imperi Centrali, mentre gli Alleati tenevano il Nord e l'Oriente delle frontiere del Paese. Se ciò gli procurò la poco piacevole sorpresa di vedere i contendenti scendere a guerreggiare nel suo territorio, gli permise però di destreggiarsi fra gli uni e gli altri, così che, alla fine della guerra, potè mantenere integre le sue frontiere.

In caso di conflitto futuro, e se l'intesa anglo-turca dovesse saldarsi con un'analoga intesa con l'U.R.S.S., l'Iran verrebbe a trovarsi accerchiato ed isolato, poichè anche l'Afganistan è qui considerato come una dipendenza di Londra e dell'U.R.S.S.

Tale prospettiva allarma giustamente questo Governo, che sperava, con il miraggio dell'intesa asiatica, stretta dopo il patto di Saad-Abad, di conservare libertà d'azione ad Occidente, fidente nel suo buon senso della politica di Kemal Atatiirk.

Vi sono del resto già dei sintomi che dimostrano che la Gran Bretagna e la Turchia lavorino per cercare di ottenere l'adesione dell' Iran al sistema di accerchiamento anglo-francese. La venuta di pezzi grossi della finanza inglese, la spinta data alle trattative per la delimitazione delle zone petrolifere della « Anglo-Iranian Oil Co.», che pare siano per giungere ad un accordo definitivo dopo la venuta a Teheran di Lord Cadman, numerosi e segreti contatti avuti da questa Ambasciata di Turchia con questo Ministero degli Affari Esteri, ed

altri piccoli sintomi, stanno a dimostrare che vi è tutto un lavorio per indurre l'Iran ad accedere all'accordo anglo-turco, il che significherebbe l'entrata di tutto il blocco dell'intesa orientale nel sistema inglese.

Per ora mi risulta come lo Scià si sia dimostrato inamovibilE>, e che più che mai sia deciso a mantenere con tutti i mezzi la neutralità dell'Iran in caso di conflitto europeo.

Questa decisa attitudine del Sovrano non ha mancato di irritare gli inglesi e sta forse a spiegare i nuovi affrettati lavori che si stanno facendo ad Abadan per la creazione di grandi serbatoi sotterranei per la benzina. Mi viene anzi riferito che in tutta la zona petrolifera della « Anglo-Iranian Oil Co. » si starebbero compiendo lavori di vere e proprie fortificazioni, che preluderebbero ad una occupazione militare inglese di quella zona in caso di conflitto europeo.

Ho avuto in questi giorni vari colloqui con il mio collega di Germania, signor Smend, e siamo giunti alle seguenti conclusioni:

l) È nostro interesse che l'Iran rimanga neutrale, ed occorre rafforzare in tutte le maniere la sua posizione. Per questo la Germania ha in questi ultimi tempi fatto condizioni di credito larghissime per forniture di merci all' Iran. Gli ho accennato alla nostra iniziativa di venire incontro al programma di aviazione militare iraniano.

2) In caso di conflitto europeo, non sarà più possibile effettuare in Iran delle operazioni del tipo di quelle che la Germania potè compiere durante il passato conflitto, con le gesta invero eroiche dei suoi agenti Wasmus nel Sud del paese, Schunemann nel centro, e del prof. Nidermayer in Afganistan. Occorrerà molta prudenza nella nostra condotta ufficiale, approfittando delle eventuali intemperanze di Inglesi, Russi e Turchi, che certamente non mancheranno, cercando di contrastare come meglio si potrà la corruzione che certamente eser·· citeranno qui i nostri nemici con una buona organizzazione itala-tedesca, per compiere un lavoro d'infiltrazione negli ambienti ufficiali, sostenendo gli amici e cercando di attirare i nemici anche con mezzi pecuniari.

3) Cercare fin da ora di persuadere gli Iraniani dell'interesse che essi hanno a rinforzare la nostra posizione in Iran, soprattutto facendoci entrare in una eventuale società iraniana per la messa in valore di campi petroliferi nuovi. Di ciò io ho già parlato a questo Ministro delle Finanze, facendomi forte del fatto che nelle esportazioni della « Anglo-Iranian Oil Co.» per l'anno finanziario 1937-38 occupiamo il primo posto dopo l'Impero inglese. Il signor Smend si riserva di fare analogo passo.

Egli poi conveniva che l'unico mezzo che l' Iran avrebbe per mantenere ad ogni costo la sua neutralità era quello di sviluppare la sua aviazione in accordo con l'asse Roma-Berlino, il che corrisponde all'iniziativa presa dalla Fiat in questi giorni.

Si rimaneva intesi infine che egli avrebbe prospettato a Berlino il problema della nostra linea d'azione in Iran in caso di conflitto, e che io avrei fatto la stessa cosa presso V. E., e che in occasione della mia prossima venuta in Italia e della sua prossima andata a Berlino, sarebbe stata trattata a viva voce la questione per vedere di concordare poi una linea di condotta unica dei nostri due Governi.

(l) Il documento, probabilmente un rapporto, proviene dall'Archivio dell'Ambasciata a Londra, cui era stato trasmesso da Roma con Telespr. 221152/C del 5 luglio 1939.

220

IL MINISTRO A STOCCOLMA, SORAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 475/172. Stoccolma, 13 gi.ugno 1939.

Mio telegramma n. 15 del 2 giugno corrente (l) e mio telespresso n. 444/162 in data 3 giugno successivo (2).

La « vessata » questione del riarmo deile isole Aland -che nel suo lento e laborioso procedere ha dovuto subire una fase di arresto a causa dell'impreYisto atteggiamento contrario assunto dalla Russia -è venuta a recare elementi nuovi anche nel più esteso quadro delle relazioni della Svezia con i due grandi blocchi dominanti l'andamento della vita politica europea, influendo notevolmente sull'indirizzo psicologico finora diffuso in questi ambienti in materia di simpatie ed avversioni nel campo internazionale.

Di fronte al « fermo » che il recente discorso di Molotov avrebbe inteso imporre alla soluzione di un problema qui posto oramai su un piano di prima importanza, la reazione svedese si è delineata chiaramente negli scorsi giorni, ed ha avuto ripercussioni che conviene subito individuare perchè la loro portata trascende i limiti dell'argomento delle Aland: nel riferire, pertanto, sugli ultimi aspetti del contrasto sorto con l'Unionf' Sovietica, sono altresì in grado di fare seguito alle informazioni ed alle cc!lsiderazioni di indole generale che avevo cominciato ad esporre circa i sentimenti con cui la Svezia si rivolge rispettivamente verso le Potenze dell'Asse e verso la coalizione occidentale, nonchè circa i conseguenti suoi propositi programmatici.

Vari sintomi si erano manifestati, da qualche tempo a questa parte, a dimostrare che ·-pur permanendo la propensione per le democrazie occidentali, basata su comunanze ideologiche e di interessi -stavano ad essa sovrapponendosi sensibili elementi di diffidenza e di apprensione, in vista del pericolo che l'essere troppo docili fautori di quella tendenza potesse condurre a trovarsi coinvolti in un'eventuale conflagrazione come strumenti di accerchiamento. Il sistema di neutralità cui la Svezia, entro l'ambito dell'Intesa Nordica, affida la tutela del proprio pacifico benessere, è invero concepito su caratteristiche talmente rigide ed assolute che qualsiasi prospettiva di vedersi costretti ad un'attività significante comunque un'indiretta partecipazione ad un conflitto (fosse anche con semplici misure di ordine economico) appare motivo sufficiente per provocare tosto delle deviazioni, e per modificare perfino gli atteggiamenti più spontanei e naturali.

Un episodio rivelatore della preoccupazione di mantenere l'equidistanza fra le due influenze, si era avuto -come già misi in rilievo -·-alcune settimane or sono, allorchè la proposta germanica di un patto di non aggressione incontrò da parte di questi cautissimi dirigenti una negativa prudenziale che, scevra da pregiudiziali di ostilità, era informata unicamente ad uno spirito di astensione da ogni impegno per cui si potesse associare, anche nel modo più lontano e

(21 Vedi D. 104.

nella situazione più laterale, la Svezia alle competizioni politiche dei due raggruppamenti. Ciò va ripetuto, qualunque sia stata la diversa interpretazione che ad una simile risposta si volle attribuire a Parigi ed a Londra nel presentarla al pubblico.

La piega spiacevole oggi presa dalle trattative sulla questione delle Aland -che avevano costato tante pazienti fatiche, affrontate nella speranza di giungere in porto percorrendo sempre un cammino strettamente legale, nel rispetto dei trattati e con l'ottenuto assenso di tutte le Potenze aventi voci in capitolo -ha suonato qui come un campanello di avvertimento: si è avuta la improvvisa sensazione di quel che possa significare per la Svezia il reingresso minaccioso della Russia (invocato e sollecitato dai promotori della coalizione antitotalitaria) nel teatro d'azione da cui essa sembrava essere stata allontanata dopo gli eventi dell'anno scorso.

Il rancore ed il sospetto che ora regna in !svezia contro Mosca è palese. Fedeltà informativa impone, è vero, di far presente che in queste sfere ufficiali si muove anche un certo lamento per il ritardo che gli Stati dell'Asse hanno ritenuto di dover frapporre nel fornire le loro risposte di benestare alla progettata modifica della Convenzione 1921 sulla neutralità delle Aland. Le cose sono andate troppo in lungo -così si è espresso testualmente il Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri in una conversazione confidenziale e l'attesa, protrattasi fino al sopraggiungere delle presenti complicazioni nella situazione internazionale, ha fatto sì che divenga ora arduo il raggiungimento di quell'assenso generale sull'affare delle Aland che per l'addietro sembrava realizzabile, quando da Litvinov ancora al potere si erano avute esplicite assicurazioni favorevoli. Ma queste recriminazioni, che sono prevalentemente rivolte alla Germania, non hanno avuto alcuna manifestazione pubblica, e nessuna eco ne è trapelata sulla stampa. Quel che appare invece evidente è il disappunto ed il risentimento con cui si constata come la Russia stia ora servendosi del contrasto sulle Aland come una delle tante armi a disposizione per far sentire il peso dell'influenza che _:_ attraverso le negoziazioni in corso con la Francia e l'Inghilterra -intende tornare ad acquistare sulle sponde del Baltico.

È breve il passo da un tale convincimento all'allarme nei riguardi delle Potenze 0ccidentali, delle quali si desidera sempre l'amicizia, ma che creeranno uno stato d'insieme non precisamente adatto per relazioni di completa armonia, il giorno in cui al loro giuoco sia venuto ad unirsi un così pericoloso associato...

Le trattative che, di concerto con la Finlandia, sono state iniziate a Mosca -procedendo ognuno dei due Paesi per mezzo del proprio rappresentante diplomatico -allo scopo di addivenire ad una chiarificazione delle difficoltà opposte dal Governo sovietico e di trovare, se possibile, un punto conciliativo di incontro, è da prevedere che duruanno abbastanza a lungo. All'uopo il Ministro svedese a Mosca, signor Winther, è stato chiamato d'urgenza a conferire nella settimana scorsa, ed ha poi fatto ritorno in sede munito di ampie istruzioni. Certamente, nell'improbo compito di svolgere opera persuasiva, si lascerà che la Finlandia -principale interessata -svolga la parte preminente, limitandosi il signor Winther a fiancheggiare e sostenere il suo collega finlandese.

Intanto, mediante i suoi vari organi ufficiosi o amici, il Governo ha mirato a creare nell'opinione pubblica il convincimento concorde della necessità che la Svezia proceda risolutamente nella direzione intrapresa, e rimanga fedele àgli impegni presi colla Finlandia. Sta di fatto che le voci contrastanti comparse in un primo momento sui quotidiani Dagens Nyheter ed Aftonbladet, e che io avevo già segnalato telegraficamente (critiche al Ministro Sandler, fatto apparire colpevole di aver condotto il Paese ad una situazione di conflitto con un troppo potente competitore; esortazioni ad un prudente arretramento da un'impresa di cui non si erano abbastanza calcolati i rischi e le complicazioni, ecc.) non hanno più avuto alcuna ripresa. Notevoli, per converso, certe affermazioni dello Svenska Dagbladet e dello Stockhol1ns-Tidningen per cui la Svezia viene chiamata a dar prova di fermezza di atteggiamento non soltanto verso il Sud (non poteva evidentemente mancare un accenno di questo genere per evitare di incorrere, come estremo opposto, nella taccia di subitaneo asservimento a quelle che sarebbero le mire delle Potenze totalitarie!) ma ugualmente nel fare fronte alle insidie che si profilano dall'Est.

Un linguaggio così vivace tende a mantenere il convincimento che il Governo terrà fede agli annunziati propositi di effettuare ad ogni costo il riarmo delle Aland -anche in caso di fallimento delle trattative con Mosca -senza che sia da attribuire importanza al fatto che il relativo progetto di legge, presentato alle Camere poco tempo addietro, nell'ultimo scorcio di sessione parlamentare, abbia dovuto essere ritirato non essendovi più tempo per una sua conveniente trattazione prima che la sessione giungesse alla prescritta chiusura con il principio del mese corrente. Nella comunicazione diretta al Parlamento per annunziare il ritiro del progetto, il Ministro Sandler ha avuto cura di aggiungere che il Governo si impegna a ripresentarlo entro breve termine, dato il carattere di urgenza che esso riveste. Effettivamente la procedura parlamentare consente, in casi di necessità, la convocazione di sessioni straordinarie durante il lungo intervallo che corre fra la chiusura di una sessione ordinaria e l'inizio della successiva.

Per il momento si aspetterà di veder delinearsi qualche risultato concreto dalle conversazioni diplomatiche avviate a Mosca.

Occorre registrare altresl la visita effettuata nella settimana scorsa dal Ministro finlandese della Difesa, sig. Niukkanen, giunto qui con lo scopo apparente di verificare l'esecuzione di certe forniture che erano state ordinate presso le fabbriche di Bofors, ma indubbiamente con il compito sostanziale di stabilire ulteriori accordi tecnici circa l'esecuzione del programma di apprestamento a difesa delle isole, per cui la Dieta di Helsinki ha già approvato gli stanziamenti di bilancio. Le dichiarazioni rese dal sig. Niukkanen ai giornalisti ed il discorso da lui tenuto in occasione del pranzo ufficiale offertogli, hanno avuto accenti di significativa energia nei punti in cui trattavano la questione del momento, ed hanno rispecchiato i decisi intendimenti di cui la Finlandia è animata. Non mi sembrerebbe eccessivo supporre che, divenuta piuttosto delicata la situazione, si sia sentito ad Helsinki il bisogno di un sondaggio per opera di uno speciale apposito inviato, onde accertare se sicuramente si possa contare sulla completa solidarietà svedese in un frangente in cui si tratterebbe di adottare (mi sia permesso il richiamo) il motto del «tirar diritto~

Un fatto appare certo innegabile, a parte l'iperbole di alcuni giornali di qui che hanno definito le Aland «le Baleari del Baltico~: che se vi era bisogno

13 -Documenti diplomatici -Serie VIII -Vol. xn

di un appoggio agli argomenti in favore della fortificazione di quell'arcipelago, esso è stato certamente fornito dai contrasti di quest'ultimo periodo, i quali hanno lasciato intravedere le mire che in quella direzione si appunterebbero

nell'ipotesi di una guerra -e quindi il pericolo che vi sarebbe nel lasciare le isole alla balìa del primo occupante.

(l) Vedi D. 89.

221

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2923/1245. Sofia, 13 giugno 1939.

Telegramma per corriere E. V. 10657 del 3 u. s. (1).

Ho letto con interesse quanto il Regio Ministro in Bucarest ha segnalato circa il colloquio Potemkin-Gafencu e le pressioni che da parte sovietica sarebbero state fatte a Bucarest per una sistemazione della questione dobrugiana.

Ciò conferma quanto ebbe a dirmi Kiosseivanov, e di cui al mio telegramma 86 del 27 aprile. Nella prima o nella seconda visita a Bucarest, con Cìilinescu

o con Gafencu, Potemkin deve aver fatto qualche accenno alla questione dei rapporti bulgaro-romeni anche se, sull'argomento, egli sia stato alquanto reticente con il Regio Ambasciatore in Mosca [Telegramma per corriere 9263 del 20 maggio e dispaccio 215875 LC del 26 maggio (2)].

La cosa è tanto più credibile in quanto già nel passato, e ne ho riferito a Vostra Eccellenza con il mio rapporto del 5 u. s. n. 2724/1167 (3) Kiosseivanov mi ha parlato di un interessamento sovietico al riguardo.

222

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI

T. 403 R. Roma, 14 giugno 1939, ore 8.

Vostro telegramma n. 98 (4).

Limitatevi pure a dire al Cardinale Maglione che le Regie Autorità non si

rendono conto di quali possano essere le lagnanze, di cui si tratta, secondo da

Voi suggerito.

223

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 11675/208 P. R. Roma, 14 giugno 1939, ore 12,15.

Informavi, per Vostra opportuna conoscenza, che R. Ambasciatore a Tokio ha riferito (5) esservi risentimento in quegli ambienti militari per tre navi te

desche inviate ad Amoy con materiale bellico per i cinesi e che sono state colà fermate. Militari giapponesi mettono invece in rilievo contegno leale serbato da Italia durante tutto conflitto.

Gradirò conoscere quanto Vi potrà risultare circa navi predette.

(l) -Ritrasmette il T. per corriere n. 54 da Bucarest (Vedi D. 69). (2) -Non rintracciato. (3) -Vedi D. 121, (4) -Vedi D. 164. (5) -Vedi D. 190.
224

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 391. Tokio, 14 giugno 1939, ore 18 (per. giorno 15, ore 2,15).

Mio telegramma n. "370 (1). Proposito nuovamente manifestato dalla Marina di far dichiarare la guerra al Governo Chang Kai Shek trova nuova opposizione nell'Esercito. Questo obietta fra l'altro che il Governo giapponese si metterebbe in contraddizione con se stesso in quanto ha già da tempo pubblicamente dichiarato non riconoscere più Governo di Chang Kai Shek. Continuano pertanto discussioni fra i due Ministeri competenti, i quali vanno cercando (e non sono ancora riusciti a trovarla) una formula d'accordo.

Comunicato Roma e Shanghai.

225

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, COLONNA

T. 408 R/81. Roma, 14 giugno 1939, ore 23,15.

Vostro 101 (2).

Governo Tirana ha già da tempo provveduto a notificare a quel rappresentante Stati Uniti nuova situazione derivante dall'accordo italo-albanese circa assunzione da parte dell'Italia della rappresentanza diplomatica e consolare albanese.

Analoga comunicazione scritta con preghiera notifica Governo Washington è stata qui fatta ad Ambasciata americana. Konitza è decaduto e non, dico non, sarà sistemato ai sensi accordo predetto dato suo assurdo atteggiamento ostile. Potrete farglielo sapere.

226

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO

T. 11760/44 P. R. Roma, 14 giugno 1939, ore 24.

Vostri telegrammi n. 59 e 60 (3). In relazione alla richiesta fattaVi potete lasciare l'Appunto che Vi trasmetto con telegramma a parte (4).

(l) -Vedi D. 127. (2) -Vedi D. 193. (3) -Vedi DD. 178 e 179. (4) -Vedi D. 235.
227

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 91. Berlino, 14 giugno 1939 (per. giorno 15).

Il Barone von Weizsacker mi ha oggi informato che, secondo un telegramma giunto proprio oggi da von Papen, questi avrebbe avuto assicurazione dal Segretario Generale del Ministro degli Esteri turco che la portata degli impegni della Turchia nei riguardi dell' Inghilterra e della Francia sarà precisata in un discorso che il Presidente della Camera dei Deputati jerrà nell'occasione dell'approvazione degli accordi stessi.

Von Papen sembrava fiero di una tale assicurazione.

Mi son permesso di osservare a Weizsacker che, con tutto il rispetto dovuto a von Papen, i discorsi rimangono discorsi e i fatti -cioè gli accordi -rimangono fatti. Era quindi la lettera degli accordi che bisognava -al caso -cercare di far modificare od attenuare. Tutto ciò che i Turchi avrebbero detto poi per indorare le cose non poteva avere per noi alcun valore.

Weizsacker ne ha convenuto.

Lo stesso Weizsacker mi ha nell'occasione domandato se e quale linguaggio noi avessimo tenuto in materia di patti balcanici (ripercussione accordo anglo-turco) con la Grecia. Gli ho risposto che si era convenuto di parlare solo ad Ankara e a Bucarest. Se si desiderava da parte tedesca che si parlasse anche ad Atene, ne avrei potuto chiedere all'E. V.

Il Barone von Weizsacker mi ha pregato espressamente di farlo.

228

L'INCARICATO DI AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 24. Londra, 14 giugno 1939 (per. giorno 19).

Telegramma per corriere di questa Ambasciata n. 21 dell'8 giugno u. s. (1).

Contemporaneamente alla venuta in Inghilterra di una Missione militare -turca, è partita alla volta di Ankara una Missione militare tecnica britannica ·con a capo il Brigadiere Generale O. M. Lund.

Scopo della visita è quello di stabilire diretti contatti tra lo Stato Maggiore britannico ed i Capi delle forze armate turche nonchè di procedere -in relazione all'accordo anglo-turco di mutua assistenza -alla preparazione di un piano comune di collaborazione tecnica e navale nel Mediterraneo alle frontiere della Turchia Europea e nel Vicino Oriente.

La Missione militare britannica esaminerà anche la possibilità di fornire alla Turchia una parte almeno del materiale ùellico precedentemente ordinato alla Skoda, nel caso in cui la Germania non ne effettuasse la relativa consegna.

(l) Vedi D. 158.

229

IL MINISTRO AL CAIRO, MAZZOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 156/26. Il Cairo, 14 giugno 1939 (per. giorno 20).

Telegramma per corriere di questa Legazione n. 24 (1).

Fonti attendibili confermano viaggio Ankara questo Ministro Esteri avrebbe scopo accordi relativi anche assistenza militare, cui conclusione sarebbe consigliata da opportunità far salvo principio indipendenza egiziana in trattative anglo-turche.

230

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 28. Belgrado, 14 giugno 1939 (per. stesso giorno).

Mio telegramma n. 124 del 10 corrente (2).

Vengo informato che questo Ministero degli Affari Esteri ha già dato la sua adesione al parere favorevole espresso dal signor Pilja all'estensione all'Albania del regime commerciale, doganale e dei pagamenti vigente fra l' Italia e la Jugoslavia.

Attualmente il testo delle N o te da scambiarsi fra i due Governi è sottoposto all'esame di una speciale Commissione tecnica che si presume potrà consentire a questo Ministero degli Affari Esteri di autorizzare la firma delle Note entro pochi giorni.

231

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATO 4375/1328. Berlino, 14 giugno 1939.

Riferisco qui appresso alcune dichiarazioni fatte da Goring a Renzetti in materia di relazioni con la Russia ed il Giappone:

« Goring si è dilungato a parlare delle possibilità enormi di espansione commerciale che la Germania avrebbe qualora riuscisse a concludere un accordo con la Russia. Su tale argomento ha detto di aver parlato lungamente al Duce.

A giudizio di Goring, Stalin teme la guerra, poichè, in caso di vittoria, il potere passerebbe agli ufficiali, mentre una sconfitta farebbe crollare il regime bolscevico. Si può quindi ritenere, ha detto Goring, che sapientemente conducendo delle trattative, si potrà giungere ad una intesa tedesco-russa. Si capisce che dalle due parti si dovrebbe rinunciare ad ogni forma di propaganda.

Dall'accordo con il Giappone noi non abbiamo avuto -ha aggiunto Géiring -finora alcun vantaggio tangibile. I Giapponesi chiedono sempre e non vogliono dare nulla; non pagano le forniture tedesche e probabilmente neppure quelle italiane. La Germania ha perduto due o trecento milioni di divise proprio a causa dei Giapponesi, i quali acquistano dall'Inghilterra quanto loro interessa, pagando naturalmente in valute pregiate. Si aggiunga a tutto ciò, che, a causa del Giappone, l'Italia e la Germania hanno perduto il mercato cinese che è pure cosi importante e che infine il Giappone dichiara di disinteressarsi delle questioni europee! Qualche settimana fa, ha continuato Géiring, l'Ambasciatore giapponese ha dichiarato a Ribbentrop che il Giappone non avrebbe potuto tollerare una intesa tedesco-russa. Ribbentrop, ha osservato Géiring, è stato troppo buono e non gli ha risposto per le rime. È vero che egli si trova in condizioni particolarmente delicate a causa del patto antibolscevico; ma è pur vero che, in certi momenti, non bisogna avere eccessivi riguardi verso certe Nazioni che si comportano come il Giappone.

A me, ha concluso Géiring, poco importa quanto fa e dice l'Ambasciatore giapponese; io continuerò sulla mia strada per tentare di giungere ad un buon accordo con il mercato russo che è vitale per la Germania».

È superfluo che io faccia presente alla E. V. che tutto quanto precede va soggetto a cauzione in quanto, come è noto, le direttive dell'azione politica tedesca sfuggono oramai alla influenza diretta del Maresciallo. È sempre interessante peraltro aver conferma della direzione nella quale Géiring preme. E poichè mi consta che è nuovamente qui a Berlino il Conte Schulenburg, cercherò di sapere da lui come effettivamente vadano le cose.

Per quanto riguarda le trattative con il Giappone posso dire che per ora esse segnano una battuta di arresto. Una nuova risposta era -una settimana fa -venuta da Tokio che, come al solito, l'Ambasciatore Oshima aveva ritenuto non soddisfacente e si era rifiutato di trasmettere. D'altra parte, Ribbentrop non crede opportuno premere proprio ora perchè desidera attendere prima gli sviluppi delle negoziazioni anglo-sovietiche. Se e quando queste arrivino a conclusione sarà allora -secondo lui -il caso di insistere con Tokio, eventualmente anzi riprendendo la cosa ex novo e su basi più specifiche e precise, dato che il Giappone sarà allora in grado di meglio comprendere da quale parte stiano -e fino a qual punto -i suoi interessi.

(l) -Vedi D. 157. (2) -Non pubblicato.
232

IL MINISTRO AD OSLO, LODI FÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 582/185. Oslo, 14 giugno 1939.

Telegramma Min. n. 386/C del 2 giugno (1).

Il Patto della S. d. N. e la sicurezza collettiva, nell'atmosfera dell'antica influenza inglese, sono stati, nel dopoguerra, gli elementi fondamentali della po!itica estera della Norvegia.

Venuti a mancare, in tutto od in parte, questi elementi, i dati di quasi tutti i problemi si sono mutati. Nel disorientamento e nel timore sempre crescente di tempi difficili per l'incalzare degli avvenimenti europei, i governanti norvegesi hanno cercato di tenere il loro Paese sempre più lontano dall'Europa, accordandosi ed appoggiandosi ai Paesi scandinavi vicini, in situazione geopolitica simile, tenendosi sempre più avvinti ad una politica di assoluta neutralità.

Il Ministro degli Esteri Koht, in un suo discorso del 12 maggio u. s. ha prospettato la situazione dicendo: «Non è la ideologia sociale e politica che è alla base dei contrasti tra i due gruppi di Potenze che si stanno formando. I contrasti sono dovuti ad una lotta di interessi nella quale la Norvegia non ha nulla a che vedere».

Questd concezione conviene alla mentalità generale della popolazione e trova quindi i consensi più vasti.

Dal 1937 la Norvegia si è inoltrata su questa via di neutralità con rigidezza sempre maggiore: pur di non allontanarsene, ha persino considerato di dover abbandonare la S. d. N. qualora non fosse possibile liberarsi altrimenti dagli impegni dell'art. 16.

Preoccupazione principale è quindi divenuta la ricerca dei mezzi per non assumere atteggiamenti che possono apparire come favorevoli ad uno dei due gruppi di Potenzf' in cui l'Europa ha finito per dividersi.

Due avvenimenti particolarmente hanno messo finora alla prova i principi della neutralità norvegese: un dibattito alla Camera dei Comuni, lo scorso marzo, sulla possibilità di garanzie inglesi e la proposta tedesca del patto di non aggressione.

Le dichiarazioni in occasione di detto dibattito fatte al Parlamento britannico, relativamente alla difesa degli Stati minori in generale e degli Stati scandinavi in particolare, determinarono in questi ambienti responsabili una reazione decisamente sfavorevole. Conviene citare, in proposito, le parole, pronunciate il 20 marzo dal Presidente dello Storting, Hambro, le quali, se non impegnano il Governo, corrispondono però, per esplicite dichiarazioni fatte a me personalmente, al modo di vedere di esso Governo:

« Le dichiarazioni, fatte alla Camera dei Comuni, nei riguardi delle spedizioni di soccorso che -in caso di necessità -l'Inghilterra sarebbe disposta ad inviare in Norvegia per garantire la nostra indipendenza, suscitano, naturalmente, il nostro vivo apprezzamento per la simpatia che le ha ispirate. Ma noi non abbiamo domandato e nemmeno desideriamo alcuna specie di garanzia da parte di una Potenza o gruppo di Stati. Non abbiamo avuto mai fiducia in alcuna garanzia delle Grandi Potenze e questa fiducia è oggi ancora minore di quanto sia mai stata in passato. La nostra politica di neutralità non può essere basata sul falso sentimento di sicurezza che una promessa del genere potrebbe determinare».

Alla proposta tedesca di un patto di non aggressione, il Governo norvegese ha risposto di non considerare necessario un simile accordo dato che il Paese non si sentiva minacciato dalla Germania. La forma ed il modo del rifiuto furono dei più deferenti e -d'altronde -erano stati in precedenza accordati con lo stesso Governo germanico.

Resterebbe così confermato che la Norvegia si ispira ad un princiPIO di neutralità assoluta e tende a rimanere libera ed indipendente di fronte a tutti. Essa fa sue le dichiarazioni del ministro estone Selter per la neutralità del suo Paese: quindi, se una grande Potenza senza essere sollecitata volesse assumersi la parte di difensore della Norvegia ed in genere degli Scandinavi, sia in qualità di rappresentante di un sistema collettivo, sia per difendere interessi vitali propri, potrebbe venire considerata essa stessa come un aggressore, contro cui la Norvegia si opporrebbe con ogni suo mezzo.

Mentalità e convinzioni ideologiche sospingono naturalmente questo Paese di etichetta socialista verso il gruppo delle « grandi » democrazie ed è superfluo cercarne i motivi e rifarne la storia.

Ma se oggi, mentre tutto politicamente viene considerato in funzione del contrasto esistente fra i due gruppi europei e degli eventuali tragici sviluppi che da esso si temono, può giovare, per norma, di prospettare lo stato d'animo di questi nordici, è certo che esso aborre dall'idea di ammettere che il destino dell'uomo sia dominato, secondo la concezione tedesca, da forze più potenti della volontà in cui venendo il giusto a cozzare non già contro lo ingiusto, ma contro un altro giusto diritto, si imponga fatalmente la prova della forza, ma un processo in cui tutti i dissensi possono, con buona volontà da parte dei contendenti, venire, per il bene generale, equamente composti.

(l) Vedi D. 90.

233

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, COLONNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 5457/1107. Washington, 14 giugno 1939.

Domenica notte, dopo quattro giorni di intensa attività, si è conclusa la visita dei Reali d'Inghilterra. Essi, provenienti dal Canadà, hanno soggiornato, durante la loro permanenza negli. Stati Uniti, a Washington, a New York ed infine a Hyde Park, N. Y.

A Washington sono stati ospiti del Presidente Roosevelt alla Casa Bianca, il cui nome deriva appunto dall'imbiancatura resasi necessaria per cancellare le traccie dell'incendio inflitto dalle truppe di occupazione inglesi nel 1814.

Nei due giorni trascorsi nella Capitale i Sovrani hanno partecipato a due pranzi ufficiali, uno alla Casa Bianca con brindisi intonati alla massima cordialità, ed uno all'Ambasciata d'Inghilterra, a tre ricevimenti di cui il primo alla Casa Bianca per il Corpo Diplomatico ed al quale è stata notata l'assenza del Ministro d'Irlanda in viaggio sulle coste del Pacifico, il secondo nei giardini dell'Ambasciata d'Inghilterra con intervento del Corpo Diplomatico, del mondo politico della Capitale e di circa un migliaio di invitati accorsi da ogni parte degli Stati Uniti; il terzo infine nella rotonda del Congresso offerto da Senatori e Deputati. Oltre ciò gli Augusti ospiti hanno portato fiori alla tomba di Washington nella vicina Mount Vernon ed alla tomba del Milite Ignoto ad Arlington. Alle due cerimonie, specie alla prima, è stato dato uno speciale significato come se venisse a marcare la completa riconciliazione fra la madre patria ed i discendenti delle colonie ribelli.

Sabato 10 giugno i Reali sono andati a New York ed hanno visitato la Fiera

ispezionando anche i Padiglioni dei Dominii compreso quello dello Stato Libero

d'Irlanda. Quindi, dopo una breve sosta alla Columbia University fondata da Re

Giorgio Il 185 anni or sono, sono partiti per Hyde Park, dimora estiva della

famiglia Roosevelt, arrivandovi in serata e dove si sono trattenuti fino alla

conclusione della visita.

Fin qui la cronaca dell'avvenimento. In quanto al suo significato politico

esso certamente ha servito a rafforzare, direi quasi ad annervare, i già numerosi

vincoli esistenti tra l'Impero Britannico e gli Stati Uniti.

La visita è stata in verità un successCl e, a parte il fermo dell'agitatore irlandese Sean Russel, non vi è stato un solo incidente degno di nota nonostante le non eccessive precauzioni della polizia. A questo riguardo occorre peraltro fare eccezione per New York ove l'ordine è stc.to assicurato da ben 13.000 agenti. È però da tenere presente l'eterogeneità della popolazione della Metropoli che comprende per giunta un fortissimo gruppo di irlandesi ed il fatto che circa tre milioni di persone si sono ammassate per salutare i Sovrani.

L'entusiasmo della folla ha seguito ovunque i Reali e benchè esso sia stato prepar:olto e sorretto dall'intensa campagna di stampa e della radio bisogna riconoscere che è stato spontaneo ed affettuoso. Anche al ricevimento offerto dal Congresso, ove nei giorni precedenti si era udita qualche voce rammentante il man,;ato pagamento dei debiti di guerra da parte dell'Inghilterra, il contegno dei parlamentari, sia pure ca-.:-atterizzato da certe affettazioni di marca democratica per uso e consumo degli elettori, è stato improntato al più cordiale entusiasmo.

La stampa ha dedicato alla visita pagine intere descrivendo l'avvenimento, come è qui costume, nei particolari più minuti e finanche banali. I commenti editoriali hanno naturalmente esaltato i comuni ideali delle due democrazie, l'importanza dell'evento ed altri luoghi comuni che risparmio a V. E. Vi è stata però qualche eccezione come ad esempio i! Chicago Tribune che nel salutare i Sovrani ha messo in rilievo che il viaggio va collegato con l'attuale difficile situazione dell'Impero Britannico costretto a cercare amicizie nuove ed a consolidare le vecchie. Secondo altri la visita servirà a rafforzare il morale del popolo britannico che si convincerà di avere un prezioso amico al di là dell'Atlantico ed altri ancora hanno visto nella rinnovata amicizia anglo-americana un potente contributo per il mantenimento della pace in Europa ed in Asia.

Nel corso della visita il fattore canadese e la sua funzione di anello di congiunzione fra i due Paesi è stato messo in debito riliev:o e ciò sia perchè il Primo Ministro del Dominio ha accompagnato i Sovrani durante il viaggio sia per le allusioni fatte dal Sovrano e dal Presidente nei loro brindisi al banchetto alla Casa Biahca.

È prematuro fare previsioni sui risultati della visita. Forse col passare del tempo non rimarrà che il ricordo di una giovane coppia regale che ha saputo conquistare con la sua cortesia e semplicità le simpatie delle masse. Al momento però qui negli Stati Uniti tante prevenzioni ed incomprensioni nei riguardi dell'Inghilterra sono state messe a tacere donde quel rafforzamento nei vincoli anglo-americani di cui ho accennato più sopra, vincoli che, occorre rammentarlo, sono in ogni caso portati a tale rafforzamento e ciò perchè lingua, educazione ed istituti comuni sono sempre fattori da non sottovalutare e gli Stati Uniti, crogiuolo di razze più diverse, sono ancora da mettersi nel novero delle nazioni anglo-sassoni.

234

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2490/833. Belgrado, 14 giugno 1939.

Telegramma per corriere di V. E. n. 10294 del 30 maggio u. s. (1).

Cincar Markovié mi ha confermato, parlandomi delle notizie tendenziose che sul conto della Jugoslavia appaiono continuamente sulla stampa inglese e francese ed accennandomi ad una recente pubblicazione dell'Intransigeant, che non è mai stata neppur lontanamente progettata una sua prossima visita a Parigi ed a Londra.

235

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO

T. 409 R/43. Roma, 15 giugno 1939, ore 0,30.

Le dichiarazioni fatte dal Presidente del Consiglio turco il 12 maggio u. s. alla Grande Assemblea Nazionale hanno fatto oggetto di esame da parte del Governo italiano, come pure le informazioni e le dichiarazioni successivamente comunicate. Il presidente del Consiglio, premessi dei riferimenti sul cui significato non possono esistere dubbi, anche per le precisazioni successivamente fornite, ha annunciato l'abbandono della politica di neutralità per una politica di impegni che si è sinora concretata nella dichiarazione comune anglo-turca.

Il Presidente del Consiglio afferma nettamente nelle sue dichiarazioni che la nuova politica della Turchia mira a scopi di pace, di difesa e di sicurezza; che non è diretta contro nessun Paese e non persegue scopi di accerchiamento. Sembra tuttavia difficile conciliare la dichiarazione comune, così com'è redatta, e gli impegni che essa preannuncia, nonchè le motivazioni addotte, con siffatti propositi. Appare invece la preoccupazione del Governo turco nei riguardi della politica dell'Asse, preoccupazione che la stampa turca ha largamente sottolineato, attribuendo all'Asse dei propositi che esso non ha affatto.

Per quanto riguarda la Germania, il Governo turco sa come essa abbia sempre condotto una politica di sincera amicizia verso la Turchia.

Quanto all'Italia, essa ha sempre dimostrato di voler mantenere con la Turchia amichevoli rapporti, anche se una propaganda· interessata ha cercato, a più riprese, d'intorbidarli; e non si rende conto come il Governo turco possa aderire ad una politica che non abbia scopi amichevoli per le Potenze dell'Asse.

Il Governo italiano ha avuto cura di spiegare ripetutamente al Governo turco l'infondatezza delle sue preoccupazioni. Da ultimo il Ministro degli Esteri d'Italia ha ampiamente spiegato all'AmbasciatorP. di Turchia come la nuova

situazione creatasi in Albania, anzichè mezzo di pressioni e di minaccie, sia destinata a costituire, nelle intenzioni italiane, ragioni di maggiori e migliori rapporti con gli Stati balcanici. Le preoccupazioni turche contrastano del resto con l'atteggiamento degli Stati confinanti con l'Albania che hanno mostrato chiaramente di essere del tutto rassicurati sulle intenzioni del Governo Fascista. La dichiarazione fatta alla Grecia, e resa pubblica da quel Governo, circa i propositi italiani, e l'andamento particolarmente amichevole dei rapporti italo-jugoslavi rappresentano (o quanto meno dovrebbero rappresentare) importanti elementi chiarificatori anche nei riguardi di codesto P::~ese.

È desiderio del Governo italiano che i rapporti con il Governo turco possano continuare a svolgersi nel modo più cordiale possibile e nello spirito del Trattato italo-turco del 1928, ma è chiaro che il suo atteggiamento dipenderà necessariamente da quello che sarà l'atteggiamento della Turchia. Nelle attuali circostanze esso deve pertanto riservare il suo giudizio finale a dopo che gli saranno note la esatta natura e l'estensione degli im~egni che il Governo turco ha preannunciato.

(l) Non rintracciato.

236

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RIS.I!;RVATO 369. Berlino, 15 giugno 1939, ore 20,46 (per. ore 23,50).

È venuto a vedermi oggi Shiratori per dirmi che solo ieri Oshima si è deciso a comunicare a Ribbentrop risposta Tokio. Ribbentrop non essendosene mostrato soddisfatto, Oshima si è limitato ad informarne il suo Governo, almeno per il momento astenendosi da controproposte del genere di quelle verbalmente prospettate da Shiratori a V. E. prima di lasciare Roma. Sembra che Oshima non voglia farlo se non dopo essersi accertato che Ribbentrop sarebbe disposto ad accettarle e si propone prima tentare qualche opportuno sondaggio.

Poichè sono sicuro che Ribbentrop mi dirà quanto prima in proposito qualche cosa, gradirei conoscere da V. E. se sia esatto-come dice Shiratori-che per parte italiana nulla in contrario vi sarebbe (sempre che anche i tedeschi fossero d'accordo) ad accettare le riserve giapponesi, purchè limitate ai soli casi della non partecipazione alla guerra della Russia e degli Stati Uniti d'America del Nord. Shiratori non si muove per ora da Berlino.

237

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 92. Berli1~o, 15 giugno 1939 (per. stesso giorno).

Secondo notizie pervenute all'Auswartiges Amt, l' Ungheria si sarebbe testè rivolta alla Turchia per chiederne i buoni uffici nella composizione delle sue vertenze con la Romania. La risposta data dal Ministro degli Esteri turco sarebbe stata che la questione era di tale importanza da dover essere sottomessa direttamente al Presidente della Repubblica.

Questa mossa -che gli ungheresi cercherebbero di giustificare adducendo di aver per intento soprattutto quello di tenere lontana la Bulgaria dall' Intesa Balcanica -non è qui affatto compresa essendo evidente che -in questo momento particolarmente -tutto ciò che tende a valorizzare la Turchia agli effetti balcanici è nettamente contrario agli interessi dell'Asse.

Si domanda se e cosa ne consti a Roma e quale sia in proposito il pensiero della E. V.

238

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.PER CORRIERE 93. Berlino, 15 giugno 1939 (per. stesso giorno).

Gradirei, per mia opportuna norma, conoscere le superiori decisioni in merito a quanto ho avuto l'onore di comunicare con mio telegramma riservato del 6 corrente n. 358 (l) penultimo capoverso.

239

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2222/925. Mosca, 15 giugno 1939.

Mio rapporto n. 2048/864 del 1° giugno 1939 (2).

A seguito di quanto ho comunicato con il rapporto sopra citato, ho l'onore di riferire che a questa Ambasciata del Giappone si asserisce che le dichiarazioni di Molotov al Consiglio Supremo dell'U.R.S.S. non hanno avuto alcun seguito. Questo Governo si sarebbe astenuto da ogni ulteriore passo diplomatico in merito al grave incidente di frontiera al confine mongolo-mancese. Il mio informatore nipponico non ha nascosto che l'inazione sovietica ha sorpreso il comando militare nipponico in Manciuria, il quale, attendendo una reazione violenta allo scacco subito dai mongoli-sovietici nei combattimenti aerei della fine di maggio, aveva predisposto a tal uopo ingenti forze per arginare eventuali attacchi sovietici.

Sembra quindi che le dichiarazioni di Molotov abbiano semplicemente voluto dare qualche soddisfazione ai ristretti circoli sovietici che erano a conoscenza dell'incidente, perseguendo al tempo stesso fini di propaganda interna.

240

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A SOFIA, DANEO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2991/1264. Sofia, 15 giugno 1939.

In questi ambienti ha creato una certa sensazione la notizia riportata dal giornale belgradese Politika secondo cui Re Boris, situazione internazionale permettendolo, si recherebbe a Londra nel settembre prossimo venturo in visita privata; visita che egli però utilizzerebbe per trattative diplomatiche.

I circoli ufficiali si astengono dal commentare la notizia ed affermano di non essere in grado di confermarla o smentirla, per quanto lascino intendere che la possibilità di una visita, di carattere e scopo assolutamente privato, non sarebbe da escludersi. Non è senza interesse ad ogni modo notare come la notizia, pur provenendo da fonte britannica, sia stata diffusa da un giornale jugoslavo.

(l) -Vedi D. 130. (2) -Vedi D. 85.
241

IL CONSOLE A KATOWICE, BUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 20/14. Katowice, 15 giugno 1939.

Dopo la conclusione del patto militare italo-tedesco, i sentimenti verso l'Italia della popolazione prettamente polacca di questa circoscrizione consolare, già di tiepida simpatia, si sono notevolmente inaspriti.

La stampa locale ha assunto un tono, se non proprio aggressivo, per lo meno non amichevole, diffondendo con compiacenza notizie false e tendenziose desunte dai giornali francesi ed inglesi.

Tali notizie purtroppo t110vano ampio credito nella popolazione, anche quando il più elementare senso critico basterebbe a smentirle.

Come conseguenza una certa freddezza ed una esagerata diffidenza di tutti, ciò che fra l'altro rende difficile, come non lo era per l'innanzi, il procurarsi anche le più innocenti informazioni.

Pure i contatti con le autorità risentono di questo stato d'animo: già da qualche tempo il Corpo Consolare era tenuto in disparte e quasi ignorato in ogni manifestazione ed in ogni solennità, e ciò credo fosse fatto principalmente per evitare l'intervento del Console Generale tedesco.

Ora c'è nei nostri riguardi qualche cosa di più; anche nei semplici contatti ammi;nistrativi si nota spesso una certa scontrosità che qualche volta potrebbe chiamarsi anche sgarbatezza.

La situazione generale politica in questa circoscrizione rimane presso a poco quella di un mese fa; continua il boicottaggio dei giornali tedeschi ed il loro frequente sequestro da parte dell'autorità di P. S.; continua l'invasione da parte polacca delle chiese, durante le funzioni religiose in lingua tedesca, con conseguenti più o meno gravi incidenti; si succedono episodi di intolleranza delle organizzazioni e delle autorità verso i sudditi di origine germanica o comunque simpatizzanti.

Nella vicina frontiera, presso la ci~tadina tedesca di Beuthen, si è fatto

assai più rigoroso il controllo da parte polacca su coloro che, appartenendo

alla popolazione di frontiera, vanno in Germania per ragioni di lavoro o per

brevi permanenze con i lasciapassare rilasciati dalle autorità locali. In molti

casi il passaggio viene ora rifiutato.

Pare infatti che le diserzioni ed i passaggi clandestini di frontiera diven

gano sempre più numerosi e gravi; mi si riferisce che si vedono spesso a Beuthen

militari polacchi in divisa attraversare la città accompagnati dalla Polizia tede

sca e mi si assicura che qualche giorno fa fu visto arrivare a Beuthen un intero

piccolo reparto di cavalleria polacca con armi e cavalli.

Da fonte non controllata, ma degna di una certa fiducia, ho saputo che questa notte sono stati preparati in fretta 11 vagoni ferroviari per l'invio di truppe verso Danzica.

242

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 399. Tokio, 16 giugno 1939, ore 7,45 (per. ore 15).

Militari dicono non preoccuparsi di quanto Inghilterra voglia fare circa Tientsin. Hanno già previsto ogni possibilità e non si lasciano fermare od allontanare dalla via intrapresa.

Sorte concessione internazionale è fatalmente segnata, ma si direbbe che Inghilterra si adoperi affrettarne compimento. Con l'aver consentito che essa divenisse centro congiure e asilo di congiurati Gran Bretagna ha dato a Giappone più mano libera pretesto ragione di intervenire. Da quanto si vede qui sembra che Francia faccia politica più conciliante, ma non è prevedibile riesca disgiungere sorte propria concessione da quella sua alleata.

Comunicato Roma e Shanghai.

243

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 143. Varsavia, 16 giugno 1939, ore 14 (per. ore 19,40).

In questi ambienti politici si prevede che missione Strang a Mosca è destinata insuccesso. Tale opinione viene avvalorata dal linguaggio tenuto da qu_esta Ambasciata dell'URSS. A questo proposito Consigliere Ambasciata che di solito è molto riservato ha dichiarato iersera ad un mio collega, che me lo ha riferito, che da attuali negoziati di Mosca, « non è prevedibile che possa uscire alcun che di positivo».

244

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2239/933 in chiaro. Mosca, 16 giugno 1939, ore 15,45 (per. ore 17,40).

Giornali pubblicano seguente comunicato: « Quindici corrente Commissario Popolo Affari Esteri Molotov ha ricevuto Ambasciatore inglese Seeds, Ambasciatore francese Naggiar e Direttore Dipartimento Centrale Ministero Affari Esteri britannico Strang.

All'udienza assisteva Primo Commissario aggiunto Affari Esteri Potemkin. Conversazione durata oltre due ore. Sono stati esaminati principali punti di divergenza. Sono stati consegnati a Molotov testi delle formule anglo-francesi sulle questioni in discussione. Risultati del primo colloquio e dello studio delle formule anglo-francesi sono valutati nei circoli del Commissariato come non del tutto favorevoli:..

245

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 372. Berlino, 16 giugno 1939, ore 21,06 (per. ore 22,20).

Telespresso di V. E. n. 217861-246 del 13 corrente (1).

Dato che trattazione delle questioni relative all'Alto Adige è stata, per decisione di V. E., accentrata qui, mi permetto far presente opportunità che decisione di massima favorevole ad istituzione di un Consolato a Bolzano sia comunicata al Governo tedesco a mio mezzo.

Tale decisione potrebbe infatti costituire utile elemento di negoziato per ottenere accettazione di altre richieste nostre.

246

IL MINISTRO AD ATENE, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 72. Atene, 16 giugno 1939, ore 21,30 (per. ore 22,20).

Durante ricevimento offerto ieri sera da Governo greco, Gafencu mi ha espresso desiderio avere colloquio con me. Abbiamo perciò avuto oggi conversazione durata oltre mezz'ora nella quale Gafencu mi ha assicurato di aver svolto con successo azione moderatrice presso Governo turco ed essere riuscito ottenere assicurazione che accordi anglo-turchi non (ripeto non) contemplano questioni sicurezza nei Balcani.

Gafencu mi ha dichiarato essere fermamente convinto che Paesi Balcanici debbano evitare di lasciarsi agganciare dall'uno o dall'altro dei due gruppi di Grandi Potenze. In tal caso egli si espresse già tanto a Roma e Berlino che nelle altre Capitali da lui visitate. È stato lieto constatare che punto di vista Governo greco è assolutamente identico.

Mi riservo riferire per corriere dettagli del colloquio.

247

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 73. Mosca, 16 giugno 1939. ore 23,35 (per. giorno 17, ore 0,30).

Comunicato sovietico trasmesso con mio telegramma n. 933 odierno in chiaro (2) non ha bisogno di commenti. Fatto che immediatamente dopo la prima conversazione cui ha partecipato Strang, Commissario del popolo per gli Affari

Esteri si sia affrettato ad esprimere pubblicamente propria attitudine sfavorevole verso la nuova formula anglo-francese indica chiaramente che il Governo Sovietico intende subordinare conclusione dell'accordo alla accettazione integrale di tutte le sue esigenze tanto per forma che per sostanza. Sulle divergenze segnalate dal comunicato non è possibile ottenere informazione sicura.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 244.
248

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 102. Roma, 16 giugno 1939 (per. stesso giorno).

Mio telegramma per corriere n. 96 dell'8 corrente (1).

A proposito delle preoccupazioni della Santa Sede per la situazione politica generale il Cardinale Segretario di Stato mi ha detto che non si pensa ancora a un nuovo intervento del Papa a favore della pace.

La Segreteria di Stato non cessa però di raccomandare ai Nunzi d'insistere vigorosamente in tal senso. Precise istruzioni al riguardo sono state inviate in questi giorni al Nunzio a Varsavia, incaricandolo d'influire energicamente sul Governo Polacco, raccomandando la moderazione.

249

L'AMBASCIATORE A BERLINO. ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 96. Berlino, 16 giugno 1939 (per. giorno 17).

Weizsacker mi ha detto di avere visto giorni fa l'Ambasciatore inglese il quale, dopo alcune premesse di carattere più che altro personale, avrebbe, per quanto con tocco assai leggero, accennato alla possibilità --una volta che l'atmosfera si fosse calmata -di negoziazioni sui punti seguenti:

l) limitazione degli armamenti;

2) accordo economico;

3) questione coloniale.

A domanda se Henderson avesse dato l'impressione di parlare per conto proprio oppure a nome del proprio Governo, weizsacker mi ha risposto non aver dubbio che l'Ambasciatore ripetesse idee per lo meno ventilate al Foreign Office.

La conversazione avendo avuto un carattere assolutamente generico, la cosa non ha peraltro avuto alcun seguito.

(l) Vedi D. 153.

250

L'INCARICATO DI AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 25. Londra, 16 giugno 1939 (per. giorno 19).

Telegramma per corriere di questa Ambasciata n. 024 del 14 c. m. (1).

È giunta in questi giorni a Londra una missione militare polacca con a capo il generale Rayski, per esaminare con il Governo britannico i vari aspetti tecnici della progettata fornitura di materiale bellico alla Polonia.

La visita del generale Rayski coincide con quella della speciale missione finanziaria polacca -già segnalata con telegramma per corriere n. 022 del 13 giugno u. s. (2) -la quale dovrà discutere a sua volta con la Tesoreria britannica la eventuale concessione di facilitazioni creditizie da parte dell'Inghilterra nei riguardi delle attuali misure di riarmo della Polonia.

251

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 163. Budapest, 16 giugno 1939 (per. giorno 19 ).

I giornali hanno pubblicato una smentita da parte tedesca delle voci corse circa nuovi imminenti mutamenti della situazione in Slovacchia per opera della Germania, e anche di un'ipotetica spartizione di essa fra Germania e Ungheria.

Tali voci che si erano diffuse anche qui e a quanto pare anche a Vienna, si basavano soprattutto su un asserito intensificarsi della propaganda tedesca in Slovacchia nel senso di preparare, vista la situazione difficile ed insostenibile del paese, a richiedere una unione con la Germania.

Il Ministro di Germania mi ha smentito anche esso tali voci; egli riteneva che la questione della Slovacchia si sarebbe risolta solo col tempo, e mi ha detto anzi di essere molto contento dell'attuale stato dei rapporti ungaro-slovacchi che apparivano realmente soddisfacenti.

252

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 165. Budapest, 16 giugno 1939 (per. giorno 19).

D )po domani 18 giugno il Reggente compirà il suo 71 • anno. Egli appare sempre vivace, vegeto, pronto ed energico come sempre: ma non si nasconde qui che non è più giovane e si comincia, benchè pochi in fondo ne parlino, a pensare alla sua eventuale successione pur augurandosi che la situazione attuale duri più a lungo possibile.

H -Dowmenti diplomatici-Serie VIII-Vol. XII

È noto che il candidato più in vista è il Conte Teleki, che anzi fino all'ultima crisi, era per così dire tenuto in riserva e si mostrava non volerlo per ciò esporre alla responsabilità e ai rischi del Governo; ma non mancano, sebbene nessuno ne parli apertamente, altri candidati e sopratutto autocandidati.

Ad ogni buon fine segnalo all'E. V. che, come circa un anno fa codesto Ministro d'Ungheria barone Villani, così anche pochi giorni fa il deputato Marton, della «Centrale Nazionale del Lavoro» accennò a persona della R. Legazione, alla soluzione di affidare, al momento che Horthy dovesse per una ragione o l'altra ritirarsi, la corona di Santo Stefano a un Principe di Casa Savoia e precisamente al Duca d'Aosta.

Nessuno d'altra parte, all'infuori dei due nominati, me ne ha mai fatto altri accenni nè ho mai sentito altrove parlarne.

(l) -Vedi D. 228. (2) -Non pubblicato.
253

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 167. Budapest, 16 giugno 1939 (per. giorno 19).

Mentre si ha qui l'impressione che la situazione generale sia attualmente in una fase di minore tensione, e che si dovrebbe avere ora un certo periodo di tregua (di tranquillità fino ad agosto avrebbe ieri accennato anche Glaise Horstenau), il Ministro di Polonia mi parlava oggi degli incidenti che si ripetono a Danzica continuamente, osservando che la Germania vuole così stancare i polacchi, che però avrebbero continuato a mantenere i nervi a posto.

Anche il Ministro di Germania non mi nascondeva, come già avevo occasione di riferire altra volta, che effettivamente il Reich contava di logorare a poco a poco la resistenza polacca, soprattutto in considerazione delle grosse spese rappresentate dalla mobilitazione.

Egli riteneva che Beck, in cuor suo disposto ad accordi con la Germania, si pentiva amaramente ora dell'atteggiamento recentemente preso; ma era difficile comunque per lui tornare indietro, in considerazione specialmente dell'opinione pubblica.

Quanto alle trattative anglo-russe, il Ministro di Polonia mi osservava che a Varsavia avrebbero preferito che l'accordo anglo-sovietico non si verificasse, per le note ragioni.

Quanto ai rapporti fra Polonia ed Ungheria, si nota qui un intensificarsi della propaganda polacca, come mostrano le visite su cui riferisco a parte. Orlowski mi ha detto di essere molto soddisfatto della frase del Reggente verso la Polonia, e della manifestazione che ne segui alla Camera. Effettivamente del resto l'opinione pubblica ungherese è notoriamente simpatizzante per la Polonia.

Ciò non sfugge, come ho già avuto occasione di riferire, al Governo tedesco; anche ieri il Ministro di Germania mi faceva notare le recenti manifestazioni da parte polacca che si verificano qui in questi ultimi tempi specialmente.

D'altra parte la stampa continua a mantenere in genere grande riserbo evitando commenti: è da notare poi l'articolo di ieri del Pester Lloyd che trasmetto con separato telespresso, che riprendendo il motivo già toccato qualche settimana fa (mio telespresso n. 24741786-in data del 9 maggio u. s.) muove aperte lagnanze per il contegno della stampa polacca verso I' Ungheria.

254

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. SEGRETO 4416/1338. Berlino, 16 giugno 1939.

Ho accennato all'E. V. ad alcune idee di Shiratori circa possibili compromessi in materia di patto triangolare [mio telegramma filo n. 369 del 15 corr. (1)]. Una eco di queste idee essendo arrivata a Ribbentrop questi ci ha convocato tutti oggi a Dahlem per discuterne.

Premetto che, il 14 corrente, Oshima si era deciso a dare comunicazioni a Ribbentrop delle istruzioni ricevute dal suo Governo una settimana prima e che erano state frattanto oggetto da parte sua di ponderate elucubrazioni interpretative e di consultazioni con Shiratori. Il nuovo messaggio inviato da Tokio ad Oshima conteneva un elemento nuovo e fondamentale e cioè che il Giappone era pronto ad accordare la propria assistenza militare (salvo a determinarne la misura attraverso le commissioni previste dalla lettera A del protocollo segreto aggiunto al trattato) era pronto dico, a dare la propria assistenza militare all'Italia e alla Germania anche nel caso di una guerra in cui la Russia non fosse entrata. Sarebbe stato tuttavia possibile -continuava il messaggio -che circostanze eccezionali si fossero verificate tali da suggerire, nell'interesse comune, c decisioni speciali». (Questa frase appariva alquanto sibillina. Dopo discussioni durate una giornata intera tutti si trovarono tuttavia d'accordo nell'interpretarla nel senso che essa non costituiva una limitazione nè una riserva alla obbligazione del Giappone a schierarsi a fianco degli alleati, bensì solo la constatazione della possibilità che, in determinati casi, potesse esser.e nello stesso interesse dell'Italia e della Germania che il Giappone non entrasse in guerra subito, e che, di pieno accordo fra i tre e non su determinazione unilaterale del Giappone, si decidesse in questo senso).

In ogni caso -concludeva il messaggio -il Giappone è ora fermamente deciso a concludere il Patto.

Questo messaggio non costituiva ancora, agli occhi di Oshima, un atto definitivo. Aveva evidentemente uno scopo tranquillizzatore ma conteneva tuttavia un elemento nuovo fondamentale, la rinuncia a far dipendere l'entrata in guerra del Giappone dalla presenza nel conflitto della Russia.

In una lunga conversazione Oshima-Ribbentrop del 15 corr., si cercò di tirare le somme della situazione e si decise quindi di telegrafare a Tokio, sotto ris-erva sempre di approvazione del Fiihrer da una parte e del Governo Italiano dall'altra, che:

Si prendeva atto che, con la risposta comunicata da Oshima si intendeva che il Governo giapponese accettasse definitivamente il trattato nel testo che esso stesso aveva formulato (ne accludo ad ogni buon fine una copia, alleg. l) e ciò senza riserve nè limitazioni; la frase relativa alle «decisioni speciali» venendo interpretata nel senso più sopra esposto.

Ciò premesso, si riteneva che il Governo giapponese o avrebbe senz'altro rinunciato a qualunque norma interpretativa e di linguaggio come già da esso originalmente proposto oppure si sarebbe contentato in proposito della cosidetta formulazione Gaus da me inviata il 13 maggio (ne accludo alla presente un nuovo esemplare alleg. Il) essendo inteso d'altra parte che delle norme stesse noi avremo preso soltanto cognizione verbale.

Si aggiungeva infine che il nuovo messaggio veniva interpretato nel senso che ogni riserva di applicazione essendo ormai venuta meno, il Governo giapponese rinunciava anche allo scambio di note originalmente richiesto ed inteso a prendere atto della dichiarazione che il Giappone avvertiva gli alleati della propria impossibilità attualmente e nel prossimo futuro (presumibilmente fino a conclusione della sua impresa in Cina), a partecipare troppo attivamente alle operazioni belliche.

Questo ultimo punto aveva dato luogo a vive discussioni dato che, secondo Oshima, il Governo giapponese, non ostante la sua rinuncia alla pregiudiziale russa, insisteva tuttora per una presa d'atto formale della sua presunta incapacità ad ingolfarsi in estese operazioni belliche incompatibili con gli sviluppi della sua impresa cinese. Ribbentrop replicava che uno scambio di note in questo senso -che certamente diventerebbe di dominio pubblico in 48 ore -avrebbe fatto cadere nel ridicolo l'intero trattato, frustrandone la portata e gli scopi, dimostrativi e preventivi allo stesso tempo ch'esso vuole, oltretutto, raggiungere. Ribbentrop ha ammesso soltanto che gli alleati potessero, tutt'al più, prendere atto in proposito di un semplice avvertimento verbale che venisse fatto al momento della firma. Di questo faceva una condizione sine qua non.

È a questo punto che è entrato in gioco Shiratori con le sue proposte facendo

presente che il Governo giapponese, pur rinunziando alla sua pregiudiziale russa,

insisteva per lo scambio di note sèritte; ciò significava ch'esso manteneva sempre,

in fondo, delle riserve mentali capaci di influenzare e limitare la propria parte

cipazione effettiva ad una guerra. Non era allora meglio-egli argomentava

che queste riserve venissero esplicitamente formulate e ridotte ad una casistica

ben precisa, stabilita preventivamente in pieno accordo con gli alleati?

Egli patrocinava quindi una precisa proposta a Tokio con la quale il Giap

pone si impegnasse ad entrare subito e senza alcuna riserva nè limitazione, in

guerra:

l) Non solo nel caso che alla guerra partecipasse la Russia, ma anche

2) in quello che vi partecipasse l'America.

Nell'ipotesi invece che nè Russia nè America prendessero parte al conflitto,

i tre alleati avrebbero potuto concertarsi sul da fare, eventualmente permettendo

al Giappone di non partecipare ad operazioni attive di guerra. Poteva infatti

esser nello stesso interesse degli alleati di servirsi della neutralità del Giappone

per tener fuori del conflitto Russia ed America. Che se, invece, questi due Paesi o anche uno soltanto di essi entrasse, il Giappone avrebbe avuto l'obbligo di schierarsi immediatamente e completamente a fianco degli alleati.

Shiratori insisteva che ove mai il Governo giapponese non volesse in definitiva rinunziare < allo scambio di note :. concernente la limitazione della propria assistenza militare, la soluzione da lui progettata sarebbe stata la più conveniente anche per la Germania e l'Italia.

A ciò Ribbentrop ha opposto la più recisa negativa, Shiratori osservando per conto suo che egli intendeva soltanto provvedere un'ancora di salvezza per il caso che il Giappone si ostinasse a pretendere lo scambio di note come sopra specificato.

Richiesto del mio parere io ho dichiarato che: l) Dato che Oshima aveva già telegrafato a Tokio il 15 sera nel senso concordato con Ribbentrop, non vi era ormai che da attendere la risposta a quel telegramma; 2) Intanto il Governo italiano, che aveva seguito tutta la questione da lontano e frammentariamente, avrebbe avuto la possibilità di considerare la questione in tutti i suoi dettagli sulla base di un rapporto di insieme che io mi sarei affrettato di inviare all'E. V. A completare il quadro devo aggiungere essere chiaramente emerso nel corso della discussione che, rinunziando il Giappone a qualunque riserva, esso si attende naturalmente dagli alleati una reciprocità piena. Cosicchè, nel caso ad esempio che oggi fosse firmato il patto triangolare di alleanza e che domani scoppiasse una guerra fra Russia e Giappone per la pesca nelle isole Sakhalin o per la Mongolia, tanto l'Italia che la Germania sarebbero tenute ad entrare subito in guerra al suo fianco. Analogamente se domani, per decisione presa sul posto dal Comandante della Marina giapponese, magari all'infuori dello stesso Governo di Tokio, il Giappone si trovasse trascinato in una guerra per le concessioni straniere in Cina. Orbene, io non so in quali termini Ribbentrop si sia espresso, sia a Milano sia a Berlino, direttamente con V. E. -ricordo però che, con me, Ribbentrop non ha mai parlato di un patto col Giappone che andasse tanto lontano. Chè anzi, egli ha sempre espressamente escluso con me il caso ad esempio di una guerra con la Russia che scoppiasse a causa del Giappone. Come pure, egli aveva sempre parlato del Giappone -invocando anzi in proposito una concezione di suo padre -come di un socio utile a tener fuori del conflitto l'America. La sua evoluzione verso concezioni più totalitarie è quindi recente e va registrata ad ogni effetto, onde rendersi conto delle conseguenze sostanziali çhe ne dipendono. l casi di guerra che io ho più sopra enunziati non costituiscono delle induzioni mie. Io li ho concretamente posti a Ribbentrop, il quale li ha senz'altro ammessi, affrettandosi ad aggiungere, per altro, che nè nell'una nè nell'altra ipotesi sia la Russia che l'Inghilterra dichiarerebbero mai la guerra al Giappone. Quanto all'America egli è sicuro che essa non entrerebbe in guerra in nessun caso. Affermazioni codeste il cui apprezzamento io lascio naturalmente all'E. V. ma che dimostrano ancora una volta come Ribbentrop sia propenso a carezzare piani rispondenti soltanto alle ipotesi più favorevoli alla Germania senza mai ammettere neanche lontanamente la possibilità che anche una di esse venga meno. Comunque, una decisione di importanza così fondamentale sulla portata generale

ciel contemplato patto a tre rimane nell'ambito esclusivo di chi solo può prend.erla e cioè del Duce.

Senonchè, dato e non concesso che ad una alleanza col Giappone si voglia, e nei termini contemplati da Ribbentrop, arrivare comunque, allora io mi permetto domandare se la logica delle cose non porti a dovere :

l) escludere ogni e qualunque norma interpretativa del trattato, anche nella cosidetta formulazione Gaus (alleg. II). Non si capisce infatti perchè, se veramente il Governo di Tokio rinuncia alla pregiudiziale sovietica e cioè ammette di dover entrare a fianco della Germania e dell'Italia anche nel caso di una guerra limitata alla Inghilterra ed alla Francia, vi debbano poi essere delle norme interpretative del Patto ricordanti le sue origini e il suo carattere anti-Comintern, il fatto che il pericolo imminente per il Giappone è la Russia ecc. ecc. (n. 2 del citato alleg. II).

2) A più forte ragione non si comprende come, se il Patto triangolare deve anch'esso essere, come il trattato del 22 maggio, una alleanza totalitaria per la vita e per la morte, si debba permettere al Giappone di dichiarare ch'esso non può, fino a conclusione della sua campagna in Cina, partecipare attivamente ad una guerra eventuale. Ribbentrop fa su questo punto una questione di pura forma: esclude cioè, in maniera assoluta, che ciò possa essere fatto per iscritto mediante scambio di note, ma ammette che sia fatto « verbalmente » e ciò nella speranza di impedire che la notizia trapeli e diventi di pubblico dominio. A parte il fatto che una dichiarazione in questo senso, anche se verbale, non mancherebbe anch'essa, con un po' di buona volontà dell'opposizione giapponese, di arrivare ugualmente al pubblico e sulla stampa, ciò che importa è la sostanza e cioè che il Giappone con quella dichiarazione si esime dagli obblighi militari dell'alleanza e ciò per un periodo di tempo indefinito che potrebbe durare degli anni. Durante tutto questo tempo, gli alleati non godrebbero infatti dei benefici del trattato e ciò mentre essi sarebbero invece tenuti a entrare per parte loro in guerra anche per la pesca delle isole Sakhalin e anzi con l'aggravante che, una volta scoppiata ad es. una guerra con l'Inghilterra per le Concessioni in Cina, nessuno potrebbe escludere che, ubbidendo al proprio tornaconto politico, Inghilterra, Francia, Russia, ecc. si contentassero di fare una guerra puramente difensiva contro il Giappone e concentrassero invece la somma dei loro sforzi contro l'Italia e la Germania.

Sembra rimessamente al sottoscritto che, fin quando una riserva da parte giapponese -scritta o verbale poco importa -effettivamente esista, una controriserva da parte nostra sia indispensabile, controriserva di cui si potrebbe studiare la forma, ma che fosse comunque intesa a stabilire fra le parti una reciprocità effettiva. Si potrebbe pensare al esempio ad una contro-dichiarazione da parte nostra che, prendendo atto della dichiarazione giapponese, avvertisse il Giappone che anche noi ci riserviamo di graduare analogamente il nostro aiuto al Giappone in una guerra che scoppiasse, per impiegare le stesse parole del Giappone, «sia attualmente sia nel prossimo futuro>.

E tutto ciò subordinatamente sempre alla questione principale dei limiti generali dell'alleanza i cui termini mi sono permesso di prospettare più sopra all'E. V.

Sarò grato di istruzioni in proposito che pregherei V .. E. compiacersi inviarmi con l'urgenza del caso.

ALLEGATO.

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. Berlino, 17 giugno 1939.

Prego prendere nota che, a pag. 6 del mio rapporto segreto in data 16 corrente

n. 4416/1338 è stato omesso, dopo il n. 1), il seguente capoverso.

Analoghe considerazioni valgono evidentemente per lo stesso preambolo del Patto.

Pregherei inserire le parole di cui sopra nel testo stesso del rapporto.

ALLEGATO N. l.

PATTO DI CONSULTAZIONE E DI ASSISTENZA TRA IL GIAPPONE, L'ITALIA E LA GERMANIA

Traduzione dal tedesco (progetto giapponese)

Strettamente segreto.

Il Governo Imperiale giapponese

il Governo italiano

e il Governo del Reich tedesco

tenuto conto del fatto che le relazioni amichevoli tra il Giappone, l'Italia e la Germania si sono, dopo la· conclusione dell'accordo contro la Internazionale comunista del 25 settembre 1936, ancora più approfondite;

nella convinzione che l'attività internazionale della Internazionale comunista minaccia la pace in Europa e in Asia;

decisi di rafforzare, nello spirito del citato accordo, la difesa contro il dissolvimento comunista in Europa e in Asia e di salvaguardare gli interessi comuni delle tre Potenze contraenti, si sono accordati sulle seguenti disposizioni:

Articolo I. -Qualora una delle Potenze contraenti dovesse venire a trovarsi in difficoltà per l'atteggiamento di una o più Potenze non partecipanti a questo Patto, le Potenze contraenti inizieranno immediatamente una consultazione sulle misure da prendere in comune.

Articolo II. -Per il caso che una delle Potenze contraenti venisse minacciata senza provocazione da una o più Potenze non partecipanti a questo Patto, le altr9 Potenze contraenti si impegnano a concedere alla Potenza minacciata il loro appoggio politico ed economico, per eliminare tale minaccia.

Articolo III. -Per il caso in cui una delle Potenze contraenti venisse fatta oggetto di un'aggressione non provocata da parte di una o più Potenze non partecipanti a questo patto, le altre Potenze contraenti si impegnano di concedere il loro aiuto e la loro assistenza.

Le tre Potenze contraenti discuteranno e decideranno, verificandosi un simile caso, immediatamente le misure necessarie per l'esecuzione dell'impegno risultante dal capoverso precedente.

Articolo IV. -L'originale di questo Patto viene steso in lingua giapponese,

italiana e tedesca.

Il Patto entra in vigore col giorno della sua firma e vale per il periodo di

cinque anni. Le Potenze contraenti si intenderanno tempestivamente prima della

scadenza di questo termine, sull'ulteriore forma della loro collaborazione.

In fede di che i Plenipotenziari debitamente autorizzati dai loro Governi

hanno firmato questo Patto e vi hanno apposto i propri sigilli.

Steso in triplice originale a Berlino li ............ .

.ALLEGATO N. I bis.

(Progetto di aggiunta al testo del Trattato, da inserirsi prima dell'articolo finale

n. IV).

Il Governo tedesco e il Governo italiano constatano, con l'assenso del Governo giapponese, che il Patto di amicizia e di alleanza fra la Germania e l'Italia firmato il 22 maggio 1939, in nessun modo è toccato dal presente Patto, e quindi il presente Patto trova applicazione nei rapporti tra Germania e Italia solo in quanto il Patto di amicizia e di alleanza tra la Germania e l'Italia del 22 maggio 1939 non abbia stabilito per questi due Paesi obblighi più vasti.

ALLEGATO N. Il.

PROTOCOLLO DI FIRMA

Traduzione dal tedesco (progetto giapponese)

In occasione della firma oggi avvenuta del Patto . I Plenipotenziari sottoscritti hanno convenuto quanto segue: A) Circa gli articoli II e III del Patto:

La minaccia o l'aggressione contro il Manciukuò, in considerazione della disposizione contenuta nel Numero 2 del Protocollo stipulato il 15 settembre 1932 fra il Giappone ed il Manciukuò verrà considerata come minaccia od aggressione contro il Giappone.

B) Circa l'articolo IV, paragrafo 2 del Patto: Nel caso in cui alla scadenza della durata del Patto sia in corso un'azione di appoggio, di aiuto o di assistenza in base all'articolo II od all'articolo III, il Patto rimarrà in vigore fino al termine della situazione che ha reso necessario l'appoggio, l'aiuto o l'assistenza.

... lì

PROTOCOLLO AGGIUNTIVO SEGRETO

Traduzione dal tedesco (progetto giapponese)

In occasione dell'odierna firma del Patto . Plenipotenziari sottoscritti si sono accordati su quanto segue:

A) A proposito degli articoli II e III del Patto le competenti Autorità delle Tre Potenzc, contraenti esamineranno al più presto possibile, dopo l'entrata in vigore del Patto, quali singole possibilità di conflitti esistano e in che maniera e in Quali dimensioni le Potenze contraenti, a seconda delle considerazioni geografiche, si concederanno appoggio, e aiuto o assistenza.

B) Nel caso di una guerra da .loro condotta in comune, le Potenze contraenti sl impegnano a non concludere da sole armistizio o pace.

C) Qualora in base a trattati con terze Potenze non partecipanti al Patto, esistano impegni inconciliabili con le disposizioni del Patto, le Potenze contraenti non sono legate da quegli impegni.

D) Questo protocollo aggiuntivo segreto non verrà, senza intesa concorde delle Potenze contraenti, nè pubblicato nè comunicato a terze Potenze.

E) Questo protocollo aggiuntivo segreto ha la stessa durata di validità del Patto e del Protocollo di firma. Esso forma con questi due documenti unità indivisibile.

Dopo la conclusione del Patto in trattazione tra Germania, Italia e Giappone il Governo giapponese si esprimerà a eventuali domande diplomatiche da parte di terzi, verbalmente nel senso seguente:

l) Il Patto è un patto puramente difensivo. Esso non persegue alcuno scopo aggressivo ma è destinato ad assicurare il mantenimento della pace. Per tale motivo il Patto non contiene alcuna punta diretta contro un qualsiasi Paese.

2) Per quanto concerne la sua genesi storica il Patto è la conseguenza dell'unione delle tre Parti contraenti nel corso di Questi ultimi anni in vista di una comune difesa contro l'azione sovversiva del Comintern. Nell'attuale situazione internazionale il Giappone si sente da parte sua minacciato innanzi tutto dagli sforzi fatti dall'Internazionale comunista. Per tale ragione il Governo giapponese ha considerato come il pericolo più eminente per la pace, questi sforzi del comunismo provenienti dalla Russia sovietica.

3) Qualora una delle Potenze contraenti fosse eggetto di una aggressione non provocata, le conseguenze che ne proverrebbero per le Potenze stesse sono previste dal testo del Patto. Sino a quando terze Potenze non minaccino o attacchino le Potenze contraenti, gli obblighi di prestare appoggio e di dare aiuto ed assistenza non saranno applicabili.

ALLEGATO N. III. Dichiarazione verbale.

Per incarico del mio Governo prego V. E. di voler prendere nota che il Giappone attualmente e nel prossimo futuro potrà adempire soltanto in misura limitata l'obbligo di prestare aiuto ed assistenza di carattere militare assunto con l'art. III del Patto. Particolari più precisi sull'assistenza militare da prestare in futuro di volta in volta rimangono riservati alle conversazioni previste nel Protocollo segreto addizionale.

(l) Vedi D. 236.

255

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 2443/633. Varsavia, 16 giugno 1939.

Per quanto V. E. abbia potuto averne chiara sensazione dalla corrispondenza diretta da quest'Ambasciata a codesto Ministero, credo mio dovere richiamare l'attenzione di V. E. sulla piega tutt'altro che favorevole che vanno prendendo i nostri rapporti con la Polonia.

La politica italiana dell'Asse fino a quando i rapporti polacco-tedeschi si sono mantenuti normali, trovava qui comprensione ed i rapporti italo-polacchi furono mantenuti in una sfera di reciproca simpatia e cordialità di cui non mancarono negli ultimi tempi eloquenti manifestazioni e ripercussioni favorevoli sia nel terreno politico che in quello economico e culturale.

La conclusione del patto di alleanza italo-germanico, benchè non fosse inattesa, fu qui ragione di amarezza soprattutto per la situazione di tensione in cui si trovava la Polonia nei riguardi della Germania. Malgrado però tale com_ prensibile ripercussione, la preesistente amicizia tra l' Italia e la Polonia, tra le quali non vi era mai stato un conflitto di interessi, potè reagire come elemento moderatore nelle reazioni di questo Governo e di questa opinione pubblica. Tanto più che si aveva qui l'impressione che la nostra simpatia per la Polonia pesasse per quanto possibile favorevolmente sull'atteggiamento di Berlino nei riguardi di Varsavia. Non si aveva poi alcun dubbio sulla sincerità del nostro desiderio che le questioni che erano all'origine della tensione polacco-tedesca potessero trovare una soluzione pacifica.

La situazione nei nostri riguardi è però in questi ultimi tempi alquanto peggiorata. Se ne hanno segni indubbi oltre che nel linguaggio della stampa e nell'atteggiamento riservato se non addirittura freddo di questi circoli ufficiali, nelle crescenti difficoltà nelle quali si svolgono i nostri rapporti economici determinando una dannosa situazione di stasi. Citerò ad esempio il mancato pagamento della rata del mese di maggio del prestito polacco emesso in Italia nel 1924, e la mancata conclusione del contratto della nota fornitura Ansaldo che avrebbe procurato all' Italia circa 40 milioni in valuta ed acciai. Fino ad oggi procedono invece regolanpente le notevoli consegne di carbone a pagamento di nostri preesistenti crediti; non escludo però che, se la situazione dovesse peggiorare, potrebbero verificarsi delle difficoltà anche in questo campo.

A creare questo stato di cose ha contribuito, in queste ultime settimane, ['atteggiamento della stampa italiana nei riguardi della Polonia, che nella attuale difficile e pericolosa situazione di questo Paese esaspera gli animi e provoca profondo risentimento. Con ciò non intendo dire che la situazione dei nostri rapporti non sia suscettibile di riprese, ma evidentemente ciò dipenderà un po' da noi ma ancora più dagli ulteriori sviluppi nella tensione polacco-tedesca. Al riguardo non vi è nessun elemento nuovo da segnalare da qui ad eccezione di qualche presa di contatto di questo Ambasciatore di Germania con qualche alto funzionario di questo Ministero degli Affari Esteri più che altro di carattere formale e per questioni non riguardanti l'attuale conflitto. L'Ambasciatore von Moltke si è infatti incontrato in questi giorni ad un pranzo a questa Ambasciata col signor Arciszewski, che ha funzioni di Segretario Generale di questo Ministero degli Affari Esteri e successivamente si è recato al Ministero stesso per la prima volta dal suo ritorno a Berlino che risale al 5 maggio scorso, per una conversazione con questo Sottosegretario di Stato conte Szembek, su argomenti però di secondaria importanza.

Allo stato delle cose la situazione polacco-tedesca rimane pressochè immutata ed estremamente delicata; mentre qualche miglioramente non potr~bbe aversi che lentamente e per gradi, un peggioramento potrebbe invece verificarsi anche repentinamente a causa di un qualsiasi malaugurato grave incidente che dovesse verificarsi a Danzica o altrove.

256

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 4075/1801. Parigi, 16 giugno 1939.

Sono stato oggi da questo Ministro degli Affari Esteri per parlargli dell'affare di cui al mio telegramma odierno n. 107 (1). Ho approfittato della visita per richiamare l'attenzione di Bonnet sulle balorde affermazioni della Società degli Autori francese pubblicate daJ Paris

Soir (mio rapporto odierno al Ministero della Cultura Popolare n. 4040), nonchè per sollecitare ancora una volta il permesso di sorvolo sul territorio francese della nostra linea aerea Milano-Brusselle.

Bonnet mi ha detto essere assai lieto che V. E. abbia accettato l'invito a pranzo di codesto Ambasciatore di Francia, al che io ho dovuto replicare che gli avrei fra qualche tempo rivolto analogo invito.

La conversazione è caduta poi sulla situazione politica.

Ho detto a Bonnet di aver appreso confidenzialmente (la fonte è stata questa Ambasciata di Germania, ma come è naturale l'ho taciuta) che il Governo inglese si è alfine deciso a dare consigli di moderazione in Polonia per mezzo dei suoi agenti i quali in un primo momento avevano invece assai eccitata l'opinione pubblica polacca. Ho aggiunto sperare che lo stesso stia facendo il Governo francese tanto più che il pubblico francese non è arrivato a quel fatalismo bellico cui, secondo tutte le informazioni che mi giungono, sembra sia pervenuto il pubblico inglese.

Bonnet mi ha fatto osservare però che Eden nella conferenza tenuta ieri a Parigi ha accennato alla possibilità di negoziati ripetendo tuttavia naturalmente che di fronte ad una eventuale nuova mossa isolata della Germania si scatenerebbe senza dubbio la guerra generale.

È questa infatti la parola d'ordine di tutti gli ambienti inglesi di Parigi, ed è in questo senso che si è espresso con me ieri un deputato inglese dell'Imperia! Policy venuto a vedermi in Ambasciata.

Mi sono valso dell'occasione per far rilevare a Bonnet che l'Inghilterra ha molti punti da difendere nell'attuale situazione mondiale, mentre la Francia ne ha molti di meno, e che le cosidette questioni nevralgiche sono tali molto più per l' Inghilterra che per la Francia.

Danzica non ha nessuna importanza in sè per la politica francese: dal punto di vista politico ha un significato di gran lunga minore di quello che aveva la Cecoslovacchia, dal punto di vista militare nullo. Non bisognava quindi esagerare gli interessi francesi (in realtà non minacciati da nessuno) di fronte a quelli che spingevano l' Inghilterra nella sua attuale pericolosa linea di condotta.

Mi sono espresso in questo senso con Bonnet perchè, come V. E. avrà rilevato da precedenti miei rapporti, comincia ad affiorare in alcuni ambienti francesi, specialmente militari, il sentimento che l'Inghilterra sta trascinando la politica francese oltre i limiti di convenienza di quest'ultima, mentre il pubblico grosso sa bene che ove la guerra scoppiasse ora la Francia dovrebbe col proprio esercito far da sola le spese della difesa degli interessi imperiali britannici.

Mi sembra perciò che a noi converrebbe cercare, tutte le volte che sia possibile, di mettere il dito su questa naturale incrinatura dei rapporti anglofrancesi senza tuttavia illuderci di poterla approfondire abbastanza.

D'altra parte credo utile riferire a V. E. che molti francesi comprendono come gli inglesi siano restii ad afflosciare la tensione internazionale presente per tema che ne derivi un afflosciamento della situazione interna francese, col conseguente ritardo della preparazione bellica del migliore strumento della politica internazionale britannica, cioè l'esercito francese.

Questo timore è naturalmente condiviso da Daladier e dai capi militari e costituisce una delle ragioni per cui tentativi di inizio di negoziati politici non hanno avuto finora concreto seguito.

Bonnet mi ha parlato poi della situazione in Estremo Oriente dicendomi che la mancanza di solidarietà europea darà al Giappone la possibilità di escluderci tutti dalla Cina.

Gli ho fatto notare che ad una situazione analoga giungeremo in un ~wve-· nire più o meno lontano cogli Stati Uniti, nelle cui mani alcune Potenze europee hanno abdicato se non altro un po' della loro dignità. Gli Stati Uniti, stretti dai bisogni della loro produzione (le notizie che giungono qui in Francia sulla situazione interna nord-americana sono pessimistiche) fanno soltanto una brutale politica economica di conquista di mercati tanto in Europa quanto in Sud-America. L'allarmismo bellico non fa che favorire tale politica costringendo Francia ed Inghilterra a grandi ordinativi di materiale negli Stati Uniti, ciò che oltre tutto avrà come conseguenza una sempre maggiore immistione americana negli affari europei.

Così si preferisce dilazionare la soluzione delle nostre questioni europee che potrebbero essere non difficilmente risolte secondo la logica e secondo giustizia se si cominciasse una buona volta ad introdurre nelle nostre discussioni politiche il sentimento della solidarietà europea.

(l) Non pubblicato.

257

L'INCARICATO D'AFFARI A. L IN SPAGNA, RONCALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO TELESPRESSO 3469/908. San Sebastiano, 16 giugno 1939.

Le cerimonie di commiato in onore dei Legionari italiani al loro partire dalla Sp.:tgna e quelle al loro arrivo in Italia, il viaggio e la permanenza in Italia della Missione spagnola e, particolarmente, le giornate italiane del Ministro Serrano Sufier hanno costituito oggetto di un'amplissima cronaca e di larghi commenti su tutti i giornali spagnoli, i quali hanno destinato a tale fine intere pagine corredate da numerose riproduzioni dei ritratti del Re Imperatore, del Duce, del Conte Ciano, del Caudillo, del Ministro Serrano Suiier, del Sommo Pontefice, nonchè da riproduzioni fotografiche dei momenti salienti delle varie cerimonie di cui sono state dense queste giornate dedicate a celebrare solennemente la concreta ed operante solidarietà esistente fra l'Italia e la Spagna.

Se i motivi svolti dalla stampa spagnola, in tale occasione, sono stati principalmente offerti dalle note illustrative alla cronaca del giorno inviate quotidianamente dal corrispondente da Roma dell'Agenzia Efe, coadiuvato talora dal Direttore dell'Agenzia stessa, questi motivi hanno avuto accentuazione e sviluppi vari a seconda della particolare orientazione dei giornali stessi.

Così, se giornali come El Pensamiento Navarro di Pamplona, La Gaceta del Norte di Bilbao, ed anche La Voz de Espafia di San Sebastiano, hanno voluto sottolineare particolarmente il significato della visita dei Legionari spagnoli al Sommo Pontefice e celebrare nei Legionari italiani i campioni generosi nella lotta «contro l'Anticristo cui la massoneria aprì la porta con le sue ipocrisie

demagogiche», altri giornali, ispirati piuttosto a visuali di politica realistica, hanno denunciato negli interessi imperialistici della Francia e dell'Inghilterra le ragioni che hanno indotto questi paesi ad opporsi fin dall'inizio al movimento di rinascita nazionale spagnolo: paesi per cui l'indipendenza politica della Spagna fu considerata costantemente come una realtà da negare ed un mito da sventolare a tutto proprio vantaggio.

Si può d'altra parte notare che se nei commenti di qualche giornale -con riferimento a cerimonie di contenuto analogo che nello stesso torno di tempo si sono svolte a Roma, Berlino, Lisbona, -Italia, Germania e Portogallo sono state poste in certo qual modo sullo stesso piano nella valutazione dell'atteggiamento da loro tenuto verso la Spagna durante il periodo della guerra civile, nella maggior parte dei commenti si è tenuto a fare della Spagna e dell'Italia i termini di un binomio, precisamente differenziato da altre combinazioni: e ciò, non solo per la maggiore importanza e per il più largo respiro delle cerimonie 'italiane, illustrate dalla presenza di un Ministro che oggi, sia pure con qualche contrasto, si considera come rappresentativo della nuova Spagna vista nel suo avvenire, quanfo per l'esistenza di affinità specifiche di interessi morali e materiali esistenti fra Spagna ed Italia, nazioni ambedue tipicamente cattoliche e mediterranee, espressioni autentiche della vera romanità.

E come tutti i giornali hanno insistito nel celebrare lo spirito di cavalleresco disinteresse éon cui il Duce, i Legionari, gli Italiani tutti si sono adoperati per il trionfo della Spagna franchista, d'altra parte gli stessi giornali, in maniera esplicita, hanno espresso il vivo compiacimento del popolo spagnolo per le accoglienze trionfali, per l'estrema dignità di condotta con cui è stato ricevuto e costantemente trattato il rappresentante del Caudillo: atteggiamento questo che viene interpretato come significativo della fiducia che il popolo italiano ed i suoi capi nutrono nei riguardi dei dirigenti della nuova Spagna: fiducia che si ritiene necessaria perchè i due popoli possano insieme continuare il loro cammino per il raggiungimento dei loro destini storici, distinti, ma pur sostanzialmente, uniti.

Di questo compiacimento si è fatto interprete il Ministro Serrano Sufier nel suo indirizzo al popolo barcellonese e nel suo discorso, non meno largamente commentato dalla stampa, tenuto a conclusione della sua permanenza in Barcellona nel salone delle riunioni della Deputazione. In quest'ultimo, infatti, il Ministro ha tenuto precisamente a sottolineare di sentirsi orgoglioso, come spagnolo, di aver ricevuto, per la sua Patria, l'ammirazione di un grande popolo, che, grazie alla sua reale grandezza, sa comprendere la grandezza della Spagna d'oggi.

Si ha l'impressione che dal suo viaggio trionfale in Italia e dal riguardo con cui è stato costantemente circondato, il Ministro abbia ritenuto di trarre argomento per potere con maggiore autorità presentarsi al popolo catalano per la prima volta sfilante organizzato nelle formazioni della Falange.

L'Italia Fascista è così stata associata ad una imponente manifestazione politica spagnola, nella quale il nome del Duce è stato unito, dalle formazioni di Falange a quello di Franco.

Trasmetto, qui uniti, i ritagli di giornale relativi all'argomento in oggetto (1).

(l) Non pubblicati.

258

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 403. Tokio, 17 giugno 1939, ore 7,05 (per. ore 12,50).

Telegramma da Shanghai 150 (1).

Notizie qui raccolte confermano quelle avute da Ambasciatore Shanghai

circa progetto costituzione nuovo Governo centrale cinese. Tale decisione era

conseguenza prevedibile di quanto questa Ambasciata aveva riferito con tele

gramma 129.

Qui si dice fare affidamento sul futuro pronto riconoscimento nuovo Go

verno da parte dell'Italia e Germania.

Comunicato Roma e Shanghai.

259

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. IN SPAGNA, RONCALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 133. San Sebastiano, 17 giugno 1939, ore 14,30 (per. ore 19,50).

È giunta missione economica germanica composta 4 membri presieduta

dal signor Wohltat che ha diretto lavori trattato economico con Romania.

Missione inizierà lunedì suoi lavori.

Questo Ambasciatore di Germania mi ha detto trattarsi di una preliminare presa di contatto per regolare crediti e studio partecipazione germanica ricostruzione Spagna. Missione terrà tre o quattro sessioni per poi rientrare Germania dove verranno formate sotto-commissioni che prepareranno ripresa trattative per vero e proprio trattato.

260

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO

T. 12040/45 P. R. Roma, 17 giugno 1939, ore 16,15.

Un giornale antifascista ha pubblicato che il Governo turco avrebbe licenziato professori e tecnici tedeschi in servizio in Turchia. Pregovi accertare se notizia risponda a verità e riferire.

__..,

77'

(l) Vedi D. 194.

261

IL MINISTRO AD HELSINKI, BONARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 51. Helsinki, 17 giugno 1939, ore 20,22 (per. ore 21,10).

Nella mia odierna prima visita ufficiale a questo Ministro degli Affari Esteri egli mi ha detto che informazioni pervenutegli da Mosca gli consentono ritenere che i negoziati con le potenze democratiche siano lungi dalla loro conclusione.

Governo finlandese, ha aggiunto, è sorpreso e rattristato dallo spettacolo dei francesi e soprattutto dell'Inghilterra la quale ultima diminuisce suo prestigio in una trattativa destinata solo a procurarle sorpresa delusione.

262

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO AD ATENE, GRAZZI

T. 414/94 R. Roma, 17 giugno 1939, ore 22,40.

Vostro telegramma 72 (1).

Avuto riguardo anche alle conversazioni da Voi avute con codesto Governo circa il patto anglo-turco ed a quanto Vi è stato detto, converrà cercare di rassodare ed accrescere malcontento di codesto Governo per nuova linea di condotta assunta dalla Turchia. Va rilevato in proposito giuoco Inghilterra che, dopo aver incoraggiato, in Asia, rivendicazioni turche su Alessandretta, stimola ora, ai fini della sua politica di accerchiamento, le ambizioni politiche della Turchia nel Balcani; non certo per giovare alla Grecia, o alla tranquillità in codesta parte di Europa.

263

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AI MINISTRI A TEHERAN, PETRUCCI, A KABUL, QUARONI, A BAGDAD, GABBRIELLI.

T. 413 R/C. Roma, 17 giugno 1939, ore 23.

(Per tutti) Ho telegrafato alla R. Legazione a Teheran quanto segue:

« Ho notizia che Incaricato Affari Irak ad Ankara avrebbe dichiarato che suo Governo farà delle riserve sulla cessione Hatay alla Turchia, dato che in quella regione vi sono forti minoranze arabe. Risulterebbe altresì che Stati firmatari patto Saad-Abad manifesterebbero qualche malumore per non essere stati preventivamente informati dalla Turchia del suo accordo con l'Inghilterra.

Potrete far sapere codesto Ministro Esteri che ho apprezzato assicurazioni a suo tempo dateci circa linea stretta neutralità che politica estera iraniana continuerà a mantenere nonostante accordo anglo-turco, da cui non potrà essere in nessun modo influenzata. Aggiungerete che nuovi orientamenti Turchia, non soltanto non sembrano faci1mente conciliabili con disposizioni patto Saad-Abad, ma potrebbero altresl importare assunzione responsabilità e rischi contrastanti con scopi e finalità del patto».

(Solo per Kabul) V. S. vorrà svolgere analoga azione presso codesto Governo, riferendo. (Solo per Bagdad) V. S. vorrà possibilmente accertare se notizie di cui prima parte presente telegramma sono fondate.

(l) Vedi D. 246.

264

IL MINISTRO A BUCAREST, GRIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 205. Bucarest, 17 giugno 1939, ore 23,55 (per. 18 giugno, ore 5).

Mio telegramma n. 192 (1).

Questo Segretario Generale Affari Esteri mi ha detto che sebbene Gafencu non ha ancora inviato dettagliato rapporto circa sua visita Turchia, appare tuttavia da sue comunicazioni telegrafiche che egli è riuscito far prevalere Ankara punto di vista romeno e jugoslavo neutralità Intesa Balcanica e sua indipendenza da sistemi politici europei.

Segretario Generale degli Affari Esteri ha aggiunto ritenere che anche dichiarazioni preliminari franco-turche dovranno essere identiche a quelle angloturche, e quindi contenere noto paragrafo 6; testo definitivo accordo predetto non riguarderà invece settore balcanico.

Segretario Generale ha inoltre escluso recisamente che -a parte cordiali dichiarazioni reciproche -la visita Gafencu ad Ankara sia stata occasione di ulteriori impegni politici fra Romania e Turchia e ha confermato ancora una volta che linea di condotta Romania permane quella esposta a Roma da Gafencu a V. E.

Di quanto precede Segretario Generale ritiene che Gafencu abbia avuto occasione ragguagliare più diffusamente R. Ambasciata Ankara e Regio Ministro ad Atene.

265

IL MINISTRO AD ATENE, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 63. Atene, 17 giugno 1939 (per. giorno 20).

Mio telecorriere n. 57 del 10 corr. (2). Nel corso del colloquio avuto con me ieri, Gafencu mi ha detto di avere chiesto a Saracoglu se il prossimo viaggio ad Ankara del Ministro degli Esteri

egiziano avesse scopi politici. Saracoglu lo avrebbe assicurato trattarsi di una semplice visita di cortesia.

(l) -Vedi D. 177. (2) -Vedi D. 181.
266

IL MINISTRO AD ATENE, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 64. Atene, 17 giugno 1939 (per. giorno 20).

Mio telegramma per corriere n. 057 del 10 corrente (1).

Il Ministro degli Esteri egiziano Yahyà Pascià accompagnato dal Capo dell' Ufficio Trattati del Ministero degli Esteri, da un Funzionario di Gabinetto e dal Ministro Turco al Cairo, è transitato per Atene ieri a bordo del piroscafo romeno Bessarabia, diretto a Istanbul. Il suo soggiorno in Turchia durerà pochi giorni, diversamente da quanto supponeva questo mio collega egiziano. Dopo Ankara, Yahyà Pascià visiterà successivamente Bucarest e Belgrado, donde si recherà ad Atene dove conta di essere 1'11 luglio p. v.; di qui partirà direttamente per l' Egitto.

267

IL MINISTRO AD ATENE, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 65. Atene, 17 giugno 1939 (per. giorno 20).

Questo mio collega bulgaro mi ha detto essere convinto che in occasione della visita di Gafencu ad Ankara siano stati conclusi nuovi accordi di carattere militare fra Turchia e Romania per una più stretta collaborazione militare fra i due paesi alle frontiere bulgare.

268

IL MINISTRO AD ATENE, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 66. Atene, 17 giugno 1939 (per. giorno 20).

Mio telegramma n. 72 (2).

Nel mio colloquio che, per suo desiderio, ebbi con lui nel pomeriggio di ieri, il signor Gafencu mi disse di essere estremamente soddisfatto dei risultati ottenuti col suo viaggio ad Ankara. Egli si era proposto di calmare le apprensioni turche, di indurre il Governo turco a limitare quanto più possibile la portata degli accordi con l'Inghilterra e la Francia, di ottenere che essi non si estendessero ai Balcani, e si ritiene sicuro di avere conseguito buoni risultati.

15 · Documenti diplomatici -Serie VIII -Vol. XII

Gafencu ha della situazione generale una visione estremamente ottimistica. Il suo recente viaggio attraverso le capitali europee lo ha convinto che tutti i Governi desiderano evitare la guerra. L'attuale stato di tensione, peraltro, non può durare eterno, ed è necessario che entro qualche mese le questioni esistenti vengano risolte pacificamente secondo che il Duce ha indicato nel suo discorso di Torino. V. E. stessa gli avrebbe detto che entro l'estate si sarebbe dovuto trovare la via verso una soluzione. A quel momento, le Potenze minori, specialmente balcaniche, potranno svolgere una azione efficacissima ai fini della pacificazione europea. Per poter svolgere tale azione al momento opportuno, è necessario però che esse evitino di legarsi fin d'ora all'uno o all'altro dei due gruppi e mantengano con ciascuno di essi i migliori rapporti politici ed economici. Per questo la Romania ha concluso i noti accordi commerciali con la Germania e sarebbe lieta di concluderne analoghi anche con noi se lo desideriamo. Il Governo greco condivide nel modo più completo la convinzione della necessità per le Potenze balcaniche di mantenere un atteggiamento di assoluta neutralità.

Ho osservato a S. E. che, a parte le trattative anglo-turche e franco-turche, nettamente dirette contro l'Asse, già la semplice accettazione di garanzie offerte da una delle parti significa, per se stessa, dipartirsi da un atteggiamento di neutralità.

Su questo punto Gafencu mi ha risposto che nè la Romania, nè la Grecia potevano ricusare le garanzie che venivano loro spontaneamente offerte. I due Paesi hanno dichiarato che se fossero attaccati si sarebbero difesi. La Francia e l'Inghilterra hanno fatto conoscere loro che, se fossero stati costretti a prendere le armi per difendersi, avrebbero combattuto al loro fianco. A tale comunicazione non si poteva rispondere con rifiuto. Gafencu mi ha detto di aver parlato nello stesso modo col Maresciallo Gi:iring, il quale gli avrebbe risposto « Vielleicht haben Sie recht ». Il Governo romeno avrebbe accettato ed accetterebbe analoga garanzia da parte delle Potenze dell'Asse, per il caso, ad esempio, di una aggressione russa.

Quanto ai negoziati per gli accordi fra la Turchia e gli anglo-francesi, Gafencu mi ha detto essere notoria la mentalità apprensiva dei turchi e la loro tendenza a garantirsi in anticipo contro le eventualità più lontane. Egli mi ha detto di essersi adoperato a dissipare le apprensioni turche, ma di non esservi riuscito che in parte. I turchi temono che la nostra azione in Albania non sia se non il preludio di azioni di più vasta portata e gli hanno citato recenti manifestazioni oratorie di personalità italiane che lascerebbero intendere che tale appunto sia lo scopo della nostra azione. Egli non ha potuto dissipare questa mentalità, sebbene non condivida i timori dei turchi, nè poteva urtarsi con loro, dati non solo i legami sentimentali fra il suo paese e la Turchia, ma la necessità per la Romania di essere in buoni termini con chi controlla gli Stretti, che sono la via di comunicazione della Romania col mondo civile (e, credo io che 11i debba aggiungere, la funzione di gendarme che la Turchia esercita, a vantaggio della Romania e della Grecia, al confine bulgaro).

Ma gli accordi che potranno concludersi avranno una portata ristretta e sopratutto si limiteranno al Mediterraneo Orientale e non coinvolgeranno nè l'Intesa Balcanica nel suo insieme, nè i singoli suoi componenti.

Durante il colloquio Gafencu ha parlato con molta effusione e cordialità. Mi ha detto di avere parlato nello stesso modo con von Papen, che avrebbe preso atto, con soddisfazione, delle sue dichiarazioni, e di avere messo al corrente dei risultati del suo viaggio anche gli Ambasciatori di Francia e di Gran Bretagna ad Ankara.

Al termine del colloquio Gafencu mi ha pregato di trasmettere a V. E. i suoi più amichevoli saluti e mi ha detto che serberà sempre il più grato ricordo delle accoglienze ricevute a Roma.

(l) -Vedi D. 181. (2) -Vedi D. 246.
269

IL MINISTRO AD ATENE, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 67. Atene, 17 giugno 1939 (pe1". giorno 20).

Mio telecorriere n. 065 (1).

Mi viene riferito che il signor Gafencu avrebbe anche qui accennato alla possibilità di stretti accordi militari tra Grecia e Rumania per un'intima collaborazione tra i due eserciti nei riguardi della Bulgaria. Avrebbe però trovato, da parte dei responsabili greci, un'accoglienza piuttosto fredda.

Non ho ancora avuto modo di controllare il fondamento di tale notizia, che non ritengo peraltro inverosimile e che quindi, ad ogni buon fine, segnalo all'attenzione dell' E. V.

270

IL MINISTRO AD ATENE, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 68. Atene, 17 giugno 1939 (per. giorno 20).

Questo mio collega di Jugoslavia mi ha detto che il Governo francese insisterebbe ad Ankara affinchè, quantunque sia ormai inteso che gli accordi con la Turchia non si estenderanno ai Balcani, la dichiarazione preliminare sia redatta in forma identica a quella già usata a suo tempo dal Governo turco e dal Governo inglese e contenga quindi anche il paragrafo 6 che appunto ai Balcani si riferisce.

Il Ministro di Jugoslavia ha avuto telefoniche istruzioni da Belgrado di comunicare a Gafencu che il suo Governo è nettamente contrario a che vengano menzionati i Balcani, sia pure solo nella dichiarazione preliminare.

(l) Vedi D. 267.

271

IL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 207. Bucarest, 18 giugno 1939.

Mio telegramma n. 205 (1).

Parlando con mio collega jugoslavo, che me lo ha riferito, questo Presidente del Consiglio si è espresso circa visita Gafencu ad Ankara in termini analoghi a quelli usati in mia presenza da Segretario Generale Ministero degli Affari Esteri.

272

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 171. Budapest, 18 giugno 1939 (per. giorno 22).

Secondo quanto ho potuto comprendere da una conversazione con questo Ministro di Bulgaria, il Governo germanico avrebbe attualmente esplicato una certa azione moderatrice a Sofia nei riguardi delle agitazioni contro la Romania, il Governo tedesco mostrando non desiderare attualmente gravi complicazioni.

D'altra parte l'interesse bulgaro sembrerebbe diretto al momento attuale piuttosto verso la Tracia: almeno così si esprimeva con me il signor Stolov che aggiungeva che la questione della Dobrugia poteva in caso essere risolta in un secondo tempo. Egli soprattutto insisteva con me sul malcontento jugoslavo in seguito alle notizie dell'accordo anglo-turco e, come già altra volta, sulla decisione del Governo di Sofia di non aderire al patto balcanico.

273

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 406. Tokio, 19 giugno 1939, ore 7,20 (pe1'. ore 13,30).

Militari si mostrano alquanto preoccupati per lo spiegamento di truppe volontarie fatto dagli inglesi di fronte alle loro concessioni in Tientsin considerando la possibilità di qualche grave incidente con truppe giapponesi. Hanno dato pertanto ordini severi di evitare occasioni conflitto. Ad ogni modo continuano essere decisi andare in fondo; a ciò devesi aggiungere che essi ormai ammettono che dopo Tientsin verrà la volta di Shanghai. Ciò d'altronde, per quanto meno, comincia ad asserirsi anche da qualche funzionario di questo Ministero Affari Esteri.

(l) Vedi D. 264.

274

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 408. Tokio, 19 giugno 1939, ore 7,20 (per. ore 13,20).

Militari dicono essere assai soddisfatti del modo con cui avete accolto seconda proposta giapponese e attendere sempre risposta tedesca. Osservano che una volta di più Italia sopravanza Germania.

275

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 74. Mosca, 19 giugno 1939, ore 15 (per. ore 18).

Ieri ho incontrato Strang che conosco da tempo. Naturalmente mi sono astenuto dal chiedere informazioni specifiche che non avrebbe potuto darmi sui negoziati in corso. Ho avuto però impressione che egli non sia per nulla ottimista sulla possibilità di una pronta conclusione. Dopo l'ultimo colloquio con Molotov Ambasciatore d'Inghilterra ha dovuto telegrafare a Londra per chiedere ulteriori istruzioni. Questi Ministri Paesi baltici mostrano profonda indignazione contro tre Governi che negoziano fra loro circa modalità di una garanzia non sollecitata senza neppure interpellare nè tenere al corrente Governi direttamente interessati. Assai energico è linguaggio del Ministro Lettonia il quale nelle sue conversazioni coi colleghi accusa apertamente Governo sovietico di mire imperialistiche per rioccupazione dei vecchi territori baltici della Russia zarista.

Ministro Lettonia ha visto Molotov e gli ha notificato ferma opposizione del suo Governo. Molotov si è limitato ad assicurare che Governo lettone sarebbe stato «informato» del contenuto dell'accordo prima dell'eventuale conclusione definitiva.

276

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. PRESSO LA SANTA SEDE, COSSATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 105. Roma, 19 giugno 1939 (per. stesso giorno).

Il discorso pronunciato dal Reggente Horthy in occasione dell'apertura del nuovo Parlamento è stato quasi integralmente pubblicato dall'Osservato1·e Romano del 18 giugno corr. n. 143.

Il testo era stato chiesto al signor Apor, Ministro d'Ungheria, dalla direzione dell'organo vaticano. Monsignor Tardini, Segretario per gli Affari Ecclesiastici Straordinari, mi ha detto che la Santa Sede era informata che il Reggente di Ungheria avrebbe,

nel suo discorso, parlato dell'iniziativa papale per la pace in senso elogiativo, ma che invece la parte del discorso in cui s'invita il Papa a farsi promotore di una convocazione delle Grandi Potenze è stata una sorpresa.

Il Papa, pur continuando nei suoi sforzi per una soluzione pacifica degli attuali problemi internazionali, non intende farsi promotore di una conferenza internazionale e pertanto, secondo il prelato, al Vaticano, la parte del discorso di Horthy relativa all'invito rivolto al Papa per una tale iniziativa, non sarebbe stata gradita.

277

L'INCARICATO DI AFFARI A. I. A SOFIA, DANEO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 95. Sofia, 19 giugno 1939 (pe1·. giorno 23).

Vengo confidenzialmente informato che giungerà Sofia giovedì prossimo Aiutante di Campo Generale Reggente Ungheria latore lettera personale Ammiraglio Horthy per Re Boris.

Notizia mi è stata confermata, con preghiera non divulgarla, da questa Legazione Ungheria che, pur affermando non essere al corrente contenuto lettera, sembra annettervi particolare importanza.

278

L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, VON MACKENSEN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

(Appunto) Roma, 19 giugno 1939.

Risulta da un rapporto della Legazione di Germania a Budapest in data 13 corrente che il Ministro Plenipotenziario d'Ungheria ad Ankara è stato incaricato il 7 corrente dal suo Ministro degli Esteri di fare presente al Ministro degli Esteri di Turchia che la pacificazione del bacino del Danubio e quindi la sicurezza dei Balcani era impedita dal fatto che le questioni territoriali fra l'Ungheria e la Romania non sono state fin'oggi regolate, e che la posizione della Turchia nell'Europa centrale ed orientale le permetterebbe di discutere la questione col Ministro degli Esteri romeno in occasione della sua visita, segnalando l'urgenza di una soluzione di tali questioni territoriali.

Da parte ungherese venne dichiarato a tale proposito che quel passo aveva fini esclusivamente tattici, in quanto il movente sarebbe stato quello di appoggiare la tesi romena --che cioè il venire incontro alla Bulgaria da parte romena rappresenti un pericoloso precedente in vista delle rivendicazioni ungheresi per evitare così l'adesione della Bulgaria alla lega balcanica e quindi l'affiancamento alle potenze occidentali.

Il Governo germanico ha allora incaricato il suo Ministro Plenipotenziario a Budapest di dire al Ministro degli Esteri d'Ungheria che l'inclusione della Turchia nell'azione ungherese ha sollevato in Germania sgradita sorpresa, anche se il passo ungherese era inteso come semplice manovra tattica, in quanto al Governo ungherese sarebbe ben noto che la Turchia fa parte delle Potenze di accerchiamento; inoltre il Governo germanico sarebbe d'avviso che alla Turchia non possa concedersi una posizione preponderante nei Balcani.

279

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA

TELESPRESSO 218869/C. Roma, 19 giugno 1939.

Qui unito si ha il pregio di trasmettere il testo di due notizie emanate in lingua araba dalla radio «Londra Daventry » in data 25 u. s. (1). Trattasi di nuove manifestazioni della propaganda anti-italiana che è venuta in questi ultimi tempi intensificandosi in tutti i Paesi del Levante.

Questo R. Ministero ha provveduto, in epoca recente, ad inviare per opportuna conoscenza a codesta R. Ambasciata le varie informazioni pervenute dal

R. Consolato Generale in Gerusalemme e da altri RR. Uffici nel Levante, con. cernenti tale ripresa dell'attività propagandistica anti-italiana nei Paesi Islamici del Medio Oriente [vedi tra gli altri, i telespressi n. 206072 del 27 febbraio.

n. 210837 del 7 aprile, n. 211434 del 13 aprile, n. 212508 del 26 aprile, n. 213032 del 29 aprile, n. 213684 del 5 maggio, n. 215048 del 19 maggio, n. 215946/160 del 27 maggio (2)].

L'azione di propaganda anti-italiana di cui trattasi ha preso successivamente pretesto dalla trasmigrazione dei coloni italiani in Libia, dalla questione dei beni appartenenti ai libici fuorusciti, e persino dagli ultimi provvedimenti del R. Governo a favore dei cittadini italiani libici; e si è ravvivata in occasione dei recenti avvenimenti in Albania.

Su tale azione, che per i Paesi sotto controllo britannico (vedi il già citato telespresso di questo R. Ministero n. 215946/160 del 27 maggio u. s.) appare

l) ARABO-PARIS MONDIAL

25 maggio 1939, ore 19,45.

Per conoscere l'Italia coloniale : Il Maresciallo Graziani, che ha comandato la Libia, ha condannato a morte 8 mila musulmani della Libia. Il Maresciallo De Bono ha detto che i popoli soggetti con le armi debbono essere trattati

senza pietà.

Ecco quanto hanno fatto e scritto due illustri italiani fascisti.

Non bastano queste autorevoli testimonianze. L'Italia sta rubando le loro terre ai musul

mani della Libia in una maniera barbara e indegna.Cita poi alcune opere di colonialisti italiani in cui è descritto il metodo di prendere le terre ai musulmani della Libia per la valorizzazione agraria di questa colonia.

2) ARABO-LONDRA (DAVENTRY)

25 maggio 1939, ore 19.

L'Unione culturale italiani all'estero ha protestato contro le continue e invadenti ingerenze tedesche in Italia; la Germania controlla ora tutte le amministrazioni pubbliche del Regno.

diretta e ispirata dagli agenti preposti alla propaganda britannica, prego V. E. di voler intrattenere, in via amichevole, il Foreign Office, facendo rilevare che l'attività di tali agenti appare in contrasto con lo spirito degli Accordi di Roma, in base ai quali come noto sono stati fra l'altro assunti da parte nostra, in materia di propaganda, specifici impegni che abbiamo esattamente osservato.

Si attende quindi che codesto Governo faccia pervenire opportuni richiami ai servizi britannici di propaganda, e particolarmente a quelli del Vicino Oriente. Gradirò comunicazioni al riguardo.

(l) Il testo delle notizie è il seguente:

(2) Non pubblicati.

280

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA

TELESPRESSO 218870/C. Roma, 19 giugno 1939.

Telespresso di questo Ministero n. 215059.

Col telespresso citato in riferimento questo R. Ministero ha provveduto a portare a conoscenza di codesta R. Ambasciata (e della R. Legazione al Cairo), il telespresso n. 539/212 in data 26 aprile c. a. della R. Legazione a Bagdad relativo alle pressioni esercitate su quel Governo da quella Ambasciata Britannica per ostacolare lo stesso normale sviluppo degli interessi politici ed economici italiani e germanici in quel Paese.

Il testo dei 2 allegati è il seguente:

IL MINISTRO A BAGDAD, GABBRIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 46. Bagdad, 21 maggio 1939.

Mio telespresso 26 aprile 1939, n. 539/212.

Atteggian1.ento di queste Autorità nei riguardi della Germania e dell'Italia continua

a manifestarsi contrario. Persiste sorda ostilità contro espansione nostri interessi in questoPaese. Ho ragione di ritenere che Governo locale agisca dietro direttive ispirate da questaAmbasciata Britannica che trova nell'Incaricato d'Affari signor Houston Boswall e nel suo diretto collaboratore il Segretario Orientale Capitano Holt due forse troppo zelanti esecutori di ordini partiti dall'alto. Vengono ora adombrati sospetti su elementi italiani che svolgono da vario tempo in questo paese una normale e legittima attività. Alcuni giorni sono polizia segreta ha investigato nell'albergo ove alloggia comandante Simen Ispettore nostro Consorzio Esportazioni Aeronautiche e recentemente senza plausibile motivo è stato negato rinnovo di soggiorno ad un nostro connazionale che travasi Bagdad da oltre tre anni e che lavora in importazione marmi italiani. Soltanto in seguito mie immediate rimostranze esecuzione decreto è stata rinviata. Ieri un commesso di cassa di questa Filiale Banco di Roma è stato convocato dall'Ufficio Polizia Criminale per precisare generalità di tutto il personale alle dipendenze dell'Istituto specialmente di quello di nazionalità italiana. Ho subito fatto rilevare a questo Ministro Affari Esteri sconvenienza di un simile procedimentoadottato dalla Pubblica Sicurezza che è suscettibile far sorgere atmosfera di sospetti dannosa all'Istituto tanto più che dati richiesti sono in possesso Autorità irakiane attraverso segnalazioni che in materia di persone vengono regolarment~ effettuate.

Pratiche riguardanti liquidazione interessi nostri connazionali malgrado miei personali reiterati interventi verbali e scritti vengono di proposito lasciate inevase da parte Uffici competenti.

È stata poi impartita a tutti i funzionari dello Stato irakiano parola d'ordine di isolare Ministri ed il personale delle Legazioni di Germania e Italia evitando mostrarsi in pubblicoloro compagnia e rifiutando loro inviti sotto qualsiasi pretesto. Ne ho avuto recentemente la prova allorchè desiderando come da vario tempo combinato consegnare personalmenteal Capo e sotto Capo di questa aviazione militare irakiana distinzioni onorifiche loro conferite ed inviatemi da codesto R. Ministero, essi mi fecero comprendere attraverso com. Simen che non avrebbero loro malgrado potuto aderire ad un mio eventuale invito.

Circa fornitura noti apparecchi militari nessuna decisione è stata ancora presa, nè si prevede che sarà prossimamente adottata. È atteso, per oggi, a Bagdad nuovo Ambasciatore di Sua Maestà Britannica, Sir Basil Newton, fino ad alcuni mesi fa Ministro d'Inghilterra a Praga.

Allego in copia al presente telespresso ulteriori comunicazioni che a tale riguardo sono pervenute dalla R. Legazione a Bagdad [con telegramma per corriere n. 46 del 21 maggio e con telespresso 603/241 del 16 maggio c. a.,] e dalla R. Legazione al Cairo [con telespresso 2181/799 del 26 maggio c. a. (1)].

Dal contenuto di tali comunicazioni risulta che, contemporaneamente e parallelamente all'azione di propaganda che gli agenti britannici nel Levante vengono svolgendo contro di noi tra le popolazioni musulmane (e di cui intrattengo codesta R. Ambasciata con telespresso a parte), le autorità politiche inglesi nel Medio Oriente agiscono sui Governi irakiano ed egiziano e sulle amministrazioni locali esercitando su gli uni e sulle altre pressioni per costringerli ad assumere atteggiamento ostile all'Italia e agli interessi italiani, e a prendere ingiustifìcati provvedimenti contro singoli cittadini italiani.

Prego V. E. di richiamare, sui fatti denunciati dalle RR. Rappresentanze sopra citate e sull'azione antitaliana che le Autorità Britanniche nel Levante vengono svolgendo, l'attenzione del Foreign Office, esprimendo la fiducia che quest'ultimo vorrà far pervenire in sede opportuna i richiami del caso.

Intanto, questo Ministro Germania dott. Grobba lascerà Bagdad verso la metà del prossimo giugno in regolare congedo di cinque mesi. Egli mi ha detto che allo spirare della licenza conta andare a trascorrere due o tre mesi invernali a Gedda ove pure è accreditato. Si tratta perciò con ogni probabilità di una partenza da Bagdad senza ritorno.

IL MINISTRO A BAGDAD, GABBRIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO N. 603/241. Bagdad, 16 maggio 1939.

Le concessioni per il trasporto del corriere aereo dell'Iraq all'Estero -scadute il 24 aprile scorso -non sono state rinnovate da questa Amministrazione Postale ad eccezione del servizio postale aereo fatto dall'« Imperia! Airways •.

Inoltre viene disposto, a cominciare dal 15 corr., chè tutta la corrispondenza per aereo spedita dall'Iraq in Inghilterra, in Palestina, in Egitto e in genere per tutti i Paesi facenti parte del • Sistema postale aereo britannico • , venga affrancata senza la ordinaria sopratassa aerea.

D'ora in poi quindi tutto il servizio postale aereo dall'Iraq all'Estero viene monopolizzato

dall'Inghilterra.

IL MINISTRO AL CAIRO, MAZZOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO N. 2181/799. Il Cairo, 26 maggio 1939.

Sotto il pretesto della necessità di « nazionalizzare •, dirigenti e mano d'opera straniera

vengono licenziati dai loro posti e sostituiti con elementi del Paese nelle aziende pubbliche

e private.

Alcune ditte imprenditrici di lavori pubblici hanno già ricevuto invito dal competente

Ministero di allontanare operai stranieri. La Compagnia dei Telefoni ha già iniziato il licen

ziamento del personale femminile non egiziano.

Le officine dell'Armata inglese hanno messo alla porta molti operai. I più colpiti dai

provvedimenti sono gli italiani che vengono cosi ad aumentare il numero già forte dei

disoccupati.

Non ho mancato di far presente al Presidente del Consiglio ed al Sottosegretario di

Stato agli Esteri la stranezza dei provvedimenti, la loro coincidenza con lo speciale momento

che attraversiamo, il loro carattere che appare diretto a colpire proprio gli italiani.

Ho avuto dall'uno e dall'altro le solite proteste di amicizia, le solite promesse e le

solite assicurazioni.

Ma non mi illudo sulla possibilità di revoca dei provvedimenti già decretati perchè

conosco la portata delle pressioni inglesi e perchè è notorio lo spirito xenofobo che anima

i! Ministro dell'Interno che appare come il « regista • della politica che tende a ridurre

sempre più il numero e l'influenza degli stranieri naturalmente..... non inglesi.

Mi onoro pregare di esaminare sin d'ora la possibilità di estendere anche all'Egitto

le disposizioni del rimpatrio degli italiani all'Estero.

(l) Il testo del terzo allegato è il seguente:

281

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

FoN. 378. Berlino, 20 giugno 1939, ore 10,45.

Mastromattei mi telegrafa non ritenere essere autorizzato a partecipare nota riunione Berlino. D'altra parte apprendo da questo Auswartiges Amt essere occorsi seri incidenti a Bolzano.

Completamente all'oscuro di tutto, avrei bisogno di qualche elemento per orientarmi. Mi sembra comunque che stessa serietà incidenti occorsi dimostri sempre più assoluta necessità agire subito ed efficacemente. Mi permetto quindi rispettosamente insistere perchè riunione 23 corrente sia mantenuta e Mastromattei e d'Ajeta vengano autorizzati ad intervenirvi.

282

IL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 208. Bucarest, 20 giugno 1939, ore 21,40 (per. ore 22,50j.

Stampa comunica arrivo Bucarest domenica prossima Ministro Affari Esteri Egitto e aggiunge che attualmente trovasi Ankara per studiare possibilità conclusione importante accordo politico. Sempre secondo questa stampa Ministro egiziano passerebbe per Sofia e Belgrado. Giornali pur senza entrare particolari annunziata visita del Ministro egiziano dilungansi su importanza geografica e politica Egitto. A questo Ministero degli Affari Esteri il Segretario Gen. Affari Esteri mi ha detto trattarsi di una delle solite visite di cortesia e di presa di contatto.

283

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BAGDAD, GABBRIELLI, AL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A SANAA, PASSERA

T. 418/CR. Roma, 20 giugno 1939, ore 24.

Giornale egiziano Misri annunzia conclusione di un patto difensivo fra

Yemen Iraq e Saudia, che sarebbe firmato in questi giorni dai Ministri degli

Esteri dei tre Stati.

Prego telegrafare quanto risulti al riguardo.

284

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 100. Berlino, 20 giugno 1939 fper. giorno 21).

L'Ambasciatore Stohrer è partito per la Spagna Cf:?n istruzioni di lavorar:~ per l'ulteriore approfondimento delle relazioni politiche ispano-tedesche.

A mia domanda se queste istruzioni comportassero la creazione di vincoli politici fra i due Paesi al di là del Patto firmato il 31 marzo, il Barone Weizsacker ha risposto: come mèta finale, sì.

Quello che il Governo tedesco ha assegnato al proprio Ambasciatore a Burgo.~ è quindi un obbiettivo cui tendere.

Frattanto, continua in Spagna abbastanza promettente --sembra -la missione Wohltat, il Governo tedesco proponendosi per quanto riguarda il campo economico-commerciale finalità ancora più concrete, e sopratutto più attuali, c:he nel campo politico.

285

IL MINISTRO AD ATENE, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 69. Atene, 20 giugno 1939 (per. giorno 21 ).

Numero odierno giornale Assirmatos pubblica una corrispondenza da Istanbul, secondo la quale durante la visita del Ministro degli Esteri egiz'iano sarà discussa particolarmente la situazione del Mediterraneo, e verrà probabilmente stipulato un patto di mutua assistenza, integrante gli accordi anglo· turchi ed anglo-egiziani.

286

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 170. Budapest, 20 giugno 1939 (per. giorno 22).

Mio telegramma n. 218 in data odierna (1).

Come ho già telegrafato, il Conte Csaky mi ha comunicato, pregandomi di darne comunicazione all'E. V., che il Reggente aveva deciso di inviare a Sofia il suo aiutante di campo, Generale Keresztes-Fischer, incaricandolo di conse

gnare al Re Boris le insegne della più alta decorazione ungherese; il Generale Keresztes-Fischer non aveva alcuna particolare istruzione, e il gesto era motivato dalla nota amicizia fra Re Boris e il Reggente: «Tuttavia il Generale avrebbe ascoltato quello che il Re di Bulgaria avrebbe voluto eventualmente

dirgli~.

Il Ministro degli Affari Esteri mi ha del resto confermato quanto ho già

segnalato e cioè che non esiste, allo stato attuale delle cose, alcun accordo o

intesa fra Ungheria e Bulgaria. La notizia del viaggio del Generale, che partirà

probabilmente domani stesso, sarà mantenuta segreta qui, ma il Governo unghe

rese si rimetteva a quanto deciderà Re Boris circa la pubblicazione o meno della

relativa notizia.

Quanto alla Bulgaria, Csaky mi ha detto che essa appariva assai impres

sionata specie nei riguardi della Turchia (ciò che del resto ho già avuto occa

sione di riferire all'E. V.).

Secondo notizie in suo possesso, Gafencu avrebbe completamente rifiutato

ad Ankara di fare qualsiasi concessione in Dobrugia alla Bulgaria; del resto

Csaky aveva fatto tutto il possibile per impedire che ciò si avverasse ed a tale

scopo aveva fatto sapere al Governo turco che se fossero comunque state prese

in considerazione le domande territoriali della Bulgaria, nei confronti della

Romania, anche l'Ungheria poneva la questione territoriale della Transilvania:

egli credeva che questa dichiarazione abbia contribuito notevolmente all'intran

sigenza romena.

Gafencu aveva risposto al Governo turco che non esisteva alcuna questione

territoriale con l'Ungheria: Csaky sorridendo mi aveva detto che ciò valeva

almeno come riconoscimento che non esiste più nessuna pretesa territoriale

romena per il territorio ruteno.

Quanto ai risultati del convegno di Ankara secondo le informazioni in suo

possesso, Csaky doveva ritenere che il Governo romeno avesse dato pieno ·assenso al punto di vista turco, dichiarandosi convinto, come già la Grecia, che l'accordo anglo-turco non avrebbe intaccato il patto dell'Intesa Balcanica: egli credeva che la Romania fosse entrata nell'orbita anglo-turca, avendo. a quanto

pare, ritirata anche la sua riserva circa un'eventuale adesione della Russia.

Occorre vedere ora l'effetto che ne sarebbe risultato in Jugoslavia, dove

come è noto non si dava uguale interpretazione al patto anglo-turco.

La Jugoslavia, se così stavano le cose, non poteva essere contenta di quanto

stava accadendo ad Ankara. Quanto ai rapporti dell'Ungheria con la Jugoslavia,

mentre non vi era ancora nulla di nuovo, Csaky mi ha detto che avrebbe visto

oggi stesso il Ministro Racié, reduce da Belgrado.

Mentre negli ambienti della Legazione romena si smentiva la possibilità di

un atteggiamento di Gafencu come lo aveva prospettato Csaky, il Ministro di

Bulgaria mi ha dato l'impressione come in Bulgaria si guardi ora molto alla

Jugoslavia, i cui rapporti con la Romania, mi diceva il Ministro, non appari

rebbero più così stretti, altre essendo le tendenze del Governo e altre quelle

della Corte.

(l) Non pubblicato.

287

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 172. Budapest, 20 giugno 1939 (per. giorno 2~).

Mio telegramma per corriere n. 170 in data odierna (1).

Parlandomi poi dei rapporti con la Romania, il Conte Csaky mi ha detto, ricordandomi la comunicazione che mi aveva fatto a suo tempo, che lo stesso Gafencu ammetterebbe di aver avuto da Bardossy la proposta di definire la questione delle minoranze e non vedeva perchè Bossy lo smentisse. Gafencu d'altra parte aveva dichiarato che non poteva accettare di entrare in discussione per un accordo bilaterale con l'Ungheria, non potendo ammettere l'ingerenza di un'altra Potenza negli affari interni del Paese.

Effettivamente il Conte Csaky mi comunicò il 14 aprile di aver dato istruzioni a Bardossy di recarsi da Gafencu per dichiarargli che l'Ungheria era disposta ad entrare subito in trattative circa il problema delle minoranze e altre questioni amministrative (mio telegramma 159 del 14 aprile). Successivamente Gafencu fece dire che avrebbe dato una risposta dopo il suo ritorno da Londra.

Il Conte Csaky mi ha poi aggiunto che, dopo che il Governo romeno aveva respinto di discutere la questione delle minoranze e dopo la garanzia fornitagli dall'Inghilterra per cui il Governo romeno aveva non solo aumentato la sua tracotanza e la sua intransigenza, ma le condizioni delle minoranze ungheresi erano molto peggiorate,. egli aveva attirato l'attenzione del Governo britannico su questi fatti, aggiungendo che, se il Governo britannico avesse allargato comunque la sua garanzia fino magari a comprendervi quella dell'integrità territoriale, ciò sarebbe stato molto pericoloso fino a poter provocare un conflitto. Questo, mi ha detto Csaky, egli aveva fatto soprattutto perchè certi circoli conservatori ed anche laburisti britannici non approvavano la politica di Chamberlain di ingerenza in pericolosi affari europei come quelli romeni; e ciò era tanto vero dopo gli avvenimenti di Estremo Oriente; se ne era visto del resto la reazione nell'atteggiamento recente del Daity Mait e nel gruppo dei giornali di Lord Londonderry. Il Governo ungherese aveva quindi posto francamente la questione territoriale transilvana a Londra per mezzo di quel Ministro d'Ungheria presso il Foreign Office, e precisamente Cadogan aveva risposto che porre attualmente la questione territoriale della Transilvania sarebbe causa di attriti, mentre l'Inghilterra cercava di evitarli e per questo sosteneva lo statu quo territoriale; che d'altra parte una risoluzione della questione era impossibile in Transilvania dato che le nazionalità erano frammiste e se ora era l'Ungheria a lamentarsi, se la questione fosse stata risolta come essa desiderava, sarebbe stata poi a lamentarsi la Romania.

Egli stava ora cercando con il Conte Teleki di poter replicare ancora al Governo britannico, non voleva delimitare una zona, perchè ciò avrebbe dato l'impressione di una rinuncia a qualche parte di territorio; pensava di limitarsi

a fornire dati e indicare le zone di maggiore ammassamento delle compatte minoranze ungheresi. Mi ha d'altra parte smentito nel modo più reciso la voce qui corsa che Strang al suo ritorno da Varsavia si fosse fermato a Budapest per qualche ora e ·che avesse avuto contatti con qualche funzionario del Ministero degli Affari Esteri. (Mi è stato riferito con riserva di controllo che la Lega della Revisione avrebbe inviato a Strang dati statistici circa la questione).

(l) Vedi D. 286.

288

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A HELSINKI, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 14. Helsinki, 20 giugno 1939 (per. 27 giugno).

Questo Ministro degli Affari Esteri mi ha detto:

l) In attesa della convocazione del Parlamento svedese per l'approvazione della Convenzione finno-svedese per il riarmo delle Isole Aland questo Governo inizierà senz'altro i lavori preparatori di fortificazione e li proseguirà, senza preoccuparsi soverchiamente per il ritardo della decisione svedese.

2) Confida che la Svezia non tardi troppo a dare la sua sanzione interna all'accordo indicato. Sa che l'opposizione sovietica ostacola questa decisione e spera che il Governo svedese non si mostri troppo docile a cedere alle richieste sovietiche. Comunque le informazioni che il Governo svedese potrebbe anche fornire a quello sovietico non sono di carattere da compromettere il segreto militare sulle fortificazioni delle Isole.

3) Il Governo finlandese è dispiacente di questa opposizione sovietica, ma non ne è soverchiamente preoccupato. Il signor Erkko attribuisce questo atteggiamento di Mosca ad una pura ragione di prestigio.

289

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATO 1086/586. Ankara, 20 giugno 1939.

Ho l'onore di riferirmi ai telegrammi di V. E. n. 43 (l) e 44 (2) del 15 corrente.

Il Ministro degli Affari Esteri, SaracogJu, partito per Yalova la sera del 13 corrente, con Gafencu, ha fatto ritorno ad Ankara soltanto ieri, col Ministro degli Esteri di Egitto. Non ho quindi potuto vederlo prima, ma ieri stesso ho avuto con lui un'altra lunghissima conversazione.

Riferendomi al nostro colloquio del 10 corrente gli ho detto che per aderire alla sua richiesta avrei potuto rimettergli un appunto su quanto ebbi a dichia

rargli in nome del Governo fascista. Egli, che ha dovuto intanto cambiare di opinione, mi ha risposto che ciò non gli sembrava più necessario avendo perfettamente compreso il senso e la portata delle dichiarazioni fattegli. Non gli ho pertanto rimesso l'appunto telegrafatomi da V. E. ma ho condotto la conversazione sulla sua falsariga.

Per quanto riguarda l'abbandono della neutralità e la difficoltà di conciliare gli scopi dichiarati con gli impegni annunziati dal Presidente del Consiglio turco nel suo discorso del 12 maggio, Saracoglu mi ha pregato di ripetere a Vostra Eccellenza le dichiarazioni già fattemi, e cioè che la Turchia considera indispensabile alla vita ed all'equilibrio dell'Europa l'esistenza di una Italia forte e l'esistenza dell'Asse Roma-Berlino; che la Turchia è altresì convinta della mancanza assoluta di intenzioni aggressive da parte dell'Inghilterra e della Francia verso l'Asse e si è affiancata ad esse in una politica che non ha scopi di accerchiamento ma carattere puramente difensivo; che la liquidazione della Cecoslovacchia prima, l'accordo commerciale tedesco-romeno poi e l'azione italiana in Albania infine, hanno portato la spinta delle potenze dell'Asse fin quasi ai confini della Turchia obbligando a rivedere la sua politica di neutralità che certamente era quella che presentava per lei i maggiori vantaggi.

Circa l'azione tedesca nel centro Europa, Saracoglu mi ha confessato che dal 15 marzo scorso la Turchia vive in un vero stato di allarme e che la scomparsa della Cecoslovacchia non ha ai suoi occhi alcuna giustificazione se non lo spirito di conquista da cui è animato Hitler che si crede in diretto rapporto con Dio.

Circa l'accordo commerciale tedesco-romeno Saracoglu mi ha detto che esso inaugura in Europa sistemi finora riservati soltanto alle colonie. Ha aggiunto risultargli che anche verso la Jugoslavia il Governo del Reich ha usato mezzi intimidatori allo scopo di ottenere che l'economia di quel Paese diventi complementare dell'economia tedesca. «È vero, ha continuato, che Gafencu mi ha detto nei giorni scorsi che la Romania è soddisfatta dell'accordo concluso con la Germania ed è possibile anche che la Jugoslavia trovi il suo tornaconto ad accontentare le esigenze tedesche, ma questo riguarda loro, noi invece non subiremmo mai simili imposizioni, donde la possibilità di un conflitto contro il quale abb'iamo voluto preventivamente garantirci ».

Circa l'azione italiana in Albania, Saracoglu mi ha detto che in Turchia si è convinti che il Duce voglia rifare l'Impero Romano -e nell'Impero Romano era compresa l'Anatolia -, che le fortificazioni delle isole dell'Egeo preoccupano vivamente la Turchia, infine che la nostra alleanza totalitaria con la Germania, mettendo reciprocamente le forze dei due Stati a disposizione l'una dell'altra in qualsiasi evenienza, non tranquillizza certo questa opinione pubblica.

Ho lungamente illustrati a Saracoglu i veri scopi della politica dell'Asse così evidentemente falsati da una propaganda ostile cui fa coro anche la stampa turca. Saracc glu si è chiuso in un ermetico silenzio, non dando alcun segno di assentimento neanche quando gli ho ripetuto che i due Stati confinanti con l'Albania hanno dimostrato di essere completamente rassicurati sulle intenzioni del Governo Fascista e che questo, oltre alle spiegazioni fornite da Vostra

Eccellenza all'Ambasciatore turco in Roma, dovrebbe anche costituire un elemento chiarificatore nei riguardi della Turchia.

Per indurlo ad uscire dal suo riserbo gli ho detto che era desiderio del Governo italiano di mantenere e sviluppare nel modo più cordiale possibile e nello spirito del trattato italo-turco del 1928 i rapporti con il Governo della Turchia, ma tutto dipendeva dall'atteggiamento che terrà la Turchia e dalla esatta natura e dalla estensione degli impegni che essa ha preannunziati.

Nel rispondermi su questo punto, Saracoglu mi ha detto che non sa quando verrà firmato l'accordo definitivo con l'Inghilterra che ora è oggetto di trattative, ma che tale accordo comprenderà oltre la zona del Mediterraneo anche le jTontiere ten·estri della TuTchia. L'Inghilterra ci tiene molto, ha soggiunto, ed anche la Turchia, che essendo oramai impegnata ad assistere l'Inghilterra in un qualunque conflitto cui essa partecipi, desidera a sua volta avere l'assistenza inglese anche in caso di minaccia sulle sue frontiere di terra. Invitato da me ad illustrare meglio questo concetto ed a spiegarmi come si concilia tale estensione di assistenza con il patto balcanico, Saracoglu mi ha detto senza ambagi che la Turchia per via di terra potrebbe essere attaccata dalla Bulgaria o dalla Romania, o dalla Jugoslavia (ha escluso la Grecia); il patto balca~ico non contempla che una sola ipotesi, quella della difesa comune contro possibili aggressioni bulgare.

È questa la parte più importante delle dichiarazioni di Saracoglu ed è

questa, in via di elaborazione, la formula che permetterà di estendere a tutti

i Balcani il patto anglo-turco destinato, fra breve, a diventare anglo-franco

turco.

A chiarire la nuova fase che oggi attraversano i rapporti interbalcanici e la

ormai -a quanto pare --decisa estensione delle reciproche garanzie anglo

turche alle frontiere balcaniche, gioverà rifarsi agli ultimi avvenimenti sui

quali ho avuto l'onore di riferire a mano a mano a Vostra Eccellenza. Ad

Ankara, prima della visita di Gafencu, è stato fatto un estremo tentativo per

attirare la Bulgaria nel patto balcanico; l'ingresso della Bulgaria nel patto

avrebbe consolidato il sistema, eliminando per la Turchia, per la Grecia e

per la Romania la minaccia bulgara: la Jugoslavia e la Romania -di cui

avrebbe resi più liberi e sicuri i movimenti -sarebbero state implicitamente

incoraggiate a resistere alle pressioni dell'Asse. Questo tentativo è fallito. Per

duta la speranza di una Bulgaria amica, si è presentata evidente agli uomini

politici turchi, da una parte l'ipotesi di una Bulgaria nemica, al servizio del

l'Asse, e dall'altra di una Jugoslavia e di una Romania poste in tale difficile

situazione geografica e politica da dovere, volenti o nolenti, servire, in case

di guerra, i disegni militari dell'Italia e della Germania, o non potervisi in

nessun caso opporre.

Di fronte a queste ipotesi, l'Inghilterra ha avuto buon gioco a persuadere

la Turchia della necessità di una garanzia inglese alle sue frontiere.

(Giova notare che Saracoglu, nel parlare delle frontiere terrestri della

Turchia, non contempla che quelle balcaniche, escludendo quindi una garanzia

verso la Russia, e ammette che la Jugoslavia ed anche la Romania possano in

un conflitto generale trovarsi dalla parte opposta alla sua).

D'altro lato, l'Inghilterra ottiene, in cambio, dalla Turchia che questa si associ alla sua garanzia totale ed unilaterale verso la Romania e la Grecia, in modo che il suo sistema di garanzie o cosidetto « fronte della pace :1> viene ad essere completo e coordinato dal mar Baltico al Mediterraneo.

In altri termini sembra potersi concludere che il Patto balcanico rimane nominalmente in vita ne'i riguardi di una praticamente assurda e politicamente quindi inconsistente minaccia isolata bulgara; mentre come sistema di sicurezza balcanica di fronte all'ipotesi di una conflagrazione europea è costituito da una garanzia comune anglo-turca -e presto anglo-franco-turca -che copre le frontiere greche, turche e romene.

Per ritornare alla mia conversazione con Saracoglu aggiungerò che dal suo insieme ho ricavato l'impressione che la nuova direttiva politica impressa da Ismet Inonii alla giovane repubblica turca non sia considerata senza qualche preoccupazione in questi ambienti politici ed economici, in quanto rappresenta un completo cambiamento di rotta; ma anche che le resistenze marginali stiano a poco a poco cedendo sotto la incalzante pressione britannica. D'altra parte si fa qui affidamento sull'interesse che per la Germania rappresenta il mercato turco per considerare come possibile il mantenimento di normali rapporti economici con il Reich. Perdura un vago senso di malessere e di disorientamento nei riguardi delle possibili reazioni italiane.

(l) -Vedi D. 235. (2) -Vedi D. 226. Il T. porta però la data del 14 giugno.
290

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATO 4561/1380. Berlino, 20 giugno 1939.

Continua qui una certa sorpresa per alcuni recenti atteggiamenti della politica ungherese. Ho già riferito alla V. E. [mio telecorriere n. 092 del 15 corrente (1)1 che l'Ungheria si sarebbe rivolta alla Turchia per domandarne la mediazione con la Romania.

A questo primo fatto altri due se ne sarebbero aggiunti (venuti a mia conoscenza in via extra ufficiale) e cioè:

l) che l'Ungheria si sarebbe rivolta all'Inghilterra per farle notare che la garanzia accordata alla Romania crea per essa una situazione di disagio in quanto incoraggia la Romania a resistere ad ogni e qualunque richiesta ungherese.

2) l'Ungheria si sarebbe rivolta alla Turchia per chiederne l'appoggio per la normalizzazione dei propri rapporti con la Russia.

Questo secondo fatto -non pervenuto, come invece gli altri due, agli orecchi tedeschi per tramite diplomatico -rivestirebbe effettivamente una certa gravità come sintomo, se non di nuove tendenze politiche ungheresi, almeno dell'apprezzamento che l'Ungheria fa, ai fini della propria politica, della nuova situazione creata in Europa con le famose garanzie inglesi.

Sarei grato di sapere se e cosa risulti in proposito a V. E.

1.6 -Documenti diplomatici -Serie VIII -Vol. XII

(l) Vedi D. 237.

291

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 4579/1383. Berlino, 20 giugno 1939.

In occasione di un colloquio da me preordinato per il Consigliere Nazionale Alberici, rappresentante della Società Apuana del vetro neutro, il Ministro Funk ha avuto occasione di svolgere al Consigliere Commerciale comm. Ricciardi alcune considerazioni di indole generale sulle quali io mi permetto di richiamare tutta l'attenzione della E. V.

Alla E. V. sono note le crescenti difficoltà contro le quali si urtano le trattative commerciali con la Germania. Esse dimostrano come sia impossibile guardare ottimisticamente allo sviluppo futuro dei rapporti economico-commerciali fra i due Paesi senza allargare gli orizzonti e cambiare le stesse basi degli scambi attuali.

Il problema investe i criteri seguiti da una parte e dall'altra nello svolgimento della politica autarchica ed è appunto con riferimento a questo lato della questione che il Ministro Funk faceva rilevare al Ricciardi i contrasti -a suo modo di vedere -esistenti in questo campo fra le direttive dei due Paesi.

Per quanto riguarda la Germania, Funk faceva rilevare come la politica autarchica della Germania abbia solo lo scopo di sviluppare quelle produzioni che debbono assicurare al Paese, sia in tempo di pace che di guerra, l'indipendenza economica e che pertanto essa miri unicamente a sviluppare le riserve naturali del Paese, contemporaneamente sviluppando le importazioni dai Paesi con i quali la Germania ha buone relazioni economiche e politiche. Per le merci la cui produzione è più economica in tali Paesi che non in Germania, questa cerca di svilupparne la produzione non in casa propria, ma precisamente nei Paesi di origine, assicurando a questi uno sbocco sempre crescente. Tale politica, attualmente in pieno sviluppo, ha registrato già notevoli successi, rendendo più stretti i rapporti economici tra la Germania ed i Paesi amici.

Secondo il Ministro Funk, per contro, il programma di sviluppo industriale dell'Italia sarebbe determinato solo da necessità contingenti, di carattere valutario e sociale, ma non terrebbe in debito conto la necessità di mantenere almeno le normali correnti di importazioni dei due Paesi amici. Un simile programma porta inevitabilmente -alla fine -ad una contrazione del volume degli scambi con l'estero, CJn tutte le sfavo1·evoli conseguenze che ne derivano per l'economia nazionale. È ampiamente provato oramai che chi non vuoi importare non può esportare: una politica di restrizione delle importazioni non raggiunge quindi -è sempre Funk che parla -nè lo scopo valutario nè lo scopo sociale che si prefigge, ed un Paese finisce con il perdere in seguito alla diminuita esportazione ciò che ha cercato di guadagnare riducendo le importazioni.

Il Ministro Funk ha voluto aggiungere che non si permetteva di criticare la politica seguita dall'Italia, ma che ne aveva fatto cenno solo per metterne in vista le prevedibili conseguenze nei riguardi degli scambi tra i due Paesi.

Le esportazioni tedesche verso l'Italia sono costituite oggi per un terzo da esportazioni per così dire normali, e per due terzi dal gruppo carbone, ferro ,ed acciaio e macchine. Questi prodotti hanno fatto sempre oggetto di una esportazione normale tedesca verso l'Italia, ma ora ciò avviene in misura eccezionale e assolutamente preponderante.

L'economia italiana e l'economia germanica -ha continuato Funk -sono attualmente influenzate dalla situazione politica, e sono quindi economie di guerra (Wehrwirtschaften). La preparazione militare e quella industriale ai fini bellici richiedono sempre nuovi investimenti, che sono favoriti dai larghi utili che conseguono le società industriali. In Italia però si vengono così creando nuovi stabilimenti per sviluppare la produzione non solo di merci necessarie in caso di guerra, ma anche di quelle che l'Italia potrebbe molto più economicamente acquistare in Paesi amici. Da ciò due conseguenze, e cioè un aumento di richiesta da parte dell'Italia di carbone, di ferro e di macchine, prodotti di cui la Germania ha essa tanto bisogno, e, contemporaneamente, una diminuzione per la Germania di possibilità di esportazione di tutto quel complesso di prodotti che ha sempre rappresentato la normale esportazione tedesca verso l'Italia.

Il Ministro Funk, dai rapporti che riceve dall'Italia, ha dovuto constatare che, man mano che l'Italia sviluppa una sua produzione, aumentano le difficoltà per il rilascio dei permessi di importazione per il p~odotto relativo. La politica autarchica, che in Italia si potrebbe più propriamente chiamare politica della difesa del prodotto nazionale, spinge il consumatore al boicottaggio più accanito contro il prodotto estero, tanto che le ditte non si arrischiano più nemmeno a mandare una circolare di propaganda per un prodotto estero per la tema di essere accusate di disfattismo economico. Si ha poi l'impressione che le Federazioni alle quali è affidato il compito di proporre la ripartizione dei contingenti, facciano una politica propria di importazione, ostacolando la completa utilizzazione di quei contingenti che, liberamente concordati tra il Governo italiano ed il Governo germanico, rappresentano una importazione che può sicuramente avvenire in Italia senza nessun disturbo della produzione nazionale.

Il Ministro Funk si chiede che cosa avverrà negli scambi tra l'Italia e la Germania seguitando così. Non si può concepire che l'Italia limiti i suoi acquisti al carbone, ferro e macchine, perchè in tal caso la Germania dovrebbe considerare la necessità di limitare i suoi acquisti in Italia ai soli prodotti che le sono indispensabili. D'altra parte l'importazione di ferro e macchine non potrà aumentare all'infinito, anzi dovrà fra non molto subire una notevole contrazione, venendo a cessare le ragioni eccezionali che spingono l'Italia in questo campo ai forti acquisti del momento.

Il Ministro Funk ha fatto comprendere che -nelle circostanze attuali riterrebbe molto utile un franco scambio di idee sugli sviluppi futuri delle relazioni commerciali tra l'Italia e la Germania, anche perchè egli deve in tempo indirizzare la sua politica sia verso l'Italia, sia verso i paesi amici concorrenti dell'Italia sul mercato germanico.

Ho creduto opportuno di riferire in dettaglio le osservazioni del Ministro Funk, non perchè esse siano nuove (lo stesso Ministro le ha fatte a Roma durante la sua visita, e lamentele simili contro la politica italiana sono qui all'ordine del giorno), ma perchè dimostrano il punto debole delle attuali relazioni commerciali tra l'Italia e la Germania.

L'Italia ha bisogno di svilupparsi e sviluppando la propria produzione necessariamente invade quello che finora era un campo riservato all'attività germanica, specialmente nella chimica e nella meccanica. Le importazioni di macchine non possono aumentare continuamente, in modo da compensare la diminuzione che va verificandosi nell'importazione negli altri settori, anzi un giorno dovrà ridursi. Se non sarà possibile, allora, alimentare le importazioni dalla Germania con prodotti sintetici, le preoccupazioni del Ministro Funk appaiono fondate.

Il Ministro Funk ha fatto comprendere che, qualora non fosse possibile impegnare l'Italia a non iniziare certe produzioni caratteristiche della Germania, la Germania sarebbe a sua volta spinta a favorire, in Paesi concorrenti dell'Italia, la produzione di quelle merci che attualmente essa acquista principalmente da noi. Evidentemente, egli intende riferirsi ai prodotti ortofrutticoli, ed ai frutti del Mezzogiorno. Qualora la Germania spingesse i Paesi balcanici e la Spagna principalmente a sostituirsi all'Italia, questa perderebbe il mercato germanico per gran parte della sua esportazione ortofrutticola.

È necessario, quindi, che nel determinare la politica di produzione dell'Italia, non si trascuri l'elemento «esportazione ortofrutticola in Germania» nel senso che si dovrà tener presente la ripercussione sull'esportazione ortofrutticola italiana di qualsiasi contrazione delle importazioni tedesche in Italia. Ad un programma di sviluppo industriale dell'Italia dovrà essere accoppiato un programma

o di ricerca di sbocchi nuovi per prodotti ortofrutticoli o di allargamento del consumo all'interno. Occorre che i due programmi si sviluppino contemporaneamente, e ciò per impedire le ripercussioni che potrebbero avere sull'economia italiana improvvise restrizioni dell'esportazione italiana verso la Germania, come pure per liberare nel medesimo tempo la politica economica italiana dalla palla di piombo che le ha sempre impedito piena libertà di movimento nei confronti tedeschi. Ciò è tanto più necessario ora che le esportazioni ortofrutticole italiane verso la Germania minacciano di venir gravemente compromesse per la stessa situazione del clearing, e per le necessità di dare la preferenza agli scambi di natura bellica.

Anche indipendentemente, comunque, dalle speciali ripercussioni che la questione sollevata da S. E. Funk possa avere sull'uno o sull'altro ramo particolare della nostra esportazione, mi sembra doveroso che la questione sia ormai studiata a fondo. Sono sicuro, dico sicuro, ch'essa non potrà non affiorare nelle stesse discussioni della Commissione economico-militare prevista per l'applicazione del Patto di alleanza italo-germanico. Giova non farsi prendere alla sprovvista.

Analogamente, riterrei che, dato che il Ministro Funk ha mostrato il desiderio di discutere la questione stessa con noi, non si dovrebbe da parte nostra mostrare di volerla evadere ma bensl dichiararsi pronti ad affrontarla.

Ritorno quindi all'idea, già da me ventilata altra volta, di una visita a Berlino di S. E. Guarneri. Dalla formazione dell'Asse in poi è passata per Berlino l'Italia intera, S. E. Guarneri mai.

Il momento per lui mi sembra venuto, tanto più, ripeto, che le decisioni di massima che saranno raggiunte in materia di scambi italo-tedeschi costituiscono la premessa necessaria dei lavori della Commissione militare. E ciò anche senza contare che le decisioni stesse sono, per la natura stessa delle cose, legate anche alla politica economico-commerciale che così la Germania, come di riflesso l'Italia, sono chiamate a svolgere nei Balcani.

Bisogna pure rendersi conto che la solidarietà -piena ed intera -ormai stabilita con la Germania nel campo militare impone obblighi simili -reciproci s'intende -nel campo economico, tali da portare i due Paesi ad un'azione, sia rispetto a sè stessi, sia rispetto agli altri, economicamente complementare. Il che può richiedere, anzi richiederà, per necessità di cose, spostamenti e riaggiustamenti vari, anche di una certa entità e portata.

292

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 415. Tokio, 21 giugno 1939, ore 7,30 (per. ore 13).

In questi giorni avranno luogo riunioni 5 Ministri per discutere circa risposta Roma Berlino.

Alto funzionario nazionalista, di cui ho ripetutamente riferito impressioni, mi dice che vi sono poche speranze che richieste tedesche siano accettate, non avendo Gabinetto forza sufficiente. Tutto al più si potrà ottenere qualche concessione di forma. Funzionario conta di telegrafarvi e farvi presente convenienza che tedeschi non insistano nella loro domanda tanto più che, una volta avvenuta conclusione, è fatale che legami si vadano stringendo sempre più e che in caso di aggravamento della situazione avvenimenti prendano sopravvento su volontà CQlltrarie.

Mi riservo sentire militari e mio collega di Germania.

293

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 417. Tokio, 21 giugno 1939, ore 8,40 (per. ore 15,30).

Sbarco Swatow fa supporre che anche questa volta la tesi dei militari abbia avuto sopravvento e che Marina abbia di nuovo rinunciato almeno per ora a proporre dichiarazione di guerra. Già alcune settimane or sono infatti si era parlato della necessità occupare Swatow da cui importanti carichi di materiale di guerra arrivano continuamente a Chang Kai Shek. Ma, allorchè erano ricominciate discussioni fra Marina ed Esercito circa eventuale dichiarazione di guerra, si era messo da parte quel progetto, inquanto conseguenze pratiche della dichiarazione di guerra avrebbero reso inutile sbarco per impedire rifornimenti.

Comunicato Roma e Taliani.

294

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 418. Tokio, 21 giugno 1939, ore 8,40 (per. ore 15,30).

Anche i militari si mostrano poco soddisfatti per richieste tedesche e perchè la Germania non si rende conto delle difficoltà in cui si trova Giappone, sia per prolungarsi conflitto, sia per suoi rapporti con America. Per il momento non dicono altro, ma forse sarà possibile sapere di più dopo che sarà avvenuta loro consultazione interna.

Ad ogni modo riunione 5 Ministri non potrà iniziarsi subito a causa assenza Ministro della Marina.

295

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO AL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI

T. PER CORRIERE 421-R. Roma, 21 giugno 1939, ore 9.

Unisco copia di un telegramma della R. Ambasciata a Berlino (l) nonchè di un appunto di questa Ambasciata di Germania.

Quest'ultima, nel rimettere detto appunto e nel pregare che sia mantenuta riservata la fonte dell'informazione, ha espresso il desiderio del Governo del Reich che siano impartite alla S. V. istruzioni analoghe a quelle ricevute da codesto Ministro di Germania.

Accertate l'esattezza delle informazioni forniteci, e ove risultino fondate, esprimete la sorpresa del Governo italiano per l'iniziativa presa da codesto Governo presso il Governo di Ankara.

296

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA

T. 12559/242. Roma, 21 giugno 1939, ore 21,15.

Pregovi farmi sapere, senza farne oggetto di diretta domanda costà, quale sarebbe approssimativamente la data del viaggio del Caudillo a Roma.

(l) Vedi D. 237.

297

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, E AL MINISTRO AL CAIRO, MAZZOLINI

T. 422-R. (1). Roma, 21 giugno 1939, ore 22.

Secondo notizie stampa, durante conversazioni turco-egiziane in corso, sarebbe stata dibattuta anche questione eventuale adesione Egitto al patto di Saad-Abad.

Prego disporre possibili accertamenti riferendo.

298

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, COLONNA

T. 423/85 R. Roma, 21 giugno 1939, ore 22,30.

Mi riferisco comunicato stampa diramato ieri da Cordell Hull.

Prego V. E. seguire reazioni codesto Governo nei confronti incidenti Tientsin e sopratutto suo possibile atteggiamento di fronte eventuale estensione campagna giapponese contro concessioni straniere e settlement Shanghai.

299

IL MINISTRO AD ATENE, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 70. Atene, 21 giugno 1939 (per. giorno 22).

Mio telegramma per corriere n. 068 del 17 giugno corr. {2).

Questo mio collega di Jugoslavia mi ha detto che, in vista delle insistenze francesi perchè la dichiarazione franco-turca sia identica a quella anglo-turca e contenga perciò anche il noto paragrafo 6 relativo ai Balcani, egli ha energi. camente premuto presso Gafencu e Metaxas per ottenere che ciò sia evitato.

Dietro tali insistenze è stato incaricato il sig. Politis di rappresentare a Parigi l'interesse dei tre Governi greco, romeno e jugoslavo che tale paragrafo sia omesso nella progettata dichiarazione franco-turca.

(l) -Il numero del Telegramma diretto ad Ankara è 46, di quello diretto al Cairo è 93. (2) -Vedi D. 270.
300

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A SOFIA, DANEO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 99. Sofia, 21 giugno 1939 (per. giorno 23).

Mio rapporto odierno n. 3090/1307 (1).

Nell'esprimermi viva soddisfazione bulgara per pubblicazioni stampa italiana che suonano monito alla Romania, questo Direttore Affari Politici mi ha detto aver riportata impressione che mentre Italia vedrebbe ora con favore rivendicazioni dobrugiane, Germania mostrerebbesi più riservata forse per effetto vantaggi economici che si ripromette conseguire in Romania.

301

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A SOFIA, DANEO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 3103/1315. Sofia, 21 giugno 1939.

Mio rapporto odierno n. 3090/1307 (2).

Per quanto in questi circoli governativi non si nutrissero eccessive speranze, dopo la conclusione del patto anglo-turco, circa l'opera di mediazione che la Turchia avrebbe potuto esercitare nei confronti dei rapporti bulgaroromeni e, con il colloquio Cincar Markovié-Gafencu molte illusioni fossero cadute anche per quel che riguarda l'atteggiamento jugoslavo verso l'Intesa Balcanica, non sembra che a Sofia si attendessero dichiarazioni cosi nette e cosi perentorie sul mantenimento dello « status quo » nei Balcani. In tali condizioni, si osserva, non è pensabile che la Bulgaria possa aderire ad un sistema politico che viene mantenuto in vita essenzialmente ai suoi danni.

Il rinnovato invito alla Bulgaria di collaborare alla Intesa rivolto da Gafencu al Ministro bulgaro ad Ankara e di cui al telegramma per corriere 093 del 13 u. s. (3), non può quindi, allo stato delle cose, avere molte probabilità di successo. Peraltro si ritiene che, se Gafencu, rendendosi interprete anche del desiderio jugoslavo, è riuscito ad ottenere dalla Turchia l'assicurazione che l'accordo anglo-turco non verrà esteso ai Balcani, il pericolo per la Bulgaria di trovarsi irretita nel sistema delle garanzie sembrerebbe allontanato. Una Intesa Balcanica sottratta alla influenza delle Grandi Potenze è difficilmente pensabile e certamente poco vitale, cosa che qui non può dispiacere. Ma se l'Intesa riuscisse veramente a mantenersi al di fuori delle contese fra i due gruppi antagonisti, la Bulgaria pensa che ciò non sarebbe per nuocerle, dandole modo di continuare in quella politica di equilibrio che sembra sopra ogni altra cosa prediligere.

Questo Direttore Generale degli Affari Politici, che ho visto stamani, mi

ha confermato che, a suo avviso, la situazione per la Bulgaria non sarebbe

mutata. Egli ritiene che la missione di Gafencu, per quanto riguarda la tesi

jugoslava di incompatibilità fra i nuovi impegni assunti dalla Turchia ed il

Patto balcanico, sia fallita perchè destinata a fallire fin dall'inizio. Qualunque

sia la formula di soppressione o modifica del paragrafo 6° dell'accordo anglo

turco, rimane pur sempre il fatto che in caso di guerra la Turchia dovrà seguire

l'Inghilterra indipendentemente dalle clausole del Patto balcanico.

Chiave della situazione, secondo il Ministro Altinov, rimane sempre l'atteggiamento della Jugoslavia. Egli, che non è mai stato serbofilo, mi ha detto di ritenere che la Jugoslavia si sarebbe certamente schierata con le Potenze democratiche se la sua situazione strategica non glielo avesse impedito. Ciò premesso egli dubita assai anche della efficacia e sincerità della semplice neutralità benevola che il Principe Paolo avrebbe a Berlino assicurato voler mantenere in ogni evenienza.

Mi ha poi aggiunto che unico risultato, certamente poco soddisfacente per Sofia, del viaggio di Gafencu sarebbero le parole abbastanza cortesi all'indirizzo della Bulgaria che Metaxas sarebbe riescito a fargli pronunziare ad Atene per attenuare l'impressione del comunicato volutamente duro di Ankara.

Segnalo infine che il Ministro bulgaro ad Atene è qui giunto ieri per riferire: è stato ricevuto da Kiosseivanov, ma il Ministro Altinov afferma non averlo ancora veduto.

(l) -Non rintracciato. (2) -Non rintracciato. (3) -Vedi D. 214.
302

IL MINISTRO A TALLINN, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 686/283. Tallinn, 21 giugno 1939.

Seguito a telespresso della R. Legazione n. 629/260 in data 5 corrente (1).

Mi onoro di comunicare a V. E. che per il 21 giugno corr. sono state convocate, ad iniziativa del Governo, in sessione straordinaria, le due Camere del Parlamento per la ratifica del Patto di non aggressione con la Germania. Il Ministro degli Esteri, signor Selter, terrà un discorso sulla politica estera. Si ritiene che, in tale occasione, il Parlamento avrà modo di confermare solennemente il punto di vista del Governo, già manifestato pubblicamente, nelle linee essenziali, in un'intervista del signor Selter ad un giornale locale [telespresso della R. Legazione n. 608/251 in data 30 maggio u. s. (2)].

Intanto, come ho già riferito a V. E., viene annunziata la visita in Estonia del Generale Halder, ·capo di Stato Maggiore dell'Esercito tedesco. Si parla, pure, con insistenza, della visita di un alto ufficiale della Marina tedesca.

Le trattative anglo-franco-russe, per quanto si riferiscono ad una garanzia agli Stati baltici (Estonia, Lettonia e Finlandia) sono considerate, tuttora, con molta apprensione. La situazione appare già grave in questo settore per le

questioni di Danzica e del Corridoio. La resistenza armata degli Stati baltici ad un'invasione sovietica determinerebbe, quasi inevitabilmente, un intervento della Germania.

In molti ambienti si ritiene che alla conclusione di un accordo tripartito sarebbe preferibile che l'Inghilterra e la Francia si accontentino di una neutralità benevola da parte dell'URSS.

D'altra parte, si pone avanti la possibilità che il Governo sovietico acconsenta a fare una dichiarazione, con la quale assuma l'impegno, in caso di occupazione territoriale, di procedere al ritiro delle truppe, appena la situazione venisse di nuovo a normalizzarsi.

Infine, si affaccia l'ipotesi di un intervento inglese. Se la conclusione dsl patto tripartito fosse inevitabile e se esso dovesse comprendere la garanzia agli Stat'i baltici, si vorrebbe che il compito di tradurla in atto non venga affidato esclusivamente all'URSS. E, si discute della possibilità di un invio di sottomarini inglesi nel Mar Baltico. E, si ammette che senza la collaborazione russa essi non potrebbero disporre di basi. La rada di Tallinn sarebbe adatta a queloo scopo, secondo un'esperienza già fatta al tempo della guerra mondiale.

Si tratta di desideri ed ipotesi di varie correnti dell'opinione pubblica, che sembrano offrire scarse garanzie per l'indipendenza del Paese o essere difficilmente realizzabili in pratica.

Si parla anche di una possibile occupazione da parte della Germania delle isole di Saare e Hiiu nella rada di Tallinn, che hanno notevole importanza strategica, e si collega a tale eventualità la visita di un rappresentante della Marina tedesca, cui ho accennato più innanzi.

Certo il patto di non aggressione con la Germania ha trovato nell'opinione pubblica locale una favorevole accoglienza. Essa si rende conto che la sua conclusione rafforza la tesi, secondo la quale, non essendovi, almeno finora, una minaccia tedesca, non vi è bisogno, almeno finora, di una garanzia od assistenza russa. Ma, non ci si fanno soverchie illusioni al riguardo. E, qui, si ripete il noto argomento : Che cosa può valere un accordo tra un popolo di 80 milioni di abitanti e i due piccoli Stati baltici, Estonia e Lettonia, con poco più di tre milioni di abitanti? Ma, tale situazione non muta nei confronti dell'URSS. Il Patto di non aggressione, firmato nel 1932, non può aver maggior valore di quello, firmato ora col Reich. Ed il cosidetto imperativo geografico può essere invocato a danno dei Paesi baltici tanto dalla Germania, quanto dall'URSS. Per il momento, è da parte sovietica che la minaccia all'indipendenza del Paese appare più imminente ed attuale, soprattutto nel caso, in cui la Polonia e l'URSS dovessero combattere insieme contro la Germania.

La stessa minoranza tedesca non vede nella firma del Patto di non aggres

sione con la Germania compromesse le sue aspirazioni di una dominazione

tedesca dei Paesi baltici. Anche se l'URSS dovesse desistere dalle sue intenzioni

aggressive, non mancherebbe, secondo i maggiori esponenti di quella minoranza,

la possibilità di un intervento.

Comunque, i giornali si sono compiaciuti ampiamente della conclusione

del Patto con la Germania e, in particolare, del fatto che sono stati riservati

i diritti del Paese a commerciare liberamente anche con uno Stato, eventual

mente in guerra con la Germania, purchè non oltre i limiti del tempo di pace.

Clò evita le difficoltà dei rifornimenti, il blocco economico, cui sarebbe impossibile resistere a lungo. Altra ragione di compiacimento è rappresentata dal riconoscimento implicito dell'alleanza, esistente tra la Lettonia e l'Estonia. Al riguardo uno dei maggiori organi della stampa estone, il Paewaleht si esprime in tal modo: «È interessante rilevare che i trattati di non aggressione tra la Germania, l'Estonia e la Lettonia riconoscono le disposizioni dell'alleanza militare esto-lettone. Gli accordi prevedono, infatti, che il trattato non rimarrd in vigore più a lungo del trattato analogo, firmato tra la Germania e la Lettonia

(Estonia). Se la Germania attaccasse uno dei due Paesi baltici, le obbligazioni contrattuali, assunte nei confronti del Reich dall'altro Paese verrebbero ad essere immediatamente annullate ed esso potrebbe assistere militarmente il suo alleato >.

Si lamenta, infine, che di fronte al comune pericolo non sia stato possibile costituire un forte blocco di tutti gli Stati rivieraschi del Baltico, cioè con la Finlandia, la Svezia e la Norvegia. E, si critica l'azione di quei Governi. Il Ministro aggiunto agli Affari Esteri, signor llpik, mi diceva che essi credono fermamente di potersi mantenere estranei ad un conflitto, come se non si trovassero in Europa. Ma, la Finlandia è ai confini dell'URSS e l'atteggiamento di questa nella questione delle isole Aland non sembra dare soverchie garanzie alla Svezia ed alla Norvegia circa le intenzibni dei dirigenti sovietici.

(l) -Vedi D. 124. (2) -Non pubblicato.
303

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 420. Tokio, 22 giugno 1939, ore 7,45 (per. ore 13,30).

Anche Marina come Esercito si preoccupa evitare che stipulazione Patto avvenga in forma tale da turbare presenti relazioni Giappone con America della quale esso ha bisogno per non peggiorare almeno per quanto possibile propria situazione economica.

304

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 422. Tokio, 22 giugno 1939, ore 7,45 (per. o1·e 13,15).

Questa Marina si mostra molto soddisfatta dell'andamento delle cose a Tientsin. Ciò specialmente data tendenza America mantenersi strettamente neutrale e Francia scindere sue responsabilità da quella dell'Inghilterra la quale corre rischio restare isolata.

Comunicato Roma e Taliani.

305

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 423. Tokio, 22 giugno 1939, ore 7,45 (per. ore 13,30).

Ambasciatore di Germania mi ha detto alcuni giorni sono di essersi qui lamentato perchè non gli riesce mai parlare di politica con Arita. Gli si è fatto noto che nel caso dei presenti negoziati questi si trova in una posizione alquanto difficile, perchè per redazione della seconda proposta giapponese, dopo che Ministro della Guerra e Ministro della Marina si furono messi d'accordo, questi andarono dal Primo Ministro che approvò loro decisione e così Ministro degli Affari Esteri ne rimane escluso.

Ho rammentato al mio collega come anche il suo predecessore si lamentasse per le stesse ragioni. E gli ho detto che questa Ambasciata si è da tempo rassegnata a trattare con il Ministro degli Affari Esteri soltanto di affari correnti. A prescindere da attuali negoziati, quale che sia la questione politica, il Ministro degli Affari Esteri nulla mi chiede e mi risponde il più brevemente possibile mentre Vice Ministro non mi risponde affatto. Naturalmente i minori funzionari seguono quasi tutti stesse regole ed anche con maggiore scrupolosità se possibile.

306

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 69. Ankara, 22 giugno 1939, ore 11,50 (per. ore 13,15).

Telegramma di V. E. n. 46 (1).

Visita Ministro Esteri Egitto in Turchia è terminata senza la conclusione di alcun atto formale. Saracoglu mi ha detto l'ospite egiziano non ha avanzato nessuna proposta adesione a patti esistenti o di stipularne di nuovi. La visita resta tuttavia una manifestazione politica voluta dall'Inghilterra, tanto più che Ministro Esteri egiziano visiterà anche capitali dei paesi balcanici ·alleati della Turchia (Bucarest, Belgrado, Atene) con esclusione di Sofia.

307

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. IN CHIARO 2302. Mosca, 22 giugno 1939, ore 12,10 (per. ore 13,15).

Giornali odierni pubblicano comunicato ufficiale del Commissariato Affari Esteri così concepito: «Ieri sono stati ricevuti da Molotov Ambasciatore Inglese Seeds, Ambasciatore Francese Naggiar e signor Strang, i quali gli hanno rimesso

" nuove , proposte anglo-francesi che ripetono proposte precedenti Inghilterra e Francia». Nei circoli del Narkomindiel notasi che «nuove» proposte anglofrancesi non rappresentano alcun progresso in confronto con quelle precedenti.

(l) Vedi D. 297.

308

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 32. Kabul, 22 giugno 1939, ore 15,45 (per. ore 23,40).

Vostro 413/C (1).

Come ho riferito a V. E. con mio rapporto n. 115 (2) che giungerà Roma entro questa settimana, questo Ministro degli Affari Esteri mi aveva a suo tempo dato assicurazione identica a quella data dal Ministro degli Affari Esteri Iran.

Nessuna informazione è qui giunta circa riserva relativa a cessione Hatay alla Turchia. Questo Ministero Affari Esteri mi ha informato che già durante la conferenza Teheran Governo turco ha informato Stati firmatari patto asiatico suo vivo malcontento situazione politica internazionale e sua intenzione orientarsi verso Inghilterra. Noto invece certo malumore per impressione che la Turchia sembra voler dare a Francia e Inghilterra di essere in grado di influenzare politica Afganistan in senso anti-totalitario.

Ministro degli Affari Esteri conferma ferma intenzione Afganistan attenersi in qualunque evenienza politica strettamente neutrale da cui nessun sviluppo politica turca potrà farlo deviare. Potenze firmatarie patto asiatico conservano piena loro politica estera e patto Saad-Abad non ha ormai altro valore che quello di platonica amicizia basata su comune tradizione islamica, la quale non può in nessun modo far passare in seconda linea interessi singoli Stati. Autonomia che nel caso dell'Afganistan non rende giustificabile altra politica che quella della neutralità.

Segue dispaccio.

309

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 76. Mosca, 22 giugno 1939, ore 18 (per. ore 19,15).

Mio telegramma odierno in chiaro 2302 (3). Nuovo comunicato sui negoziati anglo-franco-sovietici è quanto mai significativo. Suo tono sfottente mostra che il Governo sovietico non intende tenere in alcun conto punto di vista delle parti ed esige loro completa capitolazione. È ormai chiaro che a Mosca si vuole infliggere grave umiliazione ai « capitolatori di Monaco » e specialmente a Chamberlain.

(l) -Vedi D. 263. (2) -Non pubblicato. (3) -Vedi D. 307.
310

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO E ALL'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA

T. 425 R. (1). Roma, 22 giugno 1939, ore 23.

Secondo comunicati diramati contemporaneamente da Governi Britannico,

Sovietico, Francese, Patto anglo-franco-sovietico in laboriosa gestazione a Mosca

si applicherebbe esclusivamente zona europea, nè sarebbe stata da parte sovie

tica richiesta sua estensione all'Estremo Oriente.

Da fonte tedesca si assicura invece che trattative Mosca, pur non vertendo

su vera e propria garanzia dei confini asiatici dell'U.R.S.S., riguarderebbero anche

esplicito impegno da parte inglese di portare assistenza militare alla Russia in

caso di guerra russo-giapponese.

Secondo stesse fonti riluttanza britannica assumere detti impegni costi

tuirebbe anzi maggiore ostacolo rapida conclusione trattative.

Prego possibilmente accertare quale fra le due versioni è esatta.

311

IL MINISTRO A BUCAREST, GRIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 209. Bucarest, 22 giugno 1939, ore 23,45 (per. giorno 23, ore 2,15).

Ho veduto oggi Gafencu rientrato ieri sera da Ankara ed Atene. Ministro degli Affari Esteri ha ammesso particolare cordiale tono sua visita Turchia ma ha escluso che essa abbia dato luogo ulteriori accordi ed impegni politici. Circa patto di garanzia anglo-turco egli mi ha detto di aver ottenuto esplicite assicurazioni che nella redazione definitiva verrà eliminato ogni accenno a settore balcanico o Intesa Balcanica.

Gafencu ha soggiunto aver invece trovato maggior difficoltà formali circa dichiarazioni preliminari franco-turche, perchè Francia insiste nel voler ottenere redazione identica a quella turco-britannica tanto della dichiarazione predetta quanto dell'accordo definitivo.

Ministro degli Affari Esteri mi ha tuttavia assicurato aver insistito anche dopo sua partenza da Ankara, d'accordo con Metaxas, perchè Governo turco trovi il modo di evitare ogni ulteriore accenno regione dei Balcani, ad esempio rinunziando a dichiarazioni preliminari con Francia in attesa imminente accordo definitivo.

Quanto a notizie stampa secondo cui egli avrebbe negoziato ulteriori accordi con Turchia Gafencu si è riportato ad articoli Timpul e Romania in data di oggi [mio telegramma stampa n. 361 odierno (2)] ed ha aggiunto che si riserva precisare ancora situazione attraverso imminenti dichiarazioni Senato.

Gafencu ha infine dichiarato che visita Ministro degli Affari Esteri Egitto non ha alcuna importanza nè significato politico e che essa ha luogo dietro richiesta di Yahyà Pascià.

(l) -Il telegramma diretto a Mosca porta il n. 47, quello diretto a Londra il n. 75. (2) -Non pubblicato.
312

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL. MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 101. Berlino, 22 giugno 1939 (per. giorno 23).

A telegrammi dell'E. V. nn. 206 (l) e 207 del 13 corrente (2).

Il Segretario di Stato Barone Weizsacker a cui ho subito rivolto, sulla base delle informazioni fornitemi dalla E. V., apposita domanda scritta, mi risponde in data di ieri come appresso:

«Come già ho dichiarato verbalmente in risposta alla Sua prima comunicazione, motori tedeschi di aviazione non sono stati forniti alla Francia. È però vero, che la ditta ceca Walter di Praga ha fornito a suo tempo motori di aviazione al Governo francese. Dall'assunzione del Protettorato non è però più stato fornito alla Francia nessun motore; anche una rinnovazione dei vecchi contratti di fornitura non è stata mai presa in considerazione da parte della ditta Walter ».

313

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 29. Belgrado, 22 giugno 1939 (per. giorno 23).

Il problema croato sembra essere entrato nella sua fase decisiva.

Il Presidente del Consiglio, che ho avuto occasione di vedere durante la visita di Cianetti, mi ha detto che i principali ostacoli si potevano considerare rimossi e che l'accordo era in vista.

Si parla ora di un imminente nuovo incontro di Cvetkovi6 con Macek a Zagabria. Si ignorano le linee generali dell'accordo, ma sembra che Macek abbia effettivamente ceduto o compromesso su molte delle sue richieste iniziali.

Il raggiungimento dell'accordo costituirebbe per Cvetkovi6 un notevolissimo successo personale. Per Stojadinovi6, che ha tentato ripetutamente, e anche per ultimo con manovra fallita, di silurare l'accordo, esso equivarrebbe se non alla fine ad una lunga eclissi della sua vita politica.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 211.
314

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 2316/959. Mosca, 22 giugno 1939.

Mio telegramma odierno n. 76 (1).

Commentando, col telegramma sopra citato, il comunicato del Narkomindiel

che è stato pubblicato dai giornali di stamane, ho detto che il Governo sovietico

vuole evidentemente ottenere dai negoziati in corso, non soltanto la completa

sottomissione di Londra e Parigi alle esigenze di Mosca, ma anche la umiliazione

di quelli che la stampa sovietica continua a chiamare i « capitolatori di Monaco »;

e con ciò si ha di mira sopratutto Chamberlain.

Questa mia convinzione mi sembra pienamente giustificata dal modo «sfot

tente » (non trovo parola più adatta alle circostanze) con cui vengono trattati

i negoziatori anglo-francesi.

Ricapitolo gli avvenimenti delle ultime settimane.

Il 31 maggio Molotov pronuncia davanti al Consiglio Supremo: il suo

>discorso sulla politica estera dell'U.R.S.S. e, parlando delle trattative con

l'Inghilterra che stavano per entrare in una nuova fase con l'invio di contro

proposte britanniche, non manca di marcare una discreta freddezza per un

accordo che egli lascia capire essere desiderato più da Londra e da Parigi che

non da Mosca. In sostanza egli dice: «L'U.R.S.S. è disposta a concludere, ma

a determinate condizioni. All'Inghilterra e Francia di decidere se intendono

accettarle o meno. Per noi la cosa è quasi indifferente ».

La stampa inglese e francese si sforza di interpretare il discorso di Molotov nel senso che non esistono divergenze sostanziali fra le due parti e, annunziando il viaggio di Strang a Mosca, lascia prevedere un accordo imminente.

Il 15 corrente gli Ambasciatori di Inghilterra e di Francia, accompagnati da Strang, si recano da Molotov e gli sottopongono le nuove formule anglo-francesi. L'indomani mattina, senza perdere tempo, un comunicato del Narkomindiel rende noto al pubblico che i risultati del colloquio « non sono considerati del tutto favorevoli ».

Gli ambasciatori telegrafano ai loro Governi le obiezioni sovietiche e chiedono nuove istruzioni. Nell'attesa del loro arrivo, la Pravda riproduce integralmente un articolo del Neuer Vorwaerts di Parigi [mio telegramma n. 75 del 20 corrente (2)] nel quale si esprime il sospetto che Chamberlain ed Halifax contemplino sempre la possibilità di un compromesso cogli « aggressori ».

Ieri, 21 giugno, gli Ambasciatori di Francia ed Inghilterra, accompagnati sempre da Strang, si recano nuovamente da Molotov e gli sottopongono una terza edizione delle loro proposte, rivedute ancora una volta per soddisfare

le esigenze sovietiche. Ed ecco che stamane i giornali pubblicano un nuovo comunicato del Narkomindiel così concepito:

«Ieri sono stati ricevuti da Molotov l'Ambasciatore inglese Seeds, l'Ambasciatore francese Naggiar ed il signor Strang, i quali gli hanno rimesso le nuove proposte anglo-francesi, che ripetono le precedenti proposte dell'Inghilterra e della Francia. Nei circoli del Narkomindiel si rileva che le nuove proposte anglo-francesi _non marcano alcun progresso in confronto con quelle precedenti ».

Nel testo del comunicato la parola «nuove» è stampata entrambe le volte fra virgolette, e ciò con lo scopo evidente di mettere ironicamente in rilievo la ingenuità dei negoziatori anglo-francesi che si illudevano forse di superare le difficoltà con qualche lieve modifica di forma. Ad ogni modo questo secondo comunicato conferma quanto avevo già segnalato col mio telegramma n. 73 del 16 corrente (1), e cioè che il Governo sovietico intende sfruttare a fondo il vantaggio tattico che gli procura l'ansietà a concludere di Londra e di Parigi.

In che cosa consistano gli ostacoli che tuttora si frappongono alla conclusione dell'accordo, non saprei dire con certezza, perchè sui negoziati continua a mantenersi da tutte le parti il più stretto riserbo. Ho visto alcune volte Strang, che conosco personalmente da parecchi anni, ma naturalmente mi sono astenuto dal sollecitare da lui delle precisioni che non avrebbe potuto darmi senza venir meno all'impegno del segreto che evidentemente lega tutti i negoz'iatori. Conversando in linea generale, egli non mi ha tuttavia nascosto il proprio malcontento per l'attitudine sovietica e la scarsa speranza di giungere rapidamente ad una conclusione positiva.

Unicamente in base a criteri induttivi, debbo supporre che le difficoltà risiedano sempre nella soluzione del problema riguardante la garanzia reclamata dall'U.R.S.S. per la Lettonia, l'Estonia e la Finlandia e forse anche nella formulazione concreta dell'accordo «sui metodi, sulla forma e sulla entità della mutua assistenza ».

Nel mio telegramma n. 69 dell'Il corrente (2) ho avanzato la supposizione che, discutendo quest'ultimo punto, il Governo sovietico non mancherebbe di sollevare anche la questione della propria sicurezza in Estremo Oriente. In proposito un comunicato della Tass del 21 corrente ha smentito la notizia pubblicata da alcuni giornali tedeschi nel senso che l'U.R.S.S. subordinasse l'accordo con Inghilterra e Francia all'ottenimento di una garanzia pei suoi confini estremo-orientali. Il comunicato della Tass ha qualificato tale notizia come «invenzione senza fondamento». Ciò nonostante io continuo a pensare che la eventualità di un conflitto fra Giappone ed U.R.S.S. non può non essere esaminata e discussa durante i negoziati in corso, e che probabilmente l'U.R.S.S. avanzerà al riguardo nuove esigenze.

Col mio telegramma n. 74 del 19 corrente (3) ho segnalato a V. E. l'indignazione che mostrano questi rappresentanti dei paesi baltici per la garanzia

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che si vuole ad essi imporre senza il loro consenso, ed anzi contro la loro volontà. Voglio aggiungere ora che i rappr-esentanti dei Paesi scandinavi -in modo speciale il Ministro di Svezia --mostrano a loro volta una netta avversione per un accordo che legherebbe l'U.R.S.S. con le due grandi Potenze democratiche occidentali. Essi temono da ciò un rafforzamento della posizione internazionale dell'U.R.S.S., con conseguente intensificazione della propaganda bolscevica ed inevitabile aumento della prepotenza del Governo sovietico nel trattare cogli Stati minori suoi vicini (vedi questione delle isole Aland).

Su un giornale italiano ho letto recentemente una corrispondenza da Varsavia dove si dice che in seno al Politbureau esisterebbero due correnti opposte per quanto riguarda le trattative con Inghilterra e Francia: una (rappresentata da Molotov, Mikoian e Zdanov) che sarebbe favorevole all'accordo, sempre quando beninteso vengano soddisfatte integralmente le esigenze sovietiche; l'altra, capeggiata dal Maresciallo Voroscilov, che si mostrerebbe decisamente ostile ad assumere qualsiasi impegno. Stalin finora non si sarebbe pronunciato.

Non sono in grado di controllare la fondatezza di tale informazione, ma trovo in essa degli elementi di verosimiglianza che la rendono a mio avviso perfettamente plausibile. Debbo infatti ritenere che la riluttanza ad impegnare l'U.R.S.S. in un eventuale conflitto mondiale sia forte specialmente in seno all'alto comando dell'Armata Rossa.

(l) -Vedi D. 309. (2) -Non pubblicato. (l) -Vedi D. 247. (2) -Vedi D. 187. (3) -Vedi D. 275.
315

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, COLONNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 5671/1155. Washington, 22 giugno 1939.

Mi onoro trasmettere, per opportuna notizia di V. E., l'unita corrispondenza da Parigi di .John Elliot al New York Herald Tribune, relativa a dichiarazioni che sarebbero state fatte in data 20 corrente da quell'Ambasciatore Spagnolo .Josè Felix Lequerica al Ministro Bonnet (1).

Il Lequerica, nel sollecitare la completa entrata in vigore del noto accordo Bérard-.Jordana, avrebbe assicurato il Ministro francese che la Spagna rimarrebbe neutrale in occasione di un conflitto europeo ed avrebbe aggiunto che il Generale Franco si sarebbe recentemente rifiutato di legarsi alle Potenze dell'Asse mediante un accordo militare; così pure le dichiarazioni fatte dal Generale Kindelan secondo cui l'aviazione spagnola non potrebbe rimanere neutrale se l'Italia fosse coinvolta in una guerra, non sarebbero condivise dal Governo spagnolo.

(l) Non pubblicata.

316

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, COLONNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 110. Washington, 23 giugno 1939, ore 14,35 (per. ore 23,20).

Telegramma di V. E. n. 85 (1).

In mancanza di fatti specifici ho limitato comunicazioni a quotidiana Stefani Speciale.

Comunque anche in crisi concessione Tientsin, atteggiamento di questo Governo non si diparte da linea consueta. Non direttamente interessato in controversia giapponese-britannica, il suo punto di vista è di protesta, e in parte di reazione, verso violazione cosidetti diritti garantiti dai trattati, assumendo che posizione Stati Uniti non è particolare, ma preferibilmente identica a quella di tutti altri firmatari e ritenendosi che azione giapponese ha per finalità ultima eliminazione ogni interesse e ingerenza bianchi in Cina. Stati Uniti non hanno particolare simpatia per sistema concessioni e da parte loro, come già anni addietro offersero alla Cina, sarebbero forse ancora pronti a rinunziare loro diritti in materia, di fronte a solide garanzie di ordine, di regolare amministrazione e rispetto diritti stranieri.

Si è qui sempre fiduciosi che Giappone alla lunga finirà per rendersi conto, come del resto già avviene almeno in parte adesso, de.ll'interesse della collaborazione commerciale ed economica americana.

317

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO

·r. 426/48 R. Roma, 23 giugno 1939, ore 21.

Seguiamo con molto interesse tutte le notizie relative all'atteggiamento che codesto Governo è venuto man mano assumendo di fronte alle pressioni anglofrancesi.

Il momento è propizio perchè Voi svolgiate in tutti i modi che vi siano possibili e -beninteso --con la necessaria cautela, ogni utile azione intesa a rafforzare tale atteggiamento, in vista del possibile definitivo fallimento del progetto di alleanza anglo-russo ed allo scopo di facilitare un eventuale avvicinamento fra i Sovieti e la Germania.

Riferite telegraficamente.

(l) Vedi D. 298.

318

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 224. Budapest, 23 giugno 1939, ore 21,10 (per. ore 23,20).

Telegramma di V. E. n. 421 per corriere (1).

Fatto passo presso Vice Ministro Affari Esteri che mi ha ripetuto spiegazione datami dal Ministro degli Affari Esteri di cui al mio telegramma n. 0172 del 20 corr. (2), confermando tuttavia istruzioni impartite al Ministro di Ungheria ad Ankara quali risultano alla E. V.

Mi riservo vedere Ministro degli Affari Esteri e riferire dettagliatamente.

319

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, COLONNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 111. Washington, 23 giugno 1939, ore 23 (per. giorno 24, ore 6,50).

In questi ambienti ufficiali si è sempre profondamente scettici e contrari a qualsiasi sistema di boicottaggio, embargo, sanzioni, per ragioni generali e per scetticismo circa loro efficacia. Un prolungato e sistematico regime di esclusione degli Stati Uniti d'America dalla Cina non potrebbe tuttavia alla lunga che condurre a eguali sistemi .legali nei riguardi del Giappone sul mercato americano.

Vi è oggi nel Paese e Congresso un crescente movimento a favore delle misure anti-giapponesi, a cui tuttavia almeno per ora Governo resiste per le ragioni anzidette.

Per meglio valutare diversità posizione americana da quella britannica in Cina occorre anche tener presente che interessi americani si riferiscono soprattutto alla questione della porta aperta e della eguale opportunità per tutti in relazione trattati a suo tempo conclusi con la Cina e Giappone e sono fuori di ogni misura incomparabili alla somma di interessi commerciali e di investimenti britannici.

Situazione viene seguita attentamente.

320

L'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 77. S. Sebastiano, 23 giugno 1939 (per. giorno 26).

Mio telespresso n. 860 del 5 corr. (3). Questo Direttore Generale degli Affari Politici mi ha detto che la nuova decisione del Tribunale di La Rochelle di restituire alla Spagna nazionale le

diecimila cassette di valori, appartenenti alle banche di San Sebastiano e Bilbao e trasportate in Francia dal Governo rosso durante la guerra civile, è di natura da dare un miglior corso all'adempimento dei noti accordi Jordana-Bérard.

Tale sentenza ha qui fatto ottima impressione e si spera che la Francia, se pur lentamente, si decida ad eseguire l'impegno delle più importanti restituzioni quali quelle dell'oro del Banco di Spagna, del numeroso bestiame trafugato dai rossi al termine della guerra, del materiale bellico, ecc.

Per ora affluiscono alla frontiera spagnola soltanto numerosi automezzi; ma sembra che i più efficienti rimangano in Francia.

Dal canto suo il Quai d'Orsay insiste perchè la Spagna accolga un maggior numero di rifugiati; ma qui si considera che già ne sono entrati circa 130.000, ciò che costituisce una massa considerevole, e che il ritorno dei rifugiati, pur continuando, deve naturalmente andare di pari passo coll'adempimento degli obblighi assunti dalla Francia.

La stampa si fa eco delle notizie riprodotte da alcuni giornali francesi circa l'impegno che il Maresciallo Pétain mette nel premere il Quai d'Orsay per dar corso rapidamente agli accordi; questo Ministero degli Affari Esteri sa effettivamente che l'Ambasciatore di Francia si è molto adoperato in tal senso; ma la sua azione è compromessa dalle varie tendenze politiche delle quali il Governo del suo Paese deve tener conto. Il titolo d'un articolo qui pubblicato in proposito: «Mala Embajada para un buen Embajador » dà una idea abbastanza chiara del modo come viene qui considerata la missione del Maresciallo.

(l) -Vedi D. 295. (2) -Vedi D. 287. (3) -Vedi D. 123.
321

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 23. Varsavia, 23 giugno 1939 (per. giorno 26).

Le notizie giunte da Mosca sull'esito sostanzialmente negativo delle trat

tative condotte colà da Strang e da quegli Ambasciatori d'Inghilterra e di

Francia, se hanno destato impressione in questa opinione pubblica, non hanno

in fondo sorpreso le sfere dirigenti che avevano seguito con scetticismo le varie

iniziative prese dall'Inghilterra per un accordo politico-militare con la Russia.

Mi richiamo in proposito a quanto riferito col telegramma per corriere n. 2330/021

del 9 corrente mese (1).

D'altra parte, il linguaggio di questa Ambasciata dei Sovieti anche nei

momenti in cui a Londra ed a Parigi si dava per sicuro l'accordo con Mosca,

dava ragione di ritenere che il Cremlino non avesse alcun desiderio di impegnarsi

a fondo con le Potenze democratiche [mio telespresso n. 2333/587 del 9 c. m. (2)

e telegramma filo n. 144 del 16 u. s. (3)].

Mentre la maggior parte di questa stampa preferisce ora non dare rilievo all'atteggiamento dell'U.R.S.S., alcuni giornali noti per le loro tendenze filofrancesi -(quali, ad esempio, il Kurjer Polski) -continuano a proclamare il proprio ottimismo circa la possibilità che si riesca a trovare una formula di compromesso.

(l) -Vedi D. 169. (2) -Non pubblicato. (3) -Non pubblicato.
322

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATO 4631/1392. Berlino, 23 giugno 1939.

Come ho già segnalato per telegrafo, hanno avuto ieri luogo le esercitazioni di alta acrobazia eseguite al campo di Staaken dalla squadriglia del Capitano Botto. Il successo è stato quello che doveva essere e cioè trionfale e totalitario. Nessun dubbio che a tutti gli astanti, così l'insieme, come i particolari della dimostrazione abbiano lasciato la più profonda ed ammirata impressione.

Assistevano, oltre a S. E. Milch e i generali del suo Stato Maggiore, tutti i piloti militari tedeschi presenti a Berlino. Erano stati poi ammessi ad assistere -su espressa domanda nostra -circa un centinaio di fascisti, tutto il personale dell'Ambasciata, gli Ufficiali italiani della Milizia giunti ieri mattina, gli Ufficiali aviatori italiani e spagnoli (in parte) venuti per la Condor, gli addetti militari giapponesi, nonchè alcuni giornalisti, in tutto un 250 persone.

Due erano gli elementi cospicui per la loro assenza:

-il Maresciallo Goring,

-il pubblico.

Mi occupo solo del secondo. Premetto che lo stesso arrivo della squadriglia era stato contornato dal maggiore e più ermetico silenzio. La squadriglia era stata fatta giungere, del resto, e gli esercizi predisposti, in giornate non festive. Al campo civile di Tempelhof era stato, dopo breve esitazione, preferito per le esercitazioni il campo militare di Staaken. Gli stessi giornali di ieri mattina, giorno fissato per le esercitazioni, non avevano una sola riga di annunzio. Solo stamane, e cioè a fatto compiuto (e escludo che le reazioni dell'Ambasciata vi siano estranee), la stampa si è ripresa.

Mi è stato spiegato che questo era in fondo dovuto al fatto che la proposta di far venire qui. la squadriglia era partita solo da noi e che, la Aeronautica tedesca essendo in questo genere di esercitazioni in una netta inferiorità rispetto all'italiana, non si aveva nessun desiderio di far figurare la bravura dei nostri.

Se tutto questo fosse vero mi domando se non sarebbe stato meglio, allora, che la squadriglia non venisse. Che se, invece, doveva venire, le sue esercitazioni dovevano aver luogo innanzi a non meno di 100.000 Berlinesi.

Delle tante visite che si susseguono a Berlino ben poche, anzi pochissime lasciano traccie nei sentimenti della gran massa del popolo tedesco. Questa era un'occasione, oso dire unica, per valorizzare agli occhi del gran pubblico tedesco la forza e l'importanza dell'apporto italiano.

Nè sarebbe stato affatto difficile -non ostante eventuali resistenze dell'Aeronautica -ottenere di poterla adegualmente sfruttare a questi fini, solo che, a tempo opportuno, ne fosse stata tenuta parola all'Auswiirtiges Amt.

Ribbentrop sarebbe stato il primo a secondare, senza riserve, i nostri desideri in proposito.

Il sistema delle visite e delle manifestazioni organizzate direttamente e in via breve fra Amministrazioni interessate italiane e tedesche presenta dunque, e da più punti di vista, i suoi inconvenienti. Io fui informato della cosa, quando tutto era già militarmente predisposto, dall'Addetto Aeronautico, il quale ne fu informato, a sua volta, quando la squadriglia era già a Monaco.

Al Capitano Botto, come a tutti in genere i componenti la squadriglia, sono state conferite da S. E. Milch:

a) una decorazione nell'Ordine dell'Aquila tedesca;

b) un distintivo d'onore di pilota tedesco;

c) un ricordino in oro dell'aviazione tedesca.

323

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. SEGRETO 4630/1391. Berlino, 23 giugno 1939.

Ho segnalato a V. E., così per telefono che per corriere, il nuovo discorso di Goebbels del 21 corrente. Esso acquista importanza dal fatto che è stato tenuto subito dopo quelli di Danzica e che, il tono essendone lo stesso, rappresenta in fondo non solo una conferma ma persino un rafforzamento dei primi, in quanto implicante l'approvazione « superiore ) dei medesimi. È del resto noto che, ormai, nulla a Danzica si svolge senza il placet del Fii.hrer. È pure risaputo che questi, negli ultimi tempi, non fa che macerare in sè stesso quello che considera lo scacco della propria politica con la Polonia.

Nel suo intimo, fautore -ancora adesso -di un accordo con la vicina

Repubblica, Hitler imputa questo scacco soprattutto all'Inghilterra. Donde, la

violenza e la persistenza degli attacchi contro quest'ultima, di cui i discorsi

di Goebbels sono l'eco fedele ed indubbiamente autorizzata.

La questione di Danzica -non ostante i ·suoi propositi a non precipitare

gli eventi -agita quindi ed amareggia profondamente il Fii.hrer, tanto più

in quanto egli non vede come, e quando, egli possa riuscire a risolverla. In

questo stato d'animo lo ha appunto trovato, in una conversazione avuta con

lui giorni fa, il Senatore Puricelli.

E poichè, evidentemente, il Fii.hrer parla della cosa -come è solito fare

per le questioni che più lo assillano e lo rattristano -con tutti, questo suo

stato d'animo è ormai quasi di pubblica ragione e finisce col costituire un

elemento di indubbia inquetitudine.

Il Corpo Diplomatico intero è in una nuova fase di nero pessimismo.

Ritengo che, nelle circostanze, l'incontro contemplato per questa estate

fra il Fiihrer e il Duce sia di una particolare opportunità. E poichè è necessario

che esso avvenga prima del Congresso di Norimberga (quest'anno fissato pel

3·10 settembre) e che anzi serva a costituirne la premessa e l'elemento basilare di orientazione, io ritengo che la data migliore ne sarebbe per i primi di agosto. Io ho un appuntamento con Ribbentrop il 29 a Sonnenburg. Mi esprimerò

con lui in questo senso.

324

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2511 /661. Varsavia, 23 giugno 1939.

Il discorso che il Ministro della Propaganda del Reich ha tenuto a Danzica la sera del 17 corr. è stato accolto dapprima con una certa ostentata indifferenza dai circoli polacchi, i quali, forse perchè si attendevano di peggio, si sono sforzati di minimizzare l'importanza delle dichiarazioni stesse presentandole come destinate più che altro a tener alto il morale della popolazione danzichese.

In questa prima fase si è cercato, da parte di alcuni organi di stampa, di fare anche dell'ironia, affermando come ha fatto ad esempio il Dobry Wieczòr, organo governativo, che il dott. Goebbels «tendeva col suo discorso a consolare i tedeschi delusi della finora mancata realizzazione delle esigenze solennemente annunziate ed a consigliare loro di avere pazienza».

Solo due giorni più tardi i giornali polacchi hanno sferrato una violenta polemica cercando di ribattere le argomentazioni svolte dal Ministro della Propaganda del Reich, e di dimostrare il carattere provocatorio delle sue dichiarazioni.

L'intonazione è stata data da una nota diramata dall'Agenzia ufficiosa Iskm, la quale affermava tra l'altro che le dichiarazioni fatte a Danzica da un membro del Governo del Reich «avrebbero svelato la manovra tedesca che consisterebbe nel tentativo di impossessarsi di Danzica per farne il punto di partenza per stabilire la propria egemonia sull'Europa orientale». Confutando l'affermazione di Goebbels secondo la quale la Germania, nonostante che Rotterdam sia situata alla foce del Reno, non rivendica detta città, l' Iskra afferma che la Germania non ha bisogno di quel porto olandese, perchè possiede molti altri porti situati alle foci dei fiumi che attraversano il territorio del Reich, mentre la Polonia ha un solo grande fiume che l'attraversa tutta e che sfocia a Danzica.

Allo scopo poi di svalutare le reiterate affermazioni tedesche circa le aspirazioni della Città Libera alla unione col Reich, i giornali polacchi hanno cercato di diffondere la notizia secondo la quale il Ministro Goebbels sarebbe stato accolto con freddezza dalla popolazione danzichese, la quale si renderebbe conto degli svantaggi economici che le deriverebbero qualora Danzica cessasse di far parte del territorio doganale polacco.

Malgrado queste inevitabili reazioni polacche, non del tutto cessate (si ritiene tra l'altro che un'eco potrà aversi ancora nel discorso che il Presidente della Repubblica pronunzierà domenica prossima in occasione dell'annuale celebrazione della giornata marinara), il discorso tenuto dal dott. Goebbels, pel quale non erano mancate serie preoccupazioni, è passato senza produrre peggioramenti nella situazione già così delicata che resta pertanto sostanzialmente immutata.

325

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A SOFIA, DANEO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 3148/1325. Sofia, 23 giugno 1939.

Mio telegramma per corriere 95 del 19 u. s. (1).

L'Aiutante di Campo Generale d'i Sua Altezza Serenissima il Reggente di Ungheria, Feldmaresciallo Keresztes Fischer è giunto ieri a Sofia ed è stato ricevuto in udienza da Sua Maestà Re Boris, al quale ha rimesse le insegne della Gran Croce con Corona ed il Collare dell'Ordine ungherese al Merito, di cui è stato recentemente insignito.

Sua Maestà Re Boris ha trattenuto il Feldmaresciallo Fischer ad una colazione intima alla Villa Reale di Vrania, alla quale hanno partecipato anche Sua Altezza Reale il Principe Cirillo, il Presidente del Consiglio, il Ministro di Ungheria con il Consigliere della Legazione e l'Addetto Militare, il Capo del Protocollo ed alcuni membri della Casa Militare del Re.

Mi risulta che, dopo la colazione, il Re Boris si è appartato con il Feldmaresciallo Fischer ed il Presidente del Consiglio, trattenendoli a colloquio per quasi un'ora.

Questo Addetto Militare di Ungheria mi ha confidenzialmente confermato che il Feldmaresciallo Fischer sarebbe stato latore di una lettera personale dell'Ammiraglio Horthy contenente, a suo avviso, incitamenti per un più deciso atteggiamento bulgaro in senso revisionistico.

Pur non potendo escludere tale eventualità, e pur essendo evidente che la missione del Feldmaresciallo Fischer non era lim'itata ad una sola visita di cortesia, conoscendo la fervida fantasia del Colonnello Bakay trasmetto la notizia con ogni riserva.

326

IL MINISTRO D'ITALIA AD ATENE, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 4703/710. Atene, 23 giugno 1939.

Da questo Incaricato d'Affari di Bulgaria ho appreso esser proprio in questi giorni giunta alle Rappresentanze diplomatiche bulgare una circolare che sospende tutti i congedi fino a nuovo ordine, a causa della situazione internazionale.

Secondo le informazioni qui raccolte, il provvedimento dovrebbe attribuirsi all'allarme destato in Bulgaria dal recente viaggio di Gafencu e dai suoi risultati.

Il Gafencu infatti avrebbe indotto il Governo turco -che in un primo tempo sembrava proclive, probabilmente anche dietro pressioni inglesi, a che si venisse incontro in qualche modo alle aspirazioni bulgare verso la Dobrugia

a desistere da tale atteggiamento, per solidarizzarsi col recente irrigidimento del governo romeno -irrigidimento già del resto segnalato dalla R. Legazione in Bucarest -nei riguardi di qualsiasi concessione di natura territoriale; anche il governo greco avrebbe aderito al punto di vista romeno.

In conclusione, da quanto si può desumere dalle notizie che si hanno ad Atene, il più importante risultato del viaggio di Gafencu consisterebbe nell'accentuazione della funzione antibulgara dell'Intesa Balcanica, il cui principale se non unico contenuto è ormai quello della guardia alle frontiere stabilite dal trattato di Neuilly.

(l) Vedi D. 277.

327

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 431. Tokio, 24 giugno 1939, ore 0,30 (per. ore 12,50).

Collega tedesco mi ha detto che pur rendendosi conto difficoltà cerca di adoperarsi per via indiretta e con misura a fare accogliere richieste suo Governo. Ma egli fa soprattutto assegnamento sull'azione in cui il Giappone si è impegnato a Tientsin e che lo porterà fatalmente sempre più dalla nostra parte.

328

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 386. Berlino, 24 giugno 1939, ore 0,30 (per. ore 2,25).

Himmler mi ha oggi ufficialmente informato che noto Kaufmann, capo gruppo nazionalsocialista Bolzano, per ordine personale del Fiihrer, è stato internato in campo di concentramento per tempo indefinito.

329

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 77. Mosca, 24 giugno 1939, ore 2,30 (per. ore 5,30).

Telegramma di V. E. n. 47 (1).

Ipotesi che negoziati anglo-francesi-sovietici potessero contemplare anche questione Estremo Oriente è stata da me affacciata fin da due mesi or sono quando nel mio telespresso n. 663 del 22 aprile scrivevo « essere naturale che l' U.R.S.S. non voglia assumere impegni che potrebbero condurre a conflitto con la Germania se non le viene assicurata contro-partita nei confronti del suo avversario potenziale ad O:riente cioè Giappone». Stesso concetto ho ripetuto nel mio telegramma n. 52 del 10 maggio, nel mio telespresso n. 777 del 12 maggio e finalmente nel mio telegramma "69 dell'Il corrente (2).

Mia supposiziOne non era fondata su informazioni positive ma unicamente su deduzioni logiche tratte da due premesse èhe considero sicure e cioè: l) U.R.S.S. non si sente sufficientemente preparata e quindi non vuole guerra; 2) in modo particolare U.R.S.S. teme guerra su due fronti.

Date queste premesse non posso credere che Governo sovietico voglia impegnarsi militarmente con Inghilterra e Francia (dalle quali non potrebbe ricevere aiuto diretto) ed assumere posizione ostile contro Germania (della quale nutre sacro terrore) quando dovesse correre rischio di trovarsi solo contro Giappone. Pur essendo convinto della fondatezza di questa mia opinione non sono in grado neppure oggi di suffragare con elementi positivi d'informazione perchè negoziati continuano ad essere circondati da una segretezza ermetica. Non attribuisco tuttavia importanza alle smentite anglo-franco-russe perchè esse possono essere state dettate da ragioni di semplice opportunità diplomatica, mentre rimane fatto sostanziale che sarebbe molto pericoloso per

U.R.S.S. impegnarsi con patto di mutua assistenza ad Occidente senza ottenere la-corrispettiva assistenza ad Oriente.

Farò comunque ogni sforzo per accertare reale stato delle cose e mi riservo riferire eventuali risultati delle mie ulteriori indagini.

(l) -Vedi D. 310. (2) -Vedi D. 187.
330

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, ALL' INCARCATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, COLONNA, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, ALL'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL MINISTRO ALL'AJA, DIANA

T. PER CORRIERE 12883 P. R./C. Roma, 24 giugno 1939, ore 8.

Alla conferenza militare anglo-francese che ha attualmente luogo a Singapore sarebbero posti in discussione, secondo notizie da fonte britannica, i seguenti argomenti:

l) unificazione in caso di guerra delle forze inglesi e francesi in Estremo Oriente con Comando unico in Singapore; 2) problemi tattici in caso di ostilità con il Giappone, tenuto conto della superiorità navale nipponica; 3) protezione di Hong-Kong; 4) protezione della navigazione mercantile.

Secondo le stesse notizie la Gran Bretagna avrebbe fatto pressioni sulla Francia per la creazione immediata di una grande base navale nella Baia di Cam-Renh, che offre il vantaggio di distare dall'attuale centro di tensione estremo-orientale, un migliaio di chilometri in meno di Singapore. La questione sarebbe stata discussa nei recentissimi colloqui che hanno avuto luogo a Parigi fra i Ministri delle Colonie britannico e francese.

I Governi di Londra e di Parigi avrebbero inoltre deciso la formulazione

di una serie di proposte agli Stati Uniti e all'Olanda per stabilire sin da ora un piano comune di difesa in quei mari. Prego le RR. Ambasciate a Parigi, Londra e Washington e la R. Legazione all'Aja di voler disporre i possibili accertamenti e controlli, riferendo.

331

IL MINISTRO A BAGDAD, GABBRIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 49. Bagdad, 24 giugno 1939, ore 14,45 (per. ore 17,20).

Telegramma circolare n. 413 (1).

A quanto pare Governo Irak formulerebbe riserve sulla cessione Hatay più che altro per ragioni di politica interna per tentare cioè calmare apprensioni di una opinione pubblica nettamente contraria all'avvenimento.

Pressione della Turchia verso zone di Aleppo e Gezire e sue mire su Mossul costituiscono motivo permanente preoccupazioni della grande maggioranza delle popolazioni irakiane che l'Inghilterra non esiterebbe all'occorrenza a sacrificare qualora lo ritenesse necessario per i suoi fini politici strategici ed economici.

Circolano voci frattanto che l' Inghilterra pur di attirarsi Persia nella sua orbita sarebbe disposta cederle Isole Bahrein e non ostacolare sua richiesta zona franca Alessandretta ove verrebbe avviato commercio persiano via Ruwanduz Mossul.

332

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 261. Londra, 24 giugno 1939, ore 18,26 (per. ore 20,15).

Telegramma di V. E. n. 425 (2). Negli ambienti ufficiali londinesi trattative di Mosca per un patto anglo-russo sono state sino ad ora presentate in funzione esclusivamente europea, senza riferimento inserzione Estremo Oriente. In questo senso ha fatto anche esplicita dichiarazione alla Camera dei Comuni il Sottosegretario agli Esteri Butler nella seduta del 21 corrente. Trasmetto con fonogramma 262 (3) testo tali dichiarazioni. Sto comunque svolgendo indagini in merito a quanto richiesto da V. E. e mi riservo riferire al più presto tutti gli elementi che avrò potuto accertare.

333

L'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 142. Salamanca, 24 giugno 1939, ore 18,40 (per. ore 19).

Secondo le impressioni prevalenti non sembra che la visita del Serrano Sufier in Italia abbia qui avuto quei pratici e rapidi risultati che la risonanza data nella stessa Spagna all'avvenimento avrebbe potuto fare ritenere.

Difatti il rimpasto ministeriale, che già prima sembrava imminente, subisce un ulteriore rinvio allontanando la costituzione di un Governo rinnovatore ed audacemente fattivo, quale sarebbe nei propositi di Serrano Sufier.

Evidentemente la sua assenza è stata sfruttata dalle vecchie correnti conservatrici (opposte all'ordine nuovo da lui propugnato e rappresentate dalle antiche combriccole politiche ed oligarchiche finanziarie le quali in questo momento si servono di vecchi esponenti dell'esercito per influenzare Franco) per indurre il Generalissimo ad una maggiore circospezione e lentezza nello sviluppo programma rinnovatore tracciato sull'indirizzo fascista, il cui esponente in Spagna è, come noto, Serrano Sufier.

Franco, temporeggiatore ed eccessivamente ponderato per sua natura, dopo avere nel Consiglio Nazionale della Falange dimostrato intenzioni rapidamente rinnovatrici, sembra essersi impressionato della reazione prodotta dalle medesime nei vecchi ambienti tradizionalisti e monarchici nei quali agiscono attivamente le influenze franco-inglesi.

È probabile che il Generalissimo, pur concordando nelle linee generali con la politica propugnata da· Serrano Sufier, abbia ritenuto opportuno rinviarne l'esecuzione.

La prossima visita di V. E. potrà contribuire a dissipare le prevenzioni di Franco per deciderlo ad una più rapida realizzazione.

(l) -Vedi D. 263. (2) -Vedi D. 310. (3) -Non Pubblicato.
334

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 385. Berlino, 24 giugno 1939, ore 22,05 (per. 25 giugno ore 1,55).

Avuta oggi con Himmler annunziata conferenza per questione alto-atesina, presenti Segretari di Stato Weizsacker e Bohle, Sottosegretario di Stato Woerman, Capo della Polizia Pol!itica Segreta Heydrich, Console tedesco a Milano, ecc. Conversazioni si sono svolte in una atmosfera di assoluta comprensione, Himmler dimostrando subito precisa volontà soluzioni rapide e concrete. Dopo alcune osservazioni preliminari da parte mia, chiaramente impostati termini pratici problema da parte di Mastromattei, è emersa perfetta concordanza di vedute quanto ai mezzi esecutivi.

Riconosciuta priorità del «problema dei 10.000 », Himmler ha dichiarato che saranno concentrate su di essi tutte le possibili pressioni cominciando ad inviare immediatamente a ciascuno una intimazione di richiamo e per pensionati arrivando, in caso di resistenza, alla sospensione delle relative pensioni. Sarà quindi costituito con sede centrale a Bolzano un pubblico Ufficio rimpatrio tedeschi che, d'accordo con il corrispondente Ufficio del Commissariato Emigrazione Italiana, provvederà ad agevolare tutte le pratiche per rimpatrio cittadini di nazionalità germanica.

Mentre si inizierà naturalmente dai nullatenenti, si continuerà anche per i proprietari, i problemi relativi liquidazione proprietà o trasferimento valute

restando affidati ai Ministeri Esteri dei due Paesi. Si procurerà naturalmente

di procedere per gruppi di famiglie anzichè per singole persone.

Ufficio rimpatri Bolzano con le diramazioni, tenendosi sempre in stretto

accordo con autorità italiane, potrà anche funzionare a beneficio degli allogeni,

per questo venendo pure istituito un Ufficio naturalizzazioni a Monaco (non

Innsbruck), ove sarà possibile ottenere cittadinanza tedesca soltanto in quattro

settimane anzichè nei cinque anni previsti legge. È stato deciso di non dare a

questa decisione alcuna pubblicità fino a quando non si addivenga all'apertura

dell'atteso Ufficio Rimpatri. Non si è parlato di alcun Consolato tedesco a Bol

zano ed anzi il lavoro di esecuzione del piano in Italia per quanto riguarda

la Germania è stato lasciato al Console Generale sig. Schumann.

Da parte degli italiani è stato assicurato che sarà fatto tutto il possibile

per agevolare ed integrare le misure adottate dalla Germania e cioè sia per

la equa liquidazione dei beni, sia per il servizio militare, sia infine per l'azione

da esercitare sul clero tanto nell'Alto Adige che ad Innsbruck. Frattanto, anche

al fine di rendere subito evidenti gli scopi a cui si mira e la determinazione

con cui si perseguono, è stato deciso da parte tedesca di infrenare, ed even

tualmente sospendere completamente, il traffico automobilistico di frontiera a

ditte propagandistiche, facendo altresì l'obbligo a tutti gli automobilisti pro

venienti dalla Germania di portare doppia bandiera.

La messa in esecuzione di tutto questo piano incomincerà fin dalla settimana

prossima.

Faccio seguire ulteriori particolari per corriere.

335

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 102. Be1·lino, 24 giugno 1939 (per. giorno 26).

Telegramma di V. E. n. 208 del 14 corrente (1).

Ho chiesto a Weizsiicker se gli risultasse che tre navi tedesche, inviate

ad Amoy con materiale bellico per i cinesi, fossero state fermate colà.

Egli mi ha detto che non ne sapeva nulla ma che la notizia gli sembrava in ogni modo poco verosimile risultandogli che l'esportazione di materiale bellico tedesco in Cina era stata completamente sospesa fin dal maggio dello scorso anno e che anche dal Protettorato della Boemia Moravia l'esportazione di materiale bellico in Cina era stata proibita.

Ricevo ora dal Ministro degli Affari Esteri del Reich una comunicazione scritta in cui è detto che, in seguito a quanto io avevo riferito a Weizsacker, è stato chiesto telegraficamente all'ambasciata tedesca a Tokio se la notizia era vera e se a causa di ciò regnasse un certo risentimento contro la Germania.

L'Ambasciata di Germania a Tokio ha risposto che a quel Ministero degli Affari Esteri non si sa assolutamente nulla in proposito.

(l) Vedi D. 223.

336

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 174. Budapest, 24 giugno 1939 (per. giomo 26).

Mio telegramma n. 224 (1).

Ho colto l'occasione del mio colloquio col Vice-Ministro degli Affari Esteri per richiedergli ulteriori precisioni su quanto mi aveva detto Csaky circa le conversazioni in corso col Foreign Office a proposito della Transilvania, non nascondendogli la mia riserva per quello che avrebbe potuto essere l'impressione del R. Governo, mentre d'altra parte al momento in cui parlavo V. E. non poteva aver ricevuto il mio rapporto relativo. Egli mi ha ripetuto i concetti svoltimi da Csaky, tale mossa essere stata cioè motivata dal desiderio di impedire che la garanzia concessa dall'Inghilterra alla Romania si trasformasse in vera e propria garanzia territoriale. Voernle, come sempre laconico, mi ha però aggiunto poi che l' Inghilterra « si interessava alle minoranze ungheresi di Transilvania ».

Sono corse d'altra parte varie voci non solo circa il passaggio di Strang per Budapest, ma anche circa una assicurazione che il Governo ungherese avrebbe dato al Governo britannico di mantenere la neutralità in caso di conflitto tedesco-polacco. Tali voci, come ho segnalato, mi sono state categoricamente smentite dal Ministro degli Affari Esteri.

Comunque, a parte ogni altra considerazione, appare strana la spiegazione del Governo ungherese degli attuali contatti col Foreign Office a proposito della questione romena, tale spiegazione sembrandomi in contraddizione con la continuazione delle conversazioni e la presentazione di dati e carte.

Se si fosse trattato di semplice «messa in guardia» dell'Inghilterra, non ci sarebbe stato bisogno di fornire poi elementi a sostegno della tesi ungherese. Non mancherò di raccogliere ogni maggiore elemento circa la portata e gli scopi degli attuali contatti col Foreign Office.

337

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 176. Budapest, 24 giugno 1939 (per. giorno 26).

Da alcune mie conversazioni con questo Ministro di Romania che in quanto alla Bulgaria, contrariamente alle impressioni di Csaky, mostrava prima del convegno di Ankara, che il Governo romeno non avrebbe mai ceduto territori alla Bulgaria essendo per esso indifferente se questa dovesse o no entrare nel Patto balcanico, ho notatoche egli ripetutamente voleva farmi rilevare che il punto di vista romeno nei riguardi dell' Ungheria e delle minoranze ungheresi aveva trovato comprensione a Roma, durante il r~cente viaggio di Gafencu.

(l) Vedi D. 318.

338

IL CONSOLE A BRATISLAVA, LO FARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 15. Bratislava, 24 giugno 1939 (per. giorno 29).

Mio telespresso n. 1154/251 del 14 giugno u. s. (1).

Apparentemente per assistere a feste musicali indette dalla locale Società tedesco-slovacca, il Gauleiter Biirckel è venuto ieri pomeriggio, con largo corteggio di gerarchie viennesi, « in visita ufficiale » a Bratislava. Rispondendo al saluto rivoltogli dal Ministro dell'Interno, Prof. Tuka, ha tenuto a smentire «il cumulo di menzogne tendenziose», dichiarando che «l'amicizia tedescoslovacca non può essere offuscata dall'odio di un mondo nemico».

Sebbene i preparativi per accogliere Biirckel occupassero questo Governo da parecchi giorni, l'intervento del Gauleiter alle feste musicali fu tenuto segreto fino all'ultimo momento. Persona del suo seguito -cui ne chiesi il motivo mi disse che Berlino aveva autorizzato la visita a Bratislava la mattina dello stesso giorno. Gli umori dei dirigenti slovacchi -da me sondati nel corso del ricevimento in onore di Biirckel -erano insolitamente riservati ed alquanto depressi. Apprendo dall'Incaricato d'Affari di Germania che il signor Bernard -testè nominato Ministro di Germania a Bratislava -« forse » no;n verrà a raggiungere il suo posto.

Pure ieri fu qui firmato un accordo commerciale tedesco-slovacco che, secondo le prime notizie, è formalmente basato sulla clausola della nazione più favorita, ma congegnato in guisa da lasciare scarso margine al commercio cogli altri Paesi confinanti (quanto all'Italia, le trattative attualmente qui in corso non ne sarebbero, secondo mi assicura il nostro negoziatore, gran che influenzate).

Dal complesso di notizie ed impressioni surriferite e da quelle già segnalate sull'attività militare germanica e sulla situazione interna in Slovacchia, parrebbe di capire che il Reich, mentre va attuando il suo piano di preparazione ed attrezzatura locale per l'azione contro la Polonia, preferisce riservare fino all'ultimo momento ogni decisiÒne sul mantenimento o meno dello statuto internazionale della Slovacchia quale risulta dal trattato di protezione.

339

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A SOFIA, DANEO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO S. n. (2). Sofia, 24 giugno 1939.

La visita del Ministro degli Affari Esteri egiziano ad Ankara è stata qui seguita con un certo interesse, ritenendola connessa alla rinnovata attività turca, auspice l'Inghilterra, nel campo internazionale; in qualche ambiente

tuttavia si osserva che la Turchia, già legata dal patto di Saad-Abad, dagli accordi con i sovieti, dal Patto dell'Intesa Balcanica e dai recentissimi accordi con Francia e Gran Bretagna va svolgendo un giuoco pericoloso troppo fidando nelle forze sue e degli amici vicini e lontani ed assumendo, come si asserisce, compiti quali quello della difesa del Canale di Suez assolutamente estranei alle sue possibilità.

A Sofia il Ministro egiziano è atteso verso il 2 luglio; per quanto il quotidiano anglofilo Mir abbia tentato con un editoriale del suo direttore di annettere alla visita un certo significato, favoleggiando di possibile incremento dell'intercambio economico bulgaro-egiziano limitato per ora a qualche balla di cotone, e di notevoli interessi della navigazione commerciale bulgara, rappresentata da due piroscafi di scarso tonnellaggio che esercitano in effetto una linea mensile Varna-Porto Said, gli ambienti ufficiali non nascondono la nessuna importanza che si attribuisce alla visita se non in funzione della propaganda britannica di cui il Ministro egiziano dovrebbe essere l'agente.

(l) -Non pubblicato. (2) -Questo documento, probabilmente un telespresso, proviene dall'Archivio dell'Ufficio 3• della Direzione Generale Affari Europa Mediterraneo, da cui venne ritrasmesso alle Ambasciate a Londra, Berlino ed Ankara con Telespresso 221738f c del lO luglio 1939.
340

L'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 146. Burgos, 25 giugno 1939, ore 0,30 (per. ore 12,20).

Telegramma di V. E. n. 242 (1). Negli ambienti vicini al Governo si considera probabile visita Franco in Italia per la fine settembre-ottobre pur non facendosi per ora alcuna precisazione.

341

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 78. Mosca, 25 giugno 1939, ore 0,35 (per. ore 4,30)

Accuso ricevuta del telegramma di V. E. n. 48 (2) ed assicuro che non mancherò di ispirare mia azione alle istruzioni di V. E.

Come riferito con mio stesso telespresso n. 918 del 10 corrente (3) in occasione della mia prima visita a Molotov ho già tentato qualche approccio che però Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo ha lasciato cadere.

A me appare ovvio che se qualche possibilità esiste oggi di agire nel senso desiderato essa può consistere unicamente in un intervento tedesco sotto due forme:

l) Assicurazioni e garanzie che politica (4) non minaccia politica sovietica;

18 · Documenti diplomatici -Serie VIII -Vol. XII

2) Avvertimento che eventuale accordo di Mosca con Londra e Parigi verrà considerato come partecipazione alla politica di accerchiamento e quindi come atto ostile. Interpreto quindi istruzioni di V. E. nel senso mia azione dovrà essere di fiancheggiamento a quella del mio collega tedesco e per regolarmi a riguardo attendo arrivo dell'Ambasciatore di Germania che suppongo ritorni munito di precise istruzioni del suo Governo.

Gradirò conoscere se vedute soprascritte incontrino consenso di V. E.

Debbo per conto mio aggiungere che nelle mie passate conversazioni ho sempre sviluppato argomento che accordo con Inghilterra e Francia creerebbe per l'U.R.S.S. serio pericolo tanto ad Occidente che a Oriente.

(l) -Vedi D. 296. (2) -Vedi D. 317. (3) -Vedi D. 183. (4) -Nota dell'Ufficio Cifra: c Manca un gruppo •· Probabilmente: c tedesca •·
342

IL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 214. Bucarest, 25 giugno 1939, ore 0,45 (per. ore 5).

Mio telegramma n. 209 (l) e mio telegramma stampa n. 362 (2).

Mentre notizia accordo preliminare franco-turco redatto stessi termini di quello turco-britannico è stata finora riportata senza commenti da stampa ufficiosa, Universul e Semnalul si affrettano esprimere loro soddisfazione anche in seguito a precisi accenni settore balcanico in pieno contrasto con dichiarazioni questo Ministro Affari Esteri e con recenti pubblicazioni stampa di ispirazione governativa.

Vedrò stasera Gafencu e riferirò quanto egli saprà dirmi circa situazione determinata da Governo turco il quale ha quanto meno mostrato non tenere minimo conto sue asserite insis.tenze dirette a eliminare anche questa sede ripetizione noto punto 6.

Per quanto riguarda poi futura redazione accordo definitivo fra Turchia Francia e Inghilterra aggiungo che, come riferisco con telegramma in partenza con corriere domani (3), Gafencu nel dichiararmi giovedì scorso che Governo turco lo ha assicurato che tali testi definitivi non conterranno accenni a penisola balcanica, mi ha anche precisato a titolo confidenziale che detto affidamento è stato consacrato in un verbale parafato dai Ministri esteri turco e romeno. Resta a vedere alla prova dei fatti se e quale conto debba farsi e della dichiarazione e dell'affidamento. Mi riservo infine intrattenere Ministro Affari Esteri circa certe pubblicazioni stampa quali quelle giornali sopra accennati e corrispondenza Reuter da Bucarest che mi viene ora segnalata e che concerne asserito atteggiamento Romania nonchè pretese risposte che Ministro Affari Esteri avrebbe dato a comunicazioni da me fattegli al riguardo.

(l) -Vedi D. 311. (2) -Non pubblicato. (3) -Vedi D. 353.
343

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 226. Budapest, 25 giugno 1939, ore 2,05 (per. ore 6,30).

Mio telegramma n. 224 (1).

l) Sono stato convocato dal Ministro degli Affari Esteri che si è mostrato addolorato del passo da me fatto ieri insistendo sulle spiegazioni già fornite ed escludendo che abbia mai inteso incaricare Governo turco di una mediazione.

2) Quanto ai contatti col Governo inglese, sempre fatti al medesimo scopo di impedire che Romania potesse soddisfare solo esigenze Bulgaria, mi ha detto aver deciso sospenderli in attesa di conoscere consiglio personale della E. V. Incaricherà di parlarne Barone Villani che parte per Roma martedl.

3) Mi ha detto che viaggio del Generale Keresztes a Sofia era già noto all'E. V. (che anzi lo avrebbe pregato di tastare ivi il terreno). Impressione riportata era che Bulgaria è dominata in primo luogo da paura della Turchia e della Russia per cui non voleva prendere posizione desiderata nei riguardi dell'Asse Roma-Berlino.

Era però prevedibile un altro prossimo viaggio a Budapest del Capo dello Stato Maggiore bulgaro e forse anche del Presidente del Consiglio dei Ministri. Su tutti questi argomenti e altri, invio importanti dettagli e mie osservazioni con rapporto che spedirò al più presto.

344

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A. l. A LONDRA, CROLLA, E ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA,

T. PER CORRIERE 13111 P. R. Roma, 25 giugno 1939, ore 8.

In data 24 corrente ho diretto alla R. Legazione a Bangkok il telegramma che trascrivo :

«Risulterebbe che forti pressioni dovrebbero essere esercitate da Londra e Parigi su codesto Governo per indurlo partecipare piano comune difesa in corso preparazione da parte Conferenza militare anglo-francese attualmente riunita a Singapore.

Prego disporre possibili accertamenti».

Aggiungo che, secondo notizie stampa, il Governo siamese avrebbe richiesto alla Gran Bretagna ed alla Francia garanzie contro ogni possibile aggressione ed avrebbe offerto in cambio l'uso dei suoi aerodromi e dei suoi porti.

Mentre mi riservo di comunicare le informazioni richieste a Bangkok, prego codeste Ambasciate di voler disporre le possibili opportune indagini in proposito.

(l) Vedi D. 318.

345

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AGLI AMBASCIATORI A BUENOS AIRES, PREZIOSI, A RIO DE JANEIRO, SOLA, A SANTIAGO, BOSCARELLI, AI MINISTRI A LA PAZ, MARIANI, A BOGOTA, CANTONI, A QUITO, AMADORI, A SAN JOSÈ, SCADUTO, ALL'AVANA, PERSICO, A GUATEMALA, BOMBIERI, A CITTA DEL MESSICO, MARCHETTI, A PANAMA, CAPANNI, AD ASSUNZIONE, TONI, A LIMA, FARALLI, A MONTEVIDEO, BELLARDI RICCI, A CARACAS, CAFFARELLI, A CIUDAD TRUJILLO, PORTA.

T. PER CORRIERE AEREO P. R./C. Roma, 25 giugno 1939, ore 8.

La R. Ambasciata a Washington comunica in data 24 corrente quanto segue:

«Uno degli aspetti più interessanti del piano presentato il 23 corrente dal Presidente Roosevelt al Congresso -programma che, com'è noto, comporta la spesa complessiva di dollari 3.860.000.000 -è la richiesta di stanziamenti di 500 milioni di dollari in due anni per prestiti a lunga e breve scadenza ai Governi stranieri, onde promuovere il commercio estero. Tali prestiti, che secondo l'opinione degli ambienti Governativi di Washington non cadrebbero sotto le proibizioni della legge Johnson, verrebbero collocati soprattutto nell'America Latina».

Le misure previste dal Presidente Roosevelt, se approvate dal Congresso,

costituiscono senza dubbio un nuovo tentativo della finanza americana per escludere ogni influenza economica e commerciale dei Paesi totalitari negli Stati dell'America Latina.

Come tale, richiamo su di esso l'attenzione di codeste RR. Ambasciate (RR. Legazioni).

346

IL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 68. Gedda, 25 giugno 1939, ore 14,30 (per. ore 19,15).

Da quanto mi è dato comprendere, cessione Sangiaccato Alessandretta a Turchia ha destato vivo risentimento nell'ambiente arabo locale. Ma al riguardo si mantiene maggiore riserbo, in conformità direttive lbn Saud, il quale disapprova manifestazioni pubbliche e vuole che sia rispettata sua prudenza e sua riservatezza.

347

IL MINISTRO A BAGDAD, GABBRIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 50. Bagdad, 25 giugno 1939, ore 17,50 (per. ore 19,30).

Telegramma di V. E. n. 418 (1). Nulla risulta in questi ambienti circa notizia messa in circolazione dal giornale egiziano. Ministro degli Affari Esteri partito iersera per Riad a capo di una missione di cui fanno parte alcuni funzionari, personalità religiose e militari.

Governo ha fatto pubblicare sulla stampa locale che tale partenza è in relazione alle trattative in corso per risolvere incidenti di frontiera che (a quanto si dice) si sono recentemente aggravati in seguito arbitrari sconfinamenti ed a razzie di bestiame da parte delle tribù irakene a danno tribù Neged.

In questi circoli diplomatici si pensa che scopo precipuo viaggio sarebbe quello di indurre Ibn Saud entrare patto Saad-Abad. Telegraferò ulteriormente.

348

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO DE LA GOBERNACION SPAGNOLO, SUNER

L. 4669. Roma, 25 giugno 1939.

Ho letto con molto piacere la lettera che mi avete inviato al ritorno dal Vostro viaggio in Italia (2) ed ho preso nota con molta soddisfazione della impressione che ne avete riportato. Quello che Voi avete rilevato è infatti la espressione della fervida simpatia, direi quasi dei sentimenti di fraterna comunione, che il nome della Spagna suscita nel nostro Paese.

Durante la Vostra permanenza fra noi, avrete potuto cosi rendervi conto. della spontanea e profonda amicizia che il popolo italiano nutre per il popolo spagnolo e -voglio aggiungere -della viva cordialità che si è creata attorno alla Vostra persona.

Vi ringrazio per le indicazioni fornitemi relativamente al mio prossimo viaggio in Spagna e mi è gradito assicurarvi che sono pienamente d'accordo circa il programma da Voi propostomi. Comunicherò quindi alla nostra Ambasciata la mia intenzione di trovarmi costà a partire dal 10 luglio.

Per quanto concerne le bandiere italiane e le macchine, il Conte Montarco ha già preso contatto col Capo del Cerimoniale del Ministero degli Esteri, Ministro Celesia, e sono sicuro che tutto sarà fatto secondo il Vostro desiderio,

Vi invierò subito la fotografia del Duce per il Caudillo. In relazione a quanto abbiamo concordato a voce, Vi rimetto poi un rapporto relativo alla nota persona.

Desidero infine dirvi, caro Serrano Sufier, che attendo con il più grande interesse il momento di visitare la Spagna e specialmente quello di potere incontrare e salutare il Capo glorioso della Vostra Rivoluzione, il Generalissimo Franco, e di trovarmi nuovamente con Voi.

(1) -Vedi D. 283. (2) -Il documento senza data è pubblicato in Appendice.
349

IL GENERALE CAVALLERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. Roma, 25 giugno 1939.

Mi faccio premura di rimettere qui unito all'E. V. il breve promemoria circa la costituzione delle note Commissioni. Mi lusingo di avere interpretato nelle mie proposte il pensiero di V. E.; ho tenuto conto anche dei colloqui avuti con le LL. EE. Guarneri e Pariani.

PROMEMORIA DEL GEN. CAVALLERO SULLA • COSTITUZIONE E SUI COMPITI DELLE COMMISSIONI PERMANENTI PREVISTE DAL TRATTATO CON LA GERMANIA•

Roma, 24 giugno 1939.

Riferisco il contenuto delle conversazioni avute a Berlino con le Autorità tedesche e sottopongo le mie subordinate conclusioni.

I. -Commissione politico-militare

Compito: a) predisporre all'occorrenza elementi per le decisioni dei Capi sui problemi di insieme inerenti alla preparazione ed alla condotta generale della guerra;

b) dare sviluppo alle ora dette decisioni e derivarne intese di superiore coordinamento, od anche, direttive per la Commissione economica di guerra;

c) fare da centro di raccolta dei risultati delle collaborazioni istituite fra le singole branche delle Forze Armate rispettive per armonizzarle ai fini di cui ai precedenti commi a) e b).

In relazione a quanto sopra si è concordato che le relazioni istituite fra le singole branche delle Forze Armate dei due Paesi continuino a svilupparsi direttamente, mantenendosi nell'ambito della branca rispettiva (addetti militari ciascuno per la sua branca), senza che la Commissione abbia in queste relazioni alcuna diretta ingerenza, tenuto presente soltanto quanto è detto al comma c).

Costituzione. -Prevalentemente militare, con la presenza di un diplomatico per ciascuna parte. Da parte germanica tre membri: v. Weizsacker (diplomatico) Vice Presidente, Generale Keitel e un Generale che sarà designato da quest'ultimo.

Per quanto ci concerne, von Ribbentrop ha raccomandato che anche la nostra Commissione non comprenda più di tre-quattro membri, inclusi il Vice Presidente e il Diplomatico. Rimarrebbero perciò due posti per membri militari. Abbiamo cosi la possibilità di includere nella Commissione un Generale dell'A. A. e un Ammiraglio, i quali interverrebbero alle sedute come persone e non come rappresentanti delle branche rispettive; ciò per non creare difficoltà interne agli

alleati. Praticamente questa clausola di pura forma ci consente ampia facoltà di azione, tanto in Paese che fuori.

Esprimo il subordinato avviso che tale soluzione ci convenga, anche per avviare grado a grado il coordinamento delle diverse Forze Armate, anche nella fase di preparazione.

II. -Commissione Economica

Compito: a) studiare i problemi di comune interesse nel campo dell'economia di guerra, riferiti tanto al periodo di preparazione (coordinamento con i bisogni normali) quanto al periodo di guerra;

b) proporre ai rispettivi Governi i provvedimenti o le predisposizioni giudicate necessarie, con riferimento soprattutto alle materie prime, ai trasporti, alla produzione, all'armamento, all'alimentazione;

c) estendere il campo delle indagini e delle eventuali intese anche ad altri Paesi, che si reputi necessario comprendere nel quadro della economia di guerra degli alleati.

Costituzione. -Premetto che questa Commissione per l'economia di guerra è cosa diversa dalla Commissione economica mista ora esistente (Clodius, Giannini) e corrisponde invece, ma in parte soltanto, alla Commissione A (segreta) che ha funzionato per brevissimo tempo in seno alla prima e verrebbe ora assorbita dalla Commissione nuova.

I tedeschi contano trasferire in questa nuova Commissione una parte dei membri della Commissione A. Il Vice Presidente, in rappresentanza di von Ribbentrop, è stato però designato ex novo nella persona dell'Ambasciatore Ritter.

Ritter verrà a Roma fra pochi giorni per prendere contatto più ampio con noi e stabilire alcune intese di massima per la organizzazione e il metodo del lavoro.

Per parte nostra sembra convenga seguire, nella scelta dei membri della Commissione, criterio analogo a quello tedesco (per esempio Masi e D'Agostino per Se. Val., Santoro per Corpor., Mariani e Nicotra per Agricolt., Generale Palcani per Cogefag). Siccome quasi tutte queste persone appartengono anche alla Commissione Economica Mista, il collegamento con questa verrebbe automaticamente stabilito. Beninteso, la scelta di queste persone dovrà essere fatta d'accordo con i Ministeri interessati.

III. -Segretariato permanente

È lo strumento di base per l'attività delle due Commissioni. Si tratta di un centro studi che deve preparare e poi sviluppare il lavoro delle Commissioni, fino a tradurlo, quando occorre, in disposizioni esecutive di competenza superiore.

Da parte tedesca si è già provveduto alla nomina di due Segretari generali, uno per ciascuna Commissione.

Per parte nostra propongo che il Segretariato si componga di due uffici: uno politico-militare ed uno economico, retti il primo da un generale di provata capacità ed esperto di cose tedesche (generale Marras), il secondo da un provetto economista pratico che stiamo cercando. Entrambi gli uffici dipenderanno da S. E. il Ministro e per Sua delega dallo scrivente.

All'Ufficio politico-militare farebbero capo le comunicazioni dei tre Ministeri delle Forze Armate circa le collaborazioni in atto con le corrispondenti branche delle Forze Armate tedesche, e quelle altre comunicazioni che S. E. il Ministro credesse di richiedere ai predetti Ministeri.

All'Ufficio economico dovrebbero far capo le comunicazioni con i vari Ministeri od Enti comunque interessati alle questioni economiche di guerra (Ministeri militari, Se. Val., Finanze, Corp., Agricolt., Comunicaz., Cogefag).

L'Ufficio si terrebbe in stretto collegamento con il Segretariato della Commissione Mista (Giannini).

Questi due Uffici si formeranno a grado a grado, secondo lo sviluppo del lavoro, ma comprenderanno un ristrettissimo numero di persone, da attingere presso i tre Ministeri militari per il primo ufficio, presso gli altri Ministeri od Enti per il secondo. Presso ciascun ufficio, un funzionario del Ministero Esteri.

IV. -Decisioni da prendere

a) Designazione dei membri della Commissione politico-militare;

b) Designazione dei membri della Commissione economica di guerra;

c) Autorizzazione a costituire un Segretariato secondo i criteri proposti o comunque modificati. Sulla base delle suddette decisioni si potrà procedere subito alle intese con i Ministeri od Enti interessati alla preparazione dei relativi provvedimenti.

Per. memoria. -Von Ribbentrop ha proposto a S. E. Ciano che una prima riunione delle Commissioni abbia luogo a Berlino verso la metà di luglio p. v. per cominciare ad intendersi sull'oggetto e sul metodo del lavoro.

350

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 3399/1161.

Facendo seguito ai miei telegrammi nn. 226 (l) e 227 (2) in data di ieri, perchè Vostra Eccellenza ne sia informata prima di parlare col Barone Villani di cui è imminente la partenza per Roma, riassumo quanto è stato oggetto della mia conversazione col Conte Csaky, di cui molti punti mi sembrano, almeno con gli elementi in mio possesso, poco chiari.

Poichè la fondatezza delle informazioni segnalatemi dall'Eccellenza Vostra col Suo telegramma per corriere n. 421 R in data del 21 giugno (3), mi era stata già confermata prima dallo stesso Csaky [mio tel. per corriere n. 0170 del 20 giugno (4)] mi sono recato dal Vice Ministro degli Affari Esteri esprimendogli, secondo le istruz'ioni dell'Eccellenza Vostra, la sorpresa del Governo italiano per l'iniziativa presa dal Governo ungherese presso il Governo di Ankara.

Ho riferito col mio telegramma n. 224 in data del 23 giugno (5).

L'indomani 24 sono stato convocato dal conte Csaky, il quale mi ha detto che gli giungeva inatteso quanto avevo dichiarato a nome dell'Eccellenza Vostra e lo colpiva dolorosamente perchè non credeva di aver fatto un gesto che potesse dispiacere all'Italia. Poichè anzi aveva voluto insinuare che si domandava se forse si trattasse di un suggerin1ento tedesco, ho negato, ripetendo, senza evidentemente citare la fonte, le informazioni in possesso dell'Eccellenza Vostra circa il passo ungherese ad Ankara: egli ha voluto precisarmi che non aveva mai inteso di incaricare di una mediazione il Governo turco : gli era

ben nota la posizione della Turchia nei riguardi delle potenze dell'Asse. La sua preoccupazione era che -come da parecchie notizie sembrava probabile su istigazione dell'Inghilterra, la Romania potesse essere convinta a cedere alla Bulgaria almeno qualche distretto della Dobrugia: egli voleva assolutamente evitare che potesse verificarsi una discriminazione e cioè che la Bulgaria fosse in qualche modo accontentata e che in compenso l'Inghilterra offrisse alla Romania, per il sacrificio fatto in favore della Bulgaria, la sua garanzia alle altre frontiere. Anche per l'opinione pubblica ungherese egli non avrebbe potuto mai tollerare ciò, che, se si fosse verificato, avrebbe potuto anche costringere l'Ungheria a prendere le armi. Era secondo lui anche nell'interesse italiano, coincidente in questo con l'interesse ungherese, che egli aveva voluto impedire che la Bulgaria entrasse nella sfera del Patto Balcanico. D'altra parte (come Vostra Eccellenza doveva aver già saputo avendo egli dato istruzione al Ministro d'Ungheria Mariassy di informarne quel R. Ambasciatore) Mariassy aveva dichiarato a SaracogJ.u che si trattava solo di tener presente che se fossero state prese in considerazione nei riguardi della Romania le domande bulgare, dovevano essere prese in considerazione anche quelle ungheresi; ma ciò non implicava nessuna mediazione. Al che, a dire di Csaky, Saracoglu aveva risposto che in questo caso era lo stesso Mflriassy che doveva mettersi in diretto contatto con Gafencu. Ciò che il Ministro d'Ungheria aveva fatto. (Noto -ed evidentemente l'ho fatto rilevare anche a Csaky che si è variamente schermito -che nella mia precedente conversazione egli non mi aveva fatto alcun cenno in questo punto parlandomi anzi di «risposta del Governo turco,), Mariassy aveva dunque parlato con Gafencu sia di minoranze, sia di questioni territoriali. A mia domanda, Csaky mi ha detto che la risposta di Gafencu non poteva del resto essere considerata come un rifiuto assoluto, per quanto elusiva in materia territoriale. Ha ancora cercato giustificazioni nel fatto che quando aveva fatto interessare il Governo turco, la Turchia non si era secondo lui ancora schierata decisamente contro l'Asse, solo ieri la Turchia essendosi decisa a firmare con la Francia l'accordo, che era la base di tutto.

Per cercare di spiegare come avesse comunque compiuto il passo ad Ankara senza avvertircene preventivamente, ha ripetuto che aveva dato istruzioni al Ministro d'Ungheria ad Ankara di tenere al corrente (evidentemente però quando il passo era già fatto) gli Ambasciatori di Germania e d'Italia e il Ministro di Bulgaria. Ho mostrato chiaramente di non essere soddisfatto di queste sue spiegazioni, e ha allora voluto dirmi che egli intendeva sempre tenere al corrente il Governo italiano di cui avrebbe sempre accettato i consigli e i moniti, mentre non voleva e non poteva accettarne da altri; che aveva sempre in primo luogo presente che l'Italia era la potenza preminente nei Balcani; ma alla fine ha confessato che data l'imminenza del viaggio di Gafencu ad Ankara, non poteva pensare di sottomettere prima la cosa al Governo tedesco (che d'altra parte appare essere stato poi il primo informato) nel timore che esso avesse espresso obiezioni; se così fosse stato egli d'altra parte avrebbe dovuto agire egualmente, per impedire che si operasse una discriminazione fra Ungheria e Bulgaria nella questione romena.

In conclusione Csaky, che mi ha ripetuto di non comprendere come la cosa avesse dispiaciuto al Governo italiano, riportandosi anche al passo comune del novembre scorso circa l'azione in Rutenia, mostrava soprattutto interesse a conoscere se e fino a qual punto l'origine dovesse ricercarsi in un desiderio espresso dalla Germania.

Ha aggiunto che occorreva avere fiducia in lui, fiducia che del resto l'Eccellenza Vostra gli aveva sempre dimostrata; che d'altra parte, anche se ne aveva avuti i danni un amico come la Bulgaria, egli con il suo intervento era riuscito allo scopo, perchè nulla era stato compromesso.

Circa l'atteggiamento di questo Ministro di Germania, ho l'impressione, da quanto egli mi ha detto, che egli, pur esprimendo gli stessi concetti, abbia dato alla sua comunicazione un tono assai più blando di quanto potesse apparire dalla nota dell'Ambasciata di Germania del 19 giugno, dove si parlava di « sgradita sorpresa »; tanto che Csaky ne aveva tratta l'impressione che non si trattasse neppure di un vero e proprio passo, ma quasi solo di una domanda di spiegazione.

(l) -Vedi D. 343. Il telegramma però è del 25 giugno. (2) -Vedi D. 354. Il telegramma però è del 26 giugno. (3) -Vedi D. 295. (4) -Vedi D. 286. (5) -Vedi D. 318.
351

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 4287/1912. Parigi, 25 giugno 1939. Mio telegramma per corriere n. 044 del 17 maggio u. s. Ieri, come previsto, è stata firmata al Quai d'Orsay la dichiarazione di reciproca assistenza franco-turca; mentre contemporaneamente venivano firmati ad Ankara gli accordi concernenti il regolamento delle questioni territoriali fra la Siria e la Turchia, con i quali rimane consacrata la definitiva cessione alla Turchia del Sangiaccato di Alessandretta. La dichiarazione di assistenza è calcata esattamente su quella anglo-turca del 12 maggio. Essa prevede la conclusione di un accordo definitivo fra i due Paesi, accordo che è subordinato però alla definizione precisa delle condizioni nelle quali dovrebbe funzionare il meccanismo degli impegni reciproci. La dichiarazione si riferisce al Mediterraneo; ma vi si afferma che i due Governi stanno studiando il modo dì «garantire la sicurezza anche nei Balcani». Oltre a tale documento, Bonnet ha firmato una dichiarazione nella quale la Francia proclama la sua intenzione di non rinunciare mai, a favore di terzi, alla sua missione in Siria e nel Libano. Trasmetto qui accluso il testo delle due dichiarazioni, i discorsi pronunciati dopo la firma da Bonnet e dall'Ambasciatore di Turchia, nonchè il comunicato dato alla stampa dal Quai d'Orsay (1). Come si vede, la Francia ha ceduto tutto il Sangiaccato di Alessandretta, meno la regione del Kessab, senza alcuna garanzia per le minoranze non turche. Queste ottengono solo di potere, entro sei mesi dall'entrata in vigore dell'accordo, optare per la nazionalità siriana o libanese, nel qual caso dovranno emigrare secondo le modalità che risultano dal comunicato stampa sopracitato. Al tempo stesso la Turchia rinunzia a qualsiasi altra rivendicazione sulla Siria, dove la Francia proclama la « perennità » della sua occupazione.

Tutto ciò naturalmente in flagrante violazione dello spirito e della lettera del mandato sulla Siria.

La stampa francese riproduce la tesi esposta dalla stampa italiana che la cessione di territori di mandato non può avvenire senza 'il consenso delle Potenze da cui il mandato stesso venne affidato alla Francia.

In realtà qui ci si attende che l'Italia formuli proteste o riserve ufficiali

o almeno non riconosca praticamente il nuovo stato di cose, regolandosi come ha fatto la Francia per l'Albania.

(l) Non pubblicati.

352

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 79. Mosca, 26 giugno 1939, ore 1,17 (per. ore 19).

Mi risulta che Strang prevede necessità prolungare suo soggiorno Mosca per altre due settimane e forse più. Dopo ultimo colloquio di giovedl scorso con Molotov negoziati apparivano giunti ad un punto morto ed Ambasciata d'Inghilterra ha fatto sapere a Londra che per riattivarli occorreva fare nuove proposte cioè ulteriori concessioni. Attendono istruzioni al riguardo.

Circa Paesi Baltici sembra che divergenze non vertano più sulla questione

o meno della garanzia anglo-francese (tale questione essendo stata risolta positivamente in linea di massima) bensl sulle modalità di applicazione. Governi inglese e francese vogliono fra l'altro subordinare impegno di intervento armato a «previa consultazione » mentre il Governo sovietico reclama automatismo.

Si ha qui impressione che oltre queste esistano altre difficoltà, ma non è possibile ottenere precisazioni in proposito.

353

IL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 217. Bucarest, 26 giugno 1939, ore 1,20 (per. ore 5).

Ho veduto iersera Gafencu e a titolo personale e informativo gli ho domandato cosa potesse dirmi circa pubblicazione dichiarazioni franco-turche che sopraggiunte a breve distanza dopo sua visita ad Ankara non potevano conseguentemente che determinare a Roma e a Berlino come a Belgrado sfavorevole impressione anche nei suoi confronti.

Ministro degli Affari Esteri mi ha risposto che si rendeva conto delle mie parole, che era dolente di «non esser riuscito ad ottenere che il 50 per cento del programma prefissosi per il suo viaggio in Turchia », che gli rincresceva molto che Governo turco non avesse tenuto conto intervento suo e di Metaxas diretto ad eliminare articolo 6 da dichiarazione franco-turca.

Gafencu ha aggiunto che avrebbe incaricato Ministro Romania a Roma chiarire situazione di fronte a V. E. e assicurarvi che atteggiamento Romania è rimasto immutato ed ha quindi tenuto, solo per dimostrarmi sua buona fede, a darmi lettura parziale di due documenti relativi suo recente viaggio e precisamente:

l) Il verbale delle conversazioni che hanno avuto luogo ad Ankara, parafato dai Ministri degli Affari Esteri di Turchia e Romania, dal quale risulta che Saracoglu ha dato affidamento a Gafencu che testo definitivo accordo Turchia con Francia e Gran Bretagna non conterrà accenno a Penisola Balcanica e che non ha voluto prendere analogo impegno circa dichiarazioni preliminari franco-turche causa insistenze francesi per ottenere testo identico a quello turco-britannico;

2) Una lettera scritta successivamente da Gafencu a Saracoglu, d'accordo con Metaxas, per ribadire desiderio comune che accenni a Penisola Balcanica fossero in qualche modo eliminati anche da dichiarazioni preliminari francoturche.

Gafencu mi ha infine dato lettura del comunicato diramato stanotte (mio telegramma in chiaro 215) (l) per smentire voci di nuovo accordo concluso durante viaggio Ankara e Atene.

Ho risposto a Gafencu che facevo naturalmente ampie riserve di ritornare con lui sull'argomento, !asciandogli peraltro intendere che non già spiegazioni e vaghe smentite ma, a mio avviso, soltanto i fatti ed un atteggiamento chiaro ed esplicito potevano dare la sicura prova della linea di condotta della Romania.

354

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 227. Budapest, 26 giugno 1939, o1·e 2,05 (per. ore 6,30).

Mio telegramma n. 226 (2).

Questo Ministro degli Affari Esteri mi ha detto avere oggi ricevuto telegramma secondo cui sarebbero giunti all'aerodromo di Zagabria otto ufficiali dello Stato Maggiore francese che sarebbero stati ingaggiati nella ditta di aviazione Icarus.

355

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 434. Tokio, 26 giugno 1939, ore 8 (per. ore 14,45).

Sono state iniziate discussioni fra i cinque Ministri circa richieste tedesche relative progetto Patto. Ministro della Guerra sta preparando nuove proposte da sottomettere loro.

(1) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 343.
356

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A TEHERAN, GIARDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 63. Teheran, 26 giugno 1939, ore 13,50 (per. ore 14,10).

Questo Ministro degli Affari Esteri mi ha detto risultargli nulla circa le riserve dell'Irak su cessioni Hatay alla Turchia.

Mi ha rinnovato ampie assicurazioni che la Persia, nonostante i recenti accordi anglo-turchi, non intende minimamente deviare dalla linea neutralità impostasi, ed ha mostrato di gradire l'apprezzamento e la considerazione da me espressagli a nome di V. E.

Ha commentato sfavorevolmente gli accordi anglo-turchi considerandoli non rispondenti ai veri interessi della Turchia ed ha definito c problematico " l'aiuto che l'Inghilterra potrebbe fornirle in caso di emergenza.

Dal colloquio ho riportato l'impressione che gli accordi anglo-turchi abbiano incrinato la solidarietà dei quattro Stati asiatici e contribuito ad aumentare la diffidenza verso la Turchia specialmente da parte della Persia.

357

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 82. Mosca, 26 giugno 1939, ore 15 (per. ore 19).

In 3 giorni consecutivi l'Agenzia Tass ha diramato 3 diversi comunicati alla stampa sui combattimenti alla frontiera mongolo-mancese mettendo in rilievo che truppe nipponiche mancesi sono state sempre responsabili della violazione dei confini. Non mi sembra da escludere che simile improvvisa pubblicità data alla asserita aggressività Giappone possa aver scopo preparare terreno per inserire nei negoziati in corso con Inghilterra e Francia questione della mutua garanzia anche in Estremo Oriente.

358

IL MINISTRO A BANGKOK, UMILTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 14. Bangkok, 26 giugno 1939, ore 18,15 (per. ore 15).

Telegramma di V. E. n. 17 (1).

Da due colloqui con questo Primo Ministro devo ritenere questo Governo è completamente contrario alla politica anglo-francese in Cina.

(l) Non pubblicato.

359

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BANGKOK, UMILTA

T. 435 R. 20. Roma, 26 giugno 1939, ore 23.

Mio n. 17 (1).

Reuter odierna nel confermare che anche questioni relative importanza strategica Siam hanno formato oggetto conferenza militare Singapore, assicura che, nonostante pressioni giapponesi, amicizia anglo-siamese sarebbe in corso rafforzamento. Tale rafforzamento dovrebbe fra l'altro manifestarsi attraverso visita a Singapore squadriglia aviazione siamese prossimo luglio.

Prego riferire quanto possa risultarVi al riguardo.

360

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 228. Budapest, 26 giugno 1939 (per. stesso giorno).

Mio telegramma per corriere 0170 (2).

Avendo chiesto al Ministro degli Affari Esteri circa suo colloquio col Ministro di Jugoslavia, mi ha risposto che questi aveva mostrato le migliori intenzioni fino a poter stringere in certo qual modo anche forse senza una diretta ed immediata contemporaneità con la Romania. Egli tuttavia aveva preferito prendere tempo perchè da quanto gli aveva riferito Villani, aveva impressione che V. E. sarebbe ora meno interessato alla questione.

A questo punto mi ha mostrato il telegramma il cui contenuto ho trasmesso col mio telegramma n. 227 (3). Era probabile che analoghe notizie fossero già a conoscenza dell'E. V.

Egli incaricava codesto Ministro d'Ungheria di domandare all'E. V. il suo pensiero e se l'E. V. avesse ancora confermato il suo desiderio, si sarebbe subito comportato in conformità.

361

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 104. Berlino, 26 giugno 1939 (per. giomo 27 ).

Mio telegramma per corriere n. 0101 del 22 corrente (4).

Segretario di Stato Weizsacker mi avverte che, contrariamente a quanto già da lui comunicatomi, accertamenti ulteriormente compiuti mostrerebbero

(l} Non pubblicato. (2} Vedi D. 286.

esservi qualcosa di vero nelle informazioni pervenute all'E. V. circa la vendita di motori tedeschi alla Francia. Mi ha promesso delle precisioni appena possibile.

(3) -Vedi D. 354. (4) -Vedi D. 312.
362

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 105. Berlino, 26 giugno 1939 (per. giorno 27).

Weizsacker mi ha oggi chiamato per parlarmi della situazione dell'accordo franco-turco testè concluso e che, come è noto, comprende anch'esso, come il precedente accordo anglo-turco, il n. 6 riguardante i Balcani. Ciò che si prevedeva (mio tele-corriere n. 091 del 14 corrente) (l) è avvenuto. Il Presidente del Consiglio turco ha bensì cercato, con sue dichiarazioni verbali, di sminuire l'importanza del fatto, ed ora anzi sussurra all'orecchio di von Papen che quel numero non sarà riprodotto nell'accordo definitivo. Ma tant'è: carta canta e il fatto che, non ostante le assicurazioni date a Markovié e a Gafencu, l'accordo pubblicato comprenda nei suoi obiettivi anche i Balcani, è talmente significativo da non· lasciar dubbio sulla realtà delle cose.

c Quid agendum? » Weizsacker non ha ancora conferito in proposito con Ribbentrop.

Personalmente egli vede la situazione cosi :

La Germania ha, nei confronti della Turchia, dei mezzi di pressione:

a) economici in quanto assorbe da sola 1/3 di tutta l'esportazione turca; b) culturali, dato che ha in Turchia una quantità di professori, istruttori, esperti, ecc.;

c) militari, in quanto mantiene in Turchia una forte missione militare, che ha prestato e presta opera essenziale nella organizzazione della difesa della Turchia.

Indubbiamente queste sono delle armi, ma a doppio taglio. Farne, comunque, uso?

Senza dubbio sarebbe, lì per lì, un danno per la Turchia. Ma poi?

L'Inghilterra sarebbe pronta a sostituirsi alla Germania economicamente, eventualmente aiutando con nuovi prestiti. Militarmente, la Francia sarebbe semplicemente felice di soppiantare la Germania. Altrettanto, naturalmente, nel campo culturale.

D'altra parte prima di fare il viso dell'armi alla Turchia, non converrebbe forse preoccuparsi della Jugoslavia e della Romania? Quale attitudine intendono serbare questi due Paesi? Pur non potendo fare troppo assegnamento sulla Romania, non si potrebbe almeno ottenere che la Jugoslavia, i cui precisi avvertimenti appaiono esser stati completamente tenuti in non cale, mettesse alla Turchia un aut-aut e dicesse o vi «obbligate » a non riprodurre l'art. 6 nell'accordo definitivo, oppure io denuncio l'Intesa Balcanica?

L'uscita da Ginevra e simili altre dimostrazioni non farebbero forse al

caso speciale quanto la denuncia dell'Intesa Balcanica, unica contropartita utile

che l'Asse potrebbe tirare da tutta questa situazione.

Weizsacker non è egli stesso venuto a conclusioni di sorta. Egli discuterà,

prima, della questione col proprio Ministro e mi farà poi sapere quali siano

gli orientamenti e le inclinazioni tedesche. Per il momento, ha tenuto soltanto

ad espormi gli elementi della situazione quale egli, personalmente, li vede.

Sarò grato, al caso, di cortesi istruzioni.

(l) Vedi D. 227.

363

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 30. Belgrado, 26 giugno 1939 (per. giorno 27 ).

Mio telegramma n. 107 (1).

Cincar Markovi:é non mi ha nascosto la sua delusione e le sue perplessità per le oscurità che presentano i risultati della visita di Gafencu ad Ankara. Mi ha detto che sta facendo tutto il possibile per andare in fondo alla cosa. Intanto, per quanto concerne il punto di vista concordato fra Gafencu e Marcovié -che aveva ottenuto anche il favore di Atene -a proposito degli impegni anglo-turchi e franco-turchi nei riguardi dei Balcani, sembra che Gafencu abbia riportato da Ankara la assai strana spiegazione, che essi contemplerebbero unicamente gli Stati balcanici che fronteggiano la Turchia e interessano, quindi, direttamente, la sicurezza di questa. Certo che lo sfuggente atteggiamento romeno preoccupa quindi in modo essenziale e paralizza qualsiasi iniziativa di qualche importanza nei riguardi esteri.

364

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 31. Belgrado, 26 giugno 1939 (per. giorno 27 ).

Christié ha qui riferito di av,ere avuto, in questi giorni, occasione di conoscere il pensiero di V. E. circa la situazione generale europea e di averne tratto impressioni rassicuranti per quanto concerne l'atteggiamento tedesco nella questione di Danzica e l'azione moderatrice che, comunque, da Roma si continua ad esercitare. Cincar Markovié, nell'esprimermi tutta la sua soddisfazione per le comunicazioni che Christié gli ha trasmesso, ha tenuto a rilevare che qui, per contro, da parte di alcune rappresentanze diplomatiche -francese e britan

(ll Vedi D. 20.

nica -si fanno pervenire quotidianamente notizie gravi di pericoli di imminenti conflitti. Il che fa parte delle manovre che si vanno intensificando, di questi tempi, anche in Jugoslavia per vedere di scuotere le decisioni di questo Paese in senso anti-Asse. Markovié mi ha pregato, comunque, di assicurare, una volta di più, l'E. V., che, checchè accada, e comunque si possano orientare altri Stati balcanici, la Jugoslavia non defletterà menomamente dalla linea di condotta adottata e concordata a Roma ed a Berlino.

365

IL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 60. Bucarest, 26 giugno 1939 (per. giorno 27).

Miei telegrammi n. 209 del 22 (l) e n. 217 del 26 corr. (2).

Alle comunicazioni telegrafiche in riferimento con le. quali riferivo a V. E.

circa le conversazioni da me avute il 22 ed il 24 correnti con questo Ministro

Affari Esteri dopo il suo ritorno da Ankara ed Atene, aggiungo alcuni particolari

che ho dovuto omettere per ragioni di brevità nelle comunicazioni sopra ac

cennate.

Gafencu mi ha detto anzitutto che ha trovato ad Ankara viva preoccupazione

e timore determinati, a dire dei Turchi, dall'occupazione dell'Albania da parte

dell'Italia.

Non mi è stato difficile tuttavia, senza che egli contestasse le mie afferma

zioni, provargli l'infondatezza di tale asserzione e dimostrargli che altra e molto

chiara è la spiegazione dell'atteggiamento di Ankara: l'acquisto dello Hathay da

un lato, il ritorno ad ambizioni egemoniche nei Balcani dall'altro.

Gafencu mi ha poi riferito di aver appreso da Saracoglu che il paragrafo sesto della dichiarazione anglo-turca è stato aggiunto su richiesta inglese alla vigilia della firma della dichiarazione stessa. Sempre secondo Gafencu, Saracoglu avrebbe assunto fin dallo scorso maggio impegno col Governo francese di procedere alla firma di una dichiarazione identica non appena regolata la questione dello Hathay: egli non poteva perciò dare affidamento di sopprimere o modificare tale testo per non venir meno ad impegni precedenti e compromettere la definizione dell'intera questione.

Circa la lettera e il verbale di cui al mio telegramma n. 217 Gafencu mi ha precisato che dopo le conversazioni di Ankara, e dopo aver conferito ad Atene con Metaxas, egli scrisse a Saracoglu una lettera per insistere nuovamente presso questo ultimo affinchè trovasse modo di evitare, anche nella dichiarazione preliminare franco-turca, ogni accenno ai Balcani.

Successivamente, al suo passaggio per Istanbul rientrando a Bucarest da Atene, l'Ambasciatore romeno gli sottopose il verbale delle conversazioni di Ankara, parafato da Saracoglu.

19 -Documenti diplomatici-Serie VIII-Vol. XII

Dai brani di tale verbale di cui Gafencu mi ha data lettura risulta che egli ha insistito, -quale Presidente dell'Intesa Balcanica e tenendo presente le richieste della Jugoslavia -perchè fossero eliminati gli accenni relativi ai Balcani e che Saracoglu mentre -come sopra ho detto --non si è voluto impegnare per quanto concerne la dichiarazione preliminare franco-turca, ha invece dato affidamento esplicito circa i testi definitivi degli accordi sia con la Francia che con la Gran Bretagna. Tale verbale è stato parafato anche da Gafencu, salva la riserva formulata con la lettera sopra menzionata.

Per quanto direttamente concerne i rapporti fra Romania e Turchia, Gafencu ha recisamente negato che siano stati stipulati o negoziati ulteriori accordi politici o militari ma ha ammesso che la sua visita è stata improntata ad un tono di particolare cordialità e viva amicizia, e si è dilungato a spiegarmi la necessità per la Romania di mantenere i rapporti più intimi di alleanza con la Turchia sia nei riguardi della sicurezza della frontiera bulgara di fronte alle rivendicazioni di Sofia, sia perchè la Turchia è guardiana degli Stretti ed ha la possibilità di determinare, come avvenne nella grande guerra, l'isolamento della Romania dal Mediterraneo e dal mondo occidentale.

Per quanto riguarda la Grecia Gafencu ha affermato che Metaxas condivide pienamente il suo modo di vedere nelle questioni oggetto del presente telegramma.

Dalle lunghe conversazioni sopra riferite ho riportato l'impressione che Gafencu abbia effettivamente svolto l'azione che egli asserisce; ma che per altro egli abbia condotto tale azione senza soverchia energia e senza fare una « conditio sine qua non » dell'accettazione del suo punto di vista e che egli abbia soprattutto agito quale presidente dell'Intesa Balcanica in vista dell'atteggiamento jugoslavo ed allo scopo di mantenere l'unità della Intesa stessa alla quale la Romania attribuisce la massima importanza, piuttosto che esprimersi chiaramente e apertamente a nome della Romania e seguendo una linea di condotta ben definita.

(l) -Vedi D. 311. (3) -Vedi D. 353.
366

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 82. Istanbul, 26 giugno 1939 (per. 4 luglio).

Telespresso di questa R. Ambasciata n. 537 del 31 maggio (1).

Ho chiesto all'Ambasciatore di Turchia a Roma -il quale trovasi attualmente a Istanbul -se fosse esatta la notizia pubblicata da molti giornali turchi e stranieri che Saracoglu si recherebbe prossimamente a Mosca per restituire la recente visita di Potemkin ad Ankara. S. E. Ragip Baydur ha assunto informazioni e mi ha comunicato che effettivamente tale visita era in programma ma per il momento è stata rinviata sine die.

È da ritenere che anche questo rinvio sia in funzione dell'andamento delle trattative anglo-franco-sovietiche.

(l) Non pubblicato.

367

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. PERSONALE 4704/1419. Berlino, 26 giugno 1939.

In questi ultim'i giorni è giunta al mio orecchio una voce secondo la quale l'Ambasciatore tedesco a Parigi avrebbe tenuto a Bonnet un linguaggio tale da autorizzare il Governo francese a ritenere che la Germania si accinga a risolvere con la forza la questione di Danzica «quanto prima», e cioè a metà agosto. L'Ambasciatore avrebbe continuato dicendo che, ove la Gran Bretagna si fosse prestata a dare man forte alla Polonia, non avrebbe fatto che andare incontro alla distruzione del proprio Impero.

Assunte informazioni a fonte sicm·a, dico sicura, sono in grado di comunicare all'E. V. che la informazione di cui si tratta è fondamentalmente corretta. Ribbentrop si è effettivamente espresso con Welczeck nel senso sopra indicato

o almeno in termini che Welczeck ha ritenuto tali da autorizzarlo a sua volta a parlare a Bonnet nel senso sopra indicato. Senonchè sembra che, dopo tutto, Welczeck abbia, in parte, frainteso le intenzioni di Ribbentrop, il quale si sarebbe

· espresso nel senso che la questione di Danzica va, in un modo o nell'altro, regolata ma non avrebbe precisato data alcuna. Comunque siano effettivamente andate le cose, sta il fatto che Welczeck ha parlato così non solo a Bonnet ma allo stesso Ambasciatore di Francia a Berlino, con la conseguenza che tutto il mondo diplomatico è piombato in una fase non dico di allarme, ma di quasi disperazione.

Welczeck è ora qui.

Terrò informato l'E. V. del seguito di questo incidente, il quale peraltro dimostra come, non ostante le assicurazioni provenienti da parte del Fiihrer (vedi dichiarazioni Ammiraglio Raeder a S. E. Cavagnari) la situazione contenga elementi di evidente instabilità se non addirittura di pericolo, e come la politica personale di Ribbentrop meriti di essere attentamente seguita.

Tutto quanto ho sopra riferito va naturalmente trattato come assolutamente segreto.

368

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 3400/1162. Budapest, 26 giugno 1939.

Parlandomi dei suoi contatti col Governo britannico di cui alle mie precedenti comunicazioni, il Conte Csaky mi ha ieri dichiarato nuovamente che anche essi erano dovuti alla sua preoccupazione di evitare che l'Inghilterra potesse convincere la Romania a cedere una parte della Dobrugia alla Bulgaria offrendole come contropartita la garanzia delle restanti frontiere.

Egli aveva voluto soltanto rappresentare a Londra [come già mi aveva detto il 20 corrente e come ho riferito con mio telegramma per corriere n. 0172 (l)],

che dopo la garanzia accordatale dall'Inghilterra, la Romania aveva aumentato di tracotanza; che il trattamento delle minoranze ungheresi era assai peggiorato (gli constava anzi a questo proposito che questo Ministro di Inghilterra si era recentemente recato in Transilvania per fare sul posto un certo controllo); che, infine, se le aspirazioni bulgare fossero state soddisfatte e non quelle ungheresi e l'Inghilterra avesse offerto una garanzia delle restanti frontiere, ciò avrebbe potuto condurre anche ad un conflitto. Poichè mi diceva che voleva darmi ogni spiegazione e precisione, avendogli osservato che se si fosse trattato solo di mettere in guardia l'Inghilterra non mi sembrava necessario di preparare risposte sulle aspirazioni ungheresi, Csaky mi ha replicato che infatti egli non aveva intenzione di presentare nulla di scritto e che comunque aveva deciso di sospendere ogni contatto finchè non avesse al riguardo il consiglio personale dell'Eccellenza Vostra. Avrebbe incaricato Villani di fare all'Eccellenza Vostra tale comunicazione mentre credeva che l'Eccellenza Vostra non avrebbe avuto obiezione.

Vostra Eccellenza sarà in possesso di altri elementi oltre quelli da me forniti, per giudicare dei contatti del Governo ungherese col Foreign Office.

(l) Vedi D. 287.

369

IL VICE DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI DI EUROPA E DEL MEDITERRANEO, GUARNASCHELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 26 giugno 1939.

La R. Ambasciata a Parigi ha chiesto al R. Ministro se non sia il caso di rivolgere esplicita richiesta al Governo francese, basandosi sull'avvenuto riconoscimento da parte della Francia dell'annessione dell'Etiopia all'Italia, per ottenere che il Governo di Parigi autorizzi la Compagnia della Ferrovia di Gibuti a trasferire al R. Governo la quota-parte di azioni della Società, già di proprietà del Negus, e a corrispondere al R. Governo gli arretrati dei dividendi di tali azioni, nonchè gli arretrati dei canoni annui dovuti dalla Compagnia stessa al Governo di Addis Abeba la cui corresponsione è stata sospesa dopo la fine del Governo del Negus. Trattasi di un totale di 20 milioni di franchi francesi circa, valore ad oggi.

La questione non è nuova.

Il diritto del R. Governo a richiedere il trasferimento dei titoli e la corresponsione degli utili suaccennati deriva dal testo della Concessione a suo tempo stipulata dalla Compagnia ferroviaria col cessato Governo etiopico al quale il R. Governo si è sostituito con l'avvenuta annessione dell'Etiopia, riconosciuta ora anche dalla Francia. Una nostra richiesta nel senso prospettato dalla R. Ambasciata a Parigi appare quindi, dal punto di vista giuridico, fondata.

Si deve a tale riguardo osservare che nel corso delle trattative tra esperti, iniziate e poi sospese a Parigi nel 1937, per l'eventuale applicazione degli Accordi itala-francesi del 7 gennaio 1935 e per la sistemazione degli interessi francesi e italiani in A. 0., la questione di cui trattasi venne esaminata con i rappresentanti della Ferrovia e definita in massima in senso favorevole alla nostra tesi. Tale definizione faceva parte però di un accordo dettagliato con la Ferrovia, la cui firma fu subordinata al raggiungimento dell'accordo generale col Governo francese su tutte le varie questioni in esame circa i rapporti fra l'A.O.I. e la Costa Francese dei Somali (Accordo del 1935 compreso).

Alla richiesta che rivolgessimo al Governo francese è da attendersi che esso risponda nel senso che la questione va esaminata insieme con tutte le altre relative ai rapporti fra l'A.O.I., Governo francese e Compagnia ferroviaria; ed è sotto questo profilo che la proposta della R. Ambasciata a Parigi sembra doversi esaminare. È da chiedersi infatti se il Governo francese non interpreterebbe questa nostra mossa come un invito a trattare (1).

370

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A SOFIA, DANEO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 3238/1351. Sofia, 26 giugno 1939.

Mio rapporto del 21 corrente n. 3103/1315 (2). A qualche giorno di distanza dal ritorno di Gafencu a Bucarest i commenti di questi circoli politici non si sono ancora calmati.

I comunicati contraddittori o sibillini, quali quello della Reuter del 24 da Bucarest in cui si afferma « da fonte assolutamente sicura » che Gafencu stia preparando un nuovo Patto balcanico «difensivo», smentito in parte dall'Agenzia Rad.or il giorno seguente almeno per quando riguarda gli impegni già presi ad Ankara ed Atene, non hanno certamente contribuito a chiarire l'atmosfera.

Tuttavia, si va facendo, finalmente, strada in questi ambienti la certezza che la Bulgaria non possa ormai nulla più attendere dall'Intesa Balcanica, rafforzata dalle garanzie franco-britanniche a Grecia e Romania e dai Patti che legano indissolubilmente la Turchia alle Potenze democratiche. Quello che sembra però maggiormente impressionare è la perdita presumibilmente definitiva dell'amicizia turca sulla quale si contava quanto e forse anche più che su quella jugoslava.

Scarsa fiducia viene mostrata sulla possibilità di sganciare effettivamente il Patto balcanico dal sistema britannico delle garanzie e dall'alleanza turcofranco-inglese: e qualche scetticismo affiora anche circa il reale desiderio jugoslavo, di cui Gafencu avrebbe dovuto essere l'interprete, di mantenere l'Intesa Balcanica estranea alle influenze delle Grandi Potenze ed alle loro contese. Si attende quindi con molta curiosità ma con poche speranze di vedere se e quale formula potrà trovare Gafencu per risolvere la situazione: ma non si

vede come una Intesa Balcanica, comunque ricostituita, non possa non avere una formazione principalmente e forse anco unicamente antibulgara.

Alcuni vogliono ancora sperare che la Jugoslavia, premuta da Roma e da Berlino, assumerà, specie di fronte alla Turchia, un atteggiamento più deciso: ma, ripeto, il senso di sfiducia e di sconforto è tale da far ritenere generalmente ormai maturo il momento per la decisione che da tempo si impone, quella dell'aperto accostamento all'Asse. Il viaggio di Kiosseivanov a Berlino, di cui nuovamente si parla con insistenza, dovrebbe esserne il segno.

(l) -In calce all'originale vi è un'annotazione autografa del Conte Ciano • No •· (2) -Vedi D. 301.
371

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 1137/616. Istanbul, 26 giugno 1939.

Hi.iseyin Ragip Baydur, Ambasciatore di Turchia in Roma, travasi da qualche giorno in patria non so se in licenza o perchè ch1iamato a conferire. L'ho incontrato parecchie volte. Stamane ha chiesto di venirmi a visitare in ufficio. Mi ha detto che Saracoglu lo ha messo al corrente delle nostre ultime conversazioni e che egli è stato in questi giorni ricevuto due volte dal Presidente della Repubblica. Scopo della sua visita era di parlare con me dei rapporti itala-turchi dopo gli ultimi avvenimenti e prima del suo imminente ritorno a Roma. Ha incominciato col ricordare che l'anno scorso egli si fece iniziatore di una proposta di stringere i rapporti contrattuali politici fra l'Italia e la Turchia (credo accennasse al progetto di Ri.isti.i Aras conosciuto sotto il nome di Patto del Mediterraneo Orientale); Vostra Eccellenza lasciò cadere la proposta. Secondo il Baydur, un impegno preso dalla Turchia con noi nel 1938 avrebbe potuto impedire o deviare il corso degli avvenimenti; ma poichè è inutile recriminare il passato, Baydur esponeva i concetti che seguono, evidentemente di ispirazione ufficiale: «il fatto che l'Italia abbia stretto una alleanza con la Germania non costituisce per la Turchia una ragione di mutare i suoi sentimenti amichevoli verso l'Italia nè i suoi rapporti con essa, parimenti il fatto che la Turchia si sia affiancata alle potenze democratiche non dovrebbe costituire per l'Italia una ragione di mutare atteggiamento e disposizione verso la Turchia: ogni Stato provvede alla sua sicurezza nel modo che crede più OP:IJOrtuno: gli impegni che ha preso la Turchia con l'Inghilterra e la Francia non contemplano che il caso dell'aggressione, cioè del conflitto, ma poichè è lecito sperare che non vi sarà nè aggressione nè conflitto, tutti questi recenti patti non avranno applicazione e cadranno nel vuoto: d'altra parte, se l'Italia e la Turchia si sentono oggi " sicure " (a causa anche delle loro alleanze) ciò dovrebbe costituire un motivo di ulteriore sviluppo piuttosto che di raffreddamento dei loro pacifici rapporti sia politici che commerciali».

Ho fatto osservare a Baydur che l'alleanza dell'Italia con la Germania, o, se si vuoi meglio, l'Asse Roma-Berlino, preesisteva ai patti che la Turchia ha preannunciati e si accinge a firmare, patti il cui significato non può sfuggire a nessuno come non è sfuggito alla stampa turca che con unanime quanto deplorevole insistenza si affanna ad attribuire loro carattere anti-italiano ed anti

totalitario. Baydur mi ha ripetuto cose già note e cioè le preoccupazioni turche per la teoria dello « spazio vitale » e per le fortificazioni delle isole italiane dell'Egeo ed ha aggiunto che la reciprocità delle garanzie e degli impegni è stata imposta (sic) dall'Inghilterra alla Turchia.

Circa l'atteggiamento della stampa turca, alla mia osservazione che o essa è ispirata ed allora si sa quello che pensa il Governo o essa è libera ed allora denota una pericolosa unanimità ed un non meno pericoloso deviamento dell'opinione pubblica, Baydur mi ha obbiettato che essa -nella sua sostanziale libertà -crede d'interpretare le dichiarazioni e gli atti ufficiali o risponde ad attacchi della stampa italiana di cui mi ha citato parecchi esempi; tuttavia egli si propone, appena sarà di ritorno a Roma, di attirare ufficialmente e per iscritto l'attenzione del suo Governo sulla questione della stampa.

Ho creduto opportuno riassumere a V. E. la mia conversazione con Baydur perchè, a quanto mi ha detto, egli si propone di esporre queste sue idee a Vostra Eccellenza. Debbo osservare che l'iniziativa della sua visita e la pacatezza del suo linguaggio, nonchè la rinnovata espressione del desiderio della Turchia di una amichevole collaborazione -specie nel campo economico -con l'Italia, mi sono sembrate sintomi non dico di ravvedimento ma di un principio di resipiscenza di questi circoli politici (Baydur ha tenuto a farmi sapere che Ismet Inoni.i lo ha ricevuto due volte), dovuto soprattutto alle preoccupazioni per l'atteggiamento dilatorio dei sovieti nelle trattative di Mosca. Mi risulta infatti che la missione militare inglese, del cui arrivo ho dato notizia col telespresso del 14 corrente n. 579 (1), dovrà fermarsi ad Ankara ancora parecchi giorni perchè le conversazioni hanno subito un tempo di arresto. Non è, credo, azzardato porre in relazione tale ritardo con l'andamento delle conversazioni anglo-franco-russe.

372

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO,

FoN. 266. Londra, 27 giugno 1939, ore 14,10 (per. stessa ora).

Ieri ai Comuni il deputato laburista Henderson ha chiesto, in sede di interrogazione, al Primo Ministro se « egli aveva notato che vi era stata nella stampa italiana una recrudescenza della propaganda anti-britannica e se il Governo britannico intendeva svolgere una azione al riguardo, dato impegno assunto dal Governo italiano e di impedire tale propaganda».

Il Primo Ministro ha risposto: « Il Governo britannico ha notato che vi è stata una recrudescenza negli attacchi contro la Gran Bretagna nella stampa italiana. Mentre il Governo si rammarica che un simile atteggiamento, che non può in nessun modo giovare al mantenimento di quelle buone relazioni fra Italia e la Gran Bretagna, che costituiscono l'obiettivo dell'accordo itala-inglese, esso non ha attualmente intenzione di svolgere passi ufficiali al riguardo ».

Il laburista Henderson ha quindi chiesto: «Non è forse importante oggi,

come lo era al momento della firma dell'accordo che una simile propaganda

venga impedita? >.

Il laburista Noel Baker ha chiesto: « Non è forse questa una grave viola

zione dell'accordo anglo-italiano e non deve il Governo per ragioni di principio

inviare una protesta al riguardo? ».

Chamberlain ha risposto: «Io lo farei se pensassi che ciò sarebbe di qualche

utilità>.

(1). Non rintracciato.

373

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 70 Istanbul, 27 giugno 1939, ore 14,35 (per. ore 18).

Secondo informazioni pervenute a questo Consolato Generale fuorusciti al

banesi qui residenti avrebbero costituito Governo provvisorio sotto presidenza

Kotta con intenzione svolgere intensa ostile propaganda in Albania e nei Balcani

contro nostra occupazione. Tale governo resterebbe Istanbul anche dopo la

partenza Zog.

Non ho ancora potuto accertare veridicità informazioni. In caso affermativo

non mancherei di segnalare Ministero Affari Esteri, salvo ordini contrari di V. E.

374

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO,

T. 435. Tokio, 27 giugno 1939, ore 18 (per. giorno 28, o1·e 5,20).

Mio telegramma n. 387 (1).

L'Ambasciatore di Polonia è stato da Arita a chiedergli nuovamente che

fosse continuato lo scambio di comunicati militari circa i Soviet. Mi si assicura

che è stata rifiutata la risposta.

375

IL MINISTRO A RIGA, ROGERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO,

T. 36. Riga, 27 giugno 1939, ore 19,30 (per. ore 23).

Ho chiesto a Munters informazioni ed opinione circa corso trattative anglofranco-sovietiche.

Egli mi disse che Governo lettone era stato messo al corrente da Londra prima proposta britannica secondo cui Stati Baltici avrebbero avuto promessa

assistenza in caso soltanto di loro richiesta. Nulla di preciso gli era noto dopo che Molotov aveva pubblicamente respinto come insufficiente tale formula, salvo generico affidamento che il Governo britannico non avrebbe proposto nè accettato dare garanzie per gli Stati Baltici in modo da contrariare loro desiderio.

Munters sperava che Londra non avrebbe ceduto su questo punto nemmeno data situazione Estremo Oriente, ove era d'avviso che garanzia mutua assistenza fosse pur sempre più necessaria e vantaggiosa per U.R.S.S. che per Gran Bretagna.

Inclusione in eventuale patto anglo-francese-sovietico di clausole contrarie al principio neutralità Stati Baltici li avrebbe automaticamente orientati verso Germania. Era infatti noto come minaccia intervento armato sovietico avrebbe certamente indotto Finlandia e probabilmente anche Estonia chiedere assistenza militare tedesca. Ed anche Lettonia avrebbe potuto invocare convenzione Londra anno 1933 fra U.R.S.S. e tutti i suoi vicini definente come aggressione intervento armato non richiesto, qualsiasi ne fosse motivo.

Munters riteneva che nemmeno Mosca avrebbe desiderato mutare così Gran Bretagna da neutrale in nemica. Egli aveva impressione che Governo inglese non fosse ormai più spinto continuare trattative che da correnti radicali sua opinione pubblica di cui appoggio aveva avuto bisogno soprattutto per adottare coscrizione; e che dall'altra parte U.R.S.S. non aveva alcuna intenzione impegnarsi a fondo per «democrazie». Egli riteneva quindi (ma soprattutto sperava) che da entrambe le parti si sarebbe cercato sospendere trattative sine die o concluderle con formule-generiche mutua assistenza.

(l) Non pubblicato.

376

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATISSIMO 81. Mosca, 27 giugno 1939, ore 23,10 (per. 28 giugno, ore 3).

Mio telegramma n. 78 del 25 corrente (1).

Mio collega di Germania rientrato ieri a Mosca è venuto vedermi e mi ha messo al corrente delle direttive ricevute dal proprio Governo. Nelle sue conversazioni a Berlino egli ha constatato che Ribbentrop era molto scettico sulla possibilità di impedire accordo anglo-francese-russo ritenuto ormai come quasi inevitabile e che di più si preoccupa fortemente delle ripercussioni che avrebbe provocato presso il Governo giapponese eventuale avvicinamento tedesco-sovietico. Ambasciatore di Germania a sua volta ha fatto valere convenienza tentare comunque qualche approccio ed ha finito per ricevere autorizzazione di fare a Molotov una dichiarazione per assicurare formalmente che la Germania non ha alcuna intenzione di attaccare U.R.S.S. Al tempo stesso egli farebbe comprendere al Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo che conclusione di accordo con Inghilterra e Francia rende più difficile desiderato miglioramento delle relazioni fra Berlino e Mosca.

· Mio collega prevede che Molotov chiederà qualche cosa di più concreto a conferma di intenzioni non ostili della Germania ed in tal caso egli cercherà di fare precisare da Molotov desiderio sovietico e si riserva di riferire a Berlino.

Come si vede mio collega è tornato con istruzioni piuttosto generiche che non gli permettono ancora di procedere in modo troppo deciso, ma conviene egli stesso sulla opportunità di agire con cautela tenendo conto di un fattore psicologico molto importante e cioè della estrema diffidenza sovietica. Egli chiederà domani anzidetto colloquio con Molotov e mi ha promesso di informarmi a suo tempo dei risultati, che mi riservo telegrafare.

(l) Vedi D. 341.

377

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO,

T. PER CORRIERE 106. Berlino, 27 giugno 1939 (per. stesso giorno).

Il Conte Schulenburg è ritornato a Mosca. In fondo, egli non è latore di istruzioni completamente nuove.

Nel campo economico, egli deve cercare di ottenere dai Russi la garanzia di una base comune di trattative. Se e quando questa base risulti esistere, la Germania invierà a Mosca i suoi delegati.

Nel campo politico, l'Ambasciatore tedesco deve mostrare un «viso» amico, facendo capire che la Germania ha per l'U.R.S.S. delle buone disposizioni, semprechè, tuttavia, essa stessa preferisca avere la Germania amica piuttosto che nemica. La scelta è lasciata naturalmente alla U.R.S.S.

378

IL CONSOLE GENERALE A SYDNEY, MAMMARELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO,

R. 311/307. Sydney, 27 giugno 1939.

Sono in grado di poter riferire a V. E., per riservatissima confidenza fattami da mio collega, i termini di un colloquio avuto dallo stesso giorni fa in Canberra, con il Ministro degli Esteri del Commonwealth.

Il signor Gullett, dopo di aver manifestato le sue preoccupazioni sulla situazione in Estremo Oriente e sui possibili sviluppi militari ed economici del conflitto anglo-giapponese nei riflessi dell'Australia, trattò dei rapporti tra l'Italia ed Inghilterra in generale, abbondando in benevoli apprezzamenti sulla attività della mano d'opera italiana negli Stati della Confederazione. Assicurò che tutto l'attuale Governo è convinto che soltanto un sensibile aumento di popolazione in Australia, e quindi la costituzione di una barriera demografica di uomini bianchi, può salvare dal pericolo più o meno vicino di una invasione

o contaminazione gialla. Ed escluso che l'Inghilterra possa fornire questo contingente umano, S. E. Gullett concluse sulla convenienza sempre più urgente di favorire la venuta in Australia di lavoratori tenaci e prolifici quali soltanto l'Italia è oggi in grado di offrire. A tale stregua, l'Australia è più di ogni altro Paese interessata a che i rapporti tra l'Italia e l'Inghilterra siano costantemente improntati in modo da non rendere difficile o impossibile l'accennata collaborazione demografica. Ed in proposito il Governo del Commonwealth avrebbe avuto occasione di far conoscere al Governo inglese che sarebbe qui oltremodo gradita ogni azione intesa a convincere la Francia della opportunità di corrispondere con adeguate concessioni alle richieste dell'Italia. Il Governo inglese avrebbe risposto al Commonwealth di condividere il punto di vista e di esercitare da tempo tutta la sua influenza per indurre il Governo di Francia sulla via degli accordi amichevoli. S. E. Gullett lasciò intendere che il tono della comunicazione avuta dal Foreign Office era tale da autorizzare le più ottimistiche previsioni sulla efficacia delle pressioni inglesi.

A parte le considerazioni sulla mano d'opera italiana in Australia -considerazioni che ricalcano vecchi luoghi comuni qui sempre di moda e che non hanno alcun pratico riscontro nell'atteggiamento delle Autorità locali verso i nostri lavoratori -ritengo che le affermazioni di S. E. Gullett rispecchino il sentimento dell'attuale Governo del Commonwealth ed abbiano perciò carattere di attendibilità e di serietà.

379

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO,

TELESPR. 2928/1308. Londra, 27 giugno 1939.

Telespresso di V. E. n. 217720/C del 12 giugno (1).

Assicuro V. E. che -conformemente alle Vostre istruzioni -ho comunicato in data di oggi al Foreign Office che il Governo italiano considera insoddisfacente la risposta fornita dal Governo britannico con sua nota del 29 aprile

u. s. n. W. 6311/162/28 (mio rapporto n. 2196/983 del 1° maggio) e mantiene il punto di vista formulato nella precedente nota di questa Ambasciata, nella quale venivano esposte le riserve del R. Governo nei riguardi dell'Accordo commerciale anglo-francese per la zona francese del Marocco.

380

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A SOFIA, DANEO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 3224/1342. Sofia, 27 giugno 1939.

Telegrammi per corriere E. V. 12264 (2) e 12265 del 20 giugno (3) e 12596 s. d. (4).

Le voci di nuovi accordi militari turco-romeni che sarebbero stati conclusi in occasione della visita di Gafencu ad Ankara, e di cui al telegramma per corriere dell'Eccellenza Vostra n. 12596 hanno circolato in un primo tempo con qualche insistenza anche a Sofia.

Esse vengono però smentite con molta energia negli ambienti di questa Legazione di Romania, e la smentita, oltre che dai comunicati Stejani e Rador da Bucarest del 24 e 25 u. s., verrebbe suffragata da quanto Gafencu ha dichiarato ai Regi Ministri in Atene e Bucarest.

Benchè qui si osservi che Romania, Turchia e Grecia sono già legate dagli accordi militari derivanti dal Patto Balcanico e che non si vedrebbe pertanto la necessità per esse di addivenire ad un ulteriore rafforzamento degli stessi, gli ambienti militari bulgari non nascondono una certa preoccupazione derivante anche da analoghe voci di collaborazione fra gli eserciti romeno e greco provenienti da Atene. Ed a tali preoccupazioni non è estranea la decisione, già segnalata, di procedere a lavori difensivi di qualche entità alla frontiera tracica e di richiamare alle armi due classi di riservisti.

(l) -Vedi D. 204. (2) -Ritrasmette il T. 205 da Bucarest (Vedi D. 264). (3) -Non pubblicato. (4) -Ritrasmette il T. per corriere 65 da Atene (vedi D. 267).
381

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 166. Shanghai, 28 giugno 1939, ore 9,10 (pe1·. giorno 29, ore 4,30).

Sin dal mio arrivo in sede considerai eventualità di circostanze che ci obbligassero e consigliassero restituire la nostra concessione di Tientsin. Perciò feci studiare da quel Console d'Italia e dai suoi organi il piano più adatto a garantirci i massimi vantaggi nella eventualità suddetta ed a creare nel campo culturale e assistenziale, economico e commerciale una somma di interessi in grado di sopravvivere. In seguito accentuando il Giappone la sua intransigenza verso i privilegi stranieri in Cina, disposi perchè il piano in parola venisse concretato al più presto sui punti seguenti:

l) Dedicare disponibilità del bilancio:

a) alla realizzazione del progetto già approvato da V. E. di una Scuola convitto italiana a Tientsin, tenendo presente possibilità usufruire dell'attuale caserma;

b) alla creazione di borse di studio per giovani italiani da avviare allo studio della lingua cinese in vista della possibile collaborazione economica commerciale tra Italia e Cina;

c) al potenziamento Ospedale italiano; d) all'ampliamento Casa degli Italiani cui dovrebbe essere annesso un centro culturale italiano.

2) Sistemazione preventiva dei terreni appartenenti alla Amministrazione, cedendone con le maggiori garanzie i diritti alla Società italiana «Littorio » costituita lo scorso anno per sfruttare le aree ancora disponibili.

3) Nostra partecipazione effettiva ad imprese cinesi esercenti nella Concessione, le quali verrebbero poste sotto il regime di Società italiane.

4) Lo studio dei compensi da chiedere come contro-partita della retrocessione. Questi potrebbero consistere in garanzie all'economia ed al lavoro italiani per la durata di 25 anni e per una cifra di importazione la quale, secondo gli uffici commerciali interessati della Concessione, non dovrebbe essere inferiore -almeno per i primi 5 anni -a circa 200 milioni di lire italiane annuali. Modalità dei pagamenti da riscuotere, chiedendo in un primo tempo netta valuta, ripiegando eventualmente su contro-partite di nostra convenienza.

Il presente telegramma continua col numero di protocollo successivo.

382

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 167. Shanghai, 28 giugnc 1939, ore 11,15 (per. giomo 29, ore 4,30).

Mentre si lavora qui per mettere a punto il piano che ho esposto, mi pare non possa essere dilazionata più oltre una decisione circa questione di massima che si presenta oggi come un dilemma imposto dagli avvenimenti: o lasciare maturare la retrocessione aspettando che essa ci venga richiesta; ovvero procedere ad assaggi presso il Governo giapponese per conoscere su quale base si potrebbe addivenire ad una retrocessione al nuovo Governo cinese appena insediato e riconosciuto (compensi e relative richieste). Tale gesto avrebbe il valore di un precedente decisivo nei riguardi delle concessioni francese ed inglese.

Mi permetto esprimere avviso personale che a noi convenga adottare senza esitazione la seconda ipotesi:

}o perchè, mentre nella prima ci dovremmo accontentare di compensazione normale, è indubbio che nella seconda avremmo modo avanzare richieste di grande portata, le quali però dovremmo essere pronti a precisare fin da ora in progetti concreti;

2o perchè liquidazione dei privilegi stranieri in Cina appare prossima e nulla abbiamo da guadagnare nell'attesa; 3° perchè sarebbe per noi di interesse fondamentale essere i primi a crearci nuove e solide basi per le future posizioni in Cina.

Mentre appare urgente che addetto commerciale studi a fondo parte economica e finanziaria del piano, appare anche evidente che l'azione su cui dovrebbe imperniarsi la rinuncia prematura alla nostra concessione rientra nella sfera della politica generale nella quale potrebbero essere utilmente connesse le trattative per il riconoscimento del Governo di Wang-Chin-Wei. Comunicato Roma e Tokio per corriere.

383

IL MINISTRO A BANGKOK, UMILTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO,

T. 16. Bangkok, 28 giugno 1939, ore 12,30 (per. ore 2).

Mio telegramma n. 15 (1).

Formalmente questo Governo smentisce notizia eventuale collaborazione del Siam con Inghilterra confermando presente e futura neutralità Siam.

384

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 149. Varsavia, 28 giugno 1939, ore 14,05 (per. ore 16).

Circolano qui insistentemente notizie Danzica circa formazione di un corpo di volontari e pretesi arrivi a Danzica di autocarri trasportanti uomini e materiale da guerra dalla Prussia Orientale. Notizie riacutizzano allarme che da parte Germania si prepari qualche sorpresa che modifichi unilateralmente situazione Danzica. Contro tale eventualità qui si ribadisce ferma intenzione Polonia di reagire energicamente e se necessario con le armi.

385

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A SOFIA, DANEO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 140. Sofia, 28 giugno 1939, ore 20,40 (per. ore 22,50).

Telegramma di V. E. n. 120 (2).

Visita Kiosseivanov a Berlino avrà luogo fra 5-7 luglio e verrà annunziata come restituzione visita von Neurath. In ambienti di questa Legazione Germania si afferma nessun programma preciso essere fissato circa conversazioni, ma si ritiene possibile venga rivolto invito alla Bulgaria di aderire patto antibolscevico; non si nasconde tuttavia, credo con ragione, un certo scetticismo su effettiva volontà Bulgaria schierarsi apertamente con l'Asse. Tale scetticismo sembra suffragato da Re Boris di non recarsi Italia in occasione nozze S. A. R. Duca di Spoleto, evidentemente dovuto al timore del significato che sarebbe stato attribuito contemporaneamente visita reale quivi e presidenziale in Germania nell'attuale momento.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
386

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATISSIMO 83. Mosca, 28 giugno 1939, ore 20,40 (per. 29 giugno, ore 0,15).

Faccio seguito al mio telegramma n. 81 (l) di ieri per riferire alcune informazioni complementari.

Prima di lasciare Berlino, mio collega di Germania ha avuto lunga conversazione con quell'Incaricato d'Affari sovietico e gli ha parlato molto apertamente delle relazioni tedesco-sovietiche. Lo ha assicurato che U.R.S.S. non aveva ragioni di temere attacchi tedeschi, che preteso piano contro Stati scandinavi era una fandonia, che, anche nei riguardi della Polonia, programma tedesco era moderato e nettamente limitato, ecc. Gli ha detto che nei limiti del possibile Berlino desidera collaborare con l'U.R.S.S., ma che accordo con Inghilterra e Francia sarebbe stato interpretato come manifestazione ostile ed avrebbe reso collaborazione oltremodo difficile se non impossibile.

Ambasciatore ha detto poi ad Incaricato d'Affari che egli era personalmente favorevole alle richieste di Molotov per « basi politiche », ma che Governo sovietico doveva abbandonare attitudine diffidente riserva e decidersi a fare conoscere che cosa chiedeva. In proposito collega mi ha confermato aver discusso a Berlino possibilità trasformare vigente trattato da « patto neutralità » in « patto di non aggressione » e mi pare aver capito che ne abbia fatto menzione anche al suo interlocutore sovietico. In conclusione, con la sua conversazione di carattere personale, Ambasciatore di Germania ha già fatto sapere al Governo dell'U.R.S.S. per via indiretta, più di quanto egli è stato autorizzato dire ufficialmente a Molotov.

Circa serie difficoltà rappresentate da attitudine del Giappone, che non vuole sapere di trattative economiche tedesco-sovietiche, mio collega mi ha detto in via strettamente confidenziale (pregando di non ripeterlo) che nelle consultazioni a Berlino era stata anche discussa in modo generico l'idea di una «garanzia triangolare» cioè assicurazione reciproca fra Germania, Giappone e U.R.S.S. Attuazione pratica è stata però giudicata molto problematica.

Ho esaminato con il collega possibilità di una mia azione secondo le istruzioni di cui al telegramma di V. E. n. 48 (2). Ambasciatore di Germania ha osservato a tale proposito che, non potendo io offrire nulla di concreto, mia azione non poteva essere di fiancheggiare indirettamente, ma che potrei esercitare influenza utile facendo sentire ai dirigenti del Commissariato del Popolo Affari Esteri che la Germania è sincera nel suo desiderio di migliorare relazioni con l'U.R.S.S. Siamo rimasti intesi che dopo suo colloquio con Molotov (non ancora stabilito) io mi recherò da Potemkin e parlerò in tal senso.

(l) -Vedi D. 376. (2) -Vedi D. 317.
387

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO ALL'AJA, DIANA

T. PER CORRIERE 13303 P. R. Roma, 28 giugno 1939.

Mio telegramma per corriere n. 12883 del 24 corrente (1).

Codesto Ministro Esteri avrebbe pubblicamente smentito partecipazione

ufficiali olandesi a recentissima conferenza militare Singapore. Stampa avrebbe

interpretato tale dichiarazione come indicante che politica neutralità dell'Olanda

in Europa si estenderebbe anche Indie Orientali.

Prego riferire quanto vi risulti in proposito.

388

IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 21. Berna, 28 giugno 1939 (per. giorno 3 lugLio).

Mio telegramma per corriere n. 019 d.d. 20 giugno corr. (2).

L'on. Motta, a cui ho chiesto notizie, mi ha affermato che tutto il Consiglio Federale è ancora contrario alla ripresa dei rapporti politici con l'U.R.S.S. Egli si è impegnato a riferire della questione alla fine d'agosto dinanzi alla Commissione degli Affari Esteri: fino allora certo non ci sarà nessuna novità. Avendogli domandato se non era possibile che il Governo federale fosse soverchiato nel Consiglio Nazionale, ha risposto che dei due rami del Parlamento, il Consiglio degli Stati era tuttora in maggioranza contrario al riconoscimento dell'U.R.S.S., ma l'altro presentava una situazione più incerta. Sicuramente contrari vi sono soltanto i cattolici e i romandi. Visto che egli non poteva darmi una risposta più rassicurante, ho detto all'on. Motta che un riconoscimento dell'U.R.S.S. fatto in questo momento significherebbe una presa di posizione nel conflitto che divide l'Europa, e con ciò una grave mancanza alla neutralità. Mi ha assicurato che questo sarà l'argomento che cercherà di far valere e che spera di ottenere con esso la maggioranza nella commissione degli Affari Esteri.

389

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. PERSONALE 4794/1430. Berlino, 28 giugno 1939.

Faccio seguito alla mia riservata del 26 corr. n. 4704/1419 (3).

Il Conte Welczeck è ritornato a Parigi. Egli ha istruzioni di chiarire, nei modi che riterrà più opportuni, l'equivoco in cui sembra esser caduto nella interpretazione del pensiero e delle parole di Ribbentrop.

Molto probabilmente egli, riprendendo la conversazione recentemente avuta con Bonnet, rifarà bensi il quadro negli stessi termini usati la prima volta ma ometterà una qualunque indicazione di «tempo».

L'atmosfera resta comunque molto pesante. Non passa giorno senza che qualche collega venga da me ad espormi le sue ansietà e i suoi timori. Interessante il rilevare che questi allarmi sembrano avere una particolare ripercussione sulla Spagna, il cui Governo -almeno a giudicarne dal contegno di questo Ambasciatore -tende, in presenza di complicazioni, a rincantucciarsi in una attitudine di prudente -se non addirittura pavida -neutralità.

Le notizie, poi, provenienti dai cosidetti Paesi neutri del Nord Europa -testè visitati dai nostri Addetti Militari -rivelano -insieme al già riferito stato di allarme -anche una ostinata, crescente avversione all'Asse.

(l) -Vedi D. 330. (2) -Non rintracciato. (3) -Vedi D. 367.
390

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATO 4838/1446. Berlino, 28 giugno 1939. L'Ambasciatore d'Argentina, che è stato giorni fa ricevuto in visita di congedo dal Fiihrer, mi riferisce che questi sarebbe particolarmente preoccupato della situazione. Egli si è espresso con lui in termini particolarmente amari per l'America e per Roosevelt, in seguito scagliandosi in maniera feroce contro la Polonia e le sue pretese. Anch'egli -come Ribbentrop -avrebbe dichiarato che la

Germania potrebbe far giustizia di tutto questo in poche ore, « sicuro che nè Inghilterra nè Francia si muoverebbero».

S. E. Labougle non mancava di aggiungere non solo che, a suo parere -egli ha molti contatti con i suoi colleghi -le intenzioni cosi della Inghilterra come della Francia gli risulterebbero ben diverse, ma che ormai era evidente come un intervento della Francia e dell'Inghilterra sarebbe seguito, a brevissima scadenza se non addirittura immediatamente, sia dall'ingresso degli Stati Uniti d'America, sia da quello di quasi tutti i Paesi dell'America del Sud a cominciare dalla stessa Argentina.

Labougle sottolinea in proposito, con riferimento al suo Paese, come la pubblica opinione sia colà ormai talmente montata contro la Germania da non lasciar il menomo dubbio sui suoi sentimenti. Egli ricordava quanto era stato fatto dal suo Governo in materia scolastica, osservando che le misure di rigore adottate contro le scuole italiane erano soltanto un riflesso del forte malumore esistente contro i tedeschi e la loro invadenza all'estero.

391

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 2366/974. Mosca, 28 giugno 1939. Mio telegramma odierno n. 82 (1). In tre giorni consecutivi, e cioè il 26, 27 e 28 corr., l'Agenzia telegrafica

20 · Documenti diplomatici · Serie VIII · Vol. XII

sovietica Tass ha diramato tre diversi comunicati relativi ai combattimenti che

hanno avuto luogo negli ultimi tempi al confine mongolo-mancese.

Avendo constatato attraverso la radio italiana che tali comunicati pervengono regolarmente a Roma attraverso il servizio normale delle Agenzie telegrafiche, ho ritenuto superfluo segnalarle io pure per filo a V. E. Mi faccio però un dovere di trasmetterne ora, coi fogli allegati, la traduzione letterale (1).

Questi comunicati sono interessanti sotto diversi aspetti.

Anzitutto essi mostrano che al confine fra la Repubblica Popolare Mongola ed il Manciukuò stanno avvenendo degli scontri armati che non possono più considerarsi come dei normali « incidenti » fra pattuglie di frontiera. Si tratta di veri e propri ,combattimenti fra grossi reparti, con l'intervento da ambo le parti di artiglieria, carri armati, autoblindate ed abbondante aviazione.

È poi interessante rilevare che i comunicati della Tass parlano esplicitamente di truppe e di forze «mongolo-sovietiche». Ciò è del resto in armonia con quanto Molotov ebbe a dichiarare nel suo discorso al Consiglio Supremo dell'U.R.S.S. quando egli ha ammonito il Giappone che l'Armata Rossa avrebbe difeso il territorio della alleata Repubblica Popolare Mongola come se si trattasse di territorio sovietico.

La versione sovietica dei combattimenti presenta naturalmente i fatti sotto la luce più favorevole per le truppe mongolo-sovietiche, affermando che, nonostante l'inferiorità numerica, esse sono sempre riuscite a respingere gli attacchi ed hanno inflitto alle truppe nippo-mancesi delle perdite proporzionalmente molto superiori alle proprie.

Si noterà pure che i comunicati insistono nell'attribuire in tutti i casi ai nippo-mancesi la responsabilità della violazione del confine ed è interessante al riguardo fare un raffronto fra la versione sovietica dello scontro aereo del 28 maggio e quella che me ne era stata data da questa Ambasciata del Giappone [vedasi mio telespresso n. 2222/925 del 15 giugno corrente (2) ].

Più di tutto quanto precede è tuttavia significativo il fatto che il Governo sovietico, dopo avere a lungo taciuto, si sia improvvisamente deciso a dare ai combattimenti al confine mongolo-mancese tutta questa pubblicità.

Può darsi che l'abbia fatto in parte per ragioni di propaganda interna. Io ho però la sensazione che esistano anche moventi di altra natura, i quali potrebbero essere in relazione coi negoziati anglo-franco-sovietici. Non mi pare cioè da escludere che il Governo di Mosca abbia voluto mettere in rilievo la aggressività del Giappone contro la Repubblica teoricamente alleata ma di fatto vassana, allo scopo di preparare il terreno per presentare a Londra ed a Parigi delle richieste di mutua assistenza anche per il settore estremo orientale.

(l) Non pubblicato.

(l) -Non pubblicata. (2) -Vedi D. 239.
392

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4333/1928. Parigi, 28 giugno 1939.

Telegramma per corriere di V. E. n. 12883 P.R./C. (l) del 24 corr.

Secondo notizie di fonte americana avute da questo R. Addetto Navale sulla Conferenza navale di Singapore, si dovrebbe escludere in modo tassativo che gli Stati Uniti d'America possano aver, in una qualsiasi forma, diretta od indiretta, partecipato ai lavori della Conferenza di Singapore.

L'Ambasciata di Parigi non ha ancora avuto comunicazioni ufficiali sull'argomento ma è quasi unanime il convincimento che la politica di palese debolezza, seguita dall'Inghilterra in Estremo Oriente, !ungi da poter determinare un orientamento degli Stati Uniti in favore di un'azione di appoggio a quella: dell'Inghilterra in quelle acque, militi verso una posizione di maggior isolamento~

Per tale ragione, mentre prima degli incidenti di Tientsin e Swatow era ritenuta possibile l'approvazione del nuovo testo della legge di neutralità da. parte del Congresso, prima delle sue vacanze, in genere ora si ritiene che tale legge non abbia più alcuna probabilità, almeno per il momento, di essere emendata secondo i desideri degli interventisti.

Solo un radicale mutamento del contegno della Gran Bretagna in Estremo Oriente potrebbe probabilmente far cambiare questo indirizzo americano giacchè gli Stati Uniti, prima di impegnarsi comunque in quel settore, vorrebbero essere ben sicuri di non poter poi essere considerati come gli iniziatori, od almeno i fautori di un'eventuale guerra scatenata per difendere soprattutto interessi britannici.

Unisco copia del rapporto n. 401, inviato il 26 corrente da questo R. Addetto Navale al R. Ministero della Marina, nel quale sono riassunte le notizie che la stampa ha pubblicato sull'argomento (2).

Giusta quanto egli ha riferito con lo stesso rapporto al R. Ministero della Marina, risulterebbe che, a rinforzo delle proprie unità, la Marina francese avrebbe esaminato, e forse già deciso, l'invio nelle acque dell'Estremo Oriente di un incrociatore di 10.000 tonnellate « Duquesne »; come è logico pensare. l'Inghilterra avrà insistito, d'altro canto, per l'acceleramento dei lavori della base francese di Cam-Renh, che si renderebbe necessaria in tutta la sua efficienza, in caso di forzato abbandono di Hong Kong.

393

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 445. Tokio, 29 giugno 1939, ore 6,16 (per. ore 13,45).

Mi si dice che malgrado attiva azione contro nostro Governo Ribbentrop continuerebbe insistere perchè riserva che Tokio intende fare fosse verbale e non scritta.

Qui si terrebbero intanto semplici separate riunioni fra i cinque Ministri e non riunioni collegiali e non vi sarebbero propositi per il momento di prendere qualsiasi decisione. Si vorrebbe attendere sviluppo situazione europea come della questione Tientsin.

(l) -Vedi D. 330. (2) -Non pubblicato.
394

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 168. Shanghai, 29 giugno 1939, ore 15 (per. giorno 30, ore 3,25).

Ho inviato Tientsin Addetto Militare per esprimere a Wang-Chin-Wei

mio personale augurio per la sua opera e mio compiacimento per vederla iniziata

nella concessione italiana.

Wang-Chin-Wei ha molto apprezzato gesto e messaggio.

Trattenendo Addetto Militare in conversazione cordiale gli ha chiesto espri

mermi sua piena soddisfazione per azione da me svolta a suo favore i cui effetti

egli aveva personalmente rilevati nei colloqui di Tokio. Ha ammesso grandi

difficoltà che ha ancora da superare pur confortato dall'accordo oggi raggiunto

tra lui, Wu-Pei-Fu (con il quale si è già intrattenuto) e Governo giapponese.

A tutta la sua azione imprime carattere nettamente anticomunista. Wang-Chin

Wei appare in buona salute (pur conscio della gravità del suo compito) calmo

e deciso. È strettamente sorvegliato dai giapponesi. Parte per Pechino oggi e

fra qualche giorno per Shanghai. Ha espresso desiderio potermi incontrare al

suo ritorno Nord Cina.

Ha espresso ripetutamente sua ammirazione e riconoscenza per Governo

fascista.

Comunicato Roma e Tokio.

395

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 84. Mosca, 29 giugno 1939, ore 18,06 (per. ore 20,40).

Richiamo Vostra speciale attenzione su articolo del giornale Pravda

riassunto nell'odierno telegramma stampa. Importanza della pubblicazione risiede

nel fatto che articolo è firmato deputato Zdanov che è Segretario Politico di

Leningrado, Presidente della Commissione Affari Esteri del Consiglio Supremo

dell'U.R.S.S. e membro del Polit-Bureau.

Con tono brutale Zdanov accusa apertamente Governo britannico e francese di insincerità, di doppio giuoco, insinuando che essi non vogliono realmente giungere ad un accordo basato su parità e reciprocità di obbligazioni, ma stanno manovrando per mettere sulle spalle della Russia tutto il peso di una eventuale guerra, mentre essi stessi si preparano a possibili compromessi. È sintomatica frase in cui autore dic-e opinione sua non è condivisa dai suoi amici. Ciò confer

merebbe esistente divergenza in seno al Polit-Bureau. Però il solo fatto della pubblicazione dell'articolo firmato da personalità così importante significa a mio avviso che Stalin stesso ne è stato ispiratore. È ancora difficile dire se questa nuova manifestazione sovietica voglia essere ultima pressione su anglo-francesi oppure preannunzi imminente rottura dei negoziati.

396

IL MINISTRO A COPENAGHEN, SAPUPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 101. Copenaghen, 29 giugno 1939, ore 21,05 (per. ore 23,50).

Ministro degli Affari Esteri col quale ho avuto oggi primo colloquio dopo suo ritorno congedo passato in Svizzera mi ha detto che dai colloqui di Berlino con von Ribbentrop aveva tratto convincimento che egli sia più che mai deciso realizzare rivendicazioni tedesche concernenti Danzica e antiche colonie senza naturalmente fissare nè tempo nè modalità ed esprimendo fiducia che guerra possa essere evitata grazie prestigio potenza militare del Reich.

Munch invece ritiene che reazione anglo-francese a qualsiasi colpo di mano sarà effettiva e considera situazione molto più grave che in settembre od in marzo.

Egli mi ha ripetuto sua soddisfazione per conclusione Patto di non aggressione con Germania che chiarisce situazione della Danimarca anche di fronte Potenze occidentali nel caso si volesse mettere in moto meccanismo sanzioni che Patto di non aggressione implicitamente esclude.

397

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI

T. 13548/140 P.R. Roma, 29 giugno 1939, o1·e 21,10.

Firmato àccordo commerciale italo-romeno.

Seguono testi per corriere.

398

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 393. Berlino, 29 giugno 1939, ore 21,20 (per. ore 22,50).

Invio per corriere testo integrale nota inglese di risposta alla Germania relativa denunzia accordo navale. Qui non è data a questa nota alcuna speciale importanza nè alcun particolare significato. È chiaro che un giorno o l'altro

una risposta doveva pur venire e che, nonostante la puntata contenuta nell'ultima frase, quella ora giunta non presenta, sia quanto contenuto, sia quanto forma, niente di inatteso e di straordinario.

La consegna della nota è stata fatta al Segretario di Stato per gli Affari Esteri Weizsacker personalmente dall'Ambasciatore, il quale ha reiterato nella occasione le solite assicurazioni per quanto conceme gli scopi della politica inglese e quindi le buone disposizioni dell'Inghilterra per una politica di conciliazione.

Ha allo scopo insistito perchè, ad uscire dalla pericolosa stasi politica attuale, si addivenga da parte tedesca e anzi personalmente dal Fiihrer ad un qualche c gesto», in quanto che esso sarebbe immediatamente seguito da parte inglese e quindi potrebbe, altrettanto certamente quanto gradatamente, svilupparsi in conversazioni.

Ambasciatore Henderson però, questa volta, ha omesso ogni riferimento al possibile contenuto di queste conversazioni e particolarmente ai 3 punti menzionati nel mio telegramma per corriere 096 del 16 corrente (1).

399

L'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T: 152. S. Sebastiano, 29 giugno 1939, ore 21,30 (per. giorno 30, ore 6).

Questo Ministero degli Affari Esteri ha tenuto ad esprimermi suo vivo compiacimento per prossima visita di V. E. Aggiungo che il Governo ed il popolo spagnolo guardano alla visita stessa come ad avvenimento che conferma l'amicizia esistente fra i due Paesi, fondata sulla grande riconoscenza che il popolo spagnolo sente per quanto l'Italia ha fatto per la Spagna.

Jordana ha aggiunto che, malgrado le difficoltà materiali di questo imme

diato dopoguerra, Governo e popolo spagnolo faranno del loro meglio per acco

gliere degnamente V. E.

400

L'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 153. S. Sebastiano, 29 giugno 1939, ore 21,30 (per. giorno 30, ore 6).

Mio telegramma n. 138 (2),

Serrano Sufier mi ha detto di aver parlato con questo Ambasciatore porto

ghese e di avergli discretamente insinuato opportunità di una visita di V. E.

in Portogallo in occasione del viaggio in Spagna.

Il signor Pereira mostrò d'accogliere il suggerimento con entusiasmo e Serrano Sufier, pur non avendone finora avuta ulteriore comunicazione, ha ragione di ritenere che egli abbia riferito in senso favorevole al suo Governo.

Richiamandomi alle istruzioni verbali datemi in proposito da V. E., non reputo il caso di agire come che sia sopra questo mio collega portoghese per provocare invito.

Secondo Serrano Sufier l'iniziativa potrebbe precisarsi nei giorni venturi

o nel corso stesso della visita di V. E. in Spagna.

(l) -Vedi D. 249. (2) -Non pubblicato.
401

L'INCARICATO D'AFFARI A. L AD HELSINKI, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 44. Helsinki, 29 giugno 1939, ore 21,32 (per. ore 23,10).

A questo Ministero degli Affari Esteri nulla risulta circa nuove proposte inglesi a Mosca ed atteggiamento Governo britannico dinanzi persistenti esigenze sovietiche. Contrariamente ogni aspettativa Foreign Office si mostra riservato e Governo finlandese si astiene dal richiedere informazioni, avendo fatto già conoscere intenzioni precise di non accettare alcuna garanzia. Risulta soltanto che principale difficoltà conversazioni anglo-russe sarebbe costituita appunto da questione garanzia alla Finlandia.

Qui si confida ancora nelle assicurazioni date da Chamberlain alla Camera dei Comuni, ma si comincia dubitare che Governo britannico possa mantenere promesse. Risentimento contro Inghilterra è quindi notevole.

Governo finlandese non avrebbe ancora esaminato atteggiamento da assumere nell'eventualità che si realizzi accordo anglo-sovietico per la garanzia alla Finlandia.

402

L'INCARICATO D'AFFARI A. L A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 2960/1323. Londra, 29 giugno 1939.

Telegramma di V. E. n. 75 (1).

A seguito del mio telegramma n. 261 (2), riferisco qui appresso gli elementi che ho potuto raccogliere in merito a quanto richiestomi da V. E. col telegramma sopracitato.

l) Ambienti politici e giornalistici inglesi. In tali ambienti è unanime la versione che le trattative di Mosca non riguardano l'Estremo Oriente e si riferiscono unicamente all'Europa. Si afferma anzi che un'estensione delle trattative

all'Estremo Oriente non è mai stata chiesta dalla Russia, e non corrisponderebbe del resto nè agli interessi dell'U.R.S.S. nè a quelli dell'Inghilterra. La Russia infatti, in caso di conflagrazione generale (così si osserva in questi circoli politici), si rende conto che l'aiuto che potrebbe darle l'Inghilterra contro il Giappone non avrebbe che uno scarso valore di fronte alle sue stesse potenzialità di difesa nella Siberia Orientale. Quanto all'Inghilterra -si aggiunge essa non ha nessun interesse ad irritare il Giappone e spingerlo ad un temuto patto d'alleanza militare con le Potenze dell'Asse. Ove Tokio effettivamente aderisse ad un simile patto di alleanza la questione potrebbe forse essere considerata con diverso spirito; al giorno d'oggi -si dichiara a Londra -l'Inghilterra che ha ormai concentrato la sua principale attenzione sull'Europa, commetterebbe un grave errore se si lasciasse attrarre dai propri -anche naturali e comprensibili -impulsi e risentimenti contro il Giappone sulla strada di uri eccessivo allargamento dei propri impegni e di una conseguente dispersione delle proprie energie. Segnalo anche a questo riguardo le dichiarazioni fatte ieri da Churchill il quale ha sempre rappresentato l'ala estrema del più intransigente imperialismo britannico e che non ha esitato a dire: «Noi non dobbiamo mandare la nostra flotta in Estremo Oriente se non siamo prima sicuri nel Mediterraneo» [mio fonogramma n. 271 (1)].

2) Ambasciata di Germania. Nel corso di una lunga conversazione con l'Ambasciatore Dirksen, gli ho chiesto se egli riteneva che, in vista del recente acutizzarsi della situazione a Tientsin, e nel caso di ulteriori complicazioni anglogiapponesi o difficoltà a risolvere quelle già esistenti, le trattative anglo-russe potrebbero essere estese a coprire la zona dell'Estremo Oriente, anche in modo indiretto e sotto forma di un impegno generale di assistenza militare.

Dirksen mi ha risposto che, in base agli elementi in suo possesso, mentre era portato ad escludere che fino ad oggi si fosse parlato a Mosca di garanzie dei confini orientali della Russia o di promesse di assistenza militare in caso di guerra russo-giapponese non credeva di poter escludere che il Governo sovietico sollevasse un giorno la questione, sotto una forma qualsiasi e se non altro a scopo tattico e dilatorio, nel corso delle sue trattative col Governo britannico.

Venendo quindi ad esaminare le possibili reazioni britanniche in una simile eventualità, Dirksen ha detto essere sua impressione che a Londra si cercava di evitare tutto ciò che apparisse suscettibile di spingere vieppiù il Giappone verso le Potenze dell'Asse. Doveva però al tempo stesso osservare che il Governo britannico, impegnatosi ormai a fondo nei negoziati con l'U.R.S.S., si era finora dimostrato incapace di opporre un definitivo rifiuto alle successive e sempre più gravose condizioni proposte da Mosca. Dirksen d'altra parte, anche in base all'esperienza acquistata nei suoi soggiorni tanto a Mosca quanto a Tokio, si domandava quale vantaggio avrebbe potuto ritrarre la Russia da un garanzia britannica sui versanti del Pacifico. La Russia infatti, secondo Dirksen, ha anch'essa, almeno quanto l'Inghilterra, interesse a non provocare il Giappone e a non incoraggiarlo a stringere i suoi rapporti con l'Italia e la Germania; e la contropartita militare, o navale, che l'Inghilterra potrebbe _offrire, non sembra

a Dirksen di valore tale da poter compensare i pericoli insiti in un atteggiamento troppo decisamente anti-nipponico.

Dirksen mi ha detto inoltre che gli erano pervenute negli ultimi giorni informazioni secondo le quali il Governo degli Stati Uniti starebbe svolgendo un'azione amichevole e conciliativa tanto a Londra quanto a Tokio per cercare di condurre i due Paesi ad un accordo destinato a risolvere le divergenze sorte a proposito degli incidenti di Tientsin. In vista dei rapporti strettissimi del Governo britannico con quello americano, rapporti che -sempre secondo Dirksen -starebbero anzi consolidandosi proprio in questi giorni, Dirksen vede in questa velata mediazione americana una ragione di più per escludere che le trattative di Mosca possano avere, per ora almeno, una punta antigiapponese.

3) Ambasciata del Giappone. In una conversazione avuta ieri con questo Ambasciatore del Giappone Shigemitsu, egli mi ha detto aver avuto nei giorni scorsi formali assicurazioni dal Governo britannico che il patto anglofranco-sovietico in laboriosa gestazione a Mosca non si applicherà all'Estremo Oriente. A questa assicurazione Shigemitsu non attribuisce un valore assoluto, in quanto si domanda se il Governo britannico sarebbe eventualmente in grado di resistere alle richieste moscovite qualora l'U.R.S.S., dopo aver ottenuto piena soddisfazione per quanto concerne le sue frontiere occidentali, ed in particolare la questione degli Stati Baltici, ritenesse di sollevare la questione delle sue frontiere orientali allo scopo di procrastinare e rendere più difficoltosi i negoziati, continuando così nella sua tattica evasiva. Shigemitsu (come del resto Dirksen) mi ha detto ritenere che Chamberlain abbia iniziato a malincuore e con estrema diffidenza, soprattutto per ragioni di politica interna, la sua azione di avvicinamento della Russia; ma che oggi si trova ad essere tanto in essa impegnato per la stessa pressione della politica interna, che gli è difficile trovare il modo di uscirne decorosamente senza mettere a repentaglio la propria posizione personale e quella del suo Governo: che è poi quanto Mosca e il Comintern desiderano.

«È ormai chiaro -ha soggiunto Shigemitsu -che il patto con l'U.R.S.S. è diventato oggi la chiave di volta del sistema di accerchiamento promosso dal Governo britannico. Ma questo patto finora non si conclude per le continue evasioni sovietiche. Chamberlain non è riuscito a nascondere il suo intimo desiderio di interrompere le trattative, ma teme di farlo per le conseguenze cui questa rottura potrebbe portare. Se infatti si interrompessero le trattative Chamberlain sarebbe costretto, per difendere sè stesso e il suo Governo, ad incanalare contro Mosca quella reazione dell'opinione pubblica britannica che altrimenti minaccerebbe di rivolgersi contro di lui, alimentando così una tensione anglorussa che sarebbe ovviamente pericolosa in questo momento per gli interessi britannici e che faciliterebbe per di più il riavvicinamento russo-tedesco».

Quanto alla questione di sapere, se, in fin dei conti, il patto di Mosca si concluderà o non si concluderà, che è poi quanto dire se il Governo sovietico lo vuole, sia pure ad alto prezzo, o non lo vuole affatto, Shigemitsu mi ha detto che non si sentiva di pronunciarsi; ma che desiderava farmi rilevare come tutte le informazioni che gli pervenivano dell'Ambasciatore del Giappone a Mosca erano orientate nel senso che Stalin è tutt'altro che convinto della utilità del patto; mentre la propaganda sovietica all'estero molto abilmente tende ad accreditare l'opinione che i russi desiderano l'accordo, ma che sono gli inglesi a non volerlo pagare ad un equo prezzo.

Nel comunicare quanto precede, assicuro V. E. che continuerò a seguire attentamente la questione riferendo ogni ulteriore elemento in mio possesso.

(l) -Vedi D. 310. (2) -Vedi D. 332.

(l) Non pubblicato.

403

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 2391/984. Mosca, 29 giugno 1939.

Mio telegramma odierno n. 84 (1).

Con telegramma Stefani n. 47 (2) ho già riassunto molto ampiamente l'articolo apparso stamane sulla Pravda a firma di Zdanov, deputato al Consiglio Supremo dell'U.R.S.S. (l'autore si è firmato con questa sua qualifica), il quale è anche Segretario Federale di Leningrado, Presidente della Commissione degli Affari Esteri del Consiglio Supremo e -quel che più conta --membro dell'Ufficio Politico del Partito (Politbureau). Ne trasmetto ora la traduzione letterale (3).

Nel mio commento telegrafico di stamane ho segnalato la particolare importanza di questo articolo: importanza dovuta sia alla personalità dell'autore, sia al momento in cui la pubblicazione è avvenuta.

Nel gruppo relativamente ristretto di persone che hanno frequenti contatti diretti con Stalin, Zdanov è indubbiamente uno dei più in vista. Da qualche tempo si parla della sua ambizione di dirigere il Commissariato degli Affari Esteri. Lo si sapeva accanito avversario di Litvinov e si incomincia a pensare che egli voglia ora scalzare Molotov da quel posto.

La frase molto interessante che si trova nella prima parte dell'articolo, dove Zdanov ammette che la sua opinione sull'accordo con Inghilterra e Francia non è condivisa dai suoi amici, conferma la supposizione da me emessa già da qualche tempo, e cioè che in seno al Politbureau esistano delle divergenze di vedute. Sembra potersi ora presumere che gli esponenti delle due opposte correnti siano appunto Zdanov e Molotov.

Ciò ha tuttavia un'importanza relativa, giacchè è ovvio che la decisione finale dipende unicamente dalla volontà di Stalin. Però il semplice fatto che l'articolo di Zdanov sia stato pubblicato dall'organo ufficiale del Partito, significa indubbiamente che Stalin ha voluto la pubblicazione e che probabilmente ne ha ispirato il contenuto.

Deve da ciò desumersi che Stalin ha oramai deciso di rompere i negoziati? Questa conclusione sarebbe prematura, perchè non si può totalmente escludere che, allo scopo di ottenere la completa resa a discrezione dell'Inghilterra e di affrettarla ad accettare le ultime condizioni sovietiche, Stalin abbia giudicato

opportuno propinarle questa nuova doccia fredda e farle sentire la minaccia di una rottura.

D'altra parte, pur avanzando questa ipotesi (cioè lo scopo di manovra intimidatoria), io continuo ad essere intimamente persuaso che Stalin non vuole un accordo e che perciò ha incaricato Zdanov di preparare il terreno ad una dichiarazione di fallimento, rigettandone tutta la responsabilità sui Governi di Londra e di Parigi.

È superfluo per me di fare ulteriori commenti sull'articolo, la cui semplice lettura basta a metterne in evidenza la eccezionale asprezza. Mi basti rilevare che Zdanov ripete letteralmente la nota frase di Stalin (c far togliere le castagne dal fuoco per mano altrui>) che aveva espresso già qualche mese fa la persistente diffidenza e sospettosità sovietica per la politica di Chamberlain. Che questa diffidenza sia sincera, o che essa venga ora esagerata ad arte a scopo di manovra, sta di fatto che ci troviamo in presenza di un nuovo formidabile rabbuffo e di una forte umiliazione inflitta alle due Potenze democratiche, ed in particolare alla Gran Bretagna.

(l) -Vedi D. 395. (2) -Non pubblicato. (3) -Non pubblicata.
404

APPUNTO PER IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO (l)

Roma, 29 giugno 1939.

Questo Ministro di Slovacchia, in un recente colloquio avuto presso questo

R. Ministero, ha espresso a nome del suo Governo 'il desiderio che il Governo italiano favorisca presso quello di Budapest una normalizzazione dei rapporti fra la Slovacchia e l'Ungheria. Egli ha spiegato che i rapporti slovacco-ungheresi sono, dopo la cessazione dei noti incidenti di frontiera, divenuti corretti, ma non hanno ancora quel carattere di buon vicinato che hanno ad esempio i rapporti tra la Slovacchia e la Polonia. Con quest'ultimo Stato la Slovacchia ha già concluso un trattato di commercio nonchè un trattato per il turismo. Sarebbe desiderio del Governo slovacco di potere raggiungere analoghi risultati con il Governo ungherese; ed a questo scopo l'eventuale intervento amichevole dell'Italia a Budapest potrebbe riuscire particolarmente utile.

405

IL CONSIGLIERE ALL'AMBASCIATA DI WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 5919/1214. Washington, 29 giugno 1939.

Con i miei telegrammi del 23 giugno c. a. n. 115/110 (2) e 116/111 (3) ho avuto l'onore d'informare come questo Governo continui a seguire con particolare attenzione lo sviluppo degli avvenimenti in Estremo Oriente.

Malgrado la diversità degli interessi da difendere in Cina, infinitamente superiori per la Gran Bretagna, e l'importanza del commercio di esportazione americana verso il Giappone, che indubbiamente influiscono sull'atteggiamento di questo Governo, l'anormale situazione esistente ormai quasi dappertutto nei porti cinesi,_che danneggia seriamente il prestigio e gli interessi stranieri, e riduce il principio della porta aperta ad una pura espressione verbale, è motivo di serie preoccupazioni per questo Governo che, entro certi limiti, appoggia la politica di resistenza adottata dagli inglesi.

Ne è prova il fermo atteggiamento assunto dal Comandante in Capo delle forze americane di non accedere alle pretese del Comando navale giapponese a Swatow ed altrove e, analogamente a quanto hanno fatto gli inglesi, ha mantenuto le navi nei porti in cui si trovavano ed ha riaffermato il diritto della marina da guerra di essere presente ovunque si trovino degli americani o degli interessi americani da proteggere. Il fermo atteggiamento di questo Comandante, che ha agito di propria iniziativa, ha incontrato la piena approvazione del Dipartimento di Stato e della Marina, nonchè, si può dire, di quasi tutta l'opinione pubblica.

Sebbene in questi ultimi giorni, si sia manifestato un leggero miglioramento della situazione di Tientsin per l'inizio di conversazioni diplomatiche a Tokio con la Gran Bretagna, la stampa continua a dedicare largo spazio agli avvenimenti di Estremo Oriente e principalmente al problema delle misure di ritorsione economica che potrebbero essere adottate contro il Giappone.

Ha destato molto interesse una relazione dovuta a degli studenti cinesi, collaboratori del Brookings Institute (noto ente culturale di Washington), dalla quale risulta che il 56 % dei materiali bellici acquistati dal Giappone provengono dagli Stati Uniti.

Nel 1937-38 gli Stati Uniti hanno fornito al Giappone sei prodotti tipici a scopo di guerra e cioè petrolio e derivati, ferro, macchinari, rame, aeroplani ed automobili. Nel 1938 i materiali bellici venduti dagli Stati Uniti al Giappone ammontano a dollari 171.574.000 (più di tre miliardi di lire), con una leggera diminuzione in confronto alle esportazioni del 1937.

Dopo gli Stati Uniti il più importante fornitore è l'Impero britannico e, al terzo posto, vengono le Indie Olandesi: questi tre Paesi, uniti insieme, hanno fornito nel 1938 1'85,31 % di tutto il materiale bellico importato dal Giappone. È interessante rilevare che le più grosse forniture per la guerra in Cina, il Giappone le riceve proprio da quei tre Paesi i cui interessi sono più o meno direttamente minacciati dalle sue operazioni militari nel continente asiatico. Segue la Germania con una quota di 7,68 %. Invece l'Unione Sovietica, che possiede in abbondanza materie prime occorrenti al Giappone a scopi bellici, non ha venduto nulla nè nel 1937 nè nel 1938.

Gli Stati Uniti rappresentano poi la sorgente più importante delle importazioni giapponesi di rottami di ferro (scrap iron) e di scarti di gomma (scrap rubber). Le importazioni di «scrap rubber » del 1938 sono aumentate da 4524 tonnellate a 7426, e, notizie del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, fanno ritenere che, nel corso di quest'anno, saliranno a 20.000 tonnellate.

Queste cifre vengono qui interpretate, e non senza fondamento, nel senso che, se il Governo di Tokio volesse eliminare dalla Cina il commercio inglese

e francese, le Potenze democratiche potrebbero far cessare, nello spazio di

24 ore, più della metà delle sue importazioni di materiale bellico.

È ben difficile dire oggi se gli Stati Uniti aderirebbero ad una misura del genere, ove fosse adottata dalla Gran Bretagna e dalla Francia, ma è certo che molto dipenderà dal modo di procedere del Giappone verso gli stranieri in Cina.

(l) -Questo appunto, redatto dall'Ufficio 2° della Direzione Generale Affari Europa Mediterraneo, venne successivamente trasmesso al Ministro a Budapest, Vinci e al Console a Bratislava, Lo Faro, con T. per corriere 462 R. in data 6 luglio 1939 nonchè all'Ambasciatore a Berlino, Attolico, con T. per corriere 463 R. in data 7 luglio 1939. (2) -Vedi D. 316. (3) -Vedi D. 319.
406

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATISSIMO 85. Mosca, 30 giugno 1939, ore 1,17 (per. ore 3,50).

Mio telegramma n. 83 (1).

Ambasciatore di Germania ha visto Molotov e gli ha parlato nel senso indicato. Molotov ha detto che prendeva atto con soddisfazione delle assicurazioni tedesche aggiungendo che politica dell'U.R.S.S. mirava a mantenere buone relazioni con tutti gli Stati e quindi anche con Germania. Egli si è astenuto dal ripetere consueta frase delle «basi politiche » ed ha mostrato di voler mantenere conversazioni in termini generici. Avendo Schulenburg accennato al trattato tedesco-sovietico dell'anno 1926 ed osservato che esso era sempre in vigore, Molotov mostrò quasi stupirsene « perchè credeva che taluni avvenimenti degli ultimi tempi gli avessero tolto qualsiasi valore ». (Mio collega non ha potuto capire se Molotov volesse alludere a patto anti-Comintern oppure ad alleanza con l'Italia). Schulenburg ha contestato tale interpretazione e suo interlocutore non ha fatto ulteriori osservazioni in proposito.

Malgrado discussione abbia avuto carattere accademico senza giungere ad alcuna conclusione positiva Ambasciatore di Germania se ne mostra abbastanza soddisfatto anche per tono cordiale ed attitudine quasi amichevole di Molotov.

Egli è d'avviso che convenga procedere con cautela senza forzare la mano. Anche egli si chiede se noto articolo di Zdanov sia semplice manovra oppure significhi prossima rottura dei negoziati con Inghilterra e Francia. Ritiene però che anche nella prima ipotesi Governo sovietico conosca ormai abbastanza bene attitudine tedesca per tenerne debito conto.

407

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 86. Mosca, 30 giugno 1939, ore 0,18 (per. ore 3,50).

Dato attuale momento politico è assai significativo annunzio pubblicato dalla stampa sovietica che grandi manovre autunnali dell'Armata Rossa le quali di solito avevano luogo nelle regioni prossime alla frontiera polacca si svolge

ranno quest'anno nel distretto militare di Leningrado. Si deve vedere in questo annunzio intenzione di mostrare particolare interesse nell'U.R.S.S. alla propria sicurezza lungo la frontiera con i Paesi baltici e forse anche esercitare intimidazioni su quei Governi.

(l) Vedi D. 386.

408

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 278. Londra, 30 giugno 1939, ore 11,09 (per. giorno 1 luglio, ore 2).

Dagli ultimi telegrammi stampa di questa Ambasciata V. E. avrà rilevato la crescent~ preoccupazione di questi ambienti politici per la situazione che si sta sviluppando nell'Europa nord-orientale e particolarmente a Danzica. Anche la Borsa di Londra ha registrato stato d'animo di allarme che sta diffondendosi nel Paese. È appunto nella luce di una paventata crisi a Danzica che vengono interpretati dalla stampa e dal pubblico recenti discorsi di uomini politici inglesi ed in particolare la riafferma7.ione, nel discorso di Halifax di ieri sera, della decisione del Governo britannico di adempiere pienamente agli impegni assunti nei riguardi di terzi Stati e di fronteggare con tutte le proprie forze ogni eventuale aggressione in Europa.

Vengo ora informato da fonte molto vic'ina al Primo Ministro che Chamberlain ha dato ordine oggi stesso al segretario del Partito conservatore di sospendere i preparativi iniziati da qualche giorno per la campagna del partito in vista elezion'i generali previste in via di massima per questo autunno o per mesi successivi. Questa improvvisa decisione del Primo Ministro -sempre secondo stessa fonte -sarebbe stata determinata da notizie giunte stamane al Governo britannico di recenfi preparativi militari tedeschi di natura tale da lasciare presumere la possibilità di un imminente aggravamento nella crisi di Danzica.

La stessa fonte mi ha detto pure di sapere che in vista dell'attuale situazione Governo inglese avrebbe deciso di svolgere azione presso Governo francese pel' indurlo a fax·e qualche gesto che faciliti ripresa trattative con l'Italia per la soluzione delle questioni itala-francesi.

409

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 448. Tokio, 30 giugno 1939, ore 12,13 (per. ore 13,30).

Mentre Ministero Affari Esteri ha deciso discutere qui con l'Inghilterra (ma non si sa ancora con quale procedura) militari hanno dato altro giro di vite a Tientsin. Marina sta facendo lo stesso nel sud (mio telegramma n. 429) (1).

Stampa giapponese si mostra sfavorevole e rimprovera suo Governo suggerendo Ministero degli Affari Esteri di stare in guardia. Qualche giornale osserva che se, come probabile, negoziati non avranno esito buono, rapporti fra i due Governi peggioreranno.

Militari dicono aver acconsentito per non dare all'America impressione che essi siano ad ogni costo intransigenti. Diplomatici si mostrano anche loro scettici e dichiarano che in ogni caso blocco non sarà tolto. Sono meravigliati che l'Inghilterra abb'ia proposto queste trattative e credono che a mitigare malgrado tutto suo modo di agire Gran Bretagna si sia decisa per preoccupare Soviet.

Comunicato Roma e Taliani.

(l) Riferimento errato.

410

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 449, Tokio, 30 giugno 1939, ore 6,45 (per. ore 13,50).

Per S. E. il Ministro. Ministri hanno già consegnato al Primo Ministro testo di una nuova formula nella quale si tiene conto delle obiezioni tedesche.

411

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 450. Tokio, 30 giugno 1939, ore 13,45 (per. ore 17,30).

Non è da escludersi che i recenti incidenti alla frontiera mancese siano stati suscitati dai giapponesi e non dai sovieti. Comunque qui si dice prevedersi che ve ne saranno presto dei nuovi.

412

IL MINISTRO ALL'AJA, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 8. L'Aja, 30 giurmo 1939, ore 14,13 (per. ore 17,30).

Notizia data da fonte londinese che nelle controproposte britanniche alla Russia si sia parlato estendere garanzia Olanda, Belgio, Svizzera, viene qui largamente riportata.

Giornali pubblicano che da informazioni assunte da fonte ufficiale risulta che Governo britannico non ha fatto alcuna comunicazione a questo Governo il quale rimane completamente al di fuori conversazioni circa esistenza delle quali non aveva avuto nessuna notizia.

Commentando notizia questa stampa ripete consuete argomentazioni: essere naturale che conversazioni si svolgano al di fuori Olanda poichè ogni eventuale comunicazione sarebbe seguita dalla risposta che in conformità sua indipendenza e neutralità non desidera essere oggetto di conversazioni e garanzie.

413

L'INCARICATO D'AFFARI A. l. AD HELSINKI, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 45. Hl?lsinkt, 30 giugno 1~39, ore 17,07 (per. ore 20).

Mio telegramma n. 44 (1).

Questo Ministro d'Inghilterra ha comunicato a questo Ministro degli Affari

Esteri che il Governo britannico desidera confermare sua promessa di non

accettare proposta della garanzia alla Finlandia e che in ogni caso non impegnerà

nessun accordo del genere senza prima informarne e concertarsi con Governo

finlandese.

Risulta che identica comunicazione per quanto si riferisce atteggiamento

Governo francese è stata fatta ieri a Parigi da Bonnet presso quel Ministro

finlandese.

414

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 106. Roma, 30 giugno 1989 (per. stesso giorno).

Mio telegramma per corriere n. 102 del 16 corrente (2).

Conformemente alle istruzioni ricevute il Nunzio a Varsavia si recò dal Mi

nistro degli Esteri, informandolo che il Reich non nutriva intenzioni aggressive

verso la Polonia. Nello stesso tempo Monsignor Cortesi rivolgeva al sig. Beck

consigli di moderazione.

Il Nunzio è stato soddisfatto dell'incontro. Il Ministro polacco lo ha assicurato che il Paese «pazienterà fino all'eroismo». Si è !agnato, però, di incidenti provocati da tedeschi i quali, di notte, avrebbero, fra l'altro, spostato i termini di frontiera.

Monsignor Cortesi, che si trova ora a Roma, ha confermato le buone impressioni riportate dal colloquio con il sig. Beck. Egli ha espresso la convinzione che la Polonia non provocherà un conflitto, a meno di non esservi tirata per i capelli.

Il Cardinale Segretario di Stato, dal quale ho avuto le notizie surriferite, mi ha assicurato di avere incaricato il Nunzio di metterVi al corrente di quanto la Santa Sede ha fatto nella circostanza e dei risultati ottenuti. Monsignor Borgongini deve avere già eseguite le istruzioni ricevute.

(l) -Vedi D. 401. (2) -Vedi D. 248.
415

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 26. Varsavia, 30 giugno 1939 (per. giorno 3 luglio).

Mio telegramma n. 149 del 28 corrente (1).

Come ho segnalato col mio telegramma surriferito, la situazione polaccotedesca che nelle ultime settimane pur rimanendo sempre tesa non aveva subìto variazioni notevoli, si è alquanto riacutizzata in questi giorni per le notizie che continuano a pervenire da Danzica circa la graduale infiltrazione in quella città di elementi provenienti dalla Prussia orientale e che sarebbero destinati ad aumentare un corpo di volontari danzichesi in via di formazione. Si ha inoltre notizia di misure di carattere militare che si andrebbero attuando nel territorio della Città Libera le quali rivelerebbero la preparazione di un piano organico. Tutti questi elementi determinano uno stato di allarme diffuso in tutti gli ambienti polacchi e del quale non fanno mistero anche personalità politiche responsabili. A tale riguardo questo Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri mi ha espresso francamente la sua viva preoccupazione per la piega che vanno prendendo gli avvenimenti a Danzica, che potrebbero far precipitare la situazione. Egli aggiungeva che la Polonia non potrebbe tollerare qualunque soluzione unilaterale che la Germania intendesse imporre al problema di Danzica sia direttamente che indirettamente. Mi diceva che il Governo polacco è pienamente compreso della gravità dei sacrifici di sangue ai quali il suo Paese sarebbe andato incontro, ma che non poteva sussistere il minimo dubbio sulla· fermezza della sua decisione.

Mi ha ripetuto ancora una volta che mentre Danzica non rappresenta oggi per la Germania che una questione di prestigio essa è per la Polonia una questione vitale, perchè costituisce con l'attiguo porto di Gdynia e con i pochi chilometri di litorale polacco sul Baltico un tutto inscindibile e l'unico accesso al mare, indispensabile all'esistenza di questo Paese.

416

IL MINISTRO AL CAIRO, MAZZOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 27. Bulkeley, 30 giugno 1939 (per. giorno 5 luglio).

Telegramma di V. E. n. 93 del 21 corrente (2).

Assenti, al seguito del Ministro, questo Segretario Generale Esteri ed il Capo del Contenzioso dello Stato, ammalato il Presidente del Consiglio, in trasferimento dal Cairo ad Alessandria la Corte, ho cercato di sondare il Sottosegretario agli Esteri circa il contenuto ed i risultati delle conversazioni di Yahyà Pascià ad Ankara.

21 -Documenti diplomatici-Serie VIII -Vol. XII

Sciarara Pascià non ha smentito neanche questa volta la sua fama di cortese ignoranza e pavido candore. Mi ha parlato della solita restituzione a Saracoglu della visita a suo tempo qui fatta da Riistii Aras; ha escluso fossero stati conchiusi accordi in genere, ed in particolare un'adesione dell' Egitto al Patto di Saad-Abad; ha alluso al desiderio di Yahyà Pascià di restaurare le sue forze e divagarsi.

La stampa, molto ma male ammaestrata, dopo essersi diffusa a rilevare significato ed importanza della «adesione dell'Egitto al fronte della pace», ha preso in questi ultimi giorni ad insinuare come qualmente la conclusione di atti formali non fosse necessaria dato che il trattato anglo-egiziano porterebbe automaticamente l'Egitto ad onorare al caso tutti gli obblighi offensivi e difensivi desiderati.

Notizie raccolte in ambienti non ufficiali ma di solito bene informati confer

merebbero piuttosto la versione accennata nei miei telegrammi nn. 72 e 026 (1).

Il viaggio di Yahyà Pascià -si dice infatti --avrebbe inizialmente avuto soprattutto «uno scopo di prestigio». Si trattava di dare agli egiziani la sensazione che il loro Paese non era soltanto oggetto ma anche soggetto di negoziati internazionali. Yahyà Pascià doveva praticamente limitarsi a mettere lo spolverino su quanto era già stato concluso tra Ankara e Londra; ma anche ciò sarebbe bastato, si pensava, a rialzare il prestigio del Governo e suo di fronte all'opinione pubblica interna se non a quella internazionale, con qualche vantaggio per la coalizione al potere e per un suo agognato ritorno alla Presidenza.

Due giorni dopo l'imbarco di Yahyà sarebbe tuttavia giunta al Governo del Cairo da Londra la richiesta di autorizzarlo ad aderire al Patto di Saad-Abad. Il che sarebbe stato naturalmente fatto subito con un telegramma.

Tale adesione « a mezzo di codicillo » -la cui probabilità era stata del resto già prospettata confidenzialmente da questo Ministro di Turchia ad un collega amico prima della partenza di Yahyà Pascià-rappresenterebbe evidentemente una nuova realizzazione della nota tendenza inglese a valersi del « primo Stato arabo-mussulmano » come docile e simpatico strumento per sviluppare e consolidare di questi tempi la sua influenza nel Medio Oriente.

È verosimile -mi si riferisce pure -che qualche accordo turco-egiziano di natura mista e oscura sia stato anche virtualmente concluso, se pure non ancora parafato, ad Ankara, in tale occasione. Pare che l'Egitto si sia impegnato ad accrescere le importazioni turche specie di tabacco e frutta, senza sostanziale contropartita economica. La contropartita sarebbe politico-militare, probabilmente segreta, e riguarderebbe particolarmente la cooperazione turca alla difesa del Canale.

All'ingente e crescente peso delle spese militari al servizio della politica imperiale britannica verrebbe così ad aggiungersi, per il contribuente egiziano, quello di una sovvenzione commerciale alla Turchia a titolo di rimunerazione una delle tante -per la sua adesione al fronte degli accerchiatori.

Trasmetterò appena possibile notizie più ampie e più precise.

(l) -Vedi D. 384. (2) -Vedi D. 297.

(l) Vedi DD. 139 e 229.

417

L'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 79. S. Sebastiano, 30 giugno 1939 (per. giorno 7 luglio).

Il Direttore Generale degli Affari Politici mi ha detto che, malgrado le recenti ottimistiche dichiarazioni di Halifax alla Camera dei Lords, non ritiene che le relazioni economiche ispano-britanni(!he possano facilmente uscire dal punto morto in cui si trovano. Egli non prevede un inizio di trattative a breve scadenza ed ha aggiunto che il Governo britannico non ha finora dimostrato di voler tradurre in atto i buoni propositi che i suoi membri esprimono di tempo in tempo nelle varie loro manifestazioni verbali nei riguardi della Spagna. La maggiore difficoltà nella sistemazione dei rapporti economici fra i due Paesi consiste nel regolamento dei crediti congelati britannici prebellici, per i quali è richiesto il pagamento in breve periodo di tempo e la Spagna non può consentirvi dovendo per alcuni anni impiegare la maggior parte delle sue attività nella ricostruzione del Paese.

Non risponde a verità la notizia pubblicata dal Daily Express il 21 corrente secondo la quale il noto finanziere Juan March cercherebbe di far concludere un accordo commerciale anglo-spagnolo, essendo più favorevole ad un avvicinamento del suo Paese con l'Inghilterra anzichè con le Potenze dell'Asse. Il March ha cospicui interessi in Inghilterra ma non risulta che abbia esercitate pressioni nel senso sopraindicato presso questo Governo.

418

L'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 80. S. Sebastiano, 30 giugno 1939 (pe1". giorno 7 luglio).

Ho nuovamente intrattenuto questo Ministero degli Affari Esteri in merito agli accordi Laval-Cardenas svolgendo i concetti di cui al telespresso di V. E.

n. 217795/C del 12 giugno u. s. (1).

Il Direttore Generale degli Affari Politici ha detto di rendersi perfetta·· mente conto dei motivi per cui non ci è possibile derogare dalla nostra posizione di principio e che il Governo spagnolo è gratissimo dell'atteggiamento amichevole che l' Italia ha assunto nei riguardi delle aspirazioni della Spagna e per migliorare la posizione della medesima in quella Zona.

Ha aggiunto che una stretta collaborazione fra i due Paesi non potrà andare che a vantaggio dei reciproci interessi per cui non sarà difficile giungere ad una intesa ogni qualvolta si tratterà di discutere determinate questioni, tanto più che un rafforzamento dell'influenza spagnola in Tangeri · a discapito di quella franco-britannica non potrà che avvantaggiare l'Italia.

Per quanto concerne la nomina dell'Amministratore Capo spagnolo mi ha detto che giorni or sono il Consigliere di questa Ambasciata di Francia aveva portato una risposta negativa e di conseguenza l'attuale amministratore francese continuerà a rimanere in carica in attesa di epoca più favorevole nelle relazioni franco-spagnole.

(l) Non rintracciato.

419

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A SOFIA, DANEO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 102. Sofia, 30 giugno 1939 (per. giorno 8 luglio).

Mio rapporto del 17 giugno u. s. n. 3058/1285 (1).

Ieri, dopo assenza protrattasi oltre il previsto, è rientrato Ministro Finanze

Bodjilov da viaggio a Berlino.

Ha dichiarato di aver terminata missione affidatagli di regolare alcune que

stioni economiche e finanziarie, ed essere soddisfatto risultati raggiunti. Ha ag

giunto essere convinto rapporti economici bulgaro-tedeschi riposano su salde

basi ed ha tenuto particolarmente smentire voci corse circa trattative carattere

politico che avrebbe condotte a Berlino.

Da fonte attendibile ho appreso che Bodjilov avrebbe firmato accordo finan

ziario per 35 milioni marchi, pari oltre un miliardo leva, forniture materiale

bellico. Dieci milioni marchi verrebbero impiegati forniture Esercito, quindici

milioni attrezzatura aeronautica (apparecchi per lancio bombe, strumenti preci

sione, apparecchi radiofonici ecc.) e dieci milioni per acquisto aeroplani.

420

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, COLONNA

T. 441/87 R. Roma, 1° luglio 1939, ore 17,40.

Vostro 112 (2).

Comunicazione scritta con cui si pregava questo Ambasciatore Stati Uniti portare a conoscenza proprio Governo unificazione e accentramento questo Regio Ministero gestione relazioni internazionali Italia e Albania è stata fatta in data 5 giugno. Ambasciata Americana non ha tuttavia ancora accusato ricevuta.

Qualora V. E. lo ritenga opportuno potrà fare analoga comunicazione direttamente a codesto Governo, mettendo in chiaro che con assunzione da parte Italia relazioni internazionali Albania uffici diplomatici e consolari albanesi all'estero non hanno più ragione esistere.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
421

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 78. Mosca, 1° luglio 1939, ore 20,55 (per. giorno 2).

Mi risulta che in conversazioni avute ieri con Ministro finlandese Molotov ha precisato per la prima volta pretesa sovietica nei riguardi delle Isole Aland.

U.R.S.S. reclama posizione per lo meno uguale a quella della Svezia, ciò che

implicherebbe: l) Sua consultazione circa fortificazione delle Isole; 2) Diritto di far manovre navali nelle acque territoriali dell'Arcipelago; 3) Suo intervento armato dietro richiesta finlandese per difendere Isole

in caso di aggressione.

422

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINIS.TRO AD ATENE, GRAZZI

T. 443/102 R. Roma, 1° luglio 1939, ore 23.

Da recenti fonobollettini stampa di codesta Legazione risulta che intonazione corrispondenze ed articoli codesti giornali in relazione accordo francoturco appaiono ispirati tesi sostenuta da paesi democratici ed in ogni caso di tale genere di impegni a proposito accordo anglo-turco.

Potrete richiamare al riguardo l'attenzione di codesto Governo e nello stesso tempo cercare da parte Vostra far combattere tali articoli secondo nostro punto di vista quale risulta anche da giornali italiani (1).

423

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BUDAPES.T, FORMENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 178. Budapest, 1° luglio 1939 (per. giorno 3).

Tel. n. 220059/74 del 27 giugno corr. (2).

Circa l'azione svolta dall'Ungheria ad Ankara tendente ad ottenere una forma di mediazione turca per risolvere le proprie questioni con la Romania e circa i contatti avuti da questo Governo, allo stesso scopo, col Foreign Offi.ce è stato già dettagliatamente riferito con i rapporti n. 3399/1161 e 3400/1162 del 25 e 26 corrente (3) incrociatisi col telespresso dell'E. V. cui mi riferisco;

A tali recenti comunicazioni potrei aggiungere che, secondo quanto mi conferma questo R. Addetto Militare, l'Addetto Militare inglese avrebbe detto a questo Capo del Servizio Informazioni Militari, che, ove l'Ungheria rimanesse neutrale in caso di conflitto, potrebbe ottenere in compenso la Slovacchia. Argomentazione che sarebbe stata semplicemente considerata come una manovra da inserirsi nel quadro dell'aumentata attività franco-inglese, allo scopo di far allontanare in qualunque modo l'Ungheria dalla politica dell'Asse.

Mi consta a tale riguardo che il Ministro d'Ungheria a Belgrado, che è stato a Budapest per qualche giorno, ha parlato in conversazioni d'ordine generale di un desiderio della Jugoslavia per la costituzione di una «lega di neutri» -fra Jugoslavia-Bulgaria-Ungheria e Romania -e che di tale argomento il conte Csaky ne ha anche accennato a questo Ministro di Germania aggiungendo peraltro che nulla, in ogni modo, avrebbe fatto senza presentire le Potenze dell'Asse.

Per quanto attiene al richiesto appoggio dell'Ungheria alla Turchia per normalizzare le proprie relazioni con l'U.R.S.S. non ne ho avuto sentore nè mi consta ne sia stata fatta parola al R. Ministro Conte Vinci prima della sua partenza avvenuta i-eri. Anche questo Ministro di Germania mi ha detto che non ne sapeva nulla prima di averne avuto informazione da Berlino alcuni giorni or sono. Secondo le informazioni da Berlino (non gli è stata detta la fonte ma crede si tratti dall'intercettazione di un telegramma) il Ministro di Ungheria ad Ankara avrebbe pregato il Governo turco, come idea personale di intervenire presso Molotov allo scopo di normalizzare i rapporti fra Ungheria ed U.R.S.S. L'Ambasciatore sovietico ad Ankara avrebbe prospettata la cosa a Molotov e questi si sarebbe limitato a rispondere « trattarsi sicuramente di un'idea personale del Ministro d'Ungheria Mariassy ». Tale risposta sarebbe stata considerata come un rifiuto.

Questo Ministro di Germania ha voluto anche dirmi che, in ogni modo, aveva avuto suggerimento da Berlino di non parlare della cosa agli ungheresi anzi di dare l'impressione di ignorarla.

(l) -Questa comunicazione fu diretta in pari data anche a Belgrado con T. 442 R/127. (2) -Non pubblicato. (3) -Vedi DD. 350 e 368.
424

IL MINISTRO AD ATENE, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 78. Atene, Io luglio 1939 (per. giomo 4).

All'ottimismo che aveva regnato qui durante ultime settimane è subentrato in questi giorni un senso di acuto pessimismo che recente discorso Halifax ha ancora aumentato. Vengono fatte circolare le voci più allarmistiche tanto nei riguardi della situazione generale quanto nei riguardi specifici della Grecia.

In questa campagna di allarmismo si distingue particolarmente questo mio

collega polacco, il quale, forse per farsi perdonare il suo nome Schwarzburg

Gunther, va annunziando a tutti quanti che fra pochi giorni avranno inizio le

ostilità fra il suo Paese e la Germania, naturalmente destinate a risolversi in

un completo trionfo polacco. Per ciò che concerne più specificamente questo Paese, i Bulgari rimangono sempre l'incubo principale; ma continuano a circolare insistenti le voci di un nostro imminente attacco sia a Corfù sia in direzione della valle del Vardar e di Salonicco.

425

IL MINISTRO AD ATENE, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 79. Atene, 1° luglio 1939 (per. giorno 4).

Questo Incaricato d'Affari di Jugoslavia, Gavrilovié, mi ha detto che a Belgrado regna vivo malumore, perchè, ad onta delle insistenti richieste del Governo jugoslavo, la dichiarazione franco-turca contiene il noto riferimento ai Balcani.

Secondo Gavrilovié, Gafencu avrebbe mancato completamente alle assicurazioni da lui date a Markovié e il suo viaggio ad Ankara e Atene avrebbe avuto come unico scopo quello di cementare la resistenza turca e greca alle aspirazioni bulgare non solo verso la Tracia ma anche verso la Dobrugia.

Per ottenere la solidarietà jugoslava, Gafencu avrebbe detto che nel colloquio da lui avuto col Ministro di Bulgaria ad Ankara quest'ultimo avrebbe incluso nel programma delle rivendicazioni bulgare anche il distretto jugoslavo di Tsaribrod. In realtà, secondo Gavrilovié, questa sarebbe una pura invenzione di Gafencu.

Il sig. Gavrilovié mi ha detto di essere personalmente fautore convinto di una intesa bulgaro-jugoslava, persino se prezzo di tale intesa dovesse essere la cessione di Tsaribrod.

426

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATO 4891/1473. Berlino, l o luglio 1939.

Sono stato oggi informato da questo Segretario di Stato degli Affari Esteri che il Ministro di Ungheria si è recato avantieri all'Auswartiges Amt latore di una proposta ungherese intesa a stabilire dei contatti con la Germania in materia militare, specialmente per quanto ha tratto al materiale e all'economia di guerra.

N o n è ben chiaro al Barone Weizsacker se con questo l'Ungheria miri ad insediarsi nelle conversazioni militari dell'Asse. Forse no, dato che la domanda

ungherese riguarda la sola Germania e non - almeno risulta dal documento presentato qui - anche l'Italia. Comunque, è intenzione di Weizsacker - d'accordo con Ribbentrop -

di fare bensl luogo alla domanda ungherese ma dopo e in conseguenza delle conversazioni italo-tedesche, senza permettere all'Ungheria di prender parte come terzo alle conversazioni fra l'Italia ed il Reich.

Pregherei V. E. compiacersi significarmi se da parte nostra si sia d'accordo e se eventualmente un analogo passo sia stato compiuto da parte ungherese nei riguardi nostri.

427

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATISSIMO 4897/1479. Berlino, 1• luglio 1939. Mio rapporto n. 4869/1468 del 30 giugno (1). Ho visto Weizsacker e gli ho fatto parte delle informazioni pervenutemi da Danzica. Egli ha ammesso -confidenzialmente -che da parte tedesca si stia procedendo al rafforzamento dei quadri e dell'armamento della polizia danzichese. Non crede, personalmente, alla formazione di « corpi franchi » con intenzioni e programmi più o meno provocatori. Ha aggiunto di aver visto, circa una diecina di giorni fa, il famoso e focoso Gauleiter di Danzica Forster e di averne tratto l'impressione che questi, pur avendo ricevuto ordine di procedere ad una serie di misure precauzionali, non abbia però avuto il mandato di forzare la situazione e creare degli incidenti. Weizsacker dovrebbe quindi -per quanto risulti a lui -escludere che vi sia « in programma » un qualche eccesso da parte danzichese. Si ostina quindi a credere che salvo eccessi da parte polacca -di tale importanza e portata da obbligare la Germania a reagire -la situazione possa ancora mantenersi stazionaria e non divenire di immediata attualità. In questo senso egli, autorizzato da Ribbentrop, si è espresso proprio ieri con questo Ambasciatore di Francia e ciò per cancellare, pur senza riferirvisi, l'impressione creata nei francesi dalla nota conversazione Welczeck. A Coulondre Weizsacker ha anche trovato modo di esprimere la soddisfazione di Berlino nel rilevare qualche tenue sintomo di resipiscenza da parte degli elementi responsabili polacchi. Beck, infatti, si sarebbe recentemente espresso in maniera da far comprendere che egli non era tanto pazzo da preferire una soluzione bellica ad una pacifica. Weizsacker è tuttavia di accordo sulla opportunità che l'incontro MussoliniHitler avvenga prima del Congresso di Norimberga ed anzi in tempo utile per

poterne influenzare l'orientamento (prima settimana agosto). Spera potermi fare sapere quanto prima il pensiero di Ribbentrop al riguardo.

428

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. SEGRETO 4898. Berlino, 1° luglio 1939.

Il Segretario di Stato mi ha oggi informato della comunicazione già fatta fare a mezzo di Mackensen circa la opportunità di convocare le due Commissioni

previste dal Trattato di alleanza italo-tedesca per il 10 luglio prossimo, e cioè praticamente fra una settimana.

Richiesto delle ragioni di tanta premura Weizsacker, dopo aver ricordato che questa era la data genericamente già concordata con S. E. Cavallero, mi ha anche fatto capire che per lui era una questione di vacanze. Le sue ferie -di cui aveva assoluto bisogno per ragioni di salute -erano infatti state fissate da Ribbentrop fra il 15 luglio ed il 15 agosto. In questa situazione, Egli aveva suggerito il 10 luglio e cioè per non rimandare a dopo il 15 agosto.

Ho fatto osservare a Weizsacker che, poichè andavamo effettivamente incontro al periodo di ferie, poco importava, in fondo, affrettare la data della convocazione della Commissione se poi questa avrebbe, subito dopo, dovuto concedersi una lunga pausa.

Che cosa, poi, era stato preparato per la prima riunione della Commissione politica? In sostanza nulla.

Quale il programma? Stabilire, soltanto, la «metodologia » dei lavori.

Non era questo un po' poco?

Anche per la Commissione economica, dato che Ritter era ancora qui e doveva andare prima in Italia, non vi sarebbe stato tempo di preparare -prima del 10 -nulla di serio. E allora non era meglio attendere? A questo si aggiunge, poi, un fatto assolutamente nuovo e che a mio parere potrà anch'esso consigliare un rinvio.

Weizsacker mi ha detto-pregandomi di informare subito-che, ripensandoci, i Tedeschi avevano concluso che la formazione della l a Commissione (politico-militare) non si dovesse allontanare dalla concezione originaria e cioè:

a) numero massimo di tre, di cui un rappresentante autorizzato del Ministro degli Esteri (nel caso tedesco Weizsacker);

b) esclusione dalla Commissione dei rappresentanti delle singole armi. Il principio contrario, applicato ai Tedeschi, avrebbe intanto portato -dato che Keitel non rappresenta alcuna arma -alla inclusione di ben tre altri militari, il che avrebbe significato -compreso Weizsacker -5 rappresentanti. A parte la eccessività di questo numero, la inclusione nella Commissione dei rappresentanti delle singole armi avrebbe raggiunto l'effetto assolutamente opposto a quello desiderato e cioè avrebbe creato, anzichè evitato, suscettibilità e gelosie.

In sostanza, i diversi Brauchitsch e Raeder-a più forte ragione Gt:iringdevono avere insistito in maniera perentoria perchè la trattazione dei problemi interessanti le diverse armi resti per intero sottoposta alla propria, diretta influenza e quindi non intendono delegare nessuno a rappresentarli nella Commissione, che dovrebbe pertanto limitarsi a una coordinazione dei lavori delle singole armi e alla constatazione che i lavori stessi non escono dalle linee politiche generali tracciate dai grandi Capi.

È vero che, in un primo tempo, il Generale Keitel sembrò accedere, per quanto con una certa riluttanza, alle considerazioni fatte presenti da S. E. Cavallero quanto alla composizione della Commissione italiana, ma è vero anche che, adesso, egli si rendeva conto che una composizione della Commissione italiana che in fatto si ispirasse a criteri diversi da quelli tedeschi verrebbe a metterlo in serio imbarazzo e pregava pertanto vivamente di volerlo evitare.

D'altra parte Weizsiicker -a nome di Ribbentrop -insiste pure per la presenza nella Commissione italiana di un rappresentante autorizzato del Ministero degli Affari Esteri.

lo temo che tutto questo, detto ormai quasi alla vigilia della riunione della Commissione, finisca per mettere in serio imbarazzo proprio noi. Vi vedo, quindi, una ragione addizionale per non procedere ad un inizio immediato dei lavori.

D'altra parte, bisogna pur tener presente, come ha detto sempre S. E. Cavallero, che, specie la Commissione politico-militare, non può lavorare senza un programma o meglio senza delle premesse e delle direttive politiche. Queste premesse sono state, per parte nostra, dettate dal Duce nel noto documento portato dal Generale Cavallero. Esse sono state bensl, in principio, accettate da Fiihrer, ma questi ha tuttavia dichiarato che avrebbe desiderato discorrerne col Duce personalmente. Non sarebbe quindi, anche da questo punto di vista, meglio rinviare il tutto alla seconda metà di agosto, anche per dare ai due Capi il tempo di incontrarsi-essi-nella prima metà?

Attendo, comunque, istruzioni Tue.

(l) Non rintracciato.

429

IL CONSOLE GENERALE A ZAGABRIA, GOBBI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATISSIMO 3653/368. Zagabria, Jo luglio 1939.

Mercoledl 28 corrente il dottor Macek è partito da Kupinaz per incontrarsi a Bled con il Presidente Cvetkovié. Pare vi sia stato anche un incontro a Bled con il Principe Paolo.

Risulta che il signor Cvetkovié ha messo dettagliatamente al corrente il dott. Macek sulle difficoltà incontrate e l'arresto verificatosi relativamente alla applicazione dell'intesa, fra di loro, intervenuta il 27 aprile s.

Il signor Cvetkovié, parlando per incarico personale del Principe Paolo e non in qualità di mandatario della Reggenza, avrebbe insistito presso Macek perchè questi si decidesse a rinunziare alla clausola, in precedenza concordata, di disporre l'assegnazione bosniaca mediante plebiscito. Come ho accennato in precedenti corrispondenze, il dottor Macek risultava pieghevole a tale riguardo. Infatti, si ritiene, presso intimi di Macek, che egli abbia acceduto alla rinunzia, dopo aver fatto valere ancora qualche sua pretesa su un breve tratto bosniaco. (L'improvvisa morte del dottor Spaho potrebbe lasciare adito ad una intesa, se Macek insistesse). Risulterebbe inoltre che sia stata lasciata cadere l'idea della spartizione della Voivodina, mentre Macek ha mantenuto ferma la richiesta dell'assegnazione alla circoscrizione croata di una parte del Sirmio.

In seguito ai colloqui su accennati, l'atmosfera per l'accordo è apparsa assai

chiarita.

Oggi si ritorna a parlare di difficoltà.

Un punto rimasto in sospeso è quello inerente alla liquidazione dei fun

zionari ed impiegati serbi (numerosissimi) in servizio nella futura giurisdizione croata. Macek avrebbe voluto licenziarli senz'altro e !asciarli a carico di Bel· grado, mentre il signor Cvetkovié vuole una liquidazione graduale ed in buone forme.

Altre circostanze che avrebbero ancora frenato il procedere delle trattative non mi sono note. È ripartito un emissario di Macek per Parigi e Ginevra per perorare ancora persuasioni su Belgrado.

Ad ogni modo, attualmente, lo svolgersi delle trattative è considerato con un sensibile ottimismo.

430

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 144. Belgrado, 2 luglio 1939, ore 13,55 (per. ore 16,05).

Mi riferisco al telegramma di V. E. n. 127 (1). Già in data di ieri, prima di aver ricevuto il telegramma di V. E., ho parlato a lungo con Smiljanié dell'atteggiamento di questa stampa negli ultimi giorni.

Smiljanié è intervenuto immediatamente e ha fatto pubblicare stamane sul Politika articolo che sconfessa precedenti interpretazion'i e riconferma tesi politica di questo Governo di fronte impegni Turchia. Comunque riferisco con telegramma per corriere.

431

IL MINISTRO A BUCAREST, GRIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 62. Bucarest, 2 luglio 1939 (per. 7 luglio).

In una recente conversazione da me avuta con Gafencu, questi è tornato spontaneamente sulla questione dei rapporti ungaro-romeni, ribadendo il noto punto di vista di questo Governo quale è stato riconfermato anche da questo Presidente del Consiglio nel suo discorso del 28 giugno (mio telespresso numero 2248/1017 del 28 u. s.) (2).

Gafencu si è anzitutto riportato a recenti dichiarazioni fatte in Parlamento da alcuni deputati e senatori minoritari, del resto assai poco noti o perfettamente sconosciuti e comunque assai dubbiamente qualificati a rappresentare le masse minoritarie, per ribadire la nota tesi che le minoranze etniche godono in Romania di miglior trattamento di quello di ogni altro Paese.

Gafencu ha poi nuovamente messo in dubbio la sincerità del desiderio del Governo ungherese ed in particolare del conte Csaky di giungere ad un accordo con la Romania, e, accennando al diverso atteggiamento che l'Ungheria tiene di fronte a Belgrado ed a Bucarest, ha dichiarato che il Governo romeno è disposto

ad ogni momento a concludere col Governo ungherese un accordo identico a

quello che sarà accettato dal Governo di Belgrado.

Gafencu mi ha infine comunicato che il Governo britannico lo ha subito messo al corrente di un passo compiuto dal Ministro di Ungheria a Londra per porre la questione territoriale della Transilvania (e del quale trovo conferma nel rapporto della Regia Legazione in Budapest comunicatomi da codesto Ministero con telegramma per corriere n. 12878/Prc in data 24 giugno u. s.) (l) nonchè della risposta data da quel Governo al predetto diplomatico ungherese.

(l) -Vedi D. 422. (2) -Non pubblicato.
432

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

(Pubbl. CIANO, L'Europa verso la catastrofe, pp. 435-436, Milano, 1947).

L. PERSONALE 4869. Roma, 2 luglio 1939.

L'attuale momento internazionale, con i suoi possibili sviluppi, ci fa ritenere opportuno, nell'interesse stesso dell'Asse, di essere informati con la maggiore precisione possibile di quelli che sono effettivamente gli intendimenti tedeschi nei confronti del problema di Danzica.

Ho presente quanto hai già riferito sull'argomento con i tuoi ultimi rapporti; occorre ora che tu ne parli con lo stesso Ribbentrop e che egli ci faccia conoscere -anche per l'ipotesi che la questione di Danzica venga sollevata con un movimento all'interno della Città -come si vede costà la situazione e quali sono i reali programmi in proposito.

Il tuo colloquio con Ribbentrop dovrà avere carattere puramente informativo, il che è del tutto logico, dato che noi, che naturalmente non rifuggiamo da nessuna eventualità -nemmeno dalle più gravi -desideriamo conoscere per tempo come stanno le cose per prendere i provvedimenti necessari sia d'ordine militare che morale.

Appena avrai avuto il colloquio con Ribbentrop riferiscine subito il contenuto.

433

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 462. Tokio, 3 luglio 1939, ore 7,10 (per. o1·e 12,45).

Collega tedesco confidato esser convinto della impossibilità d'attendersi molto di più. Ho osservato che opinione Marina ha la massima importanza perchè in

caso di conflitto spetterebbe ad essa la parte principale e la Marina non vuole

impegnarsi fin da ora anche per il caso in cui i sovieti non intervengano.

Collega tedesco teme possa esser dannoso insistere troppo.

Non so se di tutto quanto precede abbia informato Berlino.

(l) Non pubblicato.

434

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 463. Tokio, 3 luglio 1939, ore 7,10 (per. ore 13,45).

Mio telegramma n. 448 (1). Conversazioni Tokio su Tientsin avranno inizio giovedì o venerdì giacchè non tutti i delegati ancora giunti.

Scelta Ministro Kato quale rappresentante del Giappone ha considerevolmente diminuito valore gesto questo Governo anche perchè Ambasciata d'Inghilterra desiderava almeno Vice Ministro. Stampa esprime pessimismo esito conversazioni dato che unica soluzione accettabile sarebbe fine aiuti inglesi a Chang Kai Shek e riconoscimento Governo provvisorio Pechino.

435

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A SOFIA, DANEO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 150. Sofia, 3 luglio 1939, ore 11,30 (per. ore 12,45).

Mio telegramma n. 140 (2).

Kiosseivanov parte oggi per Berlino accompagnato Direttore Generale Affari Politici e altri funzionari. Non è escluso possa fermarsi Belgrado al ritorno.

Stampa ufficiosa e organi informazioni lumeggiano ottimi rapporti bulgarotedeschi e soprattutto importanza relazioni economiche esistenti e affermano che pur mantenendosi neutrale Bulgaria non deve rimanere isolata.

436

L'INCARICATO D'AFFARI A. l. A BANGKOK, PEREGO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 19. Bangkok, 3 luglio 1939, ore 13,20 (per. ore 17).

Conferenza militare decisa anno scorso scopo ordinamento difesa. Sembra che avrebbero dovuto parteciparvi anche Olandesi e Americani almeno come

osservatori. Viceversa si riunirono solo delegati francesi e delegati inglesi. Nell'atmosfera di tensione creata da situazione Tientsin e occupazione giapponese Swatow delegati francesi riuscirono convincere inglesi circa opportunità azione navale dimostrativa congiunta nelle acque Nord Cina. Contribuito questo orientamento Conferenza, durissimo atteggiamento assunto a s.watow da Ammiraglio americano Varnell noto come decisamente anti-nipponico. Senonchè Londra respinse subito proposte Ammiraglio. Conferenza continuò allora in tono minore con scopi puramente tecnici, chiudendo in anticipo in atmosfera di latente irritazione. Risultami che nelle discussioni delegati francesi avrebbero spesso toccato suscettibilità inglese risvegliando tradizionale antipatia dei dirigenti britannici che sono, ed a ragione, piuttosto scettici circa efficienza organizzazione Indocina. Riferisco con rapporto circa lavori coordinamento difesa. Punti dell'accordo sarebbero stati:

l) comando navale unico da affidarsi Ammiraglio inglese;

2) riconoscimento di Singapore come obiettivo capitale difesa;

3) opportunità di organizzare una comune difesa dei centri petroliferi del Borneo settentrionale; 4) necessità assoluta di ottenere alleanza Siam o quanto meno permesso di transito truppe in caso di bisogno.

Governo Siam ha emanato immediato comunicato ufficiale per ribadire politica neutralità. Contemporaneamente veniva sospesa con vivo risentimento degli inglesi una già da tempo preannunziata visita a Singapore di aeroplani siamesi.

(l) -Vedi D. 409. (2) -Vedi D. 385.
437

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

FoN. 400. Berlino, 3 luglio 1939, ore 20,10.

Con riferimento comunicazione telefonica di stamane di S. E. Cavallero, informo che l'Ambasciatore Ritter parte questa sera arrivando a Roma domani alle ore 23 per essere a disposizione di S. E. Cavallero mercoledì. Egli si tratterrà a Roma uno o al massimo due giorni dovendo rientrare a Berlino subito.

Scopo della sua visita è di prendere accordi non nei riguardi del problema dei lavori della Commissione bensì nei soli riguardi della sua composizione.

Le idee del Governo germanico a tale riguardo sarebbero le seguenti: la Commissione deve essere composta di un numero molto ristretto di persone, di grado molto elevato e tali da prendere su di esse la responsabilità di decidere subito sulle questioni di competenza della Commissione.

Da parte tedesca saranno nominati solo Segretari di Stato, Generali Superiori e funzionari di pari grado. Probabilmente saranno nominati: Segretario di Stato al Ministero per l'Economia Nazionale Pecs, Segretario di Stato al Ministero delle Comunicazioni Kleimann, un Generale di Stato Maggiore ed un funzionario del Piano Quadriennale. Non saranno invece nominati rappresentanti dei Ministeri tecnici. Il signor Clodius fungerà da personale collaboratore dell'Ambasciatore Ritter, pur non facendo parte della Commissione.

Per stabilire il coordinamento dei lavori della Commissione del Comitato Governativo, la Germania costituirà un Comitato Interministeriale interno e che come tale non avrà alcun rapporto diretto con eventuali analoghi Comitati Italiani. Ciò non esclude che, in caso di necessità, si costituisca qualche Sottocomitato per determinati studi. Di tali sottocomitati potranno far parte funzionari di grado inferiore. Stando così le cose non vedo l'urgenza della partenza del dottor Ricciardi, la cui presenza eventualmente potrà essere utile costà solo quando si tratterà di formulare il programma dei lavori da affidare alla Commissione.

438

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 13903/235 P. R. Roma, 3 luglio 1939, ore 22.

Vostro 338 del 26 maggio u. s. (1). Sollecitate urgente invio artiglieria antiaerea giusta intesa per fornitura detto materiale.

439

IL VICE DIRETTORE DEGLI AFFARI GENERALI, VIDAU, AL CONSOLE A KATOWICE, BUSI

T. SEGRETO C. 6. Roma, 3 luglio 1939, Me 22.

Partecipasi quanto segue: Attuale evoluzione politica potrebbe costà provocare nuove misure militari e di frontiera. Prego intensificare osservazione e segnalare urgenza ogni sintomo provvedimenti carattere eccezionale o notizie negative.

440

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 32. Belgrado, 3 luglio 1939 (per. giorno 4).

Telegramma di V. E. n. 127 (2).

Mio telegramma n. 144 (3).

Il linguaggio della stampa jugoslava in questi ultimi giorni, specialmente nei commenti alla firma del Patto franco-turco, ha segnato effettivamente una deviazione dall'atteggiamento tenuto sinora dai giornali, in base alle direttive impartite dal Governo, su tale questione di primaria importanza.

Si è potuto osservare in questa occasione una ripresa, più acuta del solito, delle tendenze filo-democratiche che per ragioni varie, illustrate più volte, sono sempre vive allo stato latente in questi ambienti giornalistici e che sono tenute a freno soltanto dalle istruzioni severe del Governo e dal continuo controllo degli organi di questa Legazione. Lo spunto è stato questa volta più accentuato; e si può dire anzi che è stato commesso un passo falso con la pubblicazione, nel numero del 26 corrente del Samouprava che è un piccolo giornale di limitata tiratura, ma il portavoce diretto del Governo e del partito I.R.Z., di un articolo tutto dedicato ad illustrare le benemerenze pacifiste del Patto.

Perciò, dopo ripetuti interventi dell'Addetto stampa presso l'Ufficio competente, ho preso occasione dall'articolo suindicato per parlarne a lungo, e apertamente, con il Ministro degli Affari Esteri Aggiunto che ho veduto sabato scorso 1° luglio. Ho fatto rilevare al sig. Smiljanié che la stampa dava l'impressione, in questi giorni, di esser sfuggita di mano al Governo, che il coro degli inni democratici e pacifisti al patto franco-turco contrastava singolarmente con l'atteggiamento ufficiale del Governo jugoslavo, più volte esposto al Ministro Indelli ed a me, che infine avevo diritto di essere stupito di leggere un simile articolo su Samouprava, che per la sua tiratura non è destinato certo ad illuminare l'opinione pubblica ma piuttosto ad esporre la linea politica del Governo (avrei potuto aggiungere: a costituire spesso un alibi morale, di fronte alle Legazioni d'Italia e di Germania per gli sbandamenti e le «distrazioni » della stampa a grande tiratura).

Trascrivo la risposta di Smiljanié:

l) Ha riconosciuto prontamente, e quasi prevenedo le mie parole, la giustezza dell'osservazione. Per l'articolo del Samouprava pubblicato durante un'assenza del Direttore, mi ha detto che avrebbe subito ordinato un'inchiesta; gli ho chiesto, e mi ha promesso, la pubblicazione di un articolo editoriale che esponesse di nuovo la linea politica del Governo, e cioè la riaffermazione della volontà di rimanere neutrale dell'Intesa Balcanica e le perplessità jugòslave di fronte agli impegni turchi. Ciò che è stato immediatamente fatto con l'articolo comparso sulla Politika di ieri, segnalato a V. E. con fonogramma-stampa. Inoltre tutti i direttori dei giornali sarebbero stati severamente richiamati.

2) Il pensiero del Governo rimane naturalmente invariato. Anche in questi ultimi giorni, mi ha detto Smiljanié, sono state inviate istruzioni a Bucarest ed al nuovo rappresentante jugoslavo ad Atene, di mantenersi in continuo contatto con quei Governi nel senso di opporsi, in collaborazione con essi, a qualsiasi tentativo di applicazione pratica del famoso paragrafo sei dell'accordo anglo-turco. Ad Ankara sono stati fatti passi energici per far presente la decisa opposizione della Jugoslavia ad essere, comunque, e anche indirettamente, coinvolta negli impegni turchi. È a questi passi, mi assicura Smiljanié, che si devono le prudenti dichiarazioni fatte dal Ministro degli Affari Esteri, Saracoglu, in occasione della firma del patto anglo-turco, relativamente all'applicazione del paragrafo sei, dichiarazioni che sono state soppresse dalla Havas nella sua diramazione del discorso.

Ho preso atto delle parole di Smiljani6; ma poichè egli insisteva di continuo sulla «posizione di assoluta neutralità ed equidistanza della Jugoslavia nei confronti dei due blocchi ideologici e politici che dividono l'Europa » ho

osservato che una simile politica non era facile a farsi se non si teneva in

pari tempo conto che l'Italia, grande Potenza confinante su due frontiere di

terra ed una di mare, aveva vasti ed autorevoli interessi di ogni genere in

questa zona europea e che l'atteggiamento della Jugoslavia doveva necessaria

mente conformarsi a questa circostanza di fatto. S.miljanié mi ha assicurato che

è proprio in questo senso che egli e Cincar Markovié intendevano sviluppare

la politica jugoslava di neutralità.

Mi ha promesso che l'atteggiamento della stampa sarebbe stato riveduto

attentamente e che si sarebbe data larga ospitalità ad articoli illustranti il

punto di vista italiano. Questo Addetto Stampa sottoporrà al Ministero della

Cultura Popolare proposte concrete per l'organizzazione e il finanziamento di

tale servizio, sul quale mi riservo di riferire.

Comunque, il tono adottato da alcuni giornali jugoslavi in questi giorni

rappresenta quanto meno un sintomo che non si deve ignorare. Un indice ed

una riprova delle manovre, già segnalate a V. E. con il telegramma per cor

riere n. 031 (1), che si stanno qui svolgendo con largo ed indubbio impiego

di mezzi finanziari per influenzare la stampa in senso anti-Asse e possibilmente

per far deviare il Governo dalla rotta politica alla quale è rimasto finora fedele.

(l) -Vedi D. 28. (2) -Vedi D. 422. (3) -Vedi D. 430.
441

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 33. Belgrado, 3 luglio 1939 (per. giorno 4).

Smiljanié mi ha confermato che Kiosseivanov si sarebbe fermato a Belgrado, in visita ufficiale, al suo ritorno da Berlino. Mi ha detto anche che, se ve ne fosse stato bisogno, si sarebbe incoraggiato Kiosseivanov a resistere alle pressi0ni francesi ed inglesi.

442

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 107. Roma, 3 luglio 1939 (per. stesso giorno).

Il Cardinale Segretario di Stato, che ieri mi aveva invitato ad andare a

vederlo stamane, mi ha informato che l'Inghilterra è decisa d'intervenire con le

armi in aiuto della Polonia nell'affare di Danzica.

Il Cardinale Maglione ha precisato. che la comunicazione che mi faceva ri

specchiava un'altra che aveva ricevuta in via ufficiale.

Ha aggiunto di avere ragione di credere che in Germania si nutrano illusioni

circa un intervento armato britannico a fianco della Polonia. Per questo egli

aveva desiderato fare sapere a V. E. quanto a lui risulta.

22 · Documenti diplomatici-Serie VIII -Vol. XII

Ho ringraziato il Porporato, assicurando che Vi avrei immediatamente riferito la Sua comunicazione.

(l) Vedi D. 364.

443

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO (l)

APPUNTO. Roma, 3 luglio 1939.

l) Iniziativa del Senato di Danzica per un plebiscito che deve dimostrare al mondo il carattere germanico della città.

2) Il plebiscito dovrebbe essere organizzato e controllato da un Comitato di Potenze composto di rappresentanti Germania, Polonia, Inghilterra, Italia, Svizzera, Olanda, Francia.

3) In base al plebiscito le stesse Potenze vedrebbero il destino futuro della Città.

444

MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI (2)

Appunto. Roma, 3 luglio 1939.

I diritti etnici e storici del Reich germanico sulla Città di Danzica mettono il Ftihrer nella posizione più vantaggiosa per concretare, in sede internazionale, la volontà espressa da lui e dalla popolazione danzichese di unire la Città al Reich.

Il Ftihrer potrebbe, sicuro com'è di trovare l'adesione degli abitanti di Danzica, presentare alle Potenze la proposta di indire un plebiscito in quella Città. Tale plebiscito, al quale dovrebbe essere conferita ogni più larga garanzia internazionale, fisserebbe, in maniera solenne, i caratteri etnici e le aspirazioni nazionali della popolazione di Danzica.

Una proposta simile -se accettata -impegnerebbe le Potenze a dover rispettare il responso popolare e ad applicarlo in conformità. Qualora invece la proposta non dovesse trovare adesione delle Potenze, il Fuhrer potrebbe far sì che il Senato di Danzica prenda l'iniziativa di indire un plebiscito avente lo stesso carattere e che dimostri con pari chiarezza, come non vi è vita possibile per Danzica al di fuori del Reich Germanico.

In caso di accettazione da parte delle Potenze il plebiscito dovrebbe essere organizzato e controllato da un Comitato internazionale composto dai rappresentanti della Germania, Polonia, Inghilterra, Italia, Svizzera, Olanda e Francia. È evidente l'utilità di una tale procedura. Le Potenze verrebbero impegnate a trattare su un terreno in cui la Germania è in posizione di naturale ed indiscutibile

vantaggio. L'iniziativa appare utile anche qualora dovesse venire respinta: la posizione polemica della Germania sarebbe evidentemente rafforzata.

Conviene aggiungere che, qualora le Potenze accettassero il principio del plebiscito controllato, sarebbe ad esse devoluto il compito di decidere del destino futuro della Città. Dati i sicuri risultati del plebiscito non vi sono possibili dubbi sulla linea di condotta che le Potenze dovrebbero adottare.

(l) -Autografo di Mussolini senza firma. (2) -L'A. di questo appunto, steso su carta del Ministero, non è stato identificato. Esso va collegato con il D. 432 di cui potrebbe rappresentare, sia lo spunto, sia l'illustrazione ad opera dei collaboratori di Ciano.
445

APPUNTO PER IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO (l)

Roma, 3 Zuglio 1939.

Il R. Ambasciatore a Shanghai prospetta per la nostra concessione a Tientsin le due seguenti soluzioni:

l) aspettare che Tokio ne chieda la retrocessione;

2) procedere senz'altro alla retrocessione stessa, creando un precedente decisivo in favore dei giapponesi, ma negoziandola mediante richieste di compensi che ci assicurino nuove basi per le nostre future posizioni in Cina. Il R. Ambasciatore a Shanghai propende per quest'ultima soluzione e prospetta un piano di compensi da chiedere come contropartita. Se V. E. approva si potrebbe:

l) attendere l'esito delle riunioni anglo-giapponesi di Tokio, che daranno un'indicazione precisa circa le possibilità di ulteriore esistenza dei privilegi stranieri in Cina;

2) preparare nel frattempo progetti concreti per le eventuali contropartite da richiedere in cambio della rinuncia prematura alla nostra concessione; 3) procedere presso il Governo giapponese -che non ci ha mai interessato finora sull'argomento-a qualche discreto e prudente sondaggio al riguardo;

4) porre infine sin da ora la nostra concessione in condizioni di essere trasferita con le minori perdite possibili, soprattutto mediante un tempestivo realizzo dei beni patrimoniali dell'Amministrazione municipale e conseguente trasferimento dei capitali ricavati ad un ente italiano.

446

IL MINISTRO A KABUL, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

.

TEL. 314/120. KabuZ, 3 Zuglio 1939.

Ho fatto presente a questo Ministro degli Esteri il passo prescrittomi dal Vostro telegramma n. 413 (2).

Egli è stato molto preciso nel confermarmi:

l) che la Turchia nel corso delle conversazioni di Teheran ha informato gli altri stati firmatari del Patto di Saad-Abad del suo apprezzamento della politica generale e mondiale e del suo probabile orientamento verso la Francia e l'Inghilterra. Ha poi informato Kabul degli accordi intervenuti prima con l'Inghilterra poi con la Francia;

2) che gli stati firmatari del Patto di Saad-Abad restano liberi di seguire la politica individuale che considerano più consona ai loro interessi;

3) che è ferma intenzione dell'Afganistan di restare in caso di conflitto europeo strettamente neutrale; e che nessuna decisione della Turchia potrà far deflettere .1'Afganistan da una politica che esso ritiene l'unica corrispondente ai suoi interessi.

Mi ha detto di non comprendere le ragioni per cui la Turchia ha avuto tanta fretta nel decidersi. L'impressione che egli aveva riportata dalle conversazioni di Teheran era che la Turchia pur essendo orientata sostanzialmente verso Londra e Parigi avrebbe tenuto più a lungo un atteggiamento oscillante ed avrebbe mercanteggiato di più con le due parti in causa. Non si rende conto delle ragioni che hanno fatto precipitare la sua decisione. Attende schiarimenti dal suo Ambasciatore ad Ankara (l'Ambasciatore di Turchia qui è da sei mesi in congedo). Tuttavia non è lontano dal ritenere, riferendosi alle conversazioni avute con i Turchi a Teheran, che ad Ankara si ritenesse che l'accordo anglo russo si sarebbe fatto senza alcuna difficoltà e che si siano volute bruciare le tappe per avere il merito della precedenza: non esclude quindi che qualora l'accordo anglo-russo non si facesse, la Turchia non metta molta acqua sul suo fuoco antitotalitario.

Non era al corrente di proteste ad Ankara del Governo dell'Irak: comunque è sua impressione che non debba trattarsi di una protesta seria. L'attuale capo del Governo Irakeno è -sono sempre le sue parole -troppo uomo del Governo inglese perchè si possa aspettare da lui un atteggiamento che vada contro i piani britannici. È anche piuttosto scettico sulle reazioni che la cessione dell'Hatay alla Turchia possa produrre nei Paesi arabi. Nei Paesi arabi -mi ha detto -le masse sono nazionaliste, ma non contano; le classi dirigenti sono sostanzialmente filo-inglesi poichè sperano di mantenere con l'appoggio britannico una posizione di privilegio che altrimenti sarebbe difficile sostenere: e da loro c'è da aspettarsi molte parole e poco di concreto.

Mi ha poi accennato con una certa enfasi all'impressione che la Turchia tende a dare all'Inghilterra ed alla Francia, di essere in grado di persuadere l'Afganistan ad allinearsi sulla sua politica. La Turchia lo fa per aumentare la sua importanza, mi ha det!o, e se Inghilterra e Francia ci credono, tanto peggio per loro: si accorgeranno che la politica estera dell'Afganistan si fa a Kabul e non altrove.

A mia richiesta, mi ha escluso nella forma più categorica, che gli sviluppi della politica turca, in funzione del Patto di Saad-Abad possano comunque forzare la mano al Governo afgano od a quello di Teheran. Il Patto di SaadAbad, mi ha detto, non è altro che un impegno da parte degli Stati firmatari a seguire, nei rapporti fra di loro, una politica di amicizia, basata sulla comune tradizione musulmana. Ma questa solidarietà musulmana non può andare più

in là di un certo limite, e nessun Paese, per musulmano che sia, può dimenticare che esso deve in primo luogo difendere i suoi interessi. Ora, nelle circostanze attuali, nessuno potrà persuadere l'Afganistan che esiste un'altra politica che corrisponda meglio ai suoi interessi che quella della neutralità.

Mentre faccio, naturalmente, tutte le mie riserve sulla esattezza delle informazioni datemi da Alì Mohammed Khan sul fatto se e fino a che punto la Turchia abbia informato l'Afganistan degli sviluppi della sua politica, confermo che, allo stato attuale delle cose, sono pienamente convinto che quando Alì Mohammad Khan mi afferma che l'Afganistan intende restare neutrale, mi dice la verità.

S.e una guerra mondiale dovesse scoppiare adesso, l'opinione politica delle masse -intendo la massa incolta -sarebbe sollecitata da due tendenze che si neutralizzerebbero, lasciando quindi al Governo piena libertà nelle sue decisioni. Il giuoco delle alleanze ci porterebbe secondo ogni probabilità ad essere in guerra con l'Egitto e forse anche con la Turchia; il fatto che questi due Paesi sono musulmani porterebbe certamente a delle reazioni poco favorevoli a noi. D'altra parte l'odio profondo che questa gente ha per l'Inghilterra li spingerebbe a volere approfittare del fatto che l'Inghilterra sia in impicci per darle addosso.

L'opinione pubblica intelligente e nazionalista -e tale è, nella sua maggioranza almeno, il Governo -si sta sempre più cristallizzando nell'aspirazione di uno sbocco al mare, a Karachi, attraverso il Belucistan e si rende perfettamente conto che attendersi questo dall'Inghilterra con le buone, è una pia illusione. Ma d'altra parte gli afgani non vedono la probabilità di vittoria così chiaramente dalla parte nostra da potersi rischiare ad un passo che, se fatto puntando sul cavallo perdente, potrebbe significare la fine dell'Afganistan come Paese indipendente.

Qualora il patto anglo-russo non si facesse, le azioni dell'Asse -è naturale -guadagnerebbero qui molti e molti punti. Comunque nel prossimo futuro non possiamo aspettarci dall'Afganistan che una neutralità, più o meno benevola, a seconda che le previsioni siano, a giudizio di qui, più o meno favorevoli a noi: ulteriori sviluppi sono possibili solo qualora la sorte delle armi si dimostrasse a noi nettamente favorevole.

Gli Inglesi che conoscono questo Paese meglio di ogni altro si rendono perfettamente conto che l'Afganistan rappresenta, per la loro frontiera indiana, una bomba potenziale destinata a scoppiare, in caso di conflitto mondiale al momento in cui, sia pure solo apparentemente, le cose si mettessero male per loro. Memori quindi del pericolo corso durante la grande guerra e subito dopo, dovranno sempre lasciare una sufficiente copertura di truppe alla frontiera afgana: e saranno tante divisioni di meno·di cui potranno eventualmente disporre contro di noi. Quindi anche la semplice neutralità afgana è sempre per noi un vantaggio.

Le basi strategiche di cui noi possiamo disporre fanno supporre -e anche di questo è evidente che gli Inglesi si rendano conto -che le comunicazioni fra India ed Inghilterra potrebbero diventare molto precarie; di qui la necessità di assicurarsi una certa possibilità di transito attraverso l'Afganistan con la Russia, e di lì con la via del Nord per l'Inghilterra.

Dato questo è evidente che dovremo attenderci da una azione più o meno

concreta anglo-turco-russa (sempre che il patto antitotalitario si concluda) per

portare l'Afganistan ad un orientamento più ostile a noi. L'azione turca e russa

non ritengo sia molto da temere data la loro ben nota mancanza di tatto e data

la suscettibilità morbosa degli afgani: è anzi probabile che giuochi più in nostro

favore che contro; l'azione più temibile è quella inglese; gli Inglesi conoscono

a fondo questo Paese e la sua psicologia, hanno qui un Ministro capace, che ha

passato dieci anni della sua vita in questo Paese; e sanno quali tasti occorre

toccare per guadagnarsi, in quanto è possibile, l'amicizia afgana. Se un conflitto

mondiale è imminente, nè gli Inglesi avranno il tempo di raccogliere i frutti

di questa politica, nè noi tempo per controbatteria; ma per l'eventualità che il

conflitto mondiale dovesse avvenire a più lunga scadenza, dato che la neutralità

di questo Paese ci interessi -e non si può escludere che lo sviluppo di cir

costanze internazionali ed interne cui ho varie volte accennato nei miei rapporti

sull'argomento, porti anche qualche cosa di più che una neutralità -sarebbe

necessario che noi e i Tedeschi ci si preoccupasse di lavorare con metodo in

questo Paese per controbattere l'azione dei nostri avversari. Mi domando anzi,

se allo scopo di coordinare l'azione delle possibilità nostre e tedesche in questo

Paese, non sarebbe il caso che la questione dei nostri rapporti con l'Afganistan

venga esaminata, in forma più concreta, fra Roma e Berlino, nel quadro e

nello spirito dell'alleanza.

In ogni modo nel caso che V. E. riteniate necessario ed opportuno pro

cedere ad un esame del genere, riferisco con apposito rapporto (l) quello che

a mio avviso occorrerebbe fare.

(l) -Questo appunto, redatto dall'Ufficio 2• della Direzione Generale Affari Transoceanici, reca la seguente annotazione manoscritta: c Istruzioni di S. E. il Ministro: Saremo gli ultimi a restituire le concessioni •. (2) -Vedi D. 263.
447

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 467. Tokio, 4 luglio 1939, ore 5,30 (per. ore 14).

Colonnello Arisoe mi ha detto si sta molto adoperando per cercare di vincere difficoltà che sono frapposte alle richieste tedesche. È stato ricevuto da vari Principi Imperiali e ha conferito a lungo con Ministri Esteri e Marina cioè con quelli che sono due principali oppositori oltre piccolo ma tenace gruppo di gente di Corte. I due Ministri pur non avendo mosso obiezioni positive non hanno mostrato cedere. Tuttavia egli spera molto si giunga trovare qui formula che possa essere accettata dalla Germania. Che se poi ci fossero residue resistenze tedesche da vincere egli proporrebbe chiedere buoni uffici Duce. Io gli ho fatto presente come in ogni caso e quali fossero per essere intenzioni Capo del Governo occorrerebbe trovasse qui prima una formula chiara e precisa sulla quale cinque Ministri fossero pienamente d'accordo.

Da quanto mi ha detto infatti mio collega Germania seconda formula Giappone presentata qualche giorno fa a Berlino da quell'Ambasciatore del Giappone

mentre corrispondeva esattamente al pensiero di questo Ministro Guerra divergeva alquanto da quello del Ministro della Marina.

(l) Non pubblicato.

448

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 401. Berlino, 4 luglio 1939, ore 12,40 (per. ore 14,30).

Anche con riferimento agli attacchi mossi in proposito dalla nostra stampa questo Ministro d'Egitto m'informa essere autorizzato da proprio Presidente del Consiglio smentire in maniera categorica che Egitto voglia entrare in qualunque combinazione militare con la Turchia.

449

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 402. Berlino, 4 luglio 1939, ore 12,40 (per. ore 14,50).

Telegramma di V. E. n. 235 del 3 corrente (1).

Provvedo qui per quanto mi riguarda ma prego pur sollecitare a mezzo Clodius che ora si tròva costì.

Intanto, poichè mi consta che anche la Marina ha fatto una ordinazione per ammontare esattamente uguale, gradirei sapere se si tratti di ordinazioni diverse oppure no e ciò dato accordi me noti contemplano una spesa di 300 e non di 600 milioni.

450

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA

T. PER CORRIERE 451 R. Roma, 4 luglio 1939, ore 18.

Prego far pervenire a codesto Ministero degli Affari Esteri la seguente nota scritta: «D'ordine del mio Governo ho l'onore di fare a V. E. la seguente dichiarazione : Il R. Governo ha appreso dalla stampa l'accordo intervenuto il 23 giugno

u. s. tra il Governo francese e quello turco relativo alla cessione del Sangiaccato di Alessandretta in Turchia.

L'Italia, nella sua qualità di Potenza Mandante (confronta decisione del 25 aprile 1920 del Consiglio Supremo delle Principali Potenze Alleate e Associate, riunitosi a San Remo) ha l'onore di fare ogni e più ampia riserva sul

contenuto di detto accordo, negoziato e concluso senza la sua conoscenza ed il suo consenso, e che appare in evidente contrasto con gli scopi del Mandato e con la volontà delle popolazioni interessate.

Dacchè la stampa ha riportato anche alcune dichiarazioni, scritte e verbali, fatte in tale occasione dal Governo francese e dal Ministro degli Affari Esteri di Francia, il Governo italiano formula eguale riserva nei riguardi di tali dichiarazioni ».

Prego assicurare telegraficamente non appena avvenuta la consegna di detta nota.

(l) Vedi D. 438.

451

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATISSIMO 88. Mosca, 4 luglio 1939, ore 18 (per. ore 23).

Mio telegramma n. 85 (1).

Nel corso della conversazione avuta stamane con Vice Commissario per trattare affari correnti, ho fatto allusione alle conversazioni fra mio collega tedesco e Molotov ed ho detto risultarmi che Governo germanico era realmente e sinceramente desideroso di migliorare sue relazioni con l'U.R.S.S.

Potemkin ha osservato che « buone relazioni fra i due Paesi costituirebbero indubbiamente una delle garanzie di tranquillità efficace per salvaguardia della pace», ma non ha fatto altri commenti. Per parte mia non ho insistito sull'argomento essendo rimasto d'accordo con l'Ambasciatore di Germania che per il momento mio intervento doveva limitarsi a confermare buona volontà tedesca nei riguardi dell'U.R.S.S. Ho domandato poi al Vice Commissario se odierno comunicato circa risposta data da Molotov alle proposte ultime anglo-francesi significasse o meno prossima conclusione di un accordo. Vice Commissario si è mostrato reticente limitandosi a dire che «esiste tuttora punto da risolvere». Si è poi richiamato al discorso del Capo del Governo davanti Consiglio per osservare che il Governo sovietico firmerà soltanto quando tutte (ha insistito sulla parola tutte) le condizioni formulate dal Presidente del Consiglio del Commissariato del Popolo saranno state accettate.

452

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 14006 P. R./238. Roma, 4 luglio 1939, ore 18,45.

R. Ambasciata a Parigi mi telegrafa quanto segue:

« Giannini mi prega comunicare quanto segue: Mi risulta che tedeschi hanno offerto francesi raddoppiare forniture motori aviazione cui consegne

effettuansi già regolarmente ogni settimana. Hanno altresì offerto intera flotta aerea 1200 apparecchi a prezzo liquidazione purchè pagati in divisa. PregoVi comunicarmi se dobbiamo sempre rifiutare ogni richiesta motori aviazione e rispondermi urgenza».

Vogliate effettuare urgenti e definitivi accertamenti riferendomi telegraficamente.

(l) Vedi D. 406.

453

IL CONSOLE A KATOWICE, BUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 22. Katowice, 4 luglio 1939, ore 20 (per. ore 22,30).

È mia personale conoscenza che, in risposta al telegramma n. 6 (1), per ora nessuna nuova misura eccezionale in questa zona di frontiera e nessun sintomo particolare.

454

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

FoN. 403. Berlino, 4 luglio 1939, ore 20,20 (per. stessa ora).

Il comunicato relativo agli Uffici alto atesini di rimpatrio è stato preparato dagli Uffici, ma non è stato ancora approvato da Ribbentrop il quale a sua volta intende sottoporlo al Fiihrer.

Credo che non sarà quindi possibile averlo prima di domani. Avverto ad ogni buon fine che qui non si desidera un comunicato troppo esteso.

455

L'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 170. S. Sebastiano, 4 luglio 1939, ore 20,30 (per. ore 24).

Per ordine del Generalissimo sono state iersera impartite ai Comandanti militari, navali ed aerei istruzioni per la sospensione dei congedamenti delle classi in corso smebilitazione nonchè dei permessi individuali. È stato altresì impartito ordine alle unità navali di tenersi pronte nei porti. Dette misure di carattere precauzionale (che vengono tuttora mantenute segretissime) sarebbero da porsi in relazione con situazione internazionale.

(l) Vedi D. 439.

456

IL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 227. Bucarest, 4 Zuglio 1939, ore 21,45 (per. gio1·no 5, ore 6).

Malgrado smentita ufficiale di cui al mio telegramma 217 (l) continuano circolare in questi circoli giornalistici inglesi e americani voci di accordi politici e militari stipulati o in corso di stipulazione fra gli Stati appartenenti Intesa Balcanica.

Particolare consistenza trova notizia secondo la quale si starebbe concretando

fra tutti gli Stati Intesa Balcanica compresa Jugoslavia accordo per estendere

anche al caso aggressione da parte di Potenze extra-balcaniche garanzie recipro

che attualmente previste nei riguardi Bulgaria.

Questi circoli governativi continuano per parte loro asserire infondate voci

in questione.

457

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BANGKOK, PEREGO

T. 13043/21 P. R. Roma, 4 Zuglio 1939, ore 24.

Vostro 20 (2).

Comunicate ufficialmente che R. Governo è lieto riconoscere senz'altro nuova denominazione codesto Stato e provvede impartire subito disposizioni conseguenti organi ed enti italiani interessati. Potrete aggiungere che Governo Fascista è tanto più lieto procedere immediato riconoscimento in quanto si rende conto ed apprezza in modo particolare motivi che hanno condotto riforma.

458

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A TEHERAN, PETRUCCI

T. 452/45 R. Roma, 4 Zuglio 1939, ore 24.

Vostro telegramma per corriere n. 03 (3).

Questione relativa amministrazione Canale Suez, costituzione Compagnia e tariffe transito ha formato oggetto di articoli e studi su stampa italiana che ha, al riguardo, genericamente esposto nuovo punto di vista su tale questione. Nessun passo è stato sinora compiuto in proposito da R. Governo. Ogni eventuale azione di codesto Governo per tener viva questione in senso conforme ai comuni interessi, non potrà non (ripeto non) essere gradita.

(l) -Vedi D. 353. (2) -Non pubblicato. (3) -Non pubblicato.
459

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI, E AL MINISTRO A BAGDAD, GABBRIELLI

T. 453 R. (1). Roma, 4 Zuglio 1939, ore 24.

Stampa pubblica notizia proveniente da Cairo secondo cui Saudia avrebbe indirizzato all'Iraq una nota nella quale Governo Gedda, richiamandosi agli impegni contenuti nel Patto arabo, lamenta attitudine Governo Bagdad nei confronti situazione in Palestina e Siria e propone più attiva collaborazione fra i due Governi in favore di quei Paesi arabi sotto mandato.

(Per Bagdad) Prego controllare e riferire.

(Per Gedda) Prego possibilmente controllare e riferire.

460

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO

T. 454. R./50. Roma, 4 Zuglio 1939, ore 24.

Resoconti stampa codesta Ambasciata e R. Consolato Generale Smirne riferiscono atteggiamento ostile nei propri riguardi assunto ormai da tempo da stampa turca e che continua.

Ove non abbiate già avuto occasione di richiamare su tale fatto attenzione codesto Governo, fatelo.

Sarebbe opportuno che attacchi cessassero.

Mettete in evidenza che stampa italiana si è astenuta dal rispondere in omaggio criteri, a cui si sono inspirate anche mie recenti istruzioni per Vostre conversazioni con Saracoglu; ma che è evidente che nostra stampa risponderà ove attacchi non cessino, e che responsabilità peggioramento rapporti sarà in tal caso di codesto Governo.

Telegrafate.

461

IL MINISTRO ALL'AJA, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 12. L'Aja, 4 Zuglio 1939 (per. giorno 8).

1'/Iio telegramma n. 8 del 30 giugno (2).

Questo Governo che fin dal 30 giugno aveva fatto pubblicare dalla stampa

sotto forma di informazioni autorizzate -che Governo dei Paesi Bassi aveva avuto nessuna notizia di un'iniziativa inglese a Mosca relativa alla garanzia del territorio olandese, e che Olanda non intendeva partecipare a con

versazioni del genere nè ricevere garanzia da nessuno, ha ritenuto opportuno

fare diramare ieri sera a mezzo dell'Ufficio stampa governativo un comunicato

ufficiale che è del seguente hmore: « Il Governo olandese non è stato in nessun

modo informato delle trattative condotte a Mosca da parte dei Governi inglese

e francese con l'Unione Sovietica, nelle quali sarebbe stata nominata anche

l'Olanda, ed ha appreso le notizie relative dai giornali. Il Governo Olandese

ha trovato occasione in ciò per riconfermare nuovamente il punto di vista tra

dizionale olandese, di tenersi appartato rispetto ai contrasti che sussistono in

questo momento in Europa». Questo comunicato riconferma ancora una volta

il principio della politica olandese di stretta neutralità come viene ripetuto

ormai quasi ad ogni istante, in ogni occasione in cui si diffonda una notizia

od una voce che vorrebbero comunque lasciare intravedere la possibilità che

tale politica venga incrinata; l'ultima smentita secca e precisa riguardava

pochi giorni or sono la voce della partecipazione di ufficiali olandesi alle con

versazioni di Singapore [v. mio telespresso n. 1216/447 del 27 giugno (1)].

E questa volta il Governo olandese ha fatto qualcosa di più: mentre in altre recenti occasioni erano sembrate sufficienti pubbliche dichiarazioni dei principali uomini politici, comunicati-stampa e commenti giornalistici d'intonazione ufficiosa, questa volta il punto di vista olandese è stato precisato anche in via diplomatica a Parigi ed a Londra. Di quale forma e tenore sia stato il passo esperito in quelle due capitali non mi è stato dato di appurare: il Ministro degli Esteri si avvale della circostanz? che il Ministero è dimissionario per non ricevere nessuno, ed il comunicato ufficiale si limita ad un accenno laconico e impreciso, ma qualche maggiore ragguaglio è stato dato a mezzo di un telegramma da Londra al Nieuwe Rotterdamsche Courant (giornale che interpreta di sovente il pensiero del Ministro Patijn) nel quale si comunica che il Ministro olandese a Londra si era recato al Foreign Office per riaffermare ancora una volta esplicitamente la politica olandese di assoluta indipendenza e stretta neutralità. Il mio collega di Germania (che per essere qui da oltre dieci anni è in rapporti di particolare dimestichezza con alti funzionari di questo Ministero degli Affari Esteri) mi ha detto che il Segretario Generale gli aveva dato in via amichevole notizia per telefono della comunicazione del comunicato qualche ora prima che esso venisse diramato. Ministro di Germania che non aveva avuto occasione di intrattenere della questione questo Ministero degli Esteri aveva vivamente ringraziato della cortese comunicazione ed apprezzato la diramazione del comunicato che certamente avrebbe prodotto buona impressione in Germania.

(l) -Il telegramma diretto a Gedda porta inoltre il numero 49, quello diretto a Bagdad il numero 30. (2) -Vedi D. 412.
462

IL CONSOLE GENERALE A MONACO DI BAVIERA, PITTALIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 10. Monaco, 4 luglio 1939 (per. stesso giorno).

In questi ambienti di importatori ortofrutticoli che comprendono parecchi elementi aventi proprietà in Alto Adige (e fra essi alcuni anche di cittadinanza

italiana) è sorto da ieri un notevole stato di agitazione non senza commenti a noi ostili, e ciò in seguito a misure prese·dalle Autorità italiane.

Dette misure consisterebbero nell'invito fatto ai proprietari di immobili in Alto Adige di disfarsi di tali beni entro il periodo di sei mesi se sudditi del Reich e di uno a due anni se allogeni colà residenti.

Uno di tali importatori che si è rivolto per notizie all'Ufficio Centrale di Stoccarda della ben nota Lega per il germanesimo all'estero ne avrebbe avuto in risposta che il fatto è «purtroppo vero e senza precedenti nella storia».

Sarei grato a V. E. se credesse fornirmi qualche precisazione sull'argomento che possa valere anche a mia norma di linguaggio in un ambiente come questo che per ragioni di violenza e per la propaganda irredentista di cui è stato oggetto per tanti anni è particolarmente sensibile e prevenuto in materia di Alto Adige.

(l) Non pubblicato.

463

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PERCY LORAINE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO (l)

Pro memoria

Roma, 4 luglio 1939.

The European situation has once again become so threatening that, remembering what Signor Mussolini said to the Prime Minister and the Foreign Secretary in Rome when the Duce declared that ltaly wanted peace for the development of her resources, the Prime Minister has no hesitation in drawing Signor Mussolini's attention to certain facts.

At the present moment Danzig is the principal source of European uneasiness. There is no doubt that very ominous preparations are being made there. Men and arms are entering the city from Germany and the fact that the men are ostensibly « tourists » does not disguise their military character. It is reported that all this activity is the prelude to a declaration by the Danzig authorities of their decision to join the Reich and it is said that this declaration will be accompanied by a display of military force backed by assurance of military assistance from the German Government if Poland should inter:fere to prevent the transfer in this way.

Such a chain of events would undoubtedly lead immediately to a European war, for the United Kingdom is absolutely united in its determination to carry out its pledges to Poland and the position is the same in France.

Before plunging Europe into such a catastrophe, it is right to examine the situation to make sure that it is clearly understood.

The population of Danzig is predominantly German and the administration of Danzig is now in German (hands. They claim) therefore that it constitutes a ... thre(at) ... ny cannot be based on the ground that the Germans there are subjected to oppression.

And there are two facts that have to be recognised: first, that the Germans in Danzig depend for their prosperity on Polish trade, and secondly that Poland's economie existence depends on her free access to the sea which is commanded by Danzig. The present régime in Danzig, though it may not be perfect, is so framed as to take account of these considerations.

Objection to the transfer of Danzig arises first from the idea that the transfer would be imposed by force or the threat of force, instead of by discussion. Secondly, it arises from the fact that the (Poles) believe that the desire of the German Government to effect the transfer is prompted not ..... se ..... but by their intention to ..... ea ..... inting at the heart of Poland. Apart from ..... (so) that the (country's) economie life would be gravely prejudiced; the Poles are convinced, with the example of Czechoslovakia before them, that if Danzig became a part of the Reich, it would be transformed into a military base and used for the purpose of ultimately dismembering their country and destroying its independence.

If they are right in their belief, then it is certain that Germany cannot bave Danzig without a war in which Italy, Great Britain and the peoples of many other countries who have to-day no quarrel with one another will be involved.

But if the German Government have no such intentions and are willing to give proof that the suspicions above mentioned are without foundation, then it ought to be possible, as the atmosphere cools, for the German and Polish Governments to enter (into negotia)tions (in order to) find a peaceful settlement (of their dif)ferences. That is how the position appears to His Majesty's Government and the Prime Minister has thought it right that Signor Mussolini should be warned of the dangers he sees ahead before they come upon us.

(l) Le parole tra parentesi rappresentano la ricostruzione probabile di punti non sicuramente leggibili. I puntini sostituiscono le parti rese indecifrabili dall'umidità.

464

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. SEGRETO-PERSONALE 4470/2003. Parigi, 4 luglio 1939.

Come informato con mio telegramma n. 118 del 3 corrente (1), Bonnet ha pranzato ieri sera in questa Ambascia~a.

Non ho avuto modo di scambiare con lui che poche parole nei riguardi della situazione internazionale. Egli mi ha detto che, nel suo incontro di sabato scorso con questo Ambasciatore di Germania, si era richiamato principalmente alla dichiarazione franco-tedesca del 6 dicembre scorso, relativa alla reciproca consultazione, ed ai suoi rapporti personali con il signor Ribbentrop. Ha ammesso però che le voci allarmistiche sparse l'altro giorno provenivano, come anche in occasioni precedenti, da Londra ed erano diffuse con particolare compiacenza dallo Stock Exchange per evidenti ragioni di carattere speculativo. Nei riguardi delle nostre questioni -senza che io gliene avessi chiesto -mi ha accennato ancora

una volta alle difficoltà derivanti dall'atmosfera attuale, il che mi ha dato occasione di ripetergli che il miglior modo per cambiare l'atmosfera è proprio quello di risolvere le questioni stesse o almeno di cominciare a dimostrarsi disposti a risolverle.

Invece il deputato Archimbaud, che assisteva al pranzo, mi confidò che dopo il pubblico discorso che egli aveva fatto giorni or sono in favore di un miglioramento dei rapporti italo-francesi, Daladier lo aveva fatto chiamare e gli aveva detto esplicitamente di essere personalmente disposto a risolvere le questioni italiane, ma di averne ricevuto proibizione dall'Inghilterra fino a che la situazione politica generale non fosse cambiata.

Non sono naturalmente in grado di controllare tale informazione del deputato Archimbaud.

Stamane ho creduto opportuno far visita a questo Ambasciatore di Germania per chiedergli precisioni sul suo colloquio con Bonnet. Il Conte Welczeck mi ha detto che Bonnet cominciò col porgli domande sui movimenti di uomini e di armi a Danzica, al che egli rispose anzitutto che non ne era informato e poi che tali movimenti potevano essere giustificati dalla necessità in cui si trovavano le autorità di Danzica di difendere la città contro eventuali minacce polacche. Dopo una rievocazione degli avvenimenti politici accaduti in seguito agli accordi di Monaco, Bonnet consegnò all'Ambasciatore di Germania una nota scritta in cui si avverte perentoriamente il Governo tedesco « che se in seguito ad un eventuale cambiamento dello statu quo a Danzica sorgesse un conflitto tedesco-polacco, la Francia adempirebbe immediatamente agli impegni presi verso la Polonia». Welczeck mi ha detto che Bonnet non gli fece cenno della dichiarazione franco-tedesca, come è apparso nei giornali, ma si limitò a consegnargli la detta nota accompagnandola con parole cortesi ma ferme sulla necessità di stabilire bene a chi sarebbero toccate le responsabilità nel caso dello scoppio di una guerra.

Ho chiesto a Welczeck quali fossero le sue impressioni sul passo compiuto da Bonnet ed egli mi ha detto essere sicuro non trattarsi di una minaccia o di un bluff, ma di una definitiva presa di posizione da parte della Francia. Ha aggiunto confidenzialmente non credere che in Germania si vogliano forzare le cose almeno nei prossimi tempi. Secondo Welczeck però Ribbentrop sarebbe, malgrado tutto, convinto che l'Inghilterra e la Francia non oserebbero muovere un dito contro la potenza militare tedesca, anzi lo stesso Ribbentrop non ammetterebbe altre possibilità di avvenimenti, proprio come accadde nel 1914 quando la Germania non credette all'intervento inglese e poi a quello americano. Welczeck invece pensa che Hitler considera con maggiore ponderazione e senso di responsabilità i pericoli che potrebbero derivare da una situazione da cui presto o tardi finirebbe per scaturire un conflitto generale. Queste sarebbero state le impressioni avute da Welczeck nel suo recentissimo viaggio in Germania, durante il quale non vide il Fiihrer ma solo Ribbentrop, che lo trattò da « diplomatico di vecchio stile » e da persona che vedeva le cose soltanto attraverso le «lenti francesi». Ribbentrop sarebbe d'a!tra parte convinto della efficacia dell'attuale stato di tensione e di mobilitazione militare sui nervi tanto inglesi che francesi ed avrebbe preso in giro Welczeck il quale cercava invece di dimostrargli come appunto la presente situazione unisce e rafforza i diversi elementi di queste due nazioni piuttosto che indebolirli.

Nello stesso viaggio in Germania Welczeck ha visto Coulondre, ambasciatore di Francia a Berlino, il quale gli avrebbe espresso la convinzione che la Russia non aderirebbe mai alle proposte anglo-francesi. E ciò sia perchè tanto in caso di vittoria che in caso di sconfitta l'attuale regime russo sarebbe destinato a trasformarsi, e sia anche perchè la Russia non ha interesse a prendere impegno di garantire militarmente proprio quegli Stati Baltici e quella Polonia verso cui non ha abbandonato le speranze di riprendere una politica di assorbimento. •

Nella conversazione avuta con l'Ambasciatore di Germania abbiamo parlato anche della prossima rivista del 14 luglio (che sarà una grande manifestazione militare anglo-francese) e dell'opportunità per noi di assistervi. Abbiamo considerato miglior partito intervenirvi, salvo naturalmente contrari ordini di V. E. Welczeck mi ha detto nel massimo segreto che otto ufficiali tedeschi in borghese verranno a Parigi per rendersi personalmente conto della detta manifestazione militare.

Terminando il colloquio Welczeck mi ha ancora parlato dell'azione deleteria che continua a svolgere questo ambasciatore d'America, signor Bullitt, il quale è da considerarsi il nostro peggior nemico. Specialmente notevoli sono state le sue pressioni sul Governo francese per la conclusione dell'accordo con la Turchia.

Mi permetto pregare V. E. di non comunicare a Berlino quanto mi è stato detto da W elczeck, poichè egli si è espresso meco in tutta confidenza, dati i rapporti personali che ci legano da molti anni.

(l) Non pubblicato.

465

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESS. RISERVATO 4974/1507. Berlino, 4 luglio 1939.

Ho avuto oggi l'occasione di vedere l'Ammiraglio Canaris e gli ho domandato cosa pensasse delle disposizioni di Franco a stringere legami politici più intimi con le potenze dell'Asse.

Egli mi ha risposto che in occasione della presenza qui di Aranda, Queipo de Llano etc. aveva fatto vari sondaggi in materia che, a dire il vero, avevano dato risultati positivi e comunque incoraggianti.

Non ostante ciò, tuttavia, egli diceva di essere sicuro che così Franco come Jordana sono in questo momento -anche per considerazioni economico-finanziarie -contrari ad una alleanza con chicchessia, avendo paura che la Spagna possa essere trascinata in una guerra di cui finirebbe col diventare -data la sua attuale grandissima debolezza -la vittima fatale ed immancaqile. In caso di guerra, quindi, l'Asse potrebbe -ora -far conto soltanto sopra una benevola neutralità spagnuola.

Canaris ha aggiunto ch'egli intende recarsi in Spagna nuovamente il 13 del corrente mese.

466

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATISSIMO 4977/1509. Berlino, 4 luglio 1939.

Ricevuta ieri sera la lettera dell'E. V. in data 2 corr. n. 4869 (l) io non ho mancato di domandare immediatamente udienza a Ribbentrop. Questi è bensì ritornato in città oggi ma, non ancora rimesso perfettamente dalla sua indisposizione, non è uscito di casa.

Saranno tuttavia frattanto pervenute all'E. V. le notizie di cui alla mia del l o corrente n. 4897 l 1479 (2) e che avranno già dato una idea di quella che potrà essere anche la risposta di Ribbentrop.

Il punto dubbio, in fondo, non è se la Germania voglia o no adesso una guerra -essendo certo che essa non la vuole -ma se essa ritenga che un colpo su Danzica (escluso il Corridoio) potrebbe esser tentato senza incorrere in una guerra. È qui che l'opinione di Ribbentrop diventa a mio parere pericolosa, in quanto egli si illude che, dopo tutto e non ostante tutto, l'Inghilterra e la Francia -per la sola Danzica -finirebbero col non muoversi.

Continua, intanto, la «guerra dei nervi » e si annuncia per il 23 corrente una visita a Danzica dell'incrociatore Konigsberg, visita a cui la stessa Polonia non ha creduto potersi opporre. Mi si smentisce -invece -autorevolmente la visita a Danzica del Fiihrer. Si ammette, d'altra parte, l'entrata a Danzica di

cannoni. La preoccupazione, e direi quasi ossessione, per un possibile colpo su Danzica a brevissima scadenza, non può quindi a meno di continuare.

Stamane è improvvisamente tornato da Karlsbad, interrompendo la sua cura, il Ministro di Egitto. Le scuole di Paesi cosiddetti neutri (Belgio) stanno licenziando, per sicurezza, i loro scolari di origine straniera. Italiani che si trovano in Svizzera in vacanza domandano se debbano rientrare immediatamente. I segni di questa inquetitudine sono innumerevoli, ma la Germania sembra, in fondo, non preoccuparsene o, almeno, non fa nulla per calmarla. Anche questo fa -forse -parte della guerra dei nervi.

Oggi è partito per Londra l'Ambasciatore Henderson, il quale si reca colà soprattutto a consultare i suoi medici ma, nell'occasione, vedrà naturalmente tanto Chamberlain, che Halifax. Non si fa, peraltro, in proposito troppe illusioni. Fra l'altro, la sua parola ha -dopo l'annessione della Cecoslovacchia -perduto al Foreign Office molto del suo peso.

23 -Documenti diplomatici-Serie VIII-Vol. Xli

(l) -Vedi D. 432. (2) -Vedi D. 427.
467

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A SOFIA, DANEO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 3374/1408. Sofia, 4 luglio 1939.

Mio telegramma n. 151 del 4 luglio (1).

Il Presidente del Consiglio, accompagnato dalla Signora Kiosseivanov e dalla figlia, è partito ieri sera per Berlino. Lo accompagnano nel viaggio il ff. Segretario Generale al Ministero degli Esteri, Ministro Plenipotenziario Altinov, il Direttore Generale per la Stampa, Serafimov, il Primo Segretario di Legazione, Chichmanov ed il ff. Capo di Gabinetto, Dr. Péev. Il Ministro di Germania a Sofia, barone von Richthofen, si trova già a Berlino da un paio di giorni per attendervi l'ospite.

Ho visto, due giorni prima della sua partenza, il Ministro Altinov, che ho trovato reticente ed insolitamente poco loquace. Con un certo imbarazzo, ricordando quanto mi aveva detto la settimana prima [mio telegramma per corriere n. 098 (2)], ha tenuto a spiegare il mancato viaggio di Re Boris in Italia fra l'altro con la presenza a Firenze del Re di Grecia che, «nello stato attuale dei rapporti bulgaro-greci, il Sovrano non teneva affatto di incontrare». Si è affrettato ad aggiungere, non richiesto, che il viaggio di Kiosseivanov a Berlino non escludeva la possibilità nel futuro di una visita anche a Roma, ove peraltro il Re aveva già avuto occasione di esporre recentemente il punto di vista bulgaro. Ha convenuto tuttavia che dal febbraio ad oggi la situazione nei Balcani è radicalmente mutata: e mi ha lasciato intendere che la visita di Kiosseivanov a Berlino, concordata in massima fin dal dicembre ma sempre procrastinata in attesa di eventi, è stata finalmente decisa a seguito del viaggio di Gafencu ad Atene ed Ankara che avrebbe fatte cadere le ultime illusioni bulgare sulla possibilità di un accordo con l'Intesa Balcanica.

Le reazioni dell'opinione pubblica alla visita di Kiosseivanov a Berlino sono generalmente favorevoli. L'evento era atteso e, in questi ultimi tempi, desiderato: forse però nel pubblico se ne scontano troppo gli effetti in anticipo e con qualche eccessivo ottimismo.

La stampa tuttavia mantiene un tono abbastanza riservato: particolarmente significativo è il breve articolo, che allego in traduzione (3), del deputato Petko Stoyanov, una fra i capi più intelligenti della opposizione, sullo Slovo del 28 u. s. In esso il Prof. Stoyanov, alla vigilia dell'annuncio ufficiale del viaggio di Kiosseivanov, mette in guardia il Paese dal pericolo di vincolarsi a Stati

-o gruppi di Stati che stanno per entrare in conflitto ed osserva che la Bulgaria potrebbe unire le proprie forze a quelle della Jugoslavia in una «vigilante attesa». La tesi dello Stoyanov non è nuova e non è certamente inspirata a fonti favorevoli all'Asse: ma è perciò tanto più interessante il rilevare che la censura governativa ne ha permessa la pubblicazione proprio nel momento in

cui la Bulgaria sta facendo un passo che potrebbe essere interpretato di avvicinamento alle Potenze dell'Asse.

La stampa ufficiosa è naturalmente la più calorosa: la Parole Bulgare del 2 dichiara che la Bulgaria è legata alla Germania da una indissolubile amicizia cementata dalla fraternità d'armi «indimenticabile» stabilita nella grande guerra. I rapporti di amicizia e la simpatia reciproca sono aumentati nel dopoguerra per le amare delusioni da entrambi patite. Lo Dnes del 3 espone gli stessi concetti, aggiungendo che il popolo bulgaro nutre grandi simpatie per la Germania ed ammirazione per l'opera del Fuehrer: una Germania forte e potente costituirà il miglior elemento per la conservazione della pace, e la visita di Kiosseivanov a Berlino, espressione dell'amicizia fra i due Paesi, sarà un contributo agli sforzi per la pacificazione generale. Oggi lo Dnes torna sull'argomento, rilevando soprattutto i rapporti economici che legano la Bulgaria alla Germania; dopo di aver constatato che la Germania è un Paese danubiano con «interessi vitali nell'economia dell'Europa sudorientale », l'articolo confuta il parere di coloro che ritengono pericoloso per la Bulgaria di avere soltanto uno sbocco per i proprii prodotti. « Francia e Inghilterra, osserva lo Dnes, non possono assorbire la nostra produzione. Ed il !imitarla, soltanto perchè non possiamo esportare in Francia ed Inghilterra, sarebbe un grave errore. Il mercato tedesco è per noi buono e sicuro: sappiamocelo conservare ».

Il conservatore Mir, nell'editoriale del 1° u. s., ritiene che la visita di Kiosseivanov sarà assai utile come presa di contatto per far comprendere quale sia la posizione attuale della Bulgaria; inoltre il giornale accenna ai reciproci interessi economici che richiedono appunto incontri più frequenti fra gli elementi responsabili dei due Paesi. In un secondo editoriale di ieri il Mir sviluppa gli stessi concetti, precisando che la visita a Berlino sarebbe parte di un piano prestabilito dal Governo bulgaro per chiarire all'estero il suo atteggiamento. Intorno all'atteggiamento bulgaro ed alle richieste nei confronti di altri Paesi balcanici si sarebbero creati all'estero sospetti che è necessario dissipare e pregiudizi dannosi alla Bulgaria. Questo è stato uno dei Paesi più duramente trattati alla Conferenza per la pace, ed esso ora cerca « in via pacifica ed amichevole » di ottenere la correzione delle ingiustizie patite. Compito unico di Kiosseivanov «all'estero» è pertanto di sottolineare l'immutata politica della Bulgaria. Il giornale, notoriamente non favorevole all'Asse, continua dicendo che «per ora» Kiosseivanov si reca a Berlino: «Oltre all'interesse politico di mantenere rapporti amichevoli con la Germania, noi abbiamo con essa vitali interessi economici. Nel caso specifico vi è anche un dovere protocollare, quello di restituire la visita di von Neurath. Ma il viaggio di Kiosseivanov in Germania, come in qualsiasi altro Paese, non può avere per scopo di vincolarci con un gruppo di Potenze; tenendo presente la situazione in cui ci troviamo, ciò potrà essere facilmente chiarito. Questo, e l'assicurazione verso tutti della nostra immutata politica pacifica, è a nostro avviso l'unico scopo del viaggio di Kiosseivanov ».

Lo Zora del 2, nell'articolo che allego (1), saluta invece il viaggio come indice dell'uscita della Bulgaria dall'isolamento. Pur mantenendo «per ragioni

non soltanto politiche» la sua neutralità, la Bulgaria non deve rimanere sola

ed isolata per non correre il rischio di cadere preda dei suoi nemici. Il giornale

non spiega tuttavia come la Bulgaria, senza uscire dalla più stretta neutralità,

possa procurarsi e mantenersi i possenti amici che invoca.

Lo Slovo di ieri infine sottolinea la posizione fortissima raggiunta dalla Germania che, dopo di aver fatto crollare il sistema di Versailles, promuove con l'Italia la revisione dei trattati di pace e la ricostruzione dell'Europa. Il giornale continua dicendo che, se il Principe Paolo, Cincar Markovié e Gafencu hanno creduto doversi recare a Berlino, nulla di strano o di eccezionale che anche il Presidente del Consiglio bulgaro compia lo stesso viaggio. La Germania è diventata ormai una vicina dei Paesi balcanici, e la grande via danubiana si inizia nel Reich: essa è il mercato naturale dei prodotti agricoli sudeuropei. Dopo di essersi dilungato sui rapporti economici bulgaro-tedeschi, il giornale conclude affermando che l'attuale visita di Kiosseivanov a Berlino, come quella di von Neurath a Sofia due anni or sono, non nasconde alcuno scopo recondito « perchè la politica bulgara è stata sempre sincera e non ama le sorprese».

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicato. (3) -Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

468

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BELGRADO, GUIDOTTI, E AL MINISTRO A BUCAREST, GRIGI

T. PER CORRIERE 458 R. Roma, 5 luglio 1939, ore 8.

Si allega copia di comunicazioni scambiate colla R. Ambasciata ad Ankara.

Richiamo la Vostra attenzione su quanto è detto nel rapporto De Peppo del 20 giugno u. s. (l) a proposito della Jugoslavia e della Romania e particolarmente sulla seguente considerazione:

«Giova notare che Saracoglu nel parlare delle frontiere terrestri della Turchia non contempla che quelle balcaniche, escludendo quindi una garanzia verso la Russia, e ammette che la Jugoslavia e anche la Romania possano in un conflitto generale trovarsi dalla parte opposta alla sua».

Del rapporto De Peppo potrete opportunamente parlare, in via confidenziale, con codesto Ministro degli Esteri.

469

IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 69. Berna, 5 luglio 1939, o1·e 11,45 (per. ore 16,10).

Motta mi ha detto di essere stato informato da Roma che in autorevoli ambienti si sarebbe affermato che la Svizzera è ormai già legata alle Potenze Occidentali: ha dichiarato questa affermazione falsa ed offensiva per lui. Chiestogli quali fossero tali ambienti mi ha risposto che gli constava che anche il

Ministro Ciano aveva detto stessa cosa: avrebbe incaricato Ruegger di portare a V. E. una sua lettera di smentita. Gli ho risposto che mi sembrava molto male informato da Roma ed ho aggiunto che la francofilia unanime della stampa svizzera e della opinione pubblica dànno impressione che la neutralità sia precaria, che la Svizzera fa male a non protestare contro le garanzie franco-inglesi ed a non rifiutarle mentre protestano ·e le rifiutano tutti gli altri Paesi neutri, e che i numerosi discorsi dei suoi colleghi di Governo, presentando la Svizzera minacciata di guerra e di invasione, hanno aumentato la già esistente animosità contro le Potenze dell'Asse. Tutto ciò non poteva dare buona impressione della neutralità svizzera. Motta ha protestato contro queste ultime dichiarazioni tentando giustificare suoi colleghi e affermando che la politica estera è fatta soltanto dal Consiglio Federale e che la Svizzera sicura di sè stessa non sente il bisogno di fare le proteste degli altri Stati neutri. Segue rapporto più dettagliato per corriere.

(l) Vedi D. 289.

470

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 153. Varsavia, 5 luglio 1939, ore 14,40 (pe1·. ore 19,30).

Notifica che il Governo tedesco ha fatto a quello polacco nella forma di uso della visita a Danzica per il prossimo mese dell'incrociatore «Konigsberg » è stata interpretata favorevolmente negli ambienti politici polacchi quale un indizio che la Germania riconosce tuttora alla Polonia la rappresentanza estera della Città Libera.

D'altra parte però notizie che continuano a giungere da Danzica su apprestamenti militari mantengono vivo stato di allarme opinione pubblica che questo Governo si sforza di calmare assicurando di essere pronto contro qualsiasi sorpresa.

Secondo informazioni che mi riservo di controllare Governo polacco avrebbe avuto intenzione rimettere Senato Danzica una nota per intimare di cessare dai minacciosi preparativi in corso di carattere militare ma presentiti a riguardo Governo Londra e Parigi ne sarebbe stato da essi dissuaso.

471

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A TEHERAN, GIARDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 67. Teheran, 5 luglio 1939, ore 14,50 (per. ore 17,20).

In ambienti politici iraniani trattative in corso per conclusione accordo anglo-franco-russo vengono seguite con crescente interesse in quanto è da esito delle stesse che ritienesi dovrà dipendere futuro orientamento Persia. Prima .:onseguenza conclusione accordo predetto accerchiamento Persia da parte della Gran Bretagna e suoi satelliti, è comprensibile come questi circoli dirigenti sperino in fallimento trattative per poter salvaguardare almeno in parte loro libertà d'azione e pertanto guardino oggi a Mosca con (1).

472

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

FoN. 404. Berlino, 5 luglio 1939, ore 18,20 (per. stessa ora).

Telegramma di V. E. n. 238 (2).

È dunque vero che Ditta Walter trovavasi avere concluso con Francia contratto fornitura 250 motori per ammontare circa 200 milioni franchi francesi. Essa aveva compiuto per questa fornitura lunga costosa attrezzatura speciale testè terminata e che sarebbe altrimenti affatto perduta. Tenuto presente questo e guadagno divisa che contratto implica, Maresciallo Goering ha eccezionalmente autorizzato consegna motori che incomincerà soltanto ora.

È anche vero che stessa Ditta ha ricevuto offerta per altri 200 motori ma offerta non è stata ancora accettata e, se opportuno, potrà essere declinata. Nessuna decisione comunque è stata presa in proposito.

Altra informazione circa vendita 1200 apparecchi è destituita fondamento.

473

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 148. Belgrado, 5 luglio 1939, ore 18,.'W (per. ore 20,10).

Mi riferisco al mio telegramma per corriere n. 033 del 3 luglio corrente (3).

L'incontro e le conversazioni di ieri fra Cincar Markovié e Kiosseivanov

hanno avuto il carattere di una prima presa di contatto e di un esame molto

sommario della situazione.

Qui si ostenta la certezza che la Bulgaria uniformerà la sua politica a

quella della Jugoslavia.

I colloqui proseguiranno comunque al ritorno del Capo del Governo bul

garo da Berlino.

Non è stato ancora deciso se incontro avrà luogo a Bled o a Belgrado.

3S8

(l) -Mancano due gruppi. (2) -Vedi D. 452. (3) -Vedi D. 441.
474

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

FON. IN CHIARO 406. Berlino, 5 luglio 1939, ore 20 (per. stessa ora).

Dopo ripetute consultazioni fra tutti organi interessati, è stato deciso di soprassedere per ora alla pubblicazione di un qualunque comunicato sui rimpatri degli alto-atesini.

Spero poter ottenere maggiori particolari domani dallo stesso Ribbentrop col quale ho già fissato un appuntamento anche in relazione lettera personale

E. V. n. 4869 del 2 corrente (1).

475

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 407. Berlino, 5 luglio 1939, ore 20.

Decisione di cui mio fonogramma in chiaro n. 403 (2) sembra essere stata presa su espresso desiderio del Fiihrer ed essere dovuta soprattutto a ragioni di politica interna.

476

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. URGENTISSIMO PER CORRIERE AEREO 459 R. Roma, 5 luglio 1939, ore 20.

In relazione al recente accordo con il quale la Francia ha ceduto alla Turchia il Sangiaccato di Alessandretta, sono state impartite istruzioni alla

R. Ambasciata a Parigi di far pervenire al Quai d'Orsay la nota di cui si allega copia (3), e che verrà resa pubblica non appena la R. Ambasciata a Parigi riferirà di aver provveduto a consegnarla al Quai d'Orsay.

Sono state in pari tempo impartite istruzioni ai RR. Ambasciatori a Londra, Tokio e Washington di dare comunicazione a quei Governi della nota che viene rimessa al Quai d'Orsay.

Prego dare urgente notizia di quanto precede a codesto Governo, prospettando l'opportunità che, quando la nota di cui trattasi verrà pubblicata dalla stampa italiana, la stampa del Reich la commenti opportunamente. Codesta stampa, oltre a fare valere il fondamento giuridico e politico della riserva italiana contenuta nella nota predetta, potrebbe anché porre in evidenza come la cessione di Alessandretta, già grave in sè, lo sia ancora più in quanto mani

festazione di una politica che tende palesemente a trasformare i mandati in territori di diretto dominio. Altre manifestazioni di questa politica sono: il rifiuto della Francia a ratificare i trattati franco-siriano e franco-libanese, la decisione francese di distaccare intere regioni siriane (Gebel Druso, Alauiti, Alta Gezirah) dal controllo del Governo di Damasco, proclamandone l'autonomia, le dichiarazioni di Bonnet sulla « perennità » degli obiettivi francesi nel Levante. Tale politica di arbitraria e illegale trasformazione dei mandati costituisce un pericolo non solo nei riguardi dei mandati orientali, ma anche nei riguardi dei mandati africani di cui la Germania richiede la restituzione.

Prego assicurare.

(l) -Vedi D. 432. (2) -Vedi D. 454. (3) -Si tratta della nota contenuta nel D. 450.
477

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO AL CAIRO, MAZZOLINI

T. 14125/101 R. R. Roma, 5 luglio 1939, ore 22.

R. Ambasciata Berlino in data 4 corrente telegrafa quanto segue (l):

Prego adoperarVi in modo opportuno per provocare possibilmente smentita diretta da parte di codesto Governo.

478

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 108. Roma, 5 luglio 1939 (per. 6 luglio).

Ieri stesso, dopo la visita del Marchese d'Ajeta, mi sono messo in comunicazione con il Cardinale Segretario di Stato per combinare un incontro per stamane. Il Cardinale Maglione avendo impegnata la mattinata di oggi nelle Congregazioni, è venuto a vedermi iersera.

Gli ho fatta la comunicazione della quale sono stato incaricato, relativa all'accordo ormai concluso con il Reich per le popolazioni tedesche e allogene dell'Alto Adige. Ho detto al Porporato che un ostacolo all'attuazione dell'accordo stesso avrebbe potuto venire dall'atteggiamento del clero dell'Alto Adige se questo avesse osteggiato la partenza degli allogeni. Ho rammentato al Cardinale che non solo lo spirito, ma la lettera del Concordato (art. 20), garantivano allo Stato Italiano la perfetta lealtà del clero.

Il Cardinale Maglione mi ha ascoltato in silenzio, mi ha chiesto alcune delucidazioni che gli ho fornite e mi ha detto, alla fine, che ne avrebbe riferito al Santo Padre.

Il Porporato ha portato, poi, il discorso sulle cose di Germania per dirmi che vanno decisamente male e che si nota un peggioramento.

Le autorità del Reich, quelle centrali, hanno venduto molte parole, ma di fatto la « persecuzione » ai cattolici continua indefessa specialmente in Baviera e in Austria. Anche la stampa, che aveva assunto un atteggiamento moderato dopo l'elezione del Pontefice, ha ripreso i suoi attacchi. Il Cardinale aveva presentato al mio collega di Germania due grandi manifesti (alti un metro circa) con disegni sconvenienti raffiguranti Pio XI e Pio XII. Il Cardinale Segretario di Stato ha concluso che nessuno potrà dire che il Papa non abbia fatto di tutto per venire a un accordo. Anche volendo ammettere la buona fede del Flihrer e del suo Ministro degli Esteri, non si poteva a meno di constatare l'opposizione assoluta fra le parole e i fatti. Se non intervenisse, a brevissima scadenza, un miglioramento radicale nella situazione il Papa parlerebbe e lo farebbe in tono tale da non consentire equivoci. Da più parti, riferisco sempre le parole del Cardinale, si era manifestata sorpresa pel silenzio del Santo Padre di fronte alla demolizione del cattolicesimo perpetrata in Germania. Anche per queste considerazioni il Papa non poteva tacere a lungo.

Ho ascoltato il Porporato. Gli ho detto che il Santo Padre sapeva che V. E. era intervenuto ripetutamente a Berlino per consigliare la moderazione e l'accordo con la Santa Sede.

Ho riportato, poi, il discorso sul clero dell'Alto Adige e ho lasciato intendere al mio interlocutore, nel migliore modo possibile; che il Governo Fascista ha diritto di esigere quello che comanda ossia che il clero non assuma atteggiamenti politici. Sarà data piena esecuzione all'accordo e se il clero si metterà fuori dalla legge, sarà provveduto senza la possibilità di fondati reclami della Santa Sede.

Venerdì 7 corrente, il Cardinale mi riferirà la risposta del Papa. Mi sembra opportuno di attenderla, per giudicare se sia necessario un mio intervento diretto presso il Pontefice. Così farò salvo Vostri ordini contrari.

(l) Riproduce D. 448.

479

IL MINISTRO ALL'AJA, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 14. L'Aja, 5 luglio 1939 (per. giomo 8).

Telegramma per corriere di V. E. n. 13303 del 28 giugno (1).

Effettivamente l'informazione apparsa nel Daily Telegraph secondo la quale ufficiali superiori navali olandesi delle Indie Olandesi sarebbero partiti per Singapore allo scopo di procedere a scambi di vedute coi rappresentanti navali britannici e francesi è stata qui ufficialmente smentita, come ho riferito col mio telegramma del 27 giugno u. s. n. 1216/447 (2).

Addetto Navale presso questa Legazione del Giappone mi ha detto che le informazioni da lui raccolte confermano l'esattezza della smentita olandese e che effettivamente l'Olanda non ha partecipato in alcun modo alle convn

sazioni di Singapore e che, a suo avviso, tale assenza doveva essere messa in relazione alla preoccupazione di non far nulla che potesse essere anche lontanamente interpretato come una provocazione per il Giappone. Tale preoccupazione del resto -sempre secondo l'Addetto Navale -avrebbe dominato anche gli stessi scambi di vedute franco-britannici di Singapore.

L'atteggiamento olandese è lo stesso in Europa e nel Pacifico: assoluta neutralità negli attuali contrasti fra le Grandi Potenze europee, ed analoga assoluta neutralità nel conflitto cino-giapponese e nel dissidio anglo-giapponese, sempre allo scopo di evitare di compromettersi o di essere compromessa dai presunti aggressori o dai presunti difensori. Ad una simile preoccupazione risponde il piano di nuovi importanti armamenti nelle Indie, già progettato da tempo ed in parte in corso di esecuzione, piano che comprende fra l'altro l'installazione di numerosi mezzi di difesa antiaerea e la costruzione di quattro incrociatori corazzati e di diversi sommergibili e motoscafi anti-sommergibili, che dovrebbero rendere la flotta stazionata alle Indie capace di provvedere da sola alla difesa di quei possedimenti coloniali. Il programma di nuove costruzioni navali rappresenta un carico gravoso per il bilancio, ma numerose volte -con dichiarazioni ufficiali in Parlamento ed attraverso articoli ufficiosi nei giornali -il Governo ha insistito per la sua esecuzione, ripetendo che l'Olanda deve contare sulle sue sole forze e che non è lecito cullarsi nell'illusione di aiuti disinteressati da parte di altre Potenze, che tali aiuti non sono stati in verità offerti da nessuno e non affatto desiderati, rappresentando in definitiva più che un vantaggio un rischio pericoloso. Mi permetto a tale riguardo ricordare il mio telespresso n. 332/108 del 22 febbraio u. s. nel quale riferivo circa una discussione svoltasi in Parlamento e la netta smentita del Presidente del Consiglio alle voci di intese in corso od anche semplici apprpcci per una cooperazione fra Olanda e Inghilterra nella regione delle Indie Olandesi.

(l) -Vedi D. 387. (2) -Non pubblicato.
480

L'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 82 Burgos, 5 luglio 1939 (per. 10 luglio).

Sono stato oggi a vedere Franco che mi ha trattenuto oltre un'ora. Mi ha espresso sua gratitudine per magnifiche accoglienze che il Duce e V. E. hanno riserbato a Serrano Suiier e delle quali aveva avuto da questi un resoconto entusiastico.

Ha sottolineato importanza di questa prima presa di contatti personali effettuatasi attraverso Serrano, e si è rallegrato di accogliere quanto prima qui V. E., dicendomi che egli, suo Governo e popolo spagnolo faranno quanto possibile perchè visita V. E. abbia massima ripercussione e rivesta il maggiore significato per l'intimità dei rapporti fra i due Paesi.

Avendogli io-per quanto vagamente e discretamente-mostrato di interpretare le sue parole nel senso che visita di V. E. valga a dare a tali

rapporti una concreta consistenza sul piano politico-militare, Franco -pur senza raccogliere direttamente l'allusione -mi parlò subito della necessità per la Spagna di avere un periodo di tranquillità per dedicarsi alla ricostruzione interna e al raggiungimento dell'autonomia economica indispensabile ai fini della potenza militare cui aspira. E qui il Generalissimo-com'è suo costume-si è dilungato in dettagli circa le necessità che la Spagna Nazionale ha maggiormente sentite durante la guerra civile -carburanti, cotone, motori -e ha confessato che se la guerra avesse durato più a lungo il problema sarebbe divenuto gravissimo e forse insolubile. La Spagna dispone di possibilità per rendersi indipendente, o quasi, dall'estero per i carburanti, il cotone, la fabbricazione di motori, come per altre materie e prodotti necessari al suo potenziale bellico ma ha bisogno di tempo per realizzare queste possibilità. Nelle presenti sue condizioni la Spagna non potrebbe affrontare una guerra europea; perciò essa deve deprecare l'eventualità di una conflagrazione. Così esprimendosi Franco, mentre insiste sul concetto della neutralità spagnola in caso di conflitto (neutralità tuttavia decisamente e largamente favorevole alle Potenze amiche), ammette però implicitamente la difficoltà per la Spagna di rimanere estranea al conflitto. Infatti il Generalissimo aggiunge: le possibilità militari della Spagna la mettono tuttavia in grado non soltanto di respingere ogni attacco, ma altresì di assumere e mantenere -senza timori di imposizioni -quella forma di neutralità che risponde ai suoi sentimenti e all'interesse suo e dei suoi amici.

Avendo osservato al çaudillo che in caso di guerra avrebbe gran peso anche la sola minaccia spagnola sui Pirenei -e basterebbe che la Francia fosse messa in condizione di non sentirsi tranquilla dal lato della Spagna, e che una parte apprezzabile dell'esercito francese rimanesse necessariamente fissata sulla frontiera pirenaica -Franco ha dichiarato con vivacità: la Francia non potrà mai sentirsi tranquilla nei riguardi della Spagna; probabilmente non le sarà necessario immobilizzare grandissime forze sui Pirenei, perchè ha già fatto e continua a fare notevoli lavori difensivi anche su questa frontiera; ma una sensazione di sicurezza per quanto riguarda le intenzioni della Spagna, non potrà averla mai, e questo risultato noi possiamo ottenerlo con poco.

Avendo cercato di avviare il discorso sulle misure militari prese da Franco il 4 corrente [mio telegramma n. 170 del 4 corrente (l)] il Generalissimo mi ha detto averle adottate in vista della situazione internazionale e che -malgrado il più recente accenno a una distensione -sarebbero state mantenute fino a situazione completamente chiarificata. Mi ha confermato aver sospeso la smobilitazione in modo da tenere sotto le armi non meno di 600.000 uomini, e non smobiliterà più un uomo. Precedentemente aveva pensato di ridurre le forze a 300.000 uomini conservando intatti i quadri per 600.000, così da poter sollecitamente riportare la forza a questa ultima cifra, in caso di bisogno; ma, a conti fatti, ha constatato che era più semplice e sollecito-e in pratica non molto più dispendioso-mantenere senz'altro la cifra di 600.000. Ho dislocato la maggior parte di queste forze -mi ha detto -sulla fascia di frontiera pirenaica e nella zona dello Stretto. Ho preso poi le necessarie misure, nel limite consentito dalle nostre forze di mare. La Spagna ha bisogno di ricostituire la sua Marina al più presto; il mio recente

viaggio ai porti e ai cantieri del nord ha avuto lo scopo di potenziare la coscienza marinara del paese e il morale delle maestranze. Noi dobbiamo cominciare subito « l'impostazione a coppie » delle nostre unità di superficie.

In sostanza, pure auspicando la pace ed aspirando a potere conservare in caso di conflagrazione una neutralità benevola verso l'Asse, Franco appare deciso a mantenere un complesso di forze mobilitate che gli consenta non soltanto di evitare sorprese ed eventuali imposizioni franco-inglesi, ma che gli permetta anche di far sentire il peso della Spagna sugli avvenimenti e, possibilmente, trarne profitto, col favore delle circostanze. La neutralità spagnola non vorrebbe dunque più dire, come nel '14, isolamento e affarismo, ma sarebbe una neutralità vigilante, tanto più che Franco, e con lui la miglior parte dell'elemento militare e della Falange non si nascondono che, malgrado sieno tuttora aperte le ferite della guerra, il perseguimento di un obiettivo politico e militare di carattere imperiale sarebbe quanto mai salutare quale cemento della nuova unità nazionale.

(l) Vedi D. 455.

481

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATISSIMO 2481/1013. Mosca, 5 luglio 1939.

Mio telegramma .n. 88 di ieri (1).

Conformemente agli accordi presi col mio collega di Germania, ho approfittato della conversazione avuta ieri col Vice Commissario Potemkin per fargli un accenno alle relazioni tedesco-sovietiche.

Ho detto al mio interlocutore che ero stato messo al corrente dei colloqui Molotov-Schulenburg e che sapevo, attraverso comunicazioni ricevute da Roma, che il Governo tedesco era sinceramente desideroso di migliorare i suoi rapporti con quello dell'U.R.S.S.

Ho parlato di « comunicazioni ricevute da Roma » dietro suggerimento dello stesso von Schulenburg, il quale riteneva che una mia dichiarazione fatta sotto tale forma avrebbe avuto maggiore efficacia in quanto avrebbe mostrato che il Governo italiano conosceva ed approvava le intenzioni di Berlino.

Potemkin mi ha ascoltato con evidente interesse. Come era da attendersi, egli non è entrato nel merito del problema, e si è limitato ad osservare genericamente che «indubbiamente dei buoni rapporti fra U.R.S.S. e Germania costituirebbero la migliore garanzia per la salvaguardia della pace europea».

Von Schulenburg si è dichiarato soddisfatto di questa mia azione di « fiancheggiamento » e ritiene che per il momento essa sia sufficiente. Egli non ha più avuto contatti con Molotov e continua ad essere d'avviso che non convenga spingere le cose troppo avanti tutto d'un colpo, lasciando invece che maturino -se una qualche possibilità di maturazione esiste -i semi da lui lasciati

(ll Vedi D. 451.

cadere nella sua conversazione di Berlino con l'Incaricato sovietico ed in quella avuta con Molotov al suo ritorno a Mosca [mi richiamo al riguardo ai miei telegrammi n. 83 (l) del 28 giugno e n. 85 del 30 giugno u. s. (2)].

482

L'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 180. S. Sebastiano, 6 luglio 1939, o1·e 0,20 (per. ore 7,10).

Mio telegramma n. 153 (3).

Per opportuna notizia di V. E. informo che oggi Serrano Sufier mi ha detto che questo Ambasciatore portoghese non gli ha più fatto parola circa noto invito a V. E.

A me d'altra parte risulta per via indiretta che iniziativa di questo collega portoghese presso suo Governo non avrebbe avuto finora seguito.

483

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 90. Mosca, 6 luglio 1939, ore 1,36 (per. ore 3).

Mio telegramma n. 88 (4).

Informazione da fonte attendibile conferma notizia di stampa secondo la quale negoziati britannici avrebbero subordinato concessione garanzie tre Stati Baltici come richiesta dall'U.R.S•.S. alla condizione che U.R.S.S. concorra a sua volta nella garanzia ad Olanda e Svizzera.

Governo sovietico avrebbe rifiutato allegando ragione che predetti due Paesi non hanno neppure relazioni diplomatiche con l'U.R.S.S. Oltre predette difficoltà esisterebbero altri punti sui quali accordo non è ancora stato raggiunto.

484

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 91. Mosca, 6 luglio 1939, ore 1,37 (per. ore 3).

Mio collega giapponese mi ha informato di aver fatto passi presso Narkomindiel per protestare contro varie difficoltà provocate da Autorità locali sovietiche a danno concessioni giapponesi nel Nord Sakhalin e per la pesca.

Stesso collega mi ha detto che situazione alla frontiera mongolo-mancese sta diventando piuttosto seria in seguito scontri armati nei quali sono stati ingaggiati considerevoli contingenti truppe fanteria e motoristi oltre all'aviazione.

(l) -Vedi D. 386. (2) -Vedi D. 406. (3) -Vedi D. 400. (4) -Vedi D. 451.
485

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AGLI AMBASCIATORI A SHANGHAI, TALIANI ED A TOKIO, AURITI

T. 14127 P. R. Roma, 6 luglio 1939, ore 12,15.

(Solo per Tokio) Ho telegrafato alla R. Ambasciata a Shanghai quanto segue ( :) («)

(Per tutti) Vostri 166 (l) e 167 (.) (2)

Non ritengo (dico non) almeno per il momento opportuno sondare Governo giapponese su possibilità negoziare nostra volontaria (,) anticipata retrocessione Tientsin (.)

Ogni nostra richiesta di contropartita (in pratica del resto non agevolmente realizzabile) rischierebbe da una parte annullare nei confronti di Tokio significato e portata nostro eventuale gesto in tal senso (.)

Anticipata retrocessione importerebbe dall'altra automatico pregiudizio nostro prestigio sino a quando perdurino concessioni altrui (.)

Nulla vieta comunque ed è anzi opportuno che sieno sin da ora adottate quelle misure ed esaminate quelle provvidenze che valgano assicurarci minore pregiudizio in ogni eventualità (.)

486

IL MINISTRO ALL'AJA, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 15. L'Aja, 6 luglio 1939 (per. giorno 7).

Mio telegramma per corriere in data di ieri n. 013 (3).

Non senza compiacimento e con certo rilievo viene qui riportata la notizia da fonte londinese che, nell'esaminare la questione delle garanzie all'Olanda, il Governo britannico terrà serio conto degli appunti fatti dall'Olanda a Parigi e a Londra e che si profila la possibilità che si preferisca di escludere l'Olanda dalla lista dei Paesi nominati dalla garanzia, se pure mai si parlerà di garanzie ad altri Stati.

Nello stesso tempo si mette in rilievo come l'Olanda sia stata considerata anche nelle trattative della Gran Bretagna e Polonia per il patto anglo-polacco. A tale proposito si chiarisce che, se la Polonia considera un'aggressione a Danzica o alla Lituania come una minaccia indiretta, allo stesso modo l'Inghilterra considera un'aggressione all'Olanda come una minaccia indiretta. Se l'Inghilterra risulta implicata in una guerra in seguito al prodursi di una situazione, per cui essa debba offrire aiuto all'Olanda che fosse oggetto di un'aggressione alla sua

indipendenza, la Polonia dovrebbe in questo conflitto schierarsi al lato dell'Inghilterra.

Significa ciò una garanzia polacca per l'Olanda? Non sembra, poichè difficilmente potrebbe ammettersi che l'Inghilterra si decidesse ad accordare aiuto all'Olanda qualora essa respinga l'aiuto: in tal caso essa si renderebbe colpevole di violazione della neutralità olandese.

Si accenna anche come la posizione della Svizzera sia anche per molti rispetti analoga a quella dell'Olanda perchè anche la Svizzera -si dice -« non desidera garanzie e desidera di possedere piena libertà di decidere se vuole prestazione di aiuto per parte di terzi».

Si rileva inoltre come nei circoli olandesi prevalga l'opinione che accordi per garanzie all'Olanda stessa debbono essere considerati «indesiderabili», perchè «potrebbe essere confermata all'estero l'impressione che l'Olanda lascerebbe che tali accordi si concludessero: il che non è sicuramente il caso».

Tutta questa questione delle garanzie si presenta in forma non del tutto chiara, il che del resto viene rilevato anche qui. Non si crede però verosimile che si possa tornare al concetto di un trattamento limitato reciproco solo per il caso di aggressione contro uno degli Stati firmatari: il che potrebbe avvenire soltanto nel caso in cui tutte le speranze di concludere un patto di più largo contenuto dovessero essere abbandonate.

Vale anche la pena di segnalare come in una corrispondenza da Roma pubblicata nel Nieuwe Rotterdamsche Courant e nel Vaderland si scrive come l'atteggiamento dell'Olanda nei riguardi delle conversazioni franco-anglo-russe per un'eventuale garanzia a questo Paese abbia prodotta a Roma un'ottima impressione e che tutti i giornali abbiano riportato molto in vista il comunicato relativo al passo fatto a Londra e a Parigi dai rispettivi Ministri d'Olanda. Viene anche riprodotto per disteso quanto scrive al riguardo il Gio1·nale d'Italia.

(l) -Vedi D. 381. (2) -Vedi D. 382. (3) -Vedi D. 479 contenente peraltro il T. P. c. n. 014.
487

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 36. Belgrado, 6 luglio 1939 (per. giorno 8).

È atteso domani l'arrivo del ministro degli Affari Esteri d'Egitto Yahyà Pascià. La stampa non dà per ora nessun particolare rilievo alla visita che passa naturalmente in seconda linea di fronte a quella di Kiosseivanov.

Smiljanié, al quale ho chiesto in tono scherzoso se Yahyà Pascià veniva in qualità di alleato dell'Inghilterra e amico intimo della Turchia, mi ha detto che il Governo non intende dare nessun significato politico alla visita che avrebbe, per quanto riguarda la Jugoslavia, carattere puramente formale. La visita era stata prevista infatti fin dall'anno scorso quando fu decisa, per desiderio di Stoj(ldinovié che aveva l'ambizione di moltiplicare le rappresentanze estere a Belgrado, la creazione d'una Legazione d'Egitto in questa capitale.

488

IL CAPO DEL GOVERNO ITALIANO, MUSSOLINI, AL CAPO DELLO STATO SPAGNOLO, FRANCO

L. 5028. Roma, 6 luglio 1939.

Il Conte Ciano Vi dirà quel che io penso:

a) della situazione internazionale;

b) della posizione della Spagna di fronte a detta situazione;

c) di taluni problemi concernenti il Vostro Paese e le relazioni italo-spagnole. Già con S. E. Sufier, tali argomenti furono oggetto di esame, ma è utile riprenderli in esame alla luce dei fatti nuovi. Su due questioni desidero anticiparVi la mia opinione: l) Considero sommamente pericoloso per il regime da Voi gloriosamente fondato attraverso tanti sacrifici di sangue, il ristabilimento della Monarchia. 2) Non sperate nulla dalla Francia e dall'Inghilterra; esse sono per definizione nemiche irreconciliabili della VOSTRA Spagna. 3) Andate decisamente verso il popolo che è la sola grande forza delle nazioni. Quanto Vi scrivo e quanto Vi dirà il Ministro Ciano è dettato da quel sentimento di profonda inalterabile amicizia che io nutro per Voi e per la Spagna. Quando verrete a Roma sentirete l'anima dell'Italia fascista.

489

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. DELL'U.R.S.S. A ROMA, HELFAND, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. P. Roma, 6 luglio 1939.

In seguito alla nostra conversazione di ieri Vi invio la traduzione della comunicazione ufficiale pervenutaci oggi sul carattere effettivo degli scontri alla frontiera mongolo-mancese.

ALLEGATO

COMUNICATO DELL'AGENZIA TASS DEL 6 LUGLIO 1939

Secondo una comunicazione dello Stato Maggiore delle forze mongolo-sovietiche della Repubblica Popolare Mongola, il 2 luglio i nippo-mancesi hanno riunito considerevoli forze di fanteria, cavalleria, artiglieria, e circa cento carri armati nella zona Nomon-Kan-Burd-Oba a sud-est del lago Buirnur e, sotto la protezione dell'aviazione da bombardamento e d'assalto, hanno nuovamente violato la frontiera della Repubblica Popolare Mongola.

I nippo-mancesi all'alba del 3 luglio sono passati all'offensiva nella zona NomonKan-Burd-Oba e più al nord fino al lago Ianihu attaccando le linee delle truppe mongolo-sovietiche all'est del fiume Halhyngol e sforzandosi di aprirsi un varco ad ovest di quel fiume. All'offensiva ha partecipato tutta la 21' divisione di fanteria Kamacubara appoggiata da un altro reggimento di fanteria e dal terzo e quarto reggimento carri armati nonchè da circa sei reggimenti di cavalleria Bargut.

Le truppe mongolo-sovietiche hanno respinto tutti gli attacchi nella zona Nomon-Kan-Burd-Obo ed hanno inflitto grandi perdite alle truppe nippo-mancesi. A nord-ovest di questa zona la fanteria giapponese, appoggiata da non meno di sessanta carri armati, ha costretto a retrocedere reparti di cavalleria mongolo-sovietici ed ha attraversato il fiume Halhyngol passando sulla riva ovest ed occupando

una piccola posizione.

In seguito alla energica controffensiva delle truppe e dell'aviazione sovietomongole, le truppe giapponesi, che erano passate sulla riva ovest del fiume Halhyngol, sono state respinte ad est del fiume stesso, con grandi perdite sul finire del giorno 5 luglio. Durante questi giorni l'artiglieria sovieto-mongola ha colpito cinquanta carri armati e smontato otto cannoni giapponesi. Circa ottocento nippo-mancesi sono rimasti sul terreno. Le perdite delle truppe mongolo-sovietiche constano di cento morti e duecento feriti; venticinque tra carri armati ed autoblinde colpiti.

Negli stessi giorni dal 2 al 5 luglio hanno avuto luogo combattimenti aerei tra forze ingenti di ambedue le parti. In tutti questi scontri l'aviazione sovieto-mongola è sempre rimasta padrona del campo di battaglia.

L'aviazione giapponese in questi combattimenti dal 2 al 5 luglio ha perduto quarantacinque aeroplani. Le perdite dell'aviazione sovieto-mongola sono di nove aeroplani.

Secondo informazioni dello Stato Maggiore delle truppe sovieto-mongole, il Capo dell'Ufficio Stampa della Mongolia del Kuangtung, Kavahara, è stato destituito e sostituito da Vatc, a causa dei suoi falsi comunicati e per aver vantato imponenti successi dell'aviazione giapponese.

490

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 5005/1510. Berlino, 6 luglio 1939.

Faccio seguito al mio telegramma filo di questa mane n. 409 (1).

Il Presidente del Consiglio bulgaro Kiosseivanov ha tenuto a ricevermi con particolare premura. Io domandai di vederlo appena nel tardo pomeriggio di ieri. Stamane alle 11,15 ero già da lui.

A prescindere da tutto ciò che può essere apparato esteriore di cortesia, egli mi ha dato l'impressione di essere un sincero amico dell'Italia e dell'Asse. Mi ha spiegato in proposito -ciò che del resto aveva chiarito più volte direttamente al R. Ministro a Sofia -che la Bulgaria è ormai nettamente orientata verso l'Asse e ciò essendo chiaro che le sue rivendicazioni possono trovare simpatia, ed eventuale appoggio, soltanto da parte della Germania e dell'Italia. Senonchè, essa esita a dichiarare troppo apertamente questa sua attitudine per ragioni puramente prudenziali.

Essa è ancora troppo debole: mano a mano che la sua forza -cioè il suo

armamento -crescerà, la Bulgaria farà corrispondentemente sempre più chiaro

il suo atteggiamento. Ma che questo sia in direzione dell'Asse ormai nessuno

più dubita. Tanto meno ne dubitano i nemici potenziali della Bulgaria i quali

-Romania, Turchia, Grecia -hanno già deciso (e questo a Sofia è risaputo)

~he, allo scoppiare di una guerra europea, essi devono cercare di impossessarsi

24 · Dommenti diplomatici. Serie Vm ·Vol. Xl!

della Bulgaria anche se questa si dichiari neutrale. Il problema, dunque, per la Bulgaria è uno solo: armarsi.

Quando Kiosseivanov arrivò al potere, egli trovò la Bulgaria inerme e i suoi magazzini militari completamente vuoti. Gli stessi moti interni del 1934 vanno considerati -inter alia -come una reazione a questo deplorevole, pericoloso stato di abbandono.

Parallelamente al riarmo interno, la Bulgaria deve curare -ha continuato Kiosseivanov -le sue relazioni con la Jugoslavia. Le sue aspirazioni sono: in primo luogo, Dobrugia; in secondo luogo, Tracia ed uno sbocco al mare, che renderebbe la Bulgaria un fattore di importanza mediterranea, capace di neutralizzare la Grecia e la Turchia. La questione macedone va considerata come posta in sonno. Su queste basi, un'amicizia con la Jugoslavia è possibile e, ove questa si decidesse ad uscire dall'Intesa Balcanica e far blocco con la Bulgaria, i due Paesi costituirebbero insieme una barriera insormontabile contro ogni altra egemonia balcanica, con ciò stesso determinando il fallimento di tutti i patti anglo-franco-turchi presenti e futuri.

Kiosseivanov ha già avuto qualche conversazione in questo senso con Markovié nel suo viaggio di andata. Ora ne avrà ancora a Bled al suo ritorno, sia con lui sia con il Principe Paolo.

Richiesto cosa avesse discusso col Fi.ihrer, Kiosseivanov ha risposto che, come di rito, egli in primo luogo ha dovuto ascoltare dalla bocca del Fi.ihrer (di cui -è la prima volta che lo vede -è rimasto del resto profondamente impressionato), tutta una lunga esposizione del suo modo di concepire l'attuale situazione politica europea. È evidente -secondo lui -che i «possidenti :1> si uniscono sempre p1u m una lega di resistenza e di accerchiamento contro i « non possidenti » a cui sono risoluti a contestare il diritto ad una più equa ripartizione dei beni di questa terra. È altrettanto evidente, quindi, che un cozzo fra questi due blocchi di forze opposte si prepara ed è inevitabile. La Germania, insieme con l'Italia -cui è legata non soltanto da un patto di alleanza ma da una assoluta identità di interessi -vi si prepara, sicura dell'appoggio di tutti gli altri Paesi aventi -come la Bulgaria -ancora delle giuste rivendicazioni da far valere.

Il Presidente Kiosseivanov ha per sua parte esposto che la posizione speciale della Bulgaria la obbliga ad una speciale cautela all'infuori della quale -anche essa concepita del resto in sola linea tattica -non esiterà, al momento opportuno, a schierarsi con tutte le sue forze a fianco dell'Asse. Egli ha però insistito sulla necessità che la Bulgaria sia aiutata ad accelerare il proprio riarmo. In proposito, ha fatto presente che le consegne già concordate per le forniture tedesche alla Bulgaria appaiono tardive. Occorre:

l) accelerare i tempi per le forniture già in corso; indipendentemente da quelle, 2) procedere a qualche cosa di immediato. Il Fi.ihrer, sembrando essersi reso pienamente conto della situazione speciale della Bulgaria, ha risposto affermativamente all'una e all'altra domanda.

Richiesto di qualche particolare, Kiosseivanov mi ha detto che aveva chiesto la cessione immediata di una parte del materiale tedesco di provenienza austriaca o cecoslovacca. Una commissione militare bulgara si recherà imme

diatamente in Germania per esaminare tutto quello che c'è. Si tratta soprattutto, oltrechè di fucili, di mitragliatrici, di cui la Bulgaria ha un bisogno altrettanto urgente quanto ingente e che Kiosseivanov vorrebbe assicurarsi, in numero di almeno 2000, fin dall'agosto. Con una buona scorta di mitragliatrici, la Bulgaria potrà mettersi subito in grado di difendersi ove fosse attaccata, dando tempo alla Germania e all'Italia di arrivare in suo soccorso. Più tardi, si penserà ai cannoni. Nessuna preoccupazione per gli aeroplani, perchè questi potrebbero in caso di bisogno essere mandati da un momento all'altro dalla Germania e dall'Italia. Quello che bisogna dare adesso alla Bulgaria è soprattutto ciò che non potrebbe esservi trasportato facilmente dopo lo scoppio delle ostilità e che possa permetterle di tenere in iscacco i suoi nemici in attesa di aiuti.

Frattanto, la Bulgaria ha ordinato alla Germania anche dei sottomarini (credo 3) e qualche guardacoste. Il Fiihrer e Ribbentrop avrebbero, ripeto, mostrato piena comprensione delle esigenze bulgare e si sarebbero impegnati a soddisfarle.

A domanda se, in tutta la esposizione della situazione fatta dal Fiihrer, la questione di Danzica avesse dominato o fosse stata presentata come attuale, Kiosseivanov ha risposto di no.

Il Presidente del Consiglio bulgaro ha parlato poi, per concludere, dell'Italia, lamentando di non aver ancora potuto incontrarsi con V. E. e con il Duce, ciò che peraltro spererebbe poter fare al più presto. Credo che egli attenda in proposito qualche incoraggiamento.

Incidentalmente, ha scusato la mancata presenza del Re Boris al matrimonio del Duca di Spoleto, adducendo che Egli non aveva potuto lasciare la Bulgaria per andare in Italia quasi allo stesso tempo che se ne assentava il Presidente del Consiglio per venire a Berlino.

L'impressione fattami da Kiosseivanov è stata buona. Egli mi sembra risoluto a seguire la linea che si è tracciata.

Le informazioni di cui sopra mi sono state in genere confermate anche da parte tedesca. La Germania sembra convinta della necessità assoluta di costituire un blocco Ungheria-Jugoslavia-Bulgaria e lavora alacremente a questo fine, in tale maniera intendendo liberarsi, in caso di guerra, di ogni preoccupazione balcanica. Quanto a Kiosseivanov, qui si ha l'impressione che sia sincero e che le sue esitazioni siano soltanto formali. Del resto, anche in questo campo dei passi sono stati fatti che risulteranno evidenti dallo stesso comunicato, in cui, fra l'altro, si parlerà anche dell'Italia.

(l) Non pubblicato.

491

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2479/1011. Mosca, 6 luglio 1939.

Mio telegramma n. 90 di ieri (1).

Subito dopo l'ultima conversazione (del tre corrente) fra Molotov e Potemkin

da una parte, e gli Ambasciatori d'Inghilterra e di Francia assistiti dal signor

{l) Vedi D. 483. Il telegramma però è del 6 luglio.

Strang dall'altra, si era sparsa in questi ambienti diplomatici la voce che la risposta sovietica alle ultime proposte anglo-francesi fosse stata molto soddisfacente e che la firma di un accordo potesse oramai considerarsi imminente.

Non ho creduto di dover segnalare a V. E. questa voce perchè nutrivo dei dubbi sulla sua fondatezza, i negoziati di Mosca avendo già parecchie volte provocato nei circoli anglo-francesi delle alternative di ottimismo e di scetticismo.

Ieri infatti le previsioni ottimistiche di chi desiderava l'accordo sembravano essere nuovamente smentite da voci contrarie, le quali accennavano a numerose difficoltà non ancora risolte.

Continua ad essere impossibile di ottenere informazioni direttamente dai negoziatori. Ieri sera ho tuttavia appreso, attraverso un giornalista serio che mantiene stretti contatti con l'Ambasciata britannica, che una delle principali difficoltà è sempre rappresentata dalla questione della garanzia agli Stati Baltici. Sembra che l'Inghilterra avesse già consentito in linea di massima ad impegnarsi nel senso richiesto dall'U.R.S.S., ma che poi abbia a sua volta chiesto al Governo sovietico di concorrere con Inghilterra e Francia nella loro garanzia all'Olanda ed alla Svizzera. Questa domanda sarebbe stata respinta da Molotov, il quale avrebbe addotto come motivo in contrario il fatto che i Governi di Berna e dell'Aja non hanno ancora riconosciuto ufficialmente il Governo dell'Unione sovietica e non hanno finora stabilito con Mosca dei normali rapporti diplomatici.

Questa notizia mi è stata data come sicura e, tenuto conto della serietà dell'informatore, ho creduto doveroso segnalarla telegraficamente a V. E.

Sussisterebbero però anche altri punti di divergenza, e si riparla in modo speciale della questione della automaticità della mutua assistenza. È del resto naturale supporre che da parte britannica si esiti tuttora ad accettare le pretese sovietiche, secondo le quali l'U.R.S.S. sarebbe in pratica lasciata arbitra di decidere se e quando esista una minaccia di aggressione e quindi un motivo di intervento.

Credo infine di dover segnalare l'informazione datami dal mio collega tedesco, al quale risulta che il Ministro britannico ad Helsinki avrebbe dato al Governo finlandese l'assicurazione che l'Inghilterra non si impegnerebbe coll'U.R.S.S. per la garanzia della Finlandia se non previo consenso o richiesta di quest'ultima.

Riferisco tutte queste notizie, in parte contraddittorie, a semplice titolo di cronaca. L'unica cosa che credo di poter affermare con una relativa sicurezza è che i negoziati non sono ancora giunti al loro stadio conclusivo e che -come del resto mi ha lasciato capire lo stesso Vice Commissario Potemkin nella nostra conversazione del 4 corrente [mio telegramma n. 88 (l)] -rimangono sempre da regolare vari punti controversi.

(l) Vedi D. 451.

492

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 464/242 R. Roma, 7 luglio 1939, ore 0,20.

Prego fornire riservatamente ogni utile informazione circa Accordo Alto Adige R. Consolato Generale Monaco giusta sua richiesta telegrafica data odierna

n. 010 (1).

Uguale riservata comunicazione potrà esser fatta a tutti RR. Consolati in Germania interessati alla questione.

493

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

FoN. URGENTE 410. Berlino, 7 luglio 1939, ore 16,15 (per. stessa ora).

Riservato alla persona di S. E. il Ministro degli Affari Esteri.

Mi riferisco a comunicazione telefonica odierna con Ministro Anfuso.

Ho parlato stamane della questione del comunicato dell'Alto Adige anche con Ribbentrop.

Questi mi ha detto in tutta franchezza e anche con molta fermezza, che oggi una tale pubblicazione potrebbe ottenere qui un effetto « contrario a quello desiderato », egli quindi si riserva di prendere visione del progetto trasmessomi stamane telefonicamente (2), ma prega di non prendere in merito alcuna decisione prima di una sua definitiva risposta.

Evidentemente le pubblicazioni avvenute all'Estero in questi giorni -nelle quali si accusano la Germania e lo stesso Cancelliere Hitler di rinunziare con lo sgombero dell'Alto Adige alle teorie basilari del nazional-socialismo-hanno qui provocato nei circoli del Partito uno stato d'animo di risentimento e di tensione. D'altra parte Ribbentrop osserva che quel che conta è il fatto e non la sua pubblicazione, ed esso del resto parla da sè.

Il Fiihrer, ha aggiunto, ha promesso che risolverà il problema e sta mostrando di tenere la promessa, di importanza storica. Ma bisogna lasciare che egli lo faccia « a modo suo » e cioè nelle forme che ritiene, nelle circostanze, più opportune.

Dall'insieme della conversazione ho tratto l'impressione non soltanto che

qui si sia orientati in senso nettamente negativo nei riguardi del proposto comu

nicato; ma anche che, nell'interesse stesso della cosa e per non andare eventual

mente incontro -stuzzicando troppo le forze interne di resistenza -a qualche

pericolosa battuta di arresto, sarebbe preferibile da parte nostra di non insistere.

del 4 luglio. (2} Non rintracciato.

(l) Vedi D. 462. Il citato T. P. c. del Consolato Generale di Monaco di Baviera è però

494

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A HSIN KING, GUADAGNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 77. Hsin King, 7 luglio 1939, ore 18 (per. giorno 8, ore 4,05).

Informazioni circa recenti scontri frontiera Mongolia continuano ininter

rottamente con carattere relativa gravità.

Comunicati ufficiali delle due parti assolutamente discordanti circa entità

perdite reciproche concordano tuttavia riconoscendo importanza forze armate

in conflitto (fanteria, artiglieria, aviazione) e violenza combattimenti.

Pur accettando con riserva notizia giapponese circa 365 aeroplani sovietici

abbattuti durante il conflitto, sembra accertata superiorità squadriglie giapponesi

che hanno respinto attacchi nemici per terra e per aria.

Queste sfere ufficiali ritengono che le ragioni improvvisa offensiva fron

tiera Mongolia sarebbero anzitutto desiderio sovieti mostrare popolazione Mon

golia inquieta e malcontenta potenza esercito sovietico; secondariamente aiutare

indirettamente Chang Kai Shek distraendo parte forze militari giapponesi

dalla Cina.

Malgrado però indubbia gravità scontri già avvenuti sembra che autorità

russe come pure quelle giapponesi si sforzino almeno per il momento localiz

zare conflitto.

495

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTISSIMO PERSONALE 411. Berlino, 7 luglio 1939, ore 20,15 (per. ore 22,30).

Ultima parte mio rapporto n. 5006 in data odierna (1). Ribbentrop mi comunica che data suggerita dal Fiihrer per noto incontro è quella del 4, dico 4, agosto. Sarò grato conoscere se essa è accettata dal Duce.

496

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. RISERVATO 14220 PR/244. Roma, 7 luglio 1939, ore 24.

Secondo notizie circolanti in Alto Adige avrebbero avuto luogo ad Innsbruck Graz e Vienna dimostrazioni di protesta per accordi relativi rimpatrio germanici. Autorità avrebbero proceduto a numerosi arresti.

Prego controllare e riferire.

(l) Vedi D. 503.

497

IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. CONFIDENZIALE PER CORRIERE 23. Berna, 7 luglio 1939 (per. giorno 10).

Il Nunzio Apostolico, mons. Bernardini, mi ha narrato che è stato da lui recentemente il Ministro di Polonia, sig. Komarnicki. Il quale gli ha detto che la Polonia non teme la guerra, che anzi la Polonia è la sola nazione che non ha nulla da perdere dalla guerra, e tutto da guadagnare, essendo sicura di vincere, e con ciò di annettersi la Prussia orientale, Danzica, e la Slesia tedesca e altro. Il signor Komarnicki ha affermato altresì, in una specie di eroico vaneggiamento, che la Polonia è così ben preparata che non ha bisogno di alleati e può da sola battere la Germania.

498

IL MINISTRO A BERNA, TAMARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 24. Berna, 7 luglio 1939 (per. giorno 10).

Mio telegramma d.d. 20 maggio n. 58.

Questo Ministro di Germania, Kocher, ritornato da lunghe vacanze, mi comunica che il suo Governo, dopo avergli fatto fare il passo di cui ho avuto l'onore di riferire col telegramma citato in alto, a proposito delle garanzie anglo-francesi e in generale dell'atteggiamento svizzero di fronte ai doveri della neutralità, lo ha ora incaricato di dichiarare a Motta che si ritiene soddisfatto delle sue spiegazioni e delle sue dichiarazioni. Il nominato Ministro mi ha detto che il Governo tedesco stima sufficiente aver fatto capire a Berna che la Svizzera è controllata nella sua neutralità e con ciò trattenerla dal commettere altri errori. Il passo avrebbe voluto essere con ciò un ammonimento e come tale avrebbe raggiunto il desiderato effetto.

499

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO PER CORRIERE 109. Roma, 7 luglio 1939 (per. stesso giorno).

Mio telegramma per corriere segreto n. 108 del 5 corrente (1).

Il Cardinale Segretario di Stato mi ha dichiarato che il Papa ha disposto

che siano dati consigli di prudenza al Clero dell'Alto Adige e così sarà fatto

tostochè l'accordo italo-tedesco sia reso pubblico.

Nel corso della conversazione mi sono reso conto che la Santa Sede considera l'anzidetto accordo con una certa freddezza. Ho creduto pertanto opportuno di ricordare al Cardinale Maglione che siamo nel nostro diritto nell'esigere piena lealtà politica dal Clero Alto Atesino, come da tutto il Clero italiano. Ho soggiunto, con molta cortesia ma con altrettanta decisione, che per i recalcitrant1 c'è il confino.

Il Cardinale ha replicato che si sarebbero eventualmente esaminati dalla Santa Sede i singoli casi.

(l) Vedi D. 478.

500

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

'f. SEGRETO PER CORRIERE 110. Roma, 7 luglio 1939 (per. stesso giorno).

Mio telegramma per corriere del 3 corr. n. 107 (1).

Il Cardinale Segretario di Stato mi ha detto che il Papa lo ha incaricato stamane di ripetermi che, in caso d'intervento armato della Germania, a Danzica, che provochi una reazione militare polacca, l'Inghilterra correrà in soccorso della Polonia.

Ho assicurato il Cardinale Maglione che avevo tosto comunicata a V. E. la sua precedente analoga dichiarazione e ho domandato se la Santa Sede aveva ricevuto nuove notizie preoccupanti.

Il Porporato mi ha risposto che, da quanto risulta alla Santa Sede da fonte sicura, negli ambienti vicini al FUhrer non si è convinti che la Gran Bretagna sia questa volta decisa a passare dalle parole ai fatti.

L'Ambasciatore di Germania a Parigi era stato avvisato per iscritto dal sig. Bonnet che Francia e Inghilterra erano pronte e decise a sostenere con le armi la Polonia. Ciononostante in alcuni circoli dirigenti di Berlino si coltivavano ancora illusioni pericolose e si cercava d'influire sul Fuhrer per indurlo a tentare l'avventura.

Ho assicurato il Cardinale Segretario di Stato che Vi avrei riferita esattamente la Sua comunicazione.

501

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 27. Varsavia, 7 luglio 1939 (per. giorno 10).

Le notizie sui negoziati anglo-franco-sovietici che si trascinano faticosamente da oltre due mesi urtando contro crescenti difficoltà che lasciano chiaramente intendere la intenzione del Cremlino di non assumere gli impegni vivamente desiderati da Londra e da Parigi, mentre non sorprendono affatto questi

(ll Vedi D. 442.

circoli governativi, non mancano di produrre seria perplessità. Se è vero infatti che il Governo polacco ha sempre considerato detti negoziati con profondo scetticismo, nella grave situazione in cui si trovano i suoi rapporti con la Germania è naturalmente portato ad accogliere favorevolmente ogni aiuto da qua

. lunque parte gli venga e anche da parte sovietica, pur rendendosi conto che ciò non sarebbe scevro da pericoli. Pertanto, pur tenendosi estranea ai negoziati di Mosca, la Polonia non li ha ostacolati rifiutandosi però di assumere da parte sua impegni e compromissioni di sorta. Ora è con preoccupazione che questo Governo vede avviarsi all'insuccesso gli sforzi anglo-francesi diretti a concludere l'accordo di mutua assistenza con l'U.R.S.S., non tanto perchè vede svanire gli eventuali aiuti sovietici, ma soprattutto perchè si rende conto che il fallimento delle trattative di Mosca non mancherebbe di agire in senso deprimente sull'Inghilterra e sulla Francia mentre rafforzerebbe la posizione dell'Asse.

Intanto questo Ambasciatore dell'U.R.S.S. ritornato testè da Mosca si è espresso con un mio collega nel senso che il Cremlino non intende facilitare le trattative con l'Inghilterra e con la Francia, modificando la posizione da esso assunta.

502

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 28. Varsavia, 7 luglio 1939 (per. giorno 10).

Mio telegramma n. 153 del 5 corrente (1).

Con le mie precedenti ct>municazioni ho segnalato a V. E. la viva reazione prodotta in Polonia dalla notizia sui preparativi di carattere militare che si svolgono a Danzica. Nel quadro della situazione internazionale riacutizzata da detti avvenimenti il Governo polacco ha intensificato la sua attività diplomatica, cercando di ottenere una riconferma più esplicita delle garanzie inglese e francese. Gli avvenimenti di Danzica hanno infatti dato poi la sensazione che la situazione della Città Libera si avvicinasse ad una crisi e che il Governo polacco dovesse trovarsi da un giorno all'altro nella necessità di fronteggiarla. A tale riguardo nelle riunioni tenute presso il Presidente della Repubblica dai più autorevoli membri del Governo era stata esaminata l'opportunità di indirizzare al Senato di Danzica una nota per intimare la sospensione dei provvedimenti militari in corso. È prevalso però l'avviso e forse anche in seguito a consigli di moderazione pervenuti da Londra e da Parigi, che un tale atto avrebbe rivestito un carattere di estrema gravità ed avrebbe potuto precipitare gli eventi. Così oggi si crede più opportuno ostentare una certa calma, insistendosi però sulla nota tesi che il Governo polacco è fermamente deciso a reagire con mezzi adeguati a qualunque tentativo da parte della Germania diretto a modificare la situazione di Danzica.

(l) Vedi D. 470.

503

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. URGENTISSIMO PERSONALE 5006. Berlino, 7 luglio 1939.

Mi riferisco alla Tua lettera personale del 2 luglio, con la quale mi incaricavi di domandare a Ribbentrop delle informazioni sugli intendimenti e sui programmi tedeschi in rapporto, specialmente, alla questione di Danzica (1).

Ho incontrato Ribbentrop iersera al pranzo che egli ha offerto a Kiosseivanov (e a cui sono stato, unico diplomatico estero, invitato anche io). Egli mi ha detto che mi avrebbe visto con calma oggi o domani, prima di recarsi in vacanza a Salzburg. Gli ho detto che Tu partivi per la Spagna domani e che quindi io avevo il dovere di farti sapere qualche cosa prima. Ha acconsentito di buon grado a parlare subito, le sue conversazioni con Kiosseivanov essendosi del resto praticamente già esaurite nelle prime giornate.

Ribbentrop ha esordito dicendo che tutte le notizie pubblicate dai giornali sopra un putsch tedesco a Danzica erano, come al solito, una pura invenzione. La Germania, in fondo, non si preoccupa molto di queste voci anche perchè l'isterismo che ne deriva contribuisce a quella « guerra coi nervi » nella quale, come in ogni altra, la Germania uscirebbe vittoriosa.

Certo, se (dico se) la Polonia avesse osato attaccare Danzica, la Germania l'avrebbe schiacciata in 48 ore, la questione di Danzica venendo così regolata... «a Varsavia ». Il problema polacco, per la Germania, rappresenta, militarmente, difficoltà ancora minori di quelle che non avrebbe rappresentato, nel settembre scorso, quello cecoslovacco. Praga alla luce delle constatazioni fatte successivamente avrebbe potuto, sia per la massa ingente dei suoi armamenti, sia per la qualità stessa dei suoi soldati, offrire (riconoscimenti postumi...) una resistenza più lunga ed ostinata di quella che potrebbe la Polonia oggi. Nè, in caso di conflitto, la Polonia potrebbe contare sopra l'aiuto sia della Francia, sia dell'Inghilterra.

Del resto, Egli si preparava -mi diceva questo in via affatto confidenziale a fare a Bonnet una comunicazione, forse anche scritta e di cui mi avrebbe dato notizia a suo tempo, che avrebbe servito a rischiarare le idee cosi a lui come al Consiglio dei Ministri francese... Bonnet aveva creduto, more britannico, doverlo ammonire a mezzo di Welczeck, che, se la Germania avesse risoluto la questione di Danzica con la forza ed unilateralmente, la Francia sarebbe stata obbligata a intervenire con ogni mezzo a sua disposizione a sostegno della Polonia... Ribbentrop gli avrebbe, fra qualche giorno ed in forma che si riservava di meditare nella quiete di Salzburg, risposto:

l) che contestava nella maniera più esplicita alla Francia il diritto di immischiarsi nella questione di Danzica, Danzica essendo una Città tedesca e la questione relativa, al caso, unicamente polono-tedesca;

(ll Vedi D. 432.

2) che se la Francia riteneva di dovere, ciò non ostante, intervenire e quindi provocare un conflitto generale, ebbene facesse pure: la Germania non domandava di meglio...

E qui Ribbentrop si addentrava -a beneficio mio -in una vivida descrizione della formidabile importanza del sistema difensivo tedesco occidentale, di fronte al quale la linea Maginot non è che un gioco da ragazzi. La linea Siegfried -che Ribbentrop ha detto di volermi accompagnare personalmente a visitare vale senza esagerazione -è sempre lui che parla -almeno 20, se non addirittura 30, linee Maginot... Daladier avrebbe pensato mille volte prima di decidersi a provocare la Germania. Se fosse stato così stolto da farlo, la Germania avrebbe

c: annientato » la Francia. Domandate a Goring -mi ha aggiunto -egli vi dird che 5000, dico 5000 aeroplani sono pronti ad anda1·e a bombardare -giornalmente -Parigi. Parigi ne rimarrebbe polverizzata.

Quanto all'Inghilterra, anch'essa non si sarebbe mossa: se lo avesse fatto, sarebbe andata incontro alla distruzione del proprio impero.

La Russia? Cosa avrebbe potuto fare la Russia? Niente. Essa non vuole far niente. Anche se firmerd un trattato, essa non marcerd. Del resto -mi sussurrava discretamente Ribbentrop -ho mandato oggi stesso istruzioni nuove a Schulenburg (che ho poi accertato riferirsi soltanto ad eventuali trattative commerciali) le quali saranno sufficienti a mettere una nuova pulce nell'orecchio di Stalin.

L'America? Non avete visto la sconfitta di Roosevelt? Essa non può essere definitiva, ma è bastato un solo discorso del Fiihrer -discorso diffuso in centinaia di migliaia di copie in tutto il continente americano -a determinarla... Del resto l'America non si muoverd in ogni modo e ciò per paura del Giappone il quale, con trattati o senza trattati, sard sempre con noi.

Ho ascoltato, in ammirato silenzio, codesta sì attraente pittura della guerra ad usum Germaniae che la fantasia di Ribbentrop -·con una costanza ed una convinzione intima che lo onora -ha ormai indelebilmente costruito nella sua testa e costituisce per lui il quadro ordinario e quasi di rito di ogni sua conversazione. Alla fine, gli ho però osservato che, per quanto mi constava e di pieno accordo fra il Duce ed il Fiihrer, Italia e Germania si preparavano ad una guerra non immediata...

Quasi riprendendosi da un sogno, Ribbentrop replicava subito: -Sicuramente, ma neanche la Germania vuole la guerra adesso. Io dico di tutto questo semprechè la Polonia volesse, essa, fare qualche cosa... nel qual caso

ecc. ecc. -Va bene, ho replicato, ma Voi sapete anche che la Polonia non lo farà... -Questo non si può dire... -Ammettiamolo e ammettiamo pure che se lo facesse, la Germania non

potrebbe a meno di reagire. Ma non vi è, poi, da parte tedesca alcun desiderio di «provocare» la Polonia a fare qualche cosa? Con qualche movimento, ad esempio, c: interno» da parte di Danzica? Cosa sono tutti questi armamenti della Città Libera?

-Danzica si sta effettivamente riarmando-ha ammesso Ribbentrop -e fra poco, anzi, sarà in grado di poter resistere « da sola » e per mesi, ad un eventuale attacco di c: bande polacche».' Che se poi, invece di bande, si trattasse di un attacco da parte di forze polacche regolari, allora entrerebbe in gioco anche l'armata tedesca ecc. ecc.

-Va benissimo. Tutto questo sempre nell'ipotesi di una iniziativa polacca. Ma se questa iniziativa mancasse, la Germania -ho ripetuto ancora -ha in mente di provocarla? .

-No. Il Fiihrer, che ho visto ancora ieri e col quale ho lungamente discusso proprio questa questione, mentre pone tutto a registro per la resa dei conti finali, non ha nessuna intenzione di provocare un conflitto capace di degenerare in una guerra generale. Di questo potete essere sicuro...

-D'accordo, però Voi parlate di un conflitto generale ma non tenete conto che nella situazione attuale un conflitto creduto locale o localizzabile, può, a torto o a ragione, generalizzarsi. Quali sono, quindi, i Vostri «programmi»?

-Posso assicurarVi in maniera precisa che di« programmi» non ve ne sono assolutamente. Il Fuhrer segue gli avvenimenti con una calma assoluta. Egli non si lascia facilmente trascinare da gesti inconsulti, semprechè non irreparabili.

Egli sa attendere il suo momento. Noi abbiamo dei nervi più solidi dei nostri avversari. Del resto non è da escludere che se i Polacchi -del che però non si ha ancora alcun segno -ritornassero in sentimenti, delle conversazioni fra i due Paesi potrebbero -per quanto su basi nuove, dato che il Fiihrer non rinnoverà più la storica offerta già fatta -riallacciarsi. Che se, invece, le cose dovessero per una ragione qualunque, volgere al peggio, l'Italia ne sarebbe informata senz'altro e tempestivamente. Io vado adesso in campagna a Salzburg per qualche settimana, ma ci terremo a contatto ugualmente.

Come si vede, è difficile -data la sua mentalità e il suo stato d'animo

costringere Ribbentrop a conclusioni nette. Di netto egli non ha che la visione

-invero mirabile -di una sicura vittoria tedesca in tutto e contro tutti, oggi

come fra sei mesi o fra sei anni. In ogni altra cosa egli è assolutamente vago e

nebuloso e si rimette alla saggezza e alla genialità del Fiihrer... E credo che,

in fondo, abbia ragione. Se io stesso non avessi fede nel Fiihrer io sarei, non dico

inquieto, ma addirittura allarmato. Non lo sono, almeno per il momento. In

Ribbentrop vi è un quadro -che mi permetto di dire retorico -il quale si

sovrappone in lui a qualunque altra idea e questione concreta di cui nel momento

dato •discuta, e cioè quello della invincibilità assiomatica ed assoluta della

Germania -basata sulla profonda convinzione che i Tedeschi sono gli unici ad

aver sangue nelle vene -ed egli confonde in questo quadro ogni altra visione

attuale.

Ma, mentre da una parte parla di polverizzare la Polonia in 48 ore, dal

l'altra ammette che, se la Germania si contenterà di non far niente per ancora

sei mesi, la prima a schierarsi contro la Polonia e a forzarla alla resa sarà

l'Inghilterra che ad un certo momento ne avrà abbastanza e dirà « damn with

these Poles! ». Ad un certo punto, anzi, Egli mi ha detto: « aspettate e vedrete

che così accadrà... ». Ma Ribbentrop ha quasi vergogna ad ammettere che la

Germania abbia anche soltanto convenienza a star ferma o, ancor di più, debba

star ferma, per 6 mesi, e ciò al fine di evitare un conflitto generale.

In sostanza, io credo che per il momento, non ci sia nulla da temere. Se non

avessi questa convinzione, domanderei io stesso di andare a vedere il Fiihrer.

Comunque, uno scambio di idee con Ilitler rimane, nelle circostanze, l'unica cosa utile, ma essa va lasciata al Duce. Ribbentrop mi ha detto che forse oggi stesso saprà dirmi il giorno in cui il progettato incontro potrà aver luogo. Data la stagione, il Fiihrer ripeto, preferirebbe non andare in una città italiana. L'incontro potrebbe quindi secondo confermava Ribbentrop, avvenire al Brennero -ove il Fiihrer si recherebbe in automobile -e nel treno stesso del Duce. Tutto ciò salvo precisazioni ulteriori, che ripeto spero poterTi telegrafare prima della Tua partenza, entro la prima settimana, al massimo la prima decade di agosto.

504

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATISSIMO 5073/1532. Berlino, 7 luglio 1939.

Mio rapporto n. 5006 in data odierna (1).

Stamane von Ribbentrop mi ha richiamato al telefono per confermare, quasi c.on le stesse parole, quanto aveva avuto occasione di dirmi ieri sera e che ho già riferito a V. E. con il rapporto suindicato.

Ha aggiunto che il Reich provvede attualmente a rinforzare -spostandole sempre più verso il confine -le fortificazioni antistanti alla zona del Corridoio. Ha pure ammesso che a Danzica riaffiuiscono in questi giorni tutti coloro che avevano in tempi recenti abbandonato la città per trasferirsi nel Reich. Codesti elementi rafforzano le formazioni nazional-socialiste locali e particolarmente quelle S. S. destinate a fronteggiare qualsiasi tentativo di elementi polacchi all'interno di Danzica o qualsiasi irruzione di bande polacche dall'esterno. Qualora si trattasse, invece, di movimenti contro Danzica da parte di truppe regolari polacche, queste si troverebbero di fronte l'esercito tedesco. In conclusione, però, e a meno che Varsavia non commetta gesti molto serii ed imprudenti, la situazione non appare di gravità immediata.

Ribbentrop ha infine sottolineato avere ormai le prove che, come già in Austria prima e in Cecoslovacchia dopo, gli inglesi si abbandonano, anche per Danzica, ad intrighi di tutti i generi.

P. S. Informazioni fiduciarie dànno come sicura una progressiva requisizione di automezzi nonchè il richiamo di funzionari e di militari tedeschi dall'estero.

505

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO (2)

(Pro memoria) Roma, 7 luglio 1939.

l) Se Danzica, come dice l'A. Mémoire, è tedesca di fatto la può diventare di diritto.

(ll Vedi D. 503.

2) Tesi polacca insostenibile. (Ogni polmone necessario, ecc.).

3) L'acquisto di Danzica non migliora posizioni strategiche del Reich, il

quale dispone della Prussia O. e della Slovacchia.

4) La politica di riavvicinamento alla Polonia e il Patto dei 10 anni è stata

opera personale del Fiihrer; di qui il suo rammarico e la sua delusione.

5) Polonia e Cecoslovacchia è colpo di grazia.

6) Raffreddare l'atmosfera; cessare ogni eccitamento alla psicosi bellica po

lacca, riprendere le discussioni direttamente fra Polonia e Germania.

7) Il passaggio della città al Reich non compromette l'integrità e l'indipen

denza della Polonia; in caso di guerra, il destino della Polonia è incerto.

8) Comunque, ciò ripetuto due volte ad ogni frase: Se gli inglesi sono pronti

a sostenere colle armi la tesi polacca: l'Italia farà altrettanto per le rivendicazioni

germaniche.

(2) Il presente pro memoria doveva servire a Ciano come traccia per rispondere al pro memoria dell'Ambasciata britannica in data 4 luglio 1939 (Vedi D. 463).

506

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

TELESPR. RISERVATO 221481/541. Roma, 7 luglio 1939.

Vostro telespresso n. 4891/1473 del 1° corr. (1). D'accordo perchè l'Ungheria non si inserisca nelle conversazioni italotedesche.

Potete informare Weizsacker di quanto precede aggiungendo che finora nessun passo è stato qui compiuto da parte ungherese circa eventuali conversazioni di carattere militare.

507

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 471. Tokio, 8 luglio 1939, ore 7,26 (per. ore 15,30).

Ho informato Ambasciatore di Germania essermi stato confidato da persona che aveva parlato con alcuni alti Ufficiali di questa Marina per aver questi affermato che non vedevano ragione di battersi per una Germania la quale rifornisce di armi Chang-Kai-Shek. Ho risposto che, dato e non concesso che affermazione fosse stata vera, tale ragionamento non tornava ugualmente. Giappone infatti non si batterebbe nè per la Germania nè per l'Italia ma per sè stesso, del che d'altronde nessuno potrebbe rimproverarlo.

Mio collega mi ha ringraziato per l'informazione e pregato ripetergli quante volte altre simili voci fossero da me udite. Ribbentrop aveva «già da maggio » deciso di mettere termine a qualsiasi rifornimento. In conseguenza di ciò mio collega aveva chiesto a questo Ministero degli Affari Esteri di segnalargli se qualche nuovo rifornimento fosse avvenuto ma non aveva avuto alcuna risposta positiva. Marina invece gli aveva consegnato la lista degli asseriti rifornimenti. Egli l'aveva trasmessa a Berlino dove essa era stata esaminata Ministeri com

(ll Vedi D. 426.

petenti con il risultato che non una delle sue indicazioni era risultata esatta. Di ciò egli si era affrettato a comunicare alla Marina e pregava me darne comunicazione a quanti mi ripetessero quella voce. Era evidente che Marina siccome non trovava ragioni per giustificare proprio contegno andava cercando pretesti. Egli però ha proposto a Berlino di pubblicare un comunicato in forma tale da troncare simili « intrighi " degli inglesi e degli anglofili.

508

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 412. Berlino, 8 luglio 1939, ore 14,40 (per. ore 15,40).

Telegramma di V. E. n. 244 (1).

Fino a questo momento nessuna segnalazione in proposito mi è pervenuta dai Regi Consoli Vienna, Graz, Innsbruk dei quali l'ultimo -che è perfettamente al corrente di tutto -non avrebbe certo mancato di informarmi.

Anche qui nulla risulta delle pretese dimostrazioni.

509

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

FoN. 413. Berlino, 8 luglio 1939, ore 20 (per. stessa ora).

Seguito mio 410 di ieri (2).

Nella impossibilità di entrare in immediato contatto con Ribbentrop ieri sera, io gli ho, ieri sera stessa, posto per iscritto le considerazioni fattemi presenti per telefono dall'E. V. Ho quindi mandato copia della mia lettera anche al Segretario di Stato Weizsacker pregandolo di seguire questione sino alla sua decisione definitiva.

Weizsacker m'informa ora di averne discusso con Ribbentrop questa mane, ma senza arrivare a conclusioni suscettibili di essermi comunicate. Il Ministro essendosi subito dopo assentato da Berlino, la questione sarà ripresa o questa sera

o domattina.

Ribbentrop ha in ogni modo rinviato di un giorno la sua partenza per Salisburgo.

510

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 157. Sofia, 8 luglio 1939, ore 22,40 (per. ore 23,45).

Mio telegramma n. 93 del 13 giugno scorso (3).

Esplicita formula comunicato incontro Berlino è giunta qui inattesa dopo numerosi accenni diretti attenuare impressione incontro stesso.

Sembra ora ammettersi questi circoli politici che viaggio Presidente del Consiglio Berlino già previsto da tempo e reso vieppiù consigliabile indubbiamente stessi sviluppi fondamentali interessi economici fra i due Paesi, riflettenti anche questione riarmo Bulgaria, siasi rapidamente concretato dopo visita Gafencu Ankara Atene, e voglia costituire in sostanza risposta risultati visite medesime.

Ciò apparirebbe tanto più credibile come da mio telegramma-posta su indicato, Presidente del Consiglio riservava più netta determinazione atteggiamento Bulgaria appunto dopo viaggio Gafencu in Turchia, e che questo, secondo convincimento bulgaro, risolverebbesi non solo rafforzamento legami turco-romeni con comune attitudine assoluta intransigenza verso Bulgaria, ma probabilità anche precise intese militari rivelatesi con segnalata proporzionalità dislocamenti Dobrugia Slovacchia Tracia in rapporto aumento effettivi turchi quest'ultime regioni.

Per quanto sembri dovrebbesi quindi registrare concreto inizio minaccia diritto politico Bulgaria tanto più dato aperto favore elemento militare verso avvicinamento Asse, occorre ancora tuttavia non sottovalutare correnti contrarie avvicinamento stesso, che sotto spinta propaganda britannica e intrighi altre Potenze balcaniche pongono in guardia contro futuri nuovi legami specie con Germania che infausti per il passato minaccerebbero ora assorbire Bulgaria area spazio vitale tedesco. Anche attitudine Sovrano rimane alquanto riservata nè sorprenderebbe qualche prossima manifestazione atta attenuare rilievo incontro Berlino.

Momentaneamente risulta che opposte tendenze sembrano profilarsi nella più marcata cordialità rapporti con Belgrado sottolineata questi giorni dalle particolari accoglienze jugoslave, e che vorrebbero nel frattempo fare apparire premonitrici concorde blocco neutrale di attesa, la cui possibilità successo presenterebbe per altro elementi dubbio se si consideri che giuoco anglo-francese precludente offrire soluzioni Dobrugia e Tracia, potrebbe anche risvegliare non sopita questione macedone nel quadro aspirazioni Bulgaria.

Comunque stando ad accenni precedenti fattimi da Presidente del Consiglio e rinnovati in mia assenza questo Incaricato d'Affari, sarei grato a V. E. farmi conoscere suo intendimento nell'evenienza Presidente del Consiglio al suo ritorno mi riparli sua andata Roma.

(l) -Vedi D. 496. (2) -Vedi D. 493. (3) -Vedi D. 214.
511

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A HELSINKI, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 15. Helsinki, 8 luglio 1939 (per. giorno 11 ). Mio telegramma n. 45 del 30 giugno u. s. (1). Dopo le ultime informazioni sull'andamento delle conversazioni anglo-francosovietiche a Mosca, regna in questi ambienti sociali un forte ottimismo. Si crede cioè che Francia ed Inghilterra non riusciranno ad accordarsi con l'URSS. Questo Ministro degli Affari Esteri mi ha detto che dopo assicurazione da

Ministro d'Inghilterra che suo Governo non concluderà in ogni caso nessun accordo relativo a garanzia per la Finlandia senza concertarsi con quello di Helsinki,

aveva fatto domandare a Londra se fossero esatte notizie apparse sulla stampa

che Inghilterra si disponeva concludere accordo accettando completamente esi

genze sovietiche. Ne ha avuta netta risposta negativa.

(l) Vedi D. 413.

512

IL MINISTRO AD ATENE, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 82. Atene, 8 lugHo 1939 (per. giorno 11).

Telegramma di V. E. n. 102 (1).

Non ho mancato di intrattenere il sig. Mavrudis sulla impressione suscitata dall'intonazione dei commenti della stampa greca alla dichiarazione francoturca, attirando in modo particolare la sua attenzione sull'articolo apparso sul Kathimerini del 23 giugno u. s.

Il sig. Mavrudis ha escluso nel modo più formale che il Governo greco abbia accolto la dichiarazione franco-turca in modo diverso da quello col quale. fu accolta, a suo tempo, quella anglo-turca. Ha ammesso bensì che in questa occasione la stampa greca ha avuto parole di felicitazione verso la Turchia per il riacquisto del Sangiaccato di Alessandretta; ma conviene tener presente che Grecia e Turchia sono amiche ed alleate, e che pertanto ogni avvenimento favorevole alla Turchia non può non essere accolto con compiacimento in Grecia.

Nulla è modificato, secondo il sig. Mavrudis, alla ferma decisione greca di mantenere verso chiunque una strettissima neutralità.

Per ciò che riguarda, poi, la possibilità di controbattere nella stampa greca mediante la pubblicazione di notizie e articoli riflettenti il nostro punto di vista, debbo rilevare, in primo luogo, che questa stampa (la quale, com'è noto, è strettamente controllata) non dedica agli avvenimenti internazionali altri commenti all'infuori di quelli direttamente ispirati dal Governo. Sarebbe vano tentare di far pubblicare da un giornale greco un editoriale di nostra fattura e ispirazione.

È invece possibile presentare a questa pubblica opinione il nostro punto di vista mediante una intensifìcazione del servizio di notiziario dall'Italia, notiziario che potrebbe comprendere, come i notiziari Reuter e Havas, anche riassunti della nostra stampa. La stampa greca dà un largo posto a tutte le notizie concernenti l'Italia non solo a quelle che l'Agence d'Athènes riceve dalla Stefani ma anche ai servizi riguardanti il nostro Paese, provenienti da fonti estere, ed anche a riassunti di articoli italiani, quando essi le pervengano.

Per dare un esempio: il 25 giugno scorso AgropoHs, Kathimerini e parecchi altri fogli del mattino pubblicavano il sunto di un articolo di Relazioni Internazionali del 24 giugno; ma tale sunto era stato diramato non da noi, ma dall'Havas. Gli esempi si potrebbero moltiplicare. È fuori di dubbio che se i nostri servizi fossero più abbondanti e più rapidi essi sarebbero qui ben accetti e largamente riprodotti.

25 · Documenti diplomatici • Serie VIII · Vol. XII

Sarebbe inoltre assai desiderabile ampliare e migliorare i servizi in greco di Radio-Bari. Questa Stazione è qui ricevuta benissimo ed è molto ascoltata, purtroppo però, a quanto mi viene assicurato da chi, per mio ordine, giornalmente la segue, i notiziari e commenti politici di essa sono ben lontani dallo essere perfetti, tanto per ciò che riguarda l'ampiezza quanto per ciò che concerne la qualità del materiale e la sua presentazione agli ascoltatori greci.

Su questo punto mi riservo di tornare ulteriormente.

(l) Vedi D. 422.

513

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 84. Ankam, 8 luglio 1939 (per. giorno 18).

A complemento di quanto ho avuto l'onore di riferire con mio telegramma del 7 corrente n. 76 (1), credo utile aggiungere alcuni dettagli della mia ultima conversazione con Saracoglu.

Questa volta egli non ha cercato nè di giustificare la stampa turca nè di

addossarle tutta la responsabilità della campagna antitaliana col pretesto che è

libera. Anzi ha voluto dirmi che i principali organi di stampa seguono le diret

tive che egli impartisce, sebbene molto spesso accada che nello interpretare

vadano al di là delle intenzioni ufficiali e alcune volte le fraintendano del tutto.

Così le preoccupazioni per l'azione italiana in Albania sono reali nè sono scom

parse tuttora, ma la stampa, nel farsene eco, ha oltrepassato i limiti dell'obiet

tività politica. Egli, Saracoglu, anche in vista della moderazione di cui la stampa

italiana ha dato prova nel commentare la nota dichiarazione anglo-turca, aveva

richiamato i giornalisti più autorevoli ad un opportuno senso di misura ed era

riuscito ad ottenere che la campagna antitaliana si attenuasse, quando è inter

venuto l'articolo del Telegrafo che ha provocato una violenta reazione. Anche

in tale circostanza egli ha dato istruzioni di astenersi da offese ed ingiurie, ma

riconosceva di non essere stato da tutti obbedito (Saracoglu mi ha detto che

sapeva che il Telegrafo appartiene alla famiglia di V. E.). Per l'avvenire mi

dava le assicurazioni già comunicate, pregandomi di intervenire per ottenere

un analogo atteggiamento della stampa italiana.

Quasi· poi a confermarmi il sussistere delle preoccupazioni per la nostra

azione in Albania, mi ha, nel corso della conversazione, rivolto a bruciapelo la

seguente domanda: « Perchè concentrate tante truppe in Albania ? » Senza ri

spondergli esplicitamente, gli ho detto di diffidare delle notizie che una propa

ganda ostile diffonde sulle nostre intenzioni e sui nostri movimenti; la nostra

presenza nei Balcani non può turbare che coloro che hanno un'ostilità precon

cetta verso di noi; gli amici non se ne dolgono; del resto fin quando la Francia

e l' Inghilterra continueranno nella loro azione intesa a stringere il cerchio in

torno alle Potenze dell'Asse sarebbe puerile da parte nostra non rafforzarci su

posizioni che possono avere alto valore in qualsiasi evenienza. Saracoglu si è

(l} Non pubblicato.

mostrato persuaso del mio ragionamento, ma ha insistito nel suo concetto che Francia ed Inghilterra non abbiano nè proposito nè possibilità di soffocare l' Italia e la Germania. Comunque, egli mi ha detto, la Turchia a torto o a ragione (sic), ha creduto che il modo migliore per garantire la sua sicurezza e la pace in Europa fosse quello di unirsi alle Potenze democratiche, nella certezza che queste non attaccheranno gli Stati totalitari. Gli ho risposto che quanto meno la Turchia s'impegnerà con le Potenze cosiddette democratiche tanto più e meglio provvederà alla sua sicurezza e contribuirà alla pace in Europa.

514

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

L. 5005. Roma, 8 luglio 1939.

Sembra opportuno -anche in relazione ai recenti incontri dei nostri dirigenti militari coi capi militari germanici -che il nostro Capo di Stato Maggiore Generale, Maresciallo Badoglio, si rechi in Germania per allargare i suoi contatti e per completare tale serie di utili scambi di idee fra le Potenze dell'Asse.

Ti prego, pertanto, di volere studiare la possibilità di organizzare un suo viaggio in Germania e di promuovere un formale invito in tal senso da parte del Governo germanico.

515

IL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATISSIMO 232. Bucarest, 9 luglio 1939, ore 1,25 (per. ore 5).

Questo Ministro di Germania mi ha detto aver appreso a questo Ministero degli Affari Esteri che secondo notizie da Istanbul Governo starebbe cercando formula per rinforzare sue frontiere balcaniche garanzia franco-inglese.

Riservomi intrattenere al più presto Gafencu assente sino martedl prossimo per breve periodo riposo.

516

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 92. Mosca, 9 luglio 1939, ore 21,40 (per. 10 luglio, ore 0,30).

Come per tutte conversazioni precedenti nulla è trapelato del lungo colloquio di ieri fra Molotov e Ambasciatori inglese e francese assistiti da Strang.

Comunicazioni radio e notizie pubblicate diverse capitali hanno prospettato ipotesi che i negoziati stiano prendendo indirizzo esatto avendo ora come obiettivo immediato accordo più semplice e più generico fra le 3 Potenze. Secondo mio modo di vedere personale tale ipotesi può avere un certo fondamento di fronte alle svariate obiezioni e esigenze sovietiche, nè è escluso che l'Inghilterra giudichi conveniente soprassedere provvisoriamente ai negoziati pel complicato sistema delle garanzie solidali a favore dei terzi, e cerchi invece di raggiungere l accordo al più presto di una mutua assistenza anglo-francese-sovietica che diventerebbe operante nel caso aggressione diretta contro una delle 3 Potenze firmatarie.

Dubito tuttavia che il Governo sovietico sia propenso ad impegnarsi in tal senso, perchè quello che sembra interessare maggiormente URSS, in questo momento, è garanzia contro la cosidetta aggressione indiretta. D'altra parte importa tenere presente il discorso Molotov davanti Consiglio Supremo [mio telespresso

n. 867 del primo giugno (l)] nel quale è stato enunciato come condizione «sine qua non » per conclusione accordo « garanzia Inghilterra Francia e URSS » a favore degli Stati Europa Centrale e Orientale compresi senza eccezione tutti i Paesi europei confinanti con U.R.S.S. Debbo credere che Mosca si manterrà intransigente su questo punto ed insista nel reclamare da Inghilterra e Francia impegni generali precisi ed assoluti. Rimango poi sempre dell'avviso che i dirigenti del Kremlino siano intimamente alieni dal legarsi con due Paesi che sono i rappresentanti tipici del capitalismo e della borghesia, e che loro tattica miri in realtà ai seguenti obiettivi:

l) Umiliare l'Inghilterra, vendicandosi di Monaco Baviera; 2) Provocare la caduta di Chamberlain; 3) Incoraggiare il conflitto europeo con la speranza di sfruttarlo nell'inte

resse ideologico e politico del regime bolscevico.

517

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 37. Belgrado, 9 luglio 1939 (per. giorno 11).

Telegramma di V. E. n. 458 R. del 5 luglio (2).

Cincar Markovié essendo molto preso in questi giorni dalle visite di Yahyà Pascià e di Kiosseivanov, non ho potuto trovare un'occasione propizia per fargli opportunamente la comunicazione di cui al telegamma di V. E.

D'altra parte tenevo a fargliene pervenire un cenno prima del suo incontro con Kiosseivanov. Ne ho parlato perciò ieri con Smiljanié che è il suo collaboratore più diretto e in continuo contatto con lui. Questi ha trovato la comunicazione molto interessante e mi ha assicurato che ne avrebbe parlato con il suo Ministro prima della partenza di questi per Bled (per incontrare Kiosseivanov) che è avvenuta ieri sera.

Nel riferire a questo Ministro degli Affari Esteri Aggiunto le parole di Saracoglu all'Ambasciatore De Peppo e le sue previsioni in caso di conflitto, ho osservato che queste parole dette in privato e confidenzialmente dimostrano in quale conto la Turchia tiene l'Intesa Balcanica della quale parla in pubblico con tanta reverenza ed unzione, e dimostrano anche quale fede si può prestare alle sue ripetute assicurazioni che i nuovi impegni assunti con le Potenze occidentali non costituiscono un pericolo per l' Intesa stessa che rimane integra e indipendente. Questa malafede turca è una singolare risposta alle oneste perplessità jugoslave fatte più volte presenti ad Ankara.

Smiljanié mi ha detto subito che in fondo le parole di Saracoglu non lo stupivano perchè gli risultava che ad Ankara, dal giorno dell'occupazione dell'Albania, si era perduta ogni fiducia nella Jugoslavia. Il Governo turco non supponeva mai « che noi potessimo mettere la nostra amicizia con l'Italia al di sopra delle nostre antiche riserve e aspirazioni sull'Albania; da quel giorno non si è riavuto dalla sorpresa e ci considera un poco come la vostra avanguardia nei Balcani».

Piuttosto, ha osservato Smiljanié, stupisce che Saracoglu faccia previsioni analoghe per la Romania che è, da qualche tempo, amica tanto intima dei turchi. « È vero, ha aggiunto, che quando i romeni parlano con noi ci dicono che sono completamente del nostro punto di vista; ma non c'è dubbio che quando parlano ad Ankara dicono tutto il contrario. Si vede che i turchi fanno lo stesso ragionamento nostro e non se ne fidano come non ce ne fidiamo noi».

Smiljanié ha concluso osservando con amarezza che la Turchia ha fatto e fa ancora tutto quanto era in suo potere per distruggere la solidarietà balcanica.

(l) -Vedi D. 86. (2) -Vedi D. 468.
518

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

L. 5034. Roma, 9 luglio 1939.

Ho preso visione del tuo telegramma n. 411 (1), come pure dei tuoi rapporti e telegrammi precedenti.

La progettata visita del Fiihrer sarà, naturalmente, graditissima in Italia. Senonchè il mese di agosto non appare, per diverse ragioni, adatto all'attuazione di questo progetto. Più opportuno sarebbe rinviare alla fine di settembre l'incontro, che potrebbe aver luogo anzichè al Brennero, in qualche città dell'Italia settentrionale. Nel frattempo, potrebbe essere fatta, tanto in Italia come in Germania, una preparazione adeguata, sotto tutti i punti di vista.

Ti prego, quindi, di volere agire in conseguenza, beninteso a meno che ragioni imperiose, dipendenti dalla evoluzione della situazione internazionale, non consiglino di anticipare l'incontro.

(l) Vedi D. 495.

519

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. AD HELSINKI, COPPINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 847/332. Helsinki, 9 luglio 1939.

A teleposta min. n. 217231/c del 6 giugno 1939 (1).

Vi è stato realmente un certo risentimento da parte del Governo finlandese verso quello estone, in seguito alla decisione di questi di concludere un patto di non aggressione con la Germania. Se ne è fatto interprete questo Ministro degli Esteri col Ministro di Estonia in Finlandia.

Il signor Erkko mi ha tuttavia spiegato che questo risentimento non era provocato dalla delicata situazione nella quale la Finlandia si sarebbe trovata, avendo rifiutato di concludere un analogo patto con la Germania. Questo rifiuto

o meglio il declinare della offerta tedesca era stato concordato con gli altri Stati scandinavi nel Convegno di Stoccolma. La posizione della Finlandia doveva quindi essere inquadrata in quella collaborazione scandinava, alla quale la Finlandia si mantiene unita. Il signor Erkko si era limitato a far presente a questo Ministro di Estonia che le relazioni amichevoli e cordiali dei due governi e dei due popoli fratelli avrebbero giustificato una maggior confidenza ed il Governo di Tallinn avrebbe potuto informare, se non concertarsi, con quello di Helsinki, prima di rispondere affermativamente alle proposte tedesche.

La verità è che i rapporti estoni-finlandesi non sono in questo momento così cordiali come il Ministro Erkko vorrebbe. Credo che a battere freddo sia piuttosto il Governo estone, dicesi, per la mancata visita del Presidente Kallio, che dovrebbe aver restituito già da qualche tempo la visita fatta dal Presidente estone in Finlandia nel 1937. Il motivo non sembra giustificato, poichè questo Capo di Stato è malato ed ha lasciato per tre mesi l'interim delle sue funzioni al Presidente del Consiglio. Si aggiunge invece -e con più ragione -che il Governo finlandese non mantiene contatti con quello estone in questo momento delicato di politica internazionale e che quindi a Tallinn si è voluto mantenere uguale atteggiamento, informando il Governo di Helsinki a decisione avvenuta ed ufficialmente comunicata a Berlino.

520

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 479. Tokio, 10 luglio 1939, ore 12,45 (per. ore 20).

Proposta del Ministro della Guerra per nuova formula si è arenata a causa opposizione di altri Ministri.

(ll Non pubblicato.

521

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 480. Tokio, 10 luglio 1939, ore 12,45 (per. giorno 11, ore 22).

Francia ed America hanno chiesto partecipare conversazioni su Tientsin, ma è stato loro risposto negativamente.

Militari ripetono che blocco non sarà attenuato. Comunicato Roma e Taliani.

522

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 93. Mosca, 10 luglio 1939, ore 17,15 (per. ore 20,10).

Mio telegramma n. 92 (1).

Questi ambienti diplomatici interpretavano ieri sera come sintomo di progresso nei negoziati anglo-francesi-sovietici fatto che a tale scopo avevano avuto luogo nuovi colloqui fra Molotov e Ambasciatori Inghilterra e Francia. Secco comunicato stamane affermante che « colloquio non ha dato risultati positivi > ha distrutto tale preventivo ottimismo. Incomincia diffondersi impressione che attitudine sovietica sia influenzata da intervento tedesco.

523

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 106. Sofia, 10 luglio 1939 (per. giorno 14).

Mio telegramma 158 dell' 8 u. s. (2).

Presidente Camera Deputati, Stoicho Moscianov, partito ieri per Parigi e probabilmente Londra.

Ad attenuare impressione provocata da sue citate dichiarazioni, stampa locale ha ricevuto ordine non dare alcun rilievo partenza e non commentarla. Inoltre Direzione Stampa ha convocato rappresentanze Agenzie estere informazioni ed ha loro dichiarato che, contrariamente notizie pubblicate certa stampa straniera, viaggio Presidente Camera era effettuato titolo completamente privato e non aveva alcun significato politico.

Ambienti governativi sembrano irritati per gesto Moscianov che viene apertamente accusato atteggiarsi successore Kiosseivanov appoggiandosi gruppi contrari politica avvicinamento Asse. Corrono anche le voci, peraltro non con

(ll Vedi D. 516.

trollate, possibile scioglimento Parlamento qualora dissidio aperto dovesse scoppiare fra Presidente del Consiglio e Moscianov su questioni politica estera. Naturalmente in questa, come in ogni altra evenienza, arbitro unico della situazione rimane il Re, il cui atteggiamento è ben noto a V. E.

(2) Non pubblicato.

524

IL MINISTRO ALL'AJA, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 18. L'Aja, 10 luglio 1939 (per. giorno 15).

Mio telegramma per corriere n. 016 {1).

Il Ministro dell'Economia tedesca, Funk, dopo aver compiuto le visite annunciate alle grandi opere di prosciugamento dello Zuiderzee e dopo aver avuto interviste oltre che col Ministro Steeberghe, anche col Direttore della Nederlandsche Bank, signor Trip, è partito l'altro ieri dall'Aja.

La sua visita ha suscitato commenti di particolare cordialità nella stampa; e specialmente sono state con grande rilievo riprodotte le dichiarazioni fatte ai giornalisti olandesi, di cui invio il testo a parte, e che possono rappresentare per la cordialità delle espressioni ivi contenute e per la precisione e l'insistenza con le quali è stata confermata la possibilità di ulteriore sviluppo dei rapporti economico-commerciali tedesco-olandesi -una guida abbastanza chiara per comprendere quale è stato il contenuto della visita stessa. Evidentemente il viaggio di Funk in Olanda non può non avere anche una portata politica, specialmente nel momento attuale, in cui l'Olanda a chiare note ripete e conferma che non vuole garanzie di nessun genere, neanche unilaterali: e a questo proposito conviene segnalare, quasi ad accentuare l'importanza che anche da parte tedesca si dà ai rapporti economici con l'Olanda, che una delle principali persone con le quali il Funk è venuto in contatto è il signor Hirschfeld, Segretario Generale del Ministero dell'Economia, di razza ebraica, che è stato nell'occasione insignito di una alta decorazione germanica.

Ma la visita ha avuto soprattutto un contenuto economico-commerciale, quello di meglio sistemare i rapporti commerciali fra i due Paesi ed esaminare le questioni che sinora ne hanno ostacolato quello sviluppo che le due parti dichiarano di desiderare. Nel 1938 si è avuta infatti rispetto al 1937 una contrazione delle importazioni tedesche in Olanda di 27 milioni di fiorini e una diminuzione delle importazioni olandesi in Germania di 22 milioni di fiorini. Per quanto le cifre che rappresentano le due contrazioni di traffico non siano molto differenti, sta pure il fatto che alla fine del 1938 il clearing fra i due Paesi risultava passivo per l'Olanda per la somma piuttosto rilevante di 24 milioni di fiorini. A questo proposito bisogna notare che una certa parte del ricavato delle esportazioni tedesche in Olanda non va a finanziare esportazioni olandesi in Germania ma rimane assorbita dal servizio di carattere finanziario. Per esempio, il 10 % del ricavato delle esportazioni tedesche in Olanda è messo a dispo

sizione della Reichsbank sotto forma di divisa libera. Tale punta in divise è andata sempre aumentando: sino al 30 giugno 1937 la Germania aveva diritto solo al 4 % di punta: si è poi avuto un aumento fino al 6 %, finchè dal l o gennaio 1938 si era giunti al lO %. Ma la Germania vorrebbe avere una punta ancora maggiore: il che naturalmente è ostacolato dal fatto che il clearing risulta passivo per l'Olanda, con tendenza a divenire sempre più passivo. Al 31 dicembre 1938 il passivo del clearing per l'Olanda era di 24 milioni di fiorini e al 30 giugno 1939 tale passivo era salito a 43 milioni, e ciò perchè in misura sempre maggiore il clearing tra i due Paesi prevede il pagamento via clearing anche di tutte le spese di noli e delle spese portuarie del porto di Rotterdam.

Il cattivo funzionamento del clearing ha fatto si che il Governo Olandese ha dovuto decidere di ridurre a partire dal 1° luglio 1939 i contingenti delle esportazioni verso la Germania, il che ha provocato in Olanda una discesa dei prezzi mentre la Germania continua ad avere bisogno dei prodotti.

Sembra che il Ministro Funk si sia ora adoperato per rendere meno rigide tali disposizioni, richiedendo che, come ho già accennato nel mio telegramma surriferito, sotto una forma o sotto un'altra venisse concesso un credito olandese alla Germania.

Tale credito potrebbe essere stato concesso o tollerando in seno al clearing un passivo notevole o concedendo un vero e proprio credito bancario con interessi.

La visita di Funk ha avuto insomma per scopo di escogitare un nuovo sistema di scambi tedesco-olandesi, che permetta maggiori libertà di movimento e che possa contribuire a creare -come il Ministro tedesco ha dichiarato scambi liberi accanto a quelli previsti dal clearing.

Per quanto non sia ancora dato conoscere i risultati pratici del viaggio, pure non v'ha dubbio che esso deve essersi risolto favorevolmente, il che dimostra che il Governo Olandese abbandona la sua rigidità di scambi ed è disposto a venire incontro ai bisogni economici della Germania: e ciò ha una indubbia importanza nel campo economico in quanto lascia scorgere in tutta la loro ampiezza le possibilità di collaborazione fra due Paesi a regime economico differente, ma può aver anche un significato politico, in quanto è evidente come l'Olanda appaia sempre più disposta, anche a costo di intaccare principi tradizionali, a venire incontro alle esigenze della Germania.

(l) Non pubblicato.

525

IL MINISTRO AD ATENE, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TEL. s. n. (1). Atene, 10 luglio 1939.

Ritengo interessante riportare, qui appresso, per opportuna conoscenza dell'E. V., il sunto di una lunga conversazione recentemente avuta da questo Addetto Navale britannico, capitano di vascello Packer, con l'Addetto Militare bulgaro, che l'ha riferita al nostro Addetto Militare.

Il Comandante Packer, che è alla vigilia della sua partenza avendo avuto altra destinazione, ha detto di non credere alla eventualità di una guerra, soprattutto perchè l'Italia si rifiuterà di adempiere all'impegno di sostenere la Germania in qualunque momento.

Ha poi affermato che la flotta inglese ha deciso di visitare con frequenza ed abbondanza di mezzi i porti dell'Egeo per far sentire la sua presenza e far vedere la sua potenza, che è assolutamente superiore a quella di ogni altra nazione. Per dimostrare che la potenza navale britannica è restata intatta, ha fatto un'ampia dissertazione sull'inanità degli sforzi che aviazione e sommergibili volessero tentare contro le moderne corazzate.

Ha detto altresì che la Bulgaria non deve attendersi alcun aiuto dall'Italia: è vero che grandi unità terrestri italiane, dopo la conquista dell'Albania, si trovano già in terra balcanica, ma i loro effettivi sono notevolmente inferiori a quanto si è voluto far credere e dato pure che riuscissero a raggiungere Salonicco la loro marcia verso gli Stretti è resa impossibile dalla deficienza di strade in Macedonia Orientale e in Tracia, che impedisce in modo assoluto i rifornimenti, i quali, d'altra parte, non potranno essere effettuati via mare, perchè la flotta inglese lo impedirà.

Il Comandante Packer è qui considerato persona seria e capace, che d'ordinario parla poco, e di politica· non s'è mai apparentemente occupato. Se ha creduto opportuno di uscire da questo suo riserbo, deve ritenersi che ciò sia avvenuto per ordini superiori e nel quadro della propaganda inglese contro l'Asse, che è qui, nel momento attuale, particolarmente attiva.

(l) Il documento, probabilmente Telespresso, proviene dall'Archivio dell'Ambasciata di Londra cui fu ritrasmesso con Tel. n. 605003/C in data 20 luglio 1939.

526

IL MINISTRO A TALLINN, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 775/334. Tallinn, 10 luglio 1939.

Il Ministro degli Esteri, signor Selter, mi ha detto che egli non crede che il Governo sovietico, come è stato ripetutamente affermato, non desideri conchiudere un accordo con l'Inghilterra e la Francia. In tale ipotesi, l'U.R.S.S. rimarrebbe isolata, si troverebbe a dover resistere da sola contro un'aggressione tedesca, non potrebbe realizzare, senza l'aiuto franco-inglese, le sue aspirazioni baltiche. Non sarebbe neppure da escludere che ove le trattative fallissero, venga ripresa la questione ucraina, che può creare seri pericoli per la Polonia e per l'U.R.S.S. È possibile che tale questione sia stata messa, ora, a tacere per non irritare il Governo bolscevico e facilitare, cosi, indirettamente, un accordo.

È certo che il Governo sovietico persegue la medesima politica imperialistica dell'epoca czarista. Epperò, non vi possono essere dubbi circa le aspirazioni russe sui Paesi baltici. E, la Francia e l'Inghilterra hanno interesse a spingere l'U.R.S.S. all'occupazione per impegnare la Germania anche in questi Paesi e diminuire così la pressione verso la Polonia.

Il Ministro si è dichiarato sicuro che la Germania non prenderà mai una

iniziativa a danno dei Paesi baltici. Tuttavia, ad un'eventuale azione russa essa

opporrà, e sollecitamente, una resistenza ed un'offensiva. È inammissibile che la Germania si lasci indebolire nel Baltico, cedendo alcune posizioni. È da ritenere che ad un'aggressione per via di terra da parte dell'U.R.S.S. la Germania risponda con l'occupazione delle coste finlandesi e delle isole estoni, in vista del loro valore strategico. E, si ammette generalmente che ciò è possibile in brevissimo tempo, anche in sole 24 ore.

Ai governi inglese e francese era noto il punto di vista dei Governi baltici circa le questioni della garanzia e dell'assistenza ai territori dei loro Paesi, prima ancora che esso fosse proclamato pubblicamente con l'intervista del Ministro degli Esteri d'Estonia ad un giornale locale. Ma, tale punto di vista è stato di recente ufficialmente confermato con dichiarazioni, fatte a Londra ed a Parigi dai rappresentanti diplomatici estone e Iettane, secondo le quali sarebbe stato considerato come gesto non amichevole l'accettazione della richiesta russa di garantire i Paesi baltici ai confini.

Il signor Selter teme che la Polonia abbia adottato nella questione di Danzica e del Corridoio un atteggiamento troppo reciso. Dubita che Inghilterra e Francia sieno in grado di portare praticamente aiuto. E, crede che meglio avrebbe fatto il Governo polacco ad assumere una linea di condotta di aspettativa, accettando di trattare sulla base delle proposte tedesche. I 25 anni di garanzia alle frontiere sembrano il punto, che avrebbe dovuto convincere il Governo polacco a prendere tempo. Non 25 anni, ma anche meno -ossel"Va il signor Selter -possono determinare una nuova situazione. Una sconfitta polacca, se guerra ci sarà, segnerà l'esclusione definitiva della Polonia dal Baltico. Ed essa renderà precaria la situazione dei piccoli Paesi baltici. Se anche guerra non ci sarà e la Polonia sarà costretta a cedere di fronte alla situazione, che si va creando a Danzica, ciò determinerà per essa, in seguito al recente atteggiamento assunto, una grave perdita di prestigio, che influirà molto sulla sua situazione nel Baltico.

È possibile che le tergiversazioni russe nelle trattative con la Francia e l'Inghilterra sieno dettate dal desiderio di veder meglio come la situazione si viene a delineare. Ed, in ogni caso, si pensa che, se vi sarà guerra per Danzica, il Governo bolscevico cercherà di prender tempo per procedere ad un'occupazione dei Paesi baltici, aspettando di vedere se la Germania sarà o meno in grado di prendere delle contromisure.

In Parlamento un deputato dell'opposizione ha accusato il Governo di germanofilia. Come ho riferito a V. E.. il Ministro degli Esteri ha contestato tale accusa. Ma, egli mi ha dichiarato che, nell'attuale momento, in vista dell'attitudine franco-inglese, non è male che si pensi ad una politica germanofila dell'Estonia. E, i giornali, per la prima volta, pubblicano articoli molto vivaci contro la Francia e l'Inghilterra. A proposito delle voci, diffuse dalla stampa di una prossima visita del signor von Ribbentrop a Tallinn ed a Riga, il signor Selter mi ha detto che finora non si è parlato di tale eventualità.

Non vi è dubbio che di fronte alla minaccia russa, alla quale questi Paesi non potrebbero opporre che una scarsa resistenza, le speranze si concentrano nella Germania, interessata ad impedire che l'U.R.S.S. assuma una posizione di privilegio nel Baltico. Nel corso della conversazione il Ministro degli Esteri ha osservato che la Germania ha battuto durante la guerra del 1914 l'esercito czarista, indubbiamente più forte di quello sovietico. Se dei dubbi affiorano, essi si riferiscono essenzialmente alla situazione economica tedesca.

527

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 482. Tokio, 11 luglio 1939, ore 7 (per. ore 23,55).

Nelle sue recenti dichiarazioni Presidente del Consiglio dei Ministri ha detto fra l'altro che Giappone agisce sempre sulla base dei principi morali. Ha citato come esempio ch'esso prese parte guerra mondiale pur non essendovi obbligato dal suo trattato alleanza con l'Inghilterra.

Ciò evidentemente è in relazione a dubbi sollevati nelle trattative in corso da Ribbentrop circa assegnamento che potrebbe farsi sulla buona fede giapponese in caso di conflitto europeo.

528

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 489. Tokio, 11 luglio 1939, ore 1,10 (per. ore 20).

Da ottima fonte civile mi si assicura: nulla è mutato ma per il momento tutto è fermo. In seguito risposta data da Ribbentrop alla seconda risposta giapponese nonchè in seguito alla questione pendente Tientsin, Hiranuma ha manifestato intenzione di rimandare di un paio di mesi ripresa riunione Cinque Ministri. Richieste relative Tientsin sono tali da non potere essere accettate dall'Inghilterra senza completa perdita di prestigio e fanno quindi prevedere rottura. Da questo assetto definitivo deriverà rafforzamento nostra posizione tanto più che movimento antibritannico va sempre estendendosi e approfondendosi. in questa opinione pubblica, del che Governo si preoccupa. Non si esclude possibilità di una conseguente crisi di Gabinetto, e anche da ciò ci verrebbe giovamento.

Anglofili hanno inutilmente cercato sfruttare voci accordo commerciale russotedesco.

529

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 490. Tokio, 11 luglio 1939, ore 11 (per. ore 20).

Per quanto incidenti di frontiera mancese non siano lievi si confermano qui dichiarazioni del Primo Ministro e cioè che Giappone non intende ampliare conflitto.

530

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 155. Varsavia, 11 luglio 1939, ore 13,25 (per. ore 15,15).

Dal Giappone provengono notizie secondo le quali il Governo dell'U.R.S.S. all'ultimo momento per la conclusione di un accordo con la Francia e l'Inghilterra avrebbe avanzata la pretesa di un ingentissimo prestito inglese. Cifra richiesta ammonterebbe quota 550 (l) milioni di sterline.

531

IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO AL CAIRO, MAZZOLINI

T. 468/105 R. Roma, 11 luglio 1939, ore 23,45.

Attiro la Vostra attenzione su notizia pubblicata da giornale tedesco Angriff del 10 corrente nel quale è detto che l'Inghilterra ha deciso di fortificare il Canale di Suez. Tale atto, commenta l'Angriff, costituisce non solo una brutale provocazione all'indirizzo dell'Italia ma anche una violazione del Patto mediterraneo anglo-italiano per non parlare poi della incompatibilità del progettato provvedimento con lo Statuto della Società del Canale. L'Italia ha assoluto diritto di esigere che la sua via di comunicazione con l'Africa Orientale non venga sbarrata brutalmente dall'Inghilterra. La Germania, conclude il giornale, a seguito della sua rilevante partecipazione al traffico del Canale, fa presente l'inammissibilità della decisione con cui la Gran Bretagna si arroga il diritto che non le compete.

Prego controllare attendibilità notizia e riferire.

532

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 157. Belgrado, 11 luglio 1939, ore 23,45 (per. ore 3,40).

Mio telegramma n. 155 del 9 corr. (2). Kiosseivanov è tornato da Berlino vivamente soddisfatto per i risultati raggiunti.

Negli ambienti vicino al Presidente si diceva ieri che in conversazioni con Hitler e Goering sarebbe stato promesso appoggio economico politico e diplomatico tedesco alle rivendicazioni bulgare in Dobrugia e nell'Egeo.

Qui molta cordialità, ma richiesta di analogo appoggio è stata accolta evasivamente e con affidamenti generici.

Comunicato ufficiale che è stato riveduto personalmente dal Principe Reggente, conferma concorde politica comune e collaborativa di indipendenza e di neutralità.

(l) -Nota dell'Ufficio Cifra: c Decifrazione dubbia in due gruppi •. (2) -Non pubblicato.
533

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE l 7 9. Budapest, 11 luglio 1939 (per. giorno 13).

Il comunicato pubblicato stamane circa le conversazioni Kiosseivanov-Cincar Marcovié viene a confermare quanto segnalavo col mio telegramma per corriere 0170 del 20 giugno circa i rapporti fra Bulgaria e Jugoslavia (1). Questo M.inistro di Jugoslavia mi diceva ieri sera essere intenzione dei due Governi di stringere sempre maggiormente i reciproci rapporti pur dovendosi escludere secondo lui qualsiasi riferimento a questioni territoriali. Egli insisteva soprattutto sulla comune intenzione dei due Paesi di mantenere un atteggiamento di neutralità e di attesa, mentre la Bulgaria era sempre più decisa a non entrare nel Patto balcanico.

Queste intenzioni non possono non essere particolarmente interessanti anche nei riguardi dell'Ungheria dati i recenti contatti bulgaro-ungheresi.

534

IL MINISTRO ALL'AJA, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1329/17. L'Aja, 11 luglio 1939 (per. giorno 15).

Mio telegramma per corriere n. 15 del 6 corr. (2).

Riferisco qualche ulteriore notizia circa recente passo olandese a Londra e Parigi. Questo Ministro degli Affari Esteri mi ha detto che per quanto politica chiara e rettilinea dell'Olanda non avesse richiesto ulteriori precisazioni, egli tuttavia aveva ritenuto opportuno di confermarla ancora una volta, ed in forma ufficiale, a Parigi e Londra per eliminare ogni possibile dubbio che silenzio olandese potesse essere interpretato come una tacita acquiescenza. Aveva perciò incaricato i Ministri olandesi in quelle due capitali di ripetere che l'Olanda non intendeva partecipare a patti di sicurezza o garanzia nè desiderava di formare oggetto di impegni di garanzia unilaterali. A Londra era stato risposto che nelle conversazioni con Mosca si era accennato soltanto

verbalmente all'interesse britannico per l'integrità delle piccole Potenze dell'Europa occidentale, e solo in un se~ondo tempo a seguito delle insistenze sovietiche si erano indicati nominativamente i diversi Stati, fra cui l'Olanda. Che le conversazioni erano tuttora in corso ed in continua evoluzione, si stavano appunto esaminando nuove contro-aperture sovietiche; che il Governo britannico si rendeva perfettamente conto del punto di vista e delle osservazioni olandesi ed avrebbe cercato in ogni modo di salvaguardarne la suscettibilità e gli interessi. Sembra che il Ministro olandese abbia fatto comprendere che, qualora in definitiva l'Olanda fosse in qualche modo compresa nei futuri accordi anglo-sovietici, il Governo olandese si riserva il diritto di formulare ancora pubbliche esplicite riserve e proteste.

Il Ministro degli Affari Esteri ha risposto che l'Olanda intende provvedere da sola alla difesa del suo territorio e della sua neutralità, osservando a questo proposito che le spese progettate per gli armamenti sono state una delle cause principali dell'attuale crisi ininisteriale, che benchè le misure militari adottate lo scorso aprile siano state alquanto ridotte, esse comportano tuttavia una spesa di oltre un milione di lire al giorno, ossia in tre mesi più di cento milioni, carico notevole pel bilancio olandese.

Il signor Patijn si è dimostrato compiaciuto dell'eco favorevole che la recente iniziativa olandese aveva avuto in Germania ed in Italia. Mi è stato riferito che sia stato appunto il Ministro Patijn ad insistere perchè la visita del Ministro tedesco Funk avesse egualmente luogo nonostante il Ministero fosse dimissionario. La visita e le conve~sazioni si sono svolte soprattutto nel campo economico-commerciale, ma il viaggio del signor Funk ha avuto certamente anche un significato politico, servendo a sottolineare nell'attuale momento i cordiali rapporti esistenti col Reich.

(l) -Vedi D. 286. (2) -Vedi D. 486.
535

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL CAPO DI GABINETTO, ANFUSO

L. URGENTISSIMA RISERVATA ALLA PERSONA 5137. Berlino, 11 luglio 1939. Permetti che in assenza di S. E. il Ministro, sc riva in relazione alla lettera da lui inviatami il 9 corrente [n. 5034 (l)] - a te.

Le istruzioni impartitemi sono di agire per un rinvio del noto incontro «a meno che ragioni imperiose dipendenti dalla evoluzione della situazione internazionale non consiglino altrimenti».

Ebbene, codeste ragioni esistono.

Nei rapporti di queste ultime settimane io non mi sono mostrato allarmato, solo perchè l'allarmismo non è nel mio temperamento. Ma se non vi sono a mio parere ragioni di allarme, vi sono tuttavia ragioni di seria inquietudine. Il Gene

rale Marras che ha lasciato or ora Berlino, potrà essere, al riguardo, utilmente consultato. Giova, poi, pregiudizialmente, rammentare come mai l'idea dell'incontro sia sorta da parte tedesca.

Il Generale Cavallero arriva qui latore di un documento stilato dal Duce per il Fi.ihrer. Il documento è consegnato. Il Fi.ihrer fa rispondere nella maniera più ufficiale possibile -e cioè tramite Ribbentrop-Ambasciatore -che egli è in massima di accordo, ma che amerebbe discuterne direttamente col Duce, in un incontro da stabilirsi al Brennero, per questa estate. Ciò avveniva il 6 giugno, vale a dire un mese fa, quando la questione di ·Danzica, senza ancora essere cosi acuta, già peraltro dominava la situazione proprio ai fini di quella guerra generale di cui le premesse ed i termini erano ampiamente discussi nel documento riservato del Duce. È chiaro che il Fi.ihrer, con la sua proposta, ha voluto indicare il suo desiderio di esaminare direttamente con il Duce ed alleato tutta la situazione anche agli effetti di una possibile guerra e ciò per questa estate, quindi per luglioagosto.

Ed egli ha parlato di incontro e non di visita perchè -a parte la visita a Firenze che rimane sempre uno dei desideri personali del Fi.ihrer il quale in essa vedrebbe il compimento di uno dei suoi sogni di arte -Hitler non gradirebbe compiere -so quello che dico -nessuna altra visita. Egli ne ha già fatto una a Roma; non ne farebbe una seconda ora in altra città. Il Fi.ihrer ha concepito questo incontro nel quadro dell'alleanza e come un incontro di affari e quasi sul campo, da condottiero, per discutere della situazione internazionale prima che questa sia orientata quasi automaticamente e fatalmente verso una soluzione definita e quindi immutabile.

Orbene, ripeto, questa proposta viene avanzata dal Fi.ihrer, il 6 giugno. Noi non rispondiamo, tantochè io sollecito in data 15 giugno. È soltanto dopo ancora qualche giorno che, per incarico di S. E. il Ministro, tu mi telefoni per dirmi che naturalmente la idea è quanto mai gradita e che, circa il quando, il Duce si rimette al Fi.ihrer. Nessuna osservazione, quindi, circa nè la data, nè la località fin dal principio indicata nel Brennero. Io mi affretto a trasmettere la risposta, senza tuttavia aggiungere, e ciò per desiderio di Roma, alcuna indicazione di urgenza.

Tuttavia, sin dal 23 giugno, nell'attirare l'attenzione di S. E. il Ministro sopra alcuni sintomi inquietanti della situazione io scrivo:

« Ritengo che, nelle circostanze, l'incontro contemplato per questa estate fra il Fi.ihrer ed il Duce sia di una particolare opportunità. E poichè è necessario che esso avvenga prima del Congresso di Norimberga (quest'anno fissato per 3-10 settembre) e che anzi serva a costituirne la premessa e l'elemento basilare di orientazione, io ritengo che la data migliore ne sarebbe per i primi di agosto.

Io ho un appuntamento con Ribbentrop il 29 a Sonnenburg. Mi esprimerò

con lui in questo senso,,

E così, infatti, avviene. Chè anzi, io vedo Ribbentrop il 28 anzichè il 29.

Aggiungi che, se io mi sono orientato subito verso la prima settimana di agosto,

io non l'ho fatto, come potrebbe credersi, di testa mia, bensì in consultazione con

quelli che nei momenti difficili sono stati e sono i miei elementi di sicuro riferi

mento ed orientamento. In ogni modo, un espresso richiamo alla stessa data io ho incluso nel mio rapporto aereo del l o luglio n. 4898 (l) e cioè senza che da parte di Roma mi venga, nè prima, nè dopo, sollevata obiezione alcuna. Ma ecco che, quando il Fiihrer indica per conto suo la data del 4, io ricevo istruzioni di rinviare a fine settembre e cioè praticamente -date le esigenze e le consuetudini post-congressuali -ai primi di ottobre. Bisogna ammettere che, per un incontro chiesto sin dai primi di giugno, ciò si presta a dare all'interessato una impressione poco favorevole sopra quelli che possano essere i nostri desideri e propositi effettivi in materia.

Ma tutto questo è ancora protocollo e quindi anche relativamente secondario. Ragioni ben più imperiose consigliano a non rinviare la data dell'incontro. Invoco qui tutta la fiducia dei miei Superiori. Nè, prima di scrivere, io ho mancato, com'era mio dovere, di opportunamente informarmi e consultarmi.

I segni della generale preoccupazione aumentano di giorno in giorno. Ribbentrop, con la scusa di riposarsi, va a stabilirsi a Salzburg, vale a dire a fianco del Fiihrer. Goring fa la stessa cosa. Il Barone von Weizsacker-che come sai aveva tentato l'impossibile per accelerare le riunioni delle Commissioni Cavallero in modo da poter salvare le sue vacanze -ha deciso, in data di ieri, di rinunziare ad ogni vacanza. Ma questo è ancora poco. Mentre continua, febbrilmente, il riarmo interno di Danzica, continuano pure, altrettanto febbrilmente, le dislocazioni di truppe e di materiali verso il settore nord del fronte polacco. Senza che nessuna notizia ne arrivi ufficialmente ai nostri Addetti militari (che lo apprendono solo dai loro colleghi), nuovi Corpi di Armata vengono improvvisati. Le grandi manovre vengono praticamente sospese.

Tutti codesti movimenti di truppe hanno per termine fisso il 15 agosto. È per quel giorno che una decisione sul da fare dovrà, in linea politica, essere presa. Alla luce di queste informazioni che io garantisco, la data del 4 agosto si comprende benissimo. Il Fiihrer vuole evidentemente, prima di adottare una linea di condotta immutabile e definitiva, consultare il Duce. Questa consultazione venendo a mancare, rinuncerebbe forse il Fiihrer a decidere da solo? Ne dubito forte. Per poco che delle decisioni fossero prese e nell'ardore della lotta polemica l'onore tedesco direttamente o indirettamente impegnato, nessuno potrebbe più indurre il Fiihrer a retrocedere. Le probabilità di successo, questa volta, per un'azione svolta all'ultima ora non si presentano grandi, nè una nuova Monaco si profila all'orizzonte. Tutto, o quasi, dovendo fatalmente esser lasciato, almeno in un primo momento, alle negoziazioni dirette fra Germania e Polonia, l'azione da svolgere va portata sui termini dei possibili compromessi e sul programma delle rivendicazioni -definitive o provvisorie -da accampare, prima che queste siano dalla Germania formulate. Una volta formulate, sarà, ripeto, «l'onore nazionale» che determinerà e reggerà ineluttabilmente gli eventi.

Le linee di comunicazione con la Polonia -ove le strade sono, more russo, senza letto nè massicciata, aperte nella pura zolla, vengono ad essere praticamente interrotte con le prime pioggie, quindi già a fine settembre. Se un colpo ha da essere tentato è dunque in agosto. Ed è in agosto, anzi verso il 10-15 del mese che il Filhrer si deciderà per la pace o per la guerra. Nè vale il credere

26 -Documenti diplomatici-Serie VIII -Vol. XII

che il Fiihrer desiderando evitare -come pure desidera -una guerra generale, eviterà certamente anche tutto ciò che possa condurvi. Non vale perchè, alla base di tutto, v'è l'equivoco fondamentale già da me ripetutamente illustrato e sottolineato e cioè la credenza, giornalmente alimentata da Ribbentrop e stimolata da tutti gli ambienti di Partito, S.S. ecc. nella intima determinazione franco-inglese a non marciare in nessun caso.

Tutto questo -sottolineo ancora una volta -non rappresenta soltanto un modo di vedere mio, bensì anche di persona che ha elementi di giudizio assai più estesi e più intimi che io non abbia. Ed io, nella mia responsabilità di fedele servitore del Paese e del Duce, ho il preciso dovere di non farne, pur con le più assolute cautele, -e in linea di stretto segreto -mistero.

Ti sarò molto grato, caro Anfuso, se, nell'assenza di S. E. il Ministro, tu ti compiacerai di sottomettere quanto sopra all'alto giudizio del Duce. Io vedrò Ribbentrop il 14 corrente a Monaco. Occorre quindi che, a volta di corriere, e anzi per telegrafo, io riceva istruzioni definitive.

P. S. Con apposito comunicato ufficiale il Generale Brauchitsch fa oggi annunziare che, «dopo aver assistito alle corse ippiche militari di domenica » egli entra in periodo di ferie di varie settimane. È la prima volta che un fatto del genere forma oggetto di comunicazione del D.N.B.

(l) Vedi D. 518.

(l) Vedi D. 428.

536

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2536/1025. Mosca, 11 luglio 1939.

La radio italiana segnalava ieri la notizia che i Ministri di Lettonia, Estonia e Finlandia a Mosca avrebbero fatto un passo presso questi Ambasciatori di Inghilterra e Francia per protestare contro la inclusione dei loro paesi in un sistema di garanzie anglo-franco··sovietiche.

Ho assunto informazioni in proposito e -come era facile prevedere la notizia mi è stata categoricamente smentita dalle Legazioni dei tre Paesi sopra menzionati. È ovvio infatti che proteste del genere sarebbero fatte, se mai, attraverso la via diplomatica normale, e cioè direttamente dai Governi interessati presso i rappresentanti inglese e francese nelle loro rispettive capitali, oppure per bocca dei loro Ministri a Londra ed a Parigi.

Anche se formalmente inesatta, la notizia corrisponde tuttavia alla realtà di fatto, perchè queste rappresentanze diplomatiche di Lettonia, Estonia e Finlandia non hanno mai fatto mistero della loro irriducibile opposizione ad una garanzia, non richiesta nè desidErata.

Sono stato informato che passi in tale senso vennero fatti a Londra fin dal principio dei negoziati di Mosca e che il Governo britannico aveva allora formalmente assicurato i Governi di Riga, Tallinn ed Helsinki di rendersi conto del loro punto di vista e di non volere in alcun modo fare cosa contraria a quanto

essi giudicavano essere un loro interesse capitale: il mantenimento cioè di una neutralità assoluta, sia sostanziale che formale.

Mi risulta poi che, più recentemente, dichiarazioni analoghe sono state fatte anche a Mosca dai negoziatori anglo-francesi ai rappresentanti dei tre Paesi baltici nel corso di conversazioni amichevoli e di carattere non ufficiale.

Dai contatti avuti ieri con questa Legazione di Lettonia ho tratto l'impressione che il Governo di Riga continui a contare sulla promessa inglese ed escluda la possibilità che «la Gran Bretagna voglia vendere i baltici all'U.R.S.S.». Meno tranquillo si sentirebbe nei riguardi della Francia.

Il sentimento che domina fra i rappresentanti diplomatici di questi tre piccoli Paesi è che qualsiasi possibilità data all'U.R.S.S. di occupare militarmente i loro territori col pretesto di opporsi ad una ipotetica aggressione germanica rappresenterebbe il maggior pericolo per la loro indipendenza e per la stessa vita nazionale. Facendo dei paragoni con la sorte della Cecoslovacchia, essi osservano che la Germania ne ha bensì distrutto l'indipendenza, ma non la nazionalità. Una occupazione sovietica significherebbe invece per l'Estonia, Lettonia e Finlandia la distruzione brutale di tutte le istituzioni civili e sociali, e l'annientamento fisico di popolazioni che sono atavicamente ostili alla Russia ed ideologicamente contrarie al bolscevismo. Per questa ragione una eventuale condiscendenza franco-inglese alle pretese sovietiche viene fin da ora qualificata come un vero e proprio «atto criminale».

537

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATO 2544/1028. Mosca, 11 luglio 1939.

Riferimento: Mio rapporto n. 2198/913 del 12 giugno u. s. (1).

Il Conte von Schulenburg mi ha informato che il suo Addetto Commerciale, Hilger, è andato ieri a vedere il Commissario per il Commercio Estero, Mikoian, e gli ha sottoposte nuove proposte per la conclusione di un accordo commerciale.

Da quanto ho potuto capire, tali proposte conterrebbero ulteriori concessioni alle richieste sovietiche e mostrerebbero la buona volontà tedesca di concludere.

Mikoian si è riservato di discutere le nuove proposte tedesche in prossimo colloquio, evidentemente perchè desidera concordare prima con i dirigenti del Cremlino la linea di condotta da seguire nei confronti della Germania.

Sul piano politico non vi è stato, dopo la conversazione Molotov-von Schulenburg del 28 giugno u. s., alcun nuovo sviluppo, ed il mio collega non ritiene il caso pel momento di prendere l'iniziativa di ulteriori discussioni.

(l) Vedi D. 201.

538

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 3633/1224. Budapest, 11 luglio 1939.

La stampa ungherese segue con particolare attenzione la visita dell'E. V. in Spagna. Tutti i giornali sia nei giorni scorsi che stamane hanno pubblicato i relativi dispacci, in particolare quelli relativi alle accoglienze di Barcellona. Sono state riprodotte integralmente le dichiarazioni date dall'E. V. al corrispondente da Roma dell'Agenzia Telegrafica Spagnola ed il messaggio al popolo spagnolo apparso nella Solidariedad Nacional.

I fogli governativi Esti Ujsàg e Filggetlenség nei giorni scorsi hanno pubblicato alcune corrispondenze da Roma, nelle quali, anche attraverso i commenti della stampa italiana, era posta nella debita luce l'importanza del viaggio.

Stasera il Pester Lloyd, in un editoriale, scrive tra l'altro: «Il significato del viaggio del Conte Ciano in Spagna, malgrado le innumerevoli congetture, non significa altro se non l'ininterrotta continuazione del grande indirizzo politico di Benito Mussolini. Mussolini, che nel proprio Paese aveva combattuto e debellato con pieno successo l'incendio bolscevico, offerse il suo aiuto al vicino, minacciato dallo stesso pericolo. Questo gesto determina il carattere costruttivo della politica fascista. Raggiunta la vittoria, i volontari italiani fanno ritorno in patria, perchè Mussolini rispetta l'indipendenza della Spagna allo stesso modo con cui egli, valendosi di tutti i mezzi, garantisce l'indipendenza del proprio Paese. Il viaggio in Spagna del Conte. Ciano non si propone in nessun caso di esercitare un'influenza sulla politica spagnola. L'indirizzo della politica spagnola è chiaro da quando il generalissimo Franco ha ristabilito l'unità interna del Paese. E la concordanza di tale politica con quella dell'Italia e della Germania è evidentemente riconoscibile ed immutabile. Ogni tentativo di mettere screzi tra tali Stati è necessariamente condannato a fallire. Il Conte Ciano si reca nella terra che ha riacquistato la propria indipendenza come uno dei combattenti di punta ed uno dei più forti sostenitori dell'idea che la Spagna, nello spirito della sua rinascita nazionale, persegue. Il Conte Ciano ha operato con grande energia e con instancabile costanza alla realizzazione di tale idea. E il fatto che ora, dopo la conclusione della sanguinosa lotta, quale rappresentante di Mussolini, egli si reca in quella terra, non è altro che un segno dei forti legami che uniscono l'Italia fascista con la Spagna nazionale ».

539

IL CONSOLE A KATOWICE, BUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 19905. Katowice, 12 luglio 1939, ore 19,26 (per. ore 22,05).

È a mia personale conoscenza che situazione immutata.

540

IL CAPO DI GABINETTO, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO (l)

T. SEGRETO 16089/307 P. G. Roma, 12 luglio 1939, ore 20,20.

Attolico in risposta lettera concernente noto incontro, mi scrive enumerando diversi motivi che a suo giudizio renderebbero indispensabile attenersi alla data 4 agosto affermando che esistono ragioni imperiose dipendenti da situazione che consigliano incontro. Attolico prevede una fase acuta del noto problema e pertanto ritiene che l'incontro non potrebbe aver luogo utilmente se non prima settimana agosto.

Non trasmetto lettera data estrema riservatezza argomenti e la sottoporrò al Duce dopo aver ricevuto istruzioni V. E. facendo solo presente che Attolico vedrà Ribbentrop 14 corr. e chiede perciò direttive in tempo utile.

541

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, GUARIGLIA, A LONDRA, GRANDI, A BRUSSELLE, LOJACONO, A WASHINGTON, COLONNA, A VARSAVIA, ARONE, ED AI MINISTRI A BERNA, TAMARO, ALL'AJA, DIANA, A BUCAREST, GHIGI E A BUDAPEST, VINCI

T. 469 R./C. Roma, 12 luglio 1939, ore 23,15.

(Solo per Berna). Vostri 73 e 74.

(Per tutti). Per ragioni di ordine politico-militare è stato deciso che nella provincia di Bolzano venga interdetto fino a nuovo ordine qualsiasi soggiorno di cittadini stranieri ferma restando la possibilità per i medesimi di trasferirsi in ogni altra parte del territorio del Regno. Per quanto riguarda quegli stranieri che risiedano stabilmente nella provincia di Bolzano per interessi vari, cure, ecc. è stato stabilito che le autorità locali potranno concedere caso per caso delle limitate proroghe.

Quanto precede si comunica per opportuna conoscenza e norma di linguaggio anche in relazione alla campagna di stampa che potrà eventualmente svilupparsi in argomento.

542

IL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 64. Bucarest, 12 luglio 1939 (per. giorno 13).

Telegramma per corriere di V. E. n. 458 del 5 corr. e mio telegramma filo

n. 214 del 25 giugno u. s. (2).

19 luglio.

Questo Ministro degli Affari Esteri, che ho visto oggi, ha ammesso anche con me di aver ricevuto notizie da Ankara secondo le quali il Governo turco si accingerebbe ad includere negli accordi in corso di stipulazione con Londra e Parigi, disposizioni concernenti le frontiere balcaniche della Turchia nonchè le garanzie unilaterali già prestate dalla Francia e dall'Inghilterra.

Gafencu mi ha tuttavia assicurato di non conoscere fino ad oggi la formula

che sarà adottata.

Ho detto al Ministro degli Esteri che un accordo del genere mi sembrava in pieno contrasto con le dichiarazioni da lui fatte al suo ritorno da Istanbul, secondo le quali il Governo turco gli aveva dato affidamento di astenersi da ogni accenno al settore balcanico nella redazione degli accordi definitivi; che non vedevo che cosa dovesse in definitiva restare di una Intesa Balcanica « neutrale ed indipendente da ogni sistema politico » se alcuni dei suoi membri cessavano di essere neutrali e indipendenti; che meno ancora mi potevo rendere conto del perchè la Romania non reagisse di fronte ad una azione destinata a farla deviare dalla sua più volte riaffermata linea di condotta intermedia e neutrale; che sebbene gli parlassi confidenzialmente ed amichevolmente non potevo fare a meno, sia pure sempre a tale titolo, di attirare ancora una volta la sua più seria attenzione sugli svantaggi e sui pericoli ai quali la Romania andava incontro incamminandosi, o anche solo lasciandosi trascinare, su una via, a mio modo di vedere, non corrispondente ai reali interessi del Paese.

La risposta di Gafencu è stata lunga e come sempre eloquente. Egli ha cominciato col ribadire il profondo pacifismo della Romania, la sua speranza in un miglioramento delle relazioni fra le Potenze europee, il suo desiderio di collaborarvi. Non ha per verità cercato di negare la sostanziale esattezza delle mie affermazioni di fatto, sia pure adoperandosi a dimostrare che gli impegni in corso di assunzione da parte della Turchia non potevano riguardare il Patto balcanico: ma ha riconfermato che il Governo romeno non ha assunto e non assumerà per parte sua alcun impegno; che la sua volontà di collaborazione colle Potenze dell'Asse non ha subìto alcuna modificazione, come lo dimostrano recenti circostanze ed in particolare la leale esecuzione dell'accordo economico col Reich che apre la Romania alla penetrazione tedesca, accordo i cui termini il Governo romeno sarebbe sempre pronto e lieto di estendere in termini analoghi anche all'Italia; che la Romania non è in condizioni di rifiutare le garanzie unilaterali offertele come hanno fatto l'Olanda e gli Stati Baltici, Paesi che non avendo, a suo dire, alcuna possibilità di difesa in caso di aggressione, non hanno altro partito che di evitare di prenderne in considerazione sia pure la semplice ipotesi.

La Romania invece -ha continuato Gafencu -è decisa a difendersi se aggredita, e poichè nello scorso marzo si è sentita realmente minacciata non ha potuto che accettare con gratitudine le offerte unilaterali di aiuti che le sono state fatte, pur rifiutandosi, anche a costo di considerazioni di prestigio, di assumere impegni con carattere di reciprocità che avrebbero potuto apparire diretti contro le Potenze dell'Asse. Gli rincresceva molto per vero che i turchi non avessero voluto tener conto delle sue considerazioni e si accingessero a stipular con Londra e con Parigi un accordo di completa reciprocità come quello stipulato recentemente dalla Polonia e parimenti gli sarebbe rincresciuto se la Turchia unisse la sua garanzia unilaterale a quella già data dalla Francia e dall'Inghilterra a favore della Romania, tanto è vero che ai passi già fatti personalmente a Istanbul ne aveva in questi giorni fatto seguire un altro a Parigi e a Londra p~r pregare quei Governi di non insistere presso il Governo turco circa tale punto. Ma egli non avrebbe ciò malgrado potuto opporsi in definitiva a che la Turchia, alleata della Romania, provvedesse alla sua sicurezza con un accordo completo di reciproca garanzia, che comporterebbe come conseguenza il suo aiuto a Francia e Inghilterra ove queste si trovassero impegnate in un conflitto per effetto della garanzia prestata a favore della Romania stessa. Non si dissimulava il fondamento delle mie considerazioni circa l'impressione che tali ulteriori accordi potrebbero produrre anche nei confronti di questo Paese, ma sperava di poter ugualmente convincere Roma e Berlino della sua volontà di pace, di collaborazione e di neutralità, salvo, beninteso, il caso di aggressione o minaccia diretta alle frontiere romene.

Circa infine l'atteggiamento della Jugoslavia, Gafencu mi ha detto che mancava da qualche giorno di notizie dirette, ma ha mostrato di essere persuaso che il Governo di Belgrado non avrebbe in definitiva sollevato sostanziali difficoltà, quale membro dell'Intesa Balcanica, di fronte all'atteggiamento della Turchia.

* * *

Anche il mio collega di Germania ha avuto poco dopo di me con il Ministro degli Esteri una conversazione di analogo tenore.

Il signor Fabricius è forse un poco più ottimista di me circa la portata e la possibile efficacia del passo compiuto da questo Governo presso quelli di Parigi e di Londra e da me sopra riportato. Personalmente, ritengo bensì che il signor Gafencu mi abbia detto il vero riferendomi di aver incaricato l'Ambasciatore romeno a Parigi di agire presso il Governo francese e di servirsi in pari tempo dell'Ambasciatore inglese in quella capitale quale tramite presso il Governo britannico (dopo il lancio della notizia del famoso ultimatum tedesco del marzo scorso, il Ministro a Londra signor Tìlea essendo ritenuto meno adatto per incarichi del genere) per pregarli di tenere conto della particolare situazione romena e delle possibili ripercussioni di un accordo franco-anglo-turco esteso ai Balcani, ma escludo invece che egli abbia prescritto al signor Tatarescu di tenere un linguaggio fermo ed esplicito, e soprattutto ritengo che il Governo romeno sia ben deciso a lasciarsi garantire e contro-garantire da quanti lo desiderino, a patto di non dover prendere impegni di reciprocità.

* • *

Evidentemente un peso essenziale se pure non decisivo su questo Governo avrebbe ed avrà l'atteggiamento del Governo jugoslavo.

Questo Ministro degli Esteri, come ho sopra detto, affetta di non anticipare da parte jugoslava reazioni importanti di fronte agli accordi turco-franco-britannici. E potrei riassumere il presumibile atteggiamento romeno e la convinzione (o la speranza) di Gafencu circa quello che sarà l'atteggiamento jugoslavo, con

una frase che lo stesso Gafencu si è lasciato sfuggire nel corso della lunga con

versazione, e cioè che se lui ·nè Cincar Markovié, malgrado le loro insistenze,

saranno riusciti a far recedere la Turchia dai suoi propositi, « la Romania finirà

per chiudere due occhi e la Jugoslavia per chiuderne uno».

Nè tale persuasione di Gafencu è certo contrastata dal rappresentante jugo

slavo a Bucarest. L'Ambasciatore Ducié è in verità una persona simpatica e

dabbene ed un illustre letterato, ma è così notoriamente estraneo agli affari ed

alieno dal parlare -anche collo stesso Ministro degli Esteri -di questioni po

litiche, che l'azione quotidiana del Governo jugoslavo in Romania è praticamente

inesistente proprio nel momento in cui potrebbe avere maggior peso e valore.

(l) -Questo telegramma venne diretto a San Sebastiano essendo il Ministro in quei giorniin visita ufficiale presso il Governo spagnolo. Ciano parti da Roma il 9 e vi fece ritorno il (2) -Vedi DD. 468 e 342.
543

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 107. Sofia, 12 luglio 1939 (per. giomo 14).

Ministro Plenipotenziario Clodius, Direttore Sezione Commerciale Ministero

Esteri germanico, è giunto ieri a Sofia.

È stato ricevuto ieri stesso dal Presidente del Consiglio a. i. Generale Nedev

e da Ministro Finanze che ha offerto colazione in suo onore.

Stamane si è recato udienza dal Re.

Riservomi ulteriori comunicazioni circa motivi viaggio che, a così breve

distanza da visite Bojilov e Kiosseivanov a Berlino, ha destato non pochi

commenti.

Egli, che ho visto soltanto di sfuggita per averlo casualmente incontrato,

peraltro mi ha detto che, trovandosi a Bucarest, aveva semplicemente voluto

fare una breve visita a Sofia ove contava molti amici per esservi stato in qualità

di Consigliere della Legazione germanica dal 1932 al 1934.

544

IL MINISTRO ALL'AJA, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1331/19. L'Aja, 12 luglio 1939 (pe1·. giorno 15).

Telegramma per corriere di V. E. n. 14013 del 5 corrente (1).

In conversazione avuta oggi con questo Ministro degli Affari Esteri egli mi ha detto che l'ipotesi di un allacciamento di rapporti diplomatici con la

U.R.S.S. deve ritenersi assolutamente esclusa. Ad una simile iniziativa nessuno oggi pensa in Olanda e sarebbe specie nell'attuale momento quanto mai inopportuna.

(l) Non pubblicato. Ritrasmetteva il T. da Berna del 28 giugno (Vedi D. 388).

545

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 28. Londra, 12 luglio 1939 (per. giorno 17).

Telegramma di V. E. per corriere n. 14430 dell'8 luglio (1).

Assicuro V. E. che, in data odierna, ho dato comunicazione al Governo britannico della nota scritta che la R. Ambasciata a Parigi ha avuto istruzioni di rimettere al Quai d'Orsay circa la cessione alla Turchia del Sangiaccato di Alessandretta.

546

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 29. Londra, 12 luglio 1939 (per. giorno 17).

Telegramma di V. E. per corriere n. 450 R. del 2 luglio (2).

Nel corso di una conversazione avuta con questo Ministro d'Ungheria de Barcza, ho trovato modo di chiedergli se egli avesse recentemenente svolto qualche azione al Foreign Office in relazione alla fase attuale della vertenza ungaroromena.

De Barcza mi ha risposto che, per istruzioni avute dal suo Governo, egli si era effettivamente recato qualche tempo addietro da Cadogan, e gli aveva detto che la garanzia data dall'Inghilterra alla Romania aveva avuto come primo effetto quello di irrigidire il Governo di Bucarest nei riguardi delle rivendicazioni ungheresi, e conseguentemente di peggiorare i rapporti ungaro-romeni.

De Barcza -secondo quanto mi ha detto -avrebbe chiesto a Cadogan se, nel dare la sua garanzia alla Romania, il Governo britannico intendesse incoraggiarla in questa resistenza.

Avendo Cadogan risposto in senso negativo, assicurando anzi che il Governo britannico vedrebbe con favore una soluzione pacifica dei problemi, anche territoriali, che dividono l'Ungheria dalla sua vicina orientale, de Barèza gli avrebbe chiesto di fare in modo che tale punto di vista del Governo britannico venisse, nella forma più opportuna, reso noto al Governo romeno.

Cadogan avrebbe risposto promettendo di dare istruzioni al Ministro britannico a Bucarest di esprimersi in questo senso con Gafencu.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
547

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 182. Budapest, 12 luglio 1939 (per. giorno 17).

Ho avuto stamane una lunga conversazione col Conte Csaky che, fra l'altro, mi ha detto quanto il Barone Villani gli ha riferito a proposito delle recenti conversazioni avute con V. E.:

l) Egli mi ha detto avere incaricato il Barone Villani di dire all'E. V. che il Presidente del Consiglio Conte Teleki aveva deciso di dare il maggior incremento possibile all'insegnamento dell'italiano nelle scuole ungheresi. Per mio conto gli ho detto che non potevo che essere molto soddisfatto di questa notizia, tanto più che avendo recentemente chiesto al Sottosegretario alla Istruzione Szily circa l'esecuzione degli accordi intervenuti quest'anno a Budapest in sede di revisione della convenzione culturale itala-ungherese, avevo tratto l'impressione di qualche incertezza e forse di non troppa buona volontà. Csaky mi ha assicurato che, malgrado le difficoltà di qualche organo tecnico, il Conte Teleki era deciso ad attuare il programma stabilito;

2) che aveva pregato il Barone Villani di domandare all'E. V. l'invio di dati per dei sistematici articoli da pubblicarsi nei giornali ungheresi sulle questioni maggiormente interessanti l'Italia;

3) che aveva interessato l'E. V. per l'acquisto delle azioni di una importante Società ungherese (non mi ha specificato quale) che altrimenti sarebbero certo state acquistate dalla Germania, che specie negli ultimi tempi cercava di accaparrarsene quante più poteva. Recentemente anche gli Stati Uniti avevano venduto alla Germania un importante pacchetto di azioni. L'E. V. avrebbe risposto al Barone Villani mostrando qualche abbiezione soprattutto per causa della divisa. Csaky mi ha fatto comprendere che ha fatto l'offerta per prima all'Italia, che tuttavia ad ogni costo non voleva che tali azioni finissero in mano della Germania e che pertanto si sarebbe, se mai, rivolto all'Inghilterra.

Non conosco i termini della questione e quindi non so neanche la portata della proposta, ma da queste parole di Csaky mi permetto tuttavia segnalare tutta l'importanza all'E. V., dato che dal lato economico non abbiamo qui troppo grandi interessi, mentre potremmo disporre sul posto di importanti istituti finanziari italiani quali la «Banca Ungaro-Italiana », le «Assicurazioni Generali » e l'« Adriatica di Sicurtà »;

4) nel campo strettamente politico, parlandomene chiaramente per la prima volta, mi ha detto di aver fatto chiedere all'E. V. che cosa avrebbe pensato della costituzione di una specie di blocco di quattro «neutri»: Jugoslavia, Bulgaria, Romania e Ungheria, che era nel pensiero di Cincar Markov:é [mio telegramma per corriere n. 0179 (l)l. L'E. V., soprattutto in considerazione della Romania, avrebbe mostrato di non considerare troppo gradita una tale tendenza;

5) Infine mi ha detto che, a proposito dei contatti con l'Inghilterra, aveva fatto conoscere all'E. V. che il Governo di Berlino non aveva difficoltà che il Governo Ungherese presentasse un memorandum sulla questione delle minoranze ungheresi in Transilvania; i tedeschi preferendo che tale questione fosse sollevata ufficialmente dal Governo Ungherese, piuttosto che dalle minoranze stesse. L'E. V. avrebbe fatto rispondere che non vedeva difficoltà se i tedeschi non ne vedevano. Che era tuttavia preferibile che questi contatti non fossero poi continuati.

Il Conte Csaky mi ha detto quindi che egli invierà a Cadogan un memorandum che verrà anzi indubbiamente a suscitare lo sdegno inglese sul trattamento delle minoranze in Transilvania da parte romena: ciò certamente non perchè egli si possa aspettare nulla dall'Inghilterra, ma perchè è sicuro di rendere il peggiore dei servizi alla Romania.

Mentre mi riservo alla prima occasione di chiedere al mio collega di Germania qualche informazione sull'atteggiamento tedesco al riguardo, il linguaggio di Csaky non essendo troppo chiaro, e avendomi V. E. detto che avrebbe voluto esaminare meglio la questione, sarò grato all'E. V. se mi vorrà far conoscere, per mia norma, quanto effettivamente abbia fatto conoscere al Barone Villani, su questo ultimo punto, come anche sugli altri punti qui sopra citati.

(l) Vedi D. 423 che peraltro porta il n. 178.

548

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 40. Belgrado, 12 luglio 1939 (per. giorno 19).

Con i miei telegrammi nn. 148 (1), 155 (2) e 157 (3) ho riferito sulla visita di Kiosseivanov in Jugoslavia e sui colloqui che egli ha avuto con i dirigenti di questo Paese a Belgrado e a Bled.

Si può ora tentare di fare il bilancio dell'avvenimento. Che l'incontro non abbia dato i risultati positivi e vistosi era da prevedersi. Che la Jugoslavia dovesse accogliere con vaghi e sfuggenti affidamenti le richieste bulgare di appoggio diplomatico alle proprie rivendicazioni in Dobrugia era anche previsto e l'avevo già indicato del resto con il mio telegramma n. 155. D'altra parte, anche se qui si mostrano molto riservati e generici circa questa parte dei colloqui, è lecito presumere, dato l'atteggiamento generale del Governo Bulgaro, che le sue richieste siano state poste senza eccessiva fermezza e soprattutto senza quella risolutezza che impone agli altri la necessità di scegliere nettamente fra due cammini. È questo un linguaggio che allo stato attuale delle cose i bulgari non possono e non osano tenere, e a Belgrado meno che altrove.

Sinchè l'interessamento di una grande Potenza o di un gruppo di grandi Potenze non venga a mutare i dati del problema, la politica bulgara, come è stato osservato tante volte, qui e a Sofia, dovrà avere come necessario punto fisso di riferimento il contegno jugoslavo. Perciò, se la Jugoslavia parla di pace, di indipendenza, di neutralità, di solidarietà balcanica, persino di amicizia con tutti i popoli vicini, anche la Bulgaria sarà costretta a sottoscrivere e a fare ecc. È quello che è avvenuto anche questa volta, con le parole particolarmente esplicite del comunicato ufficiale. E si noti che, secondo le impressioni raccolte negli ambienti vicini a Kiosseivanov, questi era tornato da Berlino particolarmente soddisfatto per il «.contenuto concreto» dei colloqui avuti in Germania e si trovava quindi in uno stato di euforia. Non è dubbio perciò che la prudenza jugoslava, i continui accenni all'amicizia con la Romania, l'ostentazione di una fiducia ottimistica e assai poco fondata nella possibilità di una soluzione pacifica del problema della Dobrugia abbiano alquanto deluso il Presidente del Consiglio bulgaro.

Ciò premesso sarebbe errato togliere qualsiasi significato all'incontro e relegarlo senz'altro fra le solite manifestazioni di reciproca diffidenza interbalcanica, coperte dalla «cordialità» ufficiale. La situazione e il tempo hanno lavorato questa volta in favore della Bulgaria. Anche se non si vuoi dare per ora troppa importanza alle promesse di appoggio che sarebbero state date a Berlino, sta il fatto che la disgregazione dell'Intesa Balcanica -già compiuta la diffidenza che qui si ha per la nuova politica turca, e in misura e modo diversi per quella romena, il relativo isolamento della Jugoslavia nella nuova situazione generale e balcanica, hanno conferito un nuovo lustro all'amicizia della Bulgaria, questa Cenerentola dei Balcani. Di qui, ritengo, il tono positivo del comunicato ufficiale, che era del resto inatteso ed è stato diramato all'ultimo momento dopo un colloquio di Cincar Markovié con il Principe Reggente. Il comunicato paga in belle parole la solidarietà e collaborazione della Bulgaria; ma se si decifra il suo gergo ufficiale in termini politici, esso significa tuttavia una coincidenza reale della politica internazionale dei due Paesi. L'accenno alla politica d'indipendenza e neutralità che risponde agli interessi della Jugoslavia e della Bulgaria suona rimprovero indiretto a Turchia e a Romania e constata l'esistenza di una base, almeno provvisoria, di solidarietà fra Belgrado e Sofia.

Sarebbe esagerato e prematuro dire che esso preluda ad un nuovo schieramento nei Balcani, ma sta ad indicare un riavvicinamento reale di interessi, e almeno un tratto di via che i due vicini possono percorrere fruttuosamente insieme, in provvisorio accordo, senza che l'uno o l'altro abbiano a rinnegare i propri interessi e principi fondamentali. È questo il senso delle cose che mi ha detto Smiljanié, sabato scorso, e ritengo che esso risponda sostanzialmente alla realtà.

Il comunicato contiene inoltre un accenno al proposito di realizzare in un prossimo tempo una collaborazione economica sempre più intima; è questo un motivo che ricorre sempre in tutte le manifestazioni bulgaro-jugoslave (sono noti i progetti di unificazione delle esportazioni e di un'azione comune delle cooperative agricole dei due Paesi), ma mi risulta che questa volta si è parlato, con intonazioni concrete, del collegamento ferroviario tuttora mancante per un buon tratto, sulla linea di Ragotin, che dovrebbe attuarsi fra breve.

(l) -Vedi D. 473. (2) -Non pubblicato. (3) -Vedi D. 532.
549

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 4682/2116. Parigi, 12 luglio 1939.

Passata la crisi di allarmismo da cui erano stati ripresi i francesi ai primi di questo mese per la pretesa acutizzazione della questione di Danzica, tornano a farsi sentire le voci di alcune fra le persone di buon senso che ancora rimangono in Francia (e del cui numero ed influenza è assai difficile farsi un esatto concetto). Fra queste bisogna annoverare il deputato Marcel Déat, il quale, continuando la campagna iniziata or sono due mesi col suo articolo « Mourir pour Dantzig » e proseguita poi col discorso in occasione del Congresso del Partito dell'Unione socialista e repubblicana [mio rapporto n. 3607/1571 del 31 maggio u. s. (1)], ha pubblicato ora un nuovo articolo dal titolo « Négocier pour Dantzig » [mio fonogramma stampa del 10 corrente (2)], che trasmetto qui accluso.

In sostanza Déat dice che « sarebbe più intelligente e più profittevole aprire un negoziato che aprire il fuoco » e che « gli interessi dei due Paesi essendo più solidali e complementari che opposti», con un po' di buona volontà da una parte e dall'altra il litigio tedesco-polacco potrebbe essere facilmente regolato « al di fuori delle contestazioni di prestigio che sono sempre senza soluzione». Altrimenti -dice Déat -ammettendo che le ostilità scoppino, che il Parlamento francese voti la dichiarazione di guerra e che la Francia vinca, non si vede quale soluzione la guerra porterebbe all'Europa, giacchè occorrerebbe sempre equilibrare la vita economica di 200 milioni di uomini che il massacro non avrebbe eliminato; senza dimenticare che «tale orribile salasso lascerebbe la Francia sfinita e schiacciata sotto i suoi allori».

È significativo che tale articolo, pieno di considerazioni ragionevoli, sia apparso, come il precedente, non sull'Action Française o un altro giornale della stessa tendenza, ma proprio sull'Oeuvre, radicale e massonico, che riporta giornalmente le idiozie dell'isterica Tabouis. Si dovrebbe quindi pensare che l'idea di cercare un compromesso per Danzica si stia facendo strada anche in alcuni ambienti di sinistra. Ciò viene confermato del resto dal furore con cui da alcuni giorni de Kerillis e l'Humanité si scagliano contro Déat e contro tutti coloro che essi accusano di voler portare il Paese ad una nuova capitolazione davanti a Hitler; accusa che viene invece ribattuta dall'ex Ministro Frossard (di cui sono noti i rapporti con Daladier) in un articolo sulla Justice [mio fonogramma stampa odierno (3)].

D'altra parte è sintomatico che questo Ambasciatore di Polonia non fa più, da alcuni giorni, la sua quotidiana visita a Bonnet. Mi risulterebbe che tali insistenti visite avevano per scopo di persuadere il Governo francese a dare il suo appoggio alla nota che la Polonia voleva inviare al Senato di Danzica.

Ma Bonnet avrebbe rifiutato in modo deciso, dicendo a Lukasiewicz che se la Polonia voleva inviare tale nota doveva farlo sotto la sua unica responsabilità, perchè il Governo francese non poteva nè incoraggiarla nè approvarla.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicato. (3) -Non pubblicato.
550

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATISSIMO 5211/1587. Berlino, 12 luglio 1939.

Ho già inviato a V. E. alcune informazioni sulla situazione generale fornitemi l'altro giorno dal Commissario di P. S. addetto a questa Ambasciata Comm. Chiavaccini [mio telespresso n. 5155/1558, dell'11 corrente (l)J.

Nello stesso senso mi arrivano anche segnalazioni dai RR. Consoli sulle quali a mia volta ritengo opportuno attirare l'attenzione della E. V.

A parte le notizie di « dislocazione di truppe, fra cui dei reggimenti con viveri sufficienti per 1000 chilometri», già direttamente segnalati dal Console di Klagenfurt in data 30 giugno, e quelle sulla « istituzione di servizi agricoli obbligatori per gli studenti dal 15 luglio al 15 agosto » [rapporto del R. Console di Monaco del 14 luglio (2)], faccio seguire qui appresso alcune altre notizie segnalate soltanto a questa Ambasciata:

l) « I movimenti di truppe e di aut'lmezzi militari sono, per le stesse proporzioni assunte, difficilmente occultabili. È interessante notare a questo proposito che negli ultimi giorni circolano, nella regione e in città, automezzi con targhe di riconoscimento in tutto o in parte mascherate -come nella crisi di settembre -e che da ieri 2 luglio le controspalline di molti soldati che si incontrano sono ricoperte con panno » (rapporto del R. Console a Breslavia alla

R. Ambasciata del 3 luglio).

2) « Ha causato qui profonda impressione la notizia pervenuta della requisizione cavalli nel Meklemburgo » (telecorriere R. Console Francoforte in data 11 luglio).

3) «Per la prima volta altissime personalità hanno avuto occasione di manifestare un senso di viva preoccupazione per la presente situazione politica » (telecorriere id. id.).

Quanto alle dislocazioni di truppe e in genere ai preparativi militari ormai di pubblico dominio si dichiara ufficialmente che essi costituiscono soltanto una risposta ad analoghe misure prese dalla Francia e dalla Polonia.

551

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3488/1456. Sofia, 12 luglio 1939.

Mio telecorriere 090 del 12 giugno scorso (3).

Prima della mia partenza per Roma segnalai a V. E. come il viaggio di Kiosseivanov a Berlino non fosse qui considerato imminente. In questo senso si esprimeva meco lo stesso Presidente del Consiglio, che nelle sue parole tendeva a creare l'impressione che anche a Berlino non si avesse nessuna fretta al riguardo: impressione, questa, corroborata da quanto ebbe a dirmi in proposito questo Ministro di Germania, ed io riferii all'E. V.

È quindi legittimo di ricercare la ragione per cui dopo il 15 ultimo giugno il viaggio del Presidente del Consiglio bulgaro in Germania si è rapidamente concretato nel giro di pochi giorni.

Per parte bulgara, come accennavo a Vostra Eccellenza col mio telegramma surriferito, la ragione appare evidente, e qui l'opinione è unanime nel riconoscerla, nella riconfermata intransigenza verso la Bulgaria emersa durante il viaggio di Gafencu ad Ankara ed a Atene, sull'esito del quale, come segnalai all'Eccellenza Vostra, viva era qui l'attesa, e non priva di un filo di speranza che qualcosa di nuovo potesse sorgere nell'interesse della Bulgaria da parte delle Potenze balcaniche amiche o alleate di quella Inghilterra, fin dallo scorso settembre pronta a manifestare una particolare comprensione per i problemi bulgari. Tanto maggiore è stata perciò qui la delusione succeduta al viaggio del Ministro degli Esteri romeno, e il conseguente desiderio di affrettare la visita di Kiosseivanov a Berlino, per sottolineare le possibilità che si presenterebbero a questo Paese di allontanarsi dall'estremo scrupolo neutralistico nel quale si è mantenuto fino ad ora.

I m~zzi sembrano essere stati più d'uno :

l) -L'immediata partenza del Presidente della Camera, Moscianov, per Parigi e Londra. L'espediente, come segnalato, era in riserva fin dall'annuncio del viaggio di Kiosseivanov a Berlino. Nondimeno la partenza di Moscianov è stata decisa da un momento all'altro, dopo la diramazione del comunicato finale dell'incontro di Berlino, e presentata con una certa solennità dallo stesso Moscianov ai rappresentanti della stampa espressamente convocati alla Camera. Il gesto acquista tutto il suo rilievo dal fatto che Moscianov non nasconde, come è noto, le sue aspirazioni alla Presidenza del Consiglio, di modo che ad ogni evenienza si terrebbe così approntata una personalità politica, atta ad assumere, ove occorra, la successione di Kiosseivanov, e che si potrebbe far passare come persona grata a Londra e Parigi. Non si è mancato al tempo stesso di dichiarare e poi di confermare con successivo comunicato dell'Agenzia Telegrafica bulgara che il viaggio di Moscianov ha carattere puramente personale, ma che egli avrà nondimeno dei contatti nelle due capitali. Tutto ciò è squisitamente balcanico.

2) -Adunata dei Sokols a Sofia. Anche questa manifestazione era prevista da tempo. Tuttavia è impossibile di non rilevare, nei confronti dei rapporti bulgaro-jugoslavi, l'ampiezza e la risonanza che essa ha assunto in questi giorni, sia per la stragrande maggioranza, fra quelle partecipanti all'adunata, delle organizzazioni jugoslave accompagnata dal proprio Ministro dell'Educazione Fisica, sia per la presenza e l'allocuzione dello stesso Re Boris, che nelle sue parole si è principalmente indirizzato alle organizzazioni jugoslave, sottolineando l'amicizia fra le due Nazioni slave, contemporaneamente rilevata anche dal comunicato jugoslavo Avalà del 9 corrente, come, secondo le informazioni diramate dall'Agenzia Telegrafica bulgara di stessa data, da tutta la stampa jugoslava.

Ora chi tenga presente il lievito antiserbo tuttora diffuso in Bulgaria, e il mal represso e appena taciuto rancore persistente nei riguardi della Macedonia, come chi ricordi le vicissitudini dei rapporti bulgaro-jugoslavi dopo l'accordo del 1937, manifestatesi anche recentemente negli avvenimenti intercorsi fra l'accordo di Salonicco e l'incontro di Nish, non può non pensare che questa improvvisa ondata di fratellanza slava non sia destinata ad accompagnare e a marcare le realtà politiche di cui al punto seguente.

3) -Incontri di Kiosseivanov sia all'andata che al ritorno da Berlino con Cincar Markovié e poi col Principe Paolo: incontri seguiti dal comunicato finale 10 corrente che afferma la comune politica pacifica dei due Stati, nell'interesse « dell'indipendenza e della neutralità » dei Balcani, e le comuni «buone e amichevoli relazioni con tutti gli Stati vicini».

Da questo complesso di circostanze pare permesso di pensare che, premuta dalla convenienza del momento di compiere un gesto verso gli Stati totalitari, la Bulgaria si sia nel tempo stesso riavvicinata a Belgrado, preoccupata di modellare il proprio atteggiamento su quello jugoslavo, e tentando sotto l'aspetto dell'« indipendenza e neutralità balcanica » e delle « buone relazioni con tutti i vicini», di non allontanarsi sostanzialmente troppo dalle posizioni di incerto oscillante equilibrio finora tenute. Sicchè, dati gli accenni in troppe e contrastanti direzioni finora manifestati dalla politica estera bulgara, vi sarebbe da domandarsi se un apporto della Bulgaria al sistema di neutralità e di indipendenza della Jugoslavia non possa anche conferire qualche elemento di nuova incertezza nelle relazioni di quest'ultima con le Potenze totalitarie.

Nel tempo stesso, come accennavo a Vostra Eccellenza nel mio telegramma in riferimento, non è forse inopportuno di tenere presente il fattore di diffidenza se non di contrasto, che, in seno a quello che potrebbe venire ad affermarsi come il blocco dei neutri slavo-balcanici, costituisce pur sempre il problema macedone, e quindi la possibilità aperta al gruppo anglo-francese di esercitare a quel riguardo una pressione, con l'alimentare in Bulgaria, come già ha mostrato di fare, quelle speranze che le necessità della politica di accerchiamento nega ad essa ormai in Dobrugia e in Tracia.

Questo complesso di elementi. qui prontamente avvertito, ha in parte calmato le apprensioni e in parte suscitato nuove speranze negli ambienti avversi a un riavvicinamento agli Stati totalitari, ambienti nei quali più che mai in questi giorni si sono esercitati e si esercitano la propaganda britannica e gli intrighi delle altre Potenze balcaniche.

Tali fattori sfruttano l'amaro ricordo della guerra perduta e una tal quale diffusa avversione slava per il germanesimo, ricordando le responsabilità tedesche nella catastrofe bulgara del 1918, la politica di guerra della Germania che avrebbe arrestato allora la Bulgaria sulla via di Salonicco e che avrebbe per prima più imposto che consentito l'amministrazione mista rappresentativa dei vari gruppi etnici in Dobrugia, fondamento originario della negazione romena del bulgarismo integrale di quella regione, la persistente « oppressione economica » della Germania in questo Paese e via dicendo.

A tutto ciò è venuto ad aggiungersi la nota della Politische und Diplomatische Korrespondenz diramata dalla DNB dell'8 corrente, relativa alle aspirazioni bulgare verso la Romania nel quadro dei rapporti tedesco-romeni, che è parsa qui fredda e sfuggente, specie per la troppo lata affermazione che le simpatie germaniche per la Bulgaria non saprebbero manifestarsi « ai danni degli interessi legittimi dei Paesi che partecipano allo spazio vitale bulgaro». Circostanza questa che non ha mancato di ravvivare qui i sospetti già sorti, come segnalai, dopo l'accordo economico tedesco-romeno, di una nuova parzialità germanica verso la Romania.

È in questa atmosfera che si è propagato pertanto senza destare troppa sorpresa il voto espresso da Ismet Inonli nella sua intervista al Daily TeZegraph, diramata per Havas del 10 corrente, di una pronta adesione bulgara all'Intesa Balcanica.

Dal complesso di quanto sono venuto esponendo a V. E. credo si possa per ora ritenere che, nonostant·i! il gesto compiuto, non senza riserve mentali, verso l'Asse, la politica bulgara è e rimane sotto il segno dell'incertezza, rimanendo aperta per parte nostra la necessità di proseguire nell'azione intesa a provocare più nette prese di posizione di questo Paese.

Mi riservo tuttavia di riferire quanto il Presidente del Consiglio, che vedrò in questi giorni, mi avrà detto sul suo viaggio a Berlino ed a Bled.

(l) -Non pubblicato. (2) -Così nell'originale. (3) -Vedi D. 198.
552

IL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 75. Gedda, 13 Zuglio 1939, ore 14,30 (per. ore 18,30).

Seguito mio telegramma n. 73 (1).

Governatore Gedda mi ha informato che Governo saudiano non ritiene possibile sua adesione a patto Saad-Abad, e che con Missione Ministro degli Affari Esteri Irak a Riad non fu nemmeno trattata questione predetta adesione. Egli ha aggiunto che Governo saudiano, già una volta, tempo fa, rifiutò invito aderire patto di cui si tratta.

553

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE RISERVATO 421. Berlino, 13 Zuglio 1939, ore 14,32 (per. ore 16).

Pubblicazione avvenuta stamane sui giornali tedeschi del nostro comunicato relativo a disposizioni per immediata partenza stranieri residenti Alto Adige ha qui provocato molta impressione.

. Tutti i nostri Consolati e Agenzie di viaggio, che ricevono continue domande

da parte degli interessati, chiedono norme di azione e di linguaggio. Dato che,

~7 -Documenti diplomatici-Serie VIII-Vol. XII

come è noto infatti, turismo stranieri in Alto Adige è, per la grandissima maggioranza, tedesco, riterrei quindi necessario che Direzione Generale Turismo inviasse subito istruzioni ad Uffici C.I.T. di Berlino da comunicarsi anche ai nostri Consolati.

(l) Non pubblicato.

554

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 422. Berlino, 13 luglio 1939, ore 14,35 (per. ore 16,30).

Non escludesi oche forma comunicato, nel quale si accenna a ragioni politiche, militari e di polizia suffraganti base per allontanamento immediato tutti gli stranieri (compresi quindi anche i tedeschi, che anzi ne costituiscono la grande maggioranza) possa provocare, specialmente se seguito da misure drastiche a carico di cittadini tedeschi, non favorevole impressione sugli elementi qui preposti alla attuazione noto piano evacuazione Alto Adige e sullo stesso Fiihrer.

555

IL MINISTRO AD HELSINKI, BONARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 50 Helsinki, 13 luglio 1939, ore 14,40 (per. ore 15,50).

Telegramma per corriere di V. E. 13929 del 4 luglio (1).

Questo Ministro Germania mi ha detto che Ministro degli Affari Esteri gli ha confermato pienamente richiesta di Molotov Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo tramite Ministro Finlandia a Mosca.

Naturalmente pretese moscovite sono qui considerate assolutamente assurde e mentre si è già da qualche settimana di nuovo iniziato con tutta segretezza lavoro preparatorio per fortificazione Isole Aland, si conta che il tempo ed il fatto compiuto contribuiranno a poco a poco a smontare atteggiamento sovietico.

556

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 423. Berlino, 13 luglio 1939, ore 18,59 (per. ore 20,20).

Mia lettera 5137 dell'll corrente (2). Ribbentrop ha fatto oggi telefonare da Salisburgo per sapere se fosse perve· nuta da Roma una risposta circa noto incontro. Urge quindi che io venga in possesso di opportune istruzioni.

(l) -Non pubblicato. Si tratta della trasmissione del D. 421. (2) -Vedi D. 535.
557

IL MINIS.TRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 181. Budapest, 13 luglio 1939 (per. giorno 17).

Mio telegramma n. 0180 (1). Sono stato di nuovo ricevuto oggi da Csaky insieme con il R. Addetto Aeronautico Gen. Mattei.

Il Conte Csaky mi ha ripetuto nel modo più categorico di darmi anche a nome del Conte Teleki, a cui aveva parlato della questione, ogni assicurazione circa le precise intenzioni del Governo ungherese, per la più stretta collaborazione con l'Italia nel campo tecnico militare soprattutto per quanto riguarda l'aviazione; mi ha detto anzi di essere stato come il Presidente del Consiglio assai sorpreso di quanto gli avevo rivelato sia circa la partenza della nostra missione, sia circa l'acquisto di apparecchi tedeschi, la questione essendogli stata presentata sotto diverso aspetto dalle autorità militari competenti che non gli avevano fornito tutti i dettagli. (Egli ha alluso chiaramente all'attuale Capo di S. M. della Honvéd). La sua attuale posizione di reggente interinale del Ministero della Guerra nell'assenza temporanea del Gen. Bartha gli dava modo di chiarire subito le cose e di porvi riparo.

Tralascio di dare all'E. V. tutti i dettagli di questa conversazione che è durata oltre un'ora e mezzo.

Il Conte Csaky mi ha pregato di assicurare in tal senso l'E. V., mentre ha mostrato di interessarsi vivamente ad ogni dettaglio che gli ho fornito, sia per quanto riguarda l'acquisto di apparecchi ed in genere su tutto l'andamento della questione, dando l'impressione di ignorarne i principali punti. Mi ha detto che ne avrebbe interessato lo stesso Reggente, recandosi a Kenderes da lui martedì prossimo, mentre mi ha aggiunto che fra pochi giorni sarebbe arrivato a Budapest anche il Col. Szabo addetto militare ungherese a Roma.

558

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 185. Budapest, 13 luglio 1939 (per. giorno 17).

Mio telegramma per corriere 0182 (2).

Quanto al viaggio di Kiosseivanov a Berlino, Csaky era informato che il Governo tedesco gli avrebbe chiesto di mantenere in caso di conflitto una neutralità benevola; mentre Kiosseivanov avrebbe assicurato di non sollevare le rivendicazioni territoriali verso la Jugoslavia, non avrebbe però avuti troppi incoraggiamenti neanche circa le aspirazioni territoriali verso la Romania.

Circa il progettato viaggio del Capo di Stato Maggiore bulgaro a Budapest,

nulla era stato ancora fissato.

Csaky mi ha poi voluto dire che secondo sue informazioni gli risultava

che, malgrado i precedenti comunicati, non era esatto che vi fosse una reale

possibilità di sostanziale intesa fra Bulgaria-Jugoslavia; contrariamente a quanto

afferma il Ministro di Jugoslavia [mio telegramma per corriere n. 0179 del

l'H luglio (1)].

Come mi aveva già detto altra volta, il Generale Keresztes-Fischer, che

aveva parlato durante la sua recente visita a Sofia col Re e con Kiosseivanov,

aveva tratto l'impressione che la Bulgaria era dominata principalmente da una

grande apprensione nei riguardi della Turchia (che aveva già concentrate forze

ingenti verso la Bulgaria) e anche della Russia.

La Turchia a sua volta temeva un maggior riavvicinamento fra Bulgaria e Jugoslavia, che avrebbe portato a un predominio slavo nei Balcani: anche per questo la Bulgaria, mi diceva Csaky, non sembrava troppo incline in realtà ad un sostanziale ravvicinamento con la Jugoslavia.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 547.
559

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 110. Sofia, 13 luglio 1939 (per. giorno 17).

Mio telegramma 164 data odierna (2).

Ho avuto lungo colloquio con Kiosseivanov.

Mi si è dichiarato estremamente soddisfatto suoi incontri ·Berlino decisi come era immaginabile dopo esito viaggio Gafencu Ankara Atene. È rimasto profondamente impressionato serenità tono elevato senso sicurezza spirito pubblico tedesco, ed esprimesi con calore circa manifestazioni fattegli e particolare cordialità suo colloquio con Fiihrer. Questi avrebbegli detto Germania, sicura sue forze e tranquilla avvenire, è pronta qualunque evenienza, si tratti di un conflitto di sei mesi o di dieci anni; esclude tuttavia per sua parte guerra per Danzica pur non dubitando matureranno soluzioni conformi immancabili destini tedeschi, ciò tanto più che, Sovieti si impegnino o meno con Potenze democratiche, egli è convinto anzitutto situazione interna non consentirà loro comunque entrare in conflitto con Germania.

Kiosseivanov era altresì soddisfatto suo colloquio con Regio Ambasciatore Berlino, con cui mi ha detto avere parlato massima cordiale franchezza.

Circa viaggio Presidente Camera bulgara Londra e Parigi ha tenuto spontaneamente dirmi disapprovarlo interamente, e non mancherebbe marcare ulteriormente di fronte opinione tale disapprovazione. Avendogli domandato se nonostante assenza di lui, Kiosseivanov, Governo non avesse sollevato obiezioni

al riguardo, mi ha detto che stesso Re Boris aveva tentato impedirlo senza successo: il che parrebbe peraltro difficile credere. Afferma trattarsi episodio vanitosa ambizione ed esibizionismo politico che costerà caro Moscianov giacchè sua presenza ad un incarico di responsabilità è diventata per ciò stesso incompatibile. Mi ha soggiunto pensare seriamente congedare Camera il che sarebbe certamente approvato da Paese stanco incoerente sediziosa azione parlamentare. Osservo peraltro non è la prima volta Presidente Consiglio mi esprime simili affermazioni, che è dubbio fino a che punto coincidano con reali intendimenti Sovrano.

Circa situazione balcanica e posizione Bulgaria sarebbero rimasti precisati a Berlino seguenti punti:

l) Germania non dubita tendenzialità Bulgaria verso Asse in conformità interesse sue aspirazioni nazionali; ciò tanto più data nuova situazione balcanica derivante da posizioni testè assunte dalla Turchia, circa cui orientamenti stesso Ribbentrop riconosce previsioni tedesche essere state sorprese. A questo punto non ho mancato confermargli per mia parte risultanze relative accordo angloturco secondo istruzioni telecorriere V. E. n. 456 (l);

2) Germania, riconoscendo necessità per consolidamento Balcani Bulgaria ingrandita e rafforzata, offre pertanto ad essa sua amicizia e appoggio per conseguimento in misura sviluppi situazione generale sue aspirazioni nazionali senza chiederle patti e impegni come, avrebbe detto il Fiihrer, Asse non ne ha chiesti alla Spagna. Germania impegnasi frattanto rifornire subito Bulgaria principali armamenti, mettendosi in misura provvedere poi a qualunque momento, come consentito da mobilità dei mezzi, anche aerei compresi piloti militari sì da portare aeronautica bulgara a un migliaio di apparecchi;

3) Per tutti sviluppi politici militari occorre tuttavia Bulgaria senta altresì Italia. Kiosseivanov mi ha soggiunto averne tratto impressione prevalenza decisioni Italia per tutto quanto concerne situazioni sud-balcaniche. Mi ha accennato tuttavia solo di sfuggita sua eventuale visita Roma dicendomi occorrevagli parlarne ulteriormente col Re;

4) Germania considera Romania quantità irrilevante ritenendo basterebbe Ungheria tenerla a freno;

5) Germania diffida della Jugoslavia cui atteggiamento verso Asse comporterebbe gravi riserve, se pure le sarebbe pressochè impossibile discostarsi in ogni caso da neutralità strettamente sorvegliata.

Circa suoi colloqui Belgrado sarebbero rimasti precisati seguenti punti: lo Jugoslavia non intende distaccarsi da Intesa Balcanica. È sua impressione voglia continuare giocare due partite;

2o Non è riuscito ottenere neppure conferma assicurazione già verbalmente datagli, come afferma, da Stojadinovié, di neutralità jugoslava in caso fossero richieste esecuzioni Patto balcanico a carico Bulgaria;

3o Incoraggiato dallo stesso Cincar Marcovié ha posto quesiti anche Principe Paolo che sarebbe stato ancora più evasivo. È sua convinzione Reggente si senta personalmente molto vincolato Inghilterra;

4° Ha tuttavia lasciato aperti suoi quesiti a Belgrado, risolvendosi approvare comunicato finale incontro comportante dichiarazione neutralità indipendenza delle due Potenze slave, principalmente, come afferma, per dare implicito avvertimento alla Turchia che dall'una e dall'altra si è allontanata. Accenno circa buone relazioni con tutti i vicini sarebbe stato da lui accolto per confermare implicitamente buoni rapporti con l'Asse. Mi è sembrato queste spiegazioni si presentassero confuse e non troppo convincenti;

5° Situazione interna Jugoslavia gli è apparsa torbida, diviso ed in genere poco favorevole Asse l'Esercito, che sarebbe anche sotto aspetto tecnico mediocremente organizzato e deficiente armamenti. Ritiene peraltro probabile una ripresa di Stojadinovié che starebbe attivamente lavorando;

6° Gli ho chiesto se, a queste condizioni e a parte affermazione finale comunicato incontro bulgaro-jugoslavo, debba ritenersi atteggiamento Bulgaria prescinda o meno da Jugoslavia. Citandomi ancora una volta affermazione già da lui attribuita V. E., Jugoslavia è Potenza soddisfatta, Bulgaria mutilata dalla guerra, mi ha negato atteggiamento bulgaro comunque vincolato a quello jugoslavo, soggiungendomi poco dopo che in caso conflitto in cui Bulgaria fosse dalla parte Asse, e Jugoslavia assumesse atteggiamento contrario, egli non escluderebbe riaprire questione macedone, ciò che, come mi ha lasciato intendere, potrebbe anche costituire altro eventuale elemento intesa con Italia. Corremi peraltro obbligo rilevare contrasto tali dichiarazioni con quelle fattemi ancora un mese addietro dallo stesso Kiosseivanov circa necessità per Bulgaria accertarsi amichevole atteggiamento jugoslavo, e loro sostanziale contraddizione con concrete espressioni comunicato incontro.

Ha concluso finalmente affermandomi che, come egli ha sempre preveduto, nodo situazione balcanica spostasi ormai verso Bulgaria, soggiungendomi Re Boris è vivamente soddisfatto per risultati viaggio, in particolare per promessa tedesca rifornimenti armi.

Per mia parte, pure a fidarsi sincerità personali intendimenti di Kiosseivanov anche in contrasto pensiero determinati ambienti politici bulgari, osservo che ad ogni modo suesposte circostanze porrebbero anzitutto Bulgaria in grado meglio valorizzare proprie posizioni e possibilità, rafforzandole frattanto mediante concorso tedesco proprio riarmo e creando condizioni atte a dare maggiore peso ed iniziativa alla sua azione verso stessa Jugoslavia. Nondimeno richiamandomi anche elementi mio rapporto n. 3488/1456 del 12 corrente (1), riterrei comunque surriferite dichiarazioni vadano accolte non senza opportune riserve.

(l) -Vedi D. 533. (2) -Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

560

IL MINISTRO AL CAIRO, MAZZOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 30. Bulkeley, 13 luglio 1939 (per. giorno 18).

Telegramma di V. E. n. 105 del 12 corrente (2).

Pubblicazione del giornale tedesco Angriff deve trovare sua ongme in

una notizia data dal settimanale At Musawwar del 7 luglio, riprodotto anche

dal Popolo d'Italia dell'8 corrente. (Vedi notiziario militare odierno).

Questa notizia, come altra precedente di trattative fra Cairo e Parigi sullo

stesso oggetto e susseguentemente smentita [v. mia Stefani speciale n. 186 del

7 luglio (1)], non risulta abbia alcun carattere di attendibilità per lo meno nella

forma in cui è stata pubblicata. Molto probabilmente non si tratta d'altro che di

conversazioni intercorse fra la Direzione della Compagnia del Canale e le Auto

rità militari britanniche per questioni di dettaglio circa la progettata costruzione

delle caserme inglesi nella zona del Canale in dipendenza del Trattato anglo

egiziano.

Del resto questo Sottosegretario di Stato agli Esteri questa mattina mi ha dichiarato che la notizia del Musawwar è, come tante altre, parto della non disinteressata fantasia di alcuni giornalisti. L'Inghilterra, -egli ha aggiunto non può neanche pensare a fortificare il Canale di Suez, che, per il suo carattere internazionale e neutro, non è suscettibile di alterazioni di sorta.

Questa R. Legazione non mancherà di seguire attentamente la questione ed eventualmente riferire.

(l) -Vedi D. 551. (2) -Vedi D. 531. Il citato T. è però dell'H luglio.
561

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 85. Istanbul, 13 luglio 1939 (per. giorno 18).

È venuto ieri a vedermi questo Ministro di Ungheria, sig. Mariassy. Dopo avermi parlato della situazione politica in genere, egli mi ha detto che per debito di lealtà desiderava darmi notizia di un passo da lui fatto presso questo Ministro degli Esteri al momento della visita ad Ankara di Gafencu. Premesso che durante l'incontro Gafencu-Saracogiu avvenuto ad Istanbul 1'8-9 aprile scorso si era parlato dell'Ungheria e delle sue rivendicazioni territoriali nei riguardi della Romania, Mariassy mi ha informato che in occasione della visita di Gafencu ad Ankara del mese di giugno scorso egli aveva suggerito a Saracoglu alcuni argomenti da far valere presso Gafencu per persuaderlo che non vi può essere pace duratura nell'Europa danubiana fino a quando non si darà soddisfazione alle rivendicazioni territoriali dell'Ungheria. Saracoglu avrebbe chiesto a Mariassy se il suo passo era fatto a titolo personale o dietro istruzioni del Governo ungherese; Mariassy avrebbe risposto che il passo aveva piuttosto carattere di suggestione personale sebbene il suo Governo ne fosse al corrente. Saracoglu avrebbe in definitiva declinato di farsi intermediario fra il rappresentante ungherese e il Ministro degli Esteri romeno procurando tuttavia ai due la possibilità di un colloquio che effettivamente ha avuto luogo. Nel colloquio con Gafencu Mariassy avrebbe esposto al Ministro romeno tutti gli argomenti per i quali l'Ungheria non può rinunziare alle sue aspirazioni

territoriali e Gafencu avrebbe risposto che pur rendendosi conto del punto di vista sostenuto dal suo interlocutore non credeva che la questione fosse di urgente attualità.

Io avevo ricevuto proprio col corriere di Gabinetto giunto a Istanbul la sera dell'll il telegramma ministeriale n. 450 del 2 corrente (1). Mi sono perciò limitato ad ascoltare con meraviglia quanto Mariassy mi confidava ed a fargli osservare che il Ministro degli Esteri turco aveva dovuto essere molto lusingato dal fatto che il Governo ungherese chiedeva l'intervento della Turchia nella spinosa questione delle relazioni romeno-magiare. Mariassy ha accentuato che il suo Governo non ha richiesto l'intervento della Turchia nella vertenza ungaroromena ma gli ha dato soltanto istruzioni di esporre a Saracoglu il punto di vista ungherese nella questione che aveva già formato oggetto di conversazioni fra Gafencu e Saracoglu, affinchè Saracoglu ne discutesse con Gafencu durante la permanenza di quest'ultimo ad Ankara. A tale passo Mariassy aveva dato carattere quasi personale.

Mariassy ha poi preso con me l'atteggiamento di chi si scusi di una colpa che pure non gli è rimproverata e mi ha fatto ampie dichiarazioni di fedeltà all'Asse, di gratitudine all'Italia, aggiungendo che i rapporti fra l'Ungheria e la Turchia sono assolutamente apolitici e che egli non nasconde anche in pubblico il suo biasimo per la politica di accerchiamento di cui la Turchia si è resa complice.

Ma mi ha anche detto che l'Ungheria vorrebbe riprendere le relazioni diplomatiche con l'U.R.S.S. e che un turco (di cui mi ha taciuto il nome) sarebbe stato incaricato di sondare il terreno a Mosca. Circa questi sondaggi credo (da quanto Mariassy mi ha lasciato intendere) che i fili siano mossi dal Ministro di Ungheria già accreditato a Mosca ed ora destinato ad Atene, sig. Jungerth.

Riferisco a parte in merito ad una intervista data dallo stesso Mariassy ad un giornale locale, riprodotta dai quotidiani di questa mattina.

(l) Non pubblicato.

562

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATO 5222/1589. Berlino, 13 luglio 1939.

È tornato a Berlino l'Ambasciatore inglese Henderson, rincorato bensl da un verdetto favorevole dei propri dottori, ma non altrettanto dalle disposizioni trovate in Halifax e Chamberlain.

Il collega non ha esitato ad ammettere egli stesso che, ormai, da parte inglese si era parlato abbastanza e forse anche troppo e che la affermazione continuamente ripetuta che l'Inghilterra entrerà in guerra per difendere la Polonia, può a lungo andare, o raggiungere un effetto assolutamente contrario a quello voluto, oppure assumere addirittura un carattere provocatorio. Egli ha però giustificato

questa insistenza, con la necessità in cui gli inglesi si trovano di controbattere le continue, insistenti affermazioni in senso opposto di Ribbentrop e della fitta rete dei suoi agenti all'estero nel senso che l'Inghilterra non ha alcuna intenzione di entrare in conflitti che non l'interessino direttamente.

Non solo -diceva Henderson -ciò non è assolutamente vero in linea di fatto, ma chi sostiene un cotale punto di veduta dimentica che « ormai non si lotta più pro o contro Danzica; bensì pro o contro la egemonia tedesca in Europa». n pubblico inglese è adesso convinto che la Germania non intende cambiare sistema. Esso ha ammesso come fatale -pur riprovandone i metodi l'annessione dell'Austria; ha appena digerito quella delle regioni sudetiche nella speranza che Monaco rappresentasse il principio di un'era nuova; si è assolutamente e definitivamente ribellato alla annessione della Boemia e della Moravia, la quale rappresenta la negazione non solo di tutte le promesse, ma anche di tutti i principi di autodecisione, plebisciti ecc. sempre sostenuti dalla Germania per sè stessa. Dopo questo, l'Inghilterra ne ha abbastanza e non ammette che si possa, per nessuna ragione, andare oltre. E quando si dice Inghilterra non si dice Chamberlain, che ormai ha perduto quel comando della situazione che aveva prima ed è egli stesso portato alla deriva, ma la gran massa della genuina opinione pubblica popolare inglese. Bisogna imporre alla Germania -questo è ora la convinzione generale in Inghilterra -un alt e questo lo si fa per Danzica come lo si farebbe per qualunque altra questione, senza alcuna considerazione al me·· rito della questione stessa.

Chamberlain, in fondo, non ha nel suo intimo affatto abbandonato le sue preferenze per una politica di conciliazione. Ma, ridotto com'è, egli non può più farsi avanti con un nuovo gesto. Egli potrebbe, tutt'al più, secondare un gesto altrui. Ove Hitler, o altri, aprisse un primo spiraglio, Chamberlain sarebbe ancora disposto a seguire e fare di tutto per ingrandirlo. Ma non potrebbe, nella situazione, essere il primo.

-Il Segretario di Stato von Weizsacker mi ha detto di aver visto questa mane l'Ambasciatore francese Coulondre, il quale gli ha annunziato di recarsi in vacanza -data la delicatezza del momento -per solo due settimane (i diplomatici francesi avrebbero diritto a due mesi).

Richiesto cosa pensasse in genere della situazione, il Barone von Weizsiicker

ha risposto al suo visitatore che la riteneva peggiorata in conseguenza:

l) della nota comunicazione Bonnet-Welczeck seguita dalla presentazione di un memorandum (il testo ne è stato inviato a Mackensen) cui la Germania dovrà pure rispondere come merita (vedi dichiarazioni fattemi in proposito da Ribbentrop la sera del 6 corrente);

2) del discorso ultimo di Chamberlain il quale, oltrechè costituire senza volerlo una provocazione, afferma che la Germania nel trattato dal 1934 aveva garantito per dieci anni lo status quo a Danzica. Ciò non è assolutamente esatto, dato che Danzica non è in quel trattato menzionata affatto.

Queste dichiarazioni avrebbero naturalmente suscitato da parte di Coulondre forte reazione e risentimento.

(l) Non rintracciato.

563

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. SEGRETO 5223/1590. Berlino, 13 luglio 1939.

Il notiziario sulla situazione politica si arricchisce giornalmente di informazioni nuove.

-Come il R. Console Generale in Francoforte ha già telegrafato direttamente, la frontiera del Reno, secondo informazioni della massima serietà, sarà in permanenza occupata, per quanto riguarda le fortificazioni, da truppe specializzate, nel periodo tra il 20 corrente e il 20 agosto. Secondo quanto affermano ambienti militari e politici, in quest'epoca si prevede che la crisi europea si aggraverà.

-Da fonte che devo ritenere sicura si apprende che in questi giorni alcuni Ufficiali tedeschi della Riserva aeronautica hanno ricevuto qui a Berlino un precetto di mobilitazione con il quale essi vengono avvertiti che, in caso di guerra, dovranno trovarsi tre giorni dopo lo scoppio della conflagrazione in località site, oggi, oltre la frontiera tedesca, in territorio polacco.

-Il R. Console Generale a Praga ha oggi telefonato a questa Ambasciata per avvertire che voci correnti colà darebbero come sicura una qualche azione da parte tedesca per «domani». La voce non ha naturalmente fondamento ma è sintomo dell'atmosfera ormai determinatasi un po' da per tutto.

-Mentre localmente si constata a Danzica una certa distensione cosi da parte polacca come da parte tedesca, d'altro canto -da fonte altrettanto confidenziale quanto sicura -vengo informato che «prima della fine del mese » si stanno preparando nella Città Libera delle « azioni dimostrative » che, senza arrivare alla proclamazione di annessione al Reich e potendo persino apparire da un punto di vista giuridico relativamente compatibili con lo stato di diritto attuale, pure non mancherebbero, agli occhi dei terzi, di assumere un carattere di vera e propria provocazione e quindi suscitare delle forti reazioni specie in Polonia.

Poichè risulta da più parti che il Fiihrer non sarebbe ancora orientato verso una soluzione di forza, evidentemente provocazioni del genere possono essere solo giustificate dal proposito di condurre contro la Polonia quella «guerra di nervi» che dovrebbe stancarla e condurla a commettere qualche eccesso. C'è infatti qui ancora chi crede che, ove la Polonia si inducesse, essa, a un gesto di disperazione suscettibile di esser descritto dalla Germania come atto di aggressione e quindi giustificare agli occhi tedeschi una reazione armata, i « garanti » sarebbero felici di profittarne per lavarsene le mani ed abbandonare la Polonia al proprio fato.

Vista da qui, la cosa appare una mera illusione.

Vedasi in proposito la conversazione da me avuta oggi con questo Ambasciatore inglese [mia nota n. 5222/1589 (1)].

(l) Vedi D. 562.

564

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, COLONNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 6327/1301. Washington, 13 luglio 1939.

Con riferimento al telegramma per corriere del 24 giugno u. s., n. 12883 P.R./C (1), informo che nulla è trapelato qui di proposte da parte dei Governi francese e britannico per lo stabilimento di un comune piano di difesa nei mari di Estremo Oriente. Pur non escludendo la probabilità di una collaborazione data la coincidenza di almeno alcuni interessi, tuttavia l'indirizzo politico americano in Cina, quale risulta anche dall'atteggiamento assunto durante la crisi delle concessioni a Tientsin, e gli umori generali qui prevalenti non sembrano potersi considerare come elementi i più atti a far sviluppare una proposta di concreta collaborazione militare in Oriente con le Potenze occidentali.

565

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 500. Tokio, 14 luglio 1939, ore 7,45 (per. ore 15).

Missione che per invito Governo tedesco si reca celebrazione nazista Norimberga poi in Italia sarà composta da generale armata Conte Terauchi già Ministro Guerra e poi comandante supremo truppe Cina settentrionale e membro del Consiglio privato nonchè S. E. Ammiraglio armata Barone Osumi due volte Ministro della Marina. Essi saranno accompagnati da alcuni ufficiali di terra e di mare e partiranno 18 corrente giungendo Napoli 26 agosto donde proseguiranno direttamente per la Germania. A loro seguiranno sig. Fujihara presidente sindacato industriali e sig. Takashi presidente associazioni marittime rappresentanti dei rispettivi interessi sindacali e finanzari. Ministero della Guerra giapponese che aveva deciso sin dall'inizio dare carattere ufficiale visita Terauchi ;Italia e farlo assistere 28 ottobre si era già messo in rapporto con nostro Ministero della Guerra e ne aveva ricevuto invito considerarlo come ospite ufficiale durante la sua permanenza Italia. Ministro della Marina invece si era proposto inviare subito Osumi in visita Italia privatamente a Autorità italiane e farlo ripartire 22 ottobre. Ieri in occasione colazione offerta da Ministro della Marina è stato deciso che Osumi sarebbe andato nella stessa forma e rimasto lo stesso tempo di Terauchi.

Si rende quindi necessario e urgente nostro invito ufficiale a questo Ministero della Marina per Ammiraglio Osumi nella stessa forma usata per Terauchi. Desiderio tale invito è stato espresso dal Gabinetto Ministero della Marina a nostro Addetto navale.

Circa particolari programma, missione desidererebbe vivissimamente esserne informata suo arrivo Napoli 26 agosto con piroscafo giapponese Chashimamar. Mi riservo inviare subito maggiori informazioni sui vari componenti missione.

Una volta di più si è provato e anche i rispettivi brindisi hanno confermato diversità tendenze fra Esercito e Marina per le quali il primo spinge avanti in virtù dell'altro che si tira indietro, e nel caso specifico sono state accentuate dalla scarsità di relazioni fra i due Ministeri anche nei riguardi dell'invio di questa missione.

(l) Vedi D. 330.

566

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 50l. Tokio, 14 luglio 1939, ore 7,45 (per. ore 15). Mio telegramma 500 (1). Governo giapponese aveva dato istruzioni a codesta Ambasciata giapponese ottenere invito ufficiale per la missione. Ambasciatore del Giappone ha obiettato che non essendosi ancora concluso Patto non credeva opportuna simile richiesta.

Governo giapponese ha replicato e sta per replicare insistendo e facendo notare mancanza relazione fra visita e Patto.

567

L'INCARICATO D'AFFARI A. l. A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 425. Berlino, 14 luglio 1939, ore 20,55 (per. giorno 15, ore 0,45).

A seguito delle comunicazioni telefoniche di V. E. non ho mancato di far presente a queste Autorità come le misure prese in Alto Adige nei confronti di stranieri non riguardano i turisti tedeschi. Momento di nervosismo ieri qui verificatosi (allorchè perdurava incertezza) appare oggi sorpassato e anche nostre agenzie di viaggio mi confermano che situazione rientra nella normalità.

568

L'INCARICATO D'AFFARI A. l. A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 112. Berlino, 14 luglio 1939 (per. giorno 15).

Questo Ministero degli Affari Esteri mi informa che l'Ambasciatore di Germania a San Sebastiano ha ricevuto istruzioni di presentire il Generale Franco se egli sia disposto, nel prossimo autunno e dopo la sua visita a Roma, a recarsi anche in Germania.

L'Ambasciatore von Stohrer deve averne fatto parola a V. E. a Barcellona.

(l) Vedi D. 565.

569

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 111. Sofia, 14 luglio 1939 (per. gio1·no 17).

A telegramma per corriere di V. E. n. 456 (1).

Non ho mancato di dar corso alle istruzioni di V. E. di cui al Suo telegramma per corriere citato, come ho più particolarmente riferito con mio telegramma per corriere n. 0110 del 13 corrente (2).

570

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 111. Roma, 14 luglio 1939 (per. stesso giorno).

Mio telegramma per corriere del 7 corrente n. 110 (3).

Il mio collega d'Inghilterra ha fatto un passo presso il Cardinale Segretario di Stato per metterlo al corrente delle intenzioni del Governo britannico nei riguardi della questione di Danzica.

Il Cardinale Maglione mi ha dichiarato che il sig. Osborne non gli ha detto nulla che già non sapesse.

Alla fine della conversazione il Ministro d'Inghilterra ha precisato, d'incarico del suo Governo, che la comunicazione non era .intesa a sollecitare un qualsiasi intervento della Santa Sede, ma unicamente a mettere la medesima al corrente dei propositi del Governo britannico.

571

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2615/1048. Mosca, 14 luglio 1939.

Mio rapporto n. 2468/1007 del 6 luglio u. s. (4).

Attraverso la Tass il Governo sovietico continua a rendere di pubblica ragione la propria versione dei combattimenti che si svolgono alla frontiera fra la Repubblica Popolare Mongola ed il Manciukuò.

La stampa odierna ha pubblicato un nuovo lungo comunicato contenente ragguagli particolareggiati sui combattimenti e le solite notizie di perdite nippomancesi proporzionalmente molto superiori a quelle subite dalle forze mongolosovietiche.

Da rilevare nell'odierno comunicato, che trasmetto in traduzione (1), l'affermazione relativa al basso morale delle fanterie giapponesi, nonchè la notizia secondo la quale, dai documenti trovati su ufficiali giapponesi catturati, sarebbe risultato che l'azione offensiva alla frontiera mongolo-mancese era preparata da tempo dalle autorità militari giapponesi.

I giornali odierni pubblicano ugualmente una carta geografica cinese del 1919, dalla quale risulta che il confine fra la Repubblica Popolare Mongola e la Manciuria non passa -come affermano i giapponesi -lungo il fiume Halhyngol, ma ad est di quel corso d'acqua. Ciò per provare che le truppe nippo-mancesi hanno ripetutamente violato il confine.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 559. (3) -Vedi D. 500. (4) -Non pubblicato.
572

IL MINISTRO AL CAIRO, MAZZOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO S. n. (2), Il Cairo, 14 luglio 1939.

Il viaggio di Abd el-Fattah Yahyà Pascià nelle capitali balcaniche volge alla fine. Il ritorno del Ministro degli Esteri è previsto pel 17 p. v. Salvo le induzioni sugli scopi della sua visita ad Ankara, le polemiche e le smentite che ne han fatto seguito, non si può dire che il viaggio di Abd el-Fattah Yahyà Pascià abbia molto commosso l'opinione pubblica. La stampa si è limitata a riprodurre, senza eccessivo rilievo, i testi dei discorsi pronunciati nei vari banchetti in ogni capitale, ed i commenti dei giornali dei Paesi visitati e di quelli europei.

Accennandomi al viaggio di Abd el-Fattah Yahyà Pascià il Capo del Gabinetto Reale, nel lungo colloquio che ho avuto con lui ieri l'altro, mi ha detto che in esso deve ravvivarsi un nuovo indice delle debolezze dell'attuale Governo.

Abd el-Fattah infatti -che non va d'accordo con i suoi colleghi del Gabinetto -avrebbe informato del suo proposito la Presidenza del Consiglio e la stessa Corte a cose fatte. Di sua iniziativa, per mezzo dell'Ambasciatore di Egitto a Londra, avrebbe fatto sapere a Riistii Aras che era sua intenzione restituirgli entro il mese di giugno la visita fatta al Cairo l'anno scorso, e lo avrebbe pregato di comunicargli se in quell'epoca l'avrebbe trovato ad Ankara. Alla strana richiesta Riistii Aras avrebbe risposto che non a lui come persona, ma al Ministro degli Affari Esteri di Turchia la visita andava restituita, che egli sarebbe stato assai lieto di trovarsi ad Ankara, ma che non ploteva farlo senza avere informato il suo Governo.

Le altre visite sono state organizzate senza previa consultazione del Gabinetto, Abd el-Fattah Yahyà Pascià essendosi affrettato a due risposte verbali ed affermative agli inviti verbali rivoltogli dai rappresentanti diplomatici della Bulgaria, della Jugoslavia e della Grecia.

Sempre secondo Aly Maher, tutto quanto è stato detto e pubblicato sulla portata politica del viaggio sarebbe fuori della realtà. Non si sarebbe parlato di accordi militari tra l'Egitto e la Turchia. Se tale eventualità dovesse verificarsi essa dovrebbe comunque essere posta in relazione al recente trattato anglo-turco ed a quello anglo-egiziano. La presenza di Badaui Pascià al seguito del Ministro degli Affari Esteri sarebbe dovuta all'incapacità di quest'ultimo di mettere insieme anche un semplice discorso di saluto e di ringraziamento. Per questa ragione il Capo del Contenzioso accompagnò Abd el-Fattah Yahyà Pascià l'anno scorso a Ginevra per l'Assemblea della Società delle Nazioni ed a Parigi per le questioni della Cassa del Debito Pubblico e del Consiglio Quarantenario.

Da altra fonte -di solito bene informata --ho avuto conferma che il viaggio del Ministro degli Esteri nelle altre capitali balcaniche non avrebbe prodotto buona impressione nei circoli pubblici di Ankara e che l'Ambasciata non avr<>bbe visto di buon occhio la visita a Belgrado ed a Sofia.

(l) -Non pubblicato. (2) -Questo documento, probabilmente un telespresso, proviene dall'Archivio dell'Ufficio 3" della Direzione Generale Affari Europa Mediterraneo, da cui venne diramato a varie nostre Rappresentanze all'estero con Telespresso 224573/C del 26 luglio 1939.
573

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2394/726. Varsavia, 14 luglio 1939.

Alla profonda reazione allarmistica dei giorni scorsi, prodotta dalle notizie di misure di carattere militare che venivano prese a Danzica, va subentrando l'impressione che la temuta crisi la cui minaccia continua a gravare come un incubo su questa torbida atmosfera politica sia per il momento dilazionata.

D'altra parte la soddisfazione con la quale sono state qui accolte le dichiarazioni di Chamberlain alla Camera dei Comuni del 10 corrente concorre a determinare una certa tendenza a considerare la situazione con minore pessimismo. Fattori psicologici in sostanza più che elementi politici, di cui non ve n'è alcuno nuovo da registrare, rendono l'atmosfera meno pesante. Ciò corrisponde anche all'indole di questo popolo, di cui è nota l'estrema sensibilità, e che è portato naturalmente a reagire alle minime variazioni passando da un periodo di acuto allarmismo ad un'altro di ingiustificato e prematuro euforismo, salvo a ricadere domani, al riprodursi del minimo incidente, nello stato di pericolosa tensione.

Pertanto mentre rimangono ben ferme ed immutate le note posizioni assunte dal Governo polacco e da esso riaffermate per l'ennesima volta e che continuano ad essere suffragate dal consenso generale del Paese, qualche fugace accenno alla possibilità di trattative con la Germania affiora qua e là in qualche organo di stampa; possibilità prospettata per ora piuttosto come ipotesi astratta. Tale l'accenno all'eventuale soppressione dell'Alto Commissariato della S. d. N.; eventualità che di per sè stessa avrebbe valore quasi nullo e che è stata altra volta, in situazione normale, esaminata dalla stampa polacca; ma è significativo il fatto che se ne parli nel momento attuale, come un indizio che la possibilità di trattare non viene del tutto esclusa.

Si tratta peraltro di indizi molto deboli: gli stessi giornali che vi fanno

cenno, vi aggiungono subito la nota intransigenza, secondo la quale la Polonia

non potrebbe trattare che alla condizione che rimanga inalterata l'indipendenza

della Città Libera e rimangano inalterati tutti i diritti che la Polonia possiede

attualmente a Danzica, il che equivale ad annullare la possibilità di trattative

nell'atto stesso che viene prospettata. Viene inoltre affacciato dagli stessi gior

nali un altro principio intransigente, secondo il quale non spetta alla Polonia

di fare per la prima proposte di sorta.

La situazione pertanto malgrado i lievi temperamenti su accennati può

considerarsi sostanzialmente immutata: essa potrebbe migliorare, ma potrebbe

anche improvvisamente irrigidirsi, qualora dovessero verificarsi fatti nuovi con

trari agli interessi polacchi.

Quest'Ambasciatore di Germania pur riconoscendo una certa smobilita

zione di spiriti da parte polacca mi escludeva che per il momento alcun con

tatto fosse stato preso tra Berlino e Varsavia in merito all'attuale situazione.

574

IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 15020 P. R./259. Roma, 15 luglio 1939, ore 0,30.

Vostro 421 (1).

Ultime disposizioni riguardanti allontanamento stranieri da Provincia di Bolzano non riguardano turisti tedeschi i quali possono recarvisi per soggiorni a titolo turistico salvo limitazioni stabilite in nota riunione costà circa comitive automobilistiche.

Stranieri di altre nazionalità vi sono ammessi soltanto a titolo di transito con permanenza che non potrà superare le 48 ore.

Gli uffici della C.I.T. riceveranno apposite istruzioni.

Prego V. E. fare comunicazioni dipendenti Ufficio.

575

IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI, BASTIANINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 15023 P. R./260. Roma, 15 luglio 1939, ore 0,30.

Vostro 422 (2).

Io stesso ho spiegato a von Mackensen che abbiamo prove in mano di un'azione di sobillazione svolta con appropriati mezzi presso popolazioni locali da agenti stranieri interessati a creare malintesi fra Italia e Germania. Gli ho anche detto che per ordine superiore turisti tedeschi sono eccezionalmente esentati misura allontanamento entro quarantotto ore. Mackensen si è mostrato del tutto soddisfatto ed è partito in congedo.

(l) -Vedi D. 553. (2) -Vedi D. 554.
576

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 504. Tokio, 15 luglio 1939, ore 1,07 (per. ore 7,30).

L'accrescersi delle dimostrazioni anti-britanniche, accompagnate da nuove richieste di alleanza con Italia e Germania, rende anche più difficile al Governo di essere disposto a concessioni nei suoi negoziati con Inghilterra. Manifestazioni popolari impressionano sempre moltissimo dirigenti giapponesi.

Fino a qualche tempo fa Inghilterra era, per questa opinione pubblica, soltanto il sostegno di Chang Kai Shek. Oggi essa vede nella Gran Bretagna lo Stato senza il quale la guerra sarebbe finita o finirebbe; e con il crescere della sua delusione per il protrarsi del conflitto, si accresce il suo odio per l'Inghilterra.

Comunicato a Roma ed a Taliani.

577

IL CONSOLE GENERALE A MONACO DI BAVIERA, PITTALIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 39. Monaco Bav., 15 luglio 1939, ore 12 (per. ore 18,45).

Trasmetto seguente telegramma di S. E. l'Ambasciatore Attolico: «Ho già personalmente comunicato al Fiihrer accettazione Duce per 4 agosto. Fiihrer ne ha preso atto con viva soddisfazione».

578

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 427. Berlino, 15 luglio 1939, ore 13,59 (per. ore 15,25).

Telegramma di V. E. n. 261 (1). Circa nota fornitura R. Ambasciata ha riferito con telespresso 13 corrente 1604 (2). Questo Addetto Militare inoltre ha avuto in proposito iersera conversazione telefonica con Gabinetto nostro Ministero della Guerra.

579

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE RISERVATO 426. Berlino, 15 luglio 1939, ore 14 (per. ore 15,25).

Come V. E. conosce in data 1° luglio Bonnet ebbe a consegnare all'Ambasciatore di Germania a Parigi una lettera per Ribbentrop nella quale si spe

28 -Doct~menti diplom,ttici-Serie VIli -Vol. Xl!

cificava atteggiamento francese nel caso di una conflagrazione per la questione di Danzica. Oggi verrà consegnata a Parigi, non da Ambasciatore, ma semplicemente a mezzo invio agli uffici del Quai d'Orsay, la risposta di Ribbentrop.

In essa si ribadisce il concetto che questione di Danzica non tocca menomamente interessi francesi e rapporti f-ranco-tedeschi e in termini precisi ed energici si afferma che se la Francia vorrà ad ogni modo, per sostenere Polonia nei suoi assurdi atteggiamenti, aver guerra con la Germania troverà il Reich prontissimo ad accettare la partita.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
580

IL MINISTRO A RIGA, ROGERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 37. Riga, 15 luglio 1939 (per. ore 17,45).

Alla vigilia di partire in congedo il signor Munters mi ha manifestato vivo

compiacimento per dichiarazioni Chamberlain del 10 corrente alla Camera dei

Comuni sul proposito del Governo britannico di tenere nel debito conto, nel

corso dei negoziati Mosca, il desiderio Stati Baltici.

Egli vede in ciò gli effetti ottenuti anche sulla opinione pubblica inglese

e francese dal fermo atteggiamento di tali Stati in difesa principio propria

neutralità.

Non si può naturalmente ancora escludere che eventuali accordi militari

segreti anglo-franco-sovietici contemplino misure in questa regione, ad esempio

qualora Germania invadesse Lituania; ma Munters inclina sempre più a cre

dere che negoziati Mosca siano ormai destinati all'insuccesso od a condurre

tutto al più a generici impegni di mutua assistenza.

581

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO PER CORRIERE 112. Roma, 15 luglio 1939 (per. 16 luglio).

Mio telegramma per corriere n. 109 del 7 corrente (1).

Il Cardinale Segretario di Stato mi ha invitato di andarlo a vedere stamane per parlarmi dell'Accordo itala-tedesco per le popolazioni tedesche dell'Alto Adige.

Il Cardinale Maglione ha premesso che arrivano giornalmente al Papa pressanti appelli dall'Alto Adige, invocanti il di lui intervento.

Il Pontefice ha veduto, intanto, i Vescovi di Bressanone e di Trento e ha raccomandato la calma e la prudenza.

Il Cardinale ha soggiunto che la Santa Sede dovrà pure rispondere. Il Papa desidererebbe, prima di prendere posizione, conoscere, se possibile, il testo dell'Accordo o almeno le disposizioni principali riguardanti le popolazioni allogene.

Ho dichiarato al Porporato che informerò V. E. del desiderio del Papa. Ho creduto bene d'insistere sulla importanza che ha per l'Italia il concluso accordo che avrà, in ogni caso, piena esecuzione. Ho fatto osservare al Cardinale che l'Accordo ha per noi un interesse capitale.

Il Cardinale Segretario di Stato ha ascoltato senza replicare. Egli ha, infine, espressa la speranza, a nome pure del Pontefice, che l'Accordo sarà applicato lentamente e con dolcezza.

Vi prego mettermi in grado di rispondere.

(l) Vedi D. 499.

582

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 183. Budapest, 15 luglio 1939 (per. giorno 17).

Mio telegramma per corriere 0182 (1).

Parlandomi del recente viaggio del Capo di Stato Maggiore Generale Werth a Berlino, sul quale erano corse voci che avevano anche sollevato un certo malumore ed apprensione in Polonia, il Conte Csaky mi ha escluso che siano state da lui trattate questioni di carattere politico. Il Gen. Werth si era occupato soltanto di problemi tecnico-militari e soprattutto di rifornimenti di materiale bellico. A tale scopo anzi è previsto il prossimo arrivo a Budapest del Generale Tamasz, capo del servizio tedesco dei rifornimenti di materiale bellico, per definire quali potranno essere i reciproci scambi di tale materiale, fra Germania e Ungheria.

Sembra che la nota proposta del Generale Werth, già trasmessa anche al nostro Stato Maggiore, circa la trasformazione in una collaborazione a tre (Italia, Germania, Ungheria) dell'attuale contemporanea collaborazione militare ungaro-italiana ed ungaro-germanica, non abbia trovato troppo consenzienti i tedeschi.

Il Generale Werth gli aveva confermato la sua impressione che ai primi di settembre i tedeschi sarebbero decisi a risolvere in un modo o nell'altro la questione di Danzica: essi, che avrebbero modo di essere perfettamente al corrente delle decisioni inglesi, non ritengono che l'Inghilterra interverrà. Anche se non si giungerà ad un conflitto, ciò non potrà non produrre però una grave ripercussione specialmente in questa parte d'Europa ed è principalmente per questo che il Conte Csaky vorrebbe venire prossimamente in Italia.

Nel corso della conversazione ha insistito sul fatto che Hitler e Ribbentrop sono in condizioni di essere esattamente informati di quanto accade nei circoli

dirigenti inglesi (secondo Csaky sarebbero anche perfettamente al corrente di ogni minimo atteggiamento italiano). Così già a suo tempo i tedeschi sapevano in modo positivo che l'Inghilterra non sarebbe intervenuta con le armi in difesa della Cecoslovacchia.

Il Conte Csaky mi ha detto poi che mentre V. E. avrebbe fatto già sapere il suo pensiero a proposito di una eventuale azione ungherese verso la Romania, nel senso cioè che il Governo italiano se ne sarebbe disinteressato, ed avrebbe lasciato fare, come di una questione che riguardava l'Ungheria, egli non sarebbe mai riuscito, finora, a conoscere il pensiero della Germania in proposito, malgrado reiterate insistenze.

(l) Vedi D. 547.

583

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 184. Budapest, 15 luglio 1939 (per. giorno 17) (1).

Mio tel. per corriere 0182 (2).

Parlandomi delle relazioni con la Jugoslavia il Conte Csaky, col quale al riguardo mi sono espresso secondo le direttive dell'E. V. e che del resto aveva avuto una analoga comunicazione per mezzo del barone Villani, mi ha detto che egli recentemente era stato di nuovo interessato da Cincar Markovié per addivenire a uno scambio di dichiarazioni concernenti le minoranze. Secondo Cincar Markovié, Gafencu gli aveva promesso a Turnu Severin di accettare :.:tnch'egli di procedere contemporaneamente ad un'analoga reciproca dichiarazione con l'Ungheria; ma, diceva Csaky, invece Gafencu si sarebbe ancora mostrato col Ministro di Ungheria a Bucarest contrario, soprattutto per riguardo all'opinione pubblica romena, a fare una simile reciproca dichiarazione che secondo lui sarebbe stata quasi unilaterale, data la sproporzione fra il numero degli ungheresi di Transilvania e dei cittadini ungheresi di razza romena entro i confini dell'Ungheria; Csaky aveva fatto sapere questo a Cincar Markovié, il quale mostrava tuttavia di voler ad ogni costo giungere a qualche risultato; aveva sempre ridotto l'importanza della dichiarazione, rinunciando anche a un proemio che avrebbe dovuto far cenno dell'amicizia fra le due nazioni, e tutto ciò per facilitare l'adesione ungherese sempre nei riguardi romeni: ora certo Csaky «avrebbe difficilmente potuto trovare delle nuove scuse per esimersi »; in ogni modo, mi ha detto, cercherà se non altro di guadagnare tempo.

(l) -Nella copia da cui è stato ripreso questo documento manca l'indicazione del giornodi partenza che probabilmente è il 15. (2) -Vedi D. 547.
584

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 186. Budapest, 15 luglio 1939 (per. giorno 17).

Il Conte Csaky mi ha detto di aver fatto domandare al barone Villani se gli era possibile di venire in Italia in forma privata per essere però ricevuto dal Duce e dall'E. V.

Suo vivo desiderio sarebbe di venire al più presto, anche prima del Generale Werth, che dovrebbe recarsi alle manovre ai primi di agosto. Egli ha insistito sull'importanza che annetteva al suo viaggio avendo ragioni di ritenere prossima una nuova crisi nell'Europa centrale.

585

IL MINISTRO AL CAIRO, MAZZOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 188/29. Bulkeley, 15 luglio 1939 (pe1·. giorno 18).

Telegramma di V. E. n. 101 in data 5 luglio corrente (1). [Mie Stefani Speciali n. 188-189-191 (2)].

La smentita della Legazione d'Egitto a Berlino ha avuto anche in questa stampa ampia diffusione. È stata anzi oggetto di speciale rilievo per una rettifica che è stata determinata dalla omissione della parola « pretesa » nella frase « non tende ad appoggiare o a rafforzare la pretesa politica di accerchiamento diretta contro la Germania».

Altre due smentite sono state diramate alla stampa da questo Ministero degli Affari Esteri a due articoli pubblicati dai settimanali Al Musawwar del 7 corrente e Rosa el Yusef dell'8 corrente. ·

Inoltre questo Presidente del Consiglio mi ha assicurato che anche la Legazione d'Egitto a Roma aveva avuto istruzioni analoghe a quelle che determinarono il comunicato della Legazione d'Egitto a Berlino e mi ha fatto cortesemente osservare che non era il caso di fare altre smentite.

Mohamed Mahmud Pascià mi ha inoltre confermato che, se nel viaggio del Ministro egiziano degli Esteri sono stati sfiorati problemi commerciali, dato che la bilancia del commercio turco-egiziano è molto favorevole alla Turchia, nessuna ragione per contro poteva esserci per accordi politici e militari dato che le relazioni fra l'Egitto e la Turchia sono improntate a spirito di cordiale amicizia e dato che l'Egitto, legato all'Inghilterra dal Trattato, non ha bisogno di ricorrere ad altri aiuti militari.

(l) -Vedi D. 477. (2) -Non pubblicate.
586

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINIS.TRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 30. Londra, 15 luglio 1939 (per. giomo 19).

In occasione della visita d'uso scambiata col signor Subotié nuovo Ministro di Jugoslavia a Londra, a seguito della presentazione delle sue credenziali, gli ho chiesto stamani se egli poteva darmi qualche notizia sulla annunziata prossima venuta del Principe Paolo.

Subotié mi ha detto che della visita egli era stato ufficialmente informato soltanto ieri sera, quando gli era pervenuto un telegramma da Belgrado annunciante l'arrivo per lunedì 17 luglio.

La visita -mi ha dichiarato Subotié -ha carattere privato; ed egli personalmente ne attribuiva il motivo al desiderio del Reggente e della Consorte di assistere ad una operazione cui dovrà sottoporsi il loro figlio minore Principe Nicola, attualmente in collegio in Inghilterra.

Subotié ha escluso comunque, rilevando a questo riguardo la stessa subitaneità della decisione, che si trattasse di una visita preparata o progettata, come sono generalmente le visite di carattere politico.

Il Reggente e la Consorte, i quali con l'occasione saluteranno anche la Duchessa di Kent (sorella della Principessa Olga), prima della sua partenza per l'Australia, saranno ospitati a Buckingham Palace.

587

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINIS.TRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 31 (1). Londra, 15 luglio 1939.

Il signor Subotié, nuovo Ministro di Jugoslavia a Londra, nel corso della visita d'uso scambiata a seguito della presentazione delle sue credenziali, mi ha intrattenuto stamane sulle sue prime impressioni sugli ambienti politici londinesi, e mi ha parlato di vari argomenti connessi con la presente situazione balcanica. Riassumo qui appresso ad ogni buon fine i punti principali di quanto egli mi ha detto:

l. Ambienti politici londinesi. Subotié mi ha detto che i contatti avuti con gli ambienti politici londinesi in questi ultimi giorni gli avevano dato questa precisa impressione: la situazione europea vista da Londra appare

momentaneamente migliorata, ma piena ancora di pericoli. Londra registra con sollievo questo senso di temporanea pausa, ma si rende conto che i grossi problemi sono ancora insoluti e che dovranno presto venire al pettine. Una strana unanimità di giudizi e di apprensioni nel pubblico si concentra sul prossimo mese d'agosto, come quello che dovrà assistere alla crisi decisiva dell'Europa.

2. -Italia, Jugoslavia e questione croata. Subotié mi ha detto essere stato a diverse riprese interrogato da inglesi per sapere se egli non pensasse che una qualche «influenza italiana» si andasse esercitando in Croazia e fomentasse l'agitazione degli elementi croati. Subotié ha aggiunto avere egli sempre risposto agli inglesi che così lo interrogavano, che escludeva nel modo più assoluto una simile possibilità, che il Governo Jugoslavo si fidava ormai nel modo più completo del Governo Fascista, e che riteneva anzi essere interesse dell'Italia avere alle proprie spalle una Jugoslavia forte, unita, amica. 3. -Jugoslavia ed eventuali prestiti britannici. Subotié mi ha detto che

la politica della Jugoslavia essendo ormai definitivamente orientata verso una «neutralità favorevole alle Potenze dell'Asse» -era da escludere che la Jugoslavia imitasse l'esempio di altri piccoli Stati, vogliosi di prestiti dall'Inghilterra e dalla Francia per facilitare l'acquisto presso queste due Potenze di materiale necessario per il riarmo. In questo senso Subotié mi ha detto anzi essersi espresso con inglesi ogni qualvolta l'occasione se ne presentava.

4. -Bulgaria ed eventuali prestiti britannici. Non così fermo, secondo Subotié, era in questo momento l'atteggiamento della Bulgaria. Subotié infatti, nell'accennarmi all'annunziata partenza per Sofia del Ministro di Bulgaria a Londra Momcilov, non ha escluso che egli si recasse nella sua capitale per riferire l'esito di sondaggi da lui compiuti in vista di una possibile inclusione della Bulgaria, sotto qualche forma imprecisata, nell'elenco degli Stati a cui potrebbero estendersi le facilitazioni e garanzie creditizie concesse dall'Inghilterra. 5. -Incontro Markovié-Kiosseivanov. Sull'ultimo incontro Markovié-Kiosseivanov, Subotié non aveva avuto ragguagli diretti dal suo Governo. Pensava che, a parte gli ovvi scambi di vedute di carattere politico, ma senza alcun particolare sensazionale risultàto, i due Ministri dovevano aver discusso questioni economiche. Qualche giornale aveva parlato addirittura di prossima unione doganale bulgaro-jugoslava, provocando vive immediate reazioni in Romania, Parigi e a Londra. Subotié escludeva, anche per la similarità delle due economie, ogni possibilità di unione doganale, ma intravedeva molte possibilità di intesa fra Sofia e Belgrado per un'azione parallela e solidale sui mercati esteri, evitando una inutile concorrenza fra di loro, e avvantaggiandosi entrambi di questo migliore inquadramento delle loro rispettive espansioni commerciali.

(l) Il documento, proveniente dalla collezione dell'Ambasciata italiana a Londra, è senza numero e senza data. Da confronti fatti con la Raccolta di Telegrammi esistente presso l'Archivio Storico si ha ragione di ritenere che porti questo numero e abbia la data di un D. mancante. Vedi in proposito D. 633.

588

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATO 5290/1612. BerUno, 15 Zuglio 1939.

Mi riferisco al mio telegramma odierno n. 426 (1).

Il Segretario di Stato von Weizsacker mi ha ora consegnato, perchè venissero

portati a conoscenza della E. V., i testi della lettera che il sig. Bonnet ebbe ad

inviare in data 1° luglio u. s. al sig. von Ribbentrop, a mezzo dell'Ambasciatore

del Reich a Parigi, Conte Welczeck, e della lettera di risposta di von Ribbentrop

che verrà oggi consegnata al Quai d'Orsay. Tale consegna, come ho accennato

nel mio telegramma, non avverrà a mezzo di una nuova visita di Welczeck a

Bonnet ma semplicemente a mezzo di lettera che verrà data «brevi manu » agli

Uffici del Ministero degli Esteri di Francia. Date le giornate festive francesi che

vanno dal 14 al 16 luglio si prevede che Bonnet non potrà prendere conoscenza

del contenuto della lettera prima di lunedì 17 p. v.

Nel commentarmi il testo della risposta di von Ribbentrop, von Weizsacker

aggiungeva che nel complesso Bonnet avrebbe fatto meglio a non inviare la sua

lettera, tanto più che in essa egli non aveva fatto che ripetere ancora una volta

quanto si era sentito pronunciare tante volte dalla tribuna della Camera dei

Comuni!

Ripeto che di tale scambio di lettere non verrà fatta alcuna menzione sulla

stampa.

589

IL MINISTRO A BAGDAD, GABBRIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. n. (2). Bagdad, 15 luglio 1939.

Non è facile conoscere l'orientamento di questa opinione pubblica verso un avven1imento di carattere internazionale, anche se questo avvenimento può avere dei riflessi nella vita del Paese, poichè la immaturità di questa gente a seguire le vicende della politica mondiale viene fossilizzata da una stampa indigena scialba, incolore, senza base di cultura, con una visuale a corto orizzonte e soffocata dalla censura governativa. Nessuna luce quindi dai giornali locali. Il recente patto anglo-turco non ha avuto così l'onore di essere portato al giudizio del pubblico irakiano: Ambasciata Britannica e Governo di Nuri Said che, almeno in politica estera, sono la stessa cosa, hanno voluto gettare il silenzio sull'avvenimento per tema di possibili reazioni; non per quello che il patto porta con sè, ma per quello che può riservare all'Iraq per il futuro.

Negli ambienti arabi musulmani che si arrogano il diritto di fare della polit'ica e soprattutto dalle personalità locali più in vista che già hanno avuto

e che riavranno la responsabilità del potere, del patto si è parlato e se ne parla

tuttora.

In fondo, l'accoglienza fatta da ciascuno all'accordo assume un duplice

aspetto; favorevole se viene esaminato dal punto di vista irakiano, contraria

se viene esaminato dal punto di vista arabo.

Ora, s'iccome è più agevole e senza pericolo per ciascuno manifestare la

impressione irakiana e mettere prudentemente in sordina la seconda, si finisce

per credere che l'intonazione generale dei commenti sia favorevole all'evento.

In Iraq si respira la paura della Turchia. Tutti i suoi atteggiamenti politici

verso la Turchia sono impostati sulla paura.

L'ombra minacciosa della grande vicina del nord si profila sui destini di questo giovane Stato che si pensa un giorno veramente libero e indipendente. Troppo ha subìtJo l'ascendente morale turco nei superiori strati sociali e politici della Nazione, troppo si è lasciato scaldare dal fascino delle nuove correnti modernizzatrici che defluiscono dal Bosforo per non sorvegliare con apprensione malcelata la marcia verso le vie dell'Oriente che la Turchia si è aperta col patto asiatico e la sua sottile calcolata penetrazione 'in terre di antico dominio e di recente rivendicazione.

L'Iraq ha dinanzi agli occhi lo spettro di una Turchia che, attraverso le garanzie, persegue il sogno ambizioso di riprendere le posizioni che l'Impero dei Sultani aveva nel mondo arabo, di una Turchia che con il Corano e senza il Corano, voglia cupidamente ricostruire sulle rovine asiatiche dell'Impero Ottomano.

Con la stipulazione del patto anglo-turco l'Iraq crede di sentirsi più riparato. Esso pensa che la sua grande alleata, che deve all'occorrenza difenderlo, avrà ora più di prima la possibilità di rallentare la pressione della Turchia sulle frontiere irakiane, di smorzare i suoi disegni politici di accerchiamento ferroviario dal Nord, di arginare la sua invadenza sulle zone di Aleppo e del Gezirah, di togliere dagli occhi il miraggio di Mossul e di rafforzare l'autorità del patto di Saad-Abad sul quale l'Iraq poggia per consolidare la sua posizione politica di fronte alle altre nazioni arabe e musulmane.

Questa tensione degli spiriti irakiani serve alla duplicità della politica inglese per tenere in soggezione continua il Governo di Bagdad e le tribù più influenti e per dimostrare loro la necessità della permanenza di forze militari britanniche all'eventuale difesa del Paese.

AnZi lo spauracchio del pericolo turco venne agitato dinanzi all'opinione pubblica irakiana da agenti dell'Intelligence Service durante il periodo acuto della crisi dello scorso settembre, coll'evidente scopo di far comprendere che l'appoggio dell'Inghilterra è un fattore indispensabile per la protezione e la integrità dell'Iraq.

E l'Iraq, come tutti i popoli orientali, afferra il vantaggio dell'oggi e, senza pensare al domani, res:p'inge volentieri nell'ombra timori e sospetti.

Ma questo Paese non può rinnegare la tradizione araba di Re Faisal e, se pure il movimento nazionale vi abbia subìto una battuta di arresto con la rapida scomparsa di colui che ne era stato il vero centro propulsore, l'idea panaraba rimane e va fermentando nel lievito delle lotte per l'indipendenza palestinese e siriana.

Francia e Inghilterra sono oggi gli imperiti manovratori di una forza di cui è impossibile accertare da adesso la portata e la direzione d'i marcia.

Come arabi è naturale quindi che gli irakiani non possano vedere in luce favorevole l'accordo dell'Inghilterra con la Turchia. Essi sanno che il prezzo di questo accordo è pagato dalla Turchia per mezzo del patrimonio siriano e che il mercato dei popoli arabi viene fatto per scopi imperialistici da chi era stato incaricato di vegliare ai loro diritti e alla loro sicurezza; essi sono convinti che il sacrificio di Alessandretta è stato favorito dall'Inghilterra per tenere il più possibile lontano il panarabismo dalle sponde del Mediterraneo, essi paventano che lo stab'ilirsi di uno spazio di copertura turca sulla Palestina, la zona del Canale, le frontiere terrestri dell'Egitto corrobori le velleità minacciose degli antichi dominatori sul mondo arabo dell'Asia. Mandando a ritroso il corso della storia si rendono sterili le lunghe lotte sanguinose da cu'i si era sperato la libertà e l'indipendenza.

L'abilità di intrigo dell'Inghilterra mette la Francia nel Levante mediterraneo di fronte a fatti compiuti. La stessa abol'izione del mandato sull'Iraq e la firma con esso di un patto di alleanza che non è in pratica che uno strumento di dominio, ha servito a rendere la posizione della Francia più difficile e precaria nei paes'i sottoposti al suo mandato. Oggi l'Inghilterra, per forzare la Francia a cedere Alessandretta alla Turchia, di cui intende fare una sicura base navale, e stracciare così l'ultimo brano di prestigio politico che rimane alla Francia in Siria, ha preceduto la Francia sottoscrivendo l'accordo con la Turchia ed ha lanciato rapidamente nuove decisioni per la soluzione della questione palestinese colle quali vuole consolidare la propria posizione nel Mediterraneo negando agli arabi palestinesi una vera indipendenza statale.

La Gran Bretagna sa che colla cessione del Sangiaccato la Siria verrà a pagare il costo dell'alleanza e che questo sacrificio vien da lei addossato alla Francia la quale si presta al turpe mercato per acquistare una illusione di sicurezza.

Scopo dell'Inghilterra è di distruggere ogni buona riputazione francese nel mondo arabo levantino ed alienare alla Francia l'amicizia di mil'ioni di musulmani, scalzare con arti subdole le posizioni faticosamente acquistate dalle altre Potenze europee nelle zone d'Oriente sia sotto il suo dominio che sotto la sua influenza più o meno diretta; per rimaner sola senza concorrenti e l'unica amica ed alleata del mondo arabo e musulmano.

E la politica della macchina pneumatica rarefà l'aria nello spazio in cui agisce, fa il vuoto intorno a sè. Lo stesso inventore inglese del vuoto pneumatico non avrebbe mai supposto che un simile ritrovato scientifico potesse un giorno applicarsi ai sistemi della politica del suo Paese nel mondo.

(l) -Vedi D. 579. (2) -11 documento, probabilmente Rapporto, proviene dall'Archivio dell'Ambasciata di Londra, cui fu ritrasmesso con Tel. 228446/C in data 7 agosto.
590

IL MINISTRO A KAUNAS, DI GIURA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 31. Kaunas, 16 luglio 1939 (per. ore 3,30).

Questo Ministro degli Affar'i Esteri ad interim mi ha detto stamane essere completamente infondate voci circa garanzia integrità indipendenza nazionale che Polonia avrebbe dato unilateralmente alla Lituania. Durante la visita del Capo dell'esercito lituano a Varsavia, Beck ebbe soltanto ad asserirgli nel corso di una conversazione che la Polonia avrebbe strettamente rispettato integrità indipendenza Lituania. Questo Ministro degli Affari Esteri ad interim mi ha aggiunto che la Lituania è decisa difendere tale integrità con ogni mezzo in suo potere ed ha ricordato con vivo compiacimento esistenza esauriente patto di non aggressione con Germania contenuto nell'articolo 4 accordo per Memel. Egli ha tenuto poi felicitarsi che Lituan'la non sia stata mai menzionata fra i Paesi Baltici che U.R.S.S. intenderebbe garantire ed ha spiegato fortunata omissione con circostanza che Lituania non confina con U.R.S.S.

591

IL CONSOLE A TIENTSIN, STEFENELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 33. Tientsin, 16 luglio 1939, ore 8 (pe1·. ore 3,40).

In occasione inizio conferenza Tokio, locali Autorità militari giapponesi hanno voluto reiterare in pubblico dichiarazione loro scetticismo in risultato conversazioni nippo-britanniche e sempre più decisa determinazione inasprire misure antibritanniche in corso se Governo inglese non rinunzierà alla sua politica.

Contemporaneamente, Capo Governo provvisorio Pechino, evidentemente dietro istruzioni del Quartier Generale giapponese, durante intervista alla stampa non ha fatto mistero scarsa simpatia suo Governo verso movimento WangChin-Wei e formazione nuovo Governo Federale Cinese.

L'una e l'altra manifestazione sono qui interpretate quali chiare indicazioni atteggiamento di queste Autorità militari nipponiche che è in netto contrasto con azione diplomatica Governo giapponese, e ciò nella preoccupazione che accordo anche parziale con Gran Bretagna e costituzione nuovo governo cinese potrebbero rappresentare minaccia autonomia loro politica militare sul continente.

592

IL MINISTRO A LISBONA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATISSIMO 2399/804. Lisbona, 16 luglio 1939.

Sono stato ricevuto ieri dal Presidente Salazar, per presentargli a nome dell'Istituto Nazionale per le Relazioni Culturali con l'Estero -organizzatore della Mostra del Libro Italiano recentemente tenutasi con tanto successo in Lisbona, Oporto e Coimbra -la riproduzione ad opera dell'Istituto Poligrafico dello Stato del Codice Oraziano Mediceo della Laurenziana.

Un'altra opera, l'edizione principe della Villa dei Misteri di Majuri, era g1a stata presentata a S. E. il Generale Carmona, Presidente della Repubblica. E un altro pregevole volume sarà pure presentato al Ministro dell'Educazione Nazionale.

Il Presidente Salazar ha ammirato l'edizione pregevolissima con attenzione di intenditore ed era evidente quanto la gradiva, dal suo atteggiamento come dalle sue parole.

Quindi ha egli stesso iniziato una conversazione nella quale mi ha trattenuto con molta cordialità, per quasi un'ora e mezza.

Come fa spesso, ha cominciato con la situazione internazionale. Salazar non è stato mai ottimista. Non è neppure un allarmista ed egli stesso nei suoi discorsi ha combattuto la «psicosi di guerra » come la campagna di falsi rumori e di menzogne stampa. È un uomo che nella sua filosofia -che tante cose trae ormai dalla Dottrina Fascista -riconosce anche che la pace non può essere eterna e che il partito più ragionevole è cercare di conservarla più a lungo possibile. Ma è soprattutto la situazione particolarissima del suo Paese che costantemente lo preoccupa. Piccolo, debole, assolutamente impreparato, incapace in caso di conflitto a difendere la neutralità che Salazar vorrebbe. La riorganizzazione iniziata dal « Dittatore involontario », e della quale vanno riconosciuti tutti i meriti, procede con una lentezza che non è pari all'ora che volge.

In sostanza la parte centrale del giudizio di Salazar sull'ora presente sembra persistere in un'incognita tedesca. « Dove va la Germania? Che cosa vuole ancora? » queste sono le domande che si pone. Sembra persuaso che la Germania vuole altri territori in Europa oltre che le colonie (ha ripetutamente accennato all'Ucraina) ed in tal caso ritiene che la guerra sarà inevitabile, a meno che non intervenga l'Italia con latino spirito moderatore presso l'alleata. Due volte ha ricordato l'opera del Duce per Monaco con parole di profonda ammirazione.

È naturalmente inutile ch'io accenni neppure agli argomenti che da parte mia ho svolto per dimostrare al Presidente Salazar che l'aggressione è se mai dall'altra parte, nel tentativo cioè di accerchiamento degli Stati Totalitari da parte delle cosidette democrazie. Ciò che interessa è il pensiero e la reazione di Salazar.

È curioso notare innanzi tutto che egli ammette quasi tutti i dati che la realtà impone in favore dell'Italia e della Germania. Riconosce tutta la serie fatale di errori della politica franco-britannica nei riguardi dell'Italia e da ultimo l'ostinato rifiuto francese a discutere le questioni da noi precisate e che, secondo la sua stessa espressione, potrebbero essere facilmente affrontate e risolte; ricorda egli stesso che Danzica è città incontestabilmente tedesca, e che soltanto dei pericolosi teorici potevano compiere il tentativo di dividere uno Stato come la Germania mediante il cosidetto Corridoio polacco; giudica che in tali condizioni la proposta di Hitler di una strada con adeguata formula sotto sovranità tedesca è non soltanto equa ma, nelle circostanze attuali moderata; non ha esitazioni nello stigmatizzare egl'i, l'alleato dell'Inghilterra, l'immoralità, l'ignominia ed il pericolo delle trattative con i Soviet. Non si spiega questa ostinazione così deleteria al prestigio dell'alleata. S'i pone d'improvviso questa domanda che evidentemente risente del ricordo della vecchia paura polacca come di certi accenni stampa di questi giorni che trovano facile strada nel suo spirito analitico, vigile e diffidente: « Teme l'Inghilterra, o veramente già sa che Germania e U.R.S.S. stanno mettendosi d'accordo?».

Ma ammesso tutto ciò -gli elementi singoli -il primo giudizio non varia. Le ragioni ne sono complesse e furono più volte ripetute. È il contrasto continuo e drammatico di questo Paese, alleato dell'Inghilterra e portato con tutta la forza della sua latinità e del suo risveglio nazionale, del suo stesso deciso anticomunismo verso di noi. Salazar lo rispecchia in pieno. Il Portogallo è Paese autoritario ma non osa essere totalitario. Aborre dalle democrazie, ma mentre ha confidenza in noi teme i tedeschi. Spiritualmente, Salazar è tanto vicino a noi quanto lontano dal germanesimo di oggi. Non appartiene -o non vorrebbe -ad alcuno dei due gruppi che stanno di fronte. Di fatto è formalmente vincolato (e non può svincolarsi) ad uno dei Paesi delle cosidette grandi democrazie ma con mille legami tende soprattutto a due sull'altra sponda: Italia e Spagna. È sulla cresta dell'onda. Dove andrà? L'equilibrio che Salazar cerca appare ai suoi occhi impresa ogni giorno più disperata. La domanda che ancora molti si pongono se Salazar sia anglofilo o no è in qualche modo oziosa e in gran parte superata. Salazar non è certamente anglofilo e lo ha ripetutamente provato. Ma rispetta onestamente l'alleanza da cui non può sciogliersi, anche se ne sente tutto il peso. L'ha posta su un piede di parità che spesso è stato di frizione specie durante la guerra di Spagna. Ha pagato ciò con un attentato contro la sua v'ita ed almeno due complotti per rovesciarlo dal potere, di pretta marca britannica.

Non è un mistero per nessuno che il piano inglese è in caso di conflitto di rovesciare Salazar nella prima settimana per impedire la neutralità portoghese. Se potranno riuscirvi è un'altra questione. A guerra di Spagna finita cerca un equilibrio. Ma la stessa situazione interna del Paese è sempre tutt'altro che sicura.

Come già rilevato, il progresso realizzato dal Governo Salazar è costante ma lentissimo. Salazar è uno scienziato di alta intell'igenza come fu un professore di fama, è un amministratore di proverbiale onestà e di scrupolosa parsimonia, è un patriota ardente, ma non è un capo nè un uomo politico nè per scelta nè per temperamento.

Le questioni sociali sinora non affrontate che in misura minima, la dura e crescente crisi economica danno terreno propizio alla massa indubbiamente larga anche se per ora forzatamente inattiva degli elementi comunisti in questo paese. Tra gli stessi fedeli d'i Salazar che mai ha voluto un vero partito vi sono frazioni diverse. Vi è una cosidetta «ala marciante » o estrema destra che vorrebbe lo Stato Totalitario che viceversa è sempre ferma perchè Salazar non solo non la incoraggia, ma la reprime. Teotonio Pereira è l'esponente più noto ed uno dei più acces'i di tale tendenza e quando si agitò troppo fu inviato come Ambasciatore in Spagna. A questo proposito è interessante ricordare quanto il

R. Ambasciatore ·in San Sebastiano riferiva a V. E. con il rapporto cortesemente inviatomi per conoscenza in data 3 giugno u. s. circa 'il programma di Teotonio Pereira e Serrano Sufier « per un orientamento portoghese verso

l'Asse». Più sopra ho precisato dal canto mio qual'è l'attitudine di Salazar verso l'Inghilterra, e riferisco più oltre ciò che egl'i attende dalla Spagna.

L'Inghilterra si è affrettata ad interpretare come favorevolissime le dichiarazioni recenti di Salazar. Era un voluto ottimismo. Per avere un'idea delle preoccupazion'i inglesi verso l'alleata, e in relazione all'intensa propaganda che Italia e Germania stanno qui svolgendo, basta ricordare un bollettino Havas del 16 giugno (che la censura locale non ha lasciato pubblicare dalla stampa) che riproduce un sintomatico grido di allarme del Daily Telegraph e Morning Post -corrispondente di Lisbona -[vedi telespresso di V. E. n. 219097/65 del 20 giugno u. s. (1)]. La realtà e l'efficienza della nostra azione, che è tanto più accorta in quanto non cerca sovvertimenti immediati di linee della politica esterna locale, è così evidente che neppure tutti i frequenti veli del Times e di altri giornali simili riescono a mascherarla.

Ho dovuto soffermarmi sulla situazione e sull'uomo che governa il Portogallo e, per quanto è possibile, analizzarli, ripetendo necessariamente elementi già noti di una situazione che evolve lentamente, ma che trae la sua origine e la sua conseguenza da tali elementi base della complicata e difficile posizione portoghese. Ritengo che tale premessa valga soprattutto in relazione ai due punti più importanti di quanto Salazar mi ha detto.

Per un momento Salazar ha descritto quella che nel suo pensiero sarà la catastrofe se scoppiasse un conflitto. È singolare che non ha menzionato vite umane, stragi, patimenti e altri luoghi usati.

« Per un periodo di tempo che forse sarebbe contato in anni tutti gli Stati saranno ridotti ad una immensa, ad una sola caserma. Vi sarà una distruzione spietata dell'ultima ricchezza che ancora ci rimane, e che è ben lontana da quella che dovette sopportare l'onere della Grande Guerra. Il risultato sarà l'avvento del comunismo e non avremo evitato 11 supremo pericolo che abbiamo combattuto per anni». Ecco il vero timore. Ho cercato di riprodurre quanto più fedelmente le ricordo le sue parole. Ma nulla potrà riprodurre l'accento e la veemenza della sua diatriba, quando si è scagliato contro il comunismo. Era l'odio irreducibile ed eterno, la lotta impegnata per sempre, era qualche cosa come l'anatema della Chiesa. Abbiamo avuto con noi Salazar durante la guerra di Spagna. Io penso che lo avremo ancora ogni qualvolta giuochi la minaccia comunista.

Il secondo elemento è questo. Tutto il discorso di Salazar conferma che in caso di conflitto la sua mira è mantenere il Paese neutrale. Ha detto senza reticenze: «Lo potremo se la Spagna rimarrà neutrale, ma rimarrà?». Egli stesso comprende che molto probabilmente è un'altra illusione, e in ogni caso ne dubita. Senza dirlo a parole ha chiaramente accusato un colpo confermando gli elementi già noti. Con il patto di amicizia e non aggressione !uso-spagnolo il Portogallo credette (ed era illusione anche questa) di aver raggiunto la sicurezza. L'adesione quasi immediatamente successiva della Spagna al patto anticomunista ha segnato un risveglio tanto più duro in quanto il Portogallo ne rimase ferito anche moralmente visto che rimaneva indietro dopo tante professioni di fede anticomunista. Se avrebbe potuto è un'altra cosa. Salazar ha

una forza di analisi non comune. Gli elementi dell'attitudine spagnola, la portata, la risonanza ed i risultati della visita di V. E. in Spagna, sono ben lungi dallo sfuggirgli.

Ma in ogni caso, a parte la diretta conferma di Salazar e per quanto egli stesso non si faccia illusioni in proposito, la carta della neutralità spagnola è troppo spesso giuocata dal settembre in poi in questo Paese che viene continuamente aumentando la sua importanza di primo piano come settore atlantico della penisola iberica. È ovvio che merita ogni nostra attenzione.

Su altri importanti punti della conversazione, quali le forniture di materiale bellico e la situazione dell'intercambio itala-portoghese, ho l'onore di riferire con separati rapporti.

(l) Non pubblicato.

593

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 79. Ankara, 17 luglio 1939, ore 15,15 (per. ore 19,15).

Nota italiana diretta al Governo francese circa la questione dell'Hatay non ha suscitato per ora in questi ambienti ufficiali alcuna reazione. Tutti i giornali ne hanno riprodotto il testo accompagnandolo da sporadici commenti nei quali si insiste soprattutto sul concetto che l'Italia non ha diritti acquisiti di intervenire in nome dei principi della Società delle Nazioni che essa ha abbandonato. Si mette inoltre in evidenza che diritti su Hatay vennero sempre riconosciuti: quel che oggi è stato fatto è solamente la restituzione di un pegno: il malcontento dell'Italia e della Germania sarebbe dovuto esclusivamente al fatto che la questione è stata decisa in via pacifica e non in seguito a conflitto di cui esse avrebbero profittato. Infine si vuole dare alla nota italiana valore di un precedente per non riconoscere l'occupazione dell'Albania e della Cecoslovacchia.

Il commento dell'Havas sulla fredda accoglienza riservata a Parigi alla nota italiana è riprodotto da questa stampa che lo approva. Si delinea una campagna di stampa tendente a rivendicare il Dodecanneso.

594

IL MINISTRO A HELSINKI, BONARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 50. Helsinki, 17 luglio 1939, ore 20,22 (per. ore 21,10),

Nella mia odierna prima visita ufficiale a questo Ministro degli Affari Esteri egli mi ha detto che informazioni pervenutegli da Mosca gli consentono ritenere che i negoziati con le Potenze democratiche siano lungi dalla loro conclusione.

Governo finlandese, ha aggiunto, è sorpreso e rattristato dallo spettacolo dei francesi e soprattutto dall'Inghilterra la quale ultima diminuisce suo prestigio in una trattativa destinata solo a procurarle sorpresa e delusione.

595

IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI

T. 470/185 R. Roma, 17 luglio 1939, ore 22,30.

Vostro 0186 (1).

Sta bene circa Csaky e sua udienza Duce. Si resta in attesa conoscere data viaggio. A Villani, quando ce ne avrà fatto richiesta, risponderemo in senso analogo.

596

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 113. Berlino, 17 luglio 1939 (per. stesso giorno). Da Ministro di Bulgaria a Berlino mi è stato riferito che, a Bled, Kiosseivanov avrebbe spinto il Principe Paolo ad uscire dall'Intesa Balcanica. Il Principe Paolo avrebbe risposto negativamente adducendo che, restando nel

l'Intesa, la .Jugoslavia può più facilmente «controllarne» la direzione. La risposta è stata, da parte bulgara, trovata troppo sottile ed evasiva.

597

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 1827/2171. Parigi, 17 luglio 1939. Questo Ambasciatore di Turchia è stato trasferito a Teheran. Vecchia conoscenza di Roma, dove rimase per parecchi anni come Ambasciatore, Suad Davaz è venuto oggi a congedarsi da me. Era furioso per il suo trasferimento in Persia avvenuto quando proprio egli credeva di meritare una ricompensa per aver stipulato l'accordo francoturco circa la cessione di A.lessandretta. Ho approfittato dell'occasione per fargli osservare il grave errore in cui è caduto il Governo turco mettendosi dall'altro lato della barricata e gliene ho illustrate le ragioni, auspicando però che un giorno o l'altro sotto la pressione degli avvenimenti vi possa essere qualche resipiscenza da parte della Turchia. La questione di Alessandretta, gli ho detto, è venuta oramai a far parte delle questioni politiche generali che dividono i due blocchi formatisi in Europa e quindi la Turchia non può meravigliarsi dell'atteggiamento che ha preso l'Italia a tale riguardo e dei suoi futuri eventuali sviluppi. Suad Davaz mi ha fatto grandi proteste di amicizia per l'Italia e di comprensione del nostro punto di vista, ma naturalmente ciò ha poca o nessuna importanza.

(l) Vedi D. 584.

598

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. SEGRETO 5320/1625. Berlino, 17 Zuglio 1939.

Ritorno in questo momento da Monaco ove ho assistito al Festival artistico. Nulla di interessante da riferire in proposito oltre quello che hanno ampiamente riportato i giornali e S. E. Alfieri direttamente riferito, salvo la presenza -molto notata -fra gli altri -invero non numerosi -membri del Corpo diplomatico, dell'Incaricato d'Affari sovietico, il quale accenna a voler uscire dall'isolamento cui si era condannato finora e cercare contatti. Ha salutato anche il Fi.ihrer.

Il Fi.ihrer ha costituito naturalmente la figura centrale di tutte le cerimonie. Ma non è apparso affatto in forma. Il giorno del discorso -senza calore nè contenuto -era particolarmente pallido e quasi disfatto. I suoi più intimi assicurano che egli ora dorme meno che mai. Evidentemente, è sotto l'assillo di qualche preoccupazione che lo assorbe e lo domina. Nei momenti di svago si occupa della «linea » dei propri Gauleiter. Dice che mangiano e ingrassano troppo. Li vuole chiamare a rapporto per predicar loro la moderazione e l'astinenza.

Contrariamente alle aspettative, Ribbentrop non è comparso. Sembra che anche lui -è Himmler che lo dice -soffra un po' di esaurimento nervoso e dorma poco.

In assenza sua, ho dato direttamente al Fi.ihrer la risposta del Duce circa la data dell'incontro (4 agosto). Ne è apparso molto soddisfatto. Rimaneva un punto, per me molto importante, da accertare e cioè se egli si rendesse conto che, in attesa dell'ormai imminente consultazione col Duce, era necessario che egli si astenesse dal prendere decisioni ed addivenire ad azioni capaci di pregiudicare i risultati dell'incontro.

Mi preoccupavo, come è ovvio, di quello che potesse avvenire per Danzica. Una qualunque azione di carattere provocatorio che accadesse colà prima del 4 agosto, lilarebbe, a mio parere, fuori luogo. Era questo che dovevo trovare il modo di far capire, anche per salvaguardare la piena libertà di giudizio e di azione del Duce, soprattutto dopo la risposta di Ribbentrop a Bonnet.

Mi è servito allo scopo Hewel, l'ufficiale di collegamento fra Ribbentrop e il Fi.ihrer, di cui è stato compagno di prigionia e ora spesso condivide le lunghe deambulazioni notturne a cui il Fi.ihrer si abbandona in cerca di requie. Gli ho spiegato la situazione, egli l'ha compresa e trovato perfettamente giusto il mio punto di vista. Messosi in comunicazione telefonica con Ribbentrop ed avutone l'assenso, egli stesso si è incaricato di richiamare opportunamente sulla cosa l'attenzione del Fi.ihrer.

Credo che lo farà oggi stesso.

Da Hewel ho avuto la conferma che effettivamente a Danzica qualche cosa si preparava, e ciò per il 28 corrente, in occasione dell'arrivo del Konigsberg. Sembra però che il Fi.ihrer sia per rinunciare all'idea e forse farà rinviare la stessa visita dell'incrociatore.

Non risulta, del resto, che il Fi.ihrer si sia ancora egli stesso orientato in un senso determinato. Egli annette una importanza pressochè decisiva alla attitudine

29 -Documenti diplomatici-Serie VIII -VoL XII

che sarà per assumere in definitiva l'URSS. Nè avrebbe idea di tentare un colpo su Danzica o sul Corridoio se non quando avesse la certezza di poter « isolare » la Polonia.

Senonchè -siamo sempre lì -fra i suoi consiglieri più intimi non manca chi, come Ribbentrop e come Himmler, assicurano che Francia e Inghilterra non si muoverebbero in nessun caso. Goebbels, ritenendo con ciò di innalzarsi agli occhi del Fiihrer, rincara la dose. Per fortuna, tuttavia, non manca neppure chi consiglia il Fiihrer in senso contrario. Uno di questi è proprio Hewel, il quale è sicuro che mentre, fra tre o quattro mesi, la situazione potrà cambiare, adesso, invece, Francia e Inghilterra non potrebbero a meno di accettare la sfida.

Hewel mi diceva concludendo che di tutto questo il Fiihrer parlerà e discuterà col Duce al quale aprirà sicuramente il suo pensiero anche più -data l'immensa considerazione che egli ha per l'Uomo -di quanto non abbia fatto finora con gli stessi suoi più intimi.

Intanto, bisognerà incominciare a preoccuparsi dei preparativi per il 4. Sembra preferito l'incontro in treno. Ma, allora, bisognerà trovare il modo di isolare il treno in qualche angolo, lontano dal traffico e possibilmente fresco.

L'incontro si dovrebbe, naturalmente, concludere nel giro di poche ore.

Telegraferò ulteriormente.

P. S. -Hewel mi ha confermato che la risposta del Duce a sir Loraine, è piaciuta al Filhrer moltissimo.

599

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 3571/1490. Sofia, 17 luglio 1939.

Mio telecorriere 0106 del 10 corrente (1). Una casuale conversazione che ho avuta con una persona assai grata a questa Real Corte, e alquanto vicina alla persona del Sovrano, il Signor Ivan

T. Balabanov, importante industriale bulgaro, getta qualche luce sugli avvenimenti di questi giorni, e mi sembra pertanto meritare di essere riferita, tanto più che il fatto che i Sovrani soggiornano attualmente nelle montagne di Ciam, non lungi da una villa dello stesso Balabanov, dà a questi più frequenti occasioni in questi giorni di vederli nell'intimità.

Il Signor Balabanov mi ha parlato assai severamente dell'« iniziativa » del Presidente della Camera Moscianov di recarsi a Parigi e Londra. Mi ha detto che era anzi intenzione del medesimo di far coincidere il suo arrivo a Parigi con quello di Kiosseivanov a Berlino, e che se nondimeno un rinvio di qualche giorno si era verificato, ciò era dovuto alle insistenze fattegli dal Generale Panov, Capo della Cancelleria Reale, per dissuaderlo dal viaggio. Tanto più, data la completa mancanza di iniziativa, anzi di personalità, del Generale Panov, è naturalmente da sottintendere che questi agiva per incarico; e sotto quest'aspetto

quanto mi riferiva il Signor Balabanov coinciderebbe con quanto ebbe a dirmi Kiosseivanov, ed io comunicai all'Eccellenza Vostra con mio telegramma per corriere n. 0110 (1), in merito a dei passi esperiti dal Re Boris per impedire il viaggio in argomento.

Osservo tuttavia che date le modestissime capacità e la pochissima autorevolezza del Generale Panov, non sembrerebbe troppo credibile che si potesse mai nutrire molte speranze di successo dell'incarico affidatogli.

Il Signor Balabanov ha poi continuato deplorando gli atteggiamenti del Presidente della Camera bulgara a Parigi, che già avrebbe ivi avuto contatti con personalità politiche britanniche e francesi, e avrebbe altresì preso parte nella· tribuna presidenziale alla dimostrativa rivista del 14 luglio, come riferirebbe il comunicato Havas di stessa data, che qui si sarebbe dato ordine, come effettivamente appare dal testo diramato dall'Agenzia Telegrafica bulgara, di mutilare del nome di Moscianov che vi sarebbe apparso fra quello degli altri ospiti esteri presenti alla manifestazione.

Mi ha soggiunto infine, confermandomi così un accenno già fattomi dallo stesso Kiosseivanov nello stesso senso, che il Governo bulgaro, per evitare che comunque le proprie rappresentanze a Londra ed a Parigi potessero trovarsi nella circostanza a prestare alcuna partecipazione e conferire alcuna autorità all'attività di Moscianov, aveva chiamato qui a conferire i Ministri di Bulgaria in quelle due sedi. Effettivamente sia l'uno che l'altro sono testè giunti a Sofia.

Spontaneamente poi il Signor Balabanov mi ha parlato, facendo qualche personale riserva, del comunicato finale dell'incontro di Bled, e dalle sue parole appariva chiarissimo come egli interpretasse le direttive della politica estera bulgara tali da non poter prescindere da quelle della politica jugoslava.

Ho creduto perciò di osservargli che mentre mi compiacevo vivamente degli ancora una volta riconfermati buoni rapporti fra i due Stati slavi, non sapevo trarne tuttavia le conseguenze di quella stretta interdipendenza, di cui egli mi parlava, fra le due politiche, date le notevoli differenze di posizioni e di problemi, che dovrebbero, a mio modo di vedere, e specie dopo il viaggio di Kiosseivanov a Berlino, dare un più diretto impulso ai rapporti fra la Bulgaria e l'Asse.

Il Signor Balabanov, assentendo a quanto gli dicevo, è rimasto pensieroso, e mi ha lasciato intendere che avrebbe occasione di esporre questo mio modo di vedere.

(l) Vedi D. 523.

600

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 510. Tokio, 18 luglio 1939, ore 12,20 (per. ore 7,30).

Vice Ministro mi dichiara che conferenza nippo-inglese a Tokio avrà luogo solamente se conversazioni preliminari Craigie-Arita saranno favorevoli. Mi ha fatto comprendere non credervi.

(l) Vedi D. 559.

601

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 430. Berlino, 18 luglio 1939, ore 14,19 (per. o1·e 15,30).

Nel telegramma di V. E. n. 265 (l) si accenna a S. E. Gen. Valle, mentre fino ad ora autorità tedesca ha assicurato che trattative sarebbero state condotte da S. E. Gen. Pariani.

Sta in fatto che, con questo palleggio di competenza e di responsabilità, qui la cosa non ha fatto alcun passo.

Ho quindi bisogno di sapere esattamente quale sia l'autorità tedesca con cui questione è stata originalmente trattata e da chi, e soprattutto chi precisamente abbia preso «impegno » fornitura, impegno di cui qui ignorasi esistenza.

Prego pure fornire chiarimenti chiesti con mio telegramma n. 402 del 4 corrente (2).

602

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CAPO DELLO STATO SPAGNOLO, FRANCO

T. s.n. Roma, 18 luglio 1939.

Mentre Voi e il popolo spagnolo celebrate nell'anno della vittoria il III anniversario dell'inizio della vostra Rivoluzione nazionale, desidero ripetervi che il Governo e il popolo italiano partecipano fraternamente alla vostra solennità. Desidero anche aggiungere che il popolo italiano ha seguito col più grande interesse ed entusiasmo le manifestazioni da Voi e dal popolo spagnolo tributate al conte Ciano, manifestazioni che hanno documentato in maniera irrefutabile la solidarietà politica e morale che avvince i nostri due popoli. Desidero che Vi giungano i miei più amichevoli saluti personali e i miei fervidi voti.

603

IL CAPO DELLO STATO SPAGNOLO, FRANCO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

T. s.n. Madrid, 18 luglio 1939.

Il Governo ed il popolo spagnolo con cordiale gratitudine contraccambiano il fraterno saluto del Governo e del popolo italiano da Voi rivolto all'inizio del IV anno del Movimento di redenzione nazionale, rinnovandoVi l'attestazione della loro infrangibile amicizia manifestata con tanto unanime entusiasmo in occasione della gradita visita del conte Ciano. Personalmente sono lieto di cogliere questa

occasione per ricambiare, con profonda considerazione ed affetto, i sentimenti espressi da V. E. e per formulare, ancora una volta, fervidi voti per l'Italia imperiale e per il suo Duce.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 449.
604

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 2644/1060. Mosca, 18 luglio 1939.

Mio telegramma odierno n. 94 (1).

Il comunicato del Commissario per gli Affari Esteri, che ho segnalato col

mio telegramma succitato, è del seguente tenore:

«Il 16 luglio corrente è stata rimessa, al nome del Commissario Aggiunto agli Affari Esteri, S. A. Lozovski, una nota dell'Ambasciatore giapponese in Mosca, sig. Togo. In questo documento l'Ambasciatore giapponese ha sollevaio questioni collegate coll'attività illegale delle concessioni petrolifere e carbonifere giapponesi nel Sakhalin settentrionale, ed ha anche confutato le note decisioni degli organi giudiziari sovietici a proposito delle azioni illegittime dei concessionari giapponesi nell'isola di Sakhalin.

In conclusione, l'Ambasciatore giapponese, nel suo documento, ha richiesto, in forma di ultimatum, una risposta entro il 18 del corrente mese.

Il 17 corrente il Commissario Aggiunto agli Esteri S. A. Lozovski, dietro incarico del Commissario del Popolo per gli Affari Esteri, ha restituito questa nota all'Ambasciatore giapponese, rilevando che, siccome il documento inviato dall'Ambasciatore contiene delle minacce ed ha il carattere di ultimatum, il Commissario del Popolo per gli Affari Esteri non ritiene possibile ricevere tale documento e lo restituisce senza averlo esaminato».

A questo comunicato, che ha creato una certa sensazione negli ambienti diplomatici di Mosca, non mi pare si debba attribuire una particolare gravità, essendo consuetudine sovietica di sfruttare le difficoltà che sorgono spesso col Giappone per mostrare al pubblico, a scopo di propaganda interna, la fermezza dell'attitudine dell'U.R.S.S.

È indubbio però che il respingimento della nota dell'Ambasciatore del Giappone rivela uno stato di tensione che si è andato accentuando in queste ultime settimane. La tensione si manifesta attraverso i negoziati per il regolamento delle vertenze concernenti lo sfruttamento delle concessioni carbonifere e petrolifere del nord Sakhalin, ma è chiaro che la sua vera causa deve trovarsi nei rinnovati combattimenti alla frontiera mongolo-mancese.

Il Governo sovietico accusa il Giappone di aver provocato questi combattimenti con ripetuti tentativi di violare la frontiera, e si chiede con una certa inquietudine quale sia il vero movente di tale azione.

Al riguardo è interessante la voce portata a Mosca da taluni ufficiali sovietici reduci dal fronte orientale, i quali attribuiscono all'alto Comando giap

.ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE ED AERONAUTICO AD ANKARA, BOGLIONE, AL COMANDO DEL CORPO DI STATO MAGGIORE (S.l.M.)

RAPPORTO SEGRETO 261. Istanbul, 14 luglio 1939.

Il Generale Lund, giunto ad Ankara il 15/6 u. s., vi si è trattenuto fino al 5 corrente. Il 6 è partito da Istanbul con un cacciatorpediniere per i Dardanelli, donde ha proseguito il 7 per Smirne. Arrivato 1'8 a Smirne, ne è ripartito il giorno stesso e con lo stesso caccia per Istanbul, donde ha proseguito il 10, per ferrovia, per l'Europa. Nessuna indiscrezione è trapelata finora sulle conversazioni avute da Lund nei 20 giorni di sua permanenza ad Ankara. Si vuole da qualcuno che il Lund fungesse da esperto militare all'Ambasciatore inglese nella presunta redazione dell'accordo che si deve ancora fare. La cosa non mi pare verosimile perchè anche ammesso che la redazione venga fatta ad Ankara, la discussione sulle clausole militari non sarebbe avvenuta in assenza del Maresciallo Capo di S. M. che ha viceversa lasciato Ankara il 24/6. Non ritengo, del pari, probabili discussioni di collaborazione operativa anglo-turca, perchè in questo caso il Lund, che non so, fra l'altro, se di rango adatto per farle, più che avere con sè gli addetti militari in Turchia, avrebbe dovuto essere accompagnato da un certo numero di ufficiali dello S. M. di Londra. E questo senza considerare che discussioni concrete sono premature, non essendo finora redatto il citato accordo.

Ritengo invece che la missione Lund abbia avuto un duplice obiettivo: l'uno, limitato, in campo operativo, di informarsi del piano d'impiego turco, in relazione più che altro a difesa costiera, e delle possibilità ed eventuali progetti d'azione verso Palestina e Canale di Suez: l'altro, in relazione alla missione Kazim Orbay a Londra: cioè, mentre questi tratta dei materiali che la Turchia vorrebbe acquistare dall'Inghilterra, il Lund, in relazione al nuovo prestito (si parla di 30 milioni di sterline) che Londra metterà a disposizione di Ankara, avrebbe discusso del programma di armamenti e della costruzione di opere fortificate, riferendosi, per queste, specie a quelle costiere che interessano particolarmente l'Inghilterra.

(l) Non pubblicato.

608

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2960/28 B1. Bled, 18 luglio 1939.

L'interesse suscitato in Jugoslavia dal viaggio di V. E. in Spagna è stato vivissimo come è ampiamente provato dal rilievo datogli dalla stampa che ha pubblicato lunghi e dettagliati resoconti della cronaca dell'avvenimento che segna una data decisiva nella storia delle relazioni italo-spagnole.

I giornali sono concordi nell'attribuire un'eccezionale importanza a questa prima diretta presa di contatto tra il Ministro degli Esteri dell'Italia fascista ed il Capo vittorioso del movimento rinnovatore spagnolo, evento che fornisce all'Europa una nuova inequivocabile prova della incrollabile solidarietà di spiriti e di intenti ormai stabilita fra le due nazioni, proprio nel momento in cui le grandi democrazie occidentali vanno intensificando, con risultati invero non eccessivamente brillanti, i loro tentativi di accerchiamento contro le Potenze dell'asse.

La solennità delle cerimonie predisposte dalle autorità responsabili spagnole nei vari centri attraversati dall'E. V. e la calorosa esaltazione fatta dallo stesso Caudillo del decisivo apporto morale e materiale fornito dall'Italia alla vittoria delle armi spagnole vengono registrate come la più clamorosa smentita alle voci tendenziose diffuse ad arte soprattutto dalla stampa francese per far credere ad un raffreddamento dell'amicizia italo-spagnola o quanto meno a gravi perplessità del governo spagnolo di fronte all'eventualità di dover schierarsi apertamente a fianco delle Potenze dell'asse in caso di complicazioni europee.

In un commento pubblicato dal Vreme, nel suo numero di ieri, dopo aver detto che le recenti dichiarazioni del Generale Franco e degli altri uomini di Stato responsabili spagnoli non lasciano dubbi sull'intenzione della Spagna di continuare la sua collaborazione con le Potenze dell'asse contribuendo in tal modo a rafforzare le loro posizioni strategiche nel Mediterraneo occidentale, osserva che, esaminato da questo punto di vista, il viaggio di V. E. in Spagna rappresenta indubbiamente un grande successo politico per l'Italia fascista.

609

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 515. Tokio, 19 luglio 1939, ore 18 (per. ore 21).

Missione giapponese è partita.

Credo -che suo invito a Norimberga sia stato proposto da questo Ambasciatore di Germania. Ne vedo conferma nel suo presente adoperarsi per essere autorizzato dal suo Governo a recarvisi quantunque sua presenza appaia più necessaria qui. È notevole che malgrado i nostri rapporti siano ottimi e continui e malgrado, come egli stesso mi ha poi detto, questo viaggio della Missione giapponese gli sia costato due mesi di lavoro, egli non me ne abbia parlato se non dopo aver saputo che ne avevo avuto notizia dai militari. Quando me ne ha tenuto parola si è mostrato molto soddisfatto per essere riuscito a vincerè difficoltà incontrate e mi ha chiesto se non credevo che visita sarebbe riuscita molto utile. Gli ho risposto che essa avrebbe certo fatto buona impressione i!l Germania e in Italia, ma che per quanto riguardava nostra situazione in Giappone un suo ulteriore miglioramento non poteva derivare che da un processo interno conseguente alla situazione internazionale.

Il collega sbaglia se crede che da questa visita posizione Germania in Giappone si avvantaggerà. Germania è qui sempre molto ammirata e rispettata e si vuole mantenersela amica ad ogni costo. Ma il suo contegno nel conflitto cinese le ha fatto perdere moltissime simpatie e il risentimento dei militari per le sue forniture a Chang Kai Shek non si è punto attenuato.

610

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 15388/269 P. R. Roma, 19 luglio 1939, ore 22,15, Vostro 430 (1). Trattative forniture militari furono condotte da Commissione mista per determinare ammontare trecento milioni in punto primo aa) Protocollo confidenziale finale. Frattanto Milch durante sua visita Roma concordò con Pariani forniture e vennero prescelte 50 batterie antiaeree 88 con munizioni. Valle sua recente visita costì avuta conferma da Milch che tutto è stato predisposto.

Codesto Addetto militare è informato. Non sono previste forniture Marina nei 300 milioni.

611

RESOCONTO DEL COLLOQUIO TRA IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, E IL CAPO DELLO STATO SPAGNOLO, FRANCO

(Pubbl. CIANO, L'Europa verso la catastrofe, pp. 439-446)

Roma, 19 luglio 1939.

Istintivamente il Generalissimo Franco tende a portare il colloquio sul terreno militare da quello politico. Egli è ancora più Capo di un esercito che capo di uno Stato. I problemi politici, che durante tutta la sua vita e la sua carriera militare sono stati da lui soltanto superficialmente sfiorati, adesso, nella nuova responsabilità di Caudillo di una rivoluzione e di un popolo, si presentano al suo spirito con imperiosa urgenza di un dovere, ma si presentano ancora in modo confuso, ed egli non nasconde il suo impaccio. Il Generalissimo Franco è, a trattarlo, quell'uomo che uno ha conosciuto attraverso le sue opere, le sue parole e le sue stesse fotografie. Non si hanno n è sorprese nè delusioni. U orno semplice nel tratto e nel pensiero, sereno nell'esame delle questioni e nel giudizio, confina la conversazione ad una lucida esposizione di avvenimenti e di situazioni contingenti, senza mai avventurarsi più oltre.

Ha parlato della sua gratitudine per il Duce e per l'Italia in termini da non lasciare dubbio alcuno circa la sua sincerità. Egli sa e dichiara di dover la vittoria in guerra alla collaborazione mussoliniana, così come comprende essere necessario l'ausilio fascista per superare le non trascurabili difficoltà interne che si presentano e più ancora si presenteranno al consolidamento del suo regime. Il prossimo incontro di Franco col Duce è atteso da lui -e dai suoi migliori collaboratori -come l'avvenimento fondamentale che dovrà segnare la direttrice di marcia della nuova Spagna, particolarmente per quanto concerne la politica interna e la politica sociale. La politica estera invece -sembra -nonostante alcune incertezze ed esitazioni che trovano la loro spiegazione naturale nella presenza di molti elementi vecchio regime e nella necessità di dover superar alcune difficoltà contingenti, sembra -dicevo nettamente orientata. Franco premettendo che deve per qualche tempo ancora

ménager la Francia, al fine soprattutto di riavere in patria le ricchezze esportate dai rossi, che ammontano a oltre cinque miliardi -ha confermato la sua ferma intenzione di orientarsi sempre più nettamente sulla linea dell'Asse RomaBerlino, in attesa del giorno in cui condizioni generali e preparazione militare della Spagna permetteranno di identificarsi col sistema politico dei Paesi totalitari. Desidera a tal fine un periodo di pace ed è stato lieto di sapere quanto dal Duce fu detto in proposito a Serrano Suiier e da me a lui stesso confermato: soltanto bisogna tener presente che le necessità spagnole vanno al di là dei due o tre anni previsti. Franco ritiene necessario un periodo di pace di almeno cinque anni, ed anche questo calcolo -a molti osservatori -sembra ottimista. Se nonostante le previsioni e la buona volontà, un fatto nuovo e imprevedibile dovesse accelerare il momento della prova, la Spagna ripete la sua intenzione di osservare una neutralità molto favorevole, più che molto favorevole nei confronti dell'Italia. (Dico dell'Italia e non dell'Asse non perchè la Spagna non approvi o sia comunque fredda nei confronti del sistema Roma-Berlino, ma perchè gli spagnoli tengono a sottolineare una netta differenza nei loro sentimenti per l'Italia e per la Germania). Ma Franco stesso si rende conto che una neutralità potrebbe essere osservata solo per poco tempo, cioè nel caso di una guerra a rapido corso. Ma a lungo andare non sarebbe possibile: gli avvenimenti porterebbero la Spagna a dover prendere una più netta posizione. La rivoluzione franchista, che trova i suoi elementi fondamentali nel risveglio dello spirito nazionale e imperiale spagnolo, non consentirebbe di rimanere a lungo in una posizione di inferiorità morale in Europa, così come rimase la Spagna democratica e decadente della monarchia. La Spagna dovrebbe prendere partito per la sua stessa vita futura. Quali alternative può presentare un conflitto? La vittoria dell'Asse, ed in tal caso una Spagna neutrale non avrebbe che la prospettiva di un avvenire gramo in un'Europa nettamente controllata dalle Potenze totalitarie che -senza il contributo spagnolo avrebbero giustamente ricostituito a loro solo vantaggio la situazione europea. Oppure la vittoria delle democrazie, ed in tal caso non è ammissibile la sopravvivenza del regime franchista alla sconfitta degli altri e maggiori e più antichi regimi totalitari. Quindi la Spagna deve accelerare i suoi armamenti. In primo luogo sul mare. Franco è pienamente d'accordo con il suggerimento dato dal Duce a Serrano Sufier di decidere la costruzione di quattro corazzate da 35 mila tonnellate. Senza l'esistenza di un forte nucleo di navi da battaglia, non si può concepire una flotta spagnola capace di acquistare un peso reale nel controllo dei mari. Intende quindi mettere subito sullo scalo due corazzate, ed a fine di risparmiare tempo chiede a noi se siamo disposti a fornirgli i piani dei nostri tipo «Vittorio Veneto» che egli farà costruire al Ferro! con l'ausilio di ingegneri italiani. Oltre al vantaggio del tempo risparmiato, vi sarà anche quello che l'identità del tipo permetterà a tutti i fini una maggiore, più efficace collaborazione bellica tra la squadra italiana e quella spagnola, costituenti così un nucleo omogeneo. Su questo punto egli attende una nostra risposta con la possibile sollecitudine. Considera, tra i tanti problemi militari, questo quale il più urgente.

Mi ha parlato quindi dell'organizzazione dell'aeronautica confermando che egli intende sviluppare al massimo potenziale tale arma e che pertanto ritiene necessario che essa costituisca un organismo a parte e non venga diviso tra la Marina e l'Esercito. La collaborazione aeronautica italiana, che è stata uno dei fattori determinanti della vittoria, dovrà anche in avvenire costituire uno degli elementi principali per assicurare lo sviluppo all'aeronautica spagnola.

Per quanto concerne i Pirenei il Generalissimo Franco ha già cominciato a far sviluppare una notevole opera di fortificazione, ma si riserva di intensificare e realizzare il pieno programma relativo agli apprestamenti militari in tale zona non appena le questioni in corso con la Francia saranno state sistemate. Ho personalmente fatto controllare a mezzo di nostri ufficiali i lavori in corso alla frontiera di Irun: è risultato che si stanno costruendo numerosi fortini.

Poco mi ha detto il Generalissimo Franco per quanto concerne la situazione interna spagnola. Si è limitato a svolgere gli argomenti che il Duce stesso aveva prospettato nella Sua lettera. Per quanto concerne la Monarchia, pure evitando di entrare a fondo nella discussione, ha affermato con una chiarezza inequivocabile che la Spagna non può adesso comunque tornare a vecchie formule del passato: il Paese respira aria nuova, intende procedere verso la sua ricostruzione materiale e spirituale, qualunque persona o istituzione dei vecchi tempi ne frenerebbe e forse ne troncherebbe la marcia. E devo aggiungere che su questo argomento ho trovato anche negli ambienti che circondano Franco una quasi assoluta identità di punto di vista. Soltanto alcuni Generali, il cui prestigio e la cui influenza sta rapidamente diminuendo in confronto dell'accresciuto potere del Caudillo e contro i quali d'altra parte gioca anche il fattore tempo poiché sono tutti in età notevolmente avanzata, hanno delle nostalgie dinastiche che però non riescono e forse non intendono nemmeno tradurre in atti pratici. E dovrebbero anche fare i conti con il popolo il quale è nettamente antimonarchico nella sua assoluta maggioranza. Percorrendo otto città della Spagna e traversando campagna e villaggi per molte centinaia di chilometri attraverso fittissime ali di popolo, non ho mai inteso un grido nè visto un segno che manifestasse i sentimenti monarchici del Paese. È la Falange ormai al centro del Paese. È un partito ancora all'inizio della sua formazione e della sua azione, ma raggruppa già tutte le forze giovanili, gli elementi più attivi, e massimamente le donne. La Falange è anti-monarchica; dal Segretario del Partito, ai Consiglieri Nazionali, a tutti i membri influenti che hanno con me conferito non ho raccolto altro che espressioni di ostilità verso la dinastia e verso lo stesso sistema monarchico, espressione nei suoi ultimi tempi di una politica rinunciataria e decadente. Devo aggiungere che la Falange e tutto il popolo spagnolo sono dominati da un sentimento di odio profondo verso i Paesi democratici sui quali invece la Monarchia fece per molto tempo perno. Non è un odio teorico e indeterminato: è l'odio di gente che è stata dilaniata nei sentimenti e nelle carni, che porta le piaghe e i lutti di perdite recenti e delle quali la responsabilità è fatta completamente risalire alla Francia e all'Inghilterra. Vedove e mutilati, combattenti ed orfani sono uniti in un unico slancio allorchè si eleva un grido di ostilità verso Parigi e Londra. Serrano Sufier mi diceva che qualunque uomo che in Spagna volesse fare una politica di avvicinamento alle democrazie sarebbe travolto a furore di popolo. Sono convinto che ha ragione, e di questo sono anche convinti quegli elementi più moderati nei confronti della Rivoluzione, quale ad esempio il Ministro degli Esteri Jordana, che, per calcolo o per temperamento, sono partigiani di una politica prudente nei confronti dell'Asse, ma che non sono in alcun modo animati da sentimenti di francofilìa o di anglofilìa. La nostra vivace posizione polemica nei confronti della Francia è, per il popolo spagnolo nel suo grande complesso, un nuovo elemento di unione che si aggiunge ai tanti ormai realizzati, tra l'Italia e !a Spagna.

Il Caudillo è deciso a svolgere una politica di grandi riforme sociali, vuole, secondo la formula mussoliniana, andare incontro al popolo. In realtà degli sforzi in tal senso sono stati fatti e con risultati anche abbastanza concreti. L'ausilio sociale, il piatto unico, una serie di contributi volontari o obbligatori, rappresentano già ora la decisa volontà del regime di migliorare le condizioni delle masse. In tutte le città da me percorse, tranne nei quartieri periferici di Madrid ove l'atteggiamento popolare lasciava fortemente scettici sui sentimenti nutriti, l'adesione al regime sembra piena e completa.

Molti e gravissimi sono ancora i problemi che si presentano al nuovo Re. gime; e in primo luogo quello di liquidare la cosidetta questione dei rossi. Già arrestati nelle varie carceri della Spagna ve ne sono 200 mila. I processi si svolgono ogni giorno e con una rapidità che direi quasi sommaria e si basano su questi criteri: i responsabili di crimini sono passati per le armi; gli organizzatori rossi che prepararono e condussero la rivoluzione senza però macchiarsi di colpe disonoranti sono condannati a pene che variano dai dieci ai venti anni; i soldati dell'Esercito repubblicano che furono inquadrati obbligatoriamente e che non ebbero responsabilità personali durante la guerra, sono messi in libertà e mandati ai loro paesi di origine ove vivono sotto uno stretto controllo della Falange e della polizia. I condannati però possono redimersi ed abbreviare la loro pena lavorando nelle opere di ricostruzione: ogni giorno di lavoro corrisponde a due di pena.

Ho visto io stesso numerose squadre di prigionieri intente a riattare ponti e a riparare strade; il trattamento loro usato è buono e ciò è provato dal fatto che non si hanno che pochissimi tentativi di fuga. I figli dei rossi giustiziati o caduti in guerra sono trattati con grande spirito umanitario; in seno alle organizzazioni giovanili delle Falange vengono fusi coi figli dei nazionali. Sarebbe inutile negare che tutto ciò fa ancora gravare sulla Spagna un'aria cupa di tragedia. Le fucilazioni sono ancora numerosissime. Nella sola Madrid dalle 200 alle 250 al giorno, a Barcellona 150; 80 a Siviglia città che non fu mai nelle mani dei rossi. Ma ciò dev'essere giudicato alla stregua della mentalità spagnola e bisogna aggiungere che anche di fronte a questi avvenimenti il popolo mantiene un'impressionante spirito di serena freddezza. Durante la mia permanenza in Spagna, mentre oltre 10 mila uomini già condannati a morte nelle carceri attendono l'inesorabile momento della loro esecuzione, soltanto due, dico due, domande di grazia mi sono state rimesse da parte delle famiglie. Aggiungo che il Caudillo le ha accolte senz'altro.

Come ho prima accennato il prestigio e l'autorità di Franco sono grandi in tutto il Paese ed in ogni strato della popolazione. Come il Duce prevedeva allorchè si oppose ai vari tentativi di mediazione, la forte situazione di Franco è oggi determinata dall'essere egli il Capo vittorioso in guerra. Anche il prestigio degli altri Generali è svanito di fronte al fatto positivo e concreto che egli ha potuto depositare nella cattedrale di Toledo, accanto alla spada di Alfonso VI, liberatore della capitale, la sua spada di Generale conquistatore di Madrid.

Avrà ancora molte difficoltà da superare nella organizzazione interna. Il popolo che ha innegabilmente ritrovato le tradizionali ed altissime manifestazioni eroiche, soffre ancora di quello stato di torpore nel quale fu abbandonato per secoli. L'opera di ricostruzione è caotica per quanto fervida. Si pone più interesse a ricostruire santuari che a riattivare i traffici ferroviari ancora in pessime condizioni. Il clero tende a riprendere, sia pure con una forma di esasperato nazionalismo, la sua vecchia influenza.

Sottolineo che anche il clero è molto francofobo. Il discorso pronunciato dal Cardinale di Toledo, uomo di altissima autorità nel Paese, non lasciava dubbi in proposito.

L'attuale elemento direttivo di Governo è fiacco. Non risponde in gran parte allo spirito che si è creato nel Paese ed è necessario che Franco si circondi di uomini che siano l'espressione della rivoluzione e della guerra. In tal senso è spinto molto attivamente da Serrano Sufier, che svolge una azione molto impetuosa e proficua, se pur non sempre prudente ed abile. Comunque --come il Duce vide chiaramente anche prima di aver conosciuto l'uomo --Serrano Sufier è l'elemento sul quale deve poggiare la nostra politica. Egli aspira a diventare Ministro degli Esteri ed è nostro interesse che ciò avvenga. Lo stesso Serrano Sufier, che mi ha parlato con una confidenza ancora maggiore di quellli che conoscemmo a Roma, ha detto che ciò sarà facilmente realizzabile :::e F.'ranco troverà da parte del Duce una indicazione in tal senso. Franco è completamente dominato dalla personalità di Mussolini e sente che per affrontare la pace ha bisogno di Lui come ne ebbe bisogno per vincere la guerra. Il viaggio a Roma -che sarà immediatamente seguito da un viaggio a Berlino -sarà per il Caudillo un avvenimento fondamentale nella sua vita politica. Dal Duce egli attende -e lo ha dichiarato ripetutamente nei colloqui che ha avuto con me -l'insegnamento e le direttive. Ed egli stesso mi ha parlato di un avvenimento ancora maggiore, che anche io reputo indispensabile per completare in Spagna l'opera compiuta dalle nostre legioni vittoriose: il viaggio del Duce a Madrid, attraverso il quale la Spagna sarà in forma definitiva legata alle sorti dell'Impero Romano (1).

(l) Vedi D. 601.

612

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 115. Sofia, 19 luglio 1939 (per. giorno 21).

Mio telecorriere n. 0110 (2).

Ho avuto colloqui con Ministro germanico testè di ritorno Berlino.

stampato.

Si manifestava soddisfattissimo dei risultati della visita del Presidente del Consiglio bulgaro, e mi si dichiarava convinto, nonostante impegni non fossero stati né chiesti né dati, Bulgaria aderisca virtualmente Asse, tanto più tenuto conto non avrebbe altra scelta.

Circa determinati aspetti del comunicato di Bled e di altre manifestazioni della politica bulgara contemporanee o successive al viaggio, mi ha detto ritenere non convenga sopravvalutarle e che occorre anche tenere conto necessità di manovra della Bulgaria verso stessa Jugoslavia, con cui peraltro anche a Berlino si sono consigliati buoni rapporti.

In sostanza mi ha confermato dichiarazioni di Kiosseivanov di cui al mio telecorriere surriferito, compresi giudizi su situazione jugoslava. Punto nuovo e di sostanziale interesse della esposizione fattami da Richthofen è che Presidente del Consiglio bulgaro si sarebbe limitato a Berlino riferirsi genericamente rivendicazioni bulgare Dobrugia e Tracia, mentre a giudizio germanico occorre invece oramai precisare per chiarezza azione futura della Bulgaria consistenza tali rivendicazioni. Era pertanto in questo esatto senso che a Berlino erasi detto a Kiosseivanov, il quale peraltro come da mio telecorriere citato, me

ne ha accennato in modo soltanto generico, che occorreva prendere intese con Italia.

Secondo Richthofen non vi sarebbe dubbio circa portata rivendicazioni Dobrugia; si tratterebbe delle frontiere del 1913, né sarebbe pensabile estensione aspirazioni bulgare fino bocche Danubio.

Più imprecisate invece sarebbero rivendicazioni Tracia. Si tratterebbe di una zona sufficiente per assicurare lo sbocco a Cavala e Porto Lagos, ovvero di una zona più ampia estendentesi ad Oriente fino alla Mariza, attuale confine greco-turco, se non anche eventualmente oltre fino all'antica Enos-Midia? E ad Occidente?

A questo punto Richthofen mi ha chiesto se Italia aveva delle viste precise su Salonicco. Gli ho risposto che al momento la questione eccedeva la mia informazione, soggiungendo peraltro personalmente che non stava a me di escludere nulla circa le nostre eventuali viste in caso di modifica della carta balcanica.

Richthofen ha osservato che a parte viste nostre, sarebbe sempre preferibile vedere a Salonicco piuttosto bulgari che jugoslavi, e che al totale Germania pensava che fosse soprattutto da mirare a una modifica della situazione degli Stretti. In questo senso sorprendeva lui Richthofen che bulgari, come ho anche io altre volte rilevato, si dimostrassero più sensibili problema Dobrugia anziché Tracia.

Ministro di Germania mi ha infine detto riteneva occorresse ora agire concordemente presso Governo bulgaro per definire situazione, e che riservavasi perciò parlare quando possibile Kiosseivanov tenendomi poi informato.

Grato delle istruzioni che V. E. ritenesse opportuno impartirmi nella circostanza.

(l) L'originale porta la firma autografa di Ciano e qualche sua correzione e inoltre il visto di Mussolini. Esiste la minuta autografa delle prime 2 pagine, circa, del documento

(2) Vedi D. 559.

613

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 42. Bled, 19 luglio 1939 (per. giorno 26).

Mio telegramma n. 160 del 16 corrente (1).

Gli ambienti politici di Belgrado si mostrano irritati delle tendenziose interpretazioni che una parte della stampa francese ha voluto dare al viaggio del Principe Reggente e della Principessa Olga a Londra.

Si conferma nel modo più categorico che la visita ha carattere non politico, anzi esclusivamente familiare. È noto infatti che un figlio del Principe ha subìto in questi giorni una operazione chirurgica a Londra, e che la Principessa Olga desidera salutare la sorella prima della partenza dei Duchi di Kent per l'Australia.

La stampa di Belgrado, obbedendo ad una evidente ispirazione ufficiale, ha dato grande rilievo a quei passi dell'editoriale del Times anch'esso probabilmente voluto dal Governo jugoslavo, in cui si sottolineava il carattere familiare e privato della visita.

Sembra quindi da escludersi uno scopo politico preciso e definito. Ciò premesso, è inutile aggiungere che il Principe non si lascerà sfuggire l'occasione per ascoltare, sia pure con la naturale prudenza che gli dettano il temperamento e le circostanze, consigli inglesi.

614

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 519. Tokio, 20 luglio 1939, ore 21 (per. ore 23,30).

Mi si dice che sostanza prima conversazione tra Ambasciatore d'Inghilterra e Ministro Affari Esteri sarebbe stata richiesta da parte di questo che Gran Bretagna riconoscesse stato di ostilità (non stato d'i guerra) in Cina e promettesse non prestare aiuto a Chang Kai Shek. Ambasciatore d'Inghilterra avrebbe telegrafato per istruzioni.

615

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 521. Tokio, 20 luglio 1939, ore 9 (per. ore 17).

Secondo informatore civile nelle conversazioni di ieri questo Ministro Affari Esteri si sarebbe in massima inteso con l'Ambasciatore d'Inghilterra affinchè Inghilterra riconosca le necessità delle forze armate nipponiche combattenti e

si adoperi ad eliminare quegli atti e manifestazioni che possano essere pregiudizievoli all'esercito giapponese e favorevoli all'esercito nemico. Giappone a sua volta riconoscerebbe esistenza interessi inglesi e ammetterebbe diritto britannico protestare in caso loro lesione. Si attenderebbe ora definitiva accettazione di Londra dopochè Arita dovrebbe attendere risposta definitiva del Governo giapponese. Risolta tale questione pregiudiziale sarebbe indetta conferenza per risolvere quella di Tientsin e limitatamente ad essa. Informatore ha detto che Craigie ha insistito perchè conversazioni inglesi non si facessero apparire come effetto di imposizione giapponese e perchè nella formula sopra indicata si parlasse di esercito nemico e non di esercito cinese.

Sempre secondo informatore quest'accordo ove fosse perfezionato nulla muterebbe nello stato di fatto alla situazione, perchè sarebbe impossibile che inglesi tenessero piena fede tali impegni ed egualmente avrebbe per i giapponesi il solo scopo indebolire Chang Kai Shek grazie agli effetti che produrrebbe.

Codesto Ambasciatore del Giappone sarebbe regolarmente informato del corso dei negoziati ma non avrebbe specifiche istruzioni di darvene comunicazione relativa.

Mi riservo telegrafare dopo aver udito militari. Proseguono intanto dimostrazioni antibritanniche che cominciano trovare eco anche in qualche gruppo de'i maggiori partiti parlamentari.

(l) Non pubblicato.

616

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 159. Varsavia, 20 luglio 1939, ore 22,18 (per. giorno 21, ore 5).

Missione del Generale inglese Ironside in Polonia può considerarsi ormai come esaurita. Essa appartiene più che altro alla serie di atti dimostrativi che Inghilterra da qualche tempo è costretta a fare per dare sensazione sua situazione attuale con Polonia.

Impressione generale infatti è che a parte utilità avere preso contatto diretto con i maggiori esponenti di questo Governo e di questi ambienti militari Ironside non abbia concretato.

Il fatto stesso che egli sia qui giunto non accompagnato da alcun tecnico escluderebbe che egli si proponesse di fissare vera e propria collaborazione militare.

Si nota pertanto negli ambienti polacchi un certo senso di delusione. Il che può spiegare alcune dichiarazioni fatte dal Maresciallo Smigly Ridz ad una giornalista americana e pubblicate da tutti i giornali polacchi secondo cui « Polonia non lascerà intentato alcun mezzo per risolvere pacificamente problema Danzica, ma se Germania non abbandonerà suo piano annessione, affronterà la lotta anche se dovesse combatter sola senza alleati».

30 -Documenti diplomatici -Serie VIII -Vol. XII

617

IL DIRETTORE GENERALE DELL'I.R.I., MALVEZZI, AL SOTTOSEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI, BASTIANINI (l)

Roma, 20 luglio 1939.

Conforme istruzioni avute da S. E. Bastianini, ho accettato un colloquio col signor De Boisanger -che alla mia ultima permanenza a Parigi me lo aveva cercato -avendo però l'aria di darvi una ragione affatto occasionale. Colsi pertanto il pretesto di portargli la relazione annuale dell'I.R.I. che mi aveva ultimamente richiesto.

Il colloquio durò circa due ore: dopo un primo tempo di scambio di banalità, il De Boisanger entrò bruscamente in argomento, ed il colloquio si risolse in un monologo, essendomi limitato a prendere atto delle idee espresse dal De Boisanger, ad intervenire con osservazioni tecniche quando trattava argomenti tecnici, a non esprimere alcuna opinione quando si portava sul terreno politico.

Il De Boisanger, premessa l'affermazione di prammatica che esprimeva soltanto idee personali e che quindi non aveva alcun incarico particolare, cominciò facendo un quadro molto nero della situazione generale: in un conflitto tutti hanno da perdere. Nè Francia, nè Inghilterra, possono recedere dalla parola impegnata con la Polonia per evidenti ragioni di prestigio e soprattutto dopo il precedente della Cecoslovacchia; ma in tal modo si sono costituite schiave della Polonia che può sostenere a suo beneplacito un conflitto, che in realtà graverebbe soprattutto su Francia e Inghilterra. Questa situazione paradossale non può venire mutata ipso facto, qualunque sia l'animo delle garanti: ma solo dando tempo al tempo, evitando incidenti impreveduti e precipitosi, ritiene possibile si addivenga ad una distensione che consenta accordi che ora sembrerebbero assurdi. E per questo considera fondamentale l'azione dell'Italia, che potrebbe avere una parte ancora molto più grande che a Monaco.

Insistette soprattutto sopra la questione sociale: da alcuni mesi in Francia la penetrazione comunista ha ripreso fortemente: sembrava arrestata dopo lo scacco dello sciopero del 30 novembre, invece da aprile si è riaffermata tanto più fortemente, quanto più si è indebolito il partito socialista. Ora, è da rilevare che il partito socialista francese è un partito di piccoli borghesi, assolutamente contrario ad ogni movimento sociale (si veda l'abbandono in cui è lasciato Blum in confronto di Faure: all'assoluto fallimento del movimento di Pivert) mentre il nuovo partito comunista è nettamente rivoluzionario. Ed è tanto più temibile in. quanto trova adepti nel Nord fra i cattolici, ed in generale fra gli emigrati del diversi Paesi, e particolarmente fra quelli italiani (a tale riguardo accenna che l'Unione Popolare Italiana è notoriamente stipendiata dal Comintern). Con l'accordo tripartito la propaganda comunista acquisterà certamente maggiore impul

Gli dissi che non vi era ragione di evitare un normale contatto tra persone rappresentanti Istituti Finanziari interessati alle medesime imprese e che s'incontravano nelle riunioni dei Consigli Amministrativi di tali imprese.

Il Comm. Malvezzi rientrato da Parigi mi ha portato l'unito appunto che trasmetto in

originale a V. E. 2 agosto 1939 •.

so: d'altra parte le difficoltà economiche aumenteranno in tutti i Paesi in conseguenza della politica del riarmo. A tale proposito esprime l'opinione che non modificandosi la situazione in autunno vi possano essere movimenti monetari di cui già si ha qualche sintomo: ne seguirà un acuirsi di contrasti economici che renderà meno difficile il prevalere deile teorie estremiste di chi nel peggio vede il rimedio al male, e spera trovare fuori delle frontiere la pacificazione delle contese interne.

Tale situazione sociale si ripete, secondo lui, in tutti i Paesi a malgrado delle barriere doganali e valutarie, si manifesterà ovunque ingrandito il fenomeno della crisi del 1929 con conseguenze tanto più gravi in quanto si sono nel frattempo ridotte grandemente le riserve, allora ancora relativamente ampie.

D'altra parte, i due blocchi europei sono ormai una realtà indiscussa e indiscutibile: è però da osservare che ciascuno di essi è costituito da un partecipante più forte e da uno più debole: evidentemente in caso di conflitto o di crisi saranno questi ultimi che avranno più da soffrire.

Per addivenire ad un accordo definitivo e che dia veramente pace al mondo bisognerebbe poter ristabilire il commercio internazionale come era prima della grande guerra: si rende conto che nelle attuali condizioni -quando i 4/5 circa dell'oro mondiale sono presso gli Stati Uniti -ciò sarebbe solo possibile attraverso un'azione di tutta Europa che obbligasse l'America ad una nuova distribuzione dell'oro: ipotesi evidentemente inattuabile.

Unica via è dunque quella di accordi transitori che permettano nel frattempo di eliminare le difficoltà più urgenti, e di stabilire il terreno per intese sempre più profonde. Tanto più, che è convinzione universale la verità dell'affermazione del Duce, che non vi è problema internazionale attuale la cui soluzione imponga una guerra.

Ma a tale scopo è necessario portare i popoli -visto che i Governi hanno per vivere necessità del consenso popolare -ad uno stato di distensione tale che i necessari sacrifici possano essere accolti non come diminuzione di prestigio : di tali sacrifici potrebbe venir parlato e stabilito in via riservata anche immediatamente, salvo renderli attuali quando se ne riconoscesse, secondo quanto sopra detto, il momento opportuno.

Successivamente, un incontro dei quattro grandi Stati europei potrebbe in serenità d'ambiente gettare le basi di più vaste intese.

Il De Boisanger ritiene che da parte francese si sarebbe pronti ad inviare in Italia .la persona che si desiderasse per trattare ufficialmente, se pur nella forma più riservata, di questi problemi, con spirito molto largo e comprensivo degli interessi italiani e senza alcuna ostilità all'Asse. Anche senza invito ufficiale, basterebbe far conoscere che tale persona potrebbe trovare chi fosse autorizzato a conversare con essa.

(l) Il documento porta la seguente annotazione marginale di mano di Bastianini: c Il Comm. Malvezzi Direttore Generale dell'I.R.I. aveva chiesto se nulla ostava a che eglirecandosi a Parigi per questioni riferentesi alla Banque de l'Amérique du Sud ed alla Società Fosfati Marocchini alle quali l'I.R.I. è interessato vedesse il Vice Governatore della Banca di Francia che già da tempo gli aveva richiesto un colloquio.

618

L'AMBASCIATORE A PARIGI; GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4859/2174. Parigi, 20 luglio 1939.

Informo che le trattative commerciali franco-tedesche che, come da me precedentemente segnalato, si svolgevano già da tempo, a Parigi, sono state chiuse in questi giorni con la firma di un «avenant » all'accordo del 10 luglio 1937.

Detto «avenant » apporta alcune notevoli modificazioni agli accordi economici e finanziari stipulati fra i due Paesi il 10 luglio 1937.

Le nuove disposizioni permettono alla Francia di aumentare sensibilmente gli acquisti di coke necessari all'approvvigionamento delle sue officine metallurgiche, per le quali già da tempo si lamentava la scarsezza.

Tuttavia, nessun aumento è stato apportato alle esportazioni di minerali di ferro francese verso la Germania che saranno mantenute ad un livello sensibilmente inferiore a quello che era previsto dall'accordo del 10 luglio 1937.

La Francia ottiene, poi, qualche favorevole disposizione per i legnami coloniali, particolarmente per quelli del Gabon (legni di Okoumé) che s'i trovavano bloccati nel Porto di Amburgo per mancanza di mezzi di trasferimento da parte degli acquirenti tedeschi. Detti legnami saranno liquidati per mezzo di importazioni supplementari di carbone (altri che coke) che la Francia si trova nella necessità di effettuare.

Il Governo francese ha ottenuto anche un regolamento definitivo del regime provvisorio dei servizi dei prestiti Dawes e Young, che resta cosi consolidato sulle basi attuali e un regolamento dei prestiti austriaci garantiti. D'altra parte è stato aumentato il fondo di trasferimento dei crediti privati cosi che il servizio di questi crediti sarà assicurato più regolarmente.

Nessun accordo è stato concluso per quanto si riferisce agli scambi commerciali franco-cechi, dato che si è qui ritenuto che le disposizioni da adottare riguardano quasi esclusivamente la Frància.

Poichè le importazioni di prodotti cecoslovacchi erano state provvisoriamente sospese, gli esportatori francesi sono detentori di considerevoli crediti, attualmente bloccati.

La ripresa degli scambi permetterà di liquidare tali crediti (da notare che l'Inghilterra, la quale non ha contingenti, non aveva sospeso gli acquisti di prodotti cecoslovacchi).

Due punti possono essere messi in rilievo al riguardo: Il primo è che si tratta d'i liquidare averi francesi bloccati nell'ex Cecoslovacchia e non di averi cechi bloccati in Francia. Il secondo è che i contingenti supplementari di favore che erano stati accordati ai prodotti ceco-slovacchi sono e restano sospesi. È da rilevare, infine, che sono stati sensibilmente ridotti alcuni contingenti assegnati alla Germania per le proprie vendite in Francia.

619

IL MINISTRO AL CAIRO, MAZZOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TEL. s. n. (1). Il Cairo, 20 luglio 1939. Abd el-Fattah Yahyà Paseià ha concluso domenica 16, e senza gloria, il suo viaggio balcanico. Non si può affermare che il suo ritorno abbia commosso

l'opinione pubblica più della sua partenza.

Ricevuto da alcuni funzionari e da pochi colleghi del Gabinetto, si è poco dopo incontrato a casa sua col Capo del Gabinetto Reale e col Presidente del Consiglio, che nel giorno stesso è stato colpito da una nuova crisi di fegato che l'ha tolto ancora una volta dalla circolazione.

Resa la visita protocollare a Sua Maestà, Abd el-Fattah Yahyà Pascià si è chiuso lunedl nella sua villa senza porre piede al Ministero dichiarando di essere stanco e sofferente.

Un redattore dell'Ahram ha avvicinato il Ministro degli Esteri.

Abd el-Fattah Yahyà Pascià gli ha detto poche cose e nessuna sensazionale. Ha colto però l'occasione per giustificare il suo viaggio, non ignorando delle critiche che negli ambienti ufficiali erano state mosse alla sua organizzazione. Ed ha detto d'esser partito per restituire la visita che il Ministro degli Esteri di Turchia aveva fatto all'Egitto l'anno scorso. I Governi dei Paesi balcanici, avuta notizia del suo imminente viaggio, lo pregarono di estendere la visita alle rispettive capitali ed egli ritenne opportuno di accettare l'invito per l'ottima possibilità che gli si offriva di studiare da vicino le condizioni di quei Paesi. Tale scopo è stato raggiunto perchè i contatti con gli uomini di Governo e con i dirigenti del lavoro e del commercio gli hanno permesso di approfondire lo studio e la conoscenza di molte questioni economiche e commerciali.

Abd el-Fattah Yahyà Pascià ha espresso la sua soddisfazione per aver potuto constatare dovunque la grande considerazione in cui è tenuto l'Egitto, ed ha soggiunto che egli spera di poter consolidare i legami di amicizia e di cultura e di poter intensificare le relazioni commerciali tra l'Egitto ed i Paesi baltici (1).

Il Ministro ha dichiarato che ha potuto constatare come tutti gli uomini responsabili siano animati da sinceri desideri di pace.

Interrogato sulle voci di un'alleanza militare fra l'Egitto e la Turchia Abd el-Fattah Yahyà Pascià <dopo breve riflessione» ha risposto: «Non è vero. Ritengo che le buone relazioni tra l'Egitto e la Turchia, l'amicizia che lega i due Paesi ed il comune desiderio di una collaborazione commerciale ed economica valgano quanto un'alleanza».

In merito agli accordi commerciali ha dichiarato che nessuno ne è stato stipulato, che le conversazioni si sono svolte sulle possibilità di equilibrare le bilance tra i vari Paesi e l'Egitto ed ha espresso la speranza di giungere a qualcosa di concreto dopo lo studio che intende fare con gl'i organi competenti.

L'intervista è così finita perchè Abd el-Fattah Yahyà Pascià accusava dolori reumatici.

Il redattore dell'Ahram aggiunge peraltro di aver appreso presso organi competenti che le conversazioni nelle cinque capitali visitate non sarebbero state esenti di contenuto politico. Si ritiene che gli studi cui si dedicherà il Ministro degli Esteri con i suoi colleghi delle Finanze e del Commercio per giungere alla conclusione di accordi commerciali, « saranno seguiti da uno studio di carattere politico che potrà forse portare ad un nuovo esame delia situazione dell'Egitto e della Turchia sotto vari aspetti».

Dichiarazioni pressochè analoghe Abd el-Fattah Yahyà Pascià ha reso ad un redattore del Moqattam al quale ha rinnovato la smentita alla voce relativa

a pretesi accordi militari tra l'Egitto e la Turchia adducendo come riprova il fatto che nessun esperto militare l'ha accompagnato nel viaggio.

Nell'editoriale del 19, l'Ahram nota con soddisfazione le accoglienze « trionfali » che hanno dovunque salutato il Ministro degli Esteri e rileva che l'Egitto, nell'èra nuova della sua indipendenza, si presenta sulla ribalta della politica mondiale.

«Se i particolari ed i risultati del viaggio del Ministro degli Esteri -conclude il giornale -non sono ancora di pubblica ragione, lo saranno tra breve sia dal punto di vista dei rapporti economici e degli accordi e dei patti che saranno trattati, che da quello della partecipazione alla collaborazione militare per la dife· sa del Mediterraneo orientale e per la salvaguardia della sicurezza in quel mare».

L'eventualità di sviluppi politici della visita non è del tutto esclusa in questi ambienti i quali ritengono peraltro che la sua realizzazione non sarebbe certo dovuta alla iniziativa dell'Egitto e della Turchia, ma alla volontà del

l'Inghilterra.

(l) Questo documento, probabilmente un telespresso, proviene dall'Archivio dell'Ufficio 3° della Direzione Generale Affari Europa Mediterraneo, da cui fu ritrasmesso alle Ambasciate a Parigi, Londra, Ankara e Berlino, alle Legazioni a Belgrado. Bucarest, Atene, Sofia, Gedda e Bagdad, ai Consolati Generali a Gerusalemme e Beirut ed ai Consolati a Aleppo, Damasco ed Aden con Telespresso n. 225623/C del 2 agosto 1939.

(l) Cosi nel testo.

620

IL CONSOLE A TIENTSIN, STEFENELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 34. Tientsin, 21 luglio 1939, ore 6 (per. giorno 22, ore 2). Durante la conversazione occasionale avuta oggi con Comandante di questa guarnigione giapponese, Generale Homma mi ha detto che soluzione problema delle concessioni non sarà possibile senza preventivo accordo con Roma in relazione esistenza concessione italiana di Tientsin. Ha soggiunto che tempo non è ancora maturo per sollevare tale questione e che Io stesso Giappone non pensa per ora a restituire le proprie concessioni in Cina date condizioni malsicure del territorio occupato, condizioni che potrebbero prolungarsi anche per qualche anno. Parlando situazione della concessione inglese Tientsin, egli ha escluso impiego forze armate per risolvere presente situazione anche nel caso trattative Tokio dovessero fallire. A proposito di queste ultime, il Generale ha chiarito che il Giappone non si preoccupa tanto dell'appoggio morale e nemmeno militare che la Gran Bretagna può dare al Governo di Chung-King quanto dell'assistenza finanziaria al Regime di Chang Kai Shek, per cui è

sua opinione che base del successo conversazioni Tokio sta in cessazione aiuti finanziari britannici alla Cina nazionalista.

621

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

r. 523. Tokio, 21 luglio 1939, ore 8,35 (per. ore 19,45). Mio telegramma n. 521 (1).

Militari confermano notizie di ieri. Dicono però aver obbligato Ministro Affari Esteri a chiedere: l) che sia specificato che impegni inglesi riguardano

tutta la Cina e non il solo territorio occupato dai giapponesi; 2) che Inghilterra riconosca aver fino ad ora aiutato esercito nemico; 3) che sua dichiarazione sia pubblicata. Circa impegni che Giappone dovrebbe prendere nei riguardi interessi inglesi, militari dichiarano che C'iò avverrebbe solo in quanto interessi giapponesi non ne fossero danneggiati. Essi non credono che Gran Bretagna accetti tutto ciò che vuol dire fine del suo prestigio in Asia e ne traggono nuovo motivo per non credere alla sua buona fede tanto che già parlano di non togliere subito blocco Tientsin anche nella più favorevole ipotesi.

(l) Vedi D. 615.

622

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 437. Berlino, 21 luglio 1939, ore 15,04 (per. ore 16).

Qui si gradirebbe sapere se anche in Italia siano state diffuse lettere di propaganda inglese sul tipo di quelle diffuse in Germania da King-Hall.

623

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 439. Berlino, 21 luglio 1939, ore 20,14 (per. ore 23,10).

Telegramma di V. E. n. 269 del 19 corr. (1).

Situazione circa nota fomitura non è esattamente quella risultante da telegramma suddetto. Richiamo in proposito comunicazione odiema generale Roatta a Ministero della Guerra.

Clodius ha evidentemente largheggiato in promesse nella speranza, più che nella sicurezza, di poterle mantenere. Insisto ancora una volta con Goering.

624

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, E Al CONSOLI A DAMASCO, CASTELLANI, AD ALEPPO, ZASSO, A BEIRUT, SBRANA, A GERUSALEMME, MAZZOLINI

T. 15668/C.P.R. Roma, 21 luglio 1939, ore 23.

Prego riferire telegraficamente circa esodo popolazioni arabe e armene dall'Hatay, a seguito della cessione di tale territorio alla Turchia.

{l) Vedi D. 610.

625

IL MINISTRO AD HELSINKI, BONARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 53. Helsinki, 21 luglio 1939, ore 23,55 (per. giorno 22, ore 2,35).

Secondo informazioni odierne Direttore Generale Affari Esteri Governo finlandese, avendo dedotto da notizie avute da Londra che tenore recenti proposte inglesi a Molotov includevano tuttora formula relativa a garanzia verso Finlandia, ha fatto testè conoscere a Foreign Office che questa formula o qualunque altra analoga tendente modificare posizione internazionale Finlandia sarebbe ritenuta sgradita.

Permane comunque qui scetticismo circa conclusione negoziati Mosca soprattutto perchè si è convinti che esigenze sovietiche circa garanzie anche per intervento diretto terze Potenze su Stati Baltici avrebbero rese chiare a Londra reali intenzioni U.R.S.S. verso predetti Paesi.

626

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO PER CORRIERE 117. Roma, 21 luglio 1939 (per. 22 luglio).

Il Cardinale Segretario di Stato mi ha detto che il Papa riceve lettere che lo Invitano a intervenire per ottenere la liberazione del signor Schuschnigg.

Il Cardinale Maglione ha soggiunto che 'il Papa pensa che solo il Duce può interporsi presso Hitler. Il Porporato mi ha quindi pregato, a nome di Pio XII, di fare sapere al Duce che Suo interessamento a favore dell'ex Cancelliere austriaco riuscirebbe molto gradito a Sua Santità.

627

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE URGENTE RISERVATO 121. Sofia, 21 luglio 1939 (per. giorno 22).

Mio telecorriere 110 del 13 corrente (1). Kiosseivanov m'incarica far riservatamente conoscere V. E. suo vivo desiderio recarsi visita Roma, lasciando

V. E. indicare data che riterrebbe eventualmente più adatta.

Osserva che vista stagione estiva e anche a fine attendere maturazione eventi che determinino meglio attitudine jugoslava, offrendo cosi altri utili elementi suoi colloqui, potrebbesi forse considerare non prima di settembre.

V. E. vorrà estendere eventuale invito anche consorte e figlia Presidente del Consiglio.

(l) Vedi D. 559.

628

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 122. Sofia, 21 luglio 1939 (per. giorno 22).

Mio rapporto del 18 corrente n. 150 (1).

Presidente del Consiglio mi si è manifestato preoccupato visita Principe Paolo a Londra, cui carattere personale sarebbe smentito da incontri avuti e da significative manifestazioni da parte britannica quale conferimento Ordine della Giarrettiera, che considera eccezionale per personaggio non Sovrano.

Al tempo stesso mi ha chiesto se avrei avuto modo rassicurarlo nella misura del possibile circa voci attendibili testè pervenutegli importanti richiami classi che si preparerebbero in Jugoslavia in coincidenza ritorno Principe Paolo da Londra, con previsione portare occorrendo effettivi a totale, cui indicazione sembragli peraltro alquanto esagerata, l milione 200 mila uomini.

Gli sono stati anche riferiti movimenti militari frontiera albanese che egli crede a conoscenza Governo italiano, tanto più che risulterebbegli da informazione avuta malcontento a Tirana per atteggiamento jugoslavo.

Stima sempre più sospetta politica jugoslava sotto pressioni britanniche; e evidente la intenzione della Jugoslavia tentare appoggiarsi Bulgaria per consolidare atteggiamento malfida neutralità. Afferma Bulgaria non si lascerà comunque trascinare nel gioco ma manterrà indipendenza propria politica: nello stesso senso sarebbesi espresso con questo Ministro di Germania.

Ritiene infine Jugoslavia tent'i carta pericolosa giacchè gravi sarebbero a suo giudizio elementi « disgregazione » interna in primo luogo rivalità interessi Reggente e Sovrano, che potrebbe intaccare stessa compagine esercito. Afferma che mol>ilitazione in Croazia secondo convincimento stesso Macek presenterebbe gravi difficoltà. Altrettanto egli crede in Macedonia di cui elementi sokolisti qui convenuti recente adunata avrebbero dichiarato che all'atto mobilitazione ufficiali di riserva macedoni sconfinerebbero piuttosto in Bulgaria. Crede che anche elementi albanesi di Macedonia si opporrebbero volgendosi verso Italia.

629

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 123. Sofia, 21 luglio 1939 (per. giorno 22).

Presidente del Consiglio mi ha detto che preoccupazione in questo momento prevalente per Governo bulgaro sono le misure militari turche. Sono noti gli importanti concentramenti militari in Tracia turca. Inoltre recenti ispezioni militari turche in Tracia greca confermerebbero che Turchia

assumerebbe ivi al momento opportuno predominio operazioni. Sarebbe anche

stata prevista azione in seno minoranze turche di Bulgaria principalmente dense

nella regione sud-orientale, donde, osserva Kiosseivanov, con presumibile se

condo fine, autorità turche avrebbero finora evitato favorire reingresso in Tur

chia secondo accordi esistenti.

A tali misure Bulgaria sta provvedendo opporsi con opere fortificazione

e ammassamento cinque Divisioni regione sud-orientale, predisposti prossimi

richiami riservisti e acceleramento tempi eventuale mobilitazione che consen

tirebbe assai rapido schieramento truppe copertura destinato garantire succes

sive celeri operazioni di mobilitazione. È parimenti previsto ampio inquadra

mento minoranze turche nel servizio del lavoro con allontanamento loro sedi.

Kiosseivanov mi ha vivamente insistito su urgente necessità bocche da

fuoco leggere e a tiro rapido, per cui vorrebbe sperare anche su interessamento

Italia.

Altra preoccupazione riflette base marittima Burgas che, come afferma, è nei progetti britannici unitamente con turchi di occupare in caso conflitto. Mi ha soggiunto che in tale evenienza importante elemento di intesa con Italia avrebbe anche potuto esser eventualmente costituito da predisposizione nostro appoggio navale mediante tempestivo invio in Mar Nero, caso minaccia conflitto e prima chiusura Dardanelli, siluranti, o sottomarini con equipaggio se anche, ove occorra per passaggio Stretti, sotto bandiera bulgara.

Circa attività britannica mi ha detto che è sintomatica qui presenza, inconsueta dato periodo estivo, Addetto Militare inglese ordinariamente residente Belgrado. Questi si darebbe molto da fare tentando soprattutto raccogliere informazioni relative decima Divisione bulgara in formazione. Avrebbe anche proposto questo Governo invio « per istruzione » due ufficiali britannici presso unità motorizzate bulgare. Kiosseivanov mi ha soggiunto avere naturalmente dato ordine massima riservatezza, convinto come egli è informazioni raccolte destinate Stato Maggiore turco, e rifiutato invio ufficiali britannici sotto pretesto unità motorizzate ancora in corso formazione.

(l) Non pubblicato.

630

IL MINISTRO A COPENAGHEN, SAPUPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATISSIMO PER CORRIERE 107. Copenaghen, 21 luglio 1939 (pe1·. 24 luglio, ore 11,30).

Riassumo conversazione avuta con questo Ministro di Romania, più che mai eccitato contro indirizzo politico suo Governo e la cui attività ha spesso apparenza di quella di un vero e proprio cospiratore. Anche ieri aspettava visita di persona che avrebbe dovuto giungere da Berlino mentre la Principessa Sturza fa la spola tra Copenaghen e Berlino, dove ora sarebbero riuniti tutti i fuorusciti Guardie di Ferro, anche quelli che in un primo tempo erano a Varsavia (vedi 1nio telegramma n. 28 del 19 marzo).

Secondo Sturza Inghilterra farebbe di tutto per provocare la guerra preventiva contro la Germania su pretesto questione Danzica che le assicurerebbe concorso esercito polacco. In occasione crisi Cecoslovacchia questo concorso era escluso ed è per questo che l'Inghilterra non reagì. Secondo Sturza trattative Mosca sono lunghe e difficili perché gli inglesi vogliono assicurarsi concorso effettivo esercito sovietico in una operazione di sbarco in massa in Dobrugia per attaccare, attraverso Ungheria e Cecoslovacchia, la Germania. Sturza è sicuro che patto anglo-franco-russo e sacrificio Sangiaccato comportano partecipazione esercito turco a questo corpo di spedizione orientale e che Generale inglese Ironside, che sarebbe specialista in operazioni combinate di terra e di mare, sarebbe a Varsavia per concretare con lo Stato Maggiore polacco una operazione del genere. Anche le fortificazioni che la Romania appresta febbrilmente lungo la frontiera ungherese e cecoslovacca sarebbero costruite per servire di punto di partenza a questo corpo di spedizione.

Unico modo di mandare a monte attuale piano franco-inglese è che la Germania si astenga dal provocare conflitto su questione Danzica e che giunga, col tempo, ad un compromesso con la Polonia in modo da fare venire meno il concorso dell'esercito polacco, considerato dagli inglesi indispensabile.

Come sintomo dello stato d'animo inglese, aggiungo che la consorte del mio collega inglese, che alla fine di settembre andrà a riposo, giorni or sono mi diceva che era loro intenzione fissare dimora in Francia: in caso di guerra pensavano stabilirsi temporaneamente in Svezia.

631

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 33. Londra, 21 luglio 1939 (per. 24 luglio).

Mio telegramma n. 030 del 15 luglio (1).

Questo nuovo Ministro di Jugoslavia Subotié è venuto oggi all'Ambasciata e mi ha messo al corrente di quanto -a suo dire -egli sapeva sul soggiorno a Londra del Reggente Paolo.

Subotié ha cominciato col riaffermarmi il carattere «privato:. della visita del Reggente. L'operazione subìta dal figlio minore, Principe Nicola, martedi scorso 18 luglio, era stata seguita stamane da un'altra operazione fatta ad uno dei figli del defunto Re Alessandro, il quale si trova pure in collegio in Inghilterra. Il Reggente Paolo passava cosi in clinica -secondo Subotié -gran parte delle sue giornate. Quanto a contatti avuti con personalità politiche e diplomatiche, essi si « riducevano » -cosi si è espresso Subotié -alle seguenti occasioni:

l) pranzo a Buckingham Palace con intervento di Chamberlain e Halifax;

2) un altro pranzo con Chamberlain;

3) un pranzo dai Duchi di Kent con intervento di Halifax;

4) ballo a Corte di avanti ieri sera, al quale sono intervenuti pochissimi capi missione stranieri che hanno così potuto intrattenersi per brevi minuti col Reggente.

Subotié ha aggiunto che il suo collega romeno, il Ministro Tilea, come pure vari altri ministri di Paesi balcanici, gli avevano chiesto di potersi incontrare col Reggente, ma che, non essendo essi stati invitati al ballo a Corte e non avendo più avuto luogo il ricevimento reale previsto per ieri nei giardini di Buckingham Palace, era mancata ogni possibilità di favorire simili incontri. Subotié ha continuato dicendo che egli stesso riusciva con difficoltà a vedere il suo Reggente, il quale, nonostante la preghiera rivoltagli, non si era ancora recato a visitare la sede della sua Legazione. Il Principe Paolo e la Consorte intenderebbero intrattenersi in Inghilterra ancora per qualche giorno, conservando alla loro visita sempre lo stesso carattere privato.

Subotié, concludendo, mi ha detto che nell'attuale situazione europea l'Inghilterra andava dimostrando alla Jugoslavia particolare interessamento e comprensione. Egli si è affrettato ad aggiungere che la Jugoslavia si è ormai definitivamente orientata verso una «neutralità favorevole alle Potenze dell'Asse», e che nessuna lusinga da chiunque provenisse varrebbe ad alterare questa fondamentale direttiva. In tal senso -ha soggiunto Subotié -egli si era all'occasione già espresso in ambienti inglesi; e desiderava ripetermi che c non c'è e non ci sarà alcun mutamento nella politica jugoslava».

(l) Vedi D. 586.

632

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 34. Londra, 21 luglio 1939 (per. giorno 24).

Mio telegramma per corriere n. 033 (1).

Nel corso della conversazione avuta oggi con questo nuovo Ministro di Jugoslavia Subotié, egli mi ha detto essere rimasto sorpreso da alcune circostanze per lui non molto chiare che avevano accompagnato la visita a Londra del Presidente del Parlamento bulgaro Moscianov.

Qualche giomo fa, infatti, Subotié aveva appreso l'improvvisa partenza per Sofia di questo Ministro di Bulgaria Momcilov, e raccolto voci secondo le quali egli si sarebbe recato a riferire l'esito di sondaggi da lui compiuti in vista della possibile estensione alla Bulgaria, sotto qualche forma tuttora imprecisata, di facilitazioni creditizie da parte della Gran Bretagna.

Quasi contemporaneamente Subotié era venuto a sapere, dallo stesso Incaricato d'Affari di Bulgaria, la presenza a Londra di Moscianov, venuto -così si era espresso l'Incaricato d'Affari -per c rendersi conto dell'atmosfera esistente negli ambienti politici e finanziari ».

Il giorno dopo il Ministro Momcilov faceva d'un tratto ritorno a Londra

c in aeroplano evidentemente~. commentava Subotié -e i giornali cominciavano a dar notizia dei movimenti di Moscianov. Si è cosi saputo che egli, Moscianov, era stato ieri ricevuto da Re Giorgio, che aveva avuto lunghe conversazioni con Halifax e con il consulente finanziario del Governo Leith-Ross, che era stato invitato a pranzo alla Camera dei Comuni dallo Speaker, il deputato Fitzroy. Si è incominciato anche a parlare di un prestito, sia pure di modeste proporzioni, che la Bulgaria starebbe cercando di ottenere a Londra, e di possibili facilitazioni commerciali che avrebbero formato il tema delle conversazioni con Leith-Ross.

Subotié non sapeva in qual modo i sondaggi compiuti da Momcilov si fossero integrati con quelli quasi contemporanei di Moscianov, ma si rendeva conto che la Bulgaria, incoraggiata forse dall'esempio delle proprie vicine, voleva ormai tentare di ottenere anch'essa a Londra qualche vantaggio commerciale e finanziario.

Passando quindi a parlare dei rapporti bulgaro-jugoslavi, Subotié mi ha detto non aver avuto da Belgrado ragguagli diretti sull'ultimo incontro Markovié_ Kiosseivanov. Egli pensava che, a parte ovvi scambi di vedute di carattere politico, vi fossero state discusse soprattutto questioni economiche. Vi erano stati in quest'occasione, all'estero e anche in certa stampa britannica, accenni ad una eventuale prossima unione doganale bulgaro-jugoslava: Subotié escludeva peraltro, anche per la similarità delle due economie, qualsiasi possibilità di una unione doganale, ma riteneva che esistessero effettivamente molte possibilità d'intesa fra Sofia e Belgrado per un'azione parallela e solidale sui mercati esteri, nel campo economico e commerciale.

Mi sono naturalmente limitato ad ascoltare Subotié, il quale ha concluso la conversazione con espressioni di ammirazione per l'Italia fascista e manifestandomi il suo vivo desiderio di mantenere frequenti e cordiali rapporti di collaborazione con questa R. Ambasciata.

(l) Vedi D. 6~1.

633

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 131. Sofia, 21 luglio 1939 (per. 5 agosto).

Mio telespresso del 27 u. s. n. 1577 (1). Notizia asserito prossimo viaggio questo Presidente del Consiglio a Parigi e Londra è stata oggi smentita da questa Agenzia telegrafica bulgara attraverso proprio servizio mondiale. Nulla per contro è stato comunicato al riguardo nel bollettino interno predetta Agenzia.

(l) Non pubblicato.

634

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 30. Varsavia, 21 luglio 1939 (per. giorno 24).

Mio telegramma n. 159 del 20 corrente (1).

La notizia diffusa nei giorni scorsi nella stampa estera circa l'eventuale invio in Polonia di un gruppo di squadriglie aeree inglesi, analogamente a quanto è stato recentemente fatto per la Francia, non trova qui finora conferma.

A tale riguardo un mio collega mi diceva stamani di avere chiesto alcuni giorni or sono a questo Ministro degli Affari Esteri quanto gli risultava. Beck gli aveva risposto di avere appreso la notizia dai giornali, ma che fino a quel giorno nessuna comunicazione ufficiale era pervenuta in proposito. Il che fa ritenere che probabilmente anche questa dimostrazione militare di solidarietà inglese, che aveva già suscitato qui molta aspettativa, verrà a mancare. Invece degli aeroplani inglesi, i polacchi si sono veduti per ora arrivare il generale Ironside, la cui missione, a quanto mi viene confermato, ha avuto più che altro scopo dimostrativo.

635

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 31. Varsavia, 21 luglio 1939 (per. giorno 24).

Questo Ambasciatore del Giappone, che si mantiene in assiduo contatto con il suo collega a Mosca, mi ha detto stamane di aver ricevuto da quest'ultimo notizie che confermano che le trattative anglo-sovietiche continuano ad essere ostacolate da sempre nuove difficoltà, create dal Cremlino. Il sig. Sako ha aggiunto che, sempre secondo l'Ambasciatore del Giappone a Mosca, le trattative stesse non sembrano destinate a raggiungere un risultato positivo.

636

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 3662/1525. Sofia, 21 luglio 1939.

Mio rapporto n. 1490 del 17 corrente (2).

Circa il viaggio di Moscianov a Londra, Kiosseivanov mi ha spontaneamente detto che esso gli risultava in buona parte di marca massonica.

L'ammissione è tanto più interessante, e documentaria dell'attività qui della

massoneria in connivenza con Inghilterra e Francia, che appunto ora mi è stato

segnalato il fascicolo 3° del marzo ultimo della Rassegna Massonica bulgara, nel

quale viene rilevato che la massoneria, se pure la sua più alta direzione non si

occupa di problemi politici, non esclude però che i «fratelli » possano avere

degli incarichi all'estero incontrandosi con altri fratelli stranieri, che hanno

influenza nei rispettivi paesi, potranno essere illuminati e anche guadagnati

nell'interesse non solo della massoneria ma anche della Bulgaria stessa. A pa

gina 29 della pubblicazione stessa si legge testualmente come qui appresso traduco

dal fascicolo originale, che ho potuto avere per breve tempo in mie mani.

« Immaginatevi che possiamo inviare come delegato del Gr. Cons. della

Bulgaria ad un simile incontro uno statista bulgaro come per esempio Stoico

Moscianov. Come Presidente del Parlamento, egli gode la fiducia del Governo

bulgaro e potrà non soltanto con competenza trattare le questioni politiche che

interessano la Bulgaria, ma avrà pure il privilegio di essere ascoltato con fiducia

perchè i « muratori » si devono reciprocamente sincerità e fiducia. Cosi riuscirono

Venizelos e i politici serbi nell'epoca della guerra balcanica a creare uno stato

d'animo contro la Bulgaria in favore del proprio paese ».

Kiosseivanov mi ha detto inoltre che attribuiva anche a pressioni massoniche l'udienza inusitatamente accordata a Moscianov dallo stesso Re d'Inghilterra, cortesia sovrana che peraltro lo aveva posto in obbligo di togliere, per la circostanza, il veto che aveva posto a qualunque notizia di stampa sul viaggio del Presidente della Camera bulgara. Infatti comunicati Havas e Reuter sull'udienza medesima sono stati pubblicati nel bollettino dell'Agenzia Telegrafica bulgara, e riprodotti, per vero molto dimessamente, dalla stampa.

Il Presidente del Consiglio mi ha finalmente soggiunto di aver dato incarico al Ministro di Bulgaria a Londra da lui rinviato ieri in sede allo scopo di seguire gli avvenimenti del viaggio del Principe Paolo di Jugoslavia in Inghilterra, di sorvegliare anche attentamente Moscianov, mantenendosi nel massimo possibile riserbo nei riguardi di questi.

(l) -Vedi D. 616. (2) -Vedi D. 599.
637

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 5450/1665. Berlino, 21 luglio 1939.

·Oggi questo Ministro di Svizzera ha, a nome del suo Governo, fornito a questo Segretario ~i Stato all'Auswartiges Amt taluni chiarimenti c'irca l'attitudine elvetica in materia di garanzie, specificando che -nella specie -queste non erano state nè chieste nè accettate e che quindi non implicavano alcuna responsabilità od impegno da parte svizzera.

Ha anzi consegnato in proposito un piccolo memorandum, che S. E. Weizsacker si è riservato di esaminare pur facendo comprendere fin da ora che le spiegazioni in esso contenute non sembrano ta:J1i da togliere ogni dubbio in materia.

638

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 96. Mosca, 22 luglio 1939, ore 0,47 (per. ore 2,40).

Nel corso della conversazione odierna con Potemkin gli ho domandato se poteva dirmi qualche cosa sull'andamento negoziati anglo-franco-russi. Vice Commissario mi ha risposto che « erano stati già raggiunti risultati apprezzabili ma che si discuteva ancora vivamente su diversi punti~.

Sua impressione era che negoziati si sarebbero protratti per lungo tempo. Mi ha dichiarato infondata notizia data nostra radio secondo la quale conversazioni dovevano essere concluse in un senso o nell'altro entro breve termina perchè Molotov intendeva prendere sue vacanze nel Caucaso.

Ha aggiunto che nessun membro del Governo sovietico avrebbe preso vacanze durante questa estate.

639

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 527. Tokio, 22 luglio 1939, ore 6,50 (per. ore 16,25).

Accordo anglo-nipponico preliminare a discussione per Tientsin sembra possa ormai considerarsi come di sicura conclusione. Resta solo da sapere se e quali concessioni siano state fatte da Arita. Ma queste non possono essere tali da mutare essenzialmente carattere resa inglese e forse consisteranno nella rinunzia a qualcuna delle richieste più dure fatte aggiungere dai militari all'ultimo momento e che accentuavano riconoscimento formale della propria disfatta.

In considerazione della gravità delle condizioni poste nè Ministero della Guerra nè Ministero degli Affari Esteri credevano che esse sarebbero state accolte dall'ormai solo leggendario amor proprio britannico. Cosicchè arrendevolezza inglese tanto più in quanto cosi pronta ha qui stupito e mentre suscita gioia fa dubitare buona fede accordo. Può darsi che Londra convintasi non poter fare affidamento sulla collaborazione di Washington e Mosca e sulla resistenza di Chang Kai Shek abbia deciso sia in buona fede sia in malafede accettare dure condizioni giapponesi per salvare quanto ancora può dei suoi interessi in Cina (forse anche offrendo suoi buoni uffici per conclusione pace e facendo balenare qualche possibilità di futuro prestito) e per staccare Giappone dall'Asse. Rapidità resa inglese potrebbe spiegarsi anche con sue preoccupazioni per situazione europea.

Rimangono da vedere risultati pratici applicazione accordo e sua influenza sulla politica nipponica verso Asse. Ma fin da ora può dirsi che anche nella peggiore ipotesi siccome programma espansione asiatica del Giappone non si restringe affatto all'Estremo Oriente, Inghilterra non potrebbe mai fare asse

gnamento sicuro su un Giappone che rimanesse neutrale sino fine di una guerra europea.

Ambasciatore di Germania partito da alcuni giorni per la Corea in breve gita autorizzata e non tornerà che martedì.

640

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. URGENTE SEGRETISSIMO 15626/278 P. R. Roma, 22 luglio 1939, ore 15,0.5.

Il Duce avrebbe in animo di dare al prossimo convegno del Brennero un contenuto effettivo della maggiore portata internazionale, nella contemporanea riaffermazione dell'indissolubile amicizia itala-tedesca.

Ho dato a Magistrati, che sarà costà lunedì mattina, le istruzioni per Voi (1). Egli Vi riferirà integralmente circa il nostro progetto il quale, per il suo carattere di grande riservatezza e importanza, dovrà da Voi essere trattato direttamente e personalmente ed esclusivamente con von Ribbentrop perchè sia portato subito a conoscenza del FUhrer.

Vorrete quindi chiedere con urgenza un appuntamento a von Ribbentrop per incontrarlo dovunque egli attualmente si trovi. Sarà utile che Magistrati Vi accompagni per fornire ogni eventuale specificazione e dettaglio.

PregoVi assicurare.

641

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 444. Berlino, 22 luglio 1939, o1·e 22,05 (per. o1·e 23).

Telegramma di V. E. odierno n. 278 (2). Accuso ricevuta.

642

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 189. Budapest, 22 luglio 1939 (per. 24 luglio).

Mio telegramma per corriere n. 0186 (3).

Come è già noto all'E. V. il Conte Csaky mi ha detto che, avendo avuto

comunicazione dell'E. V. circa la data proposta per il suo viaggio, era dolen

tissimo di non poter partire subito, prima del 24, nè di essere a Roma per il

31 -Doc!imenti diplomatici -Serie VIII -Vol. XII

10 agosto, avendo già per quell'epoca predisposto un viaggio in Germania aderendo ad un invito del Ministro dell'Interno Frick di recarsi a Salisburgo alle feste che vi si svolgeranno in quella settimana.

Egli si recherebbe in Germania in forma privata, ma ha preavvertito Ribbentrop facendogli conoscere che, se egli vorrà, è disposto ad incontrar1o dove crederà. Non era, almeno finora, previsto un incontro col Fiihrer.

Come aveva fatto presente al Barone Villani, era costretto quindi a rinviare il suo viaggio in Italia alla seconda metà del mese di agosto, ove nulla ostasse da parte dell'E. V.

Mi ha riservatamente aggiunto di avere intanto inviato una lettera per mano del Colonnello Szab6, che la trasmetterà a Villani, nella quale egli dà assicurazione al Regio Governo che, in caso di conflitto, l'Ungheria seguirà la politica delle Potenze dell'Asse; analoga comunicazione, alla stessa data, è stata inviata anche al Governo di Berlino.

(l) -Vedi D. 662. (2) -Vedi D. 640. (3) -Vedi D. 584.
643

IL MINIS.TRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 190. Budapest, 22 luglio 1939 (per. giorno 24).

Mio telegramma per corriere n. 0182 del 12 luglio (1).

Ho domandato al Conte Csaky se egli avesse poi eventualmente trasmesso al Governo britannico il progettato memorandum sulle questioni minoritarie transilvane.

Egli mi ha risposto che aveva inviato il memorandum contenente il punto di vista ungherese, per controbattere le informazioni di fonte romena che sapeva essere in possesso del Foreign Office, ma ad evitare ogni differente eventuale interpretazione, aveva dato istruzioni al Ministro d'Ungheria a Londra di consegnarlo alla prima occasione a Cadogan nel modo e nella forma che evitasse qualsiasi carattere ufficiale, senza neanche recarsi al Foreign Office allo scopo.

Quanto ai rapporti con la Romania, notava la recrudescenza degli attacchi della stampa romena, e il tono violento che essa aveva recentemente assunto; continuavano intanto da parte romena ad essere prese misure militari mentre si intensificavano i lavori di fortificazione alla frontiera; chieste spiegazioni al Governo di Bucarest, era stato risposto smentendo le parziali misure di mobilitazione, e giustificando i movimenti di truppe con manovre estive.

Da parte del Governo ungherese, le stesse manovre militari avrebbero avuto luogo lontano dalla frontiera romena e il Governo ungherese non solo non aveva preso misure militari di alcun genere, ma non aveva, allo stato attuale delle cose, alcuna intenzione di prenderne.

(l) Vedi D. 547.

644

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 191. Budapest, 22 luglio 1939 (per. giorno 24).

Mio telegramma per corriere n. 0181 del 13 luglio (1).

Il Ministro degli Affari Esteri, recatosi a Kenderes insieme al Presidente del Consiglio, dopo aver a lungo conferito col Colonnello Szab6, addetto militare ungherese a Roma, ha dettagliatamente informato il Reggente di tutta la questione.

Anche il Reggente ha pregato Csaky di rinnovare a V. E. l'assicurazione che nulla deve considerarsi mutato nell'intenzione del Governo nel senso della stretta collaborazione con l'Aeronautica italiana.

Csaky ha pregato il colonnello Szab6 di preparargli un promemoria che sarà sottoposto anche al Reggente. Il Conte Csaky ha avuto stamane una nuova conversazione al riguardo col colonnello Szab6 che parte stasera per Roma.

645

IL MINISTRO A BUCAREST, GRIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 68. Bucarest, 22 luglio 1939 (per. giorno 27).

Mio telegramma per corriere n. 063 del 10 corrente (2).

Questo Ministro degli Affari Esteri mi ha anche personalmente, a titolo amichevole e confidenziale, espresso il suo rammarico per le pubblicazioni di taluni giornali italiani --ed in particolar modo della Stampa di Torino -di cui al mio telegramma in riferimento.

Nell'assicurare il signor Gafencu che non avrei mancato di portare a conoscenza di V. E. le sue parole ho tuttavia creduto opportuno di aggiungere che taluni atteggiamenti della Romania, in correlazione specialmente col suo recente viaggio ad Ankara, non potevano non aver determinato sfavorevoli reazioni nell'opinione pubblica italiana.

Il signor Gafencu mi ha risposto ripetendomi gli argomenti da me più volte riferiti all'E. V. e diretti a provare che egli non si è distaccato dalla linea politica esposta a Roma all'E. V., e che, contrariamente a quanto asserito dalle pubblicazioni in questione, ha invece svolto presso il Governo turco opera di àmichevole moderazione.

(l) -Vedi D. 557. (2) -Non pubblicato.
646

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO PER CORRIERE 119. Roma, 22 luglio 1939 (per. stesso giorno).

Mi sono recato dal mio Collega di Germania. Gli ho riferito le impressioni che ho raccolto negli ambienti vaticani sulle relazioni fra la Santa Sede e il Reich. Non ho nascosto al sig. von Bergen che anche coloro che si erano fin qui mostrati fiduciosi nella possibilità di un componimento, stavano perdendo ogni speranza. Il Papa stesso, di fronte al persistere di una situazione in continuo peggioramento, sarebbe sul punto di mutare atteggiamento, credendo suo dovere imprescindibile di rivolgere una parola d'incoraggiamento ai cattolici tedeschi, così duramente colpiti.

L'Ambasciatore era al corrente delle cose, anche perchè il Cardinale Segretario di Stato gli aveva rimesso, ultimamente, un elenco di casi che hanno sollevato le proteste dei cattolici del Reich.

Ho domandato al Collega se, dopo il suo ultimo colloquio con il Papa, i suoi passi per chiarire l'atmosfera avessero avuto un seguito diretto o indiretto. Il sig. von Bergen mi ha risposto che non aveva più visto il Papa e che, d'altra parte, non aveva trovato ancora persona che si facesse tramite fra lui e Pio XII, per condurre conversazioni officiose. Egli aveva fatto cenno al Pontefice di questa sua intenzione di spianare il terreno a veri e propri negoziati, mediante preliminari conversazioni indirette e aveva atteso invano, finora, un messo del Papa. Ora, l'Ambasciatore, si sarebbe messo nuovamente alla ricerca di persona adatta, tanto più, ripeto le sue -testuali parole, che da una parte e dall'altra si attendevano sue proposte.

Ho incoraggiato il Collega a non perdere tempo se non voleva essere sorpreso dagli avvenimenti. Il Papa, secondo quanto mi è stato riferito, ha fiducia nella lealtà del Fiihrer e del suo Ministro degli Esteri e crede alle loro buone intenzioni, ma deve constatare che, alla periferia, si continua a pesare con dura mano sui cattolici. Se tale situazione di cose perdurasse, il Papa dovrebbe, alla fine, parlare e la ripresa di contatti diventerebbe, in quel caso, più difficile. Il sig. von Bergen si è dimostrato convinto del fondamento del mio ragionamento e mi ha dichiarato che intensificherà le ricerche di persona che possa essere gradita al Pontefice. Egli aveva pensato di rivolgersi al Padre Tacchi Venturi, ma ha dovuto smettere l'idea dopo che l'esimio Gesuita ha assunto la direzione delle Lettres de Rome il noto foglio anti-comunista, il quale, da qualche tempo, dà ospitalità a scritti poco favorevoli al Reich.

È evidente che il Papa non crede opportuno di prendere l'iniziativa di conversazioni officiose con il Reich. L'Ambasciatore di Germania avrà, dal canto suo, buone ragioni per tirare in lungo le cose.

Procurerò di tastare cautamente il terreno, senza rivolgermi alla Segreteria

di Stato, per sapere se da parte vaticana esiste il desiderio e la possibilità di

introdurre conversazioni officiose.

Se il risultato della indagine sarà favorevole, troverò il modo di mettere

le due parti a contatto.

647

PROGETTO DI COMUNICATO DEL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, PER IL PREVISTO INCONTRO CON HITLER AL BRENNERO

22 luglio 1939.

Il Fiihrer e il Duce, incontratisi al Brennero, dopo avere lungamente esaminato la situazione, hanno riaffermato contro la politica di accerchiamento dell'Asse, condotta dalle grandi democrazie, la loro volontà di pace e sono stati d'accordo nel ritenere che una conferenza fra le Potenze interessate, qualora fosse convenientemente preparata attraverso le normali vie diplomatiche, potrebbe condurre alla soluzione dei principali problemi che turbano l'Europa e aprire ai popoli un periodo di pace e di benessere.

Italia, Germania, Francia, G. B., Spagna, Polonia.

648

IL CAPO DEL REPARTO INFORMAZIONI DEL MINISTERO DELLA MARINA, LAIS, AL CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA MARINA, CAVAGNARI

(Pro memoria)

Doc. 1/3335. Roma, 22 luglio 1939.

l) L'ammiraglio Canaris è arrivato in volo ad Ostia, ieri alle ore 16, reduce da un giro in Spagna e nel Marocco Spagnolo. Riparte domattina per la Germania.

2) In Spagna ha trovato molta miseria, disordine, insoddisfazione. I formidabili problemi di ricostruzione sociale ed economica della Nazione non sono affrontati come dovrebbero. Il Paese non è pacificato e non ci sarebbe da meravigliarsi di vedere qualche ripresa di lotta civile. Fanno difetto i viveri e ciò concorre a mantenere il fermento nella popolazione.

3) Il Generale Franco ha detto all'Ammiraglio Canaris :

a) che ha paura di un conflitto in cui fossero coinvolte Italia e Germania perchè la Francia invaderebbe subito il Marocco Spagnolo, e la Spagna non può, a nessun titolo, sostenere una guerra, nè oggi, nè in un prossimo futuro.

L'Ammiraglio Canaris ha aggiunto che, ove tale eventualità dovesse, forzosamente, verificarsi, la Spagna diverrebbe un peso anzichè un aiuto, per l'Italia e la Germania;

b) che non c'è da pensare a tentare, in caso di conflitto, alcuna operazione contro Gibilterra; · c) che istituirà a Tarifa una base di M.A.S. per creare una minaccia nello stretto di Gibilterra.

4) L'Ammiraglio Canaris ha ottenuto l'adesione del Generale Franco alla costituzione di punti di appoggio per le unità germaniche destinate ad operare in Atlantico, in caso di guerra, a Santander, Vigo, Cadice, Barcellona (?), e in Marocco. Personale della Marina mercantile tedesca è già sopra luogo.

L'Ammiraglio Canaris non ha saputo precisarmi quali unità verrebbero dislocate in Atlantico. Mi ha detto che a Berlino viene considerato altresì l'impiego di incrociatori ausiliari per la guerra di corsa in Pacifico.

5) A riguardo della situazione politico-militare contingente, l'Ammiraglio Canaris mi ha fatto (verso mio impegno di evitare che le sue comunicazioni tornassero in Germania) le seguenti dichiarazioni:

a) la Germania non è pronta alla guerra.

L'Esercito non dispone di Stati Maggiori in numero corrispondente alle nuove unità da costituire, e non dispone di sufficienti riserve allenate. Si fanno corsi brevissimi (3 o 4 settimane) di istruzione, ma le deficienze vengono scarsamente o male colmate. Von Keitel continua ad augurarsi che non si arriverà alla guerra. La Marina germanica è impari ai compiti che la confronterebbero in caso di conflitto.

L'Aviazione tedesca è, a recisa dichiarazione confidenziale dell'Ammiraglio Canaris, molto inferiore a quel che tutti immaginano all'Estero, ma viene sostenuto il bluff sia fuori che nell'interno della Nazione;

b) L'Inghilterra è, oggi, militarmente pronta e disposta ad affrontare un conflitto. Ha avuto garanzie dagli Stati Uniti di un apporto americano di 5.000 aeroplani, equipaggiati al completo. Altri 3.000 apparecchi dovrebbe avere dalla Russia se gli accordi arriveranno (c~a su cui l'Ammiraglio Canaris non nutre alcun dubbio) a conclusione;

c) Il Partito Nazista vuole la guerra e il Fiihrer, non astante si sia persuaso che ormai Francia ed Inghilterra non indietreggerebbero più, è del parere che convenga affrontare la guerra adesso, perchè fra un anno la situazione sarebbe anche più sfavorevole alla Germania. L'Ammiraglio Canaris ritiene che il Fiihrer sia male informato da Goering (per esaltazione) e da Keitel (per tema di perdere il favore) sulle reali condizioni di efficienza delle Form Armate tedesche e sulle possibilità di rapida e intiera realizzazione del piano di azione progettato (occupazione della Polonia e di tutta la Ucraina Russa).

Canaris ha detto che Hitler non manifesta mai ad alcuno i suoi pensieri, anzi, peggio ancora, mentisce quando parla.

d) Canaris esclude la possibilità di una risoluzione pacifica della questione di Danzica. Ha espresso la sua ferma opinione che l'Inghilterra provocherà incidenti a Danzica per scatenare il conflitto. Egli lo ritiene (salvo che il Fiihrer non modifichi all'ultimo le sue attuali vedute) inevitabile e a breve scadenza. Canaris non esclude neppure che gli incidenti possano venir provocati dallo stesso Hitler, e il sospetto gli è nato in conseguenza ad insolita reticenza del Fiihrer nei suoi confronti. Canaris è lo specialista del Reich in materia di accensione di focolai, ma i suoi consigli di non tentare il gioco a Danzica, non sono piaciuti al Fiihrer che ha affidato alla polizia del Partito tutta l'attività segreta inerente alla faccenda;

e) Per quel che riguarda la posizione che assumerebbero gli Stati minori in caso di guerra, Canaris ha espresso l'opinione che la Romania sarebbe certamente contro e la Bulgaria molto probabilmente a fianco della Germania e dell'Italia. Benevolmente neutrale sarebbe l'Ungheria mentre assai infida è da ritenere la neutralità della Jugoslavia. Quanto alle Nazioni Baltiche, la Germania può contare sull'amicizia della sola Estonia.

6) L'Ammiraglio Canaris mi ha chiesto, con intenzione, se noi intendevamo lasciare molti Ufficiali di Marina come istruttori in Spagna, a similitudine di quanto, a suo dire, ha fatto il nostro Esercito.

Secondo lui, la Marina germanica non ha che un Ufficiale presso la Scuola Navale Spagnola.

7) Dopo avermi ripetuto la raccomandazione di non fare il suo nome nel riferire quanto mi aveva confidato, mi ha detto che, data la situazione politicomilitare del momento, egli mi avrebbe telegrafato per ·fissare un nuovo incontro (e io ho suggerito il Brennero) appena egli avesse raccolto a Berlino notizie che ci possono interessare.

II complesso delle sue dichiarazioni ha riconfermato il dubbio, in me sorto durante la mia ultima missione in Germania, che l'Ammiraglio Canaris si preoccupi della possibilità di colpi di testa del Fiihrer (favoriti sia dall'influenza di elementi ambiziosi, che dalla interessata reticenza di Capi responsabili) e che, come ho già in precedenza riferito, sia ansioso di far pervenire la sua voce fino al Duce.

649

L'AMBASCIATORE A B~LINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. RISERVATO 5512/1679. Berlino, 22 luglio 1939.

Il R. Consolato Generale in Amburgo segnala che diversi reparti di quel

Corpo d'Armata sono partiti per la frontiera polacca. Numerosi sono pure i

richiami di Ufficiali in congedo e di riservisti di tutte le armi e servizi.

Alcune fabbriche tedesche di tessuti hanno avuto l'ordine di sospendere

dal 3 agosto, fino a nuovo ordine, le forniture per usi privati, e sono state

avvertite che la produzione dev'essere riservata per usi militari.

La data generalmente segnata per un'azione tedesca su Danzica è precisa

mente il 16 agosto.

Si conferma che, in alto loco, un eventuale fallimento delle trattative

anglo-franco-sovietiche sarebbe assunto a indice della possibilità di « isolare »

la Polonia dai suoi alleati e quindi potrebbe costituire il segno per lo sferra

mento di un nuovo colpo tedesco.

650

L'INCARICATO D'AFFARI A. l. A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. s. n. (1). Londra, 22 luglio 1939.

Con mio precedente rapporto ho già riferito quanto mi risultava nei riguardi degli argomenti trattati nella recente conferenza anglo-francese di Singapore.

Aggiungo che, nel corso di un recente colloquio, questo Ambasciatore del Giappone signor Shigemitsu, pur premettendo di non essere riuscito a sapere nulla di preciso e di sicuro sui risultati della conferenza, mi ha confermato essere sua impressione che i principali temi discussi siano stati sostanzialmente i seguenti:

l) unificazione in caso di guerra delle forze militari inglesi e francesi in Estremo Oriente; 2) unificazione in caso di guerra delle forze navali e aeree inglesi e francesi in Estremo Oriente e problemi connessi strategici e tattici;

3) protezione di Hong-Kong;

4) protezione della navigazione mercantile;

5) possibile creazione di una base navale francese a Cam Remh.

6) approcci all'Olanda e agli Stati Uniti.

Shigemitsu ha aggiunto avere motivo di ritenere che l'Inghilterra abbia a suo tempo svolto qualche infruttuoso sondaggio all'Aja e a Washington per tentare di assicurarsi la partecipazione degli Stati Uniti e dell'Olanda alla Conferenza di Singapore. Egli ritiene inoltre che, a seguito della Conferenza stessa, i sondaggi e gli approcci presso le due predette capitali siano continuati da parte inglese, senza tuttavia addivenire, per ora almeno, ad alcun risultato concreto.

Shigemitsu mi ha detto infine che il Giappone ha considerato e considera con la massima tranquillità gli sforzi degli anglo-francesi per predisporre in funzione anti-nipponica la difesa dei loro possedimenti di Estremo Oriente. «La Conferenza di Singapore -egli ha concluso -qualsiasi decisione vi sia stata presa, non altera i dati di fatto, e cioè la schiacciante preponderanza del Giappone in una zona del mondo dove le forze che gli si potranno contrapporre saranno sempre insufficienti. Noi sappiamo che questo preciso senso di inferiorità ha dominato i lavori della Conferenza».

(l) Il documento, probabilmente un Rapporto, proviene dal Fondo dell'Archivio Affari Transoceanici, pacco Cina e fu ritrasmesso alle principali ambasciate con Telespr. 226746/C in data 10 agosto 1939.

651

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 3499/1564. Londra, 22 luglio 1939.

Questo Ambasciatore del Giappone mi ha oggi messo al corrente circa

l'attuale andamento delle trattative di Tokio.

Egli mi ha detto che, quando si era incominciato a parlare della possi

bilità delle predette trattative, le sue previsioni erano piuttosto scettiche sul

l'esito finale. Fra Londra e Tokio, ha continuato Shigemitsu, permaneva un

vasto equivoco: Londra voleva limitare la discussione ai particolari incidenti

di Tientsin, Tokio intendeva invece sollevare l'intera questione della politica

britannica in Cina, rendendosi conto che era l'appoggio inglese che permetteva

a Chang Kai Shek di continuare nella sua inutile resistenza.

La formula sulla quale si era raggiunto l'accordo per fissare il contenuto

dei negoziati e det::-rminarne l'inizio, era una formula alquanto vaga, nella quale

il riferimento alle « questioni connesse con gli incidenti di Tientsin » veniva interpretata dalle due parti in modo fondamentalmente diverso: da parte inglese, si intendeva al massimo l'impegno al mantenimento dell'ordine e della «neutralità» nell'ambito delle concessioni britanniche in Cina; da parte giapponese, il riesame di tutta la politica britannica nei confronti dell'azione nipponica sul continente asiatico. I negoziatori inglesi rimasero poi tanto più sorpresi e disorientati quando vennero a sapere che il Governo di Tokio non intendeva nemmeno incominciare a parlare dei particolari incidenti di Tientsin, fino a quando non fosse stato raggiunto un preventivo accordo sulle questioni di carattere generale che formavano lo sfondo («background») di tali incidenti.

Si parlò allora a Londra e altrove di un «diktat» giapponese all'Inghilterra, e Chamberlain dovette difendersi dalle accuse che già minacciavano di venirgli mosse dichiarando alla Camera dei Comuni che l'Inghilterra non avrebbe accettato imposizioni di terze Potenze per quanto riguarda la sua politica estera [mio telegramma n. 303 (1)].

Shigemitsu, discorrendo al Foreign Office, aveva spiegato non trattarsi per il Giappone di dettare all'Inghilterra la sua politica estera, ma solo di richiamarla alla realtà dei fatti e di darle (così egli si è espresso) « un amichevole consiglio nel suo proprio interesse»." Poichè gli veniva fatto presente dal Foreign Office che il Governo britannico non riconosceva altro Governo in Cina che quello di Chang Kai Shek col quale di conseguenza non poteva non intrattenere normali cortesi rapporti, Shigemitsu aveva risposto che dunque a Chang Kai Shek, e non alle Autorità giapponesi, doveva -per essere logico e coerente a sè stesso -rivolgersi il Governo Britannico per tutti gli incidenti di cui potevano rimanere vittime sudditi o in genere interessi britannici in Cina.

Le cose erano rimaste così sospese fra alti e bassi, allorchè oggi -(è sempre Shigemitsu che parla) -gli erano pervenute da Tokio notizie migliori. Fra le altre, un telegramma dell'Agenzia Domei, che Shigemitsu mi ha letto, e che riferisce il supposto contenuto dell'accordo di massima raggiunto ieri a Tokio: accordo che consacra il riconoscimento, da parte dell'Inghilterra, della speciale e anormale situazione oggi esistente in Cina e nei rapporti fra Cina e Giappone, nonchè l'impegno del Governo britannico di non far nulla che possa pregiudicare in qualsiasi modo il raggiungimento, da parte delle forze giapponesi, degli obiettivi che esse si propongono per la salvaguardia della propria sicurezza, per il mantenimento dell'ordine pubblico, e per la rimozione di tutte quelle cause che possano ostacolare la loro azione e favorire quella dei loro avversari.

« Sembra dunque -ha concluso Shigemitsu -che gli inglesi siano stati indotti a modificare sostanzialmente, se non proprio invertire, la loro politica in Cina. Se così stanno le cose, vi è qualche buona speranza per il proseguimento delle trattative, o piuttosto per l'inizio delle trattative che dovranno ora cominciare a Tokio per la liquidazione degli incidenti di Tientsin. Noi giapponesi non vogliamo certo rendere più difficile agli inglesi l'accettazione e l'attuazione di una simile nuova politica. Comprendiamo benissimo come non sia cosa facile

per loro, nè gradita al loro prestigio, mettersi d'un tratto sulla strada della

ragione, dopo avere dimostrato tanta ostinazione e pertinacia sulla strada della

follia. Dobbiamo dunque aiutarli a salvarsi la faccia (« save their face ») e

purchè la sostanza sia nostra, la forma e l'apparenza potremmo pure essere

disposti a lasciarla a loro ».

In relazione a quanto precede riferisco anche che questo Ambasciatore di

Germania, che ho visto successivamente, mi ha detto ritenere che l'accordo di

massima anglo-giapponese annunziato oggi dalla stampa possa costituire una

vera e propria liquidazione dei contrasti esistenti fra politica britannica e poli

tica nipponica in Cina. Dirksen ha osservato che nel quadro stesso dell'accordo

rimarranno sempre molte ambiguità per quanto concerne l'applicazione pratica,

e conseguentemente numerose ragioni di attrito fra le due parti in causa, anche

prescindendo da quelli che sono gli scopi più vasti e finali della politica giap

ponese nel Pacifico, notoriamente diretti contro l'Impero Britannico. Dirksen

pensa anche che sia per ora prematura ogni conclusione su quelle che potranno

essere le ripercussioni dell'accordo di Tokio sulla politica britannica in Europa:

se cioè tale accordo possa essere salutato come l'inizio di una politica inglese

più ragionevole e più conciliativa, o viceversa se in esso si debbano piuttosto

individuare gli elementi di un irrigidimento inglese nei confronti della Ger

mania, in vista del quale appunto Londra avrebbe sentito la necessità di com

porre le sue divergenze con Tokio anche al costo di importanti concessioni.

(l) Non pubblicato.

652

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3502/1567. Londra, 22 luglio 1939.

Telegrammi di V. E. per corriere n. 13111 (1), e mio rapporto odierno

n. 3501/1566 (2).

Dalle indagini qui svolte non mi è stato finora possibile accertare elementi precisi e sicuri circa le pressioni che sarebbero state esercitate da Londra e da Parigi sul Governo siamese per indurlo a partecipare al piano comune di difesa che è stato discusso nella recente conferenza militare anglo-francese di Singapore.

Come V. E. avrà notato [mio rapporto del 26 giugno u. s. n. 2896/1294 (3)] la stampa ha qui invece cercato di accreditare la voce che fosse stato il Giappone ad infruttuosamente adoperarsi nella speranza di attrarre il Siam nella sua orbita politica.

Questi evidenti tentativi di precostituire un alibi e di registrare come un successo per l'Inghilterra la semplice neutralità del Siam, mi inducono a non escludere che pressioni o sollecitazioni siano state fatte dagli anglo-francesi a Bangkok con esito negativo.

Dello stesso parere comunque si dimostra questo Ambasciatore del Giappone, il quale -pur non disponendo di informazioni precise al riguardo -è portato a ritenere che i piani di difesa discussi nella conferenza di Singapore contemplassero anche l'auspicata ipotesi di una collaborazione economicomilitare del Siam con le forze anglo-francesi dislocate in Estremo Oriente. Il signor Shigemitsu mi ha detto anzi, che, dai rapporti inviati dal Console Generale del Giappone in Singapore, risulterebbe per lo meno probabile che l'Inghilterra e la Francia abbiano offerto una loro garanzia della integrità territoriale siamese, e che tale garanzia sia stata rifiutata dal Governo di Bangkok.

(l) -Vedi D. 344. (2) -Non pubblicato. (3) -Non pubblicato.
653

IL MINISTRO A BUCAREST, GRIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 70. Bucarest, 23 luglio 1939 (per. 27 luglio 1939).

Riferimento telegramma per corriere n. 63 del 10 luglio (l) e 68 del 22 corrente (2).

Anche questo Presidente del Consiglio ha attirato la mia attenzione, in forma peraltro molto riguardosa ed amichevole, su talune pubblicazioni apparse di recente su qualche giornale italiano e particolarmente sulle corrispondenze da Budapest alla Stampa di Torino e su quelle di Oreste Rizzini da Sofia al Corriere della Sera, più o meno ostili alla Romania e più o meno apertamente favorevoli alle rivendicazioni revisionistiche ed ungheresi (3).

Il signor Calinescu ha tuttavia mostrato di non voler attribuire troppa importanza a tali corrispondenze e di volerle considerare soprattutto come espressione dell'opinione personale degli autori, e si è invece diffuso a parlare dei rapporti italo-romeni, della sua speranza che gli scambi econom;ci fra i due Paesi vengano notevolmente intensificati e in particolar modo del suo desiderio che, dopo l'importante fornitura commessa alla Ditta Breda, possano giungere a felice conclusione anche le trattative in corso per affidare ai cantieri italiani l'esecuzione del programma romeno di costruzioni navali.

Ho risposto al signor Calinescu che condividevo beninteso pienamente il suo desiderio e la sua speranza; che per quanto riguardava le suaccennate pubblicazioni giornalistiche non avrei mancato di riferire a V. E. le sue parole, ma che era -a mio avviso -pur comprensibile che la politica apertamente e costantemente amichevole qi qualche Paese determinasse nell'opinione pubblica italiana comprensione e simpatia per le sue aspirazioni e che per converso, malgrado i sentimenti reciproci e i reciproci interessi economici, affiorassero nella medesima sfavorevoli reazioni di fronte all'atteggiamento della politica della Romania, che la stampa francese ed inglese

mostrava giornalmente e senza smentite di considerare come acquisita alla politica di accerchiamento perseguita dai Governi di Londra e di Parigi.

Il signor Calinescu mi ha risposto ribadendo la tesi nota all'E. V. circa la linea di condotta romena e le garanzie unilaterali accettate da questo Governo lasciando al Governo turco la piena responsabilità del suo atteggiamento al quale la Romania non solo sarebbe estranea ma anzi avrebbe cercato di opporsi, e concludendo con le seguenti parole: « Poco importa se i giornali di Parigi e di Londra ci dipingono come acquisiti alla politica francoinglese, se nulla di simile leggerete nei giornali romeni e se, ciò che è molto più importante, io sono ben deciso a non fare la guerra, ove non sia direttamente aggredito».

Il signor Calinescu ha poi confermato il suo desiderio di collaborare sinceramente con le Potenze dell'Asse, come dimostra il nuovo recente accordo economico con la Germania e le forniture sopra accennate commesse all'industria italiana; ma non ha peraltro taciuta la sua preoccupazione che il peso della Germania e la sua azione in questo Paese divengano troppo forti, esclusivi e soffocanti, onde la necessità per la Romania di equilibrare l'uno e moderare l'altra, diversamente da quanto avviene con l'Italia la cui posizione politica e la cui penetrazione economica sono invece desiderate e auspicate senza limitazioni.

Il Presidente del Consiglio ha terminato il suo dire riconfermando la sua amicizia per l'Italia, di cui è stato lieto di dare prova con l'atteggiamento amichevole immediatamente assunto dal Governo e dalla stampa romena in occasione dell'occupazione dell'Albania, nonchè la sua ammirazione per il Regime Fascista al quale, egli ha detto, si è ispirato e si inspira nelle sue realizzazioni il nuovo regime romeno.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 645. (3) -Così nel testo. Probabilmente è stato omesso • bulgare » dopo la parola • revisionistiche ».
654

IL MINISTRO A STOCCOLMA, SORAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 589/225. Stoccolma, 23 luglio 1939.

Mio rapporto n. 475/172 del 13 giugno u. s. (1).

Le apprensioni, destatesi in !svezia per gli atteggiamenti assunti dalla politica russa nei riguardi degli Stati baltici e della Finlandia, nonchè, in particolare, nelle questione delle Aland, sono sempre vive: ma ad esse corrisponde ora la parola d'ordine del mutismo e dell'attesa. Al Ministero degli Esteri, conoscono benissimo le dichiarazioni di Molotov" al Ministro di Finlandia in Mosca, circa l'interesse diretto che la Russia pretende avere sulla sorte delle isole Aland, ma tengono a che la cosa si sappia il meno possibile, ed è stata impedita ogni manifestazione della stampa in merito. Intanto, la consegna è di rispondere ai diplomatici inquirenti che la modificazione allo statuto delle Aland è stata innanzi tutto un'iniziativa finlandese, e che spetta alla Finlandia, non alla Svezia, di

dirigere la rotta, in mezzo alle presenti inattese difficoltà; il Ministro Sandler li indirizza addirittura ad Helsinki, come l'unico luogo competente a fornire notizie.

Ma è risaputo che non sono mancate le pressioni svedesi sulla Finlandia (se ve ne fosse stato bisogno) perchè la pratica venisse sospesa; come lo è di fatto e dovrà rimanere per lo meno fino al momento in cui sarà ben chiarita la posizione definitiva della Francia e dell'Inghilterra di fronte alla Russia. È, a dire il vero, abbastanza logico che, almeno finchè un patto anglo-franco-russo di qualche serio contenuto ha la possibilità di sbocciare dalle interminabili conversazioni di Mosca, la Francia e l'Inghilterra debbano tener conto delle pretese della Russia nella regione del Baltico: ciò vuoi dire che il consenso, dato dalla Francia e dall'Inghilterra sub conditione, per la fortificazione delle Aland, ha cessato di esistere, la condizione espressa apertamente o velatamente dell'acquiescenza russa essendo venuta a mancare con quell'improvvisa drammaticità che tutti sanno. Vien meno quindi il consenso di due Potenze firmatarie, oltre al dichiararsi l'aperta negativa di una interessata: tutta l'opera diplomatica finnosvedese s'i trova quindi per il momento a terra, come un castello di carte: e non è certo da questo Paese, lento, timido, e preoccupatissimo di non compromettersi di fronte ai potenti, che può attendersi la spinta per un'azione che tagli il nodo gordiano. Credo di non andare errato giudicando che ogni indizio di reazione eroica è stato spento in breve tempo dalla riflessione, e che, periclitando ormai l'unica iniziativa internazionale -statuto delle Aland -che sia stata presa dalla Svezia a memoria delle viventi generazioni, e periclitando con rischio di complicazioni per il Paese, si diffonde il prudente augurio che la questione possa non essere più ridestata dal suo sonno. Al tempo stesso, si radica la decisione per l'avvenire di farsi più piccini che sia possibile e più prudenti che le circostanze lo consentano: astenendosi dal sollevare alcuna questione, dall'adire ad alcuna azione -anche se praticamente utile agli stessi fini della neutralità -che possa provocare un qualsiasi contrasto.

Così la questione delle Aland, che doveva essere un primo esempio positivo di collaborazione nordica anche nel campo militare, si risolve al contrario, come è facile vedere, in un colpo per la solidarietà nordica, perchè dà nuova forza alle correnti in !svezia che tendono a ripiegarsi, abbandonando le prime trincee comuni al Nord, unicamente sugli interessi e sulla difesa della neutralità svedese, al di fuori di ogni forma di solidarietà per gli altri Stati nordici.

Già la divergenza fra le linee d'azione della Danimarca e quella degli altri tre Nordici nei riguardi del Patto di non aggressione colla Germania, aveva messo in luce quello che ho continuato a dire da anni, e cioè che gli Stati dell'Intesa Nordica politicamente si coniugano soltanto nella comune aspirazione alla neutralità, il che è troppo poco per costituire un'unità di qualche valore positivo. Il signor Molotov ha ora bruscamente ricordato agli Svedesi che pure la Finlandia può essere sottoposta sia ad attrazioni tali da dislocare anche dal quel lato il complesso nordico, sia a pericoli particolari che gli altri Stati nordici, neppure la Svezia, non si sentono di condividere. La Finlandia, come noto, ha protestato sui suoi giornali e certo non avrà mancato di presentare le proprie rimostranze, oltre che a Mosca, a Londra e Parigi. Qualche giornale svedese ha, invero, unito la propria voce a tali proteste: ma l'impressione prevalente è quella di una fondamentale debolezza, e la tacita convinzione che l'intesa nordica, simpatica comunione di pensieri e di tendenze in tempi pacifici (o dolci ricordi degli idillii ginevrini!), perde ogni consistenza appena qualcuno dei suoi membri viene a trovarsi in difficoltà.

Ciò nonostante, la facciata dell'edificio è conservata di comune accordo; nè mancheranno dimostrazioni atte a persuadere che il vuoto dietro la facciata non è completo. Così, il Ministro svedese della Difesa, Skold, si recherà in Finlandia dal 7 al 14 agosto per assistere alle grandi manovre finlandesi: tuttora in veste di messaggero di una amicizia fedele e solidale, in realtà, messaggero di una assoluta volontà di star fuori dai guai; cogli amici, se possibile; senza gli amici, dove ciò presenti maggiori possibilità di cavarsela o di procrastinare l'ora della tormenta.

(l) Vedi D. 220.

655

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 528. Tokio, 24 luglio 1939, ore 2,35 (per. ore 15).

Si conferma stupore per completa remissività inglese. Del resto chi conosce difficoltà negoziati con Giappone deduce sicuramente che se Inghilterra non avesse ceduto rapidamente e abbondantemente trattative non avrebbero potuto giungere a conclusione dopo una sola settimana. Mia supposizione offerta di prestito si è avverata; finanzieri inglesi hanno offerto ingente somma e senza condizioni. Giapponesi si sono riservati rispondere. Perdura diffidenza verso Gran Bretagna specie da parte dei militari. Circa discussioni Tientsin, questi fanno presente che in esse parte principale non spetterà più ad Arita bensì a militari.

656

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 529. Tokio, 24 luglio 1939, ore 8,25 (per. ore 15).

Da parte dei militari si assicura non essere mutata loro intenzione circa conclusione Patto. Aggiungono che dei cinque punti del progetto in discussione, quello sul quale essi sono ora d'accordo con il Ministro degli Affari Esteri per non accettarne modifiche, concerne la non entrata automaticamente del Giappone nel caso di non intervento Russia. Ciò innanzi tutto perchè notizie qui giunte negli ultimi tempi circa rifornimenti materiale da guerra terrestre e marittimo all'Armata Rossa d'Estremo Oriente li preoccupano parecchio. E ciò anche perchè si sono sentiti offesi dall'insinuazione tedesca secondo cui eccezione giapponese nel caso di non intervento russo sarebbe un pretesto per evitare in realtà entrata in guerra in qualsiasi caso. Berlino infatti si sarebbe detta convinta che russi ad

ogni modo non entrerebbero subito e che una loro entrata in guerra posteriore non costituirebbe più per i giapponesi obbligo entrata automatica.

Circa cinque punti su riferiti non posso essere più preciso ignorando con esattezza in che essi consistano. A causa di tale mia ignoranza mi sono astenuto finora esprimere parere circa accettabilità proposte giapponesi nel corso loro discussione; tuttavia nello stato attuale delle cose, tenuto presente che l'accordo già conseguito con Inghilterra svaluta suoi possibili futuri sviluppi in rapporto delle offerte britanniche di aiuti economici, crederei che malgrado assicurazione su riferita dai militari sarebbe necessario non lasciar trascorrere altro tempo indmre asseritami intransigenza germanica a fare concessioni e cercare di giungere ad una conclusione quanto più presto possibile.

657

IL CONSOLE A BRATISLAVA, LO FARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 31. Bratislava, 24 luglio 1939, ore 13 (per. ore 15).

Ministro degli Affari Esteri mi ha ufficialmente incaricato chiedere a V. E.: l • per quale data è prevista nomina di un rappresentante diplomatico italiano a Bratislava;

2° ove non fosse prossima, se Regio Governo non potrebbe comunicare ufficialmente al Governo slovacco che conferisce provvisorio carattere rappresentanza diplomatica a questo Consolato che di fatto funziona come tale da quattro mesi, mentre Console non è ancora munito di exequatur del Governo slovacco.

Si è tenuto nel contempo a dichiararmi che analogo passo viene fatto presso altri Governi che non hanno regolarizzato posizione loro Co,nsolati, ma che nei riguardi dell'Italia è soprattutto ispirato dal desiderio aver relazioni più amichevoli ed intime possibili con il R. Governo.

Circa attuale stato rappresentanze diplomatiche Bratislava richiamo mio telespresso n. 248 del 14 giugno scorso (1).

658

IL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 79. Gedda, 24 luglio 1939, ore 14,40 (per. ore 18,50).

Mio telegramma n. 68 (2). Re Ibn Saud mi ha fatto esprimere da Sottosegretario Yusuf Yasin sua piena soddisfazione per protesta italiana contro cessione Alessandretta alla

Turchia, nonchè suoi più vivi ringraziamenti per Governo Fascista per protesta di cui si tratta.

Ibn Saud (il quale personalmente ascolta sempre, con particolare interesse, radio trasmissioni Bari in lingua araba), gradirebbe che predette radio trasmissioni nello Yemen trattassero ed illustrassero più ampiamente questione mandato francese su Siria, al fine di rafforzare più efficacemente relativa propaganda presso arabi, i quali, almeno in Saudia, seguono immancabilmente radio trasmissioni stesse.

Aggiungo che sarà in ogni caso necessario tener presente raccomandazioni fatte dal Governo saudiano [mio telegramma n. 71 (l)] circa radio trasmissioni Bari.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 346.
659

IL CONSOLE GENERALE A PRAGA, CARUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5. Praga, 24 luglio 1939 (per. giorno 27).

Ho l'onore di segnalare ad ogni buon fine che circolano voci circa una eventuale azione tedesca per Danzica che dovrebbe aver luogo il 15 agosto p. v. Tali voci sarebbero avvalorate dai seguenti fatti:

l) Le Autorità del Protettorato hanno disposto che tutti i lavori stradali in corso siano affrettati e la costruzione di piccole opere (ponti, passaggi ecc.) non sia iniziata se non si ha la sicurezza che avranno termine prima di tale data.

2) Le Autorità del Protettorato hanno ridotto il numero dei visti per l'uscita e l'entrata in Boemia e Moravia a un numero minimo rimandando molti dei richiedenti ad epoca che in massima sarebbe posteriore ai 15 del mese prossimo.

660

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 116. Berlino, 24 luglio 1939 (per. 28 luglio).

Mi è stata data oggi comunicazione di un passo ungherese --ufficialissimo

con cui l'Ungheria mentre, da una parte, domanda di venire associata alle con

versazioni militari itala-tedesche, dall'altra notifica che non parteciperebbe ad

una eventuale guerra contro la Polonia. Un passo analogo risulterebbe essere

stato compiuto a Roma.

A parte l'incongruenza delle due contemporanee domande, qui la cosa ha

fatto un'impressione enorme, attitudine ungherese venendo giudicata come in

degna e paragonabile a quella di « topi che abbandonano una carcassa di nave

al momento del pericolo».

Mi riservo di far conoscere le reazioni del Fiihrer ed i propositi del medesimo circa una eventuale risposta. È da ritenere comunque che il passo ungherese farà molto riflettere sopra la portata e la ampiezza di possibili schieramenti avversari in caso di guerra.

Una certa sorpresa ha pure causato qui la notizia diffusa dalla stampa francese circa talune dichiarazioni di «neutralità» attribuite al Ministero degli. Esteri giapponese.

Si spera che esse vengano smentite e l'Ambasciatore giapponese è atteso all'Auswartiges Amt per chiarimenti in proposito oggi stesso. Ma la cosa non rimarrà comunque senza traccie, tanto più che in questi ultimi tempi qui è stato rilevato sia lo scarso desiderio del Giappone a complicare le cose in Mongolia, sia, da ultimo, l'impossibiltà che -nelle recentissime negoziazioni anglo-nipponiche a proposito di Tientsin -l'Inghilterra non si sia dopo tutto assicurata anche essa una qualche contropartita.

(l) Non pubblicato.

661

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 125. Sofia, 24 luglio 1939 (per. 28 luglio).

Mio telecorriere del 13 corrente (1).

Presidente del Consiglio tornando sull'argomento del telegramma per corriere di V. E. n. 456 del 5 corr. (2), di cui, come da mio surriferito, gli avevo parlato secondo istruzioni dell'E. V., mi ha detto spontaneamente che indicazioni da me dategli circa direttive politica turca, gli risultavano esattissime, e erangli state confermate anche da altre parti.

662

RIASSUNTO DELLE ISTRUZIONI DEL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, PER L'AMBASCIATA A BERLINO CONSEGNATE A ROMA AL MINISTRO CONSIGLIERE A BERLINO, MAGISTRATI

Roma, 24 luglio 1939

l) È evidente che, nel momento attuale, il prossimo incontro al Brennero è destinato ad avere una larghissima risonanza internazionale. È chiaro infatti che l'annuncio dell'incontro attirerà su di esso l'attenzione del mondo intero, che attenderà con impazienza ed ansia le decisioni che vi verranno eventualmente prese.

2) Occorre dire innanzi tutto in forma chia:ra e senza malintesi che se il Fiihrer ritiene sia veramente oggi giunto il momento opportuno per una guerra

32 · Documenti diplomatici· Serie VIII ·Vol. XII

l'Italia è disposta ad acconsentirvi al cento per cento. Se la Germania fosse

obbligata a mobilitare, l'Italia farà altrettanto e contemporaneamente, inten

dendo mantenere pienamente con tutte le sue forze i suoi impegni. Questo sia,

come già detto, chiaro.

3) Ciò detto, conviene considerare, in tema di conversazione e sempre · che il Fiihrer non porti al Brennero la sua decisa convinzione circa la necessità

di una guerra immediata, se lo scatenamento di una conflagrazione convenga

oggi o meno. Occorre a tale proposito far presente che, da parte italiana, le

impressioni e le informazioni che arrivano da ogni parte fanno seriamentE'

ritenere che, nel caso di un'azione su Danzica o in Danzica, non solo la Polonia,

nel suo isterismo presente, non rimarrebbe ferma, ma anche le Potenze occi

dentali, sopratutto la Francia, non potrebbero a loro volta disinteressarsi. Parigi

partirebbe in guerra e Londra non potrebbe fare altro che seguirla.

Ora, come il Duce ha fatto presente al Fiihrer nel suo promemoria affidato

al generale Cavallero, confermante le idee già espresse a Milano, l'Italia, per

più ragioni, non ritiene sia questo il momento più opportuno per le Potenze

dell'Asse. Una guerra infatti si immobilizzerebbe subito, da un punto di vista

terrestre, alla frontiera occidentale franco-tedesca e alla frontiera alpina itala

francese. Gli apprestamenti difensivi infatti delle due parti sono così forti da

rendere problematica e difficile un'azione offensiva dei due contendenti. La guerra

quindi acquisterebbe subito ad occidente un carattere aereo-marittimo. E l'Italia,

che sa di poter contare nel prossimo anno 1940 su ben 6 navi da battaglia,

delle quali due assolutamente nuove, capaci di trattenere nel Mediterraneo

almeno 8 navi da battaglia avversarie, rischierebbe, con una guerra nel 1939,

di perdere questa favorevolissima possibilità che per l'Italia avrebbe un

enorme peso.

4) A questa considerazione si aggiunge l'altra, importantissima, che la

Spagna la quale, secondo le impressioni dirette riportate dal Ministro Ciano,

va veramente orientandosi verso una sicura e definitiva amicizia nei confronti

delle Potenze dell'Asse, amicizia che con ogni probabilità dovrebbe tra non

molto trasformarsi in vera e propria alleanza, sarebbe nel c~so di una guerra

dichiarata oggi, sorpresa dagli avvenimenti e non potrebbe dare altro che una

benevole neutralità. In un prossimo avvenire invece essa, che vede le su~

ferite rimarginarsi con impressionante velocità, potrebbe costituire un elemento

di importanza decisiva per la guerra nell'Occidente europeo e nel Mediterraneo.

Lo spirito anti-francese in !spagna continua a fare progressi. Franco inoltre pensa

di poter mantenere sotto le armi un esercito di almeno mezzo milione di uomini

e ha persino incominciato a fortificare i Pirenei. Ma, si ripete, non si può pre

tendere che oggi egli sia già pronto a svolgere una qualsiasi azione pericolosa

per la Francia.

5) In tali condizioni occorre effettivamente considerare se sia conveniente lo scoppio immediato di una guerra, oggi che indubbiamente, per la guerra di nervi esistente e per la montatura bellica dei Paesi occidentali, le opinioni pubbliche democratiche appaiono in realtà abbastanza unite ed orientate verso la necessità di un'azione militare contro i Paesi autoritari. In altre parole oggi la guerra non sarebbe una sorpresa, mentre viceversa tra i vantaggi grandi delle Potenze dell'Asse è appunto quello di potersi muovere immediatamente, nel m omento meno atteso, per ottenere subito i maggiori successi. Con probabilità, tra un certo numero di mesi, le opinioni pubbliche democratiche finiranno per stancarsi dell'attuale esaltazione dei loro nervi e la possibilità di una sorpresa si ripresenterà senza dubbio più forte.

6) Per ritornare all'incontro del Brennero è evidente che se esso non portasse ad alcuna iniziativa di effettiva portata e si risolvesse unicamente in una nuova e abusata riaffermazione, pura e semplice, della volontà di pace dei due Capi delle Potenze dell'Asse, verrebbe ritenuto da avversari e da amici come un insuccesso e si presterebbe alle più svariate interpretazioni. Non mancherebbero persino coloro i quali direbbero che nell'interno dell'Asse, all'indomani stesso della stipulazione dell'alleanza, cominciano ad apparire difficoltà. In queste condizioni, dato che la situazione attuale, se nulla si fa per modificarla, non può non portare ad una guerra molto prossima, il Duce si è prospettato il problema di quali possono essere i mezzi migliori tatticamente, per sorpassare il momento attuale, permettendo così di arrivare a quello ritenuto invece più opportuno, da parte delle Potenze dell'Asse, per l'inizio di una conflagrazione.

In altre parole egli ha considerato l'eventualità di fare uso, da parte di Berlino e di Roma, di un mezzo atto a minare il fronte unico dei Governi e delle opinioni pubbliche dei Paesi democratici. E ha così pensato se un tale mezzo non potrebbe essere costituito dall'idea di veder lanciata dal Brennero, e cioè dai due stessi Capi delle Potenze autoritarie, l'iniziativa per una conferenza che sarebbe presentata come capace di discutere e risolvere i problemi europei attuali. Si metterebbero così automaticamente sul tappeto i «desiderata» della Germania e dell'Italia.

Il carattere di tale conferenza dovrebbe essere assolutamente europeo, per poter decidere, si ripete, unicamente sui problemi strettamente europei, ossia interessanti le relazioni tra le grandi Potenze europee. Verrebbero così escluse la Russia, dato che essa è Potenza a carattere intercontinentale, l'America e il Giappone. Si riunirebbero quindi intorno al tavolo soltanto la Germania, l'Italia, la Francia, la Gran Bretagna, la Polonia (dato il suo interesse diretto a quei problemi), e, per controbilanciare nettamente la Polonia stessa, la Spagna che verrebbe così ad essere posta senz'altro nel piano di grande Potenza europea occidentale.

Qualora poi -eventualmente -si desiderasse avere alla Conferenza un osservatore europeo neutro, rappresentante, in un certo modo, i piccoli Paesi, si potrebbe pensare, ad esempio, alla Svizzera oppure all'Olanda o alla Svezia.

7) Con una tale iniziativa, qualunque ne possa essere l'esito finale, le Potenze occidentali verrebbero intanto poste subito al bivio di accettare o meno l'idea. E l'iniziativa stessa, venendo improvvisa e di sorpresa, provocherebbe già di per sè stessa una viva emozione in quelle opinioni pubbliche dove, è bene ricordare, non mancano certo gli elementi i quali appaiono essere ben alieni dal volersi gettare in una guerra immane senza aver prima esaminato e discusso tutte le possibilità di soluzioni pacifiche delle questioni esistenti.

8) La prima delle eventualità, quella dell'accettazione della idea della Conferenza, farebbe sì che ad un tavolo a sei, le Potenze dell'Asse avrebbero evidenti probabilità di veder risolti a proprio favore quei problemi. Per Danzica infatti. la stessa opinione pubblica britannica, come ha dimostrato anche il recente colloquio Duce-sir Percy Loraine, considera già la soluzione tedesca «de facto » del problema come avvenuta, e quindi una soluzione «de jure » difficilmente potrebbe mancare. E la Polonia dinanzi al tavolo di una Conferenza si troverebbe in situazione ben diversa e potrebbe ingoiare il boccone più facilmente che non per un'azione unilaterale tedesca. E così anche nel campo dei problemi italiani si potrebbero fare evidenti progressi, e così nei riguardi dei problemi economici.

In una conferenza internazionale infatti i Paesi autoritari sono sempre in vantaggio perchè i loro rappresentanti sono liberi, e pronti a qualsiasi azione, senza essere schiavi delle ripercussioni sulle pubbliche opinioni. E a ciò si aggiunge per loro, sopratutto, la grande forza che è costituita dall'essere sempre pronti a ricorrere, in caso di necessità, ad un'immediata soluzione di forza, mentre nei Paesi democratici ciò non appare possibile. In conclusione quindi, nel ca~o di una Conferenza europea sulle basi suesposte, Germania ed Italia, strettamente unite e sicure delle loro mosse, avrebbero grande probabilità di successo.

9) Nell'eventualità, invece, che le Potenze democratiche, spinte dagli elementi estremisti delle opinioni pubbliche, i quali, invocando l'esempio di Monaco, vorrebbero imporre un atteggiamento di cosidetta resistenza, rifiutassero, la responsabilità degli avvenimenti futuri ricadrebbe integralmente sulle spalle dei Governi di Francia e di InghHterra. Questo rifiuto da una parte non potrebbe non provocare scissioni e discussioni nel fronte unico di Parigi e di Londra, e dall'altra darebbe a tutte le opinioni pubbliche, all'interno e all'esterno, la sensazione netta e precisa e per dir così la prova provata che coloro che vogliono la guerra oggi in Europa sono proprio l'Inghilterra e la Francia.

In questo caso evidentemente non rimarrebbe che la soluzione bellica per la quale Italia e Germania, forti del loro buon diritto, sono disposte ad andare con tutti i mezzi, fino in fondo.

10) In ambedue le eventualità, quindi, i vantaggi di una tale iniziativa per le Potenze dell'Asse sarebbero chiari e sicuri. Naturalmente essa, per provocare gli effetti voluti, deve essere mantenuta, fino all'ultimo, nell'assoluta segretezza perchè essa possa provocare con l'elemento di sorpresa, al quale si è sopra accennato, quel senso di incertezza e di sbandamento nei Governi e nelle opinioni pubbliche di Parigi e di Londra atto a rompere la loro unità morale e politlca.

11) In conclusione il Duce si ripromette di commentare quanto sopra personalmente al Fi.ihrer nell'incontro al Brennero. Questo proposito, si ripete ancora una volta, vale solo nel caso che il Fi.ihrer non preferisca invece veder giocare subito ed in pieno l'alleanza militare e politica italo-tedesca.

(l) -Vedi D. 559. (2) -Non pubblicato.
663

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, TELEKI, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

L. Budapest, 24 luglio 1939.

La situation de l'Europe reste sérieuse. Les nations prévoyantes commencent à coordonner leurs ressources matérielles et morales pour parer à toute éventualité ou surprise.

Ayant une confiance profonde en les forces morales et matérielles de l'axe Rome-Berlin, j'ai l'honneur de déclarer au nom du Gouvernement Royal de Hongrie que, en cas d'un conflit général, la Hongrie veut conformer sa politique à la politique de l'axe, comme elle l'a d'ailleurs toujours démontré.

Toutefois, il est bien entendu que l'adhésion à cette politique ne pourrait en rien entamer notre souveraineté :nationale qui se cristallise dans la constitution hongroise et ne pourrait non plus faire obstacle à la réalisation de nos buts nationaux.

Pour mettre à la pratique cette adhésion, il me semble nécessaire que la Commission Mixte Italo-Allemande se crée d'urgence un instrument dans son sein afin de discuter à trois tous les problèmes qui pourraient surgir d'une collaboration éventuellement très étroite entre les trois Puissances.

Je me permets de porter à la connaissance de Votre Excellence que j'ai adressé une lettre identique au Chef du Gouvernement Allemand (l). En attendant Votre obligeante réponse, je prie Votre Excellence d'agréer les assurances de ma plus haute cons'idération.

664

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, TELEKI, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI,

L. Budapest, 24 luglio 1939.

Pour éviter une interprétation éventuellement erronée de ma lettre du 24 juillet 1939, j'ai l'honneur de réitérer a Votre Excellence que pour des raisons d'ordre moral-à moins que les circonstances actuelles ne subissent une modification sérieuse -la Hongrie ne serait pas à meme de commettre un acte de guerre contre la Pologne.

Je me permets de porter à la connaissance de Votre Excellence que j'ai adressé une lettre identique au Chef du Gouvernemcnt Allemand (2). Je prie Votre Excellence d'agréer les assurances de ma plus haute considération.

665

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 2705/1083. Mosca, 24 luglio 1939.

Mio telegramma n. 96 del 21 corr. (3).

Quando -il 21 corrente -ho chiesto al Vice Commissario Potemkin se poteva dirmi qualche cosa sui negoziati anglo-franco-sovietici, non mi attendevo naturalmente di poter ottenere notizie di reale interesse, e tanto meno delle

informazioni particolareggiate sui punti in discussione. Da entrambe le parti si continua a mantenere la riserva più assoluta, e mi consta che neppure i rappresentanti dei Paesi politicamente legati ad Inghilterra e Francia riescono a provocare la minima indiscrezione.

Rivolgendogli quella domanda io cercavo semplicemente di ricavare dalle parole del Vice Commissario una qualche impressione generale sull'andamento delle conversazioni.

Sotto questo rispetto la risposta di Potemkin è stata abbastanza interessante. Egli mi ha detto testualmente: «Abbiamo già raggiunto dei risultati positivi; esistono tuttavia diversi punti sui quali continuiamo a discutere ene1·gicamente » (Ha accentuato la parola « énergiquement »).

Avendo poi io menzionato le voci circolanti all'estero, secondo le quali le trattative dovrebbero giungere ad una conclusione -positiva o negativa -entro breve tempo, perchè Molotov doveva partire quanto prima pel Caucaso per un periodo di riposo, Potemkin le ha recisamente smentite osservando che «nessun membro del Governo sovietico prenderà delle vacanze quest'estate».

Chiestogli finalmente quali fossero le sue previsioni sulla durata dei negoziati, egli disse: « È mia impressione che si prolungheranno ancora per molto tempo».

Il comunicato diramato stamane dal Narkomindiel a proposito del convegno di ieri al Cremlino si l'imita a dire che il 23 corrente « Molotov ha ricevuto, per la continuazione delle trattative, l'Ambasciatore inglese Seeds, l'Ambasciatore francese Naggiar ed il signor Strang ».

I negoziati adunque continuano, trascinandosi in un'atmosfera che -a giudicare da certi sfoghi fatti dai membri più giovani delle due Ambasciate interessate -non sembra essere delle più fiduciose. Debbo però aggiungere che da parte inglese si vuoi far credere che in questi ultimi tempi Molotov avrebbe incominciato a mostrare una maggiore comprensione del punto di vista britannico.

Sarebbe oggi altrettanto azzardato di quel che lo era all'inizio delle trattative il voler fare delle profezie sul risultato finale. Che l'U.R.S.S. non sia desiderosa di impegnarsi a fondo è evidente, e debbo supporre se ne rendano oramai conto perfino i negoziatori britannici. D'altra parte anche i dirigenti del Cremlino devono preoccuparsi delle conseguenze dannose che subirebbe la posizione internazionale dell'U.R.S.S. aualora il fallimento delle trattative risultasse palesemente dovuto alla loro malafede. In tale situazione di cose si spiegano facilmente le lentezze del negoziato e le continue difficoltà sollevate da Mosca, tanto più che queste trattative sono state affette fin dal principio da un vizio d'origine: la diffidenza reciproca.

A parte ciò io continuo a credere che la situazione in Estremo Oriente, anche se non discussa formalmente a Mosca, rappresenti un fattore importante per le decisioni sovietiche; e per questo mi chiedo quali potranno essere le ripercussioni sui negoziati in corso dell'attitudine remissiva adottata dall'Inghilterra nelle sue recentissime trattative col Giappone. Se la voce di una completa capitolazione di Londra a Tokio, che ha circolato oggi in questi ambienti diplomatici, venisse confermata, mi crederei giustificato a dire che l'accordo anglofranco-russo diventa sempre più problematico.

(l) Pubbl. in Documents secrets du Ministère des Affaires Etrangères d'Allemayne, II, Hongrie, D. 29, Paris, Dupont, 1946.

(2) -Id. id D. 30. (3) -Vedi "n. 638. Il telegramma però è del 22 luglio.
666

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 979/252. Peitaiho, 24 luglio 1939.

Con i miei rapporti n. 103 del 6 marzo u. s. e n. 183 del 19 maggio u. s. ebbi a riferire a V. E. circa la tensione che si è venuta a determinare nel Pacifico a seguito dell'occupazione da parte delle forze navali giapponesi delle isole Hainan e Spratley e della espansione giapponese nelle provincie meridionali della Cina; occupazione ed espansione che hanno portato l'Impero del Sol Levante contro gli interessi dell'Inghilterra, della Francia, degli Stati Uniti, dell'Olanda, e dei loro domini coloniali ricchi di materie prime e dove vaste regioni di popolamento rimangono ancora ermeticamente chiuse.

Per comprendere quanto giustificato sia l'allarme delle Potenze demoimperialistiche dinanzi al fenomeno dell'espansione nipponica, oltre al preponderante fattore politico, è da tener presente l'enorme ricchezza dei possedimenti coloniali. Infatti l'Indocina, dopo l'Algeria, rappresenta per la Francia il possedimento più redditizio; nelle Indie Olandesi vi è più ferro che in tutto l'immenso territorio cinese; la Malesia, eccezione fatta per il tungsteno e l'antimonio, possiede giacimenti minerari di ogni sorta, più ricchi di quelli della Cina nella Manciuria e del Giappone presi insieme; nelle Indie Olandesi e nel Borneo Britannico si trovano alcune delle più importanti fonti di petrolio del mondo. È poi evidente l'importanza agricola di detti possedimenti coloniali i quali producono tutte le varietà delle piante tropicali e subtropicali.

Le Potenze democratiche, conscie dei pericoli derivanti dalla nuova situazione, visto che la barriera delle note diplomatiche più non vale ad arginare l'inevitabile espansione nipponica, hanno deciso di concordare sin da ora un piano concreto di comune difesa.

In vista del raggiungimento di tale obiettivo, dopo un primo scambio di vedute a Londra e a Parigi, i Comandanti Navali inglesi e francesi in Estremo Oriente, hanno avute numerose consultazioni che hanno culminato, per iniziativa del Governo di Londra, nella conferenza militare di Singapore riunitasi il 28 giugno u. s. ed alla quale hanno partecipato:

l) Il Vice Ammiraglio Sir Percy Noble, Comandante delle Forze Navali inglesi in E. O., il Maggior Generale D. C. Mac Lead Comandante delle truppe inglesi in Birmania, il Colonnello S. M. Henderson dell'Ufficio operazioni ed informazioni del Comando dell'Esercito inglese delle Ind_ie, accompagnati da circa 50 ufficiali dipendenti;

2) Il Vice Ammiraglio Decoux, Comandante delle Forze Francesi dell'Indocina, il Colonnello S. M. Devèze del Comando delle Forze Aeree dello Stato Maggiore Generale, accompagnati da numerosi ufficiali dipendenti.

I lavori della conferenza sono stati ripartiti in quattro sotto-commissioni: parte generale -forze terrestri -forze navali -forze aeree. La conferenza si riuniva mentre con particolare intensità erano stati ripresi i lavori per gli apprestamenti difensivi degli «Straits Settlements », della Malesia,

e dell'Australia, ove, a quanto si dice, verrà quanto prima imposta la coscrizione per costituire un omogeneo nucleo di truppe.

La stampa francese ed anglo-sassone ha tentato di fare apparire la conferenza militare di Singapore come un ritorno alla maniera forte delle Potenze democratiche coalizzate ,per la prima volta in un «fronte unico per la pace» collo scopo evidente di stroncare prima o poi le mire ambiziose del Giappone. Ma tale propaganda giornalistica ha avuto scarsi risultati, tutti rendendosi conto che qualsiasi tentativo anglo-francese per ristabilire nel Pacifico un egoistico equilibrio è destinato a rimanere vano finchè perdura la tensione europea. D'altra parte gli apprestamenti militari dell'Inghilterra e della Francia non possono intimidire il Giappone che con le sue nuove posizioni strategiche domina nel Pacifico, forte della sua superiorità militare navale ed aerea.

L'attuale situazione nel Pacifico (che provoca oggi nuove coalizioni di interessi, determina direttive nuove e suscita reazioni vaste e profonde) il Giappone è riuscito a determinare, abilmente giocando sui contrasti europei, abilmente appoggiandosi al triangolo Anticomintern e poi all'Asse Roma-Berlino più decisamente.

Sintomatica è la coincidenza delle tappe dell'avanzata del Giappone in Asia con i momenti più acuti della tensione europea; il blocco nipponico delle coste della Cina venne reso effettivo mentre l'Inghilterra era costretta a seriamente preoccuparsi del Mediterraneo; Canton venne occupata durante la fase iniziale della crisi cecoslovacca e l'isola di Hainan durante la fase finale; l'occupazione delle isole Spratley coincise con l'occupazione italiana dell'Albania.

Per quanto i risultati della conferenza militare di Singapore siano tenuti segreti si dà per certo che vi erano all'ordine del giorno i seguenti problemi: l) modalità per la mutua assistenza navale in caso di aggressione da parte del Giappone; 2) Comando unico delle forze navali britanniche e francesi in Estremo Oriente:

a) abbandono di Hong Kong;

b) uso reciproco delle basi navali;

c) concentramento delle forze navali anglo-francesi a Singapore;

3) possibilità di assicurarsi la cooperazione militare degli S.U.A., dell'Olanda e del Siam, specialmente intesa a garantire in tempo di guerra la regolarità dei traffici marittimi e dei rifornimenti;

4) l'offerta al Siam di garantire la sua integrità territoriale; 5) la creazione di ingenti riserve di materiale bellico, di carburante e di viveri.

Il Governo inglese avrebbe notificato per bocca dell'Ammiraglio Sir Percy Noble la propria intenzione di rinforzare la propria flotta in E. O. con nuove unità navali, di potenziare la base navale di Singapore con nuovi armamenti e basi aeree e di valorizzarla in funzione di baluardo contro l'espansione nipponica. A tale proposito sarebbe stato posto in rilievo il pericolo che rappresenterebbe per Singapore la fortificazione delle isole Hainan e Spratley, specie se i giapponesi vi apprestassero basi aeree e di rifornimenti per sommergibili.

Durante le conversazioni qualche accenno sarebbe stato fatto anche al progetto nipponico di aprire un canale attraverso l'istmo di Kra (della lun

ghezza di 100 miglia, che, se realizzato, accorcerebbe la via marittima dall'Europa alla Cina di 1200 miglia e, secondo le stesse parole di un esperto navale britannico «taglierebbe fuori Singapore riducendo quella base navale a un luogo di villeggiatura»). Ma per ora la realizzazione di un simile progetto non appare possibile per l'ingente suo costo. Comunque da un punto di vista militare l'esecuzione del progetto, comportando anni di lavoro, rappresenta una eventualità lontana.

Secondo notizie di stampa alla conferenza di Singapore dovrebbe far seguito quanto prima un convegno di esperti militari britannici che dovrebbe riunirsi a Simla (India) per esaminare i problemi connessi con la difesa dei possedimenti britannici in India e in Estremo Oriente, e la possibilità di potenziare al massimo l'aviazione indiana.

Sarebbero già stati invitati a parteciparvi il Vice-Re delle Indie, il Governatore degli «Straits Settlements », il Governatore della Birmania e numerosi esperti militari inglesi tra i quali il Generale Mac Lead, che ha rappresentato il Governo della Birmania alla Conferenza di Singapore.

667

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 531. Tokio, 25 luglio 1939, ore 1,15 (per. ore 7,10). Mio telegramma 435 (1). Secondo quanto questo Ambasciatore di Polonia ha detto a un funzionario della R. Ambasciata, il Giappone avrebbe avuto in animo di mediare nella questione di Danzica al fine di fare cosa sgradita ai tedeschi verso cui serbava risen

timento per le forniture in Cina. Senonchè, in seguito, Ministro Esteri gli disse che Giappone aveva rinunziato mediazione che sarebbe fatta dall'Italia.

668

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 532. Tokio, 25 luglio 1939, ore 1,15 (per. ore 7,10). Anche la Marina dubita della buona fede inglese e della possibilità di una

vera e durevole chiarificazione della situazione in Cina. Essa dice di aver notato pure nelle recenti trattative una profonda diversità di concezione politica.

669

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 537. Tokio, 25 luglio 1939, ore 12,30 (per. ore 20).

Da ottima fonte civile, Circa nostro Patto situazione immutata. È evidente che fra scopi Inghilterra vi è stato quello allontanamento Giappone dall'Asse.

Forse qualche allusione è stata fatta nelle conversazioni da Ambasciatore d'Inghilterra, ma Ministro degli Affari Esteri non ha nemmeno toccato l'argomento. Certamente ove prima delle trattative con l'Inghilterra fosse stato stipulato Patto con l'Asse Giappone avrebbe potuto dettare sue condizioni all'Inghilterra, mentre ha dovuto accordarsi con questa su una formula vuota di contenuto. Se non si è giunti alla conclusione colpa principale è stata di Ribbentrop che a differenza azione diplomatica italiana si è ostinato a non accettare delle riserve giapponesi, dichiarando che non si trattava di un accordo commerciale bensì di un patto politico che richiedeva presa di posizione netta. Malgrado ciò si comincerà qui esaminare possibilità trovare una formula aggiuntiva di compromesso. Pare si chiederebbe poi al Duce di adoperarsi perchè fosse accettata dalla Germania (mi si assicura che concluso che fosse patto, esso fatalmente si rafforzerebbe).

Seconda proposta giapponese che fu presentata tempo fa a Roma e Berlino era stata frutto di un mese di discussioni e compromessi. È vano immaginare che Gabinetto potrebbe dopo ciò accettare richiesta Ribbentrop. Esso preferirebbe dimettersi. Ambasciatore del Giappone a Roma continua tempestare qui. Anche nuovo Addetto Militare Giappone si adopera molto.

(l) Vedi D. 359.

670

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 538. Tokio, 25 luglio 1939, ore 12,30 (per. ore 20).

Secondo alto funzionario politica estera, resa Inghilterra è derivata da situazione europea. Qui benchè fino ad ora soddisfatti non ci si fanno molte illusioni su solidità accordo che si paragona a quello italo-inglese. Ci si attende qualche dichiarazione britannica a Chang Kai Shek che attenuerà valore accordo e d'altronde sono inglesi che istigano russi agli attacchi in Manciuria. Fra i risultati dell'accordo vi è quello che America si è un poco allontanata dall'Inghilterra. Si crede nell'insieme Gran Bretagna farà di tutto per stipulare un patto con Sovieti anche se vuoto di contenuto.

671

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A SOFIA, TALAMO

T. 15878/151 P. R. Roma, 25 luglio 1939, ore 22,45.

Vostro 0121 (1).

Sta bene per visita Roma prima o seconda decade settembre codesto Presidente Consiglio. Potrete estendere invito anche a moglie e figlia di Kiosseivanov. Telegrafate.

(l) Vedi D. 627.

672

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 43. Bled, 25 luglio 1939 (per. 26 luglio).

Il linguaggio della stampa di Belgrado in occasione della festa nazionale francese del 14 luglio [ultimo capoverso del mio telespresso n. 2954/22 del 15 corrente (l)] mi ha indotto a parlare nuovamente, e apertamente, del contegno di questi giornali col Direttore degli Affari Politici che in questo momento fa anche le funzioni di Ministro aggi!Jnto. Gli ho richiamato le assicurazioni datemi da Smiljanié pochi giorni fa [mio telegr. per corriere n. 032 del 3 corr. (2)] e ho osservato che mi disp'iaceva dover constatare, a così breve distanza di tempo, una nuova e sensibile deviazione della stampa jugoslava dalle direttive fissate dal Governo.

Petrovié mi ha detto che egli stesso aveva avuto l'impressione che il tono assunto in questi ultimi tempi dalla stampa jugoslava non potesse essere considerato da noi soddisfacente. Ha aggiunto che sarebbe subito intervenuto per richiamare nuovamente i direttori dei giornali alla osservanza delle direttive date.

Effettivamente, anche V. E. avrà potuto constatare dai quotidiani fonogrammi stampa, il tono dei giornali ha subito mutato registro e ha segnato un notevole miglioramento nei nostri riguardi.

Mi risulta inoltre che tutti i direttori dei giornali hanno ricevuto in questi giorni nuove e precise istruzioni confidenziali con le quali viene esposta la politica del Governo: i buoni rapporti con tutti i Paesi vicini e in primo luogo con l'Italia e con la Germania e in particolar modo è vietata la riproduzione di articoli originali, comparsi nella stampa straniera, sfavorevoli alle Potenze dell'Asse.

Comunque è evidente che, date le ben note disposizioni d'animo di questi ambienti giornalistici e di quelli ad essi attinenti del mondo intellettuale ed accademico, un contegno corretto nei nostri riguardi da parte di questa stampa non si potrà ottenere se non attraverso un assiduo ed attento controllo di questa Legazione. È ciò che mi propongo di fare.

673

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 4963/2229. Parigi, 25 luglio 1939.

Sono stato oggi a visitare Bonnet per parlargli di alcune questioni amministrative di secondaria importanza.

Esaurita la conversazione su dette questioni, il Ministro mi ha detto che desiderava io sapessi che in seguito alla nota scritta da lui consegnata a questo Ambasciatore di Germania [mio rapporto n. 4470/2003 del 4 luglio u. s. (l)] il signor von Ribbentrop gli aveva fatto pervenire una lettera contenente il punto di vista tedesco circa il problema di Danzica.

Il signor Bonnet ha aggiunto che si riprometteva di rispondere fra qualche giorno a tale lettera affermando « non essere desiderio del Governo francese di immischiarsi negli affari tedesco-polacchi » ma ribadendo quanto già detto nella precedente nota e cioè che « ove un conflitto per Danzica sorgesse comunque fra Germania e Polonia, la Francia adempirebbe i suoi impegni verso quest'ultima ».

Mi sono limitato ad ascoltare tale comunicazione.

Il signor Bonnet mi ha detto poi di avere l'impressione che sia subentrata una certa calma nella situazione internazionale, ciò che gli permetteva di prendere un paio di settimane di vacanze. Dopo le quali era suo desiderio affrontare la trattazione delle questioni pendenti fra l'Italia e la Francia, dovendo FrançoisPoncet tornare a Roma appunto nella seconda metà di agosto.

Anche qui mi sono limitato ad ascoltare. Ad ogni buon fine informo V. E. che François-Poncet durante il suo recente passaggio per Parigi non si è fatto vivo con me.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 440.
674

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 2706/1084. Mosca, 25 luglio 1939.

Mio telegramma n. 97 del 25 corrente (2).

Avevo rilevato che da qualche giorno alcuni giornali stranieri (specialmente francesi ed inglesi) parlavano di un viaggio che il mio collega si accingeva a fare a Berlino per rispondere ad una chiamata del suo Governo. Il Temps del 22 corrente, giunto qui ieri sera, pubblicava anzi un telegramma Havas da Londra che dava il viaggio come avvenuto, e precisava che von Schulenburg sarebbe stato chiamato in patria non tanto per riferire sui negoziati commerciali tedesco-sovietici, quanto per dare al Fi.ihrer la sua opinione sull'attitudine dell'U.R.S.S. nel caso di un conflitto mondiale.

Siccome il mio collega non mi aveva mai fatto cenno di un suo prossimo viaggio a Berlino, sono andato stamane a chiedergli quale fondamento avessero le notizie messe in giro dalla stampa.

Von Schulenburg mi ha detto che era stato egli stesso il primo a stupirsene, perchè nessun invito a conferire gli era giunto dalla Wilhelmstrasse e perchè non vedeva in questo momento alcuna ragione che giustificasse la sua andata a Berlino. Il suo stupore era anche aumentato dopo aver udito la stessa radio

tedesca menzionare il suo preteso viaggio, non già per smentirlo, ma semplicemente per dichiarare che si trattava di una delle visite che i diplomatici tedeschi fanno di tanto in tanto alla cap'itale per mantenersi in contatto con uffici centrali.

Il mio collega non sa come spiegarsi queste voci, ed attende chiarimenti in proposito da Berlino. Egli mi ha poi confermata la notizia data da un comunicato del 22 corr. del Narkomindiel, cosl concepito:

«In questi giorni sono state riprese le trattative per il commercio e credito fra Germania ed U.R.S.S. Per conto del Commissariato per il Commercio Estero le trattative sono condotte dal Delegato Commerciale aggiunto a Berlino, Babarin, e per conto della Germania dal signor Schnurre ».

Von Schulenburg mi ha detto che il trasferimento dei negoziati commerciali <ia Mosca a Berlino era avvenuto per iniziativa sovietica, ciò era piuttosto strano, visto che questo Governo aveva sempre insistito perchè le trattative si svolgessero a Mosca. Il mio collega non può spiegarsi questo cambiamento di attitudine se non con l'ipotesi che si sia qui preferito di evitare che i contatti per l'accordo commerciale si prestassero a far circolare la voce di negoziati politici.

Questa spiegazione può apparire non del tutto convincente, in quanto sembrerebbe essere piuttosto conveniente per l'U.R.S.S., nello stadio attuale delle sue trattative con la Francia ed Inghilterra, di lasciar credere che esiste la possibilità di un accordo politico con la Germania. Ciò non di meno essa appare anche a me la spiegazione più plausibile.

Intanto è interessante notare che nè Molotov, nè Mikoian hanno più fatto la minima menzione di quelle « premesse politiche » sulle quali avevano tanto insistito un paio di mesi or sono, facendone la condizione sine qua non dell'accordo commerciale con la Germania.

Von Schulenburg mi ha finalmente informato che le conversazioni di Berlino procedono in modo soddisfacente e che l'accordo commerciale sembra essere sulla via della conclusione.

Si tratta sempre -secondo quanto mi ha detto -di un credito di 200 milioni di marchi a favore dell'U.R.S.S. Le passate difficoltà per le esportazioni tedesche sarebbero oramai superate; rimarrebbe solo quella di accertare se l'U.R.S.S. sarà in grado di fornire alla Germania un quantitativo di merci di un valore corrispondente a quello delle merci importate.

(l) -Vedi D. 464. (2) -Non pubblicato.
675

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 2707/1085. Mosca, 25 luglio 1939. Riferimento: mio rapporto n. 2644/1060 del 18 corrente (1).

Ho chiesto a questa Ambasciata del Giappone se la Nota dell'Ambasciatore Togo, respinta dal Narkomindiel e che aveva provocato il comunicato sovietico

del 18 corrente, avesse realmente il carattere di ultimatum, che ha asserito il Commissario del Popolo per gli Affari Esteri. L'Ambasciata me lo ha recisamente negato e mi ha dato la seguente versione dei fatti.

Durante le precedenti discussioni relative alle vertenze sorte fra Autorità sovietiche nel Nord S.akhalin ed i titolari giapponesi delle concessioni carbonifere e petrolifere, l'Ambasciatore Togo era stato informato che se entro il 19 corrente i predetti concessionari non avessero risolto le loro controversie con gli operai sovietici, sarebbero state applicate delle sanzioni legali, fra le quali l'annullamento delle concessioni, il sequestro degli impianti, ecc.

Il 16 corrente l'Ambasciatore del Giappone andò a vedere il Commissario Aggiunto Lozovski per reclamare contro le progettate sanzioni ed ottenere l'assicurazione che esse non sarebbero state applicate. E siccome il termine posto dalle autorità sovietiche era imminente, egli chiese verbalmente al Vice Commissario di conoscere la risposta del Governo almeno il giorno prima, e cioè entro il 18 corrente.

Poichè la conversazione aveva avuto luogo per mezzo di interprete, il signor Togo, appena rientrato all'Ambasciata, ne redasse un riassunto a titolo di documentazione e lo inviò al signor Lozovski con una breve lettera accompagnatoria.

Il signor Lozovski restituì il promemoria il giorno seguente, informando che non poteva accettarlo perchè redatto in forma di ultimatum. L'indomani il Commissario diramava alla stampa il comunicato da me segnalato.

Lo stesso giorno l'Ambasciatore rinviava al Narkomindiel il promemoria (questa volta senza lettera accompagnatoria), ma esso veniva nuovamente restituito senza commenti.

L'Ambasciata giapponese osserva che il promemoria era di fatto superfluo, visto che non conteneva altro che la conferma della comunicazione già fatta verbalmente dal signor Togo, comunicazione che il Vice Commissario Lozovski non aveva potuto far a meno di ascoltare.

Essa del resto ritiene che il passo fatto dall'Ambasciatore abbia raggiunto il proprio effetto, visto che a tutt'oggi -25 luglio -non le risulta che le autorità sovietiche abbiano preso nei riguardi dei concessionari giapponesi nel Nord Sakhalin le misure minacciate e che dovevano essere applicate fin dal 19 luglio.

Intanto stamane il Narkomindiel ha diramato un altro comunicato relativo alla questione delle concessioni. Trattasi di un lunghissimo documento nel quale si fa la storia particolareggiata dei precedenti e si contesta la fondatezza delle domande giapponesi. Ne faccio fare la traduzione e mi riservo di trasmetterla a V. E. con un ulteriore rapporto. Mi limito per ora di rilevare che in esso il Governo sovietico, non soltanto si lagna del fatto che il Governo giapponese appoggi i propri concittadini anche quando questi sono colpevoli di violazione dei loro contratti, ma lo accusa anche di istigare l'azione illegale dei concessionari giapponesi.

A mio avviso anche questo secondo comunicato, come quello del 18 corrente, ha più che altro uno scopo di politica interna: quello cioè di mostrare

al pubblico sovietico che il Governo dell'U.R.S.S. è capace di far valere con

fermezza le proprie ragioni di fronte al Giappone.

Più di queste manifestazioni verbali è sintomatico il fatto che Mosca mi

naccia ma non si decide a passare ai fatti: ciò che mi fa credere che anche

questa vertenza finirà per risolversi all'orientale, cioè -attraverso molte

finte -con un qualche compromesso.

(l) Vedi D. 604.

676

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3528/1580. Londra, 25 luglio 1939.

In relazione alle recenti fantasiose indiscrezioni di stampa e alle dicerie e ai commenti che hanno fatto il giro di Londra negli ultimi tre giorni sui colloqui Hudson-Wohltat [fonogrammi stampa di questa Ambasciata n. 202, 203, 204, e 205, e mio odierno telegramma n. 306 (l)] riferisco qui appresso quanto mi ha detto oggi questo Ambasciatore di Germania.

«Il signor Wohltat-così si è espresso Dirksen-è venuto a Londra con una missione ufficiale e due missioni ufficiose. La missione ufficiale riguardava le sue funzioni di delegato tedesco in una commissione riunitasi nei giorni scorsi per esaminare certe questioni attinenti alla pesca della balena. Le due missioni ufficiose concernevano alcuni aspetti finanziari connessi col problema dei rifugiati ebrei (conferenza di Evian) e con l'occupazione tedesca della Cecoslovacchia. Su questi vari temi si sono svolte discussioni abbastanza proficue, sulle quali non c'è nulla di speciale da osservare.

«Giorni or sono Wohltat è stato avvicinato dal suo collega e delegato norvegese nella commissione per la pesca della balena, il quale con visibile imbarazzo gli ha detto essere stato pregato dal Sottosegretario per il Commercio d'oltremare Hudson di far sapere a lui, Wohltat, che sarebbe stato lieto di incontrarlo e di avere con lui un colloquio.

« Wohltat ha riferito quanto sopra all'Ambasciata di Germania, ed uno dei segretari è stato incaricato di fissare l'appuntamento.

«Quasi contemporaneamente Wohltat è stato avvicinato da un altro intermediario che gli ha procurato un'appuntamento con Sir Horace Wilson, consulente industriale del Governo britannico.

«Tanto con Wilson quanto, in particolare, con Hudson, Wohltat ha avuto colloqui di tono cordiale, nei quali sono state in via generale esaminate le possibilità di collaborazione industriale, commerciale e finanziaria che potrebbero aprirsi tra l'Inghilterra e la Germania, ove un giorno venissero risolti i problemi politici che dividono oggi queste due nazioni, e si fosse stabilita una atmosfera di reciproca fiducia.

«Da quanto mi ha riferito Wohltat -Dirksen ha continuato -debbo escludere che in tali conversazioni si sia parlato specificatamente di prestiti, e ancor più di disarmo controllato, o di ridicoli accenni ad una evacuazione delle truppL tedesche dalla Cecoslovacchia. Debbo altresì confermare che Wohltat si è limitato ad ascoltare i suoi interlocutori senza prendere alcuna iniziativa di proposte o di trattative per le quali egli non era punto autorizzato.

«Tutto quindi si riduceva a conversazioni di carattere privato, privatissimo, destinate probabilmente a non portare a nulla di concreto, e che comunque dovevano rimanere ignorate dalla stampa.

« Io non so (è sempre Dirksen che parla) a chi è dovuta la responsabilità delle indiscrezioni. Io sono portato ad attribuirla a Hudson, uomo vanitoso che ha forse voluto crearsi un po' di pubblicità. Ma il fatto rimane che la stampa antifascista, o, piuttosto un gruppo di giornalisti antifascisti, fra cui primeggiano Gordon Lennox del DaiZy Telegraph e Vernon Bartlett del News Chronicle, si sono impadroniti di una versione distorta e fantastica delle conversazioni Hudson-Wohltat, per sfruttarla tendenziosamente sui loro rispettivi giornali. La gazzarra è allora cominciata, e lo stesso Hudson, in una intervista concessa al DaiZy Express e pubblicata ieri mattina, con una leggerezza non certo consona al posto ufficiale da lui occupato, ha aggiunto altre fandonie a quelle già pubblicate, con l'evidente scopo di difendersi contro possibili accuse di filonazismo, e di presentarsi al pubblico inglese come l'« uomo forte » che -pur con propositi di pace -dice alla Germania il fatto suo.

« Queste ridicole e pericolose distorsioni della verità da parte della stampa inglese, hanno condotto tuttavia alle ponderate dichiarazioni fatte ieri da Chamberlain ai Comuni, e da Halifax ai Lords, in seguito alle quali è apparsa oggi nella stampa una intonazione più obiettiva, che lascia trasparire l'intenzione del GoveTno britannico di soffocare questo pettegolezzo nel silenzio dal quale esso non avrebbe mai dovuto uscire».

Dirksen, concludendo, mi ha detto che le deduzioni che poteva trarre da questo incidente erano contradittorie. Mentre da un lato infatti gli sembrava buon segno che personalità di Governo o vicine al Governo come Hudson e Wilson avessero di loro iniziativa voluto intrattenere Wohltat su argomenti relativi ad una possibile futura collaborazione economica e commerciale anglotedesca, doveva d'altro canto registrare il fatto che la stampa nel suo complesso aveva reagito in modo decisamente ostile ad ogni accenno di potenziali negoziati tra i due Paesi.

(l) Non pubblicati.

677

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTISSIMO SEGRETO 450. Berlino, 26 luglio 1939, ore 14,24 (per. ore 16,15).

Giusta istruzioni di V. E. mi sono insieme a Magistrati recato ieri da Ribbentrop. Entrambi abbiamo ampiamente e particolareggiatamente a questi illustrato

il piano del Duce. Ribbentrop ha attentamente ascoltato, domandando spesso spiegazioni e chiarimenti. Si è quindi riservato di informare di tutto il Fiihrer. Per quanto egli si sia ben guardato dall'esprimere giudizi di sorta, è apparso tuttavia evidente che l'idea di una conferenza (per quanto come abbiamo bP.n chiarito avente carattere e fini tattici) non è qui destinata ad incontrare grande simpatia, sopratutto perchè si teme che una iniziativa in questo senso non potrebbe a meno -data la situazione -di essere interpretata come un segno di debolezza.

Ribbentrop mi ha al riguardo messo al corrente di taluni precedenti finora tenuti segreti e di cui riferisco a V. E. per corriere aereo (1).

Ho per parte mia insistito sulla impossibilità che, in qualunque caso, un incontro dei due grand'i Capi possa agli occhi dei terzi rimanere come sterile di risultati. Ho fatto rilevare questa esigenza essersi accresciuta dal fatto che l'incontro, avendo luogo per desiderio tedesco al Brennero, non rivestirebbe il carattere di una comune visita, ma bensì di una consultazione sul campo fra due Condottieri che insieme decidono sul piano da seguire. Tutto il mondo sarà ansioso di conoscere quale questo piano possa essere.

678

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTISSIMO SEGRETO 451. Berlino, 26 luglio 1939, ore 14,25 (per. ore 16,15).

Ribbentrop ha riconosciuto la forza di questo argomento, aggiungendo che egli stesso, che aveva particolarmente insistito per il Brennero, avrebbe proposto al Fiihrer di considerare eventualmente anche qualche altra alternativa che potesse apparire più opportuna.

Sia per questa ragione, sia per il fatto che il Fiihrer si tro·.ra già per il Festival wagneriano a Bayreuth, ove rimarrà a tutta domenica, e non è quindi facilmente raggiungibile, non riterrei da escludere un qualche spostamento sia di località sia, eventualmente, anche di data.

Desidero frattanto assicurare che 'ieri per la prima volta Ribbentrop -il quale aveva visto il Fi.ihrer due giorni prima -si è espresso con me in maniera da far ritenere come poco probabile e sopratutto come poco prossimo un eventuale colpo di mano cui la Germania non fosse costretta da una intollerabile provocazione polacca.

33 -Documenti diplomatici-Serie VIII -Vol. XII

(l) Vedi D. 687.

679

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 455. Berlino, 26 luglio 1939, ore 18,40 (per. ore 19,30).

--A lettera personale di V. E. 5005 dell'8 (1). Posso assicurare V. E. che l'idea di un invito al Maresciallo Badoglio è già in principio accettata. Invitante sarà il Capo della Wehrmacht S. E. Keitel. Data prevista per la visita la metà di agosto.

P. S.-Questo telegramma risponde alla prima richiesta. Ho già telegrafato perchè, secondo gli ordini del Duce, venga l'invito al Parteitag.

680

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 15960/283 P. R. Roma, 26 luglio 1939, ore 24.

Vostro 437 (2). Lettere di propaganda inglese sul tipo di quelle King-Hall non risultano diffuse in Italia.

681

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4970/2236. Parigi, 26 luglio 1939 (per. giorno 28).

Il signor Moscianov ha recentemente soggiornato a due riprese a Parigi.

Dopo aver assistito alla parata militare del 14 luglio, si è recato a Londra ove ha preso contatto con alcuni uomini politici inglesi ed ha avuto un colloquio con Eden.

Questa stampa ha discretamente messo in rilievo l'importanza della visita del Presidente della Sobranje, limitandosi a riferire in brevi dispacci, dei colloqui da lui avuti in Francia e in Inghilterra.

Soltanto in qualche commento non dedicato specificatamente all'argomento, è stato posto in evidenza come la Bulgaria sia ben lungi dal poter essere considerata definitivamente entrata nella costellazione dell'Asse, ricordando nell'occasione come l'Italia e la Germania facciano pesare la loro minaccia sulle piccole nazioni.

Il signor Moscianov, durante il suo soggiorno a Londra, ha fatto alcune dichiarazioni ad un rappresentante dell'agenzia Havas, il cui testo integrale ho il pregio di rimettere in foglio accluso al presente (1).

In questa capitale il Presidente della Sobranje ha incontrato Daladier e successivamente Herriot, del quale è stato ospite a Lione il 23 corrente.

È da ricordarsi che qualche mese fa Moscianov indirizzava un messaggio ad Herriot, esprimendo sentimenti di omaggio del Parlamento bulgaro a quello francese.

Il viaggio di Moscianov a Parigi, infine, segue a poca distanza la visita effettuata a Sofia dal noto senatore Justin Godart, dignitario massonico filoebraico, che partecipò -ufficialmente invitato -ad alcune cerimonie svoltesi presso quella Università, dalla quale ricevette la laurea ad honorem.

(l) -Vedi D. 514. (2) -Vedi D. 622.
682

IL MINISTRO A BUCAREST, GRIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 72. Bucarest, 26 luglio 1939 (per. 27 luglio).

Miei telegramma stampa nn. 401 e 403 del 19 e del 21 corrente (2).

Telespresso n. 2610/1150 del 20 luglio (3).

Telegramma per corriere n. 066 del 22 corrente (4). Ho avuto occasione di parlare con questo Ministro degli Affari Esteri dell'attuale violenta polemica di stampa ungaro-romena.

Gafencu ha fatto ricadere tutta la responsabilità sul Governo ungherese e particolarmente sul Conte Csaky. Secondo il Ministro degli Affari Esteri, è evidente la volontà del Governo ungherese di agitare la questione transilvana per mantenerla aperta e ... (5) nell'eventualità di rivolgimenti europei, e per ciò fare quel Governo non rifuggirebbe da invenzioni e false accuse di ogni specie.

Gafencu ha ribattuta la nota tesi del buon trattamento delle minoranze ungheresi in Romania aggiungendo che sono in corso di studio ulteriori provvedimenti a loro favore, e che i capi magiari di Transilvania disapprovano l'atteggiamento provocatorio del Conte Csaky e sono preoccupati delle possibili ripercussioni del medesimo nei loro riguardi.

Il Ministro degli Esteri ha concluso che egli non domanderebbe di meglio che far cessare la campagna di stampa fra i due Paesi, ma che di fronte alle pubblicazioni ungheresi non aveva potuto far tacere la stampa romena, soprattutto per quanto concerne la pubblicazione di elementi di fatto in pieno contrasto con le affermazioni di Budapest, quali il trattamento inflitto alle minoranze romene in Rutenia, le cui scuole sono state chiuse daHe autorità ungheresi

subito dopo l'occupazione, la presenza in Romania di oltre cinquecento disertori dell'esercito ungherese, nonchè altre circostanze denunciate in questi giorni dalla stampa romena.

(l) -(2) (3) (4) Non pubblicati. (5) -Nota dell'Ufficio Cifra: • Il testo risulta oscuro •.
683

IL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 73. Bucarest, 26 Zuglio 1939 (per. 27 Zuglio).

Mio telegramma per corriere 064 del 12 luglio (1).

Ho domandato a questo Ministro degli Affari Esteri quali notizie egli avesse sulle trattative esistenti fra la Turchia, la Gran Bretagna e la Francia per la redazione di un accordo definitivo.

Gafencu mi ha risposto che non aveva notizie recenti nè intendeva domandarle ai Governi interessati non desiderando mostrare di voler intervenire -come era stato sollecitato -nei negoziati in corso.

684

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 89. IstanbuZ, 26 Zuglio 1939 (per. 1° agosto).

Da alcune dichiarazioni fatte dal signor Menemengioghlu, Segretario Generale degli Affari Esteri, a qualche collega del Corpo Diplomatico di Ankara, risulterebbe che la Turchia invece di legarsi con due patti di reciproca assistenza, uno con la Gran Bretagna e l'altro con la Francia, stipulerebbe con esse un solo patto tripartito.

La firma e le modalità di questo patto tripartito dipenderebbero strettamente dai negoziati in corso a Mosca, e le clausole sarebbero più o meno impegnative a seconda che dalle conversazioni di Mosca risulterà una vera e propria alleanza militare dei Soviet con l~ due Grandi Potenze occidentali, cosiddette democratiche, oppure un patto di consultazione e di vaga assistenza.

Nè a me nè a von Papen è giunta notizia diretta di quanto sopra.

685

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

L. RISERVATA 5310. Roma, 26 Zuglio 1939.

Da parte sovietica-è stata qui prospettata la possibilità che un Ente parastatale dell'U.R.S.S. che si occupa di agricoltura rivolga ad una Confederazione italiana

un invito, in base al quale potrebbero recarsi nell'U.R.S.S. un funzionario sindacale ed un funzionario del Ministero dell'Agricoltura. Questi contatti avrebbero carattere del tutto generico ed ufficioso salvo a dar luogo a trattative specifiche in un secondo tempo e qualora da entrambe le parti se ne ravvisasse l'opportunità.

Da parte dell'U.R.S.S. si ha intenzione (l) di rivolgere un analogo invito, considerando quanto detto, anche alla Germania e al Giappone.

Ti prego di volere, nel modo più opportuno, accertare se effettivamente sia stata fatta costì un'analoga offerta e se da parte tedesca ci si proponga eventualmente di accoglierla. Conviene tener presente che da parte nostra, pur non intendendosi fare alcuna pressione sul Governo germanico per l'accettazione della proposta sovietica, si ritiene che sarebbe utile stabilire dei contatti del genere di quelli anzidetti.

(l) Vedi D. 542.

686

L'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. P. San Sebastiano, 26 luglio 1939.

Tanto Jordana quanto Serrano Sufier mi hanno prospettata l'opportunità che, quando si tratterà di fissare definitivamente la data della visita del Generalissimo a Roma, non sia lasciata estranea la Santa Sede. Essi mi hanno espresso il desiderio che, cioè, le cose siano condotte in modo da non mettere la Santa Sede di fronte al fatto compiuto di una data già stabilita, per quanto concerne la visita di Franco al Pontefice.

Mi permetto di segnalarti quanto sopra per le istruzioni che in tal senso tu credessi di dare tempestivamente a Pignatti.

687

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. URGENTE RISERVATISSIMO 5608. Berlino, 26 luglio 1939.

Mi riferisco ai miei telegrammi odierni n. 450 e n. 451 (2).

A norma delle istruzioni della E. V., contenute nel telegramma n. 278 del 22 u. s. (3), ho lasciato l'altro ieri sera Berlino, insieme con Magistrati, per recarmi a Salisburgo e quindi per la residenza estiva di von Ribbentrop, presso un lago alpino a parecchi chilometri dalla città.

La conversazione è stata ampia ed esauriente. Iniziatasi nelle ore antimeri

diane, ha occupato anche gran parte del pomeriggio. Ad essa ha presenziato -in

vitatovi da Ribbentrop-il Sottosegretario Gaus, da qualche settimana anch'egli

a Salisburgo.

Von Ribbentrop ha, in un primo tempo, attentamente ascoltato le ragioni -che sia Magistrati che io gli abbiamo esposto -per le quali il Duce pensa sia necessario dare un contenuto effettivo, di ampia portata e significato politico, al progettato incontro del Brennero. Da parte nostra si è sopratutto insistito in proposito sul carattere «tattico~ di una conferenza europea che riunisse allo stesso tavolo Italia, Germania, Gran Bretagna, Francia, Polonia e Spagna.

Sulla prima parte, e cioè sulla necessità di dare, per ragioni di carattere generale e nei confronti dell'opinione pubblica mondiale, uno speciale risalto alle conversazioni del Brennero, anche per non permettere false interpretazioni altrui, von Ribbentrop -non ostante che da pri.ncipio inclinasse a concepire l'incontro come una semplice, direi quasi normale, presa di contatto e consultazione fra i due Capi (questa -dato l'uomo -doveva essere pure originariamente la concezione di Hitler), si è mostrato tuttavia in definitiva suscettibile di persuasione contraria.

Sulla seconda parte invece, riguardante la iniziativa di una Conferenza, egli -secondato, devo dire, dallo stesso Gaus (pur rappresentante le correnti classiche della Wilhelmstrasse) -ha elevato subito dubbi e difficoltà.

Così, dopo aver ripetutamente insistito e sottolineato di non volere in alcun modo, con le sue dichiarazioni, prevenire quelle che saranno per essere le impressioni e le decisioni del Fuhrer, Ribbentrop ha, per oltre un'ora, esposto il punto di vista tedesco sulla situazione attuale e quello suo personale sull'idea di una Conferenza; punti di vista che, secondo le note presene da Magistrati, possono così riassumersi :

l) Nell'attuale cosidetta guerra di nervi i Tedeschi ritengono che convenga andare fino in fondo, senza modificazioni e tentennamenti, mantenendo all'interno il più possibile una situazione di calma. La Germania si trova in condizioni di non poter dare alcun segno capace di essere interpretato come cedimento e debolezza. Essa, come dimostrano recenti esperienze, sarebbe in questo caso perduta. Viceversa, nel campo avverso, esiste già qualche sintomo di cedimento o almeno di dubbio, come dimostrano proprio in questi giorni gli sbandamenti britannici rivelantisi nel confusionismo delle trattative con la Russia e nella «resa~ al Giappone. E qui Ribbentrop (contrariamente però a quello che egli stesso mi risultava pensare appena due giorni prima) ha dichiarato enfaticamente che, secondo le sue informazioni, la Gran Bretagna ha finito per cedere, puramente e semplicemente, dinanzi a Tokio, senza contropartita di sorta, segreta o non.

Anche in America la situazione appare-pensa Ribbentrop-assai migliorata, come fanno ritenere le ultime vicende parlamentari sulla legge di neutralità, frutto queste di una riuscita campagna dell'opposizione contro il Presidente Roosevelt e della propaganda fatta condurre personalmente dallo stesso Ribbentrop mediante distribuzione di centinaia di migliaia di copie della sola risposta del Filhrer a Roosevelt.

In conclusione, quindi, alla Germania conviene oggi attendere tranquillamente che gli altri si stanchino, e quindi cedano.

2) Nei riguardi dello specifico problema di Danzica, von Ribbentrop, dopo avere ancora una volta ripetuto come, qualora la Polonia si muovesse, la Germania sarebbe in condizione di « schiacciarla ~ in pochi giorni, ha rifatto la storia e i precedenti della situazione attuale.

Qui è apparso un elemento nuovo, di interesse psicologico senza dubbio notevole e che spiega anche come la Germania, e personalmente il Fiihrer, sentano per così dire, una qualche ripugnanza a stendere, in una forma qualsiasi, la mano a Varsavia, e sopratutto a sedere con essa allo stesso tavolo.

Von Ribbentrop ha pregiudizialmente ricordato come nello scorso dicembre e in gennaio il Fiihrer abbia presentato alla Polonia, direttamente, un piano per il mantenimento della pace e dell'amicizia tra i due Paesi per 25 anni. Tale piano consisteva -com'è noto-nella rinuncia da parte della Polonia a taluni diritti su Danzica in modo che questa potesse anche giuridicamente riunirsi al Reich, la creazione di un'autostrada, senza alcun carattere militare, capace di unire la Prussia alla Prussia Orientale e la rinuncia per 25 anni da parte della Germania a qualsiasi altra aspirazione sul Corridoio, il quale sarebbe così rimasto polacco. A queste proposte-fatte nello spirito più amichevole-Varsavia rispose semplicemente, e per bocca dell'Ambasciatore Lipski, che, piuttosto che una tale soluzione, c la Polonia avrebbe preferito senz'altro la guerra con la Germania~. Seguiva poi immediatamente la mobilitazione polacca.

Il Fiihrer restò sbalordito ed indignato di un tale contegno. Oggi, concludeva Ribbentrop, egli si troverebbe veramente in grande difficoltà nel dovere invitare proprio la Polonia ad assidersi accanto a lui in una Conferenza, riconoscendo cosi in un certo modo giustificata la insana e pazzesca risposta polacca. (Relata refero: io ho tuttavia qualche ragione per dubitare che il tenore della risposta polacca sia esattamente quello detto da Ribbentrop).

Comunque sia, a conclusione di questo punto Ribbentrop (altro elemento molto interessante), pur ponendo in rilievo come la Polonia appaia, militarmente, per.la Germania molto meno pericolosa di quella che fosse la Cecoslovacchia del 1938, ha dichiarato che «continuando nell'attuale situazione, non è da escludersi che un bel giorno Varsavia, non potendo più sostenere la tremenda situazione di tensione attuale, finisca pacificamente per venire a miglior consiglio e a cedere alle richieste tedesche ».

Il Fiihrer, ha detto Ribbentrop, è perfettamente di accordo con il Duce nello stimare conveniente di evitare per ara -secondo il punto di vista espresso nel documento Cavallero -una conflagrazione generale. Non solo, ma egli eviterà sicuramente tutto quello che sia suscettibile (all'interno stesso di Danzica) di portare a risultati contrari e ciò semprechè egli non abbia la certezza assoluta, cioè al 100/100, di potere isolare la Polonia.

Questo accenno ad una soluzione pacifica e alla ferma risoluzione del Fiihrer di evitare, dovunque, tutto ciò che sia capace di portare ora a complicazioni belliche internazionali -non astante le evidenti riserve mentali che sempre lo accompagnano -è stato fatto da Ribbentrop in termini e tono indubbiamente più concreti e sicuri che non in occasioni precedenti. Questo cambiamento di tono è stato notato dallo stesso Gaus e anzi agli occhi suoi rappresenta il primo risul

tato tangibile dell'intervento italiano iniziatosi con la richiesta di informazioni che mi fu ordinata dalla E. V. con lettera del 2 luglio n. 4869 (1).

Passando poi a Danzica, Ribbentrop ha nuovamente posto in rilievo come oramai gli apprestamenti difensivi della città, in munizioni, in armi di qualsiasi genere ed anche in artiglierie pesanti, siano tali da far ritenere molto problematico e per non dire impossibile un qualsiasi tentativo militare polacco di invasione. Danzica -ha concluso il Ministro -si rivelerebbe un nuovo Alcazar e i Polacchi lo sanno e si guarderanno bene dal commettere atti di follia.

3) Venendo quindi specificatamente a parlare della iniziativa della conferenza, von Ribbentrop si è dichiarato convinto che gli avversari, pur attraverso molte difficoltà e raggiri, non mancherebbero di accettarla. Egli non crede che al tavolo di essa gli Stati autoritari finirebbero per essere i più forti, molte esperienze avendo dimostrato come nelle conferenze a larghe basi, intorno alle quali la speculazione della stampa ebraico-massonica e di certe opinioni pubbliche democratiche è capace di fare «montature» impreviste, sia ben difficile impostare e risolvere problemi pratici, ciò tanto più nel caso della Germania, la quale non intende accettare compromessi di sorta, la « storica » offerta del Fiihrer alla Polonia non potendo più essere ripetuta ecc. ecc.

In definitiva quindi la responsabilità del fallimento della conferenza sarebbe gettata sulle spalle di Mussolini e di Hitler. Ora, viceversa, il grande vantaggio di avere questi due Grandi alla testa dei Paesi dell'Asse è appunto costituito dalla possibilità che essi hanno di manovrare e di agire direttamente, senza lasciarsi impigliare in combinazioni internazionali. E qui von Ribbentrop ha fatto una lunga esaltazione dell'impresa di Albania da parte italiana, impresa che ha capovolto le situazioni strategiche e tattiche nei Balcani. Ha concluso queste sue conversazioni affermando che, comunque vadano in avvenire le cose, la esistenza di due uomini come Mussolini e come Hitler costituisce per l'Italia e per la Germania un tale vantaggio che, anche se un'eventuale guerra dovesse in qualunque momento scoppiare e durare cinque o dieci anni, le due Nazioni ne uscirebbero vincitrici. Il comando e la decisione unica rappresentano una netta e decisiva superiorità sui Paesi democratici, nei quali qualsiasi deliberazione sarà sempre ostacolata da infiniti contrasti interni e da disparità di vedute degli elementi dirigenti.

4) Ritornando all'incontro del Brennero, von Ribbentrop, dopo aver accennato che, dopo tutto, è utilissimo che ogni tanto i Capi dei due Paesi alleati si incontrino e si scambino le rispettive idee, ha tuttavia ammesso la necessità di evitare e prevenire in materia le speculazioni avversarie. Si è quindi dichiarato d'accordo nel ritenere che le conclusioni dell'incontro non possano essere contenute in un qualsiasi comunicato di contenuto banale. Occorrerà invece, secondo una parola da lui più volte ripetuta, un comunicato «lapidario», di cui tuttavia non ha mai saputo indicare il contenuto.

Qualora poi effettivamente la circostanza che l'incontro avvenga al Brennero, ossia in località che, non offrendo nulla di per se stessa, non può rappresentare altro, agli occhi dei più, che la necessità -pressante ed imperiosa -di un colloquio tra i due condottieri, si prestasse a far nascere false supposizioni ed

interpretazione si potrebbe anche pensare a far compiere dal Ftihrer una visita a qualche città italiana. Si è qui anche accennato fuggevolmente all'eventualità della presenza per un giorno del Ftihrer alle prossime manovre italiane.

Tutto ciò è tuttavia rimasto un po' nel vago perchè, come ha concluso von Ribbentrop, qualsiasi giudizio e decisione è riservato unicamente, da parte tedesca, al Ftihrer. Questi (che, proprio nella giornata di ieri, ha lasciato Berchtesgaden per recarsi a Bayreuth, per assistere alle manifestazioni wagneriane) sarebbe stato posto senza indugio minutamente al corrente di tutto da von Ribbentrop il quale si è riservato di farmi conoscere, non appena possibile, la risposta del suo Capo.

Apprendo anzi ora, attraverso Weizsacker, che Ribbentrop ha già comunicato per telefono con il Ftihrer sin da ieri sera e che questa mane ha mandato a Bayreuth un corriere speciale con carte ed appunti scritti. Ribbentrop si riserva quindi di vedere il Ftihrer personalmente, ma ciò -credo -dopo una sua breve apparizione a Berlino dopo domani venerdì durante la quale egli ha già manifestato il desiderio di una nuova conversazione con me.

Ho trovato Ribbentrop in condizioni di salute migliori. Dorme un po' meglio. Senonchè nella lontananza e nella relativa solitudine, egli si astrae sempre più e non vede che quello che è portato dal suo animo a desiderare. Affetta una calma e imperturbabilità olimpica, che fa strano contrasto con la effettiva continua tensione in cui diuturnamente vive. In questo momento, egli dichiara di ingannare i suoi ozii attendendo personalmente ad una offensiva propagandistica contro l'Inghilterra mediante diffusione -sulla quale si raccomanda di serbare il più stretto segreto -di una serie di lettere uso quelle di King Hall.

Persona che conosce la psicologia del Ftihrer mi dice essere quasi naturale che l'idea di una Conferenza non debba riuscirgli particolarmente simpatica. Hitler disdegna di sedere da pari a pari allo stesso tavolo con altri. Sembra che a Monaco questo sia stato il suo tormento. Ecco perchè i suoi occhi si tenevano fissi sul Duce, l'unica persona con la quale egli ammette di trattare sopra una base di uguaglianza e per cui anzi professi ammirazione sincera e quasi illimitata. Trovarsi a tu per tu con la Polonia, da cui ritiene di essere stato offeso e deluso, può r'ipugnargli, tanto più che una Conferenza implicherebbe per lui l'obbligo di concessioni, che non intende fare.

Ma non anticipiamo gli eventi ed attendiamo la sua risposta.

Intanto è chiaro che, pure escludendo -per il momento -ogni azione di forza, la situazione dei rapporti germano-polacchi rimane sempre in un vicolo cieco. È inutile attendersi che, anche fra qualche mese, la Polonia ceda completamente e anzi più di quello che le si è chiesto prima. Una qualche iniziativa per superare il punto morto attuale è pure indispensabile. La situazione non si risolve da sè. La guerra di nervi non può continuare all'infinito. Se è vero che si vuole attendere, e non solo per mesi ma per anni, un modus vivendi provvisorio si impone, ed una ripresa di contatti fra le grandi Potenze interessate si presenta inevitabile.

È a questo che risponde l'idea di una Conferenza. Essa è del resto nell'aria. È chiaro che la situazione attuale non può sfociare, presto o tardi, che in una conferenza. Si vuole attendere che la proponga altri e perdere, così, il beneficio dell'iniziativa?

Come tutte le idee sane e diritte, forse, anche questa ha bisogno di esser<:! maturata. La Germania -a cominciare dai suoi stessi Capi che vivono tutti, chi più chi meno, nell'irreale -ne era certamente lontana le mille miglia. La proposta del Duce la richiamerà alla realtà.

Il che, tuttavia, potrà forse richiedere del tempo e qualche sforzo.

(l) -Parola di incerta trascrizione essendo il documento molto danneggiato. (2) -Vedi DD. 677 e 678. (3) -Vedi D. 640.

(l) Vedi D. 432.

688

L'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 4145/1053. San Sebastiano, 26 luglio 1939.

Intrattenendomi oggi con Jordana e con Serrano Sufier sull'argomento del viaggio del Generalissimo in Italia, essi mi hanno confermato che il viaggio stesso non potrà effettuarsi prima della fine di settembre e forse -preferibilmente -al principio di ottobre.

Il Generalissimo infatti vorrebbe prima procedere a varii atti di politica interna, primo fra i quali il rimaneggiamento del Governo, che già da tempo si aspetta; e il trasferimento del Capo dello Stato e del Governo, cosi modificato, a Madrid, la riorganizzazione dell'esercito e delle giurisdizioni militari ecc.

Franco vorrebbe aver tempo di rendersi conto e di sorvegliare le eventuali reazioni del Paese e intende, partendo, di lasciar una situazione completamente normalizzata.

Circa il rimaneggiamento ministeriale mi onoro riferire che, a quanto mi

è stato detto, uscirebbe certamente dal Governo Suances, Ministro di Industria

e Commercio, e Gonzalez Bueno, Ministro di « Acciòn Sinctrical ». Si dà poi

come probabile l'uscita del Conte di Rodezno, Ministro della Giustizia e ad

interim dell'Educazione Nazionale, e di Amado, Ministro delle Finanze.

Nessuna notizia certa si può ancora dare circa i nomi dei successori.

Osservo che, nei nostri riguardi, l'uscita di Suances e di Amado dovrebbe

considerarsi come un avvenimento favorevole; l'uscita di Rodezno e di Gonzalez

Bueno non presenterebbe per noi particolare e diretto interesse.

689

L'AMBASCIATORE IN SPAGNA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4146/1054. San Sebastiano, 26 luglio 1939.

Telespresso di V. E. n. 221174/151 (1). In relazione a quanto riferito dal R. Ambasciatore a Parigi, non ho mancato di interpellare questo Ministro degli Esteri allo scopo di conoscere se

ed in quale misura Lequerica fosse stato autorizzato a dare assicurazioni al Governo di Parigi circa il contenuto dei discorsi pronunciati da S-errano Sufier e dal Generale Kindelan nel corso del loro viaggio in Italia.

Jordana molto francamente mi ha detto che Lequerica era effettivamente stato autorizzato (secondo la mia impressione, a sua richiesta) a dire a Bonnet che il Gen. Kindelan aveva espresso i propri personali sentimenti senza esservi stato specialmente autorizzato. Jordana però ha tenuto a rilevare che così la stampa francese, come il sig. Bonnet nella sua dichiarazione alla Commissione degli Affari Esteri, giuocano sopra un equivoco quando vogliono interpretare le assicurazioni di Lequerica come una sconfessione delle dichiarazioni di Serrano Sufier: poiché queste non sono mai venute, nè avrebbero potuto venire in discussione, dovendosi esse considerare prettamente ufficiali ed essendo esse state del resto ribadite dal discorso pronunciato dallo stesso Serrano Sufier a Terragona e dal brindisi pronunciato dal Caudillo nel pranzo offerto a V. E. al Castello di San Telmo.

Jordana ha inoltre aggiunto avere intrattenuto V. E. sulla opportunità di carattere generale di non acuire oltre misura la tensione ispano-francese, sia allo scopo di ottenere le note restituzioni, sia in vista della situazione generale e nel desiderio di dare all'Asse un'amicizia veramente utile e cioè non compromessa da difficoltà non assolutamente necessarie.

(l) Non rintracciato.

690

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 1319/719. Istanbul, 26 luglio 1939.

Mio telespresso n. 1274/701 del 18 luglio (1).

La missione militare francese. giunta ad Ankara il 17 corrente, si trova tuttora nella Capitale turca. Durante il non breve soggiorno è stata oggetto di particolari cortesie da parte delle autorità locali, fra le quali da notare il pranzo offerto dal Sottocapo di Stato Maggiore il 18 corrente e la colazione di 52 coperti offerta dal Capo di Stato Maggiore Fevsi Ciakmak il 25 corrente. II giorno 19 la missione è stata ricevuta ad Ankara dal Presidente della Repubblica. Riparte stasera per Istanbul, domani sera per la Francia.

Circa l'oggetto dei colloqui svoltisi ad Ankara, mi sono state riferite alcune

notizie abbastanza dettagliate che ho dato incarico al R. Addetto Militare di

controllare. A conclusione delle sue indagini, il Colonnello Boglione ha indiriz

zato al Comando del Corpo di Stato Maggiore il rapporto di cui mi onoro

accludere copia, nel quale riproduce tali notizie e le confuta.

Gli argomenti tecnici addotti dal Colonnello Boglione hanno senza dubbio

molta importanza e convengo con lui nell'attribuire scarso credito ai piani

dettagliati messi in giro, che appaiono più frutto di fantasia o di supposizioni

che di precise conoscenze e di autentiche provenienze. Sta però di fatto: l) che

la decisione dell'immediato attacco alla Bulgaria, appena la guerra scoppiasse,

era già stata considerata in occasione della visita della missione britannica Lund [come ho già riferito (l)]; 2) che la missione militare francese si è trattenuta ad Ankara ben dieci giorni ed ha immediatamente seguito quella britannica e ne precede -a quanto oggi si dice -una egiziana; 3) che le notizie fiduciarie riprodotte nel rapporto del Colonnello Boglione se provengono dalla Legazione di Ungheria trovano una certa conferma dii informazioni giunte all'Ambasciata di Germania ed alla Legazione di Bulgaria; 4) che se è più che probabile che la missione militare francese abbia soprattutto trattato di argomenti relativi alle zone di confine turco-siriane ed alla situazione creatasi in seguito alla cessione dell'Hatay, è pure molto verosimile che abbia anche considerato l'apporto specifico che la Turchia, in caso di guerra, potrà dare

ai fini strategici delle forze anglo-francesi.

ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE ED AERONAUTICO IN TURCHIA, BOGLIONE, AL COMANDO DEL CORPO DI STATO MAGGIORE (S.IM.)

RAPPORTO SEGRETO 283. Istanbul, 26 luglio 1939.

Due voci, in questi ultimi tempi, hanno circolato successivamente. Della prima è giunta qualche notizia anche dalla Bulgaria. La seconda, esclusivamente locale, ha qualche relazione con la prima.

l) Si dice che successivamente alla visita Gafencu ad Ankara sarebbero continuati contatti turco-romeni intesi a stabilire, in caso di conflitto, un piano offensivo comune contro la Bulgaria. La conseguente congiunzione delle forze turco-romene darebbe alla Turchia lo spazio che ora le difetta per una più sicura difesa degli Stretti e diminuirebbe la pressione di eventuali forze italo-tedesche del non indifferente peso bulgaro; alla Romania, darebbe tranquillità al sud, togliendole ogni preoccupazione per le note aspirazioni bulgare alla Dobrugia. Al disegno non sarebbe -naturalmente! -estranea l'azione inglese.

2) La missione Hutzinger avrebbe concretato con lo Stato Maggiore di Ankara un piano completo d'azione delle forze turche, che prevede l'impiego: -di 15 divisioni al comando del Maresciallo Fevsi, con un capo di S. M. francese, in Tracia, fronte bulgaro;

-di 5 divisioni sulla direttrice di Salonicco, per far fronte a un eventuale

attacco italiano proveniente dall'Albania attraverso il territorio greco. Sarebbe

considerata come trascurabile una resistenza delle truppe greche a detto attacco

italiano;

-di 10 divisioni nella zona di Smirne, con programma di immediato attacco

sul Dodecanneso, in cooperazione con forze navali britanniche e francesi;

-di 7 divisioni nell'Hatay, disponibili per la Siria e Palestina, che dovrebbero

cooperare con le truppe franco-britanniche nella difesa della costa e della frontiera

egiziana nel caso che l'Egitto venisse occupato dalle forze italiane della Libia. Anche

la resistenza egiziana sarebbe considerata come trascurabile;

-la creazione, infine, di un comando dei Dardanelli, agli ordini di un ammi

raglio britannico, coadiuvato da un capo di S. M. turco.

Osservo:

-circa il presunto accordo turco-romeno:

che esso è a netto vantaggio dei turchi e svantaggio dei romeni; questi dovreb

bero distrarre notevoli forze da altri teatri per loro molto più interessanti e perico

losi, per rivolgerle contro i bulgari, per i quali, invece, è naturale supporre che,

non potendo pensare, in caso di un conflitto generale, contemporaneamente a Dobrugia e Tracia, darebbero molto probabilmente la preferenza a quest'ultima;

che, per la sua attuazione, i turchi dovrebbero concentrare in Tracia almeno un'altra decina di divisioni, oltre le esistenti, il che (non è necessario scendere a calcoli) richiederebbe loro un tempo talmente lungo da escludere la possibilità di agire prima del temuto intervento efficace in posto italo-tedesco, sia dall'ovest che dal nord;

che, infine, tutte le misure adottate dalla Turchia in Tracia denotano intenzioni difensive.

-circa il presunto piano franco-turco, della cui notizia è bene dir subito come abbia potuto assodare che la fonte è unica, la locale legazione ungherese, ben nota per la sua fervida fantasia:

che la missione Hutzinger è giunta ad Ankara il lunedì, e che il successivo mercoledì sera già circolava la notizia del piano completo in tutti i suoi dettagli;

che la fulminea redazione (2 giorni) di un piano così completo e dettagliato avrebbe almeno richiesto un lavoro preventivo, che non è stato fatto; la persona adatta per farlo, sia per grado che per considerazione di cui gode in Francia, il Gen. Voirin, qui addetto militare, era in licenza, donde è ritornato alla vigilia dell'arrivo della missione;

che per la conoscenza che ho della mentalità turca, escludo che questo Stato Maggiore possa rivelare fin d'ora tutte le sue possibilità e intenzioni, come pure che si adatti a tali spartizione di forze e cessione di comandi a inglesi o francesi;

che, infine, la Turchia non è in grado di mobilitare tutte le divisioni che si vorrebbe attribuirle (1).

(l) Non pubblicato.

(l) Vedi D. 607.

(l) Questi due ultimi punti risulteranno chiaramente dallo studio in corso sulla situazione militare turca.

691

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 3746/1572. Sofia, 26 lugLio 1939.

Mio rapporto n. 3488/1456 del 12 corrente (1).

Questi circoli politici segnano un crescente favore per l'Asse. Si può ritenere che nell'opinione corrente il viaggio di Kiosseivanov a Berlino viene sempre più interpretato come destinato a rompere gli indugi della politica estera bulgara, e mentre ciò fa rifiorire molte speranze nazionaliste, induce altresì anche i settori dell'opinione del Paese più freddi verso i nuovi orientamenti, ad accettare quello che a molti appare una necessità ormai inevitabile di cose.

Nondimeno da parte ufficiale rimane la tendenza a moderare e ad attenuare questo indirizzo dell'opinione.

Si sono così in questi giorni date disposizioni, per ciò che mi consta, alla Direzione della Stampa di smorzare la campagna della stampa a favore delle aspirazioni nazionali, e viceversa nella stampa stessa ha trovato posto un articolo del Son Posta di Istanbul, ne! quale il deputato turco Birken torna una volta di più sulla tesi di una Intesa Balcanica con l'adesione della Bulgaria,

che si dovrebbe trovare il mezzo di soddisfare, cosa che, se non è stata fatta finora, non sarebbe però imputabile alla Turchia, ma alla «mentalità balcanica».

S intende che tutto ciò non manca di essere raccolto e notato come indizio di un intimo desiderio del Governo di porre qualche remora a quelle che si stimano dai più le ineluttabili tendenze della politica bulgara. Vengono messe tuttavia in circolazione delle voci, accolte in generale con sfavorevoli commenti, di un possibile incontro fra il Re Boris e il Re Caro!, al ritorno di questi dal suo viaggio in Turchia e in Grecia, e di una visita che lo. stesso Re Boris, sulle tracce del Principe Paolo, avrebbe in animo di compiere a Londra.

Anche una breve gita del Presidente del Consiglio a Varna, ove si è recato alla fine della settimana scorsa per accompagnarvi la consorte e la figlia, è stata messa in relazione con il suaccennato incontro col Re di Romania.

A parte la loro credibilità, mi pare valga la pena di registrare queste voci se non altro come indice della scarsa continuità e coerenza che questa opinione sembra disposta a prestare ai dirigenti delle sorti del Paese.

(l) Vedi D. 551.

692

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI

T. 476 R/195. Roma, 27 luglio 1939, ore l.

Vostro telegramma n. 0189 (1).

Ho informato Villani che stava bene viaggio Csaky dopo 15 agosto.

693

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, E AL MINISTRO AL CAIRO, MAZZOLINI

T.'l5969 P. R. (2). Roma, 27 luglio 1939, ore l.

Stampa reca notizia relativa scambio missioni militari fra Turchia ed Egitto. Prego riferire in merito.

694

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 543. Tokio, 27 luglio 1939, ore 1,25 (per. ore 7,10).

Anche Ministero Marina dice che recente accordo non muta politica Giappone nei riguardi del Patto.

(l) -Vedi D. 642. (2) -Il documento diretto ad Ankara porta il numero 54, quello diretto al Cairo il numero 159.
695

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 177. Sofia, 27 luglio 1939, ore 14 (per. ore 15,30).

Telegramma di V. E. n. 151 (1).

Presidente del Consiglio dei Ministri, gratissimo V. E. ed assai riconoscente anche per estensione consorte riservasi far conoscere data esatta sua visita pur ritenendo, fin da ora, più probabile prima decade settembre sempre che sviluppi avvenimenti non consiglino pregare V. E. volergli consentire even

tualmente anticiparla. Gradirebbe peraltro annunzio stampa venga quando tali particolari rimangano stabiliti.

696

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 98. Mosca, 27 luglio 1939, ore 17,10 (per. ore 20,30).

Finora nessun documento nè ufficiale nè ufficioso su accordo anglo-giapponese di Tokio. Stampa sovietica si limita segnalare reazioni ostili della Cina di Chang Kai Shek e di Washington.

Ritengo non sia da escludere ripercussione sfavorevole sui negoziati anglofrancesi-sovietici di Mosca.

697

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 544. Tokio, 27 luglio 1939, ore 19 (2) (per. ore 16).

Corre voce che dirigenti anglofili siano rimasti scornati perchè essendosi detti sicuri che Inghilterra non avrebbe accettato condizioni del Giappone avevano consigliato più blande richieste, timorosi delle conseguenze di un rifiuto britannico. Se quest'accordo ha sopravanzato loro speranze, non sembra però mettere fine alle loro preoccupazioni. Concepito con riserve mentali di entrambi i contraenti, esso pare corrisponda con la sua forma vaga ed elastica così ad un probabile proposito inglese di cavillare nelle diverse interpretazioni per Tokio Chung-king e Londra, come al certo e consueto proposito giapponese di evitare formule chiare, precise e definitive. Intanto diffidenza con cui resa inglese è stata accolta s'in dal primo momento sembra giustificata da divergenze che già si manifestano sulla sua interpretazione. Secondo questi

giornali, Ministro Esteri ha detto ieri nel Consiglio Privato che dichiarazione Chamberlain a Londra vale per uso interno e Capo Ufficio Stampa Ministero degli Affari Esteri ha dichiarato a giornalisti stranieri che Chamberlain può avere la sua interpretazione, ma che anche il Giappone ha, a prescindere dalla questione di Tientsin che si sta ora discutendo, quella generica della concessione, che accordo non tocca, alla cui soppressione Giappone non rinunzia e che rimane prevedibile fonte nuovi contrasti in avvenire.

Collega tedesco dice di aver udito che vi sono stati questi ultimi tempi complotti di assassinio contro il Ministro Esteri e che non si esclude ve ne saranno. Ieri vi è stata grande dimostrazione anti-britannica a Osaka.

(l) -Vedi D. 671. (2) -Ora locale.
698

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 545. Tokio, 27 luglio 1939, ore 19 (l) (pe1·. ore 14).

Hotta mi ha pregato da parte di Arita di assicurarVi che nelle recenti conversazioni con l'Inghilterra, la politica giapponese in Europa non è stata affatto cambiata e che la politica giapponese verso l'Italia come verso la Germania rimane immutata. Io l'ho ringraziato ed ho detto che Ve ne avrei telegrafato subito.

Egli ha aggiunto, sempre da parte di Arita, che questi era dispiacente di non essersi ancora potuto intrattenere con me a causa del suo lavoro di questi ultimi tempi e che, quantunque ancora occupato, mi avrebbe ricevuto se lo avessi richiesto. Ho ringraziato di nuovo ed ho risposto che preferivo rimandare a più tardi una mia visita. Se fossi andato adesso i giornali democratici avrebbero assai probabilmente stampato che io mi ero recato da lui per protestare e per lamentarmi a causa dell'accordo, cercando con questa falsa notizia di rafforzare l'impressione di segreti compensi a nostro svantaggio dati dal Giappone all'Inghilterra in cambio delle sue concessioni.

699

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 178. Sofia, 27 luglio 1939, ore 24 (per. giorno 28, ore 3).

Presidente Consiglio mi ha dato nota di quanto appresso, pregando comunicarlo V. E. anche in vista opportuni ricontrolli di cui sarebbe gratissimo conoscere eventuali risultanze.

Dislocamento esercito turco risulterebbe definito come appresso:

l) 15 divisioni turche, più una francese distaccata dal corpo d'occupazione Siria, sarebbero concentrate in Tracia turca sotto comando Ciasmak con Capo dello Stato Maggiore francese;

2) 5 divisioni turche sotto comando britannico presidierebbero coste Dardanelli;

3) 10 divisioni turche sotto comando turco sarebbero concentrate regione Smirne con obiettivo azione combinata con flotta inglese contro Isole italiane Egeo;

4) 7 divisioni turche sotto comando francese schierate lungo la frontiera siriana.

Kiosseivanov mi ha detto che ignora se i dislocamenti siano stati decisi in dipendenza conversazioni Generale francese Hutzinger, e abbiano connessione con eventuali annunziate intese militari anglo-franco-sovietiche, anche se Saracoglu ha sempre smentito eventualità tale connessione. Afferma però relativi movimenti truppe sarebbero già in corso e condizioni degli accantonamenti dei reggimenti turchi in Tracia sarebbero deplorevoli, e cattivo il loro morale. Numerose diserzioni, anche verso territori Bulgaria, per cui autorità militari turche avrebbero già dovuto procedere a repressioni, avrebbero peraltro permesso qui di confermare tali notizie.

Mi ha dichiarato che comunque Stato Maggiore Bulgaria sta prendendo misure. del caso: portando a 6 divisioni conc.entramenti lungo frontiera sudorientale mediante aggiunta undicesima divisione di cui è stata accelerata formazione, rafforzando difese e migliorando comunicazioni.

Ha soggiunto che aveva altresì fatto giungere Governo britannico avviso che al primo attacco proprio territorio Bulgaria è decisa conflitto armato senza preoccuparsi conseguenze.

(l) Ora locale.

700

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATO PER CORRIERE 90. Istanbul, 27 luglio 1939 (per. giorno l o agosto).

Un funzionario di questa Legazione di Ungheria mi ha detto rist!rvatamente di aver saputo da un collega della Legazione dell'Irak che il Governo irakeno ha comunicato a quello turco che non riconosce l'annessione dell'Hatay.

Pregherei V. E. di volermi far conoscere se la notizia di cui sopra è confermata da Bagdad.

34 ·Documenti diplomatici· Serie VIII . Vol. XII

701

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO CONSIGLIERE A BERLINO, MAGISTRATI

L. 5327. Roma, 27 lugrio 1939.

Con la mia lettera n. 5005 dell'8 corrente (1), ti incaricavo di studiare la

possibilità di organizzare un viaggio del nostro Capo di Stato Maggiore Gene

rale in Germania e di promuovere un formale invito in tal senso da parte

del Governo germanico.

Il Duce ha adesso manifestato il desiderio che il Maresciallo Badoglio

sia invitato ad assistere, accompagnato da una missione militare, al Parteitag

di Norimberga. Il Maresciallo Badoglio e la Missione potrebbero poi rimanere

qualche giorno in Germania per effettuare delle visite di carattere militare e

svolgere quel successivo programma che le autorità del Reich volessero fissare.

Ti prego di voler prendere costì gli opportuni contatti e comunicarmi

non appena possibile le decisioni che saranno prese al riguardo.

702

IL MINISTRO CONSIGLIERE A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. PERSONALE. Berlino, 27 luglio 1939.

L'odierno rapporto del mio Ambasciatore, n. 5608 (2), contiene tutte le note da me prese durante il colloquio di Salisburgo. Non aggiungo quindi altro. In riassunto abbiamo trovato v. Ribbentrop in apparenza calma e serena. Mi ha detto che si tratterrà in quella residenza alpina, con ogni probabirità, fino al Congresso del Partito, ossia fino al mese di settembre. Ora occorre pensare al progettato incontro. Contiamo conoscere domani le prime impressioni e la prima risposta del FUhrer.

703

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 5663/1732. Berlino, 27 luglio 1939.

È venuto oggi a vedermi, dopo il suo ritorno dalle vacanze, il Ministro di Estonia a Berlino signor Tofer. Egli è un uomo di molto buon senso e specialista in questioni russe anche perchè ha rappresentato il proprio Paese a Mosca per molti anni.

Gli ho domandato cosa pensasse dell'andamento delle negoziazioni anglosovietiche. Egli ha premesso che l'U.R.S.S. non può avere interesse a entrare in una alleanza militare con Inghilterra e Francia dato che -con le linee Maginot e Siegfried -in una eventuale guerra europea è la Russia che dovrebbe sopportare lo sforzo militare più forte. Non solo, ma mentre gli alleati prospettivi della Russia possono affrontare una guerra lunga e indirizzano a questo fine la loro preparazione e strategia militare, la Russia ha invece tutto da temere proprio da una guerra lunga. Per queste ragioni, che sono di una evidenza solare, la Russia non dovrebbe desiderare di partecipare -almeno da principio-a una guerra europea.

Tuttavia, proseguiva il Ministro Tofer, ormai sembra evidente che il Governo Sovietico stia -tanto più in vista dell'inattesa arrendevolezza inglese a tutte le sue richieste -per legarsi. Forse, ha influito in questo senso la notizia di una intesa anglo-giapponese che ha fatto rivivere lo spettro dell'isolamento a cui sarebbe nuovamente condannata la Russia nel caso che le attuali trattative con l'Inghilterra fallissero. Che anzi l'accordo con il Giappone potrebbe essere una mossa tattica dell'Inghilterra intesa, da una parte a rendersi libera per l'Occidente, dall'altra a far pressione sulla Russia.

A richiesta se ritenesse che la Finlandia, in caso l'alleanza anglo-francorussa si realizzasse, sarebbe disposta ad avvicinarsi alla Germania, il signor Tofer ha risposto di non saperlo precisamente, ma di poter dire fin da ora che la Finlandia rimpiange già di non aver accettato l'offerta del patto di non aggressione fattale dal Reich mesi fa.

(l) -Vedi D. 514. (2) -Vedi D. 687 in data 26 luglio.
704

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR...... (1). Be1·Uno, 27 luglio 1939.

L'Incaricato d'Affari Sovietico si è recentemente recato dal Segretario di Stato von Weizsacker per presentire se eventualmente la Germania sarebbe disposta ad inviare un proprio tecnico ad un Congresso di Agricoltura da tenersi prossimamente nell'U.R.S.S.

La risposta di Weizsacker è stata piuttosto incoraggiante.

Nell'occasione è stato parlato dai due del più e del meno, l'Incaricato sovietico trovando modo di sottolineare, quasi con soddisfazione, la resa dell'Inghilterra di fronte al Giappone e di ammettere che non sarebbe affatto da escludere la possibilità di un modus vivendi provvisorio fra il Giappone e l'U.R.S.S.

(l) La parte del foglio dove si trovava il numero è andata distrutta.

705

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 8765/1577. Sofia, 27 Zuglio 1939.

Mio rapporto del 21 corrente n. 3662/1525 (1).

Il Presidente del Consiglio è tornato meco sull'argomento in oggetto (2),

manifestandosi sempre assai irritato del viaggio di Moscianov a Londra e a

Parigi, e ripetendomi, col dirmi che la stessa irritazione si era estesa anche a

larghi settori parlamentari, che la posizione di lui era diventata incompatibile

con l'alto ufficio da lui ricoperto.

Si doleva altresl delle voci che erano state diffuse ed egli crede che non

sia forse estraneo ad esse lo stesso Mosc'ianov, che quel viaggio sarebbe destinato

a preparare una visita di lui Kiosseivanov o dello stesso Re Boris nelle mede

sime capitali.

Nello smentirmi peraltro recisamente tali voci, mi ha soggiunto di star pensando a diramare la smentita anche nella stampa.

706

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 3767/1579. Sofia, 27 luglio 1939.

Mio rapporto del 22 corrente n. 3701/1544 (3).

Kiosseivanov mi ha detto di essere stato informato che nel corso dei suoi

colloqui a Londra, il Principe Paolo di Jugoslavia avrebbe rappresentato le ragioni della Bulgaria, dolendosi che esse non fossero state prese finora in seria considerazione da altre Potenze balcaniche.

Il Presidente mi ha soggiunto di non essergli ben chiaro in rapporto a quale precisa visione del quadro balcanico tali osservazioni sarebbero state fatte.

Mi ha poi ripetuto cose non diverse da quanto ebbi a riferire all'Eccellenza Vostra con telegramma per corriere n. 0122 del 21 corrente (4).

707

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 547. Tokio, 28 luglio 1939, ore 5,50 (per. ore 13,45).

Mi si assicura che la Germania avrebbe chiuso ulteriori concessioni crediti al Giappone.

(l) -Vedi D. 636. (2) -Oggetto : c Viaggio del Presidente della Camera bulgara a Londra e Parigi •. (3) -Non rintracciato. (4) -Vedi D. 628.
708

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 548. Tokio, 28 luglio 1939, ore 5,50 (per. ore 13).

Riunione tra Esteri Guerra e Marina per trovare nuova formula di compromesso è riuscita infruttuosa. In tale stato di cose si spera qui in una iniziativa membri del Gabinetto per proseguire nelle conversazioni. Occorrerebbe il modo di far sparire malcontento suscitato da diffidenza del Ministro della Marina.

709

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 549. Tokio, 28 luglio 1939, ore 5,45 (per. ore 13).

Mi si assicura che Governo giapponese chiederà direttamente a Londra specificazione circa dichiarazioni fatte da Halifax a quell'Ambasciatore cinese e in contrasto con recenti accordi anglo-nipponici.

Conferenza per Tientsin procede lentamente ma finora senza reazione inglese.

710

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 551. Tok~o, 28 luglio 1939, ore 5,48 (per. ore 13).

Sembra che Governo giapponese si proponga pubblicare due dichiarazioni interpretative suo accordo con Inghilterra.

711

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 555. Tokio, 28 luglio 1939, ore 8,18 (per. ore 13,45).

La decisione americana ha di tanto più sorpreso ed irritato in quanto che Washington aveva assicurato anteriormente Tokio che l'accordo non sarebbe stato denunciato. Il Ministero Affari Esteri pensa che la decisione sia dipesa dal desiderio di Roosevelt di rafforzare il suo prestigio affievolito dallo scacco subìto nella questione della neutralità. Sotto l'effetto della sorpresa questi dirigenti non sembrano aver deciso per ora quale politica seguire. La stampa appare assai disorientata e commenta assai diversamente.

712

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 546. Tokio.• 28 luglio 1939, ore 5 (per. ore 13). Prime impressioni suscitate da denuncia accordo americano sono di grande

preoccupazione e risentimento poichè vi si vede 'intenzione applicare sanzioni. Si spera nei sei mesi che devono ancora trascorrere.

713

L'AMBASCIATORE A SHANGHAI, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 186. Shanghai, 28 luglio 1939, ore 13 (per. ore 22,15). Impressione a Chung-king per il preliminare accordo anglo-nipponico diviene più profonda ogni giorno. Ad un senso di costernazione foriera poi di sgomento è succeduta un'amara reazione anti-britannica. Mi risulta che il Ministro degli Affari Esteri ha avuto aspre parole per Governo inglese che egli accusa di aver violato, accedendo alla richiesta di Tokio, tutti gli impegni firmati e soprattutto il trattato delle nove Potenze. Tale sua convinzione ha fatto esporre al Foreign Office insieme con le rimostranze del Governo cinese. Gli intimi di Chang Kai Shek già scossi dal tracollo del dollaro sono più degli altri perplessi, in quanto erano fiduciosi che parole ammonitrici da lui pronunciate prima della pubblicazione dell'accordo sarebbero valse a sospenderlo. Perciò anzichè secondare propaganda anti-britannica cercano per ora di moderarla per non dare appiglio a nuove concessioni e nella speranza che Londra non vada oltre sistemazione di Tientsin. Circoli finanziari e commerciali britannici in Cina sentono l'accordo come una capitolazione e come un nuovo orientamento britannico in Estremo Oriente dopo lo scacco di Roosevelt per legge neutralità. Commenti sono amari; si scrive che per capitolare Londra non poteva scegliere motivo e momento peggiori e che Chamberlain ha non solo rinnegato Ginevra ma le ha inflitto colpo di grazia. Qualche raro accenno ad un conseguente indebolimento dell'Asse Roma

Berlino fatto senza convinzione. Comunicato Roma e Tokio per posta aerea.

714

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 459. Berlino, 28 luglio 1939, ore 19,45 (per. ore 21,10). Per Gabinetto. Ufficio Himmler mi conferma che, da parte tedesca, nei riguardi delle

misure concordate a Berlino lo scorso giugno per Alto Adige tutto procede normalmente.

In conseguenza delle decisioni di massima allora adottate, sono proibiti ancora viaggi in Alto Adige (e anche nella provincia di Trento) di quei tedeschi che desiderino recarvisi per uno o due giorni. Viceversa, nessuno ostacolo è frapposto ai turisti che intendano soggiornarvi più a lungo. Prego prendere nota di questo anche agli effetti delle istruzioni da impartire ai nostri uffici turistici all'estero.

Nessun incidente o tensione è segnalata in Tirolo o altrove.

715

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 463. Berlino, 28 luglio 1939, ore 22,14 (per. ore 23,25). Ribbentrop gradirebbe sapere con cortese urgenza pensiero dell'E. V. merito

nota comunicazione ungherese [telegramma per corriere 0116 del 24 corrente di questa Ambasciata (l)] onde tenerne conto agli effetti della risposta da dare.

716

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. SEGRETO 5653/1727. Berlino, 28 luglio 1939. Mi permetto richiamare l'attenzione dell'E. V. sulle seguenti informazioni che mi sono testè pervenute sulla situazione generale, con particolare riguardo alla Germania, alla Russia e al Giappone: « Il mondo si orienta sempre più verso una campagna rivolta unicamente contro la persona del Fiihrer. William Strang a Mosca ha affermato che la campagna inglese non è rivolta contro la Germania, ma ha per scopo di fermare il Fiihrer su una china pericolosa per tutti. La questione di Danzica non ha di per sè stessa alcuna importanza, ma avendo Hitler nettamente mancato di parola per la Cecoslovacchia, ormai non si può più avere fiducia in lui e quindi nessuno sa se dopo Danzica la Germania non vorrebbe il Corridoio o magari la Polonia intera. Il Signor Strang appare apertamente disgustato delle trattative con l'URSS e non si perita di affermarlo pubblicamente, ma a questo aggiunge 11 che tutti i mezzi sono buoni pur di mettere un fermo alle ambizioni del Fiihrer ,. Nei circoli moscoviti non vi è alcuno che non creda alla guerra e che non la ritenga necessaria per mettere fine ad una situazione divenuta insopportabile. Il Conte Schulenburg, Ambasciatore di Germania a Mosca, condivide le apprensioni per la situazione tedesca e a più riprese ha insistito sulla necessità nel momento attuale di mostrarsi molto 11 accorti ,. La voce corrente a Mosca e che sembra la più attendibile sulla sostituzione

di Litvinov con Molotov, è che questa sostituzione sia avvenuta in seguito ad un drammatico colloquio tra Litvinov e Stalin, il quale si sarebbe rifiutato di seguire

Litvinov nella sua politica arrogante e provocatrice verso le Potenze totalitarie. Secondo questa voce, il Litvinov avrebbe preteso la firma immediata e senza condizioni di un'alleanza con le Potenze democratiche onde spingerle verso una politica più aggressiva contro la Germania.

L'influenza giudaica non è però scomparsa con l'allontanamento di Litvinov, perchè l'eminenza grigia di Molotov è certo Lazarov, egli stesso semita.

Tutte le Nazioni, sia grandi che piccole, sono tutte prese da una specie di 11 furore bellico, ognuna secondo il suo punto di vista, tutte nettamente orientate contro la Germania.

La Polonia è in uno stato di pazzia vera e propria. Attraversando la frontiera non si vedono che trasporti di truppe polacche alla frontiera tedesca.

Quanto ai tedeschi, essi non sentono entusiasmo per la guerra, e la massa del pubblico osserva che se lo stato florido della Germania nel 1914 non le aveva permesso di resistere al blocco mondiale si può ben immaginare cosa succederebbe oggi che le condizioni tedesche sono ben lungi dal rassomigliare a quelle del '14.

Il popolo tedesco rende responsabile di questo stato di cose i due consiglieri del Fiihrer R. e H. (l) ai quali si deve se il loro Capo si è messo in una via senza uscita.

Mentre gli odi generali si appuntano in questo momento contro la Germania, si spera invece ancora nel Duce per far ritrovare al Filhrer il suo equilibrio. Solo iL Duce potrebbe ancora una volta salvare il mondo.

La situazione del Giappone è descritta con pessimismo insistendosi sul fatto che ormai il Giappone si è talmente impegnato militarmente che si trova nella situazione di dover arrivare fino in fondo senza averne i mezzi.

La situazione finanziaria del Giappone è specialmente preoccupante e la guerra economica mossa dall'America con la rottura delle trattative commerciali rende la situazione ancora più minacciosa.

Ormai il Giappone deve preoccuparsi solamente della sua posizione nell'Asia Orientale e assolutamente disinteressarsi da ogni questione europea.

L'Ambasciatore del Giappone a Mosca ritiene che militarmente la Russia conti ancora molto. Il Giappone trovandosi in guerra aperta con la Russia in Mongolia si trova al caso di giudicarne le forze ».

La fonte da cui le informazioni di cui sopra provengono è tale che mi permetto di raccomandarla alla considerazione dell'E. V.

(l) Vedi D. 660.

717

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. SEGRETO 5657. Berlino, 28 luglio 1939 (2).

Ho visto oggi Ribbentrop alle ore 15,30. Improvvisamente, nella mattinata, era arrivato qui il Fiihrer e Ribbentrop aveva avuto quindi occasione di conferire già lungamente con lui sulle questioni relative al progettato incontro del 4 agosto.

Premesso che, sulla idea di una conferenza, il Cancelliere condivideva i dubbi già avanzati da lui, Ribbentrop è tornato ad espormi le ragioni per le quali il Fi.ihrer e lui stesso avevano desiderato e ancora desiderano l'incontro. Nell'attuale situazione internazionale -egli mi ha detto -tutte le eventualità sono sempre possibili. È bene che esse vengano discusse. Se una provocazione polacca si producesse, il Fi.ihrer non mancherebbe di reagire e reagire subito. Bisognerebbe, allora -e pel caso che il conflitto non potesse essere localizzato -che i due Capi avessero già ben fissato fra loro, in ogni settore, il piano da seguire. Il Fi.ihrer, naturalmente, non gradirebbe di fare, di sua propria iniziativa, nulla che potesse compromettere anche l'Italia. Una consultazione tempestiva sembrava quindi opportuna.

Oppure, in senso inverso, i due Capi avrebbero potuto -dall'esame 'insieme compiuto della situazione internazionale -concludere che sarebbe meglio non raccogliere una eventuale provocazione polacca e allora avrebbero dovuto discutere e concordare le linee di una politica di temporeggiamento e di attesa. Anche questo poteva esser fatto solo dai due Capi.

Questa era l'opinione del Fi.ihrer e sua, ma Ribbentrop desiderava sapere da me -in tutta franchezza -quali fossero le idee del Duce e dell'E. V. e se in ogni modo l'incontro fosse, in questo momento, desiderato o no.

Ho risposto ripetendo le istruzioni da V. E. impartitemi telefonicamente questa mane, i cui precedenti ho anche sinceramente richiamati [lettera di V. E. in data 9 luglio n. 5034 (1)]. La progettata visita del Fi.ihrer sarà naturalmente graditissima, ma, a meno di ragioni speciali ed imperiose, dipendenti dalla evoluzione della situazione internazionale, sarebbe meglio allo stato degli atti di differirla. E se, ho aggiunto, l'impressione da me ricevuta nella recente conversazione di Salzburg era esatta, e cioè se complicazioni internazionali non fossero da ritenere prossime, e se dall'altra permanevano dei dubbi sulla opportunità di una conferenza, mi sembrava che il rinvio dell'incontro sarebbe stato opportuno anche per dar modo di prepararlo adeguatamente.

Ribbentrop non ha mostrato di aderire a questo punto di vista, argomentando in contrario che, a parer suo, l'incontro gli sembrava opportuno in ogni caso. In sostanza, il Fi.ihrer starebbe maturando le sue decisioni proprio in questo momento e sentirebbe quindi il desiderio, prima di impegnarsi eventualmente in una azione che avrebbe potuto compromettere anche l'Alleato, di consultarsi con il Duce.

Senza per questo contraddire quanto mi aveva già dichiarato l'ultima volta sulla situazione generale, Ribbentrop ha aggiunto che questa rimaneva tuttavia praticamente sempre esposta al prodursi di un incidente. Egli ha quindi incominciato in proposito un ragionamento piuttosto contorto e nel quale non ho visto troppo chiaro.

Ho allora replicato che la nostra conversazione dell'altro giorno aveva chiaramente rivelato che la situazione non era matura per una soluzione. Che l'idea di una conferenza piacesse o meno poteva essere cosa relativamente secondaria e da parte nostra non ci si insisteva. Ma delle due l'una: o si intendeva di passare

senz'altro ai fatti e cioè alla guerra (eventualità dalla quale -ripetevo ancora una volta -l'Italia non rifuggiva) e allora non rimaneva effettivamente che discutere e consultarsi al più presto sul da fare -o invece si era disposti ad attendere, ed allora un qualche cosa era pur necessario per permettere di arrivare al momento desiderato. Da parte tedesca non si vedeva ben chiaro in che questo qualche cosa avrebbe potuto consistere. Sarebbe quindi stato meglio aspettare finchè la situazione si fosse ulteriormente chiarita, sì da far intravedere una soluzione suscettibile di essere annunciata in un incontro dei due Capi.

« Per concludere -ho detto testualmente -if chances are for war l'incontro si comprende ed è anzi necessario; if they are not, esso può essere utilmente differito».

Ribbentrop ha mostrato di aver capito e ha detto che ne avrebbe riferito nuovamente al Ftihrer e mi avrebbe dato una risposta o questa sera stessa o domani mattina.

Ho per parte mia aggiunto che, pure se il Ftihrer insistesse per l'incontro ora, sarebbe meglio lasciare al Duce e alla E. V. di scegliere eventualmente, invece del Brennero, qualche altra città dell'Italia Settentrionale, spostando -se necessario -di uno o di due giorni anche la data. Ribbentrop si è dichiarato di accordo.

Poichè sono in argomento, aggiungo, per doverosa informazione di V. E., che notizie giunte questa mane darebbero come piuttosto in aumento le probabilità di una soluzione non pacifica della questione di Danzica (sintomatico al riguardo anche l'improvviso ritorno di Hitler nella Capitale) e che, da fonte altrettanto confidenziale quanto sicura, mi si conferma che se un colpo di mano tedesco su Danzica ci avrà da essere, esso verrà sferrato il 15, dico quindici agosto p. v.

29 luglio

P. S.-Fino a quest'ora-10 a. m. Ribbentrop non mi ha ancora telefonato. Immagino che lo farà quanto prima. Intanto desidero richiamare l'attenzione della

E. V. sulla opportunità segnalatami dall'Auswartiges Amt che, nella scelta del posto definitivo dell'incontro, sia, se si scarta il Brennero, tenuto presente il naturale desiderio del Ftihrer di non attraversare in ferrovia l'Alto Adige. Si dovrebbe quindi pensare a qualche località cui si potesse pervenire per altra via oppure per aereo.

Aggiungo pure, ad ogni buon fine, che ieri per la prima volta Ribbentrop mi ha parlato di un incontro suscettibile di durare anche un paio di giorni.

(l) -Ribbentrop e Himmler. (2) -Questo documento, benchè porti la data del 28, fu effettivamer.te spedito il giorno 29, come risulta dal P. S.

(l) Vedi D. 5Ui.

718

IL CONSOLE GENERALE A OTTAWA, ROSSI LONGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 2574/688. Ottawa, 28 lugLio 1939.

Come questo R. Ufficio ha più volte avuto occasione di riferire, l'opinione pubblica canadese è stata sottoposta, nei cinque mesi trascorsi dalla costituzione del Protettorato di Boemia e l.VIoravia, ad una ostinata e pressante propaganda da parte del maggior numero degli organi di stampa, propaganda basata su due principii apparentemente antitetici:

necessità di fermare le Potenze totalitarie, e particolarmente la Germania, per salvare la «civiltà» democratica e l'Impero britannico; rinnovata potenza militare della Gran Bretagna e tetragona decisione degli spiriti dei suoi governanti.

La stampa in questione non ha potuto naturalmente nascondere un certo imbarazzo di fronte ai ripetuti intralci incontrati dall'Inghilterra sulla strada della progettata alleanza con la Russia, la cui conclusione essa aveva più volte scontata in anticipo per i propri lettori; nè è riuscita a fare totalmente buon viso al cattivo gioco dell'accordo anglo-giapponese seguìto agli incidenti di Tientsin. Essa ha perseguito tuttavia, con costanza, la sua azione diretta a preparare gli animi al peggio, fissando, in accordo con la stampa internazionale, il periodo « pericoloso » dell'Europa nei mesi di agosto e settembre prossimi.

Nonostante tale sforzo di propaganda (che ha trovato appoggio anche nel fatto che questo primo ministro si è finora rifiutato di far conoscere se egli abbia deciso di far svolgere questo autunno le elezioni generali, allegando l'incertezza della situazione internazionale), non sembra che l'opinione pubblica canadese si sia ancora rassegnata all'inevitabilità di una guerra europea, in cui non ignora che il Dominio verrebbe fatalmente a essere coinvolto. Per quanto stampa, radio e conferenzieri abbiano cercato di convincerla che la posta in gioco non è qualsiasi pezzetto di terra europea, ma la supremazia germanica o anglo-sassone, totalitaria o democratica, per quanto profonda possa essere la sua antipatia per Hitler (a cui naturalmente si attribuisce l'umiliazione provata dalla Gran Bretagna in Estremo Oriente), la maggior parte della popolazione canadese non è ancora riuscita a farsi ragione del perchè i suoi figli debbano andare a combattere in Europa per impedire che Danzica ritorni anche di nome terra tedesca.

Non v'è dubbio che questo atteggiamento sia in parte da attribuirsi alla beata ignoranza delle cose europee in cui il popolo canadese è vissuto fino a pochi mesi fa; allo spontaneo e sempre presente paragone con gli Stati Uniti, il cui Senato si è qualche giorno fa rifiutato di accettare la formula rooseveltiana della « neutralità »; alle difficoltà economiche in cui buona parte del Paese si dibatte. Sembra tuttavia si possa concludere che questa opinione pubblica, mentre non accetterebbe assolutamente una soluzione che potesse essere definita dai pubblicisti americani «Monaco n. 2 », sarebbe ben lieta se si potesse trovare una formula grazie alla quale fosse concessa alla Germania la sostanza delle sue richieste e assicurata, per un certo tempo, la pace.

È significativo, a tale riguardo, rilevare che le prime voci corse sulla sostanza delle conversazioni Hudson-Wohltat e i rumori circa l'eventuale proposta di un « Patto delle Grandi Potenze » per la pace, hanno trovato una assai favorevole accoglienza in quest'opinione pubblica. Anche buona parte della stampa (e l'intera stampa franco-canadese), compresi molti organi non certo ben disposti verso le Potenze totalitarie, hanno creduto opportuno dare grande rilievo nei titoli ai telegrammi di agenzie che riportavano tali voci, e commentarle favorevolmente negli editoriali.

Il più influente giornale inglese di Montreal, The Gazette, polemizzando contro coloro che in ogni mo~sa pacifica del Governo inglese vedono una resa ai dittatori, scrive infatti che sarebbe perfettamente accettabile un piano basato sui seguenti punti: restituzione di Danzica al Reich, conservandole il carattere di porto franco; modificazione dello status del Corridoio polacco in maniera soddisfacente alla Germania ed alla Polonia; rappresentanza italiana nel Consiglio di Amministrazione del Canale di Suez e partecipazione allo sfruttamento della ferrovia Gibuti-Addis Abeba; costituzione di una zona neutralizzata sulle coste marocchine fronteggianti Gibilterra.

Egualmente il Citizen di Ottawa afferma che, poichè Danzica è ormai sotto il controllo nazista, tanto vale le sia concesso di tornare a far parte del Reich, una volta che siano stati internazionalmente garantiti i diritti del commercio polacco. Così pure potrebbe esser concessa la richiesta autostrada congiungente il Reich alla Prussia Orientale. «Pochi inglesi, scrive il giornale, potrebbero negare che una guerra per impedire a Danzica nazista di riunirsi alla Germania nazista sarebbe la prova finale dell'inabilità umana a comporre pacificamente i contrasti politici ed economici. È da sperare che influenti autorità in Varsavia siano in favore di un compromesso :.. Il giornale giunge infine a domandarsi perchè l'Impero britannico, a differenza degli Stati Uniti, dovrebbe esser chiamato alla guerra per la questione di Danzica. Il Montreal Standard, dopo aver elogiato gli sforzi fatti da Hudson e Wohltat per cercare una base di accordo, esprime l'opinione che convenga all'Inghilterra parlare di pace con la Germania prima che uno o due milioni di giovani delle due parti siano stati massacrati.

Anche The Canadian Forum, rivista degli intellettuali di sinistra, che è fieramente contraria alla politica di Chamberlain, pubblica un articolo sull'opportunità di restituire Danzica al Reich, sostenendo che la resistenza fatta su questo punto dai Governi inglese e francese non è che una manovra per assicurare, grazie al timore di una conflagrazione, la loro persistenza al potere.

Non è senza significato che, in occasione di cosi vaghi rumori di « pacificazione », organi di stampa di cosi diverso indirizzo politico (due conservatori, uno tendenzialmente e uno dichiaratamente radicale) abbiano reagito nello stesso modo. Se si pensa che questa stessa stampa ha per mesi e mesi tentato di convincere i suoi lettori e sè stessa dell'assoluta necessità di arrestare il cammino delle Potenze totalitarie, non sembra imprudente concludere che essa sarebbe ben disposta ad applaudire qualsiasi compromesso che, salvando le forme, allontanasse dall'Europa, e quindi dal Canadà, la minaccia di una conflagrazione.

719

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 465. Berlino, 29 luglio 1939, ore 14,19 (per. ore 17,30). Lettera V. E. 5310 del 26 corr. (1).

Anche Governo germanico ha ricevuto invito per invio in Russia di elementi tecnici dell'agricoltura. Invito è accettato e partono per Mosca due tecnici agricoli tedeschi.

(l) Vedi D. 685.

720

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 466. Berlino, 29 luglio 1939, ore 14,19 (per. ore 17,30).

Per S. E. il Ministro. Ribbentrop è partito ieri sera insieme Fiihrer per una visita alle frontiere occidentali. Egli mi ha fatto sapere stamane da Weizsacker che non potrà dirmi nulla di definitivo prima di domani mattina domenica.

721

IL MINISTRO A COPENAGHEN, SAPUPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 110 Copenaghen, 29 luglio 1939 (per. 31 luglio, ore 19,10).

Mio telegramma posta n. 0108 del 22 corrente (1).

Mi risulta che questo Ministro di Francia parlando dei prestiti che inglesi accordano e promettono a destra ed a sinistra a disparati Paesi abbia detto con tono di disappunto a un dipresso: « quegli animali (bougres) vogliono proprio fare la guerra ad ogni costo». Parlando con me oggi non ha avuto frasi talmente esplicite, ma dal modo come ha esposto suo pensiero sulla situazione internazionale ne veniva fuori una specie di fac-simile (2) nel senso che tanto Francia che Italia sarebbero in questo momento portate a tenersi (3) rispettivamente nei confronti dell'Inghilterra e della Germania per trattenerle dal provocare una guerra nella quale non avrebbero interesse primordiale e diretto.

L'ex Ministro degli Affari Esteri danese Scavenius che ora dirige la grande Compagnia (3) danese con Estremo Oriente e col quale ho da anni intimi rapporti amicizia mi diceva ieri che un suo rappresentante inglese che egli ritiene agente « Intelligence Service » giunto in questi giorni a Copenaghen da Londra gli ha dato come sicuro scoppio ostilità in settembre.

722

IL MINISTRO PER GLI SCAMBI E LE VALUTE, GUARNERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. 26923. Roma, 29 luglio 1939.

Come d'intesa ti unisco copia di una mia lettera odierna a S. E. Attolico il cui testo è stato approvato dal Duce.

ALLEGATO

IL MINISTRO PER GLI SCAMBI E LE VALUTE, GUARNERI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

L. s. N. Roma, 28 luglio 1939. Ho Ietto col più vivo interesse il tuo rapporto del 20 giugno u. s. n. 4570 (l) col quale riferivi alcune osservazioni del Ministro Funk sulla politica autarchica italiana e le di lui preoccupazioni circa lo sviluppo degli scambi fra il nostro Paese e la Germania. Conoscevo già il punto di vista del Ministro Funk circa questi importanti problemi avendo egli avuto occasione di espormelo nel corso delle cordiali conversazioni che ebbi con lui durante la sua non dimenticata visita a Roma. Ma ricordo anche il tenore della mia risposta. Sostanzialmente, la politica italiana in fatto di autarchia, a simiglianza di quella germanica, punta decisamente verso il massimo potenziamento delle risorse naturali del Paese e di taluni settori dell'attività industriale che devono considerarsi fondamentali ai fini della difesa e dell'equilibrio della nostra economia nei rapporti interni e internazionali. È mia opinione che, vista nelle sue grandi linee, la politica autarchica italiana non solo non disturba il fondo dei nostri rapporti commerciali con la Germania, ma anzi tende a colmare talune deficienze che si sono via via venute manifestando, con ritmo sempre più accelerato negli ultimi tempi, nelle possibilità di apporto della economia germanica alla copertura di nostri fondamentali bisogni. l) Nel campo agricolo la politica autarchica italiana culmina nella battaglia del grano, che è la battaglia per l'indipendenza alimentare della Nazione, e nella bonifica, cioè conquista di nuove terre da sottoporre a cultura. Ogni ulteriore sforzo fatto in questo campo gioverà anche all'Alleata che potrà trovare presso di noi prodotti alimentari, di cui essa difetta, in sempre maggior misura. 2) Nel campo minerario l'Italia cerca di spingere al massimo le produzioni del carbone e dei minerali metallici di ogni specie. Queste produzioni sono in genere insufficienti in entrambi i Paesi. Ogni sforzo dell'Italia deve pertanto ritenersi compiuto nell'interesse comune. Il fabbisogno italiano di carbone germanico è cospicuo. La Germania in un passato ancora recente ha vivamente sollecitato una nostra maggiore partecipazione al consumo del carbone di sua produzione. L'Italia che per andare incontro a tali sollecitazioni ha adattato i suoi impianti alle caratteristiche del carbone tedesco e ha ridotto al minimo i suoi acquisti da altre provenienze -una volta cospicui e di gran lunga prevalenti -deve poter contare su regolari approvvigionamenti da parte della Germania, anche per la formazione di scorte

assolutamente indispensabili per il caso di emergenza.

Contro queste necessità stanno difficoltà germaniche che devono essere superate.

3) L'Italia sta spingendo al massimo la realizzazione di un programma di disciplina e di sfruttamento delle sue risorse idriche allo scopo di estendere le culture irrigue e quindi aumentare la sua capacità di produzione di derrate alimentari, e aumentare al massimo la produzione di energia elettrica.

Questo settore della politica autarchica italiana è sulla stessa linea dei nn. l e 2 e li integra.

4) Nel campo dei combustibili liquidi l'Italia ha testè condotto a compimento grandi impianti per la produzione di benzina-auto e benzina-avio e prodotti minori attivando suoi processi d'idrogenazione di olii minerali greggi, con particolare riguardo alle caratteristiche degli olii greggi albanesi.

Altri impianti sono allo studio per lo sfruttamento, allo stesso fine, delle ligniti.

Nessun turbamento può derivarne all'economia germanica che in questo campo soffre delle nostre stesse deficienze.

5) Altrettanto si può ripetere delle grandi iniziative in atto per la produzione di succedanei quali la cellulosa bianchita per fibre tessili artificiali e la gomma sintetica. In questo ultimo settore proficui contatti sono allo studio tra i gruppi industriali dei due Paesi. Si tratta anche qui di settori nei quali la Germania è insufficiente ai propri bisogni e non può essere turbata da nostre iniziative.

6) Nel campo siderurgico e metallurgico in genere (ghisa, acciaio, alluminio, piombo, zinco, magnesio, ecc. e rispettive leghe) l'Italia ha in via di costruzione impianti di notevole portata che dovranno assicurarle nello spazio di tre anni la possibilità di sopperire ai suoi bisogni, pur continuando ad essere tributaria dall'estero per minerali di ferro e carbone.

È noto che l'Italia incontra gravissime difficoltà di rifornimento di acciai dalla Germania. Anche qui dunque le iniziative italiane mirano a risolvere un problema che è stato reso per noi più acuto dalla situazione propria della economia germanica.

È d'altra parte evidente che un conveniente sviluppo delle industrie metallurgiche costituisce un elemento base per l'efficienza bellica della Nazione. L:apporto italiano è dunque apporto anche di potenziale militare nell'interesse comune.

7) Altrettanto può dirsi delle iniziative in atto nel campo della meccanica. Qui l'iniziativa dello Stato sta spingendo fortemente con interventi diretti e indiretti l'attrezzatura di cantieri e officine per la produzione di materiale bellico (navi, velivoli, artiglierie, munizioni) e materiale ferroviario. In questo settore non esiste interferenza con la industria similare germanica.

Da parte sua l'iniziativa privata si sta da qualche tempo con ritmo crescente cimentando nel campo delle macchine industriali e utensili, nel quale l'industria germanica ha conquistato una nobile tradizione e ha posizione di gran lunga prevalente su tutta l'industria estera nel mercato italiano.

Occorre però tener presente che anche in questo campo i rifornimenti della Germania, perfino quelli tradizionali, incontrano dallo scorso anno in poi gravi difficoltà di termini di consegna (si chiedono normalmente da 18 a 24 mesi) e di quantità. Lo sforzo italiano tende per ora a superare almeno in parte tali difficoltà che si ripercuotono sfavorevolmente su di noi ritardando l'aggiornamento e l'ampliamento della nostra attrezzatura industriale in tutti i campi.

Per quanto riguarda il futuro, l'industria meccanica tedesca, se si metterà in condizione di servire regolarmente la sua clientela, continuerà ad avere nel mercato italiano uno sbocco non inferiore al passato, nonostante il progressivo e auspicato e necessario affermarsi di una produzione meccanica nazionale, perchè lo sviluppo industriale dell'Italia, che in molte regioni è ancora agli inizi, renderà indispensabile per un lungo periodo di anni di fare assegnamento su di un largo concorso di macchinario estero.

Sarà tutt'al più necessario che l'industria tedesca adegui il suo apporto di tipi e di qualità di macchinari alle nuove esigenze dell'attrezzatura industriale italiana e non presuma di continuare a vendere i tipi di cui gradatamente verrà a cessare la richiesta.

8) Iniziative di cospicua portata sono in atto nel campo vastissimo dell'indu

stria chimica.

Lo Stato è intervenuto direttamente o indirettamente a promuovere lo sviluppo di produzioni strettamente attinenti alla guerra, particolarmente: esplosivi e aggressivi.

L'iniziativa privata si è notevolmente affermata e si va affermando con cospicue iniziative nel campo dei fertilizzanti azotati, dei coloranti sintetici, e con iniziative, più modeste ma numerose, in una serie di produzioni minori.

Per gli azotati la produzione, che è fondamentale ai fini agricoli, è appena ora in grado di coprire l'attuale fabbisogno nazionale, che è crescente, e non è in frizione con la produzione germanica.

Il settore coloranti è notoriamente terreno di cordiale collaborazione tra le industrie dei due Paesi.

Questa collaborazione -la quale consente alla produzione t..:desca urta cospicua quota di vendite sul nostro mercato senza disturbo grave per lo sviluppo della produzione italiana -ha possibilità di continuare.

Terreno di frizione è, invece, il settore dei farmaceutici e di una serie di produzioni chimiche minori. •

Qui bisogna dire che si tratta di produzioni che in gran parte non sono suscettibili di essere contenute in confini ben precisi o in piani preordinati. L'industria chimica, che ha la culla nei laboratori, una volta iniziata -ed è sempre iniziata attraverso difficoltà, di cui noi italiani abbiamo per la nostra parte fatte dure ma salutari esperienze -non è contenibile. Un prodotto richiama l'altro per naturale associazione di idee, di esperienze, di sviluppi.

È tuttavia facile constatare che, malgrado l'affermarsi della produzione italiana, il nostro mercato è ancora oggi, nella stessa misura che in passato, campo notevole di lavoro per l'industria germanica e lo sarà ancora in avvenire in funzione dell'aumento progressivo dei consumi.

In ogni caso, se vogliamo esaminare i problemi con spirito realistico, dobbiamo tenere presente che l'industria chimica è fattore basilare nella preparazione dei mezzi di guerra, ed è pertanto evidente che una sufficiente e aggiornata attrezzatura in questo settore costituisce titolo indispensabile perchè un Paese possa valere come grande Potenza militare.

L'Italia intende sviluppare questa industria. Come già è avvenuto nel settore fondamentale dei coloranti e in altri minori, una intelligente collaborazione tra le industrie dei due Paesi -che ne armonizzi gli interessi -potrà dare frutti cospicui con beneficio delle due economie e del potenziale bellico dei due Paesi, eliminando gli attuali contrasti.

Noi siamo disposti a favorire tale collaborazione. 9) Questi che ho numerato sono i grandi settori di attività dove la politica autarchica del fascismo sta concentrando i suoi sforzi.

Accanto a questi sta un complesso di attività minori dirette al soddisfacimento di una massa infinita e crescente e mutevole di bisogni delle popolazioni, attività che per la loro natura e per le loro dimensioni meno di qualunque altra possono formare oggetto di piani e di quadri preordinati da riservarsi in esclusività all'uno

o all'altro dei due Paesi o per disponibilità di materia prima o per speciali capacità naturali o acquisite di produzione.

Sono attività che gradatamente si sviluppano, quasi per generazione spontanea, per fatto della spinta di bisogni che si manifestano col progredire e col diffondersi del benessere sociale, e della insopprimibile necessità che spinge una popolazione in crescita e dotata di una capacità e di una tecnica produttiva in via di progressivo miglioramento, a ricercare nuovi campi di impiego alle sue esuberanti forze di lavoro.

Lo Stato non considera queste attività come attinenti ai piani autarchici, ma non ha ragione nè interesse di ostacolarne lo sviluppo che, ripeto, è frutto di private iniziative.

È bene precisare che nel grande quadro dei rapporti di scambio tra le due Nazioni alleate queste attività hanno nel loro complesso importanza secondaria.

Ma è evidentemente a queste che sono rivolte le osservazioni del Ministro Funk circa l'amministrazione dei contingenti d'importazione e la propaganda per la difesa del prodotto nazionale.

Che nell'amministrazione dei contingenti da parte delle Federazioni di categoria si siano verificati taluni inconvenienti lamentati nel primo tempo sono stati prontamente eliminati a seguito di tempestivi e decisivi interventi del mio Ministero (1). E dichiaro che siamo sempre disposti a intervenire per eliminare situazioni speciali che ci venissero segnalate e che risultassero in contrasto con gli accordi in atto tra i due Governi.

È però opportuno che gli indu~triali germanici, delle cui lamentele sono eco le osservazioni del Ministro Funk, si rendano a loro volta conto che le diminuite

possibilità di esportazione di taluni prodotti di natura voluttuaria o quasi sono piuttosto il riflesso di mutati bisogni o di minori consumi della popolazione che non di artificiose restrizioni nella utilizzazione dei contingenti.

Quanto alla propaganda per il prodotto nazionale, mi limito a dire che questa è più o meno apertamente fatta in tutti i Paesi e in forme e con metodi che in genere vanno ben oltre quanto da noi si è fatto o si va facendo. Ma in realtà essa non ostacola la vendita di prodotti che a seguito di accordi tra Governi sono ammessi liberamente in vendita sul nostro mercato.

L'attuale situazione dei rapporti politici tra i nostri due Paesi è poi fortemente in favore del consumo dei prodotti germanici. In conclusione, i problemi accennati sotto questo numero sono tutti di modesta portata e di facile soluzione.

10) Lo sviluppo della produzione italiana in tutti i settori -tanto in quelli dove la politica autarchica dello Stato si è particolarmente affermata come negli altri minori che sono rimasti essenzialmente abbandonati alla privata iniziativa risponde, come ho rilevato fin da principio, a necessità di ordine militare, ma anche a necessità incomprimibili di ordine economico.

Il progressivo aumento dei consumi di materie prime di massa (carbone, olii minerali, metalli e minerali di ogni natura, cotone, lana, cellulosa, legname, gomma, fosfati, semi oleosi, grassi ecc.) e di macchinari, di cui siamo tributari dall'estero per cifre imponenti, ha posto l'Italia di fronte a un gravissimo problema di pagamenti che non poteva e non può essere risolto se non operando per queste due vie: riduzione delle importazioni ai nostri acquisti, aumento delle esportazioni.

Entrambe queste vie non possono essere percorse se non si dispone di una agricoltura e di una industria modernamente attrezzate.

A operare per queste vie noi siamo anche stati recentemente sospinti dal fatto delle già ricordate sopravvenute difficoltà dell'economia germanica a fornire all'Italia talune materie prime e prodotti di cui essa ha bisogno.

Ciò naturalmente tocca da vicino il problema dell'avvenire degli scambi tra i nostri due Paesi, in ordine al quale problema io condivido in pieno le preoccupazioni manifestate dal Ministro Funk.

L'attuale grande Germania, mentre offre alla nostra esportazione maggiori possibilità di quelle che offrivano i mercati separati della vecchia Germania, dell'Austria, dei Sudeti, tende per contro a restringere le sue esportazioni verso l'Italia di materie prime e manufatti che detti Paesi singolarmente le fornivano: carbone, acciai, legname, macchine -materie prime e prodotti indispensabili all'economia italiana.

Perchè gli scambi possano svilupparsi in modo regolare è necessario che si sviluppino nei due sensi e che i pagamenti si svolgano attraverso un conto di compensazione in perfetto equilibrio.

Ora le accennate diminuite possibilità di esportazione della grande Germania,

mentre hanno provocato uno squilibrio organico nei conti di dare e di avere, che occorre assolutamente sanare, pongono l'Italia di fronte alla necessità di cercare altre fonti di approvvigionamento per le materie prime e i prodotti di cui abbisogna, e quindi di deviare verso altri mercati parte almeno delle materie prime, dei semilavorati e dei prodotti alimentari che oggi fornisce alla Germania onde mettersi in condizione di fronteggiare il problema dei pagamenti.

Tale situazione non può non preoccupare chiunque abbia la responsabilità degli scambi tra le due grandi Potenze dell'Asse, e deve essere senza indugio affrontata.

La costituenda Commissione per l'economia bellica, prevista dal trattato di alleanza, esaminerà le possibilità di aumentare la complementarietà tra le due economie nel settore agricolo, delle materie prime e dei beni strumentali e di sviluppare quindi in perfetto equilibrio rapporti di scambio tra i due Paesi. Ma il problema dominante che è alla base di tali rapporti, perchè giuoca per cifre massicce, è quello del carbone e di altre materie prime fondamentali.

Nessuno di noi pensa che l'importazione tedesca in Italia debba essere esclusivamente costituita da carbone, acciaio, legname e macchine. Sotto questo riguardo le preoccupazioni manifestate dal Ministro Funk non sono fondate.

35 ·Documenti diplomatici· Serie VIII ·Vol. XII

Ma da parte nostra ci sembra lecito attendere che nessuno in Germania presuma che il grosso delle esportazioni tedesche in Italia debba per contro essere costituito da qui innanzi dalla serie di prodotti che non sono elemento fondamentale della nostra vita di ogni giorno e possono senza grande sacrificio venire eliminati.

È invece indispensabile che tra le grandi categorie di prodotti -indispensabili, utili, superflui -che alimentano l'intercambio tra· i due Paesi, si mantenga un giusto equilibrio; quell'equilibrio, che si era venuto automaticamente formando e che noi non abbiamo alcuna intenzione di turbare, mentre turbamenti sono in atto per fatto dell'economia germanica.

Come ho avvertito al principio, l'Italia deve poter contare su regolari approvvigionamenti da parte della Germania, anche per le formazioni di scorte.

La Germania deve da parte sua fare assegnamento sulle risorse agricole italiane e deve quindi evitare di trasferire ad altri Paesi gli approvvigionamenti che essa effettua in Italia e per fornire i quali questa si è attrezzata con notevole sacrificitJ.

Questo è il problema di fondo che va affrontato e risolto senza indugio.

Io sarei molto lieto, nella attesa che la costituenda commissione si metta al lavoro, di esaminare personalmente col Ministro Funk, in maniera ben più ampia ed esauriente che non si sia potuto fare nel nostro primo incontro, questo complesso problema dell'intercambio italo-germanico cosi come si presenta alla luce delle precedenti considerazioni.

11) Sono inoltre d'avviso che lo scambio di vedute tra il Ministro Funk e me dovrebbe estendersi al problema delle intese economiche che Italia e Germania hanno evidente interesse di raggiungere ai fini del coordinamento dell'attività che i due Paesi svolgono oggi, in una concorrenza senza controllo, negli acquisti e nelle vendite da e su mercati terzi.

Su molti di questi mercati, ma specialmente sui mercati balcanici, le richieste disordinate dei nostri due Paesi portano i prezzi a livelli insopportabili. Per contro, le nostre offerte di vendita ci portano a vendere i nostri prodotti molto al di sotto del ricavo che sarebbe effettivamente realizzabile. È storia corrente in questi mercati che uniche concorrenti nelle forniture industriali sono le potenze dell'Asse.

Ebbi occasione di dichiarare al Ministro Funk che l'Italia ha necessità di vendere su questi, come su tutti i mercati, perchè ha necessità di comperare, e quindi intende battersi, come si batte, per conquistare posizioni adeguate a tali necessità.

Ciò premesso come punto ben fermo, è però evidente che la politica che le due Potenze dell'Asse perseguono in materia è errata, è dannosa e costosa mentre le possibilità di un cambiamento di rotta appaiono semplici e a portata di mano.

La situazione economica dei due Paesi non consente di regalare ad un tempo -come facciamo -a compratori e a venditori. Nè ciò serve sostanzialmente ai fini politici, che anzi una simile politica è piuttosto considerata da chi ne approfitta come indice di una situazione economica interna di disagio, il che evidentemente non gioca nei rapporti esterni come elemento di forza.

È a mio avviso urgente por fine a questa situazione. E noi siamo pronti a trattare su basi concrete ed informate ad equità.

12) Il Ministro Funk nella sua visita a Roma mi espresse con molto calore il suo desiderio di vedermi in Germania.

Fino a questo momento tale desiderio non ha assunto la forma concreta di un invito formale. Se sono bene informato, il Ministro Funk, esaminando con l'addetto commerciale germanico presso questa Ambasciata la data più opportuna per una visita in Germania, avrebbe indicata la fine del prossimo settembre, o i primi di ottobre.

Nonostante la mole e la natura dei miei impegni che mi rendono difficile allontanarmi dalla sede, quando l'invito verrà, io sarò molto lieto di accoglierlo.

Da quanto ho sopra esposto risulta chiaro che la materia per fruttuosi e decisivi colloqui col Ministro Funk non manca. Sarò anche lieto che mi si offra l'occasione di venire personalmente a constatare i grandi progressi che la nostra Alleata ha saputo raggiungere in regime nazionalsocialista.

(l) -Non pubblicato. (2) -Nota dell'Ufficio cifra: • Gruppi di interpretazione assai dubbia •· (3) -Nota dell'Ufficio cifra: • Gruppo indecifrabile •·

(l) Vedi D. 291.

(l) Periodo poco chiaro anche nell'originale.

723

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 468. Berlino, 30 luglio 1939, ore 15,36 (per. ore 18,55).

Seguito mio telegramma n. 466 (1).

Ribbentrop mi ha telefonato stamane per avvertirmi che avrà oggi nuova conversazione con Fiihrer e che non potrà comunicarmi nulla di definitivo prima di questa sera.

724

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 558. Tokio, 31 luglio 1939, ore 8,50 (per. ore 17,45).

Discussioni circa Tientsin continuano malgrado· non lievi difficoltà.

Militari dichiarano però che recente dichiarazione Halifax ai Comuni e confisca bordo piroscafo inglese Tientsin ingente quantità moneta argento ha loro confermato malafede britannica.

Essi intanto dicono proporsi far mandare a monte lavori conferenza nel

corso di questa settimana. Continuano dimostrazioni antibritanniche. Comunicato a Roma e Taliani.

725

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 559. Tokio, 31 luglio 1939, ore 8,50 (per. ore 17,45).

Prevedo durante settimana discussione 5 Ministri per trovare soluzione che consenta giungere al più presto conclusione patto.

726

IL MINISTRO DEGLI ESTERI CIANO, A.LL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA

T. PER CORRIERE 481 R. Roma, 31 luglio 1939, ore 9.

Il Consigliere di quest'Ambasciata del Giappone, ha, nel_ corso di una conversazione con un funzionario di questo Ministero, fatto cenno alla perplessità che accordo fra Londra e Tokio avrebbe suscitato in Germania, ed ha

aggiunto risultargli che von Ribbentrop avrebbe convocato ieri Ambasciatore giapponese cui ha, fra l'altro, chiesto di conoscere se, in conseguenza dell'accordo stesso, atteggiamento nipponico, nei riguardi europei, potesse considerarsi in qualche modo modificato.

Ambasciatore dopo aver assicurato che ciò era, a suo giudizio, da escludersi, ha chiesto in proposito istruzioni al suo Governo che ha, in risposta, fatto oggi pervenire alla Ambasciata a Roma e a Berlino assicurazione che situazione europea e conseguentè atteggiamento giapponese non hanno in alcun momento e sotto nessuna forma fatto oggetto delle conversazioni Arita-Craigie. Politica nipponica nei confronti Europa permaneva per conseguenza immutata.

Predetto consigliere non ha tuttavia nascosto disappunto suo Ambasciatore per corso avvenimenti e sua persuasione che accordo anglo-nipponico, elaborato con gravi riserve mentali da ambo le parti, andrà lentamente svuotandosi, nella fase esecutiva, ogni suo effettivo contenuto.

(l) Vedi D. 720.

727

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, COLONNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 133. Washington, 31 luglio 1939, ore 10,9 (per. ore 20,50). Dipartimento di Stato ha comunicato a questo Ministro Albania cessazione suo riconoscimento. Menzione Legazione d'Albania è scomparsa dalla lista diplomatica. Questione è stata pertanto risolta secondo nostre discrete indicazioni e contro elementi che, valendosi precedente Cecoslovacchia, volevano perpetuare degna

dimostrazione antitotalitaria, facilitata da atteggiamento assunto da Ministro d'Albania.

728

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

FoN. 471. Berlino, 31 luglio 1939, ore 12 (per. stessa ora). Si conferma che il nuovo trattato commerciale nippo-tedesco testè parafato da Wohltat, per quanto forse non conceda al Giappone tutti i crediti che questo aveva domandato, contiene tuttavia più larghe concessioni creditizie in confronto del passato, sufficienti ad assicurare un incremento sostanziale nel commercio fra i due Paesi.

729

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, TELEKI

T. 16345 P. R. Roma, 31 luglio 1939, ore 12,15.

Vivamente grato a Voi e al Governo ungherese del Vostro messaggio ricambio con cordialità le vostre amichevoli espressioni.

730

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A MOSCA, MIGONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 100. Mosca, 31 luglio 1939, ore 18,15 (per. ore 19,39).

Parlando ai reporters stranieri signor Strang ha dichiarato, pur non potendola confermare nella forma in cu'i è stata annunziata dalla stampa, non poteva neppure smentire notizia prossimo inizio a Mosca di conversazioni militari. Mi risulta che anche addetto militare britannico si è espresso in questo senso.

D'altra parte stesso signor Strang ha ammesso esistere tuttora punti controversi nelle trattative in corso.

731

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

FoN. 473. Berlino, 31 luglio 1939, ore 19,40 (per. stessa ora).

Ribbentrop mi informa in questo momento che il Fiihrer non ritenendo di aver ora a sua disposizione tutti gli elementi necessari per un apprezzamento definitivo della situazione, si riserva forse fra una settimana o dieci giorni, di far conoscere il suo pensiero sulla necessità o meno dell'incontro (e la data relativa).

732

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 474. Berlino, 31 luglio 1939, ore 23, (per. giorno 1o agosto 1939, ore 5).

Faccio seguito al mio fonogramma n. 473 (1). Ribbentrop ha avuto oggi nuovo colloquio col Fiihrer, il quale ringrazia molto il Duce sue comunicazioni.

l) Per quanto riguarda necessità attuale incontro, Hitler, che non si è ancora orientato verso soluzione definitiva, opina che in questo momento manchino alcuni degli elementi necessari per un apprezzamento sicuro insieme situazione sopra tutto per quanto riguarda Inglesi. Non può ancora prevedersi cosa finirà per accadere delle negoziazioni anglo-sovietiche. È anche in attesa notizie da Inghilterra sulla reale situazione colà. Situazione jugoslava non gli è ancora completamente chiara. Egli gradirebbe quindi, per poter concludere definitivamente sulla sua data, di attendere ancora qualche tempo (probabilmente, mi diceva Ribbentrop, una settimana o dieci giorni).

2) Quanto alla conferenza, il Fiihrer ritiene anche egli che essa presenterebbe difficoltà e svantaggi.

La situazione dell'Asse, nonostante la propaganda contraria, è al mondo fortissima. Una qualunque iniziativa da parte delle Potenze dell'Asse farebbe invece giuoco propaganda avversaria e verrebbe fatalmente interpretata come segno di debolezza.

Per di più (Ribbentrop ritiene questo punto molto importante) una proposta di conferenza, lanciata in piene trattative anglo-russe, allarmerebbe U.R.S.S. che sotto spettro isolamento si sentirebbe spinta ad abbandonare ogni resistenza cadendo definitivamente nelle braccia francesi e inglesi.

La stessa composizione conferenza non sarebbe facile, anche ammesso che potesse essere fatta entrare la Spagna, e imporrebbe certamente Russia senza che da parte nostra potessimo essere sicuri di fare entrare Giappone.

Queste in riassunto le considerazioni del Fiihrer. Ribbentrop si trattiene ancora un giorno per poi recarsi nuovamente a Salisburgo dove riprenderà contatto col Fiihrer.

Mi terrà subito informato di ogni eventuale sviluppo.

(l) Vedi D. 731.

733

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 43. Bled, 31 luglio 1939 (per. 2 agosto).

Telegramma per corriere di V. E. n. 15222 del 18 luglio (1).

Ho avuto occasione recentemente di chiedere a questo Direttore Generale degli Affari Politici cosa sapesse circa la notizia che il Governo turco avrebbe intenzione di includere negli accordi definitivi da stipularsi con la Francia e l'Inghilterra, oltre alle note disposizioni concernenti le frontiere balcaniche della Turchia, anche le garanzie unilaterali già prestate dai due Paesi anzidetti alla Grecia e alla Romania.

Petrovié mi ha risposto che nulla di preciso gli risultava in proposito. Ha aggiunto che gli sembrava strano che la Turchia volesse assumere nuovi impegni verso la Romania e la Grecia le cui frontiere sono ampiamente g'arantite dagli impegni reciproc'i assunti dai quattro Paesi dell'Intesa Balcanica.

Dal che deduco che, se la notizia è vera, questo sarà il punto di vista ufficiale jugoslavo nella questione. Nulla di più di una rimostranza puramente platonica che non varrà certo a trattenere il Governo turco dall'attuare il suo proposito, ove lo ritenga possibile e conveniente.

(l) Contiene la ritrasmissione del T. per corriere 1_1. 64 da Bucarest del 12 luglio. vedi D. 542.

734

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATISSIMO 1366/749. Istanbul, 31 luglio 1939.

Con mio telespresso del 4 giugno scorso n. 1009/547 (l) davo notizia fra l'altro -di spostamenti di forze militari turche dall'Anatolia centrale ed orientale verso la Tracia e le coste del Mediterraneo. Segno evidente questo dell'assenza di ogni preoccupazione circa la frontiera con l'U.R.S.S.

Risulta ora al R. Addetto Militare che gli ordini di prelevamento, in ispecie di materiali, dalle unità dislocate in Anatolia (e precisamente dai due corpi d'armata destinati alla frontiera russa) sono stati improvvisamente revocati verso la metà del corrente mese. Il Colonnello Boglione, nel rapporto indirizzato al Comando del Corpo di Stato Maggiore, di cui unisco copia, ne deduce una indiretta conferma di alcune voci che circolarono in occasione della visita di Potemkin ad Ankara del maggio scorso, secondo le quali l'U.R.S.S. avrebbe, in caso di conflitto, promesso il suo concorso alla Turchia a condizione che questa non concludesse con l'Inghilterra un accordo che praticamente venisse a dare all'Inghilterra la padronanza degli Stretti.

È possibile che ciò sia vero, ma io penso che la citata misura di carattere militare, così come la campagna di stampa -molto tenue del resto -intesa a sminuire l'importanza dell'adesione sovietica al cosidetto «fronte della pace », avendo coinciso con il per'iodo critico delle trattative di Mosca, abbiano soprattutto avuto lo scopo di esercitare una pressione sul Governo sovietico, molto probabilmente dietro consiglio anglo-francese.

La Turchia, per ovvie ragioni già molte volte dette, è obbligata a tenere nel massimo conto l'atteggiamento dei Soviet in caso di conflitto generale, nè può pensare ora a mettersi in istato di difesa anche sulla frontiera con la Russia. La stessa sostituzione dell'Ambasciatore turco a Mosca con un funzionario più attivo e più abile del Signor Zekai Apaydin [telespresso di V. E. n. 223231/30 del 19 corrente (2)] sta a dimostrare l'importanza che qui si attribuisce ai rapporti con Mosca.

ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE ED AERONAUTICO AD ANKARA, BOGLIONE, AL COMANDO DEL CORPO DI STATO MAGGIORE (S.l.M.)

RAPPORTO SEGRETO 284. Istanbul, 27 luglio 1939.

Buona fonte m'informa che Potemkin durante sua visita Ankara primi scorso maggio avrebbe offerto Turchia concorso U.R.S.S., in caso conflitto, per difesa Anatolia, Egea e Tracia e per forniture materiale bellico, a condizione che Turchia non concludesse accordo con Inghilterra. Tenuto conto che con tale accordo Turchia ha virtualmente dato padronanza Stretti a Inghilterra e che gli Stretti hanno sempre rappresentato e rappresentano tuttora regione d'attrito fra Inghilterra e U.R.S.S., notizia appare più che verosimile.

Il fallimento delle proposte Potemkin non poteva che portare a un raffredda

mento di rapporti fra U.R.S.S. e Turchia: e questo, quasi a conferma di quanto

detto, si è effettivamente verificato, come dimostrano due fatti recentissimi, uno

dei quali della massima importanza per le sue conseguenze:

-La Turchia rinforza le sue unità in Tracia prelevando, in specie materiali,

da alcune delle unità dislocate in Anatolia: previsti, fra queste, l'VIII e il IX C. A.

(frontiera russa). Una decina di giorni fa l'ordine riguardante questi 2 corpi è

stato improvvisamente revocato.

-Il 26 corr. la République nel suo editoriale a titolo • L'adesione russa è

indispensabile? • firmato dal figlio del proprietario, deputato ligio al governo e

notoriamente filo-sovietico, sosteneva la tesi che l'U.R.S.S. non è affatto necessaria

al fronte della pace, già abbastanza forte per sè stesso.

(l) -Vedi D. 108. (2) -Non pubblicato.
735

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

L. Roma, s. d. (1).

Mi associo pienamente a quanto, con singolare inoppugnabile chiarezza e precisione, espone nel suo rapporto il camerata Guarneri. Desidero aggiungere:

l) Che se vi è nazione al mondo che ha il diritto e il dovere di tendere con tutte le sue forze al raggiungimento del più alto livello di autarchia, questa nazione è l'Italia.

2) Che il Fascismo è impegnato -politicamente, economicamente e moralmente -al mille per mille in questa battaglia e, com'è nel suo stile, la condurrà implacabilmente sino in fondo.

3) Che, come potete vedere e far vedere dai grafici allegati, la battaglia autarchica è in pieno e favorevole sviluppo tanto che alcune delle sue mète sono già raggiunte.

4) Considero una vittoria autarchica dell' Italia come una vittoria del-l'Asse.

5) Per queste e per altre ragioni che vi risparmio, non ammetto nemmeno che si discuta sull'argomento.

6) Una nazione come l'Italia di 45 milioni di abitanti e 62 con l'Impero e che ha industrie esistenti da secoli non può accettare di essere «complementare » di chicchessia.

7) Il rapporto Guarneri può e deve chiarire le idee del signor Funk e quindi fornire la base di una proficua intesa per «coordinare » all'interno e sopratutto all'estero le due economie.

D. -722), è senza data e fu spedita ad Attolico da Ciano che la trasmetteva con L. n. 5408 del l o agosto 1939.
(l) -La presente lettera, scritta in seguito al Rapporto Guarneri del 29 luglio 1939 (vedi
736

IL MINISTRO A COPENAGHEN, SAPUPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 112. Copenaghen, 1° agosto 1939, ore 14,40 (per. ore 18,20).

Ho veduto ieri il Ministro degli Affari Esteri in occasione dell'ordinaria udienza settimanale del Corpo Diplomatico. Egli si mostrò con me visibilmente preoccupato, stando alle notizie qui pervenute al riguardo della situazione.

A suo avviso la Danimarca si trova, rispetto alla Finlandia ed alla Svezia, in una situazione privilegiata, per quanto riguarda i pericoli inerenti alla partecipazione russa ad una eventuale guerra: la potenza tedesca sul Baltico è tale che ogni azione bellica dovrebbe svolgersi lontana dal territorio, dalle acque territoriali e dal cielo danese. Inoltre, da quanto egli mi ha detto, credo di dedurre che questo Governo si sia già preoccupato del rispetto della sua libertà di traffico e di commercio in caso di guerra, anche in confronto all'Inghilterra (con la Germania la situazione è stata chiarita dal recente trattato). Munch mi ha detto infatti di aver motivo di credere che la situazione attuale sarà rispettata dall'Inghilterra, e la situazione attuale è la seguente: tre quarti dell'esportazione danese all'Inghilterra, il residuo. un quarto, alla Germania; quasi nullo è il commercio di transito.

Mio collega britannico era stato ricevuto proprio prima di me, e il suo colloquio si era visibilmente prolungato.

737

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 560. Tokio, 1° agosto 1939, ore 18 (per. giorno 2, ore 4).

Questo nuovo Direttore Generale Affari Politici già Consigliere a Mosca mi ha detto che Governo giapponese intende questa volta agire energicamente per risolvere questioni petrolifere e carbon'ifere a Sakhalin. Ha aggiunto che si prevede incidente mongolo-mancese sarà assai lungo, data intenzione sovietica impedire si ristabilisca calma quel territorio.

738

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 44-bis. Bled, 1° agosto 1939 (per. giorno 2).

Telespresso di V. E. n. 222027/188 del 12 luglio u. s. (1).

Ho pregato il Regio Addetto Militare di raccogliere i dati più recenti circa il numero presumibile degli uomini attualmente mobilitati in Jugoslavia, nonchè

circa le zone di maggiore densità delle truppe. Mi riservo di riferire non appena possibile.

Le voci di mobilitazione occulta dell'esercito jugoslavo e di concentrazione di truppe nelle regioni prossime alla frontiera albanese sono risultate sinora esagerate e del tutto infondate. Come più recente esempio richiamo il telespresso n. 2029/308 del 19 luglio (l) con il quale il R. Console in Ragusa ha riferito, anche a codesto R. Ministero, circa la modesta dislocazione di forze nella zona di Crkvice e delle Bocche di Cattaro.

Si tratta in generale di cauti richiami di riservisti per brevi periodi di istruzione, particolarmente notevoli nella Serbia meridionale, ma non tali tuttavia da aumentare sensibilmente gli effettivi normali di pace di questo esercito.

È bensì vero che, come ha segnalato recentemente il Console di Ragusa, tutte le opere militari della zona della frontiera albanese vengono alacremente rafforzate.

Quanto alle ripercussioni politiche dell'occupazione italiana dell'Albania questa Legazione ha avuto più volte occasione di riferirne a V. E. L'avvenimento ha fortemente impressionato l'opinione pubblica e anche una buona parte dei circoli dirigenti. Nè poteva essere altrimenti, data la tradizionale sensibilità jugoslava ad ogni nostra attività in Albania. È vero che, in un certo senso, l'occupazione, per evidenti ragioni strategiche, ha reso ancora più tangibile agli occhi del Governo la necessità di fare una politica di prudente rispetto, e, sino a un certo punto, di cauta collaborazione verso l'Italia. Ma essa ha anche fortemente aumentato la diffidenza nei nostri riguardi e sopratutto ha reso ancora più accentuato il carattere di costrizione, piuttosto che di naturale inclinazione, di detta politica.

Comunque è certo che ogni nostro movimento in Albania, come ad esempio gli effettivi delle nostre truppe colà stanziate e la visita del Maresciallo Badoglio, è attentamente e inquietamente seguito.

È superfluo aggiungere che questa Legazione non si lascia sfuggire nessuna occasione per tentare di dissipare questi sospetti.

(l) Non rintracciato.

739

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER .CORRIERE 129. Sofia, 1° agosto 1939 (per. giorno 4).

Questo Ministro d'Ungheria Conte Woracziski è improvvisamente partito.

È venuto a trovarmi Incaricato di Affari Lukacs. Mi ha detto che Conte Woracziski era stato richiamato e dubita avrà altro incarico. Gradimento è stato chiesto per Michele Jungesth Arnothy attuale Ministro di Ungheria a Mosca.

Mi ha lasciato intendere che provvedimento potrebbe preludere maggiore intensificazione rapporti politici fra i due Paesi, finora, come egli afferma,

mantenutisi seppure cordiali alquanto generici nonostante induzioni fatte in contrario da varie parti. Ritiene tale intensificazione rapporti sia particolarmente desiderata da Conte Csaki.

(l) Non rintracciato.

740

IL MINISTRO CONSIGLIERE A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

(pubbl. MAGISTRATI, Salisburgo 1939, • Rivista di Studi Politici Internazionali •, 1949, p. 496)

L. PERSONALE. Berlino, l" agosto 1939.

Due sole righe a commento brevissimo della situazione attuale, creatasi intorno alle relazioni italo-tedesche.

Abbiamo ora una battuta di aspetto. Il Fiihrer ha ripreso a ~rascorrere le sue ore, ascoltando ininterrottamente, a Bayreuth, i clangori delle trombe wagneriane, e von Ribbentrop rientra nella calma del suo lago alpino, a pescare trote azzurre e ad architettare piani di contropropaganda antibritannica. Tutto ciò nei riguardi del progettato incontro tra i due Capi, provoca l'atmosfera adatta per il suo rinvio, anche se, eventualmente, per un periodo non lungo. E dà quindi il tempo necessario per considerare con la dovuta ponderatezza senza nervosità la situazione nella quale ci troviamo.

Il mio ambasciatore non vede chiarificato l'orizzonte ed in questo senso Ti scrive oggi a lungo, proponendo che, prima del 15 agosto, vi sia da parte nostra un nuovo intervento presso i Tedeschi per mettere i punti sugli i e per far loro comprendere «apertis verbis » che l'Italia non può essere messa dinanzi a nuove sorprese.

Devo dirti, in proposito, la mia idea. Concordo pienamente nel ritenere che la situazione vada sorvegliata con grande attenzione. Ma insisto sul punto rli vista, già accennatoti a Roma, che, proprio per non creare equivoci e malintesi ed interpretazioni di dubbia esattezza, a noi convenga nettamente, oggi, mantenerci nelle linee che sono state fissate nel Trattato di Alleanza del 22 maggio, trattato che per la sua semplicità e per il vigore delle sue determinazioni è veramente degno di elogio in ogni parte. In altre parole, dato che l'obbligo della preventiva consultazione è assoluto e non ammette eccezioni, e dato che oggi, per la questione di Danzica, dei due Alleati la maggiore interessata è la Germania, sta proprio alla Germania di venire inequivocabilmente e tempestivamente a con· sultarci, e non a noi di andare a chiedere nuove spiegazioni e chiarimenti. Temo infatti che, a forza di chiedere un « sì » o un «no » ci sentiremo rispondere dai Tedeschi, che, per forza di cose, non hanno ancora scelto la linea definitiva da seguire, un «ni », che lascierà a noi la difficoltà della interpretazione, senza che ci sia possibile appellarci al Trattato.

In altre parole oggi non siamo più in regime di Asse, con relative fluidità e zone grigie, ma in regime di Alleanza, nel quale i diritti e i doveri di ciascuno dei due contraenti sono definiti con precisione assoluta. Il tempo delle lettere inviate all'ultimo momento, in aeroplano, a mezzo del Principe di Assia, deve essere considerato definitivamente sorpassato e siccome il periodo delle « sorprese » è, almeno per ora e per l'allarme esistente nel campo avversario, finito (abbiamo fatto molto bene, a tale proposito, a chiarire senza equivoco ai Tedeschi che da parte nostra si crede che un colpo di violenza su Danzica, con susseguenti reazioni violente polacche, sarebbe oggi seguito, con assoluta probabilità, da una conflagrazione generale), entra in gioco il Trattato con tutte le sue misure e consultazioni, preventive e tempestive. Ai Tedeschi quindi, oggi, di presentarsi, ripeto, con il cappello in mano a chiedere di poterei esporre il loro punto di vista e i loro programmi, e non a noi di solleticare ancora il canto della cicala germanica per sentirla, magari stonatamente, cantare e suonare.

Se quindi il Fiihrer, il quale dopo tutti [i colloqui] di questi sei giorni, ha fatto, in definitiva, sapere di non avere ancora tutti gli elementi per giudicare della situazione chiederà davvero un giorno più o meno vicino, per ottenere l'incontro, occorrerà da parte nostra non rifiutare. Ma nel frattempo sarà, penso, conveniente non agitare troppo le acque e !imitarci soltanto a far comprendere con chiarezza come, da parte nostra, ci si attende che i Tedeschi, in tema di consultazione "preventiva, si attengano strettamente al Trattato.

Il Capo tedesco potrà così, in questa battuta di aspetto, considerare e «ruminare», secondo il suo costume, le idee e gli argomenti che, con grande tempestività ed opportunità, il nostro Capo gli ha fatto giungere nel corso dell'ultima animata settimana di luglio.

741

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 5795/1776. Berlino, lo agosto 1939.

Alla vigilia di partire per le ferie, il Consigliere di Stato Wohltat, Direttore ministeriale presso il Dicastero dell'Economia del Reich e negoziatore di tutti gli accordi commerciali conclusi in quest'ultimo periodo di tempo dalla Germania, ha fatto alcune interessanti dichiarazioni a un ristretto numero di giornalisti esteri convocati per l'occasione ad una colazione organizzata dal Ministero della Propaganda all'albergo Kaiserhof.

Tanto il dott. Wohltat quanto il funzionario del Ministero della Propaganda presente alla colazione hanno invitato i corrispondenti esteri a non far uso nei loro servizi degli elementi trattati nel corso delle conversazioni, ma di tenerne conto soltanto dal punto di vista dell'orientamento.

Il dott. Wohltat ha parlato dapprima del trattato di commercio col Giappone testè concluso, ma in sostanza non ha detto nulla di nuovo o di degno di considerazione. Tuttavia ha dichiarato che l'entità del credito che la Germania si è impegnata ad aprire al Giappone sarà proporzionata allo sviluppo del volume degli scambi commerciali. L'amministrazione di questo credito sarà tenuta da un consorzio di banche tedesche.

A questo punto un giornalista francese ha chiesto a Wohltat quale importanza potrà continuare ad avere il trattato di commercio in vigore tra la Germania e la Cina. Sorridendo, l'interpellato ha risposto che « il trattato è un magnifico pezzo di carta... ma che il commercio cerca le sue vie :..

A domanda-questa volta di un giornalista americano-il Wohltat è venuto a parlare dei rapporti commerciali della Germania con le nazioni dell'Europa sud-orientale. Egli ha detto che la Germania attualmente importa da tali Paesi il 13% del volume totale delle sue importazioni, ed ha soggiunto -precisando di parlare per sua personale convinzione -che in un periodo di cinque anni il Reich potrà importare dai Paesi di quel settore dal 20 al 25 % del volume totale delle importazioni.

Un giornalista britannico ha chiesto a questo punto il pensiero del Wohitat in merito alle famose conversazioni da lui avute a Londra col Sottosegretario al Commercio estero, sig. Hudson. Il Wohltat si è schernito e non ha voluto fare dichiarazioni di sorta. Ha detto che gli sembrava che in proposito non vi fosse nulla da aggiungere a quanto era già stato dichiarato da parte ufficiale tedesca.

Il giornalista inglese ha allora insistito dicendo: «Probabilmente le cose sono andate cosi: il sig. Hudson Vi avrà detto -nel caso che la Germania facesse così, allora si potrebbe fare così... -e via dicendo ».

« Ungefahr -ha ammesso il Wohltat -le cose si sono svolte così:». In tal modo egli ha indirettamente ammesso che il famoso piano concernente il prestito, i cui particolari sono stati resi noti dalla stampa britannica, gli fu in effetti illustrato. Evidentemente egli lo ha ascoltato e, invece di un colloquio, si è avuto in quella occasione un monologo.

Avendogli un giornalista inglese domandato notizie in merito alla politica delle divise e alla bilancia dei pagamenti della Germania, il Wohltat ha risposto che, per quanto riguarda la politica delle divise, non vi è nulla da aggiungere a quanto tutti sanno; che tuttavia teneva a precisare avere il Reich delle buone fonti di divise nel traffico della sua marina mercantile e nel turismo. A chi gli faceva osservare che le Compagnie di navigazione tedesche non corrispondono da parecchio tempo agli azionisti alcun dividendo, il Wohltat ha risposto sorridendo che bisogna distinguere tra divise estere e dividendi.

A proposito della bilancia dei pagamenti non ha detto nulla di rilevante.

Un giornalista finlandese ha chiesto al Wohltat notizie in merito alle trattative commerciali in corso fra la Germania e la Russia sovietica. L'interpellato ha detto che le trattative sono tuttora in corso e che potranno avere un esito favorevole purchè Mosca dimostri una certa comprensione. Ha sottolineato che la politica di Stalin ha « compresso » i rapporti commerciali con l'estero, soggiungendo che ciò nonostante si sono stipulati anche in quest'ultipo periodo dei trattati di commercio, come ad esempio quello con l'Italia.

Venendo a parlare dell'Italia per iniziativa di un giornalista francese che gli faceva osservare come l'Italia concluda molti accordi commerciali, il Wohltat ha dichiarato che in quest'ultimo periodo di tempo in effetto l'Italia è divenuta per tutti uno dei migliori «partner » commerciali.

Infine, il Consigliere di Stato Wohltat ha parlato del suo recente viaggio in !spagna. «Laggiù -ha detto -ho trovato gli amici spagnoli in una fase di intensa attività tendente alla ricostruzione interna. Voi sapete che la Spagna ha subito durante la guerra civile gravi perdite di uomini e di materiale di ogni genere. D'altro canto gli uffici competenti mancano tuttora degli elementi necessari per porre su un piano pratico delle trattative commerciali. Ad ogni modo la Germania, cosi come fece dal punto di vista politico durante la guerra civile, sarà animata anche nel campo commerciale dalla migliore amicizia nei riguardi della Spagna di Franco. Quando questa sarà riorganizzata, i due Governi fisseranno di comune accordo, a seconda dei bisogni, i loro rapporti commerciali. È certo che la Germania darà alla Spagna ciò che essa vorrà».

742

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 5816. Berlino, lo agosto 1939.

Nelle varie conversazioni avute in questi ultimi tempi con Ribbentrop, questi è tornato sulla questione della Propaganda.

Il tempo e l'energia che il Ministro del Reich dedica a questo ramo di attività è semplicemente incredibile. È lui -come già Ti ho detto -che sta personalmente curando tutta la contropropaganda King Hall in Inghilterra, Francia ecc. Ha mandato a Londra un apposito incaricato per incettare tutte le buste da lettere -di fattura inglese -e quindi meno discernibili dalla censura esistenti sul mercato e ne ha acquistato per un intero carico di aeroplano. Ha già messo insieme una compagnia di 50 (dico 50) tra funzionari, professori, storiografi, poeti... che tutti lavorano a compulsare archivi e a preparare armi per la propaganda all'estero, adattata a ogni singolo Paese, sia per il tempo di pace che per il tempo di guerra. Alla testa di tutta. questa organizzazione, alla quale sarà data una apposita sede, ma che dovrà lavorare nel più assoluto segreto, si trova -sembra -un professore (altri dice un Ambasciatore) comunque una persona di grande autorità e riputazione. Una organizzazione analoga Ribbentrop si attende sia messa su anche in Italia...

Comunque, è sopratutto sopra un punto speciale che Ribbentrop, ancora l'altro ieri, ha insistito perchè io richiamassi la Tua particolare attenzione, domandandomi anzi con insistenza se io lo avessi già fatto. Nel cosidetto incontro del Brennero (che Ribbentrop porta sempre in bilancio e che anzi considerava per parte sua cosi sicuro e così prossimo che aveva già dato ordine a Dornberg di recarsi in Italia per organizzarlo), in questo incontro dico, Ribbentrop intenderebbe portar con sè l'uomo che egli destina a Roma -presso l'Ambasciataper collaborare col nostro Ministero degli Esteri a scopi propagandistici. Quest'uomo è un giornalista che stava già a Londra e Ti sarà solennemente presentato ed accreditato dallo stesso Ministro.

Orbene, Ribbentrop gradirebbe che anche Tu portassi con Te il Tuo uomo, destinato a collaborare qui, sotto gli auspici dell'Ambasciata, con la Organizzazione propagandistica tedesca. Io non gli ho detto ancora che quest'uomo sarà il Ridomi, egli pure giornalista ecc. ecc. Sarà meglio che egli sia presentato a Ribbentrop personalmente da Te. Sono sicuro che lo apprezzerà assai di più.

Grato di un eventuale rigo di conferma, con ogni deferenza.

743

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. SEGRETO 5821. Berlino, 1• agosto 1939. Faccio seguito al mio telegramma n. 474 del 31 luglio u. s. (l) per tentare una messa a punto della situazione quale è venuta a determinarsi in seguito alle ultime conversazioni italo-tedesche. Nel penultimo mio colloquio con Ribbentrop questi, di sua propria iniziativa, e prima ancora che io avessi avuto agio di esporgli le istruzioni impartitemi dalla E. V., concluse il suo dire domandandomi «in tutta franchezza» se da parte nostra l'incontro fosse o non desiderato. Evidentemente, Ribbentrop aveva già avuto notizia, per via breve, delle istruzioni telefoniche dell'E. V. Non v'è quindi dubbio che, sopratutto dopo la conferma datagliene da me, cosi il Fiihrer come Ribbentrop avessero compreso -in forma inequivoca -come da parte nostra si desiderasse un aggiornamento (che io non mancai anzi di specificare a settembre-ottobre) del progettato incontro. È quindi già sintomatico da parte tedesca non si sia accolta la proposta di rinvio subito e senza discussioni. E, ancora adesso, dopo il mio secondo colloquio, l'idea dell'incontro-la cui iniziativa risale del resto esclusivamente ai nostri Alleati-è tutt'altro che definitivamente scartata. È quindi evidente, mi sembra, che qui si creda di avere qualcosa di pressante e importante allo stesso tempo da dirci. In che questo qualche cosa possa consistere non è, allo stato degli atti, difficile indovinare: la Germania non esclude la possibilità di una guerra immediata. Il che, alla luce dei precedenti, può anche esser causa di legittima sorpresa. Ricordo che quando, nel marzo di quest'anno, c'era la lontana possibilità che l'Italia si apprestasse a far valere con la forza il suo buon diritto nei confronti della Francia, il Fiihrer si affrettò a chiamarmi per dire che naturalmente la Germania sarebbe stata sempre al fianco dell'Italia, ma che il momento per una guerra generale (si insisteva che un conflitto fra noi e la Francia non avrebbe potuto rimanere isolato) non era venuto, la Germania per la prima avendo ottime ragioni che io esposi in dettaglio all'E. V., sopratutto la netta deficienza della propria marina, per non entrare in guerra che fra qualche anno. Che quindi l'Italia pazientasse e facesse (sic) come la Germania, che sapeva attendere... Dopo, venne l'incontro di Milano, in occasione del quale gli obbiettivi di entrambi i Paesi furono francamente esposti e la conclusione raggiunta della opportunità di rinviare a miglior tempo ogni iniziativa bellica. Come se non bastasse, questi obbiettivi e questa conclusione furono, successivamente, posti anche per iscritto e ciò nel «documento Cavallero», sulle cui linee generali il Fiihrer fece dichiarare-a mio mezzo -che si trovava pienamente d'accordo. Orbene è evidente che, non ostante tutto questo, l'animo del Fiihrer è

invece -per lo meno egualmente aperto -e ciò soltanto per una questione come quella di Danzica -così alla guerra come alla pace. Dico soltanto per

la questione di Danzica in quanto questa è ormai ridotta a una quisquiglia di pura forma. Non so se e in quale nuovo regime Danzica potrebbe diventare e mostrarsi più tedesca di quanto non sia e non faccia ora. Essa dipende interamente da Berlino, ha i suoi Gauleiter, i suoi S.A., i suoi SS. È armata fino ai denti.

Attraverso il Corridoio -già adesso -hanno diritto di passare, e spesso passano in fatto, fino a 1000 soldati ogni ora e mezza. È dunque un mero cambio di insegna e di berretto che si vuole; una questione quindi non tanto di prestigio, quanto di puntiglio. La Polonia (che ha indubbiamente i suoi torti: sopratutto quello di aver risposto alle proposte tedesche -inopportune ma amichevoli con la mobilitazione) deve essere punita della sua tracotanza. Nessun compromesso, nessun accomodamento è possibile: la stessa offerta del Fiihrer una volta rigettata non può esser ripetuta: la Polonia deve venire « ad pedes ».

E se non ci venisse -come non ci verrà -quale l'alternativa? È questo il punto veramente saliente della situazione. Con il complesso della sua azione, con il bombardamento -testè intensificato -della propria stampa, con la aprioristica esclusione di ogni e qualunque possibilità di compromesso, l'unica alternativa lasciata sembra essere la guerra. La Germania ha quasi tenuto a precludersi ogni altra via. Ed ecco quindi che lo stesso Fiihrer vede dinanzi a sè -non ostante tutto, contro il suo stesso intimo convincimento della inopportunità di un conflitto nel momento presente -la guerra. È questo il pensiero che lo combatte e lo assilla e al quale egli cercava forse ristoro e rimedio in un incontro col Duce.

Vero è che Ribbentrop per suo conto conforta le ansietà ed i dubbi del Fiihrer insinuando che, dopo tutto, un conflitto con la Polonia potrebbe rimanere isolato. Fino a qualche tempo fa, egli si illudeva che persino la Polonia avrebbe potuto non reagire ad un colpo su Danzica. Moltke era stato incaricato di sondaggi in proposito. I sondaggi essendo risultati negativi, le speranze e le illusioni si volgono altrove. Giusta quanto mi ha detto lo stesso Ribbentrop ieri ed io avevo segnalato molto prima, nell'animo del Fiihrer acquista sempre maggior peso la situazione anglo-russa. Ove le trattative di Mosca fallissero, qui si penserebbe di potere saltare addosso alla Polonia impunemente, senza che altri si muova al suo soccorso. Anche questo è un errore. Con o senza trattato, la Russia, in una guerra che scoppiasse adesso, difficilmente si muoverebbe, o per lo meno non parteciperebbe -in un primo momento almeno -ad operazioni belliche attive.

D'altra parte, con o senza trattato, l'apporto russo in materiali sarebbe sempre -allo stato delle cose -assicurato alla Polonia in ogni caso. Nè, comunque, il fatto che la Polonia non fosse attivamente sostenuta dalla Russia significherebbe ch'essa non trascinerebbe con sè nella guerra la Francia e l'Inghilterra la quale ultima, in questo momento, è persino e anzi di gran lunga più aggressiva della Francia.

Senonchè, anche qui soccorre Ribbentrop insinuando che -dopo tutto l'ultima parola con l'Inghilterra (grazie alla «propaganda» ch'egli personalmente vi conduce) non è ancora (vedi mio telegramma del 31 luglio (l)) detta e

che comunque, anche nella dannata ipotesi di una guerra generale, la Germania è

tanto potente che nessuno prevarrebbe mai su di essa. Ed è d'altra parte noto

che in caso di guerra la Germania intenderebbe non prendersela con i nemici

più forti cioè i francesi, ma con i più deboli e cioè i polacchi, eventualmente i

romeni ecc. Una volta assicuratisi gli approvvigionamenti necessari, la Ger

mania attenderebbe, poi, che gli altri si stancassero.

Ribbentrop parla con la massima indifferenza di una guerra di dieci anni.

Questo significa, però, non preoccuparsi affatto degli interessi degli altri e

nella specie dei propri Alleati, cui frattanto, e cioè ancora in tempo di pace, si

lesina il carbone e si negano 50 batterie controaeree di cui la Germania ha già

da un anno nelle proprie mani quasi il doppio del controvalore. Dubito forte

che la Germania, appunto allo scopo di poter resistere indefinitamente e nella

sua modestia ritenendosi d'altra parte l'elemento preponderante e decisivo della

vittoria ci tratterebbe in tempo di guerra, per quanto riguarda gli approvvigio

namenti, meglio di quanto ci tratta in tempo di pace.

Dalla risposta data ieri e da me telegrafata si dovrebbe arguire che il Fiihrer

non abbia, ancora, in cuor suo deciso per la pace e per la guerra. Decidere

veramente non potrebbe mai -a rigor di logica e di trattato -senza l'Italia.

Comunque, cosa significa la mora di pochi giorni ch'egli ha richiesta?

Le possibilità sono due. Il Fiihrer potrebbe -essendosi tagliato dietro da

se stesso tutti i ponti, escludendo ogni possibilità di accomodamenti e di com

promessi, avendo già messo a punto una macchina di guerra che sarà pronta

allo scatto entro appena due settimane, egli potrebbe, nèll'assenza di altre alter

native visibili, sentirsi fatalmente sempre più inclinato alla guerra. Oppure

ancora il Fiihrer -richiamato alla realtà dalle comunicazioni del Duce -ha

domandato tempo per riesaminare -alla luce di esse -caldamente la situa

zione nella speranza o per lo meno nella intenzione di cercare di armonizzarsi

con le vedute dell'Alleato. Certo, l'idea di una conferenza -dato che la sua

mente non lavorava nella stessa direzione e sullo stesso piano di. quella del

Duce -doveva da principio causargli meraviglia e sorpresa. Essa rappresentava

per lui un cambiamento di politica fondamentale, non suscettibile quindi di

essere accolto così, senza resistenza e da un momento all'altro. Ma il fatto che

egli abbia domandato di pensarci su e rifletterei può anche essere un buon segno.

Fra queste due interpretazioni e queste due possibilità io preferirei inclinare verso la seconda.

Tuttavia mi sembra che -cosi come si sono messe ora le cose -ove il

Fiihrer insistesse ancora per un incontro, significherebbe che egli si sarebbe, per

quanto lo riguarda, orientato verso la guerra.

In questo caso, rifiutare l'incontro o continuare a procrastinarlo equivarrebbe praticamente a lasciare alla Germania piena libertà di azione fino ad accettare un fatto compiuto suscettibile di implicare anche noi. Incontrando invece il Fiihrer, e discutendo con lui quando le sue idee sono ancora in formazione e le sue decisioni non definitive, si avrebbe la possibilità (che -data l'autorità del Duce -diventerebbe certezza) di influire sulle decisioni sue, e guadagnarlo alle nostre.

Bisognerà, quindi, stare ora attentamente a vedere. Dico attentamente perchè ignoro se possa essere prudente attendere le decisioni del Fiihrer a tempo inde

36 ·Documenti diplomatici· Serie VIII ·Vol. XII

finito. Molto rimessamente credo che se, entro una settimana, nulla di nuovo ci venisse comunicato, converrebbe forse a noi di renderei parte diligente. La data del 15 agosto si approssima. Non si può mai sapere cosa, nel momento della stretta, possa avvenire. Nel 3• Reich le decisioni improvvise e fulminee non sono una novità. L'Italia, d'altra parte, ha tutto l'interesse a far chiaramente sapere che da parte sua non può ammettere e non ammette, per nessuna ragione, di essere «sorpresa».

(l) Vedi D. 732.

(l) Vedi D. 732.

744

APPUNTO PER IL MINISTRO PRUNAS (l)

Roma, 1° agosto 1939.

È venuto oggi questo Incaricato d'Affari d'America il quale ha lasciato comprendere che la sua Ambasciata si interessa molto al passaggio della Missione Giapponese che giungerà alla fine di agosto per recarsi in Germania e che poi rientrerà in Italia per assistere alla commemorazione della Marcia su Roma.

II Signor Reed ha domandato anche quale impressione aveva suscitato presso questo Ministero la denuncia dell'accordo commerciale nippo-americano. Gli è stato risposto .che certamente tale denuncia non poteva essere ritenuta un contributo alla pacifìcazione dell'Estremo Oriente.

745

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A PARIGI, CAPRANICA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 5097/2290. Parigi, 1° agosto 1939.

Mi onoro trasmettere copia del rapporto n. 474 inviato in data 28 luglio

u. s. da questo R. Addetto Navale al R. Ministero della Marina. A quanto riferisce il Comandante Margottini questi ambienti navali

l) credono che la situazione europea possa risolversi solo con una guerra;

2) stimano che non è nell'interesse della Francia rimandare tale conflitto ad epoca più lontana;

3) vanno sempre più accentuando il loro ottimismo circa l'esito del conflitto;

4) hanno la certezza che l'offensiva delle Potenze democratiche verrà concentrata contro l'Italia.

_q) Questo appunto, redatto dall'Ufficio 3• della Direzione Generale Affari Transoceanici. è stato siglato da Mussolini.

ALLEGATO

L'ADDETTO NAVALE A PARIGI, MARGOTTINI, AL MINISTRO DELLA MARINA, MUSSOLINI

R. 474. Parigi, 28 luglio 1939.

l. -Come ho già segnalato nei miei rapporti su la crisi del settembre u. s. e sulla crisi post-Monaco, in genere gli ambienti della Marina Militare francese sono sempre stati abbastanza fiduciosi di un favorevole esito, per le democrazie, di un eventuale conflitto europeo tra i due blocchi antagonisti.

2. -Vale però la pena di rilevare che in queste ultime settimane tale apprezzamento ottimistico si è andato fortemente accentuando sia in dipendenza degli accordi anglo-turco e franco-turco e dell'atteggiamento della Grecia e della Romania, sia in dipendenza dell'ormai ritenuto prossimo accordo anglo-franco-russo, sia, infine, in ragione del cambiamento dell'atteggiamento britannico in E. O. che ha avuto negli ambienti navali francesi, soprattutto preoccupati della situazione europea, la più favorevole accoglienza; esso è stato infatti giudicato essenziale per ottenere la necessaria libertà di azione, e disponibilità intera, delle F. N. inglesi sui teatri di guerra interessanti un eventuale conflitto europeo.

3. -Da alcune frasi lasciate cadere qua e là in conversazioni da ufficiali francesi, questo senso di ottimismo sull'esito di un eventuale imminente conflitto traspare chiaramente così come risulta anche in maniera netta che, come già ebbi a riferire in passato, i franco-britannici avrebbero definito in modo non equivoco, come segue, la grande strategia da seguire in un simile conflitto: • Resistere contro la Germania e far massa in tutti i campi (terrestre, aereo e navale, metropolitano e nord-africano) contro l'Italia •·

Da un Ufficiale Superiore di solito molto guardingo e misurato nel suo dire, ed al quale parlando in genere della politica francese facevo osservare che appariva invero strano che la Francia trovasse conveniente di fare una politica antagonista a quella di tutte le grandi Potenze con essa confinanti, il che faceva apparire che, dimenticando i suoi reali interessi essa si fosse ridotta atl assumere il duro e non comodo ruolo di semplice scudo dell'Inghilterra, mi sono sentito rispondere con convinzione che forse le apparenze davano ragione alla mia critica ma che comunque ormai, sul piano militare, non si trattava più per la Francia di far da scudo a nessuno giacchè un'eventuale guerra non si sarebbe combattuta sul suolo francese ma bensì in Nord Africa e soprattutto nella pianura Italiana!

Naturalmente gli ho fatto osservare, senza riuscire certo a convincerlo, che in questi ultimi anni le previsioni dei tecnici militari francesi ed inglesi su tutti i conflitti avvenuti (guerra cino-giapponese -guerra d'Etiopia -guerra di Spagna) si erano sempre avverate molto fallaci e che per conto nostro non avevamo certo una così nera visione delle nostre possibilità in caso di conflitto tanto è vero che, pur in mezzo all'attuale grave crisi politica, il popolo italiano era indubbiamente uno dei più sereni del mondo ed il R. Governo continuava, senza ondeggiamenti e tranquillamente, la sua politica estera sulla via ormai nettamente tracciata.

4. --Ho cercato di sondare l'ambiente su l'apprezzamento che viene in esso fatto nei riguardi della possibile evoluzione degli attuali rapporti di forza tra i dué blocchi di Potenze in dipendenza della gara degli armamenti; in genere appare che gli ambienti della Marina francese, mentre da un lato sono convinti che la Francia, con la riconquistata sua pace sociale, sia in grado di tener testa agevolmente agli armamenti italiani ed in particolare a quelli navali (convinzione che non condivido per quanto ha tratto alle costruzioni navali), apprezzano che l'Inghilterra abbia già raggiunto un ritmo di produzione di armi, aerei e navi tale da consentirle di distanziare sempre più, nel tempo, la Germania. Sotto questo punto di vista la Marina francese non giudicherebbe nocivo un rinvio della guerra ad epoca più lontana. 5. --In complesso però non mi sembra poter ritenere che gli ambienti della Marina francese, convinti come sono di un attuale già sufficiente preponderanza

dei franco-britannici e loro alleati sulle forze dell'Asse, stimino poter trarre un

reale vantaggio da un rinvio della guerra. Anzi, in genere direi che essi ritengano

E'ssere ormai già giunto, per le democrazie, il momento favorevole e sembra

che influenzino questo convincimento gli apprezzamenti che vengono fatti su:

a) La situazione spagnola, che si teme molto debba evolvere in senso con

trario alla Francia sia dal lato politico (rafforzamento dei vincoli della Spagna

con l'Asse) sia dal lato militare (rafforzamento delle F. A. spagnole, ed in parti

colare della Marina che attualmente viene invece considerata • quantité négligeable •)

per la Francia;

b) La situazione degli S.U.A., dove la fine del mandato Roosevelt potrebbe

portare al potere un regime isolazionista;

c) In misura molto minore, poi, anche l'attuale situazione nell'Alto Adige

che qui viene giudicata costituire, a causa del supposto malcontento e del fermen+.o

che esisterebbero nella popolazione in corso di trapianto, un elemento transitorio

di debolezza per l'Italia.

6. -Ritengo poi opportuno rilevare che, mentre in passato dalle mie conversazioni con Ufficiali di Marina francesi in genere mi appariva che gli ambienti della Marina francese avessero ancora qualche speranza sulla possibilità di un regolamento pacifico della crisi ed anzi in molti casi lo auspicassero, in queste ultime settimane, dagli stessi contatti, ho tratto la netta impressione che in complesso ormai la situazione europea venga giudicata solvibile solo con le armi. In particolare, lo stesso Ufficiale Superiore sopra citato mi ha detto più o meno testualmente: • Ormai i dadi sono tratti e solo la forza risolverà questa situazione •.

7. -Per quanto infine ha tratto con la questione di Danzica, che appare essere per il momento quella che più facilmente potrebbe provocare un conflitto, è certo che nella Marina francese si ritiene senza equivoco che qualsiasi tentativo fosse fatto dalla Germania per risolvere unilateralmente, e sotto qualsiasi forma, la questione, porterebbe alla guerra giacchè la Polonia reagirebbe certamente e ciò farebbe giuocare senz'altro l'assistenza franco-britannica. Questo apprezzamento sulla sicura reazione polacca • in qualsiasi caso • non appare unanimemente condiviso dagli altri ambienti francesi ma sembra quello che viene in complesso ritenuto più esatto dalla maggioranza delle persone responsabili qui in Francia anche al di fuori ed indipendentemente dalle stesse convinzioni universalmente e ripetutamente espresse dalla stampa.

746

L"INCARICATO D'AFFARI A. L A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 3060/113 B. l. BZed, 1° agosto 1939.

A complemento di quanto ha riferito il R. Console Generale in Zagabria con il suo telespresso n. 4149/430 del 31 luglio u. s. (1), e che ritengo rispecchi con una certa fedeltà lo stato d'animo e le tendenze che si constatano nella popolazione croata e in seno al partito demo-rurale, segnalo ad ogni buon fine, a titolo di notizia, che negli ambienti politici di Belgrado si continua ad affermare che tutto sarebbe pronto per l'accordo e che, salvo imprevisti, decisioni importanti dovranno essere prese tra breve.

Macek avrebbe fatto concessioni molto ampie per quanto concerne le competenze del potere centrale. Inoltre, ciò che è più importante, e che verrebbe

a convalidare il senso di sfiducia che prevale a Zagabria circa il successo pratico dell'accordo, una volta raggiunto, tutti i cambiamenti verrebbero effettuati a mezzo di decreti-legge della Reggenza. Questa misura verrebbe a dare un carattere unilaterale alla riforma costituzionale, che non sarebbe più il risultato di uno accordo liberamente concluso fra le due parti.

Dato però che alcuni di questi decreti verrebbero ad essere in assoluto contrasto con la Costituzione del 3 settembre 1931 (la quale stabiliva la ripartizione del territorio jugoslavo in nove banovine, precisandone i confini), si penserebbe di applicare l'art. 116, il quale stabilisce che gli emendamenti urgenti da apportare alla Costituzione nell'interesse dello Stato debbono essere discussi e approvati dalla Skupcina e dal Senato convocati in seduta plenaria.

Nel valutare queste informazioni sarà tuttavia bene tener presente che gli ambienti politici di Belgrado hanno dimostrato sin dall"inizio delle trattative il più grande e, sin qui, più ingiustificato, ottimismo, sino a giungere, come è noto, a diramare ufficialmente la notizia del raggiungimento dell'accordo.

(l) Non pubblicato.

747

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 562. Tokio, 2 agosto 1939, ore 18 (per. ore 23,30). Notizia conclusione accordo commerciale nippo-tedesco cui trattative erano state lunghe e laboriose è stata accolta assai favorevolmente questa stampa. Essa lo ha messo in rapporto anche con accordo commerciale nippo-italiano anno scorso per dedurre rafforzamento triangolo.

Ma pubblicazione è stata propizia per attenuare alquanto impressione qui suscitata da denuncia americana.

748

L'INCARICATO D'AFFARI A. l. A MOSCA, MIGONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 101. Mosca, 2 agosto 1939, ore 22,10 (per. giorno 3, ore 2,2). Tempestività comunicato Tass di cui odierno Daily Express Londra farebbe supporre che azione Mosca e sinistra britannica siano concordi e rappresenta risposta al resoconto pronunciato ieri da Chamberlain con cui si vuole evidentemente inferire nuovo colpo. Di fatti, mentre da parte anglo-francese si è cercato far credere anche qui inizio conversazioni militari significasse approssimarsi conclusione accordo, messa a punto Sovieti sta a provare che esistono tuttora gravi ostacoli. Attiro pure attenzione su articolo Isvestia riassunto telegramma Stefani

48 (l) e che spedisco per corriere nel quale i rinnovati attacchi ai «fautori del non intervento » sono espliciti.

(l) Non pubblicato.

749

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A. l. A BELGRADO, GUIDOTTI

T. 16557/154 P. R. Roma, 2 agosto 1939, ore 24.

È stato firmato oggi accordo per estendere Albania trattati e accordi economici italo-jugoslavi. Domani avranno termine lavori comitato permanente economico e sarà firmato protocollo finale.

750

L'ADDETTO MILITARE A BERLINO, ROATTA, AL CAPO DEL S. I. M., CARBONI

R. 22/22/A/4. Berlino, 2 agosto 1939 (1).

A seguito mio telegramma odierno n. 22/211Al4 (2) :

I. -In questi ultimi giorni le voci di grandiosi preparativi militari alla frontiera polacca e di intenzioni bellicose germaniche, sono notevolmente aumentate.

La voce più allarmistica è che i tedeschi abbiano concentrato a detta frontiera oltre quaranta divisioni. Il che certamente non è vero, perchè, se così fosse, la Germania (che possiede in tutto 52 divisioni permanenti), avrebbe dovuto:

-o sguarnire quasi totalmente la frontiera occidentale, il proprio ter

ritorio interno, il «protettorato» e la Slovacchia;

-o costituire una quantità di nuove divisioni.

Orbene la prima ipotesi, oltrechè assurda, non corrisponde alla realtà di fatto, e la seconda supporrebbe vasti provvedimenti che non si sarebbero potuti occultare.

II. -Tuttavia dei preparativi straordinarii sono in corso, che, come ho già accennato recentemente, non si possono soltanto spiegare con esercitazioni e coi lavori di fortificazione.

In modo sicuro so:

a) che in diverse divisioni dell'interno, come negli organi centrali, una forte aliquota di ufficiali è partita in licenza per rientrare al proprio posto verso il 15 agosto.

(Negli anni scorsi questo esodo avveniva -mi si dice -dopo il congedamento della classe anziana). b) che la 2• divisione leggera (rientrata in sede dopo un ciclo di esercitazioni), si prepara a ripartire, per zona imprecisata, verso i primi di settembre;

c) che la terza divisione corazzata (anch'essa reduce da esercitazioni) è destinata a permanere fra il 20 agosto ed il 7 settembre in campo di esercitazioni prossimo a Neu Stettin, ossia in zona adiacente al «corridoio»;

d) che la 15" divisione di fanteria (Francoforte sul Meno) ha lasciato le sue guarnigioni per avvicinarsi, a scopo di istruzione, alla frontiera francese (frontiera le cui fortificazioni sono -come noto -presidiate dal 20 luglio);

e) che qualche reggimento di fanteria conta ora 5.000 uomini circa (il che vuol dire che è più che su piede di guerra).

III. -Meno sicure, ma molto attendibili, sono le notizie seguenti: f) sono attualmente alle armi, in più del personale in S. P. e di leva, circa

500.000 uomini. Di questi 300.000 circa delle classi non istruite, chiamati appunto per essere addestrati; -200.000 circa delle classi precedentemente istruite nei noti brevi corsi di addestramento, richiamati per completamento di unità; -diverse migliaia (comprese nella cifra totale) di specialisti di classi varie;

g) Con questo personale (mischiato -come si fece nel settembre scors~ -con personale di leva) sono stati costituiti reparti equivalenti in complesso a 10 divisioni.

Le divisioni veramente già costituite come tali sarebbero solo 2-4 (Uebungsdivisionen), dislocate appunto alla frontiera orientale.

h) In questi giorni dovrebbero affluire a detta frontiera, dall'interno, per i lavori di fortificazione, dùe divisioni di fanteria. (È da notare, però, che esse potrebbero semplicemente sostituire le divisioni 19", 27~ e 30•, che recentemente sono tornate in sede, reduci dai lavori stessi).

i) Verso il 20 agosto avverrà il solito cambio bimestrale delle truppe del « protettorato » e della Slovacchia.

l) Si ritiene che si approfitterà dei movimenti di cui in h) e in i) per portare verso Est molta più truppa di quella che ha mosso o muoverebbe in Eenso inverso.

IV.-Infine si ha notizia attendibile che, con personale di leva e richiamato, coi cavalli incorporati in Cecoslovacchia ed altri recentemente acquistati In Ungheria, e con un certo rimaneggiamento delle preesistenti unità, siano state costituite tre Divisioni d'i Cavalleria (una in Prussia Orientale, corrispondente alla nota brigata-una in Slesia -una nel «protettorato»).

Altra voce è quella che s'intende di costituire con dette G.U. un Corpo di Cavalleria, destinato ad operare eventualmente in Polonia.

V. -Mentre mi riservo di controllare presso questo S. ·M. -nella forma dovuta -le soprastanti notizie circa le G.U. eventualmente ex nova formate, segnalo che anche nel pubblico l'impressione di essere alla vigilia, od antivigilia, di importanti avvenimenti, cresce.

La gente pur non essendo molto contenta di prospettive belliche (non c1bbiamo ancora digerito l'Austria e la Cecoslovacchia. Il boccone polacco potrebbe perciò produrci indigestioni) opina: -che il Reich si è troppo avanzato, per rinunciare, senza grave smacco, a Danzica;

-che la Russia è impotente, e che l'Inghilterra non si muoverebbe;

-che la Germania metterebbe rapidamente fuori causa la Polonia, e farebbe quindi a tempo ad affrontare la Francia qualora questa, anche senza l'Inghilterra, si muovesse;

-che Danzica significa Danzica (e nulla più) quando il Fiihrer ha fatto le note proposte, ma che ora Danzica significherebbe altresì: Corridoio -Posnania -Alta Slesia.

VI. -Segnalo infine, come molto interessante, un colloquio avuto con una personalità piuttosto elevata, ed in grado di conoscere molto di ciò che si pensa al Governo.

Detta persona mi ha detto, esplicitamente, che la situazione è « molto seria », ed è divenuta tale in questi ultimi tempi. Alla mia domanda se si tema un'aggressione altrui, mi fu risposto: «Non certo; ma se cominciassimo noi? :». In seguito, in forma meno esplicita, ed infarcita di «se», «forse» e di condizionali, la persona in parola ha dimostrato di ritenere possibile quanto segue:

-che in alto si abbia la sicurezza di poter liquidare la faccenda di Danzica (in piccolo o in grande), magari colla forza, senza correre per questo l'alea di un conflitto europeo;

-che questa convinzione possa condurre a delle gravi decisioni « auf eigene Faust» (di propria testa); -che si pensi non essere in questo caso indispensabile di concertarsi in precedenza coll'alleata Italia, ed anche semplicemente di preavvertirla;

-che si ritenga possibile che in seguito ad un'azione decisa « auf eigene Faust», e sferrata senza preavviso, l'Italia non risulti impegnata a far causa comune.

Il medesimo interlocutore ha ammesso che esistono speciali preparativi militari alla frontiera polacca, la cui mole gli è sconosciuta. Avverto che la persona in oggetto è generalmente pessimista e contraria a quelle che chiama «avventure» (1).

(l) -Questo documento, benchè in data 2, fu spedito effettivamente il 3 o il 4 e giunse a Roma solo il 4, come risulta dal T. di Attolico del 4 (vedi D. 767). (2) -Non rintracciato.
751

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 5785/1767. Berlino, 2 agosto 1939.

Telespresso ministeriale n. 223683/570 del 21 luglio u. s. {2).

In risposta al telespresso suindicato informo che il Governo del Reich ha comunicato al Governo ungherese, a mezzo di Nota Verbale diretta a questa Legazione di Ungheria, che da parte tedesca, a seguito di contatti presi con il Governo italiano e con il Governo giapponese, è d'accordo sulla circostanza che il Governo di Budapest sia presentito in merito ad inviti che le Potenze firmatarie originarie del Patto anticomintern intendano rivolgere ad altri Stati per eventuali adesioni.

(l) -Il presente rapporto è stato vistato da Mussolini. (2) -Non rintracciato.
752

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 3863/1627. Sofia, 2 agosto 1939. A telecorriere di V. E. n. 15904/C del 27 ultimo (1). Il Presidente della Camera bulgara, di ritorno da Londra, è qui rientrato

il 31 ultimo, accolto alla stazione, oltre che dal Vice Pre~idente della Camera, Marcov, dai Ministri di Francia e d'Inghilterra.

Il l o corrente ha dichiarato, come mi risulta, ad alcuni giornalisti che il suo viaggio aveva avuto scopi strettamente privati e che le cortesie a cui è stato fatto segno a Londra e a Parigi, specie dal Presidente della Camera francese, Herriot, e dallo Speaker della Camera dei Comuni, Fitzeroy, devono essere considerate come omaggio diretto non a lui, ma alla Bulgaria e anzi, per ciò che concerne l'udienza accordatagli dal Re Giorgio, al Capo stesso dello Stato bulgaro. Egli non si sarebbe affatto intrattenuto di politica estera bulgara, e tanto meno di un prestito estero alla Bulgaria: ciò perchè l'unione e la disciplina in tale materia sono il primo requisito per il prestigio bulgaro all'estero. Personalmente ritiene che la Bulgaria deve seguire una politica molto vigilante e intrattenere buoni rapporti con tutti gli Stati, particolarmente con la Germania, a cui la legano sì importanti interessi economici.

Che-tali dichiarazioni, in cui è evidente la preoccupazione di Moscianov di conciliare i suoi atteggiamenti con gli aspetti della politica estera del Governo, abbiano avuto un carattere di intervista o di una semplice semiprivata conversazione, sta di fatto che la pubblicazione di esse nella stampa è stata impedita.

Viceversa circolano manifestini volanti attaccanti Moscianov e « la sua consorteria massonica », come promotori di una politica dannosa per il Paese.

È evidente che la tempesta, preannunziata dalle parole del Presidente del Consiglio che riferii a Vostra Eccellenza, sembra addensarsi sulla testa di Moscianov. Rimane da vedere se le minacce di Kiosseivanov si preciseranno, o se il nembo si disperderà.

Il Ministro di Grecia mi osservava l'altro ieri che non è affatto credibile che Moscianov abbia compiuto il suo viaggio senza avere più che un consenso, un alto incoraggiamento, e avrebbe voluto lasciare intendere, a parte qualche verisimiglianza della tesi, che ne sapeva qualche cosa di più preciso.

Comunque la liquidazione o meno di Moscianov potrà nell'uno o nell'altro senso costituire un indizio interessante dei reali intendimenti di questo Governo.

753

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A SOFIA, TALAMO

T. PER CORRIERE 16567 P. R. Roma, 3 agosto 1939, ore 8. Sunday Dispatch 30 luglio pubblica che Inghilterra concederà credito

Bulgaria. Pregovi controllare e riferire.

(l) Ritrasmette il T. per corriere 33 da Londra (vedi D. 631).

754

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A TEHERAN, GIARDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 73. Teheran, 3 agosto 1939, ore 16,20 (per. 8,35).

In questi ultimi giorni Inghilterra, secondo voci qui diffusasi, starebbe esercitando su Governo Iran forti pressioni onde indurlo concludere con Turchia patto di alleanza difensiva.

Altra voce sparsasi contemporaneamente secondo cui Inghilterra sarebbe disposta acc,prdare prestito un milione sterline a Iran tramite « Anglo-Persian Oil Company » per potenziamento attrezzatura militare persiana.

Ho subito chiesto chiarimenti in proposito a questo Ministero degli Affari Esteri che ha smentito in modo più categorico sia la prima che la seconda voce. A questo Ministro di Germania, da quanto mi risulta, sono state fornite analoghe assicurazioni.

755

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 565. Tokio, 3 agosto 1939, ore 18 (per. giorno 4, ore 1,10).

Se è vero che fra i motivi dell'accordo stipulato da Ambasciatore d'Inghilterra con questo Ministro Esteri vi è stato anche quello mettere fine al movimento antibritannico si può affermare che tale scopo non è stato finora punto conseguito. Dimostrazioni antibritanniche si sono rinnovate quotidianamente in tutto Giappone sotto varie forme. Esse anzi si sono ancor più accentuate dando come conseguenza impressione che discussione circa Tientsin non procederà in modo soddisfacente.

756

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 566. Tokio, 3 agosto 1939, ore 18 (per. giorno 4, ore 1,10).

Per quanto suppongo che comunicazione sia già stata data da codesta Ambasciata del Giappone, credo utile riferire: allorchè fu qui decisa visita generale Terauchi e ammiraglio Osumi a Norimberga, Ministro della Guerra spiegò alla ambasciata come non avesse potuto rifiutare invito del Governo tedesco e come avendolo accettato non avrebbe potuto naturalmente inviare Terauchi in Germania senza inviarlo anche in Italia. Rimaneva però sempre da restituire (come era stato deciso dall'anno scorso) visita Missione Fascista e ciò sarebbe stato fatto in seguito mandando una Missione speciale assai più importante per numero di componenti, di carattere esclusivamente militare e con un alto personaggio a capo. Visita avrebbe potuto avvenire dopo conclusione attuali nostri negoziati.

757

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 183. Sofia, 3 agosto 1939, ore 22,30 (per. giorno 4, ore 1,50).

Presidente del Consiglio mi ha detto aver avuto spiegazione con Ministro di Turchia lamentatosi con lui misure militari Bulgaria, e avergli dichiarato che queste erano pienamente giustificate da quelle precedentemente prese da parte della Turchia. Ministro di Turchia aveva obiettato che misure turche non sarebbero dirette contro Bulgaria e era ricorso nella problematica affermazione che sarebbero dirette invece contro la Germania.

Presidente del Consiglio mi si dice convinto che Turchia abbia effettivamente pensato anche allo scopo di estendere zona protezione Adrianopoli, prevenendo Bulgaria ed occupando fascia territoriale frontiera sud-orientale. Essa sarebbe stata sorpresa dalle pronte misure militari Bulgaria alla cui preparazione presumibilmente non credeva.

Mi ha soggiunto che anche Ministro di Grecia non avevagli potuto smentire misure militari in Tracia greca e presenza ivi di ufficiali turchi, pur giustificando le prime come normali e la seconda con ragioni di studi'o e rilievi topografici. Presidente del Consiglio avevalo pertanto avvertito che Bulgaria riservasi -per sua parte -di prendere corrispondenti misure, che mi ha affermato sono già predisposte in connessione lavori difensivi stradali ferroviari testè compiuti, o in corso, frontiere Bulgaria Grecia.

È soddisfatto delle condizioni e dello spirito delle truppe e riservisti e dichiara essere la Bulgaria pronta a fronteggiare le evenienze.

758

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 184. Sofia, 3 agosto 1939, ore 22,50 (per. giorno 4, ore 1,15).

Presidente del Consiglio mi ha detto non escludeva su suggerimento britannico tentativo turco su Re Caro! per indurlo concessioni territoriali in Dobrugia, e che credeva pertanto possibile nuovo passo della Turchia per invitare Bulgaria accedere Intesa Balcanica.

Mi ha soggiunto che, come aveva più volte dichiarato, soluzione problema dobrugiano non era sufficiente indurre Bulgaria rivedere proprio atteggiamento, forse al più avrebbe potuto costituire premessa patto di non aggressione con Romania; mentre adesione Bulgaria Intesa balcanica, che secondo presumibili intendimenti turchi avesse valore presa di posizione contro Asse, non avrebbe potuto neppure essere contemplata da questo Governo.

Pur ritenendo viaggio Re Carol costituisca occasione legare maggiormente Romania sistema anglo-turco, egli crede che anzidetta mossa potrebbe tuttavia rivelare sostanziale preoccupazione turca circa reali possibilità politiche e militari romene, tanto più data perdurante incertezza inerente atteggiamento della Jugoslavia. Quanto quest'ultima, appariva peraltro turbato voci apertura credito testè concessole da Inghilterra.

759

L'ADDETTO MILITARE A BERLINO, ROATTA, AL MINISTRO DELLA GUERRA, MUSSOLINI

T. 22/21/A. Berlino, 3 agosto 1939.

Notizie testè avute, anche sfrondate da evidenti esagerazioni, dimostrano che i provvedimenti militari germanici alla frontiera polacca aumentano ritmo ed intensità. Queste notizie et circostanze che specificherò a mezzo lettera inducono pensare possibilità Germania si prepari affrontare decisamente questione Danzica.

760

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 95. Istanbul, 3 agosto 1939 (per. giorno 8).

Telespresso di V. E. del 26 luglio scorso n. 224457/C (1).

Da informazioni qui assunte anche presso le ambasciate dell'Iran e dell'Afganistan è da escludere che il Patto di Saad-Abad -vago impegno di amicizia e di solidarietà musulmana fra i firmatari, rimasto sempre pressochè inoperante nel campo pratico -sia sufficiente a forzare la mano all'Iran. Questo Incaricato d'Affari dell'Iran ha assicurato che all'infuori del detto Patto di Saad-Abad non si sono creati altri vincoli fra il suo Paese e la Turchia.

Risulta per altro che l'Inghilterra esercita una forte pressione sull'Iran

e sull'lrak per fare uscire dalla neutralità questi due Stati, in caso di conflitto.

Ma la sollecitata partecipazione di essi a fianco dell'Inghilterra nella futura

eventuale conflagrazione sarebbe non in funzione del settore turco (Mediter

raneo Orientale), bensì in funzione del settore indiano.

Circa la fornitura di aeroplani inglesi all'Iran risulterebbe qui che non

vi è nulla di nuovo e che la Commissione iraniana che trovasi a Berna inca

ricata dall'acquisto di aeroplani è in trattative anche con case tedesche. Qualche

tempo fa l'Inghilterra avrebbe ceduto all'Iran 12 aerei «Hawks » di vecchio

tipo non più in uso nell'esercito britannico.

(l) Non rintracciato.

761

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO DELL'AGRICOLTURA E FORESTE, ROSSONl

L. 5465. Roma, 3 agosto 1939.

Da parte sovietica è stata prospettata la possibilità che un Ente parastatale dell'U.R.S.S. che si occupa di agricoltura rivolga ad una Confederazione italiana un invito, in base al quale potrebbero recarsi nell'U.R.S.S. un funzionario sindacale ed un funzionario del Ministero dell'Agricoltura. Questi contatti avrebbero carattere del tutto generico ed ufficioso.

Ritengo che sarebbe utile accogliere tale offerta, che è stata fatta anche alla Germania la quale l'ha accettata. Pertanto ti sarò grato se vorrai, ove nulla osti da parte tua, designare le due persone alle quali potrebbe essere affidata la missione di cui trattasi.

762

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. RISERVATA. Sofia, 3 agosto 1939.

Il giudizio espresso dal Regio Ambasciatore in Ankara, come da telespresso di Vostra Eccellenza del 27 ultimo, n. 605168/C (1), circa i risultati della missione Lund e la conseguente determ'inazione presa in Turchia di prevenire con un immediato attacco le decisioni della Bulgaria, corrispondono con perfetta esattezza alla convinzione che si va formando qui.

Tale convinzione pare logicamente destinata a rendere sempre più azzardosa la tesi della neutralità, fin qui ufficiale del Governo bulgaro, e verosimilmente ad accelerare i tempi di quella conversione della politica estera bulgara, improvvisamente iniziatasi, durante il mio ultimo soggiorno a Roma, appunto, come confermavo all'Eccellenza Vostra al mio ritorno qui, in stretta dipendenza dei più recenti atteggiamenti della Turchia.

E come segnalai a Vostra Eccellenza, a mio subordinato avviso, è proprio la visita di Kiosseivanov a Roma che pare destinata a dare concretezza al significato di quella dallo stesso compiuta a Berlino.

Continuano a non mancare, naturalmente, a Corte, esitazioni e perplessità. Ma anche a credere quanto un mio informatore mi riferiva testè avergli fatto intendere quel curioso e dissimulatissimo personaggio che è il Signor Ghencev, Ispettore dei Reali Palazzi, e in realtà confidente e fiduciario anche politico del Re Boris, col quale l'informatore stesso è in termini di particolare amicizia, parrebbe che pure i dubbi del Sovrano stiano a mano a mano cedendo.

Sta di fatto, e ciò mi risulta anche da altre parti, che il Re Boris attraversa un periodo di acute preoccupazioni, per non dire di nervosismo. Ritardando di continuo il suo trasferimento a Varna, si tiene a portata della Capitale nella

sua palazzina di caccia sita nelle montagne di Ciam, intorno alla quale è stata intensificata la vigilanza e aumentata la guardia armata, a scanso, sembra, di temuti attentati, intesi a risolvere .-;: more balcanico » la situazione.

Salvo ordini diversi di Vostra Eccellenza, penso di attendere, astenendomi da altri passi, che, maturando in questi giorni la situazione, Kiosseivanov mi torni a parlare del suo viaggio a Roma, precisandomene, come egli si è riservato di fare, l'esatta data.

(l) Non rintracciato.

763

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 568. Tokio, 4 agosto 1939, ore 8,25 (per. ore 14).

Capi militari si sono messi d'accordo su una nuova formula che sarà presentata al Consiglio dei cinque Ministri nella prossima settimana. Tale formula si avvicinerebbe in buona parte alle richieste tedesche. Si proporrebbero per ora avere un abboccamento nei prossimi giorni con questo Ambasciatore di Germania perchè inducesse suo Governo a fare concessioni.

Capi militari avrebbero deciso di non cedere su alcun punto. Perciò se Consiglio dei cinque non accettasse vi sarebbe probabilità dimissioni Ministro della Guerra e conseguente crisi di Gabinetto. Capi Militari si sentono sostenuti non solo da tutto l'esercito ma anche dall'opinione pubblica. Ministro della Marina si mostra sempre riservato.

764

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 569. Tokio, 4 agosto 1939, ore 8,25 (per. ore 14).

Governo inglese ha fatto qui sapere che il tono delle recenti dichiarazioni Chamberlain e Halifax in Parlamento è dipeso dalla necessità di calmare opinione pubblica irritata da dimostrazioni antibritanniche ma che. Londra intende mantenere fede propri impegni.

765

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 570. Tokio, 4 agosto 1939, ore 8,25 (per. ore 14).

Discussioni su Tientsin procedono per quanto difficili. Sembra Inghilterra sia disposta cedere non solo circa restituzione argento depositato ma anche circa questione blocco.

Comunicato Roma e Taliani.

766

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

FoN. 481. Berlino, 4 agosto 1939, ore 11,50 (per. stessa ora).

Secondo notizie pervenute da Milano a questo Ufficio Stampa del Ministero degli Affari Esteri, gli Ambasciatori del Giappone a Roma e a Berlino si sarebbero incontrati ed avrebbero in seguito dato dichiarazioni all'Agenzia Stefani e al Corriere della Sera, delle quali s'ignora però il testo.

Prego volermi comunicare con urgenza se la notizia sia esatta, e in caso affermativo, il contenuto delle dichiarazioni stesse.

767

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 482. Be1·lino, 4 agosto 1939, ore 14,23 (per. ore 15,30).

Mi permetto attirare tutta l'attenzione V. E. sopra rapporto in data 2 agosto inviato da Generale Roatta al Comando Stato Maggiore e S.l.M. sui preparativi militari germanici (1).

Rapporto, che perverrà Roma per aereo soltanto oggi, contiene specie nelle ultime due pagine notizie della maggiore importanza oltre che militari anche politiche. Non ho potuto inviarne copia io stesso perchè comunicatomi solo dopo la partenza corriere.

768

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 166. Varsavia, 4 agosto 1939, ore 14,58 (per. ore 18,30). La situazione è qui considerata con molto pessimismo; progresso militarizzazione Danzica va infatti trasformando l'intero territorio in un campo trincerato, capace di opporre valida resistenza per qualche tempo ad una azione armata polacca, tendente al ristabilimento dello statu quo. D'altra parte misure Senato Danzica dirette abolizione di fatto della linea doganale esistente tra il territorio della Città Libera e la Prussia orientale danno al Governo polacco netta sensazione dello sviluppo sistematico di un programma che dovrebbe farlo trovare di fronte fatto compiuto.

In tali condizioni si ritiene che il Governo polacco intenda inviare al Senato Danzica una nota per intimargli sospensione ogni misura atta a modificare

ulteriormente statu quo. La stampa unanime ha ripreso un tono di grande fermezza e intransigenza che risponde precise direttive di questo Governo. D'altra parte argomento sul quale si insiste è la immancabile solidarietà anglo-francese, qualora Polonia forzata dagli avvenimenti dovesse giungere ad un conflitto.

(l) Vedi D. 750.

769

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

FoN. 483. Berlino, 4 agosto 1939, o1·e 17,45 (per. stessa ora).

Seguito mio 481 (1).

Questo Ministero Affari Esteri (Ufficio Stampa) mi informa che vengono

date istruzioni alla stampa di non dare, almeno per ora, notizia dell'avvenuto

incontro a Villa d'Este dei due Ambasciatori giapponesi e delle dichiarazioni

fatte da Shiratori ai giornalisti.

Ragione di tali istruzioni è di non prendere per il momento posizione mentre trattative anglo-russe traversano fase delicata. Effettivamente tanto la stampa del pomeriggio quanto lo stesso D.N.B. non recano alcuna notizia dell'incontro. Prego comunicare Micup.

770

IL MINISTRO AD HELSINKI, BONARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 55. Helsinki, 4 agosto 1939, ore 22,52 (per. ore 23,50).

In un colloquio odierno questo Ministro degli Affari Esteri mi ha detto, riconfermandomi suo scetticismo circa negoziati Mosca, ritenere inverosimile che incontro Missioni Militari possa raggiungere risultati concreti giacchè nessuna di queste (e la sovietica meno che mai) vorrà essere la prima a rivelare i suoi segreti.

Del resto gli risulta che soltanto Halifax si fa ancora illusioni circa invito di Mosca.

Chamberlain invece preparerebbe -secondo sue affermazioni -invio a Berlino, in tutta segretezza, persona di fiducia per tentare trovare terreno intesa con il Governo tedesco. In tal caso è evidente -egli ha aggiunto -che trattative moscovite perderebbero ogni attualità.

(l) Vedi D. 766.

771

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI

T. 16729/235 P.R. Roma, 4 agosto 1939, ore 23.

« United Press » riferisce che Ministro Guerra Itagaki, Capo Stato Maggiore Kanin e Ispettore Generale Juzo Nishio hanno tenuta riunione per esaminare situazione alla luce ultimi avvenimenti.

Decisioni concordate verrebbero oggi rese note conferenza cinque Ministri.

Pregasi riferire in merito.

772

IL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 81. Bucarest, 4 agosto 1939 (per. giorno 6).

Mio telegramma per corriere aereo n. 078 del 2 corrente (l) e mio telegramma filo n. 248 del 3 corrente (2).

L'incidente di frontiera del quale ho dato notizia con i telegrammi in riferimento, sebbene, come è indicato nel secondo comunicato ufficiale romeno, sia in via di soluzione, è tuttavia indizio della asperità delle relazioni ungaro-ro·· mene, delle quali la violenta campagna di stampa di questi giorni è la palese manifestazione.

Anche di questo incidente, come dei precedenti, come pure della campagna di stampa, questo Governo fa risalire la responsabilità e l'iniziativa al Governo ungherese, al quale egli attribuisce -per quanto è dato qui di vedere -non sempre a torto, il proposito di mantenere viva la tensione fra i due Paesi allo scopo di potere agitare, per ogni sperata evenienza, la questione della Transilvania. A riprova delle buone intenzioni del Governo romeno questo Segretario Generale degli Affari Esteri mi ha anzi assicurato che il Ministro di Romania a Budapest ha ricevuto istruzioni di fare a quel Governo alcune proposte dirette a ristabilire maggiore normalità nei rapporti fra i due Paesi, quali quelle della cessazione della campagna di stampa e della nomina di commissioni permanenti per le questioni di confine.

Resta comunque il fatto che la situazione fra Romania e Ungheria è, direi quasi, permanentemente in stato di tensione, e che anche i negoziati economici attualmente in corso si svolgono in una atmosfera particolarmente sostenuta.

37 -Documenti diplomatici-Serie VIII-Vol. XII

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicato.
773

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 5884/1801. Berlino, 4 agosto 1939.

Incomincia -contro tempo -il ritorno a Berlino dei Capi Missione che se ne erano assentati. È già rientrato l'Ambasciatore del Belgio. Fra una settimana è annunziato il ritorno dell'Ambasciatore di Francia. Il Ministro del Portogallo, che ha dovuto accompagnare nuovamente la moglie in un luogo di cura in Francia, si è munito, prima di partire, di un salvacondotto fino al più prossimo punto della frontiera italiana onde potere eventualmente da quella riguadagnare al più presto la propria sede. Quanto all'Ambasciatore d'Inghilterra, egli ha preferito non allontanarsi affatto. Tutti sono convinti che l'agosto è il mese cruciale.

·Abbastanza interessanti sono i « reportages » di tutti costoro. Il Ministro del Portogallo (il quale fra parentesi ritiene che in caso di guerra il Portogallo riuscirebbe a mantenersi neutrale soltanto in funzione della neutralità della Spagna, ma che, entrata questa in guerra, il Portogallo non potrebbe in nessun caso schierarsi contro l'Inghilterra), il Ministro da Veiga Simoes dico, riporta delle impressioni da un suo viaggio in Francia che vale la pena forse di riferire.

La Francia -secondo lui -sarebbe irriconoscibile. Operai che l'anno scorso che egli conosceva personalmente come sovversivi e frequentanti circoli ed adunanze comunistiche, quest'anno lavorano senza alcuna difficoltà il sabato e persino la domenica e ciò « pour la défense nationale ». Louis Marin parla di Léon Blum come di un «gran patriota». Lebrun, che era dai più preso assai poco sul serio, adesso viene rispettato ed acclamato perchè « rappresenta la Francia». Per converso, Bonnet, che ha la fama di essere ancora conciliante, viene appena appena tollerato, il suo defenestramento essendo impedito solo dalla preoccupazione di non creare imbarazzi al Governo della Nazione. E tutto ciò non è l'effetto di una eccitazione, bensì di una calma determinazione, il che fn tanto più impressione in quanto non mancano -secondo il collega -nella popolazione francese dei settori ancora ragionanti, capaci di guardare la situazione freddamente, senza eccessi nè montature.

Diversa -queste sono informazioni provenientimi dall'Ambasciatore dd Belgio -sarebbe la situazione in Inghilterra dove invece l'opinione pubblica è veramente montata e l'uomo della strada sorpassa quello del Governo. In Inghilterra non mancano i veri guerrafondai, quelli che vedrebbero con piacere lo scatenarsi di una guerra anche subito. A sentire Davignon, non si può immaginare l'effetto che hanno in Inghilterra le campagne e gli articoli del dottor Goebbels. Se la Gran Bretagna era veramente addormentata, questo incessante fuoco di fila di insolenze e di minacce l'ha svegliata e l'ha svegliata al punto da renderla -da pacifista che era -addirittura aggressiva. È l'Inghilterra che ora « conduce » la Francia, ove·-e qui l'Ambasciatore del Belgio collima in

certo modo col Ministro del Portogallo -non solo vi sono ancora delle zone ragionanti ma, se non fosse per l'imminenza del pericolo esterno mantenuta viva dall'azione tedesca, si vedrebbero forse i segni di una certa insofferenza e di una ribellione alla «regola» inglese, fin da ora già latente.

Quanto all'Ambasciatore Henderson (il quale ritorna ora da Bayreuth, ove ha constatato l'assenza, quest'anno -come del resto nella Germania interna di tutto quel turismo straniero che ancora l'anno scorso alimentava largamente la grande manifestazione wagneriana) lamenta anch'egli l'azione del dottor Goebbels a cui rimprovera ad es. di aver preso troppo sul serio le lettere di King Hall. King Hall (di cui Henderson è però il primo a deplorare le gesta) è soprattutto un reclamista. Egli si vuole preparare un seggio al Parlamento e ha inventato, per rendersi popolare, le famose lettere. Quando si dice che King Hall è finanziato da altri si dimentica, dice l'Ambasciatore, che mediante il sistema delle « subscriptions » egli si è procurato in Inghilterra, oltrechè un forte pubblico di lettori (circa 50.000), anche dei finanziatori. L'impresa King Hall si risolve quindi anche in una «speculazione».

Intanto, constatava Henderson, con tutti questi sistemi, l'atmosfera in Inghilterra si sta montando tanto che ad ogni lontano barlume di distensione si reagisce subito, anzichè favorevolmente, in senso nettamente sfavorevole. Egli ha sempre sostenuto nelle sue conversazioni qui che ove mai Hitler -(spetta a Hitler che ha fatto naufragare la politica di Monaco di essere il primo) -facesse un qualunque gesto, e aprisse appena un semplice spiraglio di luce, Chamberlain seguirebbe immediatamente, allargando ancora quello spiraglio sì da permettere un ulteriore passo in avanti di Hitler e così via. Ma adesso no. L'ultimo esempio del fracasso fatto in Inghilterra per le cosiddette conversazioni Wohltat dimostra che il momento per quest'opera di distensione non è ancora venuto.

Unico elemento di relativo ottimismo rimane ora per Henderson il congedo dato da Chamberlain al Parlamento in Inghilterra. Durante le vacanze, l'Ambasciatore assicura, i membri del Governo inglese si propongono di star zitti. Se questo silenzio sarà incoraggiato da quello degli altri e da un rallentamento della polemica giornalistica internazionale, non è da escludere che l'atmosfera torni a una calma e ad una serenità relativa, ma comunque suscettibile di utili sviluppi. D'altra parte, la stessa Germania ha interesse ad una pausa. Se essa avesse, dopo il marzo, fatto semplicemente intravedere ch'essa era disposta, per la questione di Danzica, a attendere -come ha atteso-cinque o sei mesi, la stessa Inghilterra si sarebbe forse adoperata a trovare frattanto una soluzione. Con il suo contegno, la Germania ha invece perduto il beneficio della stessa pazienza che in fatto ha pure mostrato. E, ormai, la questione di Danzica non potrà più essere risolta che « annegandola » nel mare magnum di tutto il complesso delle questioni internazionali. Non bisogna dimenticare, ha detto Henderson, che, ove fosse stata sicura delle intenzioni tedesche, l'Inghilterra sarebbe stata pronta a mettere sul tappeto e discutere, oltre le altre questioni politiche ed economiche, persino il problema delle Colonie. Ma la reazione tedesca a quel discorso fu disastrosa e quello che avrebbe potuto essere un filo conduttore verso la distensione fu lasciato, senza alcuna esitazione, cadere. Perchè?

774

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 3760/1691. Londra, 4 agosto 1939.

Questo Ambasciatore del Giappone mi ha detto oggi che, a suo avviso e nonostante l'attuale irrigidimento dell'atteggiamento britannico a seguito della denunzia, da parte degli Stati Uniti, dell'accordo commerciale nipponicoamericano, le trattative di Tokio sono destinate a proseguire, sia pure lentamente e faticosamente, e a dar luogo ad ulteriori «rese a discrezione » dell'Inghilterra.

Shigemitsu ritiene che la questione dell'argento depositato nelle banche della concessione di Tientsin non tarderà troppo ad essere risolta, quando cioè saranno terminate le consultazioni che il Governo britannico avrebbe promesso di intraprendere al riguardo col Governo francese e con quello americano. Maggiori difficoltà Shigemitsu prevede per la questione della valuta, ma non dispera che si possa addivenire anche per questa ad un accordo. Shigemitsu ha aggiunto che comunque il Giappone, mentre da un lato persiste fermamente nella sua linea di condotta e accentua anzi la sua pressione sui centri britannici in Estremo Oriente, da un altro lato comprende come la Gran Bretagna desideri almeno «salvare le forme » della sua capitolazione e non ha difficoltà a venirle incontro su questo terreno.

Parlandomi infine del recente atteggiamento americano, Shigemitsu mi ha detto che il Giappone non viene a risentire alcun particolare danno materiale dalla denuncia del vecchio trattato di commercio, alla quale era già perfettamente preparato. Shigemitsu però non si sente di poter escludere che gli Stati Uniti passino anche ad ulteriori e più aspre misure contro il Giappone, per esempio l'embargo sulle materie prime; ma ha soggiunto che anche in questo caso il Giappone poteva tranquillamente fronteggiare la situazione, non solo rivolgendosi ad altri mercati, ma anche ottenendo -secondo affidamenti già avuti -che importanti case americane si giovino di società affiliate o di loro suc.cursali stabilite in altri Paesi per continuare le loro esportazioni in Gia::;Jpone.

775

IL MINISTRO AD HELSINKI, BONARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 945/372. Helsinki, 4 agosto 1939.

In occasione del trecentesimo anniversario della data di edificazione del castello di Savonlina, il Presidente del Consiglio Cajander, tuttora in funzioni di Presidente della Repubblica, ha pronunciato un discorso sull'attuale situazione internazionale della Finlandia di notevole portata politica.

Il signor Cajander ha voluto solennemente riaffermare, trattando delle attuali conversazioni moscovite:

l) che il Governo inglese aveva più volte assicurato di non voler concludere un accordo che potesse turbare l'indipendenza e la neutralità della Finlandia;

2) che anche se questo accordo fosse concluso esso non avrebbe per la Finlandia nessun valore giuridico e che qualsiasi Stato, il quale tentasse varcare la frontiera finlandese sotto veste di protettore, sarebbe considerato come aggressore;

3) che l'attuale situazione internazionale non ha portato modificazioni nella collaborazione scandinava particolarmente con la Svezia; 4) che le relazioni con l'U.R.S.S., nonostante la divergenza di vedute circa la posizione politica della Finlandia, si mantengono corrette.

Sostanzialmente il sig. Cajander non ha detto nulla di nuovo e si è limitato a «fare il punto» dell'attuale situazione. Interessante è solo che egli abbia voluto riaffermare che le relazioni finno-svedesi sono tuttora immutate, con il che il Presidente del Consiglio ha certo tenuto a non ignorare il malumore di questa pubblica opinione sull'atteggiamento riservato della Svezia sia nei riguardi delle trattative moscovite e dei riflessi che queste hanno sulla posizione della Finlandia sia soprattutto nella questione delle isole Aland.

A questo proposito il signor Cajander non ha escluso nel suo discorso -ove la situazione internazionale lo richiedesse -una modifica o riesame dei rapporti con gli svedesi, pur sempre nello spirito di una reciproca comprensione.

Il discorso del signor Sandler, tenuto nello stesso giorno in Svezia, ha sensibilmente chiarito l'atmosfera.

In una conversazione da me successivamente avuta con questo Ministro degli Affari Esteri ho voluto assicurarmi che realmente gli impegni inglesi fossero cosi precisi, quali erano stati formulati dal Presidente del Consiglio. Il signor Erkko me lo ha confermato, dichiarandoli formali e dandomi lettura del testo secondo il quale « l'Inghilterra non ammetterà mai qualsiasi accordo che possa toccare la neutralità e l'indipendenza finlandese».

776

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 4093/1434. Budapest, 4 agosto 1939.

Mio telegramma per corriere n. 0189 del 22 luglio u. s. (1). Il Conte Csaky mi ha detto che si tratterrà presso Frick fino verso il 18-20 agosto. Benchè la data non sia ancora definitivamente fissata, egli partirebbe per la Germania 1'11 o il 12 corrente.

(l) Vedi D. 642.

777

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 571. Tokio, 5 agosto 1939, ore 18 (per. giorno 6, ore 4,30).

Si conferma qui che America non aveva precedentemente informato Londra suo proposito denunziare trattato di commercio con Giappone.

778

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 573. Tokio, 5 agosto 1939, ore 2,10 (per. ore 8,45).

Alto Funzionario Ministero degli Affari Esteri ha assicurato questa Ambasciata che incontro Ambasciatori giapponesi Roma e Berlino è dovuto a loro iniziativa e non a istruzioni.

In questi ultimi tempi essi hanno qui telegrafato soltanto loro idee e impressioni, ma nulla di eventuali colloqui ufficiali.

779

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 574. Tokio, 5 agosto 1939, ore 2,10 (per. ore 11,30).

Vostro 235 (1).

Capi militari di cui al mio telegramma di ieri (2) sono appunto Sua Altezza Imperiale principe Kanin Capo di Stato Maggiore Generale, Itagaki Ministro della Guerra, Nishio Ispettore Generale Educazione Nazionale.

Decisioni da loro prese nelle riunioni accennate dalla United Press sono appunto quelle che ho comunicato con mio telegramma suddetto. Come ho con esso riferito tali decisioni saranno sottoposte al Consiglio Cinque Ministri nel corso prossima settimana.

Riunione questi Ministri era stata fissata effettivamente per ieri ma è stata

ritardata per desiderio Hiranuma. Questi ha voluto avere tempo per conferire

separatamente prima della riunione con i quattro Ministri circa decisioni prese

dai capi militari e di cui questi gli hanno già data comunicazione.

(l) -Vedi D. 771. (2) -Riferiscesi sicuramente al T. 568, vedi D. 763.
780

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 102. Mosca, 5 agosto 1939, ore 6,20 (per. ore 11,30).

Ambasciatore di Germania mi ha messo al corrente a titolo confidenziale di una lunga conversazione ieri avuta con Molotov.

Premesso che parlava in conformità di istruzioni ricevute da Berlino, von Schulenburg ha detto a Molotov che suo Governo era sempre desideroso di migliorare rapporti con U.R.S.S. e che vedeva possibile raggiungere lo scopo attraverso tre fasi:

1° Conclusione soddisfacente di un accordo commerciale; 2° Cessazione da ambo le parti della campagna ostile di stampa ed inizio di scambi nel campo culturale; 3° Avvicinamento politico che potrebbe manifestarsi mediante conferma di vecchi patti oppure conclusione di nuovi. Molotov ha risposto dichiarando che condivideva desiderio tedesco per miglioramento delle relazioni fra U.R.S.S. e Germania e che in linea di massima era d'accordo sul programma sottopostogli. Mentre però considerava relativamente facile raggiungere risultati soddisfacenti nel campo commerciale, come in quello della stampa e degli scambi culturali, vedeva invece nel campo politico

seri ostacoli rappresentati dai seguenti fattori:

1° Firma di un patto anti-comintern;

2° Appoggio dato dalla Germania al Giappone;

3° Opposizione tedesca a conferenze internazionali cui partecipa U.R.S.S.

Avendo mio collega soggiunto di non rendersi conto del 3° punto, Molotov gli ha ricordato le riunioni di Monaco di Baviera alle quali U.R.S.S. non aveva potuto intervenire a causa del veto tedesco. A ciò Schulenburg ha osservato che Chamberlain si era astenuto dall'invitare il Governo sovietico semplicemente perchè si rendeva conto che la presenza dei Sovieti avrebbe ostacolato il dt'siderato accordo.

Quanto sopra ha costituito la parte sostanziale del colloquio durato un'ora e mezza. Schulenburg ne ha riferito a Berlino in modo particolareggiato ed attende ora istruzioni che gli permettano continuare e possibilmente approfondire sue conversazioni. Intanto egli è rimasto soddisfatto del colloquio di ieri perchè Molotov, anzichè mostrare consuete reticenze, gli ha parlato con franchezza e libertà di linguaggio e sempre in tono molto cordiale.

Nel corso della conversazione Schulenburg ha cercato ottenere qualche notizia sui negoziati con Inghilterra e Francia ma su tale argomento Molotov ha mantenuto stretto riserbo limitandosi dichiarare «obbiettivo delle trattative era di natura esclusivamente difensiva».

781

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 94. lstanbul, 5 agosto 1939, ore 21,20 (per. giorno 6, ore 0,35).

Nuovo Ministro d'Egitto mi ha fatto stamane sua prima visita.

Mi ha detto che una Missione militare egiziana verrà direttamente dall'Egitto in Turchia nel prossimo settembre e che è in massima deciso che una Missione militare turca si rechi in Egitto. Abd er-Rahman Azzam ha escluso che tale scambio di missioni militari abbia caratteri militari o scopi politici; all'Egitto che sta organizzando suo esercito interessa l'esempio e l'esperienza della Turchia che con pochi mezzi è riuscita a creare un esercito efficiente.

Gli ho detto che a breve distanza dalla visita del Ministro degli Affari Esteri egiziano ad Ankara, visita già tanto commentata ovunque, questo nuovo atto significativo di cooperazione militare potrà essere interpretato come una più o meno spontanea ma certa e positiva adesione dell'Egitto alla politica di accerchiamento delle Potenze dell'Asse. Mi ha risposto che ciò significherebbe disconoscere la posizione e la politica dell'Egitto. L'Egitto è estraneo alla competizione e vorrebbe mantenere neutralità nell'eventuale conflitto delle Grandi Potenze imperiali, suo unico interesse essendo la neutralizzazione del Canale di Suez. L'Egitto, egli ha continuato, non ha che un solo nemico: l'Inghilterra, ed è deciso a proseguire nella lotta per la sua completa indipendenza. Intanto ha dovuto comprare una parte della sua libertà firmando con l'Inghilterra un trattato che ancora gli impone vincoli e limiti; sicchè nel provvedere alla costituzione della sua forza militare non può permettersi di intrattenere contatti con chi meglio crede, ma è costretto a rivolgersi là dove l'Inghilterra lo consente.

Ha ancora soggiunto che egli non comprende come e perchè la Turchia avesse abbandonato la politica di neutralità; ha stigmatizzato la cessione dell'Hatay essendo che essa ha prodotto vivo malcontento nel mondo arabo ed infine ha confermato nel modo più esplicito che la recente visita di Yahyà Pascià ad Ankara (dove egli stesso lo ha accompagnato) non ha avuto nessun risultato, il che -egli ha detto -ha disilluso questi ambienti politici.

782

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 96. Ankara, 5 agosto 1939 (per. giorno 16).

Mio telegramma per corriere del 26 luglio scorso n. 089 {1).

Secondo notizie che circolano in questi ambienti diplomatici, la firma dell'accordo tripartito turco-franco-britannico avverrebbe nella seconda metà di agosto ad Ankara e comporterebbe clausole di carattere politico-militare, circa

le quali non si hanno precisioni, e clausole di carattere economico. A proposito di queste ultime, si conferma che la Turchia, seriamente preoccupata delle ripercussioni che il perfezionamento dei suoi nuovi impegni politici e militari con le Potenze democratiche potrà avere sui suoi rapporti economici con la Germania, consideri la possibilità di un radicale cambiamento di tutta la sua politica economica. Questa dovrebbe d'ora innanzi orientarsi verso paesi a valuta libera; ma per operare tale cambiamento, Ankara pretenderebbe da Londra un credito di 8 milioni di sterline da utilizzare come massa di manovra atta a fronteggiare la nuova situazione. Non è da escludersi neanche la possibilità che la lira turca venga svalutata -in modo palese o larvato -allo scopo di equiparare il livello dei prezzi del mercato turco a quello dei prezzi del mercato mondiale.

Oltre ai detti 8 milioni di sterline, l'Inghilterra concederebbe alla Turchia un credito di 16 milioni di sterline (e non già 58 come era stato pubblicato) da destinare ad armamenti e attrezzature dei porti.

(l) Vedi D. 684.

783

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 123. Roma, 5 agosto 1939 (pe1·. stesso giorno).

Mi riferisco a precedente corrispondenza.

Il Cardinale Segretario di Stato mi ha detto che i Vescovi dell'Alto Adige riferiscono che ormai non si dice più che Hitler ha tradito gli allogeni. Elementi nazisti vanno spargendo la voce che il proposito dell'Italia è di distruggere in un modo o nell'altro gli allogeni. I Vescovi osservano che se si sapesse che gli allogeni non saranno costretti con la forza a lasciare il Paese, subentrerebbe una grande tranquillità.

Secondo quanto mi ha detto il Cardinale Maglione i Vescovi ed anche i parroci si mostrerebbero ora molto più arrendevoli e l'accostamento leale al Regime sarebbe facilitato se si conoscesse dagli allogeni che non sarà esercitata coazione nei loro riguardi.

784

IL CAPO DELLA MISSIONE MILITARE ITALIANA IN SPAGNA, GAMBARA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

(Da parte del colonnello Nulli). S. Sebastiano, 5 agosto 1939, ore 2.

Pétain oggi a Burgos avuto colloquio con Jordana alt Sembra si siano trattate questioni denaro di cui Spagna risente estrema necessità alt Di positivo vi est che Pétain est uscito da colloquio molto soddisfatto et che sua attività sia in Francia che in Spagna, ove in questi ultimi tempi molto ha girato prendendo contatto con varie personalità, clero compreso, ne ha rialzato azioni in modo

impressionante alt Denaro corrompe tutti e non vorrei che risultati Vostro soggiorno qui andassero frustrati per solerte attività Francia alt Riterrei indispensabile ritorno Ambasciatore per seguire da vicino manovre che potrebbero essere pericolose alt

785

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. 5940. Berlino, 5 agosto 1939.

Mi affretto ad accusare ricevuta e prendere atto della lettera del Duce, da Te trasmessami con Tua del 1° agosto, n. 5408 (1).

Ti sarò grato se vorrai assicurare S. E. il Capo del Governo che le sue istruzioni saranno rigorosamente seguite. Se c'è qualcuno, del resto, che incoraggia l'Italia all'autarchia è proprio la Germania, con le sue « chicanes » in materia di forniture.

In pari data scrivo anche a Guarneri per domandargli di poter comunicare senz'altro a Funk (e all'Auswartiges Amt) il suo rapporto.

786

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 5952/1822. Berlino, 5 agosto 1939.

Oggi il Ministro di Ungheria, Signor Sztojay, ha visitato il Segretario di

Stato, Weizsacker e, parlandogli delle due note lettere del suo Governo, ha

trovato modo di dire che l'accoglienza ad esse riservata a Roma sarebbe di

versa -e cioè più comprensiva e favorevole -di quella avuta qui.

Von Weizsacker ha tenuto anche a dirmi in quali precisi termini egli

avesse a suo tempo risposto alle comunicazioni fattegli da Sztojay, ma io l'ho

interrotto dicendogli che, in qualunque modo egli si fosse espresso, l'affer

mazione fattagli da Sztojay era semplicemente senza base poichè (come io

avevo già notificato per iscritto allo stesso von Ribbentrop), la dichiarazione

fatta verbalmente dall'E. V. al Ministro Villani era che l'impressione di quelle

lettere a Roma era stata semplicemente «sinistra». L'affermazione odierna

di Sztojay era una pura insinuazione, probabilmente dovuta ad iniziativa per

sonale, ma comunque senza fondamento alcuno.

Nell'occasione, Weizsacker mi ha detto che il Signor Csaky è atteso a

Salisburgo per incontrarsi con Ribbentrop già nella settimana prossima.

Terrò informata V. E. dei risultati del colloquio.

(l) Vedi D. 735.

787

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 5954. Berlino, 5 agosto 1939.

Ho domandato oggi a Weizsacker cosa pensasse dell'incontro ShiratoriOshima. Egli mi ha risposto di averne appreso la notizia solo attraverso i giornali italiani. Ha anzi telegrafato a Tokio per averne spiegazioni, e domandare se non si tratta di una mossa fatta per sabotare un possibile avvicinamento germano-sovietico.

In attesa dei chiarimenti richiesti, Weizsacker inclina a ritenere l'incontro come dovuto alla iniziativa dei due Ambasciatori che, avendo giocato la loro situazione sulle carte dell'alleanza triangolare, hanno creduto di cogliere quella che essi ritenevano un'occasione buona per forzare la situazione.

Richiesto da me che cosa ci fosse di serio fra la Germania e la Russia sovietica, Weizsacker mi ha risposto che :

l) le negoziazioni commerciali vanno abbastanza bene;

2) i contatti politici continuavano da parte russa seguitandosi a dire:

«E perchè no? Fateci sapere le vostre intenzioni ecc., ecc.».

È evidente che i russi vogliono giocare con due palle e continueranno a farlo -opina Weizsacker -fino a che la crisi attuale non sarà, in una maniera o nell'altra, sormontata. Qui si ritiene, quindi, che le negoziazioni anglo-sovietiche si protrarranno ancora per mesi.

788

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 4112/1445. . Budapest, 5 agosto 1939.

Il R. Addetto militare ha avuto stamane una conversazione col Capo del Servizio Informazioni Militari col. Ujszàszy, che gli ha fornito le seguenti notizie che il R. Addetto Militare ha trasmesso già in data odierna al R. Ministero della Guerra:

« Germania -Tempo fa, da qualche viaggiatore di passaggio, era stato segnalato un intenso movimento di trasporti ferroviari in Boemia e in Moravia, come per un concentramento di forze verso la frontiera polacca.

Da controlli eseguiti, la notizia è risultata non esatta. Si tratta invece di trasporti di materiale bellico, che la Germania sta raccogliendo e accumulando, come misura precauzionale.

Risulta invece che, verso la frontiera polacca, i tedeschi stanno rimettendo in efficienza le fortificazioni già costruite dai cechi e ne stanno costruendo di nuove lungo una seconda linea più arretrata. Altri lavori fortificatori sono pure in corso lungo la linea montuosa dei Piccoli Carpazi; nel tratto a nord di Bratislava vi sarebbero impiegati 6000 operai.

In Moravia e Boemia vi sarebbero attualmente 3-4 divisioni germaniche.

Slovacchia -Non risultano aumentate le forze tedesche nella valle del Vàg, valutate sempre a circa 3 divisioni.

Pare che in Slovacchia vi siano diffusi malumori contro il Reich, il quale a sua volta non sarebbe molto soddisfatto del governo del Protettorato (sarebbe caduto in disgrazia il presidente Tiso).

Ferve sempre la propaganda antitedesca e antimagiara, mentre si fanno strada nell'animo delle popolazioni le tendenze panslave e le simpatie per la Polonia.

Bulgaria -In occasione delle manovre estive (non so di quale importanza) sarebbero state chiamate aliquote di 5 classi. Turchia e Grecia -I due eserciti, ciascuno per proprio conto, stanno eseguendo manovre alla frontiera bulgara. A quelle turche in Trac'ia, svolte da 8 divisioni di fanteria e l di cavalleria, assistono le missioni militari inglese e francese.

Le esercitazioni militari turche e greche avrebbero lo scopo di produrre, con una dimostrazione di forza, una pressione politica sulla Bulgaria, per indurla ad associarsi al sistema di accerchiamento».

Non mancherò per parte mia di controllare tali notizie e riferire all'Eccellenza Vostra.

789

IL MINISTRO A TALLINN, CICCONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 875/380. Tallinn, 5 agosto 1939.

Il Ministro Aggiunto agli Affari Esteri signor Òpik, mi ha detto che il Governo inglese non ha fornito a quello estone, e probabilmente neppure a quello Iettane, assicurazioni così categoriche, come quelle, che, secondo un'agenzia di stampa straniera, sarebbero state date al Governo finlandese circa la questione della garanzia sovietica agli Stati baltici. È, tuttavia, vero, come è noto, che, già da tempo e in varie occasioni, il Governo inglese è stato ufficialmente informato del punto di vista dei Paesi baltici.

L'invio di missioni militari, inglese e francese, a Mosca è, generalmente, interpretato in Estonia come il desiderio di evitare, ad ogni costo, il pericolo di una rottura delle trattative, nonostante l'atteggiamento tenuto dai Sovieti durante il loro corso. Certo, l'Inghilterra e la Francia non possono farsi soverchie illusioni circa l'aiuto effettivo, che, dal punto di vista militare, il Governo bolscevico sarebbe in grado di apportare. Ma, esse si rendono conto del valore, per così dire propagandistico, da attribuire alla conclusione di un accordo. Un insuccesso fornirebbe, facilmente, argomenti agli Stati totalitari per mettere in evidenza un nuovo fallimento della politica di accerchiamento. Giocano, inoltre, per l'Inghilterra le note ragioni di politica interna nei confronti dei partiti di opposizione. Ma, soprattutto, è viva la preoccupazione di non facilitare un accordo commerciale tra la Germania e l'U.R.S.S., che, se dovesse favorire l'esportazione di materie prime, essenzialmente dei petroli della regione di Bakù, influirebbe, forse anche in maniera decisiva, sulle sorti di un'eventuale guerra, aumentando le possibilità di resistenza delle Potenze dell'Asse nel caso di operazioni belliche di lunga durata. E, si osserva che in Germania sono quasi cessati da qualche tempo le critiche, gli attacchi, le allusioni aggressive di personalità responsabili e della stampa nei riguardi dell'U.R.S.S.

Il Governo estone attribuisce grande importanza alle concessioni, che l'Inghilterra potrà essere spinta a fare per stabilire il principio dell'aggressione indiretta. Si ritiene però che la mancanza di un accordo non escluderebbe una eventuale aggressione dell'U.R.S.S. a danno dei Paesi baltici. Ma, si considera con apprensione un preventivo avallo franco-inglese alla tesi sovietica dell'aggressione indiretta. Il Governo estone verrebbe a trovarsi in una situazione difficile, ove volesse compiere un gesto di politica interna in favore della Germania, atto a controbilanciare il pericolo di una minaccia russa, come per esempio quello di chiamare a partecipare al Governo elementi moderati della minoranza tedesca.

Le preoccupazioni locali appaiono assai vive per le difficoltà di ordine tecnico di resistere ad un'invasione per via di terra da parte dell'U.R.S.S. e per le difficoltà, ,che la Germania stessa incontrerebbe ad operare uno sbarco, sia pure lim'itato di truppe, in seguito ad un'occupazione russa. Il signor Opik mi ha detto che dalle conversazioni con gli esperti tedeschi sono risultate le difficoltà di ordine tecnico, innanzi accennate. Si è osservato che per inviare a terra una sola divisione di soldati occorrerebbe impiegare ben sedici navi da guerra. Resterebbe, sempre, la possibilità di un invio di truppe tedesche attraverso la Lituania e l'Estonia. Quest'ac,cenno del signor Opik sta anche a dimostrare che conversazioni dettagliate con la Germania hanno avuto luogo in previsione di un'invasione delle truppe bolsceviche con conseguente occupazione territoriale.

L'idea che la flotta tedesca si possa servire delle isole estoni di Saare e Hiiu come basi navali appare difficilmente realizzabile, non essendo esse adatte a tale scopo. Si mette avanti la tesi, almeno ufficialmente, della necessità di lavori preparatori di allestimento e di adattamento, che richiederebbero un periodo di tempo abbastanza lungo.

Sono state diffuse delle voci, secondo cui la Polonia, dubitando dell'esito delle trattative anglo-franco-russe, avrebbe trattato direttamente con l'U.R.S.S. circa l'aiuto militare, che essa -a parte l'invio di truppe --potrebbe prestarle in caso di guerra. Il Ministro Opik mi ha detto che non era in grado di confermarle o smentirle.

790

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO,

T. 169. Varsavia, 6 agosto 1939, ore 15,15 (per. ore 18).

In occasione riunione legionari polacchi che ha oggi luogo a Cracovia per solenne commemorazione data 6 agosto (venticinquesimo anniversario costituzione Legione Polacca) Maresciallo Smigly Ridz ha pronunciato importante discorso atteso da parecchi giorni con molta ansia.

Non conosco ancora testo esatto del discorso stesso ma da quanto mi viene riferito sembra improntato ad una relativa moderazione. Punti essenziali discorso sarebbero seguenti: l) constatazione posizione favorevole alla Polonia presa nella attuale crisi da alcuni Stati; 2) desiderio pace in Polonia non è meno forte che altrove. Pace non deve significare per altro « per gli uni prendere, per gli altri dare »; 3) non è stata Polonia a iniziare processo Danzica: atteggiamento polacco sarà quindi commisurato a quello dell'altra parte; 4) diretta o indiretta violazione interessi e diritti nazionali polacchi incontrerà pronta reazione da parte Polonia. Farò trasmettere a mezzo Stefani testo discorso non appena possibile.

791

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

L. 3552. Roma, 6 agosto 1939.

Con riferimento al tuo telegramma n. 465 (l) ti informo che da parte nostra sono stati designati, per il noto viaggio nell'U.R.S.S., il Consigliere Nazionale Tonino Agodi, in rappresentanza della Confederazione Fascista dei Lavoratori dell'Agricoltura e il Gr. Uff. Dott. Raffaele Festa Campanile, Ispettore Superiore nel Ministero dell'Agricoltura.

I predetti tecnici partiranno prossimamente per l'U.R.S.S. dopo aver preso contatto con questa Ambasciata sovietica per avere notizie circa il programma, il carattere e la durata del viaggio (2).

792

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. AD ATENE, FORNARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. PER CORRIERE AEREO 6053/957. Atene, 6 agosto 1939.

Di ritorno dal congedo, trascorso in parte anche a Berlino, è venuto a vedermi il Primo Segretario di questa Legazione di Germania, attualmente Incaricato d'Affari a. i., in assenza del Ministro partito a sua volta in congedo. Ritengo non privo di interesse riportare qui appresso, per opportuna conoscenza dell'Eccellenza Vostra, gli argomenti principali della conversazione.

l. -Il signor Graevenitz mi ha detto essergli stata sottolineata a Berlino l'opportunità di stretti contatti con le Rappresentanze diplomatiche italiane

all'estero; in Grecia in modo speciale, per la preminenza degli interessi italiani, veniva raccomandato tali contatti fossero intimi, dovendo l'azione tedesca essere in certo qual modo subordinata a quella italiana. Egli teneva quindi ad avere meco uno scambio di 'idee generali. Gli ho naturalmente premesso che, data la temporanea assenza del titolare di questa R. Legazione, non potevo che dargli quelle impressioni che mi ero venuto personalmente formando in sei mesi di osservazione politica in questo Paese.

2. --Ho convenuto ,col mio collega tedesco sull'unanime desiderio dei greci in generale e del Presidente Metaxas in particolare di mantenere il proprio paese neutrale in un eventuale conflitto tra le Grandi Potenze. Mi domandavo però fino a che punto tale desiderio avrebbe avuto il sopravvento sulle ben note simpatie greche nei riguardi della Gran Bretagna, che ha sempre qui esercitato un'influenza preponderante; ad esempio mi chiedevo quale sarebbe stata la reazione di questo Paese nel caso che la sua neutralità fosse stata violata da terzi Stati; e avevo piuttosto l'impressione che, mentre a un'ipotetica violazione del genere da parte dell'Asse si sarebbe qui probabilmente risposto con lo schierarsi dall'altra parte, di fronte ad un analogo atto da parte britannica -con l'utilizzazione, ad esempio, di una base navale greca -, ci si sarebbe qui limitati a una più o meno platonica protesta. A tale proposito il signor Graevenitz mi ha informato che il quesito era stato francamente posto dal suo Capo al Sottosegretario permanente degli Affar'i Esteri; questi lo avrebbe però assicurato che il Governo greco reagirebbe con la forza se necessario a qualunque violazione di territorio, considerando come tale anche l'utilizzazione da parte britannica di una base navale greca. 3. --A proposito della nota garanzia inglese alla Grecia, abbiamo insieme rilevato quanto differente fosse l'atteggiamento di questo Paese da quello di altri che, appunto per evitare qualsiasi dubbio sulla propria neutralità, avevano rifiutato qualsiasi garanzia. Il signor Graevenitz mi ha chiesto se fosse stato fatto da parte nostra qualche passo in proposito: gli ho risposto che il Ministro aveva avuto occasione di far rilevare al signor Mavrudis la spiacevole impressione da essa prodotta 'in Italia. 4. --Il mio interlocutore mi ha informato che la Legazione si era più volte interessata presso il Governo greco perchè, in relazione al ripetuto desiderio di neutralità, la stampa, qui severamente controllata, accordasse alle notizie di fonte tedesca il medesimo rilievo e lo stesso spazio di quello riserbato alle altre informazioni. Qualche risultato si era ottenuto, ma piuttosto scarso. Ho detto aver sempre rilevato come, nonostante numerose pubblicazioni di fonte tedesca, la stampa tragga qui la sua principale inspirazione dai dispacci Havas e Reuter e dai giornali franco-inglesi. 5. --A proposito della condizione degli stranieri residenti in Grecia, il signor Graevenitz mi ha detto aver dovuto constatare come le autorità elleniche facciano numerose difficoltà ai tedeschi qui stabiliti (permessi di soggiorno, sorveglianza, permessi di lavoro, ecc.) e mi ha chiesto se anche noi avevamo da lamentare qualcosa del genere. Gli ho accennato in proposito alle difficoltà fatte alla nostra collettività di Patrasso, che però, mediante l'energico intervento della R. Legazione, erano state almeno per il momento superate.
(l) -Vedi D. 719. (2) -Analoga comunicazione fu inviata da Ciano all'Ambasciatore a Mosca, Rosso, in data 9 agosto con T. per corriere 17038 P. R.
793

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 244. Budapest, 7 agosto 1939, ore 0,05 (per. o1·e 8,45).

Ministro degli Affari Esteri che ho visto oggi a Szeged dove mi ero recato per assistere commemorazione antibolscevica mi ha comunicato che, avendogli von Ribbentrop fatto ieri sapere che avrebbe potuto incontrarlo soltanto entro 1'8 corrente, egli partirà domani 7 corrente per Salisburgo in automobile cd in incognito.

Egli pensa principalmente chiedergli risposta lettera diretta a Hitler uguale a quella inviata a Rom« ed informazioni circa asseriti accordi tedeschi con Jugoslavia Bulgaria e Romania in caso di conflitto. Riferisco con rapporto.

Se Ribbentrop gli farà dichiarazioni particolarmente interessanti è probabile che Csaky torni a riferire a Horthy ed al Presidente del Consiglio prima di incontrare Frick.

794

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 171. Varsavia, 7 agosto 1939, ore 17,45 (per. ore 21,30).

Da qualche giorno sono stato informato di un progetto tendente a risolvere la questione di Danzica sulla base di un compromesso. Progetto ha origine polacca e viene attribuito a persona politicamente irresponsabile che però ha contatti con questo Ministero degli Affari Esteri. L'autore ha domandato di vedermi ma mi ha fatto conoscere intanto per via indiretta linea di massima progetto stesso. Tale progetto dà impressione che la questione sia stata bene approfondita e che si abbia voluto tenere presente tanto i postulati pronunciati dal Cancelliere del Reich per una soluzione della questione di Danzica quanto quelli enunciati dal Ministro Beck.

Nelle linee generali progetto attribuirebbe alla Germania intera città di Danzica nonchè territorio ad oriente del fiume Mottlau (che come è noto attraversa la città stessa) e sino agli attuali confini e tra il territorio Città Libera e Polonia. Alla Germania resterebbe inoltre territorio tra la Vistola ed il Nogat in modo da stabilire la continuità territoriale tra la Prussia orientale fino alla città di Danzica. Ciò verrebbe a rappresentare molto più della metà del territorio Città Libera. Il progetto lascerebbe alla Polonia territorio ad occidente del fiume Mottlau e della Città Libera di Danzica nonchè il territorio a nord di Danzica e quella specie di isola su cui trovasi la Western Piatte, attualmente occupata dalla Polonia, isola che è circoscritta dal Mar Baltico, dalla Vistola morta e dal canale del porto. Mi è stato assicurato che il progetto è considerato inaccettabile da questo Ministero degli Affari Esteri e che l'autore sia stato perfino minacciato di essere inviato in un campo di concentramento. Ho invece qualche ragwne per supporre che il Ministero degli Affari Esteri non veda la cosa con eccessiva contrarietà e che progetto possa considerarsi come discreto incompromettente sondaggio.

Mi riprometto di riferire dettagliatamente a V. E. per corriere. Pregherei intanto voler telegrafarmi se V. E. crede che io debba continuare ad indagare con le volute cautele o debba piuttosto lasciare cadere la cosa.

795

IL CONSOLE GENERALE A DANZICA, SPECHEL, AL lVIINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 24. Danzica, 7 agosto 1939, ore 23,40 (per. giorno 8, ore 2,20).

Telegramma di V. E. n. 8 (l) e mio rapporto odierno 208 spedito per posta 7 corrente (2).

Nessuna misura doganale è stata sino ad ora ufficialmente adottata dalla autorità militare di Danzica nei riguardi Prussia Orientale. Esiste bensì minaccia formulata verbalmente l corrente dal Gauleiter al Commissario Generale Polonia per il tramite Alto Commissario Società delle Nazioni di aprire confine doganale fra Danzica e Prussia Orientale qualora non venga revocato entro otto giorni provvedimento polacco che vieta libera introduzione in Polonia della margarina e delle aringhe di provenienza danzichese. Tale provvedimento è stato applicato quale rappresaglia che le autorità danzichesi oppongono all'esercizio degli ispettori doganali polacchi; di questi ultimi anzi Senato aveva dimiImito il numero dopo che era stato aumentato in seguito all'incidente di Kalthof e intensificata introduzione clandestina di armi e munizioni dalla Prussia Orientale. Come ho già segnalato il predetto e successivi analoghi incidenti di frontiera sono tuttora diplomaticamente insoluti.

Sta di fatto che, mentre sopraccennata apertura dei confini doganali è ancora allo stato di minaccia (secondo consueto metodo intimidatorio del Gauleiter), ostruzionismo al controllo polacco accentuasi sempre più, aggravando tensione fra le parti.

Così mattina 5 Commissario Generale Polonia, prendendo pretesto da una circolare di un funzionario danzichese male interpretata circa presunto divieto agli ispettori doganali polacchi esercitare proprie funzioni, ha inviato al Presidente del Senato nota violenta intimandogli risposta soddisfacente entro ore 18 dello stesso giorno minacciando caso contrario rappresaglie. Ne è seguita dal giorno 5 a oggi replica e contro replica ed intromissione Burckhardt ha permesso per ora evitare ulteriore inasprimento questione. È previsto colloquio tra Presidente Greiser e ministro Chodacki 9 corrente. Gauleiter Forster partito stamane aeroplano per Berchtesgaden e tale viaggio è posto in relazione vertenza suddetta.

38 · Dorum<~nti diplonutici ·Serie VIII -Vul. XII

Impressione diffusa è che sotto impulso Berlino si stia preparando, sia con graduale annientamento controllo doganale polacco, sia con sistematica occupazione militare del territorio danzichese, situazione che ponga Polonia di fronte fatto compiuto e che la costringa o a una problematica accettazione di essa o più verosimilmente ad una armata azione. Però Polonia assumerebbe figura e responsabilità di aggressore.

(l) -Non pubblicato. (2) -Non rintracciato.
796

IL CONSOLE GENERALE A DANZICA, SPECHEL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 25. Danzica, 7 agosto 1939, ore 24 (per. giorno 8, m·e 3,50).

Mio telegramma n. 24 (1). Reputo doveroso segnalare all'E. V. che Commissario Generale Polonia Chodacki rivelasi ora esso pure in preda psicosi bellica come suoi funzionari già da me menzionati e da lui precedentemente frenati. Nervosismo e bellicismo sembrano accentuati dopo suo incontro con Ministro Beck a Gdynia 28 luglio ed influenzato da calura estiva ed eccessive libazioni. Sta di fatto che ieri e ieri l'altro, dopo sua nota intimidatoria al Presidente del Senato, egli ha diffuso allarme tra i suoi connazionali consigliandoli a far partire donne e bambini in previsione ostilità; analogo suggerimento ha dato al signor Burckhardt riguardo alla di lui moglie e figli ricevendone netto rifiuto.

Allarmismo polacco, ostentata militarizzazione della città, intemperanza di gerarchi locali e invadenza di elementi non danzichesi, concorrono fomentare psicosi dalla quale maggioranza popolazione vorrebbe serbarsi immune, desiderando lavorare e prosperare in pace e (come più volte ho detto) pur sentendosi tedesca depreca soluzione precipitosa drammatica e complicazioni foriere conflitti non localizzabili.

797

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 197. Budapest, 7 agosto 1939 (per. 10 agosto).

Mio telegramma n. 244 in data odierna (2)].

Come ho telegrafato ieri sera, il Conte Csaky, che ho visto ieri a Szeged, dove mi ero recato per assistere alla commemorazione del ventennale della caduta del regime di Béla Kun, mi ha comunicato che von Ribbentrop gli aveva fatto solo il giorno innanzi sapere che poteva essere a Salisburgo per incontrarlo soltanto fino all'8 corrente; egli aveva messo al corrente di ciò il Consiglio dei Ministri e sarebbe quindi partito oggi nel pomeriggio in automobile per Salisburgo in forma del tutto privata. Come appare anche dai giornali di stamane,

egli infatti figura essere partito in congedo per due settimane; verso la metà del mese dovrebbe incontrarsi poi con Frick aderendo al suo invito [mio telespresso

n. 4093/1434 del 4 agosto (l)]; ma è probabile che se von Ribbentrop gli farà delle comunicazioni particolarmente interessanti egli ritorni subito a Budapest a riferire al Reggente ed al Presidente del Consiglio circa il risultato dei suoi colloqui per poi recarsi di nuovo in Baviera dal Ministro dell'Interno del Reich. Il Conte Csaky sarà accompagnato soltanto dal Segretario Ujpétery.

(Tanto per la cronaca, il Ministro di Germania, che so si troverà pure in

Baviera per l'occasione partendo anch'egli oggi, non mi ha fatto alcun accenno

del viaggio di Csaky e del suo incontro con von Ribbentrop, benchè abbia passato

ieri tutta la giornata con me).

Csaky mi ha detto che scopo del suo incontro con von Ribbentrop è quello di chiedergli il pensiero del Governo del Reich circa quanto era oggetto della lettera diretta a Hitler analoga a quella trasmessa con la stessa data dal barone Villani, e cioè precisare la posizione dell'Ungheria nell'alleanza italo-tedesca chiedendo l'ammissione nelle comuni Commissioni di reciproca consultazione.

Mentre l'E. V. aveva già fatto conoscere il suo pensiero, la Germania non aveva mai voluto precisare quanto doveva servire di norma per il contegno dell'Ungheria in caso di conflitto. Egli voleva chiedere a von Ribbentrop quale fosse stato il contenuto degli accordi che la Germania avrebbe concluso con la Jugoslavia, la Bulgaria ed anche la Romania in caso di conflitto, accordi che a quanto pare concernerebbero una assicurazione di neutralità, contro rifornimenti di armi. Se ciò fosse esatto soprattutto nei riguardi della Romania, l'Ungheria si vedrebbe precluso il modo di prendere parte al conflitto per i suoi fini, perchè le sarebbe impossibile attaccare la Polonia «a meno che le circostanze non cambiassero radicalmente».

Il Conte Csaky mi ha letto una lettera inviatagli dal Barone Villani sul recente colloquio con l'E. V. a proposito della risposta che l'E. V. si riserba di dare verbalmente alla lettera di cui sopra; mi ha parlato, particolarmente grato all'E. V. di quanto era stato oggetto del colloquio stesso non nascondendomi che se da parte .di von Ribbentrop non avesse trovato eguale comprensione, ben difficile diveniva anche la sua stessa posizione nel Governo, dato l'atteggiamento da lui preso: egli aveva dovuto fare reiteratamente dichiarazioni di amicizia verso la Germania, soprattutto perchè vi era una forte recrudescenza di risentimento ungherese nei riguardi del Reich; del resto sapeva che i tedeschi erano di ciò informati da varie fonti, ed anzi egli si era lamentato con Erdmannsdorff che aveva riferito a Berlino che 1'80 % degli ungheresi era contrario alla Germania (sic).

Egli d'altra parte non poteva per molte ragioni dichiararsi soddisfatto dell'atteggiamento tedesco ed era per questo che desiderava chiarire varie cose con von Ribbentrop.

Circa la propaganda tedesca in Slovacchia, essa era evidentemente molto intensa, ma era anche vero che il noto redattore del Grenzbote (mio telespresso

n. 4110/1443 del 4 agosto (2)) era un agente inglese e che gli inglesi avevano agito in Slovacchia allo stesso modo che in Alto Adige. •

Quanto al viaggio a Roma, egli contava di potervisi recare, aderendo al desiderio espresso all'E. V., verso la fine di questo mese.

(l) -Vedi D. 795. (2) -Vedi D. 793. (l) -Vedi D. 776. (2) -Non rintracciato.
798

IL. MINISTRO CONSIGLIERE A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. PERSONALE. Berlino, 7 agosto 1939.

Mi sembra utile, nell'attuale momento di pausa e nell'attesa di eventuali sviluppi della situazione, cercare di «fare il punto» nei riguardi di questo conflitto polacco-tedesco che ha finito di polarizzare su di sè tutta l'elettricità che da tempv sovrasta ed incombe sul continente europeo.

l) Prima di tutto, in riassunto, qualche precedente:

Non è assolutamente esatto affermare che la tensione tra Varsavia e Berlino sia nata a causa delle domande rivolte, per bocca di von Ribbentrop, al Governo polacco nei riguardi di Danzica, in connessione con la crisi cecoslovacca della metà di marzo e con la soluzione tedesca del problema di Memel della fine dello stesso mese. Le origini ;:;ono più lontane. Ed i tedeschi non hanno tutti i torti quando affermano che la Polonia, che della prima crisi cecoslovacca dello scorso ottobre aveva, senza colpo ferire e del tutto gratuitamente, approfittato per risolvere a suo favore, e non per merito proprio, i problemi di frontiera con il Paese cèko, avrebbe potuto mostrare, subito dopo, una maggiore comprensione ed una maggiore buona volontà nei confronti di Berlino. Ricordo, in proposito, un rapporto che ebbi occasione di inviarTi nel dicembre, ossia ancora prima delle conversazioni Beck-Hitler dei primi di gennaio, nel quale accennavo come ormai il malumore fosse disceso ad improntare i rapporti tra Berlino e Varsavia, ancora legate dal Patto del 1934 ma già decisamente scontente l'una dell'altra. E prendevo ad esempio la questione dell'autostrada attraverso il corridoio, già allora, e anche precedentemente, prospettata e dibattuta, e nella quale i Polacchi mostravano una intransigenza un po' esagerata.

La conversazione Beck-Hitler fu un ultimo tentativo per porre un puntello ad una situazione che già minacciava di crollare. Ambedue gli uomini politici, infatti, non ignoravano che il Patto di amicizia del 1934 era sostanzialmente impopolare nei due Paesi e che quindi, in caso di screzio evidente e manifesto, le due opinioni pubbliche avrebbero ripreso il sopravvento per approfondire senz'altro, ed irreparabilmente, la frattura.

In realtà infatti, per comprendere la delicatezza dei rapporti polacco-tedeschi, occorre sempre tener presente due circostanze:

l) che la Polonia è stata creata dai Trattati di Pace in funzione antigermanica ed ai danni diretti della Ge1·mania; cose queste perfettamente note all'uomo della strada tedesco;

2) che tradizionalmente sono sempre esistite, tra i due gruppi etnici confinanti, forti correnti di antipatia che fanno sì che un conflitto tra Berlino e Varsavia abbia basi effettive nella coscienza popolare dei due Paesi.

In altre parole, tra Germania e Polonia non si ammettono mezzi termini: o si è legati da chiari patti o si è decisamente avversari. Ciò spiega perchè Adolfo Hitler, che, dopo pochi mesi dall'assunzione al potere, già si prospettava, sul piano pratico, i grandi problemi del riarmo e delle rivendicazioni germaniche, comprese, nel 1934, come sarebbe stato assolutamente necessario, almeno per un certo periodo, essere libero da immediate preoccupazioni ad Oriente, dove già pesava, strategicamente, la situazione cecoslovacca e dove sarebbe stato troppo pericoloso, col non infrenare le correnti tedesche tradizionalmente ostili a Varsavia, aiutare il gioco francese.

Il Patto di amicizia del 1934 ha già quindi la sua funzione e, nei momenti non facili che vanno dal 1934 al 1938, esso ha servito effettivamente alla Germania. Nel 1939, colpita a morte la Cecoslovacchia, la situazione è andata di per sè stessa modificandosi e quindi, dinanzi a talune intemperanze ed incomprensioni polacche, i tedeschi hanno incominciato a manovrare.

Ripeto quindi che allorchè, nella primavera di quest'anno, vennero, l'uno sull'altro, l'inglobamento della Moravia e della Boemia, il protettorato sulla Slovacchia, colpi gravissimi, ambedue, per gli Slavi della Europa centrale, e l'annessione di Memel, il problema tedesco-polacco era già nuovamente aperto. E tu personalmente, allorchè in febbraio ti recasti, in visita ufficiale, a Varsavia, avesti la prova provata, a mezzo della montatura e della inscenatura antitedesca, culminata con le dimostrazioni popolari contro l'Ambasciata del Reich, come già due mesi prima della denunzia del patto del 1934, la situazione andasse precipitando.

Esiste però in tutto questo, almeno formalmente, un qualche equivoco. Quando, come vennero veramente aperte e discusse, nel quadro tedesco-polacco, la questione di Danzica e quella della zona extraterritoriale tedesca nel Corridoio? Hitler, nel suo discorso al Reichstag della fine di aprile, ha parlato delle nuove proposte da lui fatte a Varsavia. E von Ribbentrop, nella conversazione avuta, il 25 luglio, con Attolico e me, a Salisburgo, ha dichiarato che effettivamente egli aveva personalmente, a suo tempo (quando?), presentato all'Ambasciatore Lipski, perchè lo trasmettesse a Varsavia, un insieme di proposte, le cui tre principali erano le seguenti:

l) Unione definitiva di Danzica al Reich, ferme restando talune facilitazioni economiche, nel campo dei traffici, a favore della Polonia;

2) Creazione di una autostrada tra la Prussia e la Prussia Orientale, compresa in una fascia di territorio protetta da extraterritorialità a favore della Germania (in altre parole, un corridoio nel Corridoio);

3) Rinunzia da parte tedesca ad altre rivendicazioni territoriali ai danni della Polonia e conclusione tra i due Paesi di un nuovo Patto di amicizia della durata di venticinque anni, Patto che quindi, praticamente, avrebbe dato, per un lungo periodo, alla Polonia l'indiscusso possesso del Corridoio e quindi sicurezza dello sbocco al mare.

Queste proposte, sempre secondo von Ribbentrop, vennero subito respinte dallo stesso Ambasciatore, il quale, anche se a mezza voce (essendo stato Lipski uno dei principali artefici della defunta amicizia polacco-tedesca) avrebbe dichiarato «meglio la guerra » che una simile soluzione.

Ma quando e come veramente il Governo di Varsavia ebbe a discutei":! con

i tedeschi queste proposte? L'Ambasciatore Arone di Valentino, che è stato ora

di passaggio per Berlino, mi ha confermato come, almeno per quanto è a sua

conoscenza, non è mai apparso a Varsavia che quel Governo avesse in mano

un vero e proprio piano di proposte al quale opporre un regolare contropiano.

Tutto sembra essersi piuttosto limitato ad impressioni, a mezze parole, ad

interpretazioni di Ambasciatori.

Ad ogni modo, nell'atmosfera di malcontento di Varsavia, resa natural

mente sempre più arroventata soprattutto, occorre non dimenticarlo, dal colpo

di mano tedesco sui Paesi slavi di Moravia, Boemia e Slovacchia, che toglieva

praticamente a Varsavia la pedana slava per i contatti verso il Sud, dalle voci

di oscuri lavori germanici in campo ucraino, e dalla totalitaria soluzione per

Memel nuova prova della potenza tedesca nel Baltico, queste proposte « verbali »

tedesche, che evidentemente, come è suo costume, von Ribbentrop deve aver

fatto all'Ambasciatore in tono e con mano non certamente leggeri, produssero

Io scoppio della mina. Il resto è noto: la mobilitazione polacca, più o meno

parziale, l'intervento, pericolosissimo, dell'Inghilterra con la sua immediata con

cessione di garanzia, ed infine l'irrigidimento generale e la creazione di una

situazione antitetica, basata ormai, principalmente, sul prestigio, per non dire

sul puntiglio, dei due Paesi.

2) A che punto ci troviamo oggi? Evidentemente, a causa di quell'irrigidimento e di quel puntiglio (l'ultimo episodio, costituito dalla violenta richiesta rivolta dal Rappresentante polacco al Senato di Danzica in tema di Doganieri e dalla « ritirata » fatta, in forma che non è apparsa troppo felice, dal Senato stesso, è di oggi) la situazione continua a mostrare sintomi di peggioramento. E ciò proprio perchè ogni ponte, destinato, se non altro a localizzare e ad identificare il problema, appare rotto e non esiste alcuna conversazione atta almeno a sfrondare la questione essenziale dai tanti elementi che ne trasformano e ne deformano la fisionomia. I Tedeschi (e ripeto qui le parole detteci da von Ribbentrop a Salisburgo), e personalmente lo stesso Hitler, non «si sentono», dopo il preteso calcio dato loro dai Polacchi, di riprendere tranquillamente, e per loro iniziativa, la trattativa, e preferiscono adagiarsi nei sogni che vorrebbero vedere Varsavia, nel caso di una « provocazione » polacca, invasa e calpestata in sette o otto giorni dalle fanterie germaniche! E i Polacchi, nelle loro crisi isteriche di prestigio, di eroismo, di esaltazione patriottica, si sentono ormai depositari e detentori in Europa della bandiera della crociata antitedesca e, credendosi, più o meno con ragione, spalleggiati al centodieci per cento, da Parigi e da Londra, pensano di identificare nel loro atteggiamento di resistenza e di assoluta intransigenza, la volontà bellica antigermanica delle grandi Democrazie! Siamo così nel vicolo cieco ed effettivamente, se la questione restasse affidata unicamente a Berlino ed a Varsavia, ben difficilmente se ne potrebbe scorgere una pacifica via di uscita. Nessuna possibilità, infatti, si può dire di iniziative di carattere conciliativo da una parte o dall'altra. E quindi, ripeto, guerra di nervi e di prestigio. Ma la situazione non è ancora disperata ed i dadi del dramma non sono ancora tratti.

Per quanto riguarda la Germania, non si può dire che esistano qui sintomi tali da fare apparire «imminente», un colpo di testa. Si direbbe anzi che (ed il tempestivissimo intervento del Duce deve avervi contribuito in forma decisiva) vi è stato un «tempo di arresto». È vero che le interpretazioni del povero Corpo Diplomatico, ormai praticamente tagliato fuori, nella grandissima maggioranza, dai contatti con i Tedeschi e quindi ridotto a consultare gli astri e ad affidarsi ai segni dello Zodiaco, sono tutte pessimistiche: ma è altrettanto vero che, in realtà, non sono pochi i segni che confermano quella «fermata».

Li enumero: l) atteggiamento della stampa, che insiste talvolta nelle polemiche antibritanniche ma che in fondo, negli stessi confronti della Polonia, non ha affatto il tono ed il fuoco tambureggiante al quale fummo abituati nello scorso anno per il conflitto con la Cecoslovacchia; 2) la prolungata assenza da Berlino, a cominciare da Hitler, Goering e von Ribbentrop, dei principali uomini politici che continuano nelle loro ferie o che si preparano addirittura, come Goebbels che parte oggi per Venezia, ad iniziarne nuovi periodi; 3) l'assenza, in taluni importantissimi organismi militari, di «stati di allarme». Così, ad esempio, la flotta, come mi confermano i nostri ufficiali che hanno trascorso in questi giorni un periodo di osservazione a bordo delle principali unità, è assolutamente su piede di pace. Dopo i tiri, gli ufficiali, secondo il solito, partiranno, nei prossimi giorni, in licenza; 4) nessuna restrizione, di massa, di generi di prima necessità; 5) inizio della preparazione effettiva del prossimo « Congresso della Pace» di Norimberga, che verrà inaugurato il giorno due settembre (ti invio qui unito il modello della « placchetta », che verrà distribuita a simbolo del Congresso: pampini e spighe, segni di pace, e neanche un gladio... ); 6) nessuna, soprattutto, azione di propaganda bellicista.

Naturalmente l'Esercito, pur senza manifestazioni spettacolari, continua a prepararsi per poter muovere al primo cenno di Hitler. Ma il Paese, in generale, ripeto, è assolutamente fuori da quella psicosi e da quegli stati d'animo che fanno prevedere « imminente » lo scoppio della crisi.

Tutto ciò, date soprattutto le idee di von Ribbentrop, che sostiene che, in una

« guerra di nervi » il Paese non deve essere menomamente turbato, fino all'ultimo

momento, dallo spettro della conflagrazione, può essere anche tattica. Ma nel

complesso devo propendere più per l'idea che si tratti invece di perplessità e di

necessità di guadagnare tempo per considerare con maggior ponderatezza tutti

gli elementi della situazione. Mi sembra infatti di scorgere che finalmente si è

qui fatta avanti la convinzione che le probabilità perchè un conflitto per Dan

zica, polacco-tedesco, dilaghi in generale conflagrazione, sono molto aumentate.

Ora quindi, per quanto il sentimento di astio verso Varsavia sia qui generale

e sentito, conviene veramente alla Germania, che, come dimostrano le ultime

favorevolissime statistiche della bilancia commerciale attiva (1), ha ripreso la

sua pacifica espansione, rischiare per Danzica m'la guerra europea e, forse, mon

diale? Proprio per Danzica che, di tutte le questioni che il Reich nazionalsocialista

ha affrontato, è la sola praticamente inesistente? Non è forse già Danzica, nel

campo tedesco e nazionalsocialista, una città perfettamente « inquadrata »? Pro

prio ieri il Volkischer Beobachter ha pubblicato una fotografia, che troverai qui unita, della cerimonia svoltasi nella Città Libera per la Lega della Marina. Osserva la sala e il buon pubblico che ascolta la parola del vecchio Ammiraglio von Trotha. Quale differenza tra Danzica e Stoccarda, o Amburgo, o Dresda? Il Gauleiter Forster, che fa comodamente la spola tra la città e Berchtesgaden, non ha forse la stessa situazione dei suoi colleghi di Monaco o di Francoforte? Ed ora non vi sono persino, a seguito dell'attuale crisi, ed in buon numero, armi ed armati dalla Croce Uncinata che potranno in avvenire rimanere tranquillamente a guardia della città nazionalsocialista? (troverai qui unita altra fotografia).

Come il Duce ebbe a dire a sir Percy Loraine, la questione di Danzica è risolta « de facto». Conviene una guerra generale per una soluzione « de jure »? E non è meglio ricorrere, almeno per il momento, a nuove formule, del tipo di quella della quale si è fatta parola in questi giorni, relativa ad una eventuale unione doganale, capaci di porre la Polonia, a sua volta, al bivio di dover scegliere tra una guerra di distruzione e l'accettazione di situazioni che non importino una clamorosa abdicazione?

Due circostanze potrebbero far precipitare la situazione e spingere i Tedeschi verso il colpo di mano: l) qualche gesto di intemperanza polacco che, montato ed esaltato, come è avvenuto oggi per la questione dei Doganieri dalla stampa dei Paesi democratici, apparisse veramente pericoloso per il « prestigio » germanico (l); 2) il fallimento « apertis verbis » delle conversazioni anglo-franco-russe, che, creando uno stato di perplessità a Parigi ed a Londra, e ponendo la Russia nella necessità di star ferma, desse qui nuovo e forte argomento agli « interventisti». Ma questa circostanza, specie dopo l'invio a Mosca delle Missioni militari franco-inglesi, sembra oggi alquanto lontana dal verificarsi a breve scadenza. Anche se l'accordo non verrà concluso, difficilmente se ne proclamerà l'impossibilità.

Strana ed interessante, in proposito, l'attuale situazione russo-tedesca. L'acuirsi del conflitto tra Berlino e Varsavia si è identificato con la rinascita delle speranze tedesche per una politica di maggiore comprensione con Mosca. Qui concordano, in certo modo, elementi classici e vorrei dire bismarckiani della Wilhelmstrasse e dell'Esercito, tradizionalmente russofili, esponenti degli ambienti industriali e persino elementi nuovi che, nell'autoritarietà e nella formazione del regime staliniano vedono punti di contatto con il nazionalsocialismo. E persino lo stesso von Ribbentrop, profeta tedesco dell'Anticomintern, fa tacere in questi giorni i suoi sentimenti nippofili. L'episodio, veramente caratteristico, di ieri, nel quale la Wilhelmstrasse, nella sua linea di condotta e di azione intesa a non far balenare assolutamente alcuno spettro dinanzi agli occhi indecisi dei Signori del Cremlino, ha finito persino per imporre il silenzio intorno alla conversazione Shiratori-Oshima di Villa d'Este, è molto significativo. Senza dire che la stampa tedesca, indistintamente, da sei mesi tace accuratamente sulla Russia e sul Bolscevismo. Come sembrano lontani i tempi dei discorsi mastodontici di Adolfo Hitler, intessuti di capi d'accusa contro i «distruttori dell'Umanità! ».

inasprirà il tono, reagendo contro il commento della Gas di Varsavia al discorso del... (illeggibile nell'originale).

wo

Conclusioni? Deduzioni? La barca tedesca, per quanto la mano del timoniere non possa non essere estremamente nervosa, sembra avviarsi, senza tragedia verso Norimberga. Da quella tribuna il Mondo sentirà ufficialmente l'impostazione del problema: guerra o pace nel 1939? Da parte italiana il Duce ha già, molto opportunamente e tempestivamente, nella sua veste di Alleato conscio dei suoi doveri e dei suoi diritti, esposto con dovizia e bontà di argomenti, il nostro punto di vista.

P. S. -Apprendo ora il tuo imminente incontro con von Ribbentrop. La cosa sembra ottima, anche nei confronti dell'amicizia italo-tedesca.

(l) Le statistiche ora pubblicate per il mese di giugno, dànno un attivo per la Germania, nella bilancia di ben... di marchi (illeggibile nell'originale).

(l) Il capo dell'Ufficio stampa di von Ribbentrop mi informa ora che domani la stampa

799

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 2852/1143. Mosca, 7 agosto 1939.

Mio rapporto n. 2811/1131 del 3 corrente (1). È venuto ieri a vedermi il Ministro Plenipotenziario Idman, che regge temporaneamente questa Legazione di Finlandia.

Egli mi ha detto che aveva avuto recentemente un lungo colloquio con Molotov e che aveva discusso con lui la questione delle isole Aland, sforzandosi di dimostrargli la infondatezza dei sospetti e l'illogicità delle obiezioni sovietiche contro le progettate fortificazioni. Il punto centrale della sua argomentazione era stato quello della necessità di mettere le isole in grado di difendere, se necessario, la propria neutralità. Se l'U.R.S.S. era realmente interessata alla salvaguardia di questa neutralità, non poteva ragionevolmente opporsi a misure che miravano unicamente a tale fine.

Molotov non aveva però voluto riconoscere il buon fondamento di tale argomento e si era mantenuto fermo nella sua attitudine negativa, limitandosi a ripetere letteralmente le dichiarazioni fatte sull'argomento nel discorso da lui pronunciato davanti al Soviet Supremo dell'U.R.S.S. il 31 maggio [mio telespresso n. 2053/867 del 1° giugno 1939 (2)].

Il signor Idman non nutre soverchie illusioni sulla possibilità di modificare simile atteggiamento, che attribuisce da una parte alla irragionevole sospettosità sovietica, e dall'altra alla aspirazione di questo Governo di ottenere in qualche modo un diritto di partecipazione alla difesa della neutralità finlandese. Egli è tuttavia dell'opinione che se il Governo di Helsinki deciderà di procedere senz'altro ai lavori di fortificazione delle Aland, il Governo di Mosca si limiterà a proteste verbali che potranno anche venir ignorate.

Idman pensa essere stato un errore di aver comunicato il progetto finnicosvedese all'U.R.S.S. e di aver sottoposto la questione alla Società delle Nazioni. Entrambi i passi erano stati fatti per istigazione del Governo di Stoccolma, il quale si era illuso di poter vincere facilmente la resistenza sovietica.

Parlando dei negoziati anglo-franco-sovietici, Idman si è mostrato convinto

che l'U.R.S.S. insisterà per ottenere una formula la quale dia al Governo di

Mosca delle ampie possibilità di intervento, in determinate circostanze, tanto

in Estonia e Lettonia, quanto -eventualmente -anche in Finlandia, e si

chiede con una certa preoccupazione se Inghilterra e Francia non finiranno per

cedere di fronte alle pressioni di Mosca.

Il rappresentante finlandese non mi ha nascosto che Molotov si era lamen

tato con lui della pretesa germanofilia della Finlandia e della sua fondamen

tale ostilità verso l'U.R.S.S., citandogli come prova le frequenti visite di mi

litari tedeschi ad Helsinki, l'attitudine anti-sovietica della stampa, il carattere

anti-sovietico di certi films circolanti in Finlandia, ecc. Idman aveva contestato

l'accusa di russofobia ed attirato a sua volta l'attenzione di Molotov su nume

rosi incidenti di frontiera provocati dall'U.R.S.S.

In conclusione il signor Idman, il quale conosce bene questo Paese fin dai

tempi del regime zarista ed ha sempre seguito da vicino la politica sovietica,

si rende conto che un miglioramento dei rapporti sovieto-finlandesi non è cosa

facile e che l'obiettivo che può proporsi un Ministro di Finlandia a Mosca è

unicamente quello di non !asciarli troppo peggiorare.

(l) -Non pubblicato. (2) -Vedi D. 86.
800

APPUNTO PER IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO (l)

Roma, 7 agosto 1939.

Questo incaricato d'Affari di Slovacchia, rendendosi interprete di analogo desiderio del proprio Governo, ha sollecitato l'invio di un R. Rappresentante a Bratislava. La presenza di un nostro R. Rappresentante in quella capitale sarebbe particolarmente gradita.

801

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO RISERVATO 578. Tokio, 8 agosto 1939, ore 7,50 (per. stesso giorno (2)).

Ministro della Guerra ha ottenuto iersera consenso quasi completo del Ministro della Marina alla sua nuova formula. Questo oggi si inizieranno riunioni cinque Ministri. Ministro della Guerra si propone porre aut-aut al Governo.

(l) -Questo appunto è stato redatto dall'Ufficio 2° della Direzione Generale Affari Europa Mediterraneo. (2) -Manca l'ora di arrivo.
802

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 579. Tokio, 8 agosto 1939, ore 7,50 (per. ore 14,10).

Stasera si riprendono forse riunioni nippo-inglesi circa Tientsin. Militari dicono che non giungeranno a conclusione perchè essi si propongono far loro ostruzionismo.

Comunicato Roma e Taliani.

803

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 488. Berlino, 8 agosto 1939, ore 14,50 (per. ore 16).

Nessuna risposta ancora circa oggetto comunicazione telefonica V. E. in data di ieri.

Ribbentrop è oggi, e sarà forse ancora domani, occupato con Csaky cui visita viene almeno per ora tenuta assolutamente segreta.

804

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 103. Mosca, 8 agosto 1939, ore 23,50 (per. giorno 9, ore 2,15).

Mio collega tedesco è stato richiesto da Berlino di controllare e riferire circa fondamento o meno notizie secondo cui anche Polonia manderebbe a Mosca Delegazione per partecipare prossime conversazioni militari anglo-franco-sovietiche.

Qui nulla risulta in proposito. Aggiungo che in conversazione avuta con lui tre giorni or sono mio collega polacco mi ha dichiarato in modo categorico che suo Governo si manteneva fermo attitudine decisa 2 corrente a qualsiasi accordo implicante intervento di forza sovietica in Polonia tanto per truppe di terra che per aviazione. Debbo tuttavia far presente che questo Ambasciatore di Polonia ha sempre espresso idea personale contraria a collaborare militarmente con U.R.S.S.

805

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 117. Berlino, 8 agosto 1939 (pe1". 10 agosto).

Mio rapporto del 5 agosto n. 5954 (1).

La risposta che Weizsacker ha ricevuto da Tokio in merito al convegno Shiratori-Oshima è piuttosto magra. Essa conferma in ogni caso che l'incontro fu dovuto ad iniziativa dei due Ambasciatori, i quali hanno probabilmente voluto consultarsi fra loro più sulla propria situazione personale che su quella generale.

Saranno qui gradite eventuali informazioni provenienti da Shiratori. Quanto a Oshima, egli sta viaggiando in Svizzera, e non si sa quando rientrerà a Berlino.

806

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 97. Istanbul, 8 agosto 1939 (per. giorno 16).

Telespresso di V. E. n. 224455 del 16 luglio scorso (2).

Mi onoro assicurare l'E. V. che ho sempre mantenuto con questa Rappresentanza afgana opportuni contatti e rapporti. S. E. Fayz Mohammed Khan, Ambasciatore di Afganistan ed ex-M.inistro degli Esteri --a dir vero -non esplica qui una speciale attività: di malferma salute, egli ha accettato questa missione soltanto per avere agio di riposarsi.

Da quanto egli mi ha detto nelle conversazioni avute con lui in questi ultimi tempi, risulta che nè l'Inghilterra nè la Turchia, dopo l'alleanza conclusa tra di esse hanno richiesto all'Afganistan di specificare quale sarebbe il suo atteggiamento in caso di conflitto. L'Ambasciatore afgano asserisce che il Patto di Saad-Abad non impegna i suoi firmatari ad una automatica adesione alla nuova politica turca [ciò non esclude peraltro la pressione che l'Inghilterra esercita sull'Irak e sull'Iran di cui a mio telegramma per corriere del 3 corrente numero 95 (3)]. S. E. Fayz Mohammed Khan mi ha anche detto che qualora l'Inghilterra chiedesse all'Afganistan di uniformare il suo atteggiamento a quello della Turchia, ciò creerebbe una situazione nuova e delicata in seguito alla quale egli stesso sarebbe certamente chiamato a Kabul per riassumere il portafoglio degli Esteri. A quanto gli risulta, il suo Governo -che è in ottimi rapporti con l'Italia -· è deciso fino da ora a mantenersi in una posizione di assoluta neutralità.

Circa l'annessione dell'Hatay alla Turchia mi ha detto che essa è malvista nel mondo arabo, ma ha escluso che il Governo irakeno abbia comunicato a quello turco di non riconoscerla.

(l) -Vedi D. 787. (2) -Non pubblicato. (3) -Vedi D. 760.
807

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 134. Sofia, 8 agosto 1939 (per. giorno 11).

A telegramma per corriere di Vostra Eccellenza n. 16567 (1).

Circa apertura credito britannico alla Bulgaria di cui occupasi Sunday Dispatch 30 luglio, ho già riferito a Vostra Eccellenza con mio telespresso 17 luglio, n. 3568/1488 (2), mio telegramma 18 luglio, n. 167 (3) e mio telespresso 21 luglio, n. 3667/1531 (4).

Non mi risulta vi sia alcunchè di nuovo in proposito permanendo tuttora le ragioni che facevano scartare da questo Presidente del Consiglio operazioni in argomento.

808

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 6020/1859. Berlino, 8 agosto 1939.

Questo Ministro di Romania, che ho visto oggi, mentre conferma che il suo Governo è disposto a fare il possibile per migliorare ancora le relazioni con la Bulgaria, esclude d'altra parte che esso voglia arrivare all'offerta, anche parziale, della Dobrugia. Tanto, mi ha detto, con o senza Dobrugia, la Bulgaria non entrerebbe mai nell'Intesa Balcanica, rinunziando all'Egeo e alla Macedonia.

Il Ministro Crutzescu ritorna appena da Bucarest e quindi le sue informazioni -categoriche -dovrebbero tagliar corto al rifiorire delle voci di nuovi approcci romeno-bulgari.

Il collega ha anche insistito che lo spirito pubblico in Romania si va sempre più orientando verso la neutralità. Contrariamente al 1914, la Romania avrebbe, entrando ora in guerra, tutto da perdere. Ha quindi interesse a non muoversi.

809

PROGETTO ITALIANO DI COMUNICATO PER L'INCONTRO DI SALISBURGO

Salisburgo, 9 agosto 1939.

Il Ministro degli Affari Esteri del Reich, signor von Ribbentrop ed il Ministro degli Affari Esteri d'Italia, Conte Galeazzo Ciano, hanno esaminato -nel corso dei colloqui avuti in questi giorni a Salisburgo -la situazione generale dell'Europa e i problemi che interessano la politica comune dei due Paesi alleati.

I due Ministri degli Affari Esteri hanno potuto constatare ancora una volta in questa occasione la perfetta identità di vedute dei loro Governi, e riaffermare la comune volontà della Germania e dell'Italia di resistere alle Democrazie, e di difendere i loro diritti vitali rispondendo con la forza ad ogni tentativo di aggressione che fosse diretto contro di loro.

In pari tempo il Ministro degli Affari Esteri del Reich e il Ministro degli Affari Esteri d'Italia hanno tenuto a riconfermare la volontà di pace dei loro Governi, e, pensosi delle sorti dell'Europa, si sono trovati concordi nel dichiarare che essi ritengono che, attraverso negoziati condotti per le normali vie diplomatiche dai Governi delle Nazioni interessate, è ancora possibile giungere ad una soluzione soddisfacente dei problemi che turbano così gravemente la vita dell'Europa.

(l) -Vedi D. 753. (2) -Non rintracciato. (3) -Non pubblicato. (4) -Non rintracciato.
810

PROGETTO ITALIANO DI COMUNICATO PER L'INCONTRO DI SALISBURGO

Salisburgo, 9 agosto 1939.

I due Ministri degli Esteri decisi a resistere alla politica di accerchiamento voluta dalle grandi democrazie e a rispondere colla forza a tentativi di aggressione riaffermano la loro volontà di pace e pensosi delle sorti dell'Europa dichiarano che attraverso negoziati condotti per le normali vie diplomatiche dai responsabili delle Nazioni interessate, è possibile una soluzione soddisfacente dei problemi che in questo momento turbano la vita europea.

811

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 581. Tokio, 9 agosto 1939, ore 18 (per. gio1·no 10, ore 5).

Dopo incontro, Ambasciatori Giappone Roma e Berlino qui telegrafato insistendo per ripresa trattative e conclusione patto.

812

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO RISERVATO 584. Tokio, 9 agosto 1939, ore 8,15 (per. ore 18).

Da ottima fonte civile mi si riferisce: Nella riunione di ieri dei cinque Ministri, il Ministro della Guerra ha lungamente parlato su nuovi avvenimenti per i quali credeva situazione dovesse considerarsi come mutata e divenuta tale da richiedere nuovo esame clausole patto. Ha annoverato fra questi avvenimenti denunzia americana, condizioni di cose Manciuria ed invio missione militare franco-inglese Mosca. Gli altri Ministri hanno dichiarato non credere che avvenimenti stessi giustificassero revisione clausole patto quali a suo tempo proposte ed hanno manifestato preoccupazione circa conseguenze che attualmente potrebbero derivare da un mutamento delle clausole stesse. Anche Ministro della Marina malgrado quanto era stato detto in precedenza circa un suo parziale assenso alle proposte del collega si sarebbe manifestato contrario.

Mi sono state smentite voci corse di dimissioni del Ministro della Guerra. Con riunione di ieri questione non è stata chiusa e ho saputo Ministri si

riuniranno di nuovo in seguito. Confidente ha confermato arrendevolezza inglese nelle trattative per Tientsin. Sembra che da parte dei militari non vi sia molto malcontento per il risul

tato della riunione di ieri. Telegraferò quando saprò più precisamente loro impressioni e propositi.

813

IL CAPO DELLA MISSIONE MILITARE ITALIANA IN SPAGNA, GAMBARA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

S. Sebastiano, 9 agosto 1939, ore 22 (per. 10 agosto).

(Da parte del colonnello Nulli).

Comunicato a Serrano Sufier quanto V. E. ha ordinato dire. Si è dimostrato molto soddisfatto. Egli stesso mi ha pregato parlarne direttamente a Franco col quale avevo appuntamento per ore 12.

Evidentemente già informato entrando in suo ufficio mi ha accolto con molta effusione congratulandosi. Conte Roncalli riferirà ufficialmente alt.

Franco espresso sua gratitudine per elogio rivoltogli dal Duce circa Statuto Partito. Visibilmente compiaciutissimo alto riconoscimento. Mi ha intrattenuto a lungo su questioni militari ed ha molto battuto sulla possibilità interdire stretto Gibilterra a navi guerra con nuovi mortai che sta esperimentando e distruggere base Gibilterra con fuoco artiglieria grosso calibro.

Serrano comunicatomi che a giorni invierà V. E. alto funzionario per riferire circa Queipo che definisce traditore incorreggibile. È sicuro che costì questi sarà più sorvegliato di quanto non lo sarebbe in Spagna, molto soddisfatto quindi della decisione presa.

Comunicato a parte come sono stati ordinati vari Ministeri. Circa nomine vari Ministeri ancora in elaborazione.

Ho ricevuto impressione che Serrano nutrisca in merito qualche preoccupazione. Ha accennato a molti contrasti. In Franco invece solita imperturbabile serenità (1).

(l) L'originale è vistato e sottolineato da Mussolini.

814

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 491. Be1·lino, 9 agosto 1939, ore 22,20 (per. ore 23,30).

Per S. E. il Ministro.

Come sarà stato già comunicato a V. E. da Ambasciatore di Germania, oggi Segretario di Stato Ministero Affari Esteri ha fatto, per ordine superiore, all'Incaricato d'Affari polacco una comunicazione verbale su Danzica della maggiore importanza e serietà. Prendendo occasione da nota Commissario Generale polacco a Presidente del Senato Danzica, Governo tedesco ha per bocca Weizsacker dichiarato che una ripetizione di domande a carattere ultimativo, con minacce rappresaglie ecc. porterebbe ad un peggioramento relazioni tedesco-polacche le cui conseguenze ricadrebbero esclusivamente sulla Polonia e per le quali la Germania rifiuta ogni responsabilità. Weizsacker ha aggiunto che il Governo tedesco ritiene che talune misure economiche prese da Polonia per certe merci Danzica riescano di danno a Danzica che, in caso che le misure stesse siano respinte, non potrebbe a meno di compensarsene cercando sbocchi in altri mercati (leggi apertura frontiera con la Germania).

815

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 492. Berlino, 9 agosto 1939, ore 22,20 (per. ore 24). Sebbene lo scambio comunicazioni a proposito Danzica non sia fra due Governi nuovo, pure il fatto che in questo momento Germania si eriga formalmente a custode e vindice degli interessi di Danzica e cioè vis à vis della Polonia che pure ha per trattato rappresentanza degli interessi Danzica all'estero, si presta a repliche da parte polacca suscettibili (a meno che Varsavia non voglia invece -il che è assai dubbio -profittarne per intavolare conversazioni amichevoli dirette) di rendere ancora più acuta tensione attuale. Ciò, posto in relazione col tono stampa tedesca di questi ultimi giorni e col mandato dato da Hitler al Gauleiter Forster di «rispondere » domani alla stampa polacca, dimostra come gli sviluppi della questione ·di Danzica sembrino avviati verso uno sbocco. Tutto questo, tenute anche presenti le rinnovate affermazioni di Spechel che a Danzica si attendono -per il giorno 15 -delle «provocazioni » [teleaereo

del 7 corr. 471 (1)], porta a concludere che la situazione generale sia adesso più seria e « caratterizzata » di quanto non fosse ancora 10 giorni or sono.

Io ritengo che ciò nonostante, all'arrivo di V. E. a Salisburgo, la questione della scelta definitiva della via da seguire sia sempre «aperta». Non si può a meno, tuttavia, di riconoscere che le probabilità di una soluzione pacifica tendono a diminuire piuttosto che ad aumentare.

(l) Non pubblicato.

816

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE

T. 17137 p. r./141. Roma, 9 agosto 1939, ore 23.

Vostro n. 171 del 7 corrente (1).

Continuate ad indagare con dovute cautele, riferendo.

817

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A SOFIA, TALAMO

T. 17140 p. r./164. Roma, 9 agosto 1939. Stampa francese dà notizia di un probabile prossimo viaggio di Kiossei

vanov a Londra e Parigi. PregoVi controllare riferendo.

818

L'INCARICATO D'AFFARI A. L A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T: PER CORRIERE 48. Bled, 9 agosto 1939 (per. giorno 11).

Ho veduto stamani questo Ministro degli Affari Esteri che si trova per pochi giorni a Bled, ove è venuto principalmente per essere ricevuto dal Principe Paolo.

Riferisco separatamente sui vari argomenti toccati nel corso del colloquio.

Come entrato in materia il signor Cincar Markovié, di sua spontanea iniziativa, mi ha parlato del viaggio del Principe Paolo in Inghilterra. Confermando che la visita ha avuto carattere puramente personale e privato, il Ministro mi ha detto che le interpretazioni apparse in una parte della stampa straniera in relazione al viaggio erano completamente errate, e che la politica estera jugoslava era rimasta e rimarrà immutata.

Mi sono limitato ad ascoltare questa calorosa ma non richiesta difesa.

139 · DaCI/menti diplomatici -Serie VIII · Vol. XII

(l) Vedi D. 794.

819

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 50. Bled, 9 agosto 1939 (per. giorno 11).

Mio telegramma per corriere n. 048 (1).

Nel corso della conversazione avuta stamane con questo Ministro degli Affari Esteri gli ho parlato dell'atteggiamento della stampa jugoslava negli ultimi tempi.

Ho osservato che, nonostante i ripetuti interventi della Legazione, le più singolari manifestazioni si erano succedute in questi ultimi tempi. Ho accennato di sfuggita ai commenti della stampa in occasione del patto franco-turco e agli articoli di celebrazione a gran pavese della festa giacobina del 14 luglio, e ho richiamato in modo particolare la sua attenzione sul recentissimo articolo editoriale sulla politica inglese nel Mediterraneo, pubblicato nella Politika del 7 corrente [segnalato per fonogramma-stampa e riportato per intero nella Rassegna n. 210 del 7 agosto (2)].

Ho fatto presente che tutto ciò si riferisce unicamente alla stampa della capitale, la sola che sia in qualche modo controllata dal Governo; mentre quella della provincia appare completamente e costantemente ispirata, in senso a noi ostile, dalla propaganda democratica.

Ho osservato infine che questo contegno dei giornali jugoslavi faceva singolare contrasto con quello dei nostri e che la politica di stretta neutralità ed equidistanza dai blocchi avversi delle grandi Potenze che la Jugoslavia proclama di voler seguire -politica già di per sè difficile e delicata -richiedeva da parte della stampa, e delle autorità che hanno il compito di controllarla, un atteggiamento genuinamente ed assiduamente «neutrale».

Il signor Cincar Markovié ha riconosciuto la giustezza di queste osservazioni e mi ha assicurato che egli stesso se ne era preoccupato, al punto di aver provocato, in questi giorni, la destituzione del Capo dell'Ufficio Stampa, signor Lukovié (elemento subdolamente ostile nei nostri riguardi).

Mi ha assicurato anche che il Lukovié sarà sostituito con elemento di sua assoluta fiducia e che sarà personalmente responsabile verso il Ministero degli Esteri dell'atteggiamento della stampa in tutte le questioni di politica internazionale, in attesa che il provvedimento, già deciso in linea di massima, della creazione di un Ufficio Stampa al suo Dicastero, lo metta in grado, anche dal punto di vista tecnico e amministrativo, di esercitare un controllo effettivo e costante.

Ho preso atto di queste dichiarazioni e ho rinnovato al signor Cincar Markovié la preghiera di dedicare tutta la sua attenzione a questo delicato problema.

(l) -Vedi D. 818. (2) -Non pubblicati.
820

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

R. 3862/1738. Londra, 9 agosto 1939. Questo Ambasciatore di Germania mi ha messo al corrente del colloquio che ha avuto oggi con Halifax. Riferisco qui appresso testualmente quanto egli mi ha detto. «Avevo chiesto di vedere Halifax » --ha cominciato Dirksen -« perchè non avevo più avuto contatti con lui da qualche tempo, e desideravo salutarlo prima di recarmi in congedo in Germania. Halifax è stato come sempre molto cortese e mi ha trattenuto in colloquio per circa mezz'ora. Mi ha chiesto che cosa io pensassi della situazione generale. Gli ho risposto che, senza essere eccessivamente pessimista, non potevo nascondergli la mia preoccupazione. La garanzia data dall'Inghilterra alla Polonia poneva infatti le sorti della guerra e della pace nelle mani, non dico soltanto del Governo di Varsavia, ma di un qualsiasi piccolo funzionario dell'amministrazione polacca, non certo all'altezza di una così paurosa responsabilità. L'ultimo doganiere o ufficiale di frontiera poteva, con una mossa avventata o inconsulta, scatenare una conflagrazione europea. Tutto ciò era assurdo e paradossale e creava una situazione che non poteva prolungarsi indefinitamente. La Germania non voleva fare d'i Danzica una questione da risolversi ad una scadenza determinata e improrogabile, a costo anche di una guerra. Questa non era mai stata e non è affatto l'idea del Governo del Reich. Ma grazie alla garanzia britannica i polacchi si sentono ora incoraggiati a prendere atteggiamenti megalomani e provocatori. Gli incidenti e gli atti di sfida si vanno moltiplicando. Non si trova più un polacco ragionevole col quale si possa discutere. Danzica sta diventando una cancrena che avvelena tutta l'Europa. Questa situazione, della quale il Governo britannico è almeno in parte responsabile, non può essere lasciata indefinitamente insoluta. « Halifax mi ha ascoltato e si è limitato a rispondere che esistono tuttora in Polonia persone moderate e ragionevoli, e fra esse lo stesso Maresciallo Smigly Ridz e il Colonnello Beck. « Ho detto a Halifax » -è sempre Dirksen che parla -« che ero d'accordo con lui per quanto riguardava Beck, di cui conoscevo le personali tendenze favorevoli ad un accordo con la Germania. Ma ultimamente Beck si trovava prigioniero di una opinione pubblica sovraeccitata e di un Governo che, nella maggioranza dei suoi componenti, nulla faceva per cercare di diminuire questa sovraeccitazione. «Ho continuato a far rilevare a Halifax che, d'altra parte, il problema di Danzica si inquadra oggi nel più vasto problema dei rapporti europei, e in particolare dei rapporti anglo-tedeschi. Da questo punto di vista, io non vedevo nessun incoraggiamento all'ottimismo da parte della politica britannica; vedevo anzi ogni giomo porte chiuse e strade sbarrate. Da quando voi inglesi avete iniziato quella politica che chiamate " fronte della pace, " fronte anti-aggres

sione, e che noi tedeschi più giustamente definiamo accerchiamento, sembra essere vostra cura esclusiva quella di andare avanti nella formazione dei blocchi di Potenze anti-totalitarie, senza lasciare alcuno spiraglio a quelle possibilità di pace negoziata che pur professate di avere a cuore, almeno in taluni vostri discorsi. Certi sintomi sono anzi molto significativi: appena qualcuno accenna ad un ritorno alla distensione, la sua voce è sommersa dai clamori del Parlamento e della stampa, come se fosse un traditore del suo Paese. Di ciò abbiamo avuto vari recenti esempi. I giornali sferrano offensive di menzogne contro la Germania, approfittando del più piccolo pretesto, ingrandiscono e distorcono ai loro fini i più miseri pettegolezzi, impiantano una campagna scandalistica, per esempio, sul 11 Link, e sulle vecchie innocue associazioni anglo-tedesche tuttora esistenti in Londra, quasichè fosse oggidl un crimine, per un buon inglese, patrocinare la causa dell'amicizia con la Germania. Non è possibile essere ottimisti quando si assiste tutti i giorni a queste effervescenze guerrafondaie. E non è possibile esimersi dal pensare che l'Inghilterra vuole ormai più la guerra che non la pace con la Germania, e che -se una guerra scoppierà la responsabilità di essa può fin da ora farsi chiaramente risalire alla politica del Governo britannico.

«Halifax mi ha risposto che la politica del suo Governo era e sarebbe rimasta quale da lui stesso definita nel suo discorso del 29 giugno al 11 British Institute for International Affairs 11 -[mio fonogramma n. 276 (l)] -e c"ioè essenzialmente ispirata ai due concetti, apparentemente contraddittori, ma di fatto complementari, del rafforzamento militare e diplomatico (riarmo e costituzione del" fronte della pace 11 ) in vista di una possibile aggressione, da una parte, e dall'altra, disposizione a trattare tutte le questioni sulla base della ragione e della giustizia. Halifax ha soggiunto che se per qualche mese il mondo potesse rimanere tranquillo, egli non dubitava che anche l'opinione pubblica in Inghilterra si sarebbe calmata e avrebbe accettato senza troppe resistenze l'idea di una ripresa di conversazioni o trattative anglo-tedesche.

«Ho replicato da parte mia che ormai la Germania non può tenere in

alcun conto le promesse e le buone parole, e che soltanto i fatti potranno per

suaderla ad agire in un senso o nell'altro».

Fin qui, quanto Dirksen mi ha detto circa il suo colloquio odierno con Halifax.

Dirksen ha poi aggiunto che gli era parso opportuno calcare sugli aspetti

inquietanti della situazione. «La miglior cosa che posso fare in questo mo

mento -egli ha detto -nell'interesse stesso del mio Paese e della pace, è

quella di mostrarmi con gli inglesi più pessimista di quanto realmente sono».

821

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 580. Tokio, 10 agosto 1939, ore 0,20 (per. ore 11,30). Per S. E. il Ministro.

Nella ormai lunga mia corrispondenza telegrafica circa negoziati per il Patto non vi è cenno di interventi di questa R. Ambasciata. Non intendo parlare

di interventi specifici i quali non sarebbero possibili non solo perchè non conosco in tutti i particolari gli sviluppi dei negoziati stessi ma anche e soprattutto perchè non vi sono autorizzato. Intendo parlare soltanto di interventi generici svolti ad ottenere qui accoglimento delle richieste dell'Asse quali che esse siano in realtà. Taluni consigli o suggerimenti, talune indicazioni di danni e pericoli per il Giappone ove non venga completamente e senza indugio dalla nostra parte, sono stati dati in qualche circostanza speciale di tempo, luogo e persone. Senonchè l'importanza dell'argomentò è tale per il Giappone che poco o nulla può valere opera di terzi con carattere apologetico o persuasivo specie se necessariamente generico, per produrre o agevolare efficace decisivo mutamento nella situazione giacchè questo può principalmente derivare solo dal prodursi di avvenimenti internazionali e dal loro influire sullo stato di cose interno dell'Impero.

D'altra parte vi sarebbe rischio suscitare reazioni, per quanto transitorie, di natura tale da ritardare naturale corso avvenimenti o da lasciare strascichi di risentimento. Mi basti rammentare che un paio di mesi fa questo Vice Ministro Guerra consigliò mio collega tedesco di astenersi premere. Si aggiunge in fine, secondo quanto più di una volta confidato, qui ultime difficoltà sono sorte dal contegno della Germania e non da quello dell'Italia.

Giappone vede nel Patto un atto decisivo non solo per la sua politica estera ma anche per quella interna e pertanto di fondamentale importanza per tutto il suo avvenire.

In tale stato di cose e con pochi sicuri elementi di fatto di cui questa Ambasciata ha conoscenza, essa non può che limitarsi a continuare a riferire con quanta cura, precisione e sollecitudine le siano consentite.

(l) Non pubblicato.

822

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 174. Varsavia, 10 agosto 1939, ore 10,50 (per. ore 20,1.5). Telegramma di V. E. n. 141 del 9 agosto (1). Autore progetto da me segnalato è un ex collaboratore del Maresci!illo Pilsudski durante il periodo rivoluzionario, e che per quanto da parecchio tempo ritiratosi dall'agone politico, è convinto sostenitore di una politica di collaborazione con la Germania. Avendo egli insistito per avere con me un colloquio ho creduto riceverlo. Mi ha consegnato un dettagliato pro-memoria (che trasmetterò a V. E. domani col corriere) nel quale, dopo aver accennato alle ragioni che consigliano alla Polonia ed alla Germania di seguire una politica di collaborazione, prospetta una soluzione di compromesso tra i due Paesi per la questione di Danzica, basata sulla spartizione dell'intero territorio dello Stato di Danzica,

di cui due terzi con la città stessa verrebbero assegnati alla Germania ed un terzo alla Polonia. Il che farebbe ritornare in seno alla Germania una popolazione di

300.000 abitanti. Linea di frontiera, che nel suo promemoria è indicata con ogni dettaglio, corrisponde nelle linee generali a quella da me comunicata con mio telegramma 171 (l) con qualche lieve modifica a fa~ore della Germania.

A mie precise domande mio interlocutore ha risposto:

l) che egli agiva esclusivamente di sua iniziativa;

2) che però era sicuro che iniziativa stessa non sarebbe riuscita sgradita

al Governo polacco;

3) che egli riteneva che il progetto presentato avrebbe potuto ricevere nuovamente adesione del Governo polacco. Naturalmente è su questi due ultimi punti che continuerò le mie prudenti indagini.

(l) Vedi D. 816.

823

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 176. Varsavia, 10 agosto 1939, ore 10,56 (per. ore 19,35).

Questo Ambasciatore di Germania è venuto a vedermi ieri. Ha detto partiva per Berlino per ragioni personali e mi ha pregato di tenere riservata la notizia sua partenza per evitare erronea interpretazione. Egli ha cercato di indagare con me quanto mi risultasse circa esistenza progetto di cui aveva avuto sentore tendente a una soluzione di compromesso della questione Danzica sulla base di una spartizione territoriale. Gli ho risposto che anche io ne avevo avuto qualche notizia ma ho evitato di precisare tacendo naturalmente colloquio da me avuto e di cui al mio telegramma 174 (2). Non so da parte mia quanto di preciso risulti a von Molkte ma è certo che egli profittando della sua presenza a Berlino parlerà sull'argomento con l'Auswartiges Amt.

824

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 494. Berlino, 10 agosto 1939, ore 14,10 (per. ore 14,45).

Secondo le notizie provenienti da Oshima incontro Como avrebbe avuto scopo mettere definitivamente in mora Governo giapponese circa necessità di decidersi una buona volta a favore della alleanza triangolare. I due diplomatici avrebbero indicato come estremo limite di tempo la fine di questo mese, dichiarando loro fermo proposito -in caso che loro proposte non vengano accolte -di rimpatriare.

Consultazioni decisive stanno avendo luogo a Tokio proprio in questi giorni. È impossibile prevederne esito.

(l) -Vedi D. 794. (2) -Vedi D. 822.
825

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 495. Berlino, 10 agosto 1939, ore 14,40 (per. ore 15,35).

Mio telegramma n. 492 di ieri (1).

In questo momento vengono -dall'alto -date istruzioni perchè anche Corrispondenza Politico-Diplomatica di questa sera proceda ad un attacco « particolarmente aspro » della Polonia.

826

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 496. Berlino, 10 agosto 1939, ore 18,23 (per. 01·e 20).

Mio telegramma n. 491 di ieri (2).

Si annunzia che Ambasciatore di Germania o suo incaricato è stato convocato oggi stesso Ministero Affari Esteri Varsavia, presumibilmente per ricevere immediata replica comunicazione verbale su Danzica fatta ieri da Weizsacker.

827

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 497. Berlino, 10 agosto 1939, ore 18,23 (per. ore 20).

Mio rapporto 1822 del 5 corrente (3). Mi si comunica che Csaky avrebbe accettato come non esistenti le note lettere.

828

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 185. Sofia, 10 agosto 1939, ore 18,45 (per. ore 21).

Telegramma di V. E. n. 164 (4).

Voci riportate da stampa francese mi sono già state smentite personalmente da questo Presidente del Consiglio e comunicato pubblicato servizio mondiale Agenzia Telegrafica Bulgara come da telegramma per corriere 0131 (5) e precedenti.

(l) -Vedi D. 815. (2) -Vedi D. 814. (3) -Vedi D. 786. (4) -Vedi D. 817. (5) -Non pubblicato.
829

IL CONSOLE GENERALE A DANZICA, SPECHEL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 26. Danzica, 10 agosto 1939, ore 20,15 (per. ore 21,40).

Miei telegrammi n. 24 e n. 25 (1), rapporto 208 (2).

Le tensione fra Danzica e Polonia non (dico non) si è aggravata, quantunque vertenza doganale tuttora insoluta e nonostante polemica stampa: specialmente articolo del giornale Danziger Vorposten del 20 corr. a firma del noto Zarty in risposta al giornale Czas del 7 corr. che minacciava di bombardare Danzica. Presidente del Senato Greiser con suo atteggiamento moderato e Alto Commissario Burckhardt proseguendo opera mediatrice, contribuiscono calmare sopraeccitazione contro Polonia.

Colloquio fra Greiser e Chodacki non effettuato ieri a causa assenza Gauleiter Forster è rinviato lunedì 14 corr.

Forster appena tornato da Berchtesgaden ha avuto stamane colloquio con Burckhardt e gli ha dichiarato che il Fiihrer, benchè irritato vivamente per l'atteggiamentQ polacco su questione doganale, vuole che questa risolvasi con mezzi conciliativi; il Gauleiter lo ha assicurato pure che, parlando stasera ad un comizio pubblico in Danzica, userà moderazione.

Segnalo come indizio favorevole che il noto signor Perkowski, vice Commissario Generale Polonia cessa finalmente tale carica. Comunicato Roma, Berlino e Varsavia.

830

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 246. Budapest, 10 agosto 1939, ore 21,45 (per. ore 0,10).

Mio telegramma n. 244 (3).

Ministro Affari Esteri, rientrato ieri da Salisburgo dopo aver avuto colloquio con Hitler e von Ribbentrop, mi ha detto oggi: l) Come già risulterà all'E. V. egli aveva dichiarato considerare non scritte le note lettere identiche: aveva infatti avuto impressione che i tedeschi non volessero rispondere sospettando potesse esserci una intesa con la Polonia, ciò che Csaky aveva completamente escluso; egli riteneva con le sue dichiarazioni aver dissipato diffidenze tedesche ed ogni malinteso che sembrava essersi ultimamente prodotto; Hitler gli aveva detto che se eventuale conflitto fosse stato circoscritto alla Polonia, Germania non aveva chiesto nè chiedeva concorso ungherese; aveva evitato invece rispondere alle sue insistenti domande circa eventuale azione unghe

rese in caso di conflitto generale; 2) gli sembrava che Hitler non desiderava ora provocare conflitto; esso gli aveva tuttavia dichiarato che se «Polonia inviasse altro ultimatum a Danzica, sarebbe il Governo tedesco a rispondere »; 3) circa la Romania, mentre Hitler riteneva che si sarebbe regolata come nel 1916 malgrado i rapporti con la Polonia, Ribbentrop si era limitato a dirgli indirettamente « che i romeni sapevano che per rivendicazioni ungheresi vi era dietro la Germania »; 4) mi ha ripetuto come altre volte che i tedeschi si sarebbero disinteressati della sorte futura della Slovacchia.

Ministro Affari Esteri ripartirà probabilmente domani per la Germania.

Riferisco dettagliatamente per corriere.

(l) -Vedi DD. 795 e 796. (2) -Non rintracciato. (3) -Vedi D. 793.
831

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A BELGRADO, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 47. Bled, 10 agosto 1939, (per. giorno 11).

Telespresso di V. E. n. 224828/C del 28 luglio 1939 (1). Le notizie di prestiti inglesi e francesi alla Jugoslavia, pubblicate dai giornali Jugoslovenski e Jutro di Lubiana, risultano in parte inesatte.

La voce relativa a un prestito francese di 600 milioni di franchi sembra avere origine dall'ordinanza pubblicata recentemente nella Gazzetta Ufficiale Jugoslava colla quale si approva il prestito finanziario stipulato il 2 maggio

u. -s. dal Ministro delle Finanze con il gruppo francese Seligmann per la costituzione della Società parastatale « Jugoslovenska Cellulosa» [mio telespresso n. -3067/116 Bl. del 7 agosto (2)]. Si tratta cioè di una operazione già nota da tempo, della quale si è interessato personalmente, in occasione del suo viaggio a Parigi e a Basilea, come riferivo con il mio telegramma n. 154 dell'8 luglio (3), questo Ministro delle Finanze, signor Djuricié. L'importo esatto di tale prestito è ignoto, ma si presume generalmente che esso ammonti a 600 milioni di franchi.

Quanto alle voci relative a un prestito inglese, che naturalmente si sono fatte più insistenti in occasione del recente viaggio del Principe Paolo a Londra, esse sono state smentite con un comunicato dell'ufficioso Jugoslovenski Kurir [mio T. P. n. 3066/115 del 7 agosto (4)].

Il comunicato fa seguire alla smentita il seguente commento:

«Vero è soltanto che ci vengono offerti dei crediti in merci, però solo ai fini di quei bisogni che sono stati stabiliti per l'anno finanziario 1939-1940. Si tratta in genere delle nostre ferrovie, della nostra navigazione fluviale, dei nostri porti, delle nostre strade, ecc. Tutte queste offerte, però, la Jugoslavia le accoglie con molta prudenza e di ciò ne è prova il fatto che ne ha rifiutate molte. È del tutto erroneo quindi affermare, come hanno fatto alcuni giornali

t4l Non pubblicato.

stranieri, che la Jugoslavia abbia accolto dall'Inghilterra dei crediti di carattere politico».

Parlando ieri con questo Ministro degli Affari Esteri, ho osservato che il tenore del comunicato si prestava a molte ambigue interpretazioni, sembrandomi difficile distinguere in questo momento tra il carattere politico e non politico dei prestiti concessi da Londra.

Il signor Cincar Markovié ha ammesso che una offerta inglese di credito è stata fatta di recente, analogamente ad altre fatte per il passato, e che essa è tuttora in esame. Si sarebbe, però, ancora molto lontani dalla conclusione dell'affare che, tra l'altro, non incontra il favore degli ambienti industriali. È soltanto la penuria sempre crescente di divise straniere (e questo è esatto) che crea uno stato di cose preoccupante dal lato economico e rende necessario stimolare nella misura del possibile il commercio jugroslavo con Paesi fuori clearing.

Ciò premesso, il signor Cincar Markovié mi ha assicurato nel modo più formale che in nessun caso tratterebbesi di un prestito ma soltanto di un credito in merci per l'importo relativamente modesto di un milione di sterline. Ha escluso che questo credito potesse comunque servire all'acquisto di materiale bellico.

Ho risposto al signor Cincar Markovié che prendevo atto di queste dichiarazioni.

(l) -Non rintracciato. (2) -Non rintracciato. (3) -Non pubblicato.
832

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 199. Budapest, 10 agosto 1939 (per. giorno 14).

Mio rapporto n. 4260/1520 in data odierna (1).

Il conte Csaky ripartirà domani sera per la Germania in automobile per recarsi all'invito di Frick; è probabile. secondo quanto egli stesso mi ha detto, che egli abbia di nuovo ad incontrarsi con von Ribbentrop. Non sarà accompagnato da nessun segretario.

Quanto al suo viaggio a Roma, mi ha detto di aver fatto già comunicare al barone Villani che se V. E. non avesse nulla in contrario, si troverebbe a Roma fra il 25 e il 28 agosto al più tardi. Non sapeva ancora se tornerà prima a Budapest o se proseguirà per l'Italia direttamente. In ogni modo mi farà tempestivamente avvertire da questo Ministero degli Affari Esteri.

Salvo contrarie istruzioni dell'E. V., penserei infatti trovarmi anch'io a Roma al momento del suo arrivo.

(l) Non rintracciato.

833

APPUNTO PER IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO (l)

Roma, 10 agosto 1939.

Il Primo Segretario dell'Ambasciata degli Stati Uniti ha _informato questo

Min'istero che l'Ambasciatore Shiratori in un'intervista concessa ieri sera al

corrispondente dell' United Press ha assicurato esplicitamente che l'adesione del

Giappone all'alleanza italo-tedesca può ormai considerarsi come un fatto

compiuto, non mancando da concretare che alcuni particolari di secondaria

importanza.

Il predetto Primo Segretario ha aggiunto che l'Ambasciatore Phillips avrebbe

desiderato sapere se alcunchè di nuovo fosse intervenuto, dopo le assicurazioni

dategli in proposito da V. E., che giustificasse l'affermazione del sig. Shiratori.

Gli è stato risposto che niente risultava che potesse modificare quanto

V. E. ha avuto occasione di dichiarare ieri al sig. Phillips al riguardo.

834

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 587. Tokio, 11 agosto 1939, ore 17 (2) (per. ore 16).

Per S. E. il Ministro.

Ministro della Guerra ha mandato un noto generale a pregare me e mio collega tedesco comunicare a Voi e Ribbentrop perchè sia riferito al Duce e Hitler quanto riassumo:

Situazione interna giapponese è diventata grave. In seguito a rifiuto quattro ministri accogliere proposta del Ministro della Guerra per revisione clausole Patto, questi ha deciso dover mantenere minacce e dimettersi, ciò che avverrà probabilmente 15 agosto. Seguirebbero forse dimissioni Ambasciatori del Giappone a Roma e Berlino. E prevedibilmente ne deriverebbe un Gabinetto più contrario ed un affievolirsi movimento per conclusione Patto. D'altra parte Esercito crede sarebbe utile giungere ora alla sua stipulazione sia per conseguire, mediante rafforzamento che ne verrebbe alla situazione internazionale del Giappone, quella soluzione del conflitto cinese cui Arita non può giungere con sue trattative sia per danneggiare (3) trattative stesse sia per soddisfare opinione pubblica giapponese.

Poichè però decisione ultimo Consiglio dei cinque Ministri ha annullato possibilità ripresa trattative da parte del Giappone bisognerebbe che iniziativa partisse ora da noi.

Nostri due Governi dovrebbero convocare gli Ambasciatori del Giappone i quali senza conoscenza del Ministro degli Affari Esteri sono stati direttamente ma genericamente informati dal Ministro della Guerra circa suo passo. Dire loro che, udite nuove assicurazioni fatteci dare dal Ministro della Guerra secondo le quali le limitazioni che Giappone intende porre ai propri impegni sono solo quelle menzionate esplicitamente nel progetto propostoci, noi ne prendiamo atto.

(l) -Questo appunto, redatto dall'Ufficio 2° della Direzione Generale Affari Transoceanici, reca la seguente annotazione: • In assenza di S. E. il Ministro, visto da S. E. Bastianini •. (2) -Ora locale. (3) -Sic nel testo.
835

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 588. Tokio, 11 agosto 1939, ore 7,58 (per. ore 16). Che consideriamo... (l) ... accettabile base per trattative. Che sarebbe però necessaria una attenuazione della riserva del Giappone circa sua impossibilità nel presente e nel prossimo futuro di prestarci aiuto efficace. Malgrado rifiuto opposto ieri dai quattro alle sue richieste Ministro della Guerra crede che gli riuscirebbe ottenere qualche concessione quale per esempio quella che dichiarazione giapponese non fosse fatta mediante scambio Note bensì mediante comunicazione orale da consegnarsi nel processo verbale. Ministro della Guerra è convinto che conclusione Patto darebbe grave colpo alle attuali macchinazioni degli inglesi mentre teme, prolungandosi attuali ostacoli, essi avrebbero agio ordire nuovi e più pericolosi intrighi. Circa pubblicazione stima che Arita non oserebbe opporvisi data forte corrente opinione pubblica a nostro favore. Arita che dal suo arrivo qui si è prodigato nella propaganda a favore dell'Asse in genere e dell'Italia in ispecie e che accompagnava Generale mi ha confidato temere che Ambasciatore del Giappone a Roma ed Ambasciatore del Giappone a Berlino non si rendano conto della presente situazione in Giappone e che siano sempre convinti della possibilità per Esercito di imporre tutta la sua volontà ove tenga duro. Anche egli era della stessa opinione mentre si trovava a Roma e nei suoi primi giorni di permanenza in Giappone ma ora aveva dovuto ricredersi. In tale questione Esercito non può fare per ora di più soprattutto a causa dei circoli di Corte. Attuale momento potrebbe essere ultimo per agire. Se si giungesse alla stipulazione del Patto egli è certo riuscirebbe in seguito all'Esercito rafforzarlo un poco alla volta mentre se si volesse troppo premere

ora non si concluderebbe nulla e forse più che ritardare si guasterebbe tutto irrimediabilmente.

836

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 589. Tokio, 11 agosto 1939, ore 9,10 (per. ore 18,50).

Varie settimane fa prescindendo dalla situazione europea che non conosco completamente e fondandomi solo sulla giapponese espressi spontaneo parere

che ci convenisse prendere qualche iniziativa per stessi negoziati. Passo Ministro della Guerra mi rafforza convincimento. Osservo inoltre:

l) A meno di imprevedibili avvenimenti non è sperabile possa ottenersi adesso o in prossimo avvenire migliori condizioni. Ciò rimane vero anche se voglia credersi vi siano ragioni private riservate nell'esposizione del Ministro della Guerra per farci muovere. Forze Armate non sono unite giacchè Marina malgrado recenti speranze dei militari continua dissentire; Ministro degli Affari Esteri fa affidamento su intese con l'Inghilterra; Ministro delle Finanze mette innanzi danni economici (preoccupazioni per situazione monetaria in Giappone e anche in Cina vanno aumentando); Primo Ministro quantunque volonteroso non ha forza vincere queste opposizioni riunite:

2) Esercito, che è nostro principale appoggio, ha provato non poter fare per ora di più e chiede con urgenza nostra collaborazione:

3) Sono del parere che Ambasciatore del Giappone a Roma ed Ambasciatore del Giappone a Berlino, se veramente si dimettessero, non potrebbero se non erro essere sostituiti da sostenitori più ardenti della nostra causa:

4) Loro eventuali dimissioni causate dall'opposizione di tutti gli altri Ministri potrebbero apparire come un riconoscimento della loro sconfitta; di essa si vanterebbe l'Inghilterra (che sta facendo ogni sforzo contro di noi) come di suo trionfo tanto più significativo data sua nuova politica verso il Giappone specialmente poi se come sembra prevedibile a tali dimissioni seguisse una situazione meno favorevole per noi. Se anche infatti ritiro Ministro della Guerra significasse caduta del Gabinetto (ciò che non è punto sicuro) il prossimo non sarebbe probabilmente migliore e si sentirebbe meno impegnato verso di noi.

(l) Tre gruppi indecifrabili. di cui venne chiesta ripetizione.

837

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 590. Tokio, 11 agosto 1939, ore 21,10 (per. ore 17).

5) Se anche Ministro della Guerra decidesse alla fine di non ritirarsi -ciò che non escludo -o se Imperatore gli chiedesse di restare e se non gli riuscisse senza nostro intervento di uscire dal presente vicolo cieco è da prevedere che egli ed altri capi militari resterebbero diminuiti di prestigio, ciò che non avvantaggerebbe neanche noi;

6) Per quanto opinione pubblica resterebbe certamente assai turbata e mal

contenta ove sapesse che sforzi Ministro della Guerra sono stati inutili e anche

più ove lo vedesse dimettersi non è da credere si ribellerebbe;

7) Unica possibilità palese reazione sarebbe quella della nuova congiura di

giovani ufficiali e relativi fatti di sangue ma ciò in ogni caso non rafforzerebbe

ora Giappone nè all'interno nè all'esterno e non accelererebbe Patto;

8) Se si ammette buona fede Giappone (senza la quale d'altronde anche Patto formulato sotto condizione sarebbe solo formalmente più efficace) qualora alleanza anglo-francese con Russia fosse conclusa, attuali divergenze circa redazione non avrebbero più importanza.

Riassumendo, qualora si creda che Patto offerto, benchè non quale da noi desiderato, sia preferibile a nessun Patto e si sia aspettato solo nella speranza migliori condizioni, si deve dire:

l) che nè per ora nè in prossimo avvenire si vedono possibilità di miglioramento; 2) che nell'attesa vi sono danni attuali e pericoli finanziari.

Tutto ciò in base agli elementi di giudizio forniti dalla presente situazione giapponese ed indipendentemente da imprevedibili mutamenti nello stato delle cose.

Al termine del colloquio Arita mi ha sussurrato che Ministro della Guerra fa molto affidamento su opera Duce e suoi buoni uffici.

838

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 178. Varsavia, 11 agosto 1939, ore 15,31 (per. ore 18,40).

In una conversazione avuta stamane a questo Ministero Affari Esteri con il signor Arciszewski questi mi ha detto che nell'attuale situazione estremamente delicata il maggior pericolo sarebbe se nelle decisioni di Berlino dovesse prevalere previsione che Polonia non reagirebbe con le armi a una incorporazione Danzica nella Germania mediante atto unilaterale, mentre egli ha aggiunto non deve sussistere minimo dubbio nella decisione Polonia in tale eventualità di affrontare rischi di una guerra. D'altra parte egli osservava che a meno che la Germania non fosse decisa ad arrivare ad ogni costo ad un conflitto armato la situazione per quanto grave e piena di pericoli dava ancora adito alla speranza che fosse possibile evitarlo.

839

IL MINISTRO A BUCAREST, GRIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 83. Bucarest, 11 agosto 1939 (per. giorno 12).

Si è venuta qui diffondendo in questi ultimi giorni la sensazione che la situazione generale europea sia venuta aggravandosi e stia giungendo ad un punto cruciale.

Ho domandato a questo Ministro degli Affari Esteri, che mi esprimeva con visibile senso di preoccupazione analogo punto di vista, se siano da porsi in relazione con la situazione internazionale le nuove misure militari testè adottate da questo Governo [mio telegramma per corriere odierno n. 084 (l)] e che hanno suscitato notevole impressione in questa opinione pubblica.

Il Ministro degli Esteri ha risposto negativamente affermando che si tratta soltanto di richiami per le grandi manovre le quali si svolgeranno conformemente ad un programma già stabilito da tempo.

Gafencu mi ha infine ripetuto che l'atteggiamento romeno di neutralità salvo nel caso di aggressione o minaccia diretta al territorio nazionale -resta immutato.

(l) Vedi D. 840.

840

IL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 84. Bucarest, 11 agosto 1939 (per. giorno 12).

È stato pubblicato in data di ieri e, per ordine dello Stato Maggiore, ripetuto con grande rilievo nell'odierna stampa locale, un comunicato con il quale vengono richiamate in servizio per il 15 corrente varie aliquote di classi per un periodo di istruzione.

Su tali richiami finora annunciati per radio e nella stampa di provincia, ha riferito questo R. Addetto Militare al R. Ministero della Guerra [miei telespressi n. 1259 del 7 corrente (l) e 1260 del 9 corr. (2)].

Non m'i è possibile precisare l'entità dei richiami; corre però voce che le aliquote appartengono ad un numero di contingenti che si fa variare dagli otto ai tredici.

Malgrado le precisazioni fattemi oggi da questo Ministro degli Esteri [mio telegramma per corriere n. 083 dell'l! corr. (3)], è tuttavia impressione di questo Addetto Militare e mia ,che i richiami siano in relazione all'attuale situazione politica ed alla preoccupazione di un suo peggioramento.

Viene altresì segnalato l'intensificarsi dei lavori di fortificazioni da parte romena sulla frontiera ungherese ed in Dobrugia [mio telespresso n. 1261 del1'8 agosto (4)].

841

IL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 85. Hucarest, 11 agosto 1939 (per. stesso giorno).

Telegramma per corriere n. 081 del 4 corrente (5) e precedenti.

Parlandomi delle relazioni della Romania con l'Ungheria e con la Bulgaria, Gafencu mi ha detto che esse, in questi ultimi giorni, non hanno subìto ulteriori peggioramenti ma, se mai, qualche lieve miglioramento e mi ha citato a riprova da un lato il tacito accordo raggiunto con l'Ungheria per far cessare le polemiche soggiorno di villeggiatura della signora Kiosseivanov consorte del Presidente del Consiglio Bulgaro.

(l) -Non rintracciato. (2) -Non rintracciato. (3) -Vedi D. 839. (4) -Non rintracciato. (5) -Vedi D. 772.
842

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 135. Sofia, 11 agosto 1939 (per. giorno 12).

Mio telegramma per corriere n. 0134 (1). Presumibilmente a seguito prime aperture di cui mio telespresso 21 ultimo

n. 3667/1531 (2), è qui giunto da Londra testo accordo negoziato per quanto ritengo da quel Ministro di Bulgaria, per essere sottoposto probabile approvazione questo Governo.

Testo costituirebbe non molto rilevante ampliamento vigente accordo di compensazione anglo-bulgaro relativo normale volume scambi inferiore 100 milioni lire e comporterebbe seguenti punti principali:

l) Aumento contingenti importazione bulgara in Inghilterra;

2) Conferma vigente facoltà Banca Nazionale di Bulgaria liquidare entro 42 mesi debito bulgaro divise risultante da compensazioni. Dato intendimento finora manifestato da Inghilterra revocare tale concessione, è pensabile questa venga mantenuta in corrispondenza provvedimenti di favore del Board of Trade a vantaggio esportazione britannica in Bulgaria. Iniziativa inglese favorire scambi anglo-bulgari si manifesterebbe quindi particolarmente su questo punto;

3) Ammissione scambi triangolari con altri Stati a valuta libera, presumibilmente Palestina Egitto, allo scopo facilitare alla Bulgaria saldo compensazioni finora da essa non raggiunto.

843

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 136. Sofia, 11 agosto 1939 (per. giorno 12).

Mio telecorriere 0135 (3).

Qualche notizia circa imminente rinnovo accordo commerciale anglo-bulgaro qui diffusasi prestasi da parte taluni ambienti valorizzazione amichevoli disposizioni britanniche verso Bulgaria.

Contemporanei accenni distensione rapporti bulgaro-turchi di cui per ultimo mio rapporto odierno 4052/1709 ( 4) sembrano anche essi destinati concorrere ad una certa attenuazione reazioni manifestatesi questi ultimi tempi contro Inghilterra, cui principalmente imputavansi atteggiamenti aggressivi della Turchia.

Credesi non improbabile prossima intensificazione qui attività inglese intesa dissipare tali prevenzioni antibritanniche.

(l) -Vedi D. 807. (2) -Non rintracciato. (3) -Vedi D. 842. (4) -Vedi D. 845.
844

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPRESSO 3884/1745. Londra, 11 agosto 1939.

Prima della sua partenza in congedo per la Germania, Dirksen mi ha detto

che si propone di riferire a voce al suo Ministero quelle impressioni di insieme

sull'attuale momento politico in Gran Bretagna che ha potuto formarsi a se

guito di varie osservazioni fatte nelle ultime settimane.

Dirksen mi ha detto che, a voler riassumere codeste sue impressioni, esse

potevano essere definite con la parola «fluidità». Situazione fluida in tutti i

sensi e in tutti i campi; incertezza e conseguente riluttanza, sia pure oppor

tunatamente celata, ad impegnarsi troppo a fondo, e in modo troppo definitivo

in una qualsiasi direzione, gli eventi potendo mostrare che il centro del futuro

pericolo, e lo sviluppo di questo pericolo, e la più conveniente salvaguardia

degli interessi britannici in relazione al pericolo stesso, imporrebbero una diret

tiva diversa.

Dirksen ha cominciato ad esemplificare, parlandomi anzitutto delle trattative anglo-russe. Egli mi ha detto che la sua prima impressione, quando ha saputo dell'invio a Mosca di una missione militare anglo-francese, era stata quella che si cominciasse veramente a fare sul serio. Ma immediatamente dopo, si è convinto del contrario. Anzitutto, i nomi stessi dei tre delegati britannici che rappresentano l'esercito, la marina e l'aviazione, portano a concludere che la missione ha scarse speranze di fruttuoso lavoro. Sono infatti nomi di brillanti ufficiali, valorosi comandanti di navi, ottimi istruttori di reclute nei campi di aviazione, ma privi di qualsiasi esperienza e competenza in materia di strategia. Non sono insomma ufficiali di Stato Maggiore; e pertanto i meno indicati per una trattativa difficile, delicata, complessa, come quella che si dovrebbe prevedere a Mosca. Che cosa andranno dunque a fare questi ufficiali ? Andranno a colmare, di fronte all'opinione pubblica inglese e mondiale, la lacuna lasciata aperta dalla sospensione, o per lo meno dall'evidente assottigliamento delle trattative politiche dopo il ritorno a Londra di Strang. Andranno poi anche ad osservare e valutare e riferire qualche elemento possibilmente esatto sulla effettiva consistenza e potenzialità bellica delle forze armate sovietiche. Se si sperasse, o si dovesse fare, qualche cosa di più, la missione britannica attuale risulterebbe ovviamente inadeguata.

D'altra parte, l'allargamento delle conversazioni di Mosca al campo militare offrirà una maggiore possibilità di appigli per un ostruzionismo sovietico, se tale continuerà ad essere l'intenzione e la tattica del Governo di Mosca. Lasciate per ora in sospeso le difficoltà relative alla definizione della cosiddetta «aggressione indiretta», i russi potranno sollevare mille altre difficoltà concernenti la collaborazione militare in caso di guerra. E i negoziati si protrarranno così per un tempo imprevedibile.

Volenti o nolenti, gli inglesi dunque non riescono a chiudere la partita russa. Ma anche la partita polacca non può dirsi completamente chiusa e con

62S.

40 Documenti diplomdtici Serie VIII Vol. XII

o o o

piena soddisfazione di Londra e Varsavia. Londra esita ad aprire il portafoglio, conta i denari, vuole controllarne l'uso e il rimborso una volta prestati. E intanto il prestito (o meglio il « secondo anticipo » che era stato offerto per la somma -non eccessiva in relazione alla ricchezza inglese -di 5 milioni di sterline) non si fa. E anche i polacchi cominciano a domandarsi se questa loro nuova amicizia con l'Inghilterra non debba serbare loro qualche nuova disillusione.

La partita col Giappone è destinata a rimanere aperta per molti anni ancora -e forse meglio così per gli inglesi -che a chiuderla rovinosamente, come dovrà un giorno per forza accadere, c'è sempre tempo. Si nicchia dunque, ci si barcamena, si alterna al «sangue che bolle», alle parole grosse, alla minaccia di inviare la flotta in Estremo Oriente [vedi discorso di Chamberla'in del 31 luglio u. s. (mio rapporto n. 3808/1711)], le parole rassicuranti e invitanti, la gran voglia di trattare, la dichiarazione -contenuta nello stesso discorso del Primo Ministro-che «col Giappone ci si può intendere».

Mostrarsi troppo duri col Giappone significa per l'Inghilterra, o esporsi a ulteriori smacchi e più gravi perdite di prestigio, o mettersi nelle condizioni di dover affrontare una guerra, della quale non mancherebbero di approfittare in Europa le due temutissime Potenze dell'Asse. Mostrarsi d'altra parte concilianti e remissivi, significa incoraggiare il Giappone a più vaste pretese e a più audaci colpi di mano contro i superstiti interessi britannici in Estremo Oriente. Perciò bisogna trovare la via media, conciliare i contrari, evitare tutto ciò che possa vieppiù spingere il Giappone all'alle1mza militare con l'Asse, e al tempo stesso tutto ciò che possa troppo incoraggiarlo a fare il comodo proprio in Cina e nel Pacifico.

Idem per la Spagna, nonostante le diversità storiche e geografiche. Gli inglesi domandano se la Spagna in caso di guerra rimarrà interamente neutrale,

o propenderà per l'Asse, o addirittura entrerà a far parte dell'Asse. Verso la prima alternativa convergono tutte le speranze e tutti gli sforzi britannici. A questo scopo si cerca di far leva sul Portogallo e sui portoghesi; si coprono di lusinghe quei politici e giornalisti spagnoli che si mostrano sensibili a tali forme di cortesia, o che hanno ancor·a una vecchia segreta inclinazione per il mondo anglosassone. In genere la stampa inglese parla bene della Spagna. Ma vi è sempre un'esitazione, una riserva mentale, un istante di reticenza. Se costoro, che oggi vorremmo favorire ed aiutare, fossero i nostri nemici di domani ? Non sarebbe meglio trattarli come tali fin da ora?

Nei Balcani la politica britannica, pur appoggiandosi ad alcune pietre basilari come la Turchia e la Romania (ma anche qui con quante riserve?), gioca con molte carte e con nessuna fino in fondo. Basterebbe citare la pedina bulgara o quella jugoslava (amici o nemici ? favorirli od asteggiarli ? e perchè non tutte e due le cose insieme?).

Di fronte all'Asse le posizioni sono più chiare e definite. Ma rimane la domanda: combattersi o cercare di intendersi alla meglio ? Alla quale domanda, la risposta dipende a sua volta -almeno in parte -dalle risposte che possono essere date a tutti gli altri punti interrogativi fin qui enumerati.

Si fa gran chiasso sui giornali della pretesa inferiorità militare delle Potenze dell'Asse, e frastuono ancora maggiore della preparazione e pretesa in

vincibilità dell'Inghilterra e dei suoi alleati. Questa recente campagna, che nelle intenzioni del Governo mira a sostituire alla troppo prolungata psicosi bellica, funesta all'economia del Paese, un rinnovato senso di sicurezza nelle proprie forze, potrebbe anche essere interpretata come l'indice di uno stato d'animo non alieno dal lasciare socchiusa la porta a possibili propositi conciliativi da accantonarsi per il momento, ma in vista dei quali si comincerebbe fin d'ora a decongestionare l'atmosfera.

La stessa fluidità si ripercuote -ha continuato Dirksen -nella politica interna. Si parla delle elezioni del prossimo novembre, ma esse potrebbero anche aver luogo nell'ottobre-novembre 1940. Si parla di possibili rimaneggiamenti di Gabinetto, ma tutto fa pensare che Chamberlain è per ora solidissimo, e che, salvo il caso di guerra o di più gravi complicazioni internazionali, la figura di Churchill continuerà ancora a rimanere nella penombra.

«In conclusione», ha terminato Dirksen, «ciò che mi propongo di dire a Berlino è che gli uomini politici inglesi, dopo aver fissato certi punti fermi ma di carattere negativo, che sono costituiti dai loro impegni di garanzia ad alcuni altri Stati, evitano di formulare una qualsiasi politica positiva, o piuttosto la vanno foggiando ora per ora e giorno per giorno secondo gli eventi quotidiani e attraverso mille contraddizioni. In questa fluidità tutto può accadere e converrà forse aspettare i prossimi mesi per vedere se la politica britannica sarà allora in grado di meglio definirsi».

845

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Mio telespresso del 2 u. s. n. 3887/1634 (1).

Dopo una visita di questo Ministro di Turchia al Presidente del Consiglio è stato diramato al servizio mondiale dell'Agenzia Telegrafica bulgara il comunicato in data 8 c. m., che allego (2).

A tale comunicato fa riscontro l'altro, che parimenti allego (3), in data 10 corrente dell'Agenzia Anatolica, che viene riprodotto da tutta questa stampa.

Entrambi i comunicati sono evidentemente diretti a procurare una certa distensione dei rapporti bulgaro-turchi ma tale intendimento viene rafforzato oltre misura da taluni editoriali di cui unisco la traduzione ( 4), di fonte indubbiamente direttamente o indirettamente ispirata, fra cui uno particolarmente interessante dell'ufficioso Dnes.

In tale ultimo articolo l'Eccellenza Vostra troverà oltre che l'esaltazione di una affermata tradizionale amicizia bulgaro-turca, anche per esteso la tesi, rigorosamente esposta, della neutralità bulgara, in un quadro balcanico opposto ad ogni compromissione con Potenze extra-balcaniche, del che, per vero, la

Turchia non dà il più indiscutibile esempio.

(2), (3) e (4) Non pubblicati.

(l) Non rintracciato.

<
APPENDICI

APPENDICE I

IL MINISTRO DE LA GOBERNACI6N, SERRANO SU:fitER, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

L. s. d. (1).

Querido Ministro y amigo ! Desde Espafia le reitero mi agradecimiento por tantas atenciones como tuvo conmigo durante mi gratisima estancia en Italia.

Me estoy ocupando de su viaje, y después del recibimiento que me hizo Barcelona a mi regreso de Roma, ya nada me preocupa. Aquello fué una cosa superior a todo lo imaginado y espero asi sera cuando V. venga.

Como yo comparto su deseo de que esto sea pronto, pienso que su viaje podria iniciarse el 9 6 10 de Julio para que su terminaci6n coincidiera con la conmemoraci6n del Alzamiento militar, que sera el 17 de ese mes.

El programa podria ser éste: Llegada a Barcelona el dia lO a las 4 de la tarde. Desfile, recepcion y banquete. El 11, visita a Tarragona, ciudad espafiola que como ninguna otra conserva huellas y vestigios de la cultura y civilizacion Romanas. Almuerzo en la muralla. El 12, salida en avion para San Sebastian, donde podria saludar al Generalisimo. Corrida de toros goyesca. El 13, en automovil (porque el viaje es corto y muy bonito) viaje a Bilbao; visita al « cinturon de hierro », Altos Hornos de Vizcaya y fiesta de noche en el Club Maritimo del Abra. El dia 14 salida en avion para Madrid-donde no habria fiestas de sociedad -sino solo visita a los frentes mas duros y mas impresionan

tes de la guerra: Guadarrama, Alto del Leon, Ciudad Universitaria, Casa de Campo y Jarama. El 15, visita al Alcazar de Toledo donde le esperarian el Generai Moscardo los mas destacados héroes de la defensa de este glorioso reducto. Por la tarde, salida en avion para Sevilla. Dia 16, en Sevilla, desfiles y fiestas tipicas. El l 7, por la mafiana: llegada a Tetuan donde ira el Generalisimo a una gran parada militar y yo le acompafiaré.

Todo esto se lo digo con la mas absoluta reserva; quisiera que solo el Duce y V. lo conocieran. Si le parece bien, diga simplemente por medio de la Embajada-a efectos oficiosos-que su deseo es venir el 10 de Julio para alcanzar el dia de la Conmemoracion y escribame a mi una carta particular con las indicaciones que quiera hacerme.

Como aqui no tenemos coches « abiertos », es mi deseo disponer para su viaje de dos o tres Lancia o Alfa-Romeo como los que Vds. tienen ahi. Y como yo no tengo divisas le ruego acepten la operacion en pesetas que podrian V ds. utilizar aqui, o en la forma que les parezca mejor. Podria contestarme por el portador de esta carta, diciéndome el precio, la persona a quien quiere entregue yo aqui el dinero y -sobre todo-mandar en seguida los coches.

Creo que a su Sefiora habria de resultarle grato el viaje.

(l) Dopo il 6 giugno e prima del 25 giugno 1939.

Mis saludos mas devotos al gran Duce y para V. con el mayor afecto de buen amigo.

P. S. autografo alla lettera di Serrano Suner a Ciano.

El regreso podria hacerce desde Cadiz, pero considero indispensable que

la entrada se haya por Barcelona nuestro gran puerto mediterraneo y, segun

hemos podido comprobar, con occasi6n de mi viaje, la ciudad que mejor entiende

las ventajas de nuestra amistad.

Le ruego que con el portador de esta carta me envie una fotografia del

Duce para el Generalisimo Franco pués aunque V. dijo a Malzade (?) que habian

enviado una, esta no ha llegado nunca.

Por fin envio con estas lineas al Conde de Montarco (?) que puede verbal

mente aclararle algun extremo.

También le ruego ponga a Montarco en comunicaci6n con alguién a efectos

de adquisici6n de tela con la tricolor italiana (1).

(l) Nella trascrizione sono stati aggiunti gli accenti mancanti.

APPENDICE II

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione al 23 gennaio 1939)

AFGHANISTAN

Kabul -QuARONI Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ANZILOTTI Enrico, primo segretario.

ALBANIA

Tirana -JACOMONI DI S. SAVINo, nob. Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BABUSCIO Rxzzo Francesco, primo segretario; GABRIELLI Manlio, colonnello di fanteria, addetto militare e aeronautico.

ARABO-SAUDIANO (Regno)

Gedda -SILLITTI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PAVERI FoNTANA Alberto marchese di Fontana Pradosa, primo segretario.

ARGENTINA

Buenos Aires -PREZIOSI S. E. Gabriele, ambasciatore; SERENA DI LAPIGIO (dei baroni) nob. Ottavio, consigliere; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, aiutante di campo onorario di Sua Maestà il Re Imperatore, addetto aeronautico; MARCATILI nob. dei conti Michele, capitano di fregata, addetto navale.

BELGIO

BrusselZe -LoJACONO S. E. Vincenzo, ambasciatore; SILENZI Renato, consigliere; PANSA Mario, primo segretario; BoNELLI Aldo, tenente colonnello di S. M., addetto militare; MARGOTTINI Carlo, capitano di vascello, addetto navale; GAGLIANI Luigi, tenente colonnello, aiutante di campo onorario di S. M. il Re Imperatore, addetto aeronautico.

BOLIVIA

La Paz -MARIANI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico.

BRASILE

Rio de Janeiro -SoLA S. E. Ugo, ambasciatore; GRAZZI Umberto, consigliere; TELESIO dei duchi di Torino, nob. don Giuseppe, primo segretario; ANTINORI Orazio, marchese di Castel San Pietro Aquae Ortus, secondo segretario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico; MARCATILI nob. dei conti Michele, capitano di fregata, addetto navale.

BULGARIA

Sofia -TALAMO ATENOLFI, nob. Giuseppe, marchese di Castelnuovo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DANEO SILVIO, primo segretario; PAULUCCI Mario, secondo segretario; SovERA Tullio, tenente colonnello di

S. M., addetto militare e aeronautico; FERRERO RoGNONI Raul, capitano di vascello, addetto navale.

CECOSLOVACCHIA

Praga -FRANSONI Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BoRGA Guido, primo segretario; BoNFATTI Luigi, tenente colonnello di S. M., addetto militare; PALOTTA Natale, colonnello, addetto aeronautico.

CILE

Santiago -BoscARELLI S. E. nob. Raffaele, ambasciatore; OTTAVIANI Luigi, consigliere; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico; MARCATILI nob. dei conti Michele, capitano di fregata, addetto navale.

CINA

Pechino -TALIANI DE MARCHIO S. E. marchese Francesco Maria, ambasciatore; ALESSANDRINI Adolfo, consigliere; PRINCIPINI Omero, tenente colonnello di

S. M., addetto militare; RUTA Mario, tenente di vascello, addetto navale.

COLOMBIA

Bogotà -CANTONI MARCA (dei conti) nob. Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico.

COSTARICA

S. Josè -ScADUTo MENDOLA Gioacchino barone di Fontana degli Angeli, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico.

CUBA

Avana -PERSICO Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SPINELLI Pier Pasquale, primo segretario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico.

DANIMARCA

Copenaghen -SAPUPPO nob. Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LA TERZA Pierluigi, primo segretario; MARRAS Efisio, generale di brigata, addetto militare; PECORI Giraldi Corso, capitano di fregata, addetto navale; GAGLIANI Luigi, tenente colonnello, addetto aeronautico.

DOMINICANA (Repubblica)

Ciudad TrujiHo -PoRTA Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata, addetto aeronautico.

EGITTO

Cairo -MAZZOLINI Serafino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BALDONI Corrado nob. di Montalto, primo segretario; DE CLEMENTI Alberto, terzo segretario.

EL SALVADOR (Repubblica di)

San Salvador -BoMBIERI Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata, addetto aeronautico.

EQUATORE

Quito -AMADORI Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata, addetto aeronautico..

ESTONIA

Tallinn -CICCONARDI Vincenzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FERRETTI Raffaele, primo segretario; RoERO DI CosTANZE marchese Giuseppe, tenente colonnello di cav., addetto militare.

FINLANDIA

Helsinki -KocH Ottaviano Armando, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoPPINI Maurilio, primo segretario; RoERO DI CosTANZE marchese Giuseppe, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare; LIOTTA S. E. Aurelio, generale di squadra aerea, addetto aeronautico.

FRANCIA

Parigi-GuARIGLIA S. E. Raffaele, ambasciatore; CAPRANICA DEL GRILLO marchese Giuliano, consigliere; VISCONTI FRASCA Sebastiano, generale di divisione, addetto militare; MARGOTTINI Carlo, capitano di vascello, addetto navale; ERCOLE Ercole, colonnello, addetto aeronautico.

GERMANIA

Berlino -ATTOLICO S. E. Bernardo, ambasciatore; MAGISTRATI (dei conti) nob. Massimo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZAMBONI Guelfo, primo segretario; MARRAS Efisio, generale di brigata, addetto militare; LIOTTA

S. E. Aurelio, generale di squadra aerea, addetto aeronautico.

GIAPPONE

Tokio -AURITI S. E. Giacinto, ambasciatore; ScAMMACCA barone Michele, consigliere; ScALISE Guglielmo, tenente colonnello, addetto militare; GIORGIS Giorgio, capitano di vascello, addetto navale; BRUNETTI Nerio, tenente colonnello, addetto aeronautico.

GRAN BRETAGNA

Londra -GRANDI S. E. nob. Dino conte di Mordano, ambasciatore; CROLLA Guido, consigliere; RuGGERI LADERCHI nob. dei conti Cesare, tenente colonnello di S. M., addetto militare; BRIVONESI Bruno, contrammiraglio, addetto navale; CALDERARA Attilio, colonnello, addetto aeronautico.

GRECIA

Atene -GRAZZI Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (l); FoRNARI nob. Giovanni, primo segretario; MoNDINI Luigi, tenente colonnello, addetto militare; MoRIN Sebastiano, capitano di vascello, addetto navale e aeronautico.

GUATEMALA

Guatemala -BoMBIERI Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenzlario; Muzi FALCONI (dei baroni) nob. Filippo, primo segretario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico.

HAITI

Porto Principe -PoRTA Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico.

HONDURAS

Tegucigalpa -BOMBIERI Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata, addetto aeronautico.

IRAK Bagdad -GABBRIELLI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

IRAN

Teheran -PETRUCCI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIARDINI Renato, primo segretario.

IRLANDA

Dublino -BERARDIS Vincenzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MALASPINA di Carbonara e di Volpedo, marchese Folchetto, primo segretario; RUGGERI LADERCHI nob. dei conti Cesare, addetto militare; BRIVONESI Bruno, contrammiraglio, addetto navale.

(l) Dal 19 aprile 1939.

JUGOSLAVIA

Belgrado -INDELLI Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GumoTTI Gastone, primo segretario; CoRONATI Emilio, colonnello d'artiglieria, addetto militare; MoRIN Sebastiano, capitano di vascello, addetto navale; PIRODDI Mario, addetto aeronautico.

LETTONIA

Riga -RoGERI dei conti di Villanova nob. Delfino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Riccio Luigi, primo segretario; RoERO DI CosTANZE Giu· seppe, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare.

LITUANIA

Kaunas -DI GIURA barone Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CIPPICO conte Tristram Alvise, primo segretario; MARRAS Efisio, generale di brigata, addetto militare ed aeronautico; LIOTTA S. E. Aurelio, generale di squadra aerea, addetto aeronautico.

LUSSEMBURGO

Lussemburgo -TAMBURINI Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

MESSICO

Città del Messico -MARCHETTI DI MuRIAGLIO conte Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CATTANI Attilio, primo segretario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico.

NICARAGUA

Managua-ScADUTO MENDOLA Gioacchino barone di Fontana degli Angeli, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata, addetto aeronautico.

NORVEGIA

Oslo -LoDI FE' Romano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; STAFFETTI conte Pier Carlo, primo segretario; PECORI GIRALDI Corso, capitano di fregata, addetto navale; GAGLIANI Luigi, tenente colonnello, addetto aeronautico.

PAESI BASSI

L'Aja-DIANA (dei marchesi) nob. Pasquale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; AMBROSETTI Gino, primo segretario; BoNELLI Aldo, tenente colonnello di S. M., addetto militare; PECORI GIRALDI Corso, capitano di fregata, addetto navale; GAGLIANI Luigi, tenente colonnello, addetto aeronautico.

PANAMA

Panama -CAPANNI Italo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico.

PARAGUAY

Assunzione -ToNI Piero, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico.

PERU

Lima-FARALLI Iginio Ugo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GARBAccio Livio, primo segretario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico; MARCATILI nob. dei conti Michele, capitano di fregata, addetto navale.

POLONIA

Varsavia -ARONE S. E. Pietro barone di Valentino, ambasciatore; CARISSIMO Agostino, consigliere; RoERO DI CosTANZE marchese Giuseppe, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare, navale e aeronautico.

PORTOGALLO

Lisbona -MAMELI Francesco Giorgio, inviato straordinario e ministro plenipotenzi.ario; GERBORE Pietro, primo segretario; MoNico Umberto, capitano di vascello, addetto navale; FERRARIN Francesco, tenente colonnello, addetto aeronautico e militare.

ROMANIA

Bucarest -GHIGI Pellegrino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CAPECE GALEOTA (dei conti) nob. don Giuseppe, duca della Regina, primo segretario; CosENTINI Giuseppe, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare ed aeronautico; PERRERO RoGNONI Raul, capitano di vascello, addetto navale.

SANTA SEDE

Roma -PIGNATTI MoRANo DI CusToZA S. E. conte Bonifacio, ambasciatore; FECIA dei conti di Cossato nob. Carlo, consigliere.

SIAM

Bangkok -UMILTÀ Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIORGIS Giorgio, capitano di vascello, addetto navale.

SPAGNA

Madrid -VIOLA nob. Guido conte di Campalto, ambasciatore; RoNCALLI conte di Montorio Guido, consigliere; MoNico Umberto, capitano di vascello, addetto navale; FERRARIN Francesco, tenente colonnello, addetto aeronautico.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -CoLONNA (dei principi) S. E. don Ascanio, ambasciatore; CosMELLI

Giuseppe, consigliere; CuGIA dei marchesi di Sant'Orsaia cavaliere nob. don Umberto, capitano di fregata, addetto navale; CoPPOLA Vincenzo, colonnello, addetto aeronautico e militare.

SUD AFRICA Pretoria -CoRTESE Paolo, incaricato d'affari; STRIGARI Vittorio, primo segretario.

SVEZIA

Stoccolma -MELI LUPI DI SoRAGNA TARASCONI marchese Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SPALAZZI Giorgio, primo segretario; MARRAS Efisio, generale di brigata, addetto militare; PECORI GIRALDI Corso, capitano di fregata, addetto navale; GAGLIANI Luigi, tenente colonnello, addetto aeronautico.

SVIZZERA

Berna -TAMARO Attilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CITTADINI conte Pier Adolfo, primo segretario; BIANCHI Tancredi, colonnello di S. M., addetto militare; ERCOLE Ercole, colonnello, addetto aeronautico.

TURCHIA

Ankara -DE PEPPO S. E. Ottavio, ambasciatore; BERlO Alberto, consigliere; BoGLIONE Gabriele, colonnello d'artiglieria, addetto militare e aeronautico; FERRERO RoGNONI Raul, capitano di vascello, addetto navale.

UNGHERIA

Budapest -VINCI GIGLIUCCI conte Luigi Orazio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FoRMENTINI Omero, primo segretario; GARIGIOLI Arnaldo, tenente colonnello, addetto militare; PALOTTA Natale, colonnello, addetto aeronautico.

UNIONE DELLE REPUBBLICHE SOVIETICHE SOCIALISTE

Mosca-Rosso S. E. Augusto, ambasciatore; MASCIA Luciano, consigliere; VALFRÈ DI BoNzo CoRRADO, tenente colonnello, addetto navale ed aeronautico.

URUGUAY

Montevideo -BELLARDI Ricci Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziari,o; SILVESTRELLI Luigi nob. di Toscanella, primo segretario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico.

VENEZUELA

Caracas -CAFFARELLI (dei duchi) nob. Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico.

APPENDICE III

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI DELL'AMMINISTRAZIONE CENTRALE E DI EMIGRAZIONE NEL REGNO

(Situazione al 12 ottobre 1938)

MINISTRO SEGRETARIO DI STATO

CIANO dei conti di Cortellazzo S. E. nob. Galeazzo, ambasciatore, membro del Gran Consiglio del Fascismo.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO

BAsTIANINI S. E. Giuseppe, ambasciatore.

GABINETTO DI S. E. IL MINISTRO

Coordinamento generale -Affari confidenziali -Ricerche e studi in relazione al lavoro del Ministro -Rapporti con la Real Casa, con la Presidenza del Consiglio e col P.N.F. -Relazioni del Ministro col Parlamento e col Corpo diplomatico -Udienze -Tribuna diplomatica.

CAPO DI GABINETTO

ANFuso Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

CAPO DELLA SEGRETERIA PARTICOLARE DI S. E. IL MINISTRO

NATALI Umberto, console generale di 2a classe.

UFFICIO DEL CERIMONIALE

Regole del cerimoniale -Lettere reali -Credenziali -Lettere di richiamo -Pieni poteri -Privilegi ed immunità degli agenti diplomatici e consolari Franchigie in materia doganale ai regi agenti all'estero e agli agenti stranieri in Italia -Massimario -Visite e passaggi di Capi di Stato, Principi e Autorità estere -Decorazioni nazionali ed estere.

Capo ufficio: CoRTINI Claudio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

UFFICIO DI INTENDENZA

Archivio storico -Biblioteca -Pubblicazioni di carattere amministrativo -Custodia e manutenzione della Sede del Ministero -Servizi automobilistici e telefonici -Disciplina del personale di servizio.

Capo ufficio: ToscANI nob. Angelo patrizio di Cosenza, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di la classe. Bibliotecario: PIRONE Raffaele.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI DI EUROPA E DEL MEDITERRANEO

Direttore generale: BuTI S. E. Gino, ambasciatore. Vice direttore generale: GUARNASCHELLI Giovanni Battista, console generale di la classe.

UFFICIO I

Belgio -Danimarca -Francia -Germania -Gran Bretagna -Lussemburgo -Paesi Bassi -Polonia -Portogallo -Spagna -Stati Baltici -Stati Scandinavi -Svizzera -Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste.

Capo ufficio: DEL BALZO dei duchi di Presenzano don Giulio, console di 2" classe.

UFFICIO II

Austria -Bulgaria -Cecoslovacchia -Grecia -Jugoslavia -Romania Turchia -Ungheria -Affari concernenti le Isole Italiane dell'Egeo.

Capo ufficio: DE PAOLIS Pietro, prime segretario di legazione di l a classe.

UFFICIO III

Mediterraneo -Paesi del Mediterraneo e del Mar Rosso Africa Orientale Italiana.

Capo ufficio: GuARNASCHELLI Giovanni Battista, predetto.

UFFICIO IV

Albania.

Capo ufficio: STRANEO nob. Carlo Alberto, primo segretario di legazione di la classe.

UFFICIO V

Affari con la Santa Sede.

Capo ufficio: GuGLIELMINETTI Giuseppe, consigliere di legazione.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI

Direttore generale: GRAZZI Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

UFFICIO I Africa (eccetto i paesi di competenza di altri Uffici). Capo ufficio: N. N.

41 ·Documenti diplom<~tici-Serie VIli-Vol. XII

UFFICIO II

Asia (eccetto i paesi di competenza di altri Uffici) -Oceania.

Capo ufficio: BONARELLI DI CASTELBOMPIANO conte Vittorio Emanuele, predetto.

UFFICIO III

America del Nord.

Capo ufficio: N. N. Segretario: FERRERO Andrea, console di 3a classe.

UFFICIO IV

America Latina.

Capo ufficio: CoNFALONIERI (dei baroni) nob. Giuseppe Vitaliano, primo segretario di legazione di 2a classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI GENERALI

Direttore generale: VITETTI nob. dei conti Leonardo, inviato straordinario e ministro plenipotenz'iario di 1a classe.

UFFICIO I

Istituti internazionali -Conferenze e congressi internazionali Coordinamento culturale.

Capo ufficio: GRAZZI Umberto, primo segretario di legazione di la classe.

UFFICIO II

Coordinamento militare, navale ed aeronautico -Missioni militari Commissione suprema di difesa -Materiali di guerra.

Capo ufficio: FERRONE dei conti di San Martino nob. Ettore, consigliere at legazione.

UFFICIO III Trattati ed Atti. Capo ufficio: LANZARA Giuseppe, console di la classe.

UFFICIO IV

Affari riservati.

Capo ufficio: VIDAU nob. Luigi, predetto.

UFFICIO V

Ricerche e studi su materie e questioni internazionali -Schedari -Rubriche -Pubblicazioni di carattere storico-diplomatico -Sezione geografica.

Capo ufficio: MoNAco Adriano, consigliere di legazione.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI COMMERCIALI

Direttore generale: GIANNINI S. E. Amedeo, ambasciatore, presidente di sezione del Consiglio di Stato, senatore del Regno.

UFFICIO I

Affari Generali -Comunicazioni aeree, terrestri e marittime -Fiere, Congressi, Esposizion-i.

Capo ufficio : MoscA Bernardo, consigliere di legazione.

UFFICIO II Commercio coi paesi di Europa e del Mediterraneo. Capo ufficio: CALISSE Alberto, predetto.

UFFICIO III

Commercio transoceanico.

Capo ufficio: BENZONI dei marchesi di Balsamo, nob. don Giorgio, console di la classe.

Centro di Coordinamento dei Servizi Commerciali delle Regie Rappresentanze. Capo ufficio: BENZONI dei marchesi di Balsamo, nob. don Giorgio, predetto.

DIREZIONE GENERALE DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO

Direttore generale: DE Cieco Attilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

UFFICIO I

Case d'Italia -Dopolavoro all'Estero -Propaganda e Assistenza. Capo ufficio: NoBILI VITELLESCHI (dei marchesi) nob. Pietro, console di la classe.

UFFICIO II

Affari privati.

Capo ufficio: SILENZI Guglielmo, console generale di la classe.

UFFICIO III Scuole all'estero -Attività culturali -Istituti di Cultura.

Capo ufficio: CAROSI Mario, console di la classe.

UFFICIO IV

Lavoro italiano all'Estero.

Capo ufficio: GERBASI Francesco, ispettore generale capo dei servizi tecnici.

DIREZIONE GENERALE DEL PERSONALE E DELL'AMMINISTRAZIONE INTERNA

Direttore generale: LEQUIO Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di la classe.

UFFICIO I

Personale di Gruppo A delle carriere dipendenti dal Ministero degli Affari Esteri -Personale consolare di seconda categoria -Uffici diplomatici e consolari all'estero -Ispezioni degli Uffici all'estero -Questioni che si riferiscono all'ordinamento del Ministero e delle carriere diplomatica, consolare e degli interpreti -Concorsi, nomine ed ammissioni, commissioni di avanzamento, consigli, commissioni e comitati presso l'Amministrazione centrale -Addetti militari. navali, aeronautici, commerciali, per la stampa e loro uffici -Personale e uffici diplomatici e consolari esteri in Italia -Bollettini del personale -Passaporti diplomatici, di servizio e ordinari, libretti e richieste ferroviarie per il personale -Rapporti con il P.N.F., la M.V.S.N. e le Amministrazioni dello Stato, per auanto riguarda il personale dipendente dal Ministero degli Affari Esteri.

Capo ufficio: DEL BALZO dei duchi di Presenzano don Giulio, primo segretario di Legazione di 2a classe (dall'8 marzo 1939).

UFFICIO II

Personale dei gruppi B e C e personale subalterno delle carriere dipendenti dal Ministero degli Affari Esteri, escluso il personale delle scuole italiane all'estero. Concorsi, nomine ed ammissioni -Commissione di avanzamento e consigli del Ministero, ed in generale tutte le questioni relative alla carriera e all'ordinamento del personale suddetto -Bollettini che si riferiscono al personale stesso -Personale di ogni gruppo appartenente ad altre Amministrazioni e comandato presso il Ministero degli Affari Esteri -Personale avventizio in servizio presso l'Amministrazione Centrale e gli Uffici dell'emigrazione nel Regno -Personale locale in servizio presso le Regie Rappresentanze diplomatiche e consolari.

Capo ufficio: SERPI cavaliere nob. don Giuseppe, console generale di 2a classe.

UFFICIO III

Gestione di tutti gli stabili e locali adibiti ad uso dell'Amministrazione Centrale e dei RR. Uffici all'estero -Acquisto, vendita, affitto, permuta, manutenzione ordinaria e straordinaria, miglioramento e arredamento -Assicurazioni, inventari e contratti -Locazioni di immobili e locali per uso dei RR. Uffici -Ufficio del consegnatario -Deposito e distribuzione marche consolari .e passaporti.

Capo ufficio: AssERETO nob. Tommaso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

UFFICIO IV

Servizi Amministrativi.

Capo ufficio: MoNTESI Giuseppe, console generale di 2a classe.

UFFICIO V

Corrispondenza e Archivi -Tipografia Riservata. Organizzazione, sorveglianza degli archivi -Corrispondenza in arrivo e partenza: accettazione, registrazione, spedizione, ecc. -Controllo del car teggio degli Uffici in relazione alla corrispondenza in arrivo -Archivi correnti -Servizio dei corrieri.

Capo ufficio: GRoSSARDI nob. Antonio, console generale di 1a classe.

Tipografia riservata

Direttore: BERNI Fedele.

UFFICIO VI

·Capo ufficio: PERVAN Edoardo, console generale di 2a classe.

APPENDICE IV

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione al lo febbraio 1939)

Afghanistan: S. E. ABDUL SAMAD Khan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor MoHAMMED RAssouL Khan, segretario.

Albania: S. E. il signor S. Demetrio BERATTI, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Assuaf LIBOHOVA, 2° segretario.

Arabo Saudiano (Regno): N. N.

Argentina: S. E. il dr. Manuel E. MALBRAN, ambasciatore; signor Oscar ONETO AsTENGo, consigliere di ambasciata.

Belgio: S. E. il conte André de KERCHOVE de DENTERGHEM, ambasciatore; conte

F. du CHASTEL de la HOWARDERIE, consigliere.

Bolivia: S. E. il dr. Antonio CAMPERO ARcE, ministro plenipotenziario e inviato straordinario, incaricato d'affari (ad interim); signor don Guglielmo CÉSPEDES RIVERA, segretario.

Brasile: S. E. il signor Adalberto GuERRA DuvAL, ambasciatore; signor dr. Adriano de SouzA QuARTIM, consigliere.

Bulgaria: S. E. il signor Svetoslav PoMENOW, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Anton KARANDJULOV, primo segretario.

Cecoslovacchia: S. E. il signor Vlastienil CERMAK, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Cile: S. E. Luigi Alberto CARIOLA MAFFEI, ambasciatore; signor dr. Herman CUEVAS IRARRAZAVAL, cons~gliere.

Cina: S. E. il signor Lwu VoN TAo, ambasciatore; signor Hsu DAu-LIN, consigliere, incaricato d'affari (ad interim).

Colombia: signor Don Saturnino RESTREPO, incaricato d'affari (ad interim); signor dr. Carlos A. FAILLACE, addetto.

Cuba: S. E. il dr. Enrique ZAYAS y Rmz, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor dr. Carlos TABERNILLA y DoLz, consigliere, incaricato d'affari (ad interim).

Danima1·ca: signor J. C. KRUSE, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Hubert WICHFELD, consigliere di legazione.

Dominicana (Repubblica): ... ; signor D. Telesforo R. CALDERON, primo segretario, incaricato d'affari (ad interim),

Egitto: S. E. MosTAFÀ AL-SADEK Bey, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor MoHAMED HosNY OMAR, primo segretario.

'El Salvador (Repubblica di): N. N.

Equatore: S. E. il signor Luis Antonio PE:NA-HERRERA, inviato straordinario e min'istro plenipotenziario; signor don Josè E. RIBADENEIRA, generale, addetto militare aeronautico.

Estonia: S. E. il signor dr. Johan LEPPIK, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Davide JANSON, primo segretario.

Finlandia: signor Eero JARNEFELT, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Olavi SAIKKU, addetto.

Francia: s. E. il signor André FRANçOis-PONCET, ambasciatore; signor Hubert GuERIN, consigliere.

Germania: S. E. il signor Hans Georg von MACKENSEN, ambasciatore; barone Johann von PLESSEN, consigliere.

Giappone: S. E. il signor Toshio SHIRATORI, ambasciatore; signor Tamao SAKAMOTO, primo segretario.

Gran Bretagna: S. E. il conte di PERTH G.C.M.G., C.B., ambasciatore; sir Noel CHARLES Bart, C.M.G., M.C., consigliere.

Grecia: S. E. il signor Pietro METAXAS, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Giovanni RoMANOS, consigliere.

Guatemala: S. E. il generale Victor DuRAN MoLLINEDO, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor J. Ramiro DuRÀN Y FIGUEROS, segretario.

Haiti: S. E. Enrico Alfonso LARAQUE, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Irak: S. E. il signor dr. MuzAHIM AL-PACHACHI, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Ali HAIDAR SuLAIMAN, terzo segretario.

Iran: S. E. Mostapha AnLE, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Gholam ALI SAMSAMI, primo segretario.

Irlanda: S. E. il signor Michael MAc WHITE, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Denis DEVLIN, segretario.

Jugoslavia: S. E. il signor Bochko CHRISTié, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Paul BELJANSKI, consigliere.

Lettonia: S. E. il prof. Arnoldo SPEKKE, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Janis RIEKSTINS, primo segretario.

Lituania: S. E. il signor Stasys LozoRAITIS, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Juozas GAURILIUS, segretario, incaricato d'affari (ad interim).

Manciukuo: S. E. il signor Hsu-SHAO-CHING, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Akio MISHIRO, consigliere.

M essi co: ..... ; signor dr. Manuel MAPLES ARcE, consigliere incaricato d'affari (ad interim).

Monaco: S. E. il signor Ferdinando CouGET, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Nicaragua: S. E. il signor Tomas Francisco MEDINA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Norvegia: signor Johannes lRGENS, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Ove C. L. VANGENSTEN, primo segretario.

Paesi Bassi: S. E. il signor dr. Jan HUBRECHT, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Jonlheer M. W. de WEEDE, "primo segretario.

Panama: S. E. il signor Ernesto BRIN, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Paraguay: ..... ; signor dr. Carlo NoGUEs, incaricato d'affari (ad interim).

Perù: S. E. il prof. J osé M. MANZANILLA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Luis F. LANATA CounY, primo segretario, incaricato d'affari (ad interim).

Polonia: S. E. il generale Boleslao WIENIAWA DLUGoszowsKI, ambasciatore; signor Alessandro ZAWISZA, consigliere.

Portogallo: S. E. il prof. dr. J osé LoBo D'AVILA LIMA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor dr. José Eduardo VAZ SARAFANA, primo segretario.

Romania: S. E. il signor Alessandro Duilio ZAMFIREscu, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Nicolas SoLACOLU, consigliere di legazione.

Santa Sede: S. E. mons. Francesco BoRGONGINI DucA, arcivescovo di Eraclea, nunzio apostolico; mons. Giuseppe MISURACA, consigliere.

Siam: ..... ; signor Luang VISUTRA VIRAJJADEs, incaricato d'affari (ad interim).

Spagna: S. E. il signor D. Pedro GARCIA CoNDE, ambasciatore; signor D. Rafaele FoRNS, primo segretario.

Stati Uniti d'America: S. E. il signor William PHILLIPS, ambasciatore; signor Edward L. REED, consigliere.

Sud Africa (Unione del): S. E. il dr. Albert HEYMANS, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Robert KIRSTEN, segretario in funzione.

Svezia: signor DE WIRSÉN, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; conte STACKELBERG, primo segretario.

Svizzera: S. E. il signor Paul RUEGGER, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Louis H. MrcHELI, consigliere.

Turchia: S. E. il signor HusEYIN RAGIP BAYDUR, ambasciatore; signor Bedi ARBEL, consigl'iere.

Ungheria: S. E. il barone Federico VILLANI, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor Ladislao NAGY DE GALÀNTHA, consigliere.

.Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste: S. E. il signor Boris STEIN, ambasciatore; signor Leon HELFAND, consigliere.

Uruguay: S. E. il signor Federico GRUNWALDT CuESTAS, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Venezuela: S. E. il dr. Santiago KEY AYALA, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; signor dr. J. M. CASAS BRICENO, consigliere.